ZEITSCHRIFT
FÜR
EOIAHSCHE PHILOLO&IE
HERAUSGEGEBEN
I)r. GUSTAV GROHEK,
PROFESSOR AN DER UNIVERSITÄT STRASSBURG i. E.
1886.
X. BAND.
HALLE.
MAX NIE MEYER.
1887.
Fe
3
zs
%/. fo
q1
^
f
INHALT.
Suite
V. Crescini, Idalagos (22. 12. 85) 1
L. Hirsch, Laut- und Formenlehre des Dialekts von Siena {25. 11. 85) 56. 41 1
P. ScHEFFER-BoiCHORST, Noch einmal Dino Compagni (15. 4. 86) . 71
K. Bartsch, Zum Girart de Rossilho (5. 2. 86) I43
M. KUHFUSS, Über das Boccaccio zugeschriebene kürzere Danteleben
(30. 5. 86) 177
H. Pakscher, Aus einem Katalog des F. Ursinus (4. 6. 86) . . ... 205
G. TiKTlN, Der Vocalismus des Rumänischen (24. 5. 86) 246
A. OSTERHAGE, Über Gandon und die Verräter in der Karlssage (26. 5. 86) 256
Th. Braune, Über einige romanische Wörter deutscher Herkunft (24.1. 8ö) 262
W. MiEHLE, Das Verhältnis der Handschriften des altfranzösischen
Gregorius (18. 7. 86) 3^1
A. Pakscher, Randglossen von Dantes Hand (14. 9. 86) 447
P. Voelker, Die Bedeutungsentwickelung des Wortes Roman (2. 7. 86) 485
A. Stimmjng, Verwendung des Gerundiums und des Participiums Prae-
sentis im Altfranzösischen (27. 9. 86) 5-6
U. iSlARCHESlNi, Di un codice poco noto di antiche rime italiane (14. 8. 86) 554
TEXTE.
W. Meyer, Franko-italienische Studien II. III (29. n. 85 ; i. 7. 86) 22. 363
GiAN Caviezel, Spass e tours our dal Chantun Grischun (12. 12. 85) . 124
E. Stengel, Die zwei provenzalischen Gedichte, das Glaubens- und das
Beichtsbekenntnis der Pariser Hs., fonds lat. 11312 (12. 10. 85) 153
MISCELLEN,
1. Handschriftliches.
E. Stengel, Peire Espagnol's Alba (18. 2. 86) 160
— Elf neue Handschriften der prosaischen Brut-Chroniken (22. 5. 86) 278
W, List, Bruchstück aus dem '„Roman de Troie des Benoit de Sainte-
More" (4-II- 85) ....,........■•• -85
E. Stengel, Die altfranzösischen Liedercitate aus Girardin's d'Amiens
Conte du cheval de fust (23. 8. 86) 460
B. Wiese, Zu Zeitschrift X 461 ff 015
A, ToBLER, Die weinende Hündin (29. 7. 86) 476
2. Exegetisches.
A. Feist, Chi per lungo silenzio parea fioco (2. 11. 80) 5*^7
J, Ulrich, Zum Alexanderfragment (2. 12. 86) 567
3. Textkritisches.
A. ToBLER, Zu Joinville (3. I. 86) 162
— Zu den Lais der Marie de France (3. i. 86) 164
F. Settegast, Zu den ältesten französischen Sprachdenkmälern (7.4. 86;
5. 11. 86) 169. 484
A. Gaspary, Zu Zeitschrift Bd. IX 571 (24. 4. 86) . 292
H. Andresen, Zu Amis et Amiles und Jourdains de Blaivies (3. 8. So) 481
IV
Seite
4. (Jnomaloloj^isches.
M. BUCK, Das romanische Ortsappellalivum IuIjus , tufus, lovo und
seine Derivate (22. 0-86) 568
— Rätoromanische Ortsappellativa der Endunj^ -itium, -itia (22. 9. 86) 571
5. Etymologisches.
W. Mkykk, Romanische Etymologien (29. 11.85) '7'
G. Gröhkk, Ital. anzi, frz. ains (r8. 4. 86) 174
b\ Moi.iiiAi.'SEN, Frani. fots wnil fresaic (22.4. 86) 292
G. Gkihikr, Eranz. piafTcr (15. 6. 86) 293
II. ScHUCilAKirr, Rom. ////, illui für lal. if/e, Uli (8. 8. 86) .... 482
A. Toiii.KR, Erz. fninc 573
— Erz. moirc f. 574
— Frz. amadouer, l)afouer 576
— It. rovello (13.10.86) 578
6. Grammatisches.
A. Eeist, X != US in altfranzösischen Handschriften (21.6. 86) . . . 294
H.Vaknhac.rn, Altfranzösische Glossen in .•1-':ifric-Handschriflen(30. 4. 86) 296
Gr., Beischrift 300
recensionen und anzeigen.
E. Schwan; H. Suchier, Oeuvres poetiques de Philippe de Remi,
Sire de Beaumanoir (29. 7. 86) 302
A. Tobi.f.r: C.-M. Robert, Questions de grammaire et de langue fran-
9aises eluciddes (16. 7. 86) 306
A. Redoi.fi: H. Morf, Drei bergellische Volkslieder (12. 7. 86) . . 308
A. Gaspary: Giornale Storico della Lettcratura italiana Vol. VII (16. 6. 86) 310
A. ToBLER, W. Meyer: Romania XVe annee, 1886 Janvier (16. 7. 86) 313
Th. Gärtner; Moritz Trautmann, Die Sprachlaute im allgemeinen
und die Laute des Englischen, Französischen und Deutschen
im besonderen (25. 12. 86) . 580
A. G.-vspary: A. D'Ancona e D. Comparetti, Le Antiche Rime
Volgari (8. 9. 86) 585
O. Schultz: C. Chabaneau, Les Biographies des Troubadours en
langue proven9ale (23.11.86) 591
M. BucK: Th. V. Grienberger, Über romanische Ortsnamen in Salz-
burg (17.9.86) 596
G. Gröber: H. Schuchardt, Romanisches und Keltisches (13.10.86) 597
W. Meyer: Archivio glottologico italiano (12.9.86) 599
A. Gaspary: Giornale Storico della Letleratura Italiana (8. 9. 86; lo. i. 87) 604
E. Levy: Revue des langues romanes (17. 12. 86; 9. 12. 86) . . . . 611
E Schwan: Archiv für das Studium der neueren Sprachen (2. 11. 86) 613
O. Schultz, Erwiderung 315
Gr., Neue Bücher und Schriften 319
Druckversehen 484
Nachtrag (5. 11. 86) 484
W. List, Register 616
— Verzeichnis der ^litarbeiter an Band I— X 622
Bibliographie 1885.
Idalagos.
(S. Zeitschr. IX 437).
u.
Seguita narrando Idalagos: „lo semplice e lascivo, come giä.
dissi, le pedate dello ingannator padre seguendo, volendo un giorno
nella patenial casa entrare, due orsi ferocissimi e terribili mi vidi
avanti con gli occhi ardenti desiderosi della mia morte, de' quali
dubitando io volsi i passi miei, e da quell' ora innanzi sempre
d' entrare in quella dubitai. Ma acciocche io piü vero dica, tanta
fu la paura, che abbandonati i paternali campi, in questi boschi
venni 1' apparato uficio a operare : e qui dimorando con Calmeta,
pastor solennissimo, a cui quasi la maggior parte delle cose era
manifesta, pervenni a piü alte disio. Egli un giorno, riposandoci
noi col nostro peculio, con una sampogna sonando comincio a
dire i nuovi mutamenti e gl' inopinabili corsi dell' inargentata luna,
e qual fosse la cagione del perdere e dell' acquistar chiarezza, e
perche talvolta nel suo epiciclo tarda, e tal veloce e talvolta equale
si dimostrasse ^ ecc. ecc." Interrompo questo luogo, perche nel caso
mio poco importa conoscere quanta e quäle fosse la scienza astro-
noraica del pastore Calmeta ; e mi limito a riferire 1' azione che
nell'animo del nostro eroe ebbe a produrre l'alto insegnaraento di lui.
„Queste cose, prosegue Idalagos, ascoltai io con somma diligenza,
e tanto dilettarono la rozza mente, ch' io mi diedi a voler cono-
scere quelle, e non come arabo, ma seguendo con istudio il dimo-
strante : per la qual cosa di divenire sperto meritai : e gia abban-
donata la pastoral via, del tutto a seguitar Pallade mi disposi, le
cui sottili vie ad immaginare questo bosco mi presto agevoli intro-
ducimenti per la sua solitudine."^ Illustriamo questa parte del rac-
conto boccaccesco. Prima di narrare distesamente i propri casi
aveva giä detto Idalagos a Florio, che lo sollecitava a manifestare
chi fosse e perche dimorasse cosi rilegato nel pino : „la genetrice
di rae misero mi di6 per padre un pastore chiamato Eucomos, i
cui vestigi quasi tutta la mia puerile etil scguitai; ma poiche la
> Füocolo V 243.
'■* Füocolo V 246.
ZeiUohr. f. ruiii. Phil. X.
2 V. CRESCINI,
ii()i)illä (Icllo iiigcgiu), cid ijiial naliira Jiii dot»"», vcniie crescendo,
torsi i pietli del basso colle, c sforzandoini jx-r j^iii aspre vie di sa-
lire all' alte cose, avveimc che per quellt: iiicautaiueiite aiidandc;
nelle reti tese di Cupido incappai, deih; (juali inai sviluppare non
Uli pot(;i: di che con ragione dolendoini, per niiserazioric degli
iddii, in qucila fonna che voi vedete per fuggir !)eggio ini tras-
imitanMKJ."' Qiiesto r rargoraonto di tutta la sloria, che Idalagos
poi sv(»lgen\ in piii largo racconto. I.a vita di lui, e cos« del Boc-
caccio, pun, in questa prima jjarte, che abl)rac(:ia (anciullezza, adfj-
lescenza e giovinezza, tlislinguersi in due periodi : 1' uno in cui egii
segue i paterni vestigi; 1' altro, in cui sentendosi superiore alla
condizione, a cui lo addirizzava il padre, torse i piedi del basso colle,
miro a piu eccelse cose, e incappo nelle reti d' amore. Infatti cosi
avvenne del nostro (iiovanni: dapprima, com' e noto, calco 1' orme
paterne, si dette egli pure alla mercatura; poi si volse, per la virtn
prepotente delT ingegno, a maggiori cose, si consacro agli studi, e
appresso divcnne servo d' amore. Ecco, che Idalagos, seguitando
la sua narrazione, colle parole: „io semplice e lascivo, co7ne gul
dissi, le pedate dello ingannator padre seguendo ecc." si richiama a
quanto gia precedentemente accennö: „la genetrice di me misero
mi die per padre un pastore, chiamato Eucomos, i cui vestigi quasi
tutta la mia puerile eta seguitai." Mentre apprende lä mercatura,
il fanciullo non dimora nella casa paterna: anzi quando un bei
giorno vuole in essa entrare, gli si affacciano due orsi ferocissimi
e terribili, con gli occhi infuocati, desiderosi delle sua raorte, che
lo fanno fuggire sbigottito, onde da quell' ora serapre teraette di
entrare nella casa paurosa. Chi sono i due orsi? 11 padre e la
matrigna, Eucomos e Garemirta, Boccaccio di Chellino e Mar-
gherita.- Anche in un noto luogo della Genealogia degli Dei rife-
risce Giovanni, che il padre lo affido ad un mercante, che, quindi,
lo tenne lontano dalla sua casa.'* Era ben naturale, che Boccaccio
di Chellino cio facesse per riguardo alla moglie, che certo non
poteva amare di vedersi continuaraente sotto gli occhi, e trattato alla
pari de' suoi figli stessi il bastardo. Povero Giovanni, egli, senza
colpa, mancava de' soavi conforti della famiglia, abbandonato alle eure
d' estranei. Tanto piü cara e dolorosa gli si doveva rendere la ri-
cordanza della infelice sua madre; tanto peggio doveva egli abi-
tuarsi a giudicare il padre.-* Ne solo stette fuori della casa, ma
fuggi i due orsi crudeli mutando paese, e passö a esercitare la
' Filocolo V. 238.
2 Ecco qui una chiara allusione a' rapporti che corsero fra Giovanni e
la matrigna; mentre il Koerting {Bocc. L. ti. W. p. 73) non trova a ciö 1' ac-
cenno piü lieve nelle opere del nostro.
* Gen. degli Dei, trad. Betussi, Venezia, 1569. XV c. 258r.
* II mercante certaldese col suo tradimento era stato causa che la povera
vedova abbandonata, avendo inteso com' egli avesse sposata altra donna, mo-
risse di crepacuore. Atneto, p. 187.
IDALAGOS. 3
mercatura in Napoli.' Questa significazione hanno chiaramente le
parole d' Idalagos, che stanno in principio del presente capitolo.
E chi e il pastor Calmeta, che al figlio di Eucomos riusci ammi-
rato ed efficace maestro di astronomia ? Senza dubbio, Calmeta e
Andalone del Negro, V astronomo dottissimo, che, pur negli anni
maturi e in opere gravi, Giovanni Boccaccio ricorda e cita reve-
rente.- II Koerting dice che non e sicuramente determinabile se il
Boccaccio abbia conosciuto Andalone a Napoli o a Firenze, per quanto
ragioni di verisimiglianza militino in favore della prima opinione.^
Ora, questo luogo del racconto d' Idalagos ci assicura che 1' illustre
genovese fu maestro di Giovanni in Napoli. Ed e a notare ancora
come dal luogo stesso apparisca che Andalone esercito un' in-
fluenza decisiva suU' animo del nostro risolvendolo a consacrarsi
agli studi, a' quali tanto meglio lo inspirarono 1' elevato intelletto
e 1' eccelso magistero di lui. AUora fu che il renitente padre do-
vette acconsentire, che il giovinetto lasciasse i suoi vestigi, abban-
donasse la via pastorale, come dice Idalagos, cioe la mercatura,
come dobbiamo dir noi, e si applicasse agli studi, A quali studi?
Idalagos dice che volle conoscere bene addentro le cose insegna-
tegli da Calmeta, onde si dispose a seguitare in tutto Pallade.
Mentre le prime di queste parole accennano esclusivamente a studi
d' astronomia, 1' ultima affermazione allude a studi in genere, adom-
brati dalla vaga e comprensiva designazione di Pallade. Secondo
il noto luogo della Getiealogia degli Dei la prima disciplina, cui
pote consacrarsi Giovanni, fu il dritte canonico: „ perche si
uide per alcuni inditij che sarei stato piü atto a gli studi delle
lettere comando il padre mio ch' io entrassi ad udire le regole
ponteficali, istimando per cio ch'io hauessi a diuenire ricco, di che
sotto un famosistimo maestro, quasi altro tanto terapo in uano perdei."
Pu6 darsi che, contemporaneamente allo studio giuridico increscio-
sissimo*, Giovanni proseguisse i liberi studi, cui Andalone lo aveva
^ ,,In questi boschi venni 1' apparato uficio a operare" dice Idalagos.
L' ufficio appreso seguendo le pedate del padre era la pastorizia. Riferendo
gli stessi fatti al Boccaccio, dobbiamo intendere ch'egli, desideroso di starsi
lontano da' suoi, passö a esercitare il mestiere paterno, il traflico, a Mapoli.
Dal luogo eil. della Genealogia sappiamo che Giovanni stelle sei anni afll-
dato ad un mercänte ; si puö quindi credere col Koerting {Bocc. L. u. U\
p. 107) che costui (forse, penso io, secondando la brama del giovinetto di vi-
vere lungi al padre) 1' abbia collocato presse una sua fdiale in Napoli.
2 Cfr. Gen. de^li Dei'KY, c. 252 r.; / Cast degli Uomini Illustri, trad.
Betussi, Fiorenza, F. Giunti 1598, p. 22. II Boccaccio parla cou ammirazione
veramente entusiastica dell' astronomo genovese, suo veneralo maestro. Vedi
Mortis, Studj ecc. p. 516 sgg.
3 Cfr. Bocc. L. u. W. p. 146 — 47.
* Giovanni Boccaccio moströ sempre odio cordiale verso i giurisperiti :
cfr. Gen. degli Dei XIV, c. 226v. ; / Casi degli Uomini Illustri, L. III
p. 158 sgg. Vedi Hortis, Sttulj ecc. p. 176 sgg.
' £ superlluo rammentare che Napoli in quel tempo era centro fioreu-
tissimo di studi , e che ivi , oltre 1' astronomo genovese , Giovanni Boccaccio
ebbe altri dotti maeslri. Nella Genealogia degli Dei, XV, c. 252V. ricorda
1*
4 V. CRRSaNI,
inspirulü, c insit-mc collivassc Ic k-ttere.'' Qui •• naturale che Ida-
lagos non discenda a troppo minuti particolari , e com espressione
generica si liiniti a dire che, lasciata l'arte j;aterna, con 1' entusiasrao,
onde Seppe accenderlo Calmeta, si diede tutto al culto di Pal lade.'
Anche (lucsta ])arte del racconto d' Idalagos c avvalorata da quanto
sappiamo del nostro per altra via, e a volta sua riconferma cio che
gi'k ci era noto.^ Giovanni Boccaccio capito dunque a NajKjli
che giovinetto apprese da Paolo Perugino molte cose, che furongli pol utili
nel comporre quell' opera. Su Paolo vedi Hortis, Studj ecc. p. 494 sgg.
Vcdi lo slesso autore p. 498 sgg. anche a proposito del calabrese Barlaamo
conosciuto di persona assai facilmente dal Boccaccio, non perö avuto a rnaestro
come troppo si ripetc da Giannozzo Manetti in giii. Conobbe allora il Boc-
caccio anche il giureconsulto e poeta Giovanni Barrili : cfr. Gen. degli Dei
XIV, c. 245r. e Hortis, op. cit. p. 515 — 16; dovette conoscere anche Dio-
nisio Roberti da borgo S. Sepolcro. II Boccaccio nell' op. ora cit. XIV,
c. 232r. rammenta pure Veneto vescovo di Pozzuoli. Non so se possa avere
conosciuto' anche questo erudito nel primo soggiorno fatto in Napoli. — -
L' erudizione classica che tosto alle prime opere mostra il Boccaccio deve in-
durci a credere che egli non abbia mai interamenle sospesi i suoi studi lette-
rari. Tanlo meglio in Napoli, ove si sottrasse alla vigilanza paterna, segui
la sua prepotente inclinazione. Egli dovette assai spesso lasciar dormire i
canoni: e probabilmente la sua biblioteca conteneva piü poeti che giuristi.
1 Sulla inclinazione irresistibile del Boccaccio agli studi , specie alla
poesia, vedi, oltre il luogo autobigrafico della Gen. piü volte citato, un luogo
pur notissimo del Corbaccio, p. 276 della cit. ed. Sonzogno.
^ Qui in nota mi permetto qualche altra osservazione sopra questo periodo
iniziale della vita del Boccaccio. II piü antico biografo del nostro, Filippo Vil-
lani, afferma che egli apprese i primi elementi di Grammatica sotto Giovanni da
Strada; lo ripetono Domenico Aretino e Giannozzo Manetti; lo si ridice in un
cod. magliabechiano veduto dal Alarmi (vedi Mazzuchelli, anno taz. 16 al vol-
garizzamento delle biografie di F. Villani); non ne fan motto altri biografi (Squar-
zafico, Sansovino, Betussi, Nicoletti); ma ne riparlano i biografi piü recenti dal
Manni in giü. Come si vede, questa serie di scrittori fa capo al Villani. Ora,
puö darsi che costui, sapendo che al tempo della fanciullezza del Boccaccio
insegnava grammatiea in Firenze Giovanni di Domenico Mazzuoli da Strada
(cfr. Matteo Villani, Storia lib. V. cap. 26) credesse naturale ammettere che
pure il nostro autore ne frequentasse la scuola. La storia era ben fatta cosi
da' nostri vecchi : 1' ipotesi era data come certezza, che una serie di scrittori
seguaci per forza d' inerzia e per virtü di tradizione si trasmetteva. Nel luogo
della 6^1?«. degli Dei, ove parla de' suoi primi studi (XV, c. 258r.), il Boc-
caccio non accenna all' insegnamento di Giovanni da Strada. Gli fu questi
rnaestro de' primi elementi delle lettere che all' etä d' anni 7 non compiuti
Giovanni appena possedeva? Chi lo sa? Quella del Villani mi pare, lo ri-
dico, una mera affermazione congetturale, a cui non presto la fede, di che ha
goduto fin qui. Curioso e che per il Koerting (Bocc. L. ii. IV. p. 92) l'istru-
zione di Giovanni da Strada debba essere stata relativamente buona, se dopo
lunga interruzione il Boccaccio ritenne desiderio e capacitä di ripigliare gli
studi. Ma, conforme lo stesso Villani e i piü vecchi biografi, il Boccaccio
non compi sotto Giovanni da Strada neppure il corso di Grammatica; che
influsso puö avere mai esercitato il suo insegnamento sull' avvenire letterario
del discepolo? Se Giovanni Boccaccio (vedi luogo cit. della Gen.) serbö de-
siderio e capacitä di rilornare agli studi lo dovette esclusivamente all' inclina-
zione prepotente, che. ad essi lo richiamö , malgrado la tenace opposizione
paterna. Anche su' viaggi attribuiti al Boccaccio giovinetto e alunno del mer-
cante, viaggi affermati pure da Filippo Villani, nulla sappiamo di positivo.
Che Giovanni abbia viaggiato sappiamo da lui stesso (vedi prologo del Diz.
roALAGOS. 5
come mercante, vi soggiorno come studente di diritto canonico, e,
insieme, come libero e geniale cultore degli studi prediletti: vi chiuse
il primo periodo delle sua vita, e v'inizio il secondo, in cui tutto
si abbandono al suo genio, e amore e poesia gli concessero i giorni
piü lieti, che fortuna gli abbia lasciato godere. Perfino la leggenda,
come sappiamo, adombro la influenza decisiva, ch' ebbe il soggiorno
di Napoli a volgerlo ormai tutto alla poesia.' Egli ci si presenta avi-
dissimo di conoscere; si fa discepolo degli uomini piii dotti viventi
in Napoli ; si arricchisce del pesante fardello della classica erudi-
zione, che aggrava le sue opere giovanili ; studia Virgilio ed Ovidio,
procura di acquistare quäl che cognizione del greco.2 In Napoli
puo dirsi che non solo si formi il romanziere e il poeta, ma s'an-
nunci anche 1' umanista. Se non che il Boccaccio non fu pago
delle delizie erudite che Napoli offriva; giovine e ardente egli amo
anche tuffarsi nell' onda della vita napoletana, attratto non solo
dalla voce della poesia e della scienza, ma anche dal richiamo
de' piaceri eccitanti la sua sensuale natura. Come Faust, egli non
cercö solamente la vita nel riflesso de' libri; ma volle provarla e
goderla nella sua realtä palpitante. Si puo veramente affermare,
che in Napoli s' aperse la vita nuova di Giovanni Boccaccio, in
Napoli, alle cui porte, mentre verso di esse cavalcava, gli apparve
la radiosa visione di Fiammetta „bellissima in aspetto, graziosa e
leggiadra, e di verdi vestimenti vestita, ornata secondo che la sua
etä e r antico costume della citta" richiedevano.3 Nella citta in-
geografico); ma niente prova che tali sue peregrinazioni avvenissero mentre
era adolescenle ed esercitava la mercatura. Si tratta perö d'ipotesi probabili.
Dal racconto d' Idalagos e di Caleone solo apparisce che Giovanni capitö a
Napoli direttamente dalla Toscana: cfr. Ameto p. 225 : „fanciullo cercai, dice
Caleone, i regni Etrurj, e di quelli, in piü ferma etä venuto, qui venni."
» Cfr. Villani, J. Bocc. Vita p. XXVIII, ed. Baldelli nelle Rime del
Bocc; p. 9 del volgarizzamento, ed. Mazzuchelli; D. Aretino XXXIII cit.
cd. Baldelli. II Boccaccio rammenta la tomba di Virgilio nel Filocolo IV 27;.
nella Genealogia degli Dei XIV, c. 245r. Cfr. pure la lettera attribuita al
Bocc. „Cuidam viro militi" Corazzini, p. 452. — Dell' influenza del soggiorno
di Napoli sul genio di G. Bocc. parlö con eleganza squisita il Casetti nello
scritto // Boccaccio a Napoli, Nuova Antologia XXVIII, marzo 1875.
2 Sugli studi greci giovanili del Boccaccio , che furono assai poveri,
scrissi recentemente qualche cosa nella recensione del lavoro di H. Herzog,
Die beiden Sagenkreise von Flore und Blanscheflur ; vedi Giornäle storico
della Lett. ital. IV 10 — II, p. 255 n. I.
3 Ameto p. 225, Nemmeno io, d'accordo in questo col Koerting {Bocc.
L. u. W. p. 150), posso ammettere la spiegazione, che delle due visioni di Fiam-
metta precedenli all' incontro nel tempio di S. Lorenzo d:\ il Landau, op. cit.
p. 61. Per il Koerting si tratta di mere linzioni ; per 1' Antona-Traversi, che
fa in proposito buone osservazioni, n. 25 al cap. III doli' op. del Landau, po-
trebbe qui accennarsi a veri e propri sogni. fe ben evidente, che il Boccaccio,
oscillante nel sentimento suo e nella rappresentazione di esso fra due poli
avversi, qui cede alla tendenza ed alla tradi/.ione mistica. L' anior suo non h
cosa comme: e arcanamente prenunciato da visioni; ^ promesso dal cielo:
„se bene le vedute cose da me, egli dice alla sua donna, e udile da voi, e i
passati sguardi considererete, voi a me promessa vedrete dal cielo ecc." {Amtto
6 V. CREScmr,
cantevolc egli conobb(: primamcnti: amon- ', come tosto si viene a
intendf;rc andic dal racconto d' Idalagos, il qualo continua a dire:
„. . . . c f,M:\ alibaiidonata la pastorai via, del tutlo a seguitar Pal-
ladu mi disposi, le ciii soltili vie ad iraraaginarc (juc-slo bosccj mi
p. 228). Cosi ciiVi, al niudo stesso di Dante, polea dire d' cssere stalo della
donna siia dalla piieii/ia. L' inia},'ine che gli si ofTre alle soj^lie ilella sua
vila miova, come 1' inia;,'inc di Bcatrice a Dante, e quella di Fianimetta ; c j^li
amori precedenti a (juesi' ultimo j^otente e fatale non furono che fjraduale pre-
parazione ad csm) volula dal ciclo. Pampinea e Abrotonia stesse j^li riprc-
scntano Fiammetta in un sofjno profetico ; e Idalagos si avvede che Cupido accor-
tamcnte lo dispose ,,con diversi disii" per farlo abile all' amore di Aleera
{Filocolo V 248). L'inlluenza della Vita Nuova dantesca sul racconto di Ca-
Icone e manifesta. Dante per la prima volta e salutato da Beatrice ; si parle,
inebbriato, dalla gente, si ritrae in una sua romita camera, e s'abbandona al
jiensiero della fanciulla cortese; gli sopraggiunge un sonno soave, nel quäle
gli appare una mirabile visione. Cosi Caleone , disperato perche Abrotonia
gli nega ormai 1' amor suo , si ritrae nella sua camera, pensa, s' affanna ; ma
il sonno lo prende, ed ha una visione. II motivo e la condizione psi-
chica sono diversi ; ma le coincidenze estrinseche non sono fortuite. La ri-
spondenza fra i due scrittori si avverte pure in talune . espressioni: Beatrice
apparve primamente a Dante: ,,. . . ornata alla guisa che alla sua giovanissima
ctade si convenia"; e Fimmetta a Caleone : „ . . . ornata secondo che la sua
etä e r antico costume della cittä richiedono." Ricordevole di Dante si mo-
stra il Boccaccio pur nella descrizione dell' innamoramento in .principio del
Filocolo e in quella ripetuta nella Fiam?netta (cfr. Renier, F//« Nuova e Fiam-
metta p. 274); come ancora nell' altra dell' Ameto (p. 228).
1 ]fe noto come il Renier [La Vita Nuova e Fiammetta, p. 225 sgg.)
creda che il Boccaccio non si recasse a Napoli col cuore vergine di affetti:
egli avrebbe amaia prima la Lia dell' Ameto, che sarebbe stata tutt' uno con
la Lucia dell' Am. Visione. Nessuno puö consentire in questo col Renier : cfr.
infatti Landau, op. cit. trad. italiana p. 782; Antona-Traversi, n. 46 al
cap. X dell' op. del Landau, e Z« Lia dell' Ameto {dorn, di Filologia Ro-
manza. n. 9 p. 130 sgg.); Koerting, Bocc. L. u.W. p. 523 — 25; Crescini,
Due studi riguardanti apere minori del Boccaccio (Padova 1882) p. 46 s., e lu-
cia, 7ion Lucia (Giornale storico della Lett. italiana III 9, p. 422 — 23). — lo ho
mostrato che nell' .^/w. Visione (Cap. 15) non abbiamo un nome proprio Lucia,
ma la forma verbale lucia male intesa : si tratta di un graziossimo granchio
pigliato da editori e da critici. — Amori tiorentini precedenti al soggiorno in
Napoli non si riconoscono da' critici nemmanco nelle ,,giovanili lascivie"
adombrate dalle prime due ecloghe boccaccesche : cfr. Antona-Traversi,
nella traduz. del Landau 893 sgg. e nell' articolo Le prime amanti di m.
G. B. nel Fanfulla della Domenica, 7 maggio '82 (IV 19). — Quanto alla
dimora del Boccaccio in Napoli riferirö un luogo, che parmi poco noto, il
quäle piü direttamente che ogni altra testimoniauza prova la consuetudine
del nostro alla corte angioina: ,,essendo ancor giovanetto, e praticando in
Corte di Ruberto Re di Gerusalemme, e diCicilia ecc." Casi degliUomitii illustri.
Hb. X588 trad. Betussi. F. Giunti. Firenze 1598. — Cfr. Hortis, Studj ecc.
p. 129 n. I. II Koerting non s' avvide di questo passo: infatti dell' essere
entrato il Bocc. nell' alta societä napoletana trae le prove solamente dal Filocolo,
e riferisce il luogo notissimo delle Ouestioni Amorose (cfr. pp. 137 sgg. del
suo Boccaccio). — Non dobbiamo, del resto, far troppe meraviglie che il Bocc.
pralicasse la corte di Napoli, che ove una corte tioriva, anche piü tardi, chi
aveva ingegno o denaro ed era ambizioso doveva piegarsi inevitabilmente alla
condizione di viver negletto o di aggiungersi al gregge cortigiano : cfr. P. L.
Cecchi, Torquato Tasso I 82 sgg. — Giovanni Boccaccio serbö sempre franca
1' anima grande ; non fu mai vero cortigiano, ma, naturalmente, e per la fer-
IDALAGOS. 7
presto agevoli introducimenti per la sua solitudine. Nel quäl di-
raorando m' avvidi lui essere alcuna stagione dell' anno, e massi-
mamente quando ariete in se il delfico riceve, visitato da donne,
le quali piü volte lente andando, ed io con lento passo le seguitai,
di cio agli occhi porgendo grazioso diletto, continuamente i dardi
di Cupido fuggendo, temendo non forse ferito per quelli in detri-
mento di ine aumentassi i giorni miei : e disposto a fuggir quelli,
prima alla cetera d' Orfeo, e poi ad essere arciere mi diedi: e
prima colla paura del mio arco, del numero delle belle donne, le
quali giä per lunga usanza tutte conoscea, una bianca colomba
levai, e poi fra' giovani arbuscelli la segui' con le mie saette piü
tempo, vago delle sue piume. Ne il non poterla avere punse percS
mai di malinconia il cuore, che piu del suo valore che d' altro si
dilettava. Dallo studio di costei seguire, dal luogo medesimo levata, mi
tolse una nera merla, la quäle movendo col becco rosso modi piacevoli
di cantare, oltremodo desiderar mi si fece, non perö in me voltan-
dola le mie saette, e piü volte fu ch' io credetti quella ricogliere
negli apparecchiati seni. E di questo intendimento un pappagallo
mi tolse, dalle mani uscito ad una donna della piacevole schiera. A
seguitar costui si dispose alquanto piü 1' animo ch' alcuno degli altri
uccelli, il quäle andando le sue verdi piume ventilando fra le frondi
del suo colore agli occhi mi si tolse, ne vidi come. Ma il discreto
arciere Amore, che per sottili sentieri sottentrava nel guardingo
animo, essendo rinnovato il dolce tempo, nel quäle i prati i campi
e gli alberi partoriscono, andando le donne all' usato diletto, fece
dal piacevole coro di quelle una fagiana levare, alla quäle per le
cime de' piü alti alberi con gli occhi andai dietro, e la vaghezza
delle varie penne prese tanto 1' animo a piii utili cose disposto,
che dimenticando quelle a seguitar questa tutto si dispose, non
risparmiando nc arte ne saetta ne ingegno per lei avere. Sen-
tendo il cuore giä tutto degli amorosi veleni lungamentc fuggiti
contaminato, allora conoscendomi preso in quel laccio dal quäle
raolto con discrezione m' era guardato, mi rivoltai, e vidi il numero
delle belle donne essere d' una scemato, la quäle io avanti aven-
dola tra esse veduta piü che alcuna dell' altre aveva bella stimata.
Allora conobbi l'inganno da Amore usato, il quäle non aveadomi
potuto come gli altri pigliare, con sollecitudine d' altra forma mi
prese, prima con diversi disii disponendo il cuore per farlo abile
a quello ; e rivolgendomi sospirando alla fagiana, la donna che al
numero dell' altre falliva, di quella forma in essa mutandosi, agli
occhi m'apparve, e cosi disse: che ti disponi a fuggire? Nulla
persona piü di met'ama. Quelle parole piü paura d' inganno che
speranza di futuro frutto mi porsero, e dubitai, perocche eil' era
vida natura docile al richiamo dc'piaceri c per 1' ingegno desioso di scienza fu
attratto nell' oibita angioina, ove non solo rideva gioconda la vila, nia, intorno
un re, sia pure pedante , ma dotto e bramoso della nomea d' Augiislo e di
Mecenale, splendeva un' accolla d' uoininl insigni ncgli sludi.
8 V. CRESCINI,
di bellfizza oltmmodo doli' altre splendidissima, c d' alta progenie
avea originc tralta, i; delle grazie di Giiinoiit; era cojjiosa, per le
(liiali cose io diceva (jsson* impossibile che me volesse altro che
schcrnire: e sc potuto avcssi, volcnticri mi sarci dallo iiicomiriciato
rilralto. Ma la nol)iIl;\ del mio ciiore, tratta non dal paslor padre,
ma dalla real madre, mi porse ardirc, o dissi: seguirolla, e jjroverö
so Vera sarä noll' i-fTello come nel parlar si mostra volonterosa.
P2ntrato in questo proponimento, e uscito daü' usato cammino, ab-
bandonate le imprese cose, cominciai a desiderare sotto la iiuova
signoria di sapere quanto 1' ornate parole avessero forza di rauoverc
i cuori uraani ; e seguendo la silvestra fagiana con pietoso Stile
(luelle lungamentc usai, con raolte altre cose utili e necessarie a
terminare tali disii. E certo non senza molto afifanno liinga stagione
la segnii, ne alla fine campo, che nelle reti della raia sollecitudine
non incappasse. Ond' io avendola presa, a' focosi disii piacendole
soddisfeci, e in lei ogni speranza fermai, per sommo tesoro ponen-
dola nel mio cuore; ed ella abbandonata la boschereccia salvati-
chezza, con diletto nel mio seno sovente si riposava. E se io ben
comprendeva le note del suo canto, ella niuna cosa araava secondo
quelle se non me, di che io vissi per alcuno spazio di terapo con-
tento. Ma la non stante fede de' femminili cuori, parandosi da-
vanti agli occhi di costei nuovo piacere, diraentico com' io gia le
piacqui, e prese 1' altro, e fuggita dal mio misero grembo nell' altrui
si richiuse. Quanto fia '1 dolore di perdere subitaraente una molto
amata cosa, e massimamente quando col proprio occhio in altra
parte trasmutata si vede, il dirlo a voi sarebbe un perder parole,
perciocche so che il sapete: ma non per tanto con quello,
ad ogni animo intollerabile, la speranza di racquistarla mi
rimase, ne per cio risparmiai lagrime nc preghi ne affanni. I\Ia
la concreata nequizia a niuna delle dette cose presto udienza, ne
concedette occhio, perche io per affanno in tribulazione disperato
rimasi, morte per mia consolazione cercando, la quäle mai aver
non potei, non essende ancora il termine di dover finire venuto:
il quäle volendo io come Dido fece, o Biblide in me recare, e giä
levato in pie da questo prato ov' io piangendo sedeva, mi senti'
non potermi avanti mutare, anzi soprastare a me Venere di me
pietosa vidi, e desiderante di dare alle mie pene sosta."i E narra
che Venere Io trasmuto in pino. Prima di partirsi Florio chiede a
Idalagos che gfi manifesti quäle cosa possa da lui esser fatta, che
gli riesca gradita. Idalagos risponde : poiche poco appresso la mia
metamorfosi, venni a sapere che la crudele mia donna fu mutata
in bianco marmo allato a una piccola e limpida fontana , nelle
grotte del monte Barbaro a man sinistra, passata la grotta oscura,
pregovi che, tornando alla cittä , visitiate il luogo, e alla bianca
pietra porgiate in mio favore quelle parole, che vi saprä inspirare
la pietä. Cosi fecero Florio e i compagni nel seguente giomo, nel
' Ft7. V 246—49,
IDALAGOS. 9
quäle da due giovani graziöse, Alciraenal e Idaraaria, furono gui-
dati alla fresca fontana. Florio, seduto presse il bianco marmo,
intuono una calda apostrofe alla pieta. Ma come era accaduta la
trasformazione della donna? Le due giovani riferirono cortese-
mento il fatto a' visitatori. In quel luogo stesso prima della me-
tamorfosi ridevano alberi ed erbe, appariva il suolo maestrevolmente
coltivato, onde i gentili uomini e le donne soleano in esso cercare
gradito riposo e diletto. Vennero un giorno a soUazzarcisi donne
di Napoli, che, deposta ogni malinconia, dettersi lietamente a' cibi:
di esse quattro bellissime, senza ormai piü freno di vergogna, forse
oltre il debito accese dagli effetti di Bacco, si sviarono dalle com-
pagne, si liberarono a pazzi trastulli, finchc, stauche e riscaldate,
cercarono il tresco di queste ombre, presso la fontana. L' una,
Aleera, sedette ove ora si vede il bianco raarmo ; 1' altra, Aerama,
s' assise ove di fronte stanno adesso le vecchie radici di un melo-
granato ; la terza, Aselga, si pose a sinistra; 1' ultima, Anaoa, a
destra. Qui cominciarono a spregiare gli dei, se lodando e le loro
lascivie: prima parlo Aleera. Ecco il suo discorso: „Gia ne' sem-
plici anni mi ricorda aver creduto questo luogo esser da riverire,
dicendo alcuni d' una semplicitä con meco presi , che qui Diana
depo i boscherecci affanni col suo coro veniva a ricreare, bagnan-
dosi, r affaticate forze: e tali furono che dissero, ma falso, che
Atteone qua dentro guardando , ' essendoci ella , merito di divenir
cervio. Qui ancora le Ninfe di questo paese testavano di ripo-
sarsi; qui le Naiadi e le Driadi nascondersi, ma la raia stoltizia
ora m' e manifesta. Ora veggio quanto poco lontano veggono
gl' ingannati occhi de' mondani, i quali con ferma credenza a di-
verse immagini facendo diversi templi, quelle adorano dicendole
piene di deita. O rustico errore piuttosto che verita. Elli hanno
appo loro gl' iddii e le dee e' celestiali regni, e vannogli fra le
stelle cercando. E che cio sia vero , rimirinsi i nostri visi adorni
di tanta bellezza, che nullo verso la poria descrivere. Ella avria
forza di muovere gli uomini a grandissime cose. Quali iddii dun-
que o quali dee, quäl Venere, quäl Cupido, quäl Diana piu di noi
e da essere riverita? Eolle e chi crede altra deita che la nostra.
Noi commoveremmo i regni a battaglie, e ne' combattenti mette-
remmo pace a nostra posta: quello che gli iddii non poterono
fare, avendo Elena porta la cagione. Quali folgori, quali tuoni pote
mai Giove fulminare, che da teraer fossero come' la nostra ira?
Marte non fa se non secondo che noi commettiamo. Cessi dun-
que questo luogo da essere riverito, se non per amore di noi: e
che cio sia ragione, io mostrero la mia forza maggiore che quella
di Venere essere stata, e udite come. Quanto io sia di sangue
nobilissima non bisogna dire che manifeste ne h, che alcuno
di quelli che iddii si chiamano con giusta ragione non potrebbe
mostrare piü la sua origine che la mia antica. Io similemcnte in
dirvi quanto di ricchczze abbondi non mi fatichero, perciocch^
Giunone a quelle non potrebbe dar crescimento discernevole con
lO V. CkKSCINI,
Uill(; li! suc. I,;i copia de' jjarenti ("• a mt; grandissima, c oltn* a
tiitte le cosc che iid moiido si pDssono d<;siderar(.' sono io h«'llis-
sima comc appan-, «• nel piu nolaliilc luogo della raia citta situala,
<; lieta la casa cIk; mi rictvt; ; davanli la (jualc niuno cittadiiio c
che sovcntc noii jiassi, i; (luelli f(jrc.stieri i ciuali per terra 1' Oriente
e il freddo arturo iie manda, e 1' austro e '1 ponente per mare,
tutti, se la cittA desiderano di vtHlere, coDviene che davanti a me
passino, gli occhi de' quah" tutti la mia bellezza ha forza di tirargli
a vcdcrmi. K bnnche io a tutti i)iaccia, pero tutti a me noii piac-
ciono ; ina luillo e ch' io mostri di rifiutare, ma con giochevolc
sguardo a tutti eguahneiite dono vatia .sj)cranza, con la quäle nelle
rt^li dcl mio piacere tutti gli allaccio, non duhitando di dare ne
di prciidere amorosc parolc. 1'", se le mie parole meritano d' esser
credute, vi giuro che C'ujjido molte volte per Io piacere di niolti
s' c di ferirmi sforzato, nia iiello spesseggiare del gittare i suoi
dardi, o nello sforzarsi, mai ignudo poterono il mio petto toccare;
anzi facendo d'esser fedita sembiante, ho ad alcuni vedutc le sue
ricchczze disordinatamente spendere credendo piu piacere. Aleuno
aitro dubitando non alcuno piu di lui mi piacesse , contra quello
ha ordinato insidie : c altri donandomi credette avermi piagata. E
tali sono stati che per me sc- medesimi dimenticando, con le gambe
avvolte sono caduti in cieca fossa, e io di tutti ho riso,- prendendo
pero quelli a mia sodisfazione, i quali la mia maestra vista ha cre-
duti che fiano piu atti a' raiei piaceri. Ne prima ho il fuoco
spento, ch' io ho il vaso dell' acqua appresso rotto e gittati i pezzi
via. Tra la quäl turba grandissima de' miei amanti, un giovane
di vita e di costumi e d' apparenza laudevole sopra tutti gli altri
mi amo, il cui amore conoscendo, il feci del numero degli eletti
al mio diletto, e cio egli non senza molta fatica meritö. Egh,
prima che questo gli avvenisse , poetando , in versi le degne lodi
della mia bellezza pose tutte. Egli di quelle medesime aspro di-
fenditore divenne contra gl' invidi parlatori. Egli occulto pellegrino
d' amore in modo incredibile cerco quello che io pol gli donai, e
ultimamente divenuto d' ardire piu copioso che alcun altro che
mai rai amasse s' ingegno di prendere, e prese quello ch' io con
sembianti gli voleva negare. Mentreche questi dilettandomi mi
teneva, non pero manco 1' amor suo verso di me, ma sempre crebbe,
le quali cose tutte io fermissima resistente a Cupidine non guar-
dai, ma come d' altri molti avea fatto, cosi di lui gittandolo dal
mio seno. Questa cosa fatta, la costui letizia si rivolse in pianto.
E brevemente egli in poco tempo di tanta pieta il suo viso dipinse,
che egli in compassione di se moveva i piii ignoti. Egli mi si
mostrava, e con preghi e con lagrime, tanto umile quanto piü po-
teva, la mia grazia ricercando, la quäle acciocch' io glie le ren-
dessi Venere piii volte s' affatico pregandomi , e talora spaventan-
domi e in sonni e in vigilie. Ma cio non mi pote mai muovere :
perche, rimanendo ella perdente, il giovane che si consumava tras-
muto in pino, e ancora alle sue lagrime non ha posto fine: ma
IDALAGOS. I I
per la bellezza ch' io posseggo io prima dove 1' albero dimora non
andrö, che in dispetto di Venera faro piu innanzi al dolente albero
sentire la mia durezza, ch' io colle taglienti scuri prima il pedale,
poi ciascun ramo faro tagliare, e mettere nell' ardenti flamme. Ben
potcte'per le mie parole aver compreso quanta sia la potenza di
Venere, la quale non de' minori iddii, ma nel numero de' mag-
giori e scritta, e per conseguente possiamo di ciascuno altro pen-
sare : e perö se non possono, non debbono essere con cosi fatto nome
ne di tanti onori riveriti. Noi che possiamo, noi dobbiamo essere
onorate : e che io possa giä 1' ho mostrato , e ancora come detto
e piü aspramente intendo di dimostrarlo." Discorsi altrettanto su-
perbi fecero quindi le compagne d' Aleera si che gli dei, commossi
da subita ira, scatenarono una bufera, scesero fra gh orrori d'essa:
Venere mutö Aleera in bianco marmo, nel quale riraase perö alcuna
rossezza per effetto del vino, di che abbondava la donna, quando
accadde la metamorfosi ; Febo tramuto Aerama in un melogranato ;
la Luna trasformö Aselga in pruno ; Diana fece diventare Anaoa
anch' essa un pruno, diverso dal primo nel colore de' fiori.'
Ora sorge una questione: Aleera e Fiammetta? Lo stesso An-
tona-Traversi, sostenitore del carattere autobiografico dell' episodio
d' Idalagos, esclude che Aleera sia da identificare alla donna preci-
puamente amata dal nostro.- Noi invece colla esposizione che qui
segue crediamo di poter dimostrare sicuraraente che Aleera e
Fiammetta.
Gli amori del nostro cominciano in Napoli, quando ormai
egli s' era dato agli studi, cui aveva finito per volgerlo interamente,
secondo vedemmo, 1' alto magistero di Andalone del Negro. Spe-
cialmente in primavera •' il bosco, nel quale traeva Idalagos la sua
vita, era visitato da donne. Lente andavano, e lento le segui-
tava, con grazioso diletto degli occhi, ma schermendosi da
amore, Idalagos. II suo cuore e libero: egli fa solo il vagheg-
gino, e cosi, per mero trastullo, senza . essere ancora innamorato,
si da a comporre versi'*: quindi vuole anche di piü, si fa arciere,
si pone, cioe, in caccia di donne. Nel discorso rivolto a Fiam-
metta neir Ameto •'> Caleone racconta del pari che, come si trovö
in Napoli (cui equivale il bosco, ove dimora Idalagos ^), egli pure,
imitando gli altri giovaiii vagheggianti le belle napoletane, si piac-
que di corteggiarle. Prima il novello arciere fe' levare del numero
• Fii. V 253—272.
^ Cit. articolo della Riv, Europea, p. 750, n.
^ Fil. V 246 ,,massiinaniente quando ariele in se il deltico liccvc."
'* i^j/. V 246 „prima alla cetera d' Orfeo , e poi ad essere arciere nii
dicdi."
* p. 225 ,,E come gli altri giovani le ciliare bellezze delle donne di
questa terra andavano riguardando, ed io ecc."
" Cfr. letlera del Boccaccio a fra Martini) da Sijjna : „quintae eclo<;ae
titulus est sylva cadens, eo (]uod in ca tractetur de diminutione et iiucmad-
modum casu civitatis Neapolitanae post fugam regis praedicti ; (juam civitatem,
more pastorali loquens, sylvam voco ecc." Corazzini, op. cit. 2O9.
12 V. CRESCINF,
delle helle donne, „lo qiiali g\\ per lunga usanza tiitle conoscea",
una bianca colomba.' Kra' giovaiii arbuscflli v.gU la sogu'i con le sue
saetü; pin tempo, vago dcllo sue piume. Nor» potc- averla, raa non
no sofTcrst; troppo. Com«: Idalagos scrvi costei „pin tcmpo", cosi
Caleoiu; scrvi I'ampiiiea „non poco di tcmpo".^ Dallo studio di
sc'guire la colomha tolsc Idalagos una ncra merla dal luogo me-
dcsimo Icvata: cgli amc"), cio«'-, un' altra napoletana. Questa gli
piacquo meglio che la prima: „movondo col hecco rosso modi pia-
cevoli di cantare, oltrcmodo desiderar mi si fece." Vedi ancora il
racconto di Caleone: „ma a questa (Pampinea) la vista d'un' altra,
dn'amala Ahrotonia, mi tolsc, e femmi suo; ella certo avanzava di
bclk'zza Pampinea e di nohilta, e con atti {)iaccvoli mi dava d'amarla
cagione."^ Kgli, Idalagos, la amo; ma non riusci a fare che in lui
la voltassero le sue saette ; non riusci a fare ch' ella pure vcrace-
mente lo amasse. Piü volle fu ch' egli penso di ottenere il suo
intento, di pigliare la merla, di possedere questa novella amata
(„piii volte fu ch' io credetti quella ricogliere negli apparecchiati
scni"); ma invano. Veramentc Caleone narra che Abrotonia lo fe'
contento de' suoi abbracciamenti ; ma poi gli tolse la sua grazia.'*
Idalagos accenna ad un terzo amore, di che Caleone affatto si tace :
„o di questo intendimento (dall' intendimento alla nera merla) un
pappagallo mi tolse, dalle mani uscito ad una donna della piace-
vole schiera." A seguire costui si dispose alquanto piü 1' animo
ch' alcuno degli altri uccelli, „il quäle andando le sue verdi piume
ventilando fra le frondi del suo colore agli occhi mi si tolse, ne
vidi come." Che questo sia non gia un terzo amore, ma un presagio
doli' apparizione di Fiammetta? Che risponda, cioe, alla visionc a
Caleone comparsa, dopo gli amori di Pampinea e di Abrotonia?
A Caleone si presenta per la seconda volta il fantasma di Fiam-
metta verde-vcstita'^\ e si noti che il pappagallo, tra le frondi, ven-
tila le vcrdi piume, e dilegua; e anch' esso una apparizione fugace.
Fino a questo punto Idalagos non ha provata intensa e profonda
la passione araorosa. „Ma il discreto arciere Amore . . . per sottili
sentieri sottentrava nel guardingo animo . . ." Siamo a priraavera:
le donne vanno all' usato diletto : dal piacevole coro di esse Amore
arciere fa levare una fagiana, cui segue Idalagos cogli occhi per le
cime de' piu alti alberi: „la vaghezza delle varie penne prese tanto
r animo a piü utili cose disposto, che dimenticando quelle a se-
* Vedi come di simile imagine si valgano l'autore della Cac^rza di Dtatta,
Canto XVII (ediz. Morpurgo-Zenatti), e Domenico di maestro Andrea da Prato
in un rimolatino contenuto nel cod. Laurenziano. pal. 41, cod. 40, onde lo
pubblicü il Wesselofsky, op. cit. I, parte 2, p. 341. II poeta cacciatore nel
rimolatino insegue una cervetta che poi gli si tramuta in usignolo.
^ Ameto, 1. cit.
3 Ameto, 1. cit.
" Ameto, 1. cit.
^ Ameto, p. 227 Anche nella prima visione Fiammetta comparisce ve-
stita di verde. Ci fermeremo altrove a discorrere del colore delle vesti di
Fiammetta.
roALAGOS. 13
guitar questa tutto si dispose, non risparmiando ne arte ne saetta
ne ingegno per lei avere." L' animo dunque del giovine era dis-
posto a piü uiili cose, e le lascio per non pensare che alla fagiana,
al nuovo amore : vuol dire qui 1' autore che, quando s' invaghi di
Fiammetta, abbandono gU utili studi, cui s' era volto per comando
del padre, che non vedendolo atto ad arte lucrosa lo avea voluto con-
sacrare a lucrosa facolta ? i — Della fagiana si parla anche ad altro
luogo del Filocolo.2 Florio, o Filocolo, e in NapoH impedito di
proseguire la inchiesta amorosa di Biancifiore: una mattina sorge
dal notturno riposo piü turbato del solito : Ascalione e i compagni
sanno da lui che causa della sua malinconia piü grave ancora
dell' usato e un sogno fatto nella notte , nella quäle aveva veduta
„la piü nuova visione che mai alcuno vedesse". La visione ch' egli
riferisce si riporta non giä alla storia sua stessa, ma a quella dell' au-
tore Giovanni Boccaccio. Pareva a Florio di essere, scompagnato,
sopra il monte Falerno, onde tutto gli si scopriva 1' universo. Mentre
intorno rimirava, ecco dal cerreto giä nel suo vaggio precedente-
mente trovato ^ si leva uno smeriglione e cerca il cielo ; „e poiche
egli era assai alzato, pigliando larghissimi giri il vidi incominciare
a calare , e dietro a una fagiana bellissima e volante molto , che
levata s' era d' una pianura fra salvatiche montagne, poste non guari
lontane al natal sito del nostro poeta Naso: e nel giä detto prato
a me assai appresso mi pareva ch' egli la sopraggiugnesse e ficca-
talasi in piedi sopra la schiena forte ghermita la tenea." Nel cerreto,
cui accenna Filocolo, dobbiamo riconoscere Certaldo; nello smeri-
glione lo stesso Boccaccio, che da Certaldo proviene ; nella fagiana
Maria -Fiammetta, come ci apparirä manifestissimo in seguito.
Costei s' era levata da una pianura fra salvatiche montagne non
guari lontane da Sulmona, in cui forse lo scrittore, con la solita
indeterminatezza nelle designazioni geografiche, raffigura Aquino,
onde era nominata la famiglia di Maria.'* Si noti che lo smeri-
glione sopraggiugne e forte tien ghermita la fagiana sul prato, in
cui Filocolo sognava di trovarsi, prato che si stendeva sul monte
Falerno sovrastante a Napoli : il che vuol dire che Giovanni Boc-
caccio , originario da Certaldo , si conquisto Fiammetta , originaria
d' Aquino, in Napoli. D' ogni parte vede Filocolo apparire uccelli,
che convengono a posarsi presso la fagiana. Qui allude lo scrit-
* Cfr. Gen. degli Dei, XVc. 258r. : „comando il padre mio ch'io en-
trassi ad udire le regole ponleficali, istimando per ciö ch'io hauessi a diue-
nire ricco ecc." Vedi la definizionc d' amore che du Fiammetta (7'";/. IV 86):
„amore niun' altra cosa e che una irrazionale volonte , nata da una passione
venuta nel cuore per libidinoso piacere che aj^li occhi t; apparito, nulricalo
per ozio da memoria e da pensieri nelle folli menti: e molte fiate in tanta
quantiti\ multiplica, cJie egli leva /' intenzione <// colui, in cui dimora, dalle
necessarie cose, e disponla alle non utili."
^ L. IV 23 sgg.
^ Cfr. Filocolo IV 6 sgg.
* Cfr. Ameto, p. 121.
14 V. CKESCINI,
U)Ti: ;i' luolli a(ioral(jri ili l'iaiiuuclla ', de' quali si fa largo cenno
niil discorso di Alrera. Questi uccelli fan cerchio intomo la fu-
giana: Niso, cior lo siiK^rigliono 2, sta sornpre sopra di essa. Quclli
la assalgoiio: lo .sincriglio la difende quanto pun. Certo (iio-
vaiiiii Hoccaccio fiiiclir posscdette FiammeUa dovr gelosamente
guardarla da' molli iiinamorati, che avran tciitato di rapirglifla. La
diffiidcva dunque lo smcriglio; quaiido dallc moiitagnc vicine a
I'()inp(^aiia vciiiic un graiidc inastino, che, rabbioso per fainc, prcse
e divoro il capo dcila fagiana, per forza traendo il buslo dagli
artigli di Niso, cioe dello smeriglione. Qui s' adombra il fatto,
che altri degli adoratori di Fiammetta la tolse al nostro Giovanni.-'
Niso dolente tramutasi in tortora, e piange, piange naalinconica-
raente: sopravviene una bufera, che il disgrazialo uccello sopporta
tutta lamentoso : „la terra, il mare e il cielo crucciati, e minacciando
peggio, pareano contro a quella (la tortora) commtjssi, ne parea
che luogo fosse alcuno ov' essa per sua salute ricorso aver potesse.
Svegliasi Filocolo, dopo ancora altre visioni, coli' animo turbato
per la compassione avuta alla povera tortora. Che significato ha
quest' ultima parte della visione? Lo vedremo piü innanzi: ora,
ci basti avere mostrato che la fagiana raffigura la donna con piu
passione amata da Giovanni Boccaccio, lo smeriglione cerrezio.
Torniamo alla narrazione d' Idalagos. Ormai questi e tutto
d' amore, si sente preso nel laccio, dal quäle molto con discrezione,
secondo egli dice, s' era guardato : si rivolto, e vide lo stuolo delle
donne, onde s'era levata la fagiana, scemato della piü bella. Amore
» Cfr. Filocolo V 261.
^ Cfr. Metamorfosi ovidiane VIII 144 — 45.
•* Vedi pur nel Filostrato P. VII 24 come Troilo sogni che un cinghiale,
cioe Diomede, traeva il cuore alla sua donna; e nel Filocolo vedi il sof^no di re
Feiice II 79. Cfr. la nota visione di Dante nella Vita Nuova, ove il poeta
sogna di vedere il cuor suo fatto pascere da Amore a madonna : e a pro-
posito del racconto del cuore tnangiato, giacche abbiamo avuto occasione di
accennarvi, vedi F. Hüffer, Der Trohador Guillem de Cabestatih ecc, Berlin
1869, pp. 28 — 29; G. Paris, nella Roniania VIII 343 — 73, nella Histoire litt,
de la i^rawc^ XXVIII 352 — 90 (ove si trova riprodotto l'articolo della Ro-
tnania cit.), nella i?owa«za XII 359 — 63 ; D'Ancona, a pp. 32 — 36 della II
ediz. della Vita Nuova di Dante. Insieme allo studio del Beschnidt {Die
Biographie des Trohadors Guillem de Capestaing und ihr historischer IVerth,
Marburg 1879) e da vedere l'articolo che intorno ad esso ha pubblicato il
Canello nel Giorn. di Fil. Romatiza, n. 4, pp. 75 — 79. Noto che ne' Casi
degli Uomini Illustri, cit. ediz. e traduz., p. 594, il Boccaccio narra che nel
supplizio di Filippa Catanese , di Ruberto suo figlio e di Sancia sua nipote,
i corpi di questi due ultimi furono arsi , mentre Filippa dilacerata da' mani-
goldi mori prima di essere posta nel rogo, e soggiunge che i cuori di Roberto
e di Sancia „da alcuni , come in sacrificio, furono mangiati". Vedi pure G.
Porro, Catalogo de' Codici Mss. della Trivulziana , Torino, Bocca, 1884,
p.VII — VIII, ove si dice che nel Museo Trivulzio una stupenda sella d' avorio
perfettamente conservata del sec. XIV presenta intagli raffiguranti la leggenda
della donna , cui il marito fa porgere in una coppa il cuore dell' amante da
lui fatto uccidere. Qui nel luogo del Filocolo anzi che il cuore il mastino
strappa il capo della donna raffigurata dalla fagiana, e quindi anche il corpo :
forse si vuol dire ch' ebbe 1' intero possesso di lei, spirito e corpo.
IDALAGOS. 15
accortamente l'avea mutata nella fagiana per conquidere il suo cuore,
che, guardingo, dalla bellezza d' una donna si sarebbe schermito.
Poich' egli e vinto, la fagiana riprende la forma di donna, e lo
lusinga con le parole : „che ti disponi a fuggire? Nulla persona
piü di me t' ama." Tuttavia egli piii teme , che non isperi : e
perche ? „Perocche eil' era di bellezza oltremodo dell' altre splen-
didissima, e d' alta progenie avea origine tratta, e delle grazie di
Giunone {cioe di ricchezze) era copiosa , per le quali cose io di-
ceva essere impossibile che me volesse altro che schernire: e se
potuto avessi, volentieri mi sarei dallo incominciato ritratto." Ma
egli ha nobile, quindi generosamente ardito il cuore, qualitä ch' egli
deve alla madre reale, non al padre pastore; si che s'induce a
secondare 1' invito, e a provare se la donna „vera sarä nell' effetto
come nel parlar si mostra volonterosa". Esce cosi, egli dice,
dall' usato cammino, abbandona le imprese cose, cioe si di tutto
a servire la donna sua, negligendo ormai affatto quant' altro avesse
impreso, lasciando, secondo mi pare, gli studi giuridici: e comincia
a desiderare sotto la nuova signoria di sapere quanto V ornate
parole avessero forza di muovere i cuori umani, tanto meglio (cosi
io spiego) si consacra agli studi letterari, secondando interamente
le antiche inclinazioni : e seguendo la silvestra fagiana con pietoso
Stile lungamente usa quelle Ornate parole con molte altre cose
utili e necessarie a terminare i desii amorosi. E chiaro che qui
possiam leggere la storia stessa di Giovanni Boccaccio. Giovanni
amö prima di Maria altre donne, come Caleone confessa nell'Ameto,
come si sa dalla Fiammetta, ove Panfilo si mostra ,,esperto in piü
battaglie amorose".' Si noti bene che qui pure, come negli altri
racconti autobiografici , la donna, non solo e raeravigliosamente
bella, ma scende d' alto sangue e da ricchissima famiglia.-^ Si noti
ancora come il giovine si senta superiore, per la nobilta. dell' ani-
mo, alla sua stessa condizione, vantando d' avere nelle vene il
sangue inclito di sua madre, non quello del rozzo genitore, vanto,
che sappiamo proprio del Boccaccio per altri esempi. Ripete qui
che, deciso a consacrarsi in tutto al nuovo amore, abbandona le
imprese e utili cose, gli studi giuridici cui s' era volto, per curarne
altri, che valessero a conquistargli la silvestre fagiana. Gia il ser-
vigio delle donne lo avea richiamato alla poesia, alla cetera d'Or-
foo ; ma adesso piü volentieri e piu completamente si consacra
alle lettere.3 Continua dicendo che non senza molto aftanno segue
' Cfr. Ameto, p, 225 sgg.; Fiammetta, p. 25 — 26; Corbaccio, p. 276.
^ Cfr. Filocolo, I 4, IV 30; Ameto, p. 221 sgg.; Fiammetta, p. 21 sgg.;
Amorsa Vis. cap. 44 ove s' accenna alla gradezza della donna per la quäle
stava dubitoso il poeta.
^ Cfr. ntW Ameto, p. 226 le parole di Caleone a' fantasnii di Pampinca
e di Abrotonia : ,,0 giovani schernitrici levatevi di qui, questa noia
non si conviene a me per premio de' cantati versi in vostra laude e liellc
avute fatiche"; e la risposta di Abrotonia: „ti fia palese per cui piu nlta-
tnente canterai che per noi ccc." — indi ancora le parole di Caleone: ..ccssino
gl' Iddii che piü per me Calliope dia forma a nuovi versi." Cfr. Dedicatoria
l6 V. CRRSCINI,
lunga slagionc la lagiana; c iiul jjcricjdo prcccdenle ha dclto die
usd lungamenle le ornate parole opportune a catlivargli la donna
sua. Dunque Kiamraetta lo lusinga: egli i incerto, alfine si decide,
le fa una corte lunga, ansiosa, durante la quäle prodiga versi a
incensan; e rendersi propizio il iiume adorato. Alla finc la donna
cede, (• vinta dalla sollcciludine d' Idalagos, che raggiunge il colmo
d' ogni f<;liciU\ sognala. „(3nd' io avendola pre.sa, a' focosi disii
piacendole soddisfeci, e in lei ogni speranza fermai, per sommo
tesoro ponendola nel mio cuore; ed ella, abbandonata la bosche-
reccia salvatichezza, con diletto nel mio seno sovente si riposava." Qui
s' adombra cio che altrove, nel Filocolo stesso, corae vedremo, nell'^^-
vielo, wkAV AmorosaVisione, nella Fiammeitn enarrato, che, cioe, Giovanni
e Maria godettero di un colpevole amore: „con diletto nel mio
seno si riposava". „E se io ben comprendeva le note del suo
canto, ella niuna cosa amava secondo quelle se non me, di che io
vissi per alcuno spazio di tempo contento." Ma la donna non gli
serbo fede ; lo abbandono per amare un altro. Si tratta dunque
di questo : 1' amore che uni Maria e Giovanni fu meramente uno
sfogo capriccioso. Questa donna passionata, sensuale, gli si con-
ccsse qualche tempo, ma, soddisfatto il desio, trascorse ad altri
amori. L' amante invece ardeva di lei : pianse, prego : fu invano.
Disperato, volle uccidersi; ma Venere pietosa lo muto in pino.
Questo pianto doloroso d' Idalagos ci fa rammentare il gemito
triste, lugubre della tortora , gemito che s' era intimamente riper-
cosso nel cuore del sognante Filocolo, e gli sonava ancora sini-
stramente all' orecchio come si fu svegliato. Anche quella visione
rispecchiava la storia dell' amore del Boccaccio e di Maria, storia
chiusasi, per 1' amante disgraziato, con la catastrofe piü tormentosa.
Nella nuova forma, dice Idalagos, non vario la condizione della sua
natura: „egli (il pino) verso le stelle piü che altro vicino albero la
sua cima distende, siccome io gia tutto all' alte cose inteso mi
distendeva." Notisi che, proseguendo nel rafFronto, egli dice:
„questo mio albero ancora in se mostra le fronde verdi, e mostre-
ra mentre le triste radici riceveranno umore dalla terra circustante,
in che la mia speranza molte volte immaginata non ancora esser
secca, ne credo che mai si secchi, si puo comprendere." Egli dun-
que serba ancora un filo di speranza: il solo legame, che ancora
lo congiunga a Maria, che lo tenga volto ad essa. Per effetto di
questa speranza, e per la memoria delle godute gioie Giovanni si
sentira inspirato a scrivere 1' opere sue giovanili, destinate ad esal-
tare Fiammetta, a tener vivo il ricordo della felicitä perduta, nel
quäle solo 1' autore si sentiva beato sognando , ed a commuovere
la donna ormai obliosa e passata ad altri amori. Memoria e spe-
alla Fiammetta premessa al Füostrato, Corazzini p. I2; vedi pure a p. 3 nella
Dedicatoria premessa alla Teseide, ove s' accenna che Fiammetta soleva esal-
tare le rime del nostro poeta. Vedi nella Teseide, L. III 38, i due innamorati
Arcita e Palemone trovar conforto a' loro mali nel compor versi ; e nel Füo-
strato P. I 2 ove il poeta dice ch' egli ha provato e sa essere la sua donna
sua Musa. Infine v. sonetto LI nelle Rime del nostro (ed. Baldelli).
IDALAGOS. 17
ranza, ecco i due moventi psichici onde usciranno le opere gio-
vanili del nostro. 11 Filoculo stesso, impreso per compiacere a Maria
neir inizio de' suoi amori col Boccaccio, venne condotto innanzi e
compiuto quando ormai s' erano spezzati i vincoli, che aveano unito
r autore e la bellissima bastarda di Roberto d' Angiö ; si che an-
ch'esso per T ultima sua parte antra nella serie delle opere com-
poste col fine e nella condizione d'animo, che indicammo. Idalagos
chiude il suo racconto con una invettiva contro le donne, invettiva
che ci fa presagire il Corbaccio e un feroce capitolo de' Casi degli
Uomiiii Illnstri.^ ]\Ia Biancifiore, esempio casto di fedeltä amorosa,
sorge a difendere le buone e fide donne. Cosi il piü solenne
esempio di costanza in amore e contrapposto alla volubilita della
donna d' Idalagos, il quäle intendendo ch' erano ormai felici i dis-
graziati, di che aveva udito novellare -, Fiorio e Biancifiore, si sente
riconfortato a sperare „di pervenire a simile partito de' suoi af-
fanni". — Seguitiamo ora Fiorio e la sua brigata, che, ravviandosi
a Napoli, dietro preghiera d' Idalagos ristanno alla fresca fontana
nascosa nelle grotte del monte Barbaro 3, presso alla quäle bian-
cheggia il marmo, in cui Venere aveva trasmutata la superba Aleera.
Sappiamo che Filocolo assiso allato al marmo prese a invocare
la pietä „santissma passione de' giusti cuori". E Giovanni Boc-
caccio stesso, che procura di spetrare quella donna fattasi per lui
fredda come bianco marmo. — Riveniamo al discorso di Aleera.
Notiamo che Aleera vanta la nobiltä del suo sangue, si che al-
cuno di quelli che dei chiamansi non potrebbe mostrare piu antica
r origine propria; vanta la sua ricchezza, la sua bellezza, e ogni
altra cosa che le cresce lusso e potenza, la casa lieta, e la copia
de' parenti. Come la silvestra fagiana, e dunque nobilissima, bel-
lissima, ricchissima. Sa di piacere a tutti, ma tutti non piacciono
a lei; pure non mostra di rifiutare alcuno, gli attira e allaccia tutti
animandoli di vana speranza. Rimase immune dalle saette amo-
rose; finse d' amare, onde follie de' suoi adoratori: 1' uno per pia-
cerle prodigo il suo, altri per gelosia ordi insidie contro un temuto
rivale, altri con doni penso averla vinta. Taluni vide precipitare: di
tutti rise, tra essi pero eleggendo quelli che, maestra, giudico rae-
glio atti a' suoi piaceri. Ma pur questi, saziatasi, licenziö.'* Tosto
ella accenna ad un amatore, che a noi molto importa, poiche e lo
stesso Idalagos, cioe Giovanni Boccaccio. Fra la turba degli ado-
ratori „un giovane di vita e di costumi e d' apparenza laudevole
sopra tutti gli altri mi amö, il cui amore conoscendo, il feci del
numero degli eletti al mio diletto, e cio egli non senza molta fa-
tica merito." Si rammenti , che giii prima Idalagos disse di avere
* Cfr. cit. traduz. ed. ediz. de' Casi ecc. 49. '•' Cfr. Filocoh "V 25 1 sgg.
3 ;fe il Vesuvio- Cfr. Fiammetta, p. 74; il Filocolo stesso IV 121.
* Cfr. Amelo, p. 218 — 19, ove Fiammetta dichiara che molti furono gli amori
suoi. — Anche nella Fiammetta, ovo essa pciö ci si alleggia diversamenle,
dice la protagonista : „io, avanli non vinta da alcuno piacere giammai, trn-
tata da molti ultimamente, vinta da uno, cd arsi cd avdo ecc." p. 27.
Zfitsclir. f. roui. l'hil. X. 2
l8 V. CRRSCINr,
seguila la -lilveslra lagiana mm senza ritn/lo a(fümi(> lunga slagiime.
Prima ch' ei fossfr dcgli olctti, pooto, dicc la doima, 1<; (k-giie lodi
dclla inia l)c;llezza; o vedasi ci^ che giA narro Idalagos, ehe, la-
sciata ogiii alira inipresa cosa, volle i)rovare la virtu delle ornate
parole, le quali uso, seguendo la fagiaiia, liiiigamente coii pietosfj
Stile, insieme a molte altre cose utili e necessarie a terminare tali desii.
P'cco dunque attestato un' altra volta, che il giovine poeta con-
sacr6 le sue rime a vincere la si;a donna adorata. 11 successivo
particolare riesce estremamente importante: „egli occulto pellegrino
d' amore vi modo incredibile cercd quello che io poi gli Jona/, e u/ii-
tnamenie divenulo d'ardire piii copiosv che alcun altro che viai vii
anlasse s' ingeg/id di prendere , e prese quello cH io con sembianli gli
voleva negare." E detto il giovine occtdto pellegrino d' amore, perche,
avveduto, celava le sue fiamme, come Caleone, come Filostrato,
come Panfilo.i Richiamo 1' attenzione del lettore sulle parole sottoli-
neate, colle quali s' accenna a cio che nell' Amelo e nella Fiajnmeiia
e distesamente riferito : all' astuzia e all' ardire, co' quali Caleone e
Panfilo ottenncro da Fiammetta 1' ultima grazia. Idalagos cerco in
modo incredibile cio che poi la donna, vinta, liberaraente gli con-
cesse, e, audacissimo de' suoi amanti, s' ingegno di prendere, e
prese cio che ella simulava di volergli negare. Si badi a quel
prejidere, e prese. Infatti Giovanni si fece famigliare del raarito di
Fiammetta, profitto di una sua assenza, e, notturno assalitore, pe-
netrö nel letto solitario della donna. Dopo lunga e affannosa corte,
sempre meglio sicuro dell' amore di lei, fatto ormai impaziente e con-
scio che fortuna ride agli audaci, prese cio che la donna apparen-
tcmente rifiutava. ^L chiaro che le parole d'Aleera corrispondono
mirabilmente a cio che per altra via ci era noto intorno a questi
particolari della storia amorosa di Maria e di Giovanni. II diletto,
continua la narratrice, non scemo l'ardore del giovine, anzi l'ac-
crebbe; ma ella, indifferente, anche questo amatore poi che ne fu
stanca, gitto. Spento il fuoco, pur questa volta, secondo era suo
costume, ruppe il vaso dell' acqua e butto i pezzi via. La gioia
d' Idalagos si volse in pianto. Moveva a pietii i piü ignoti ; ma
furono vani preghi e lacrime ; vana 1' intercessione di Venere stessa,
che alfine tramuto in pino il dolente giovine, Ma pur la superba
Aleera, come sappiamo, dopo vanti cosi oltraggiosi a* numi, insieme
alle compagne, subi strana metamorfosi.^
* Panfilo nella Fiammetta rimira la donna sua „non meno pietoso che
cauto" p. 25. Vedi allo stesso punto: „senza mutare luogo cautissimo
riguardava". Vedi pure p. seg. e p. 28, ov' e detto : ,,era il giovane avvedutis-
simo, siccome piü volte esperienza rende testimonio ecc." Panfilo s' era pro-
posto come Fiammetta ,,di celare in tutto 1' amorose fiamme". Cfr. meglio
ancora p. 37. — Cfr. cosi Filostrato, P. I, St. XXX; P. III, St. IX ecc. —
Neil' Am. Visione (cap. 46) il poeta chiede alla donna, fatto ardito dalla pietä
di lei, che ponga fine a' suoi martiri, compiendo il suo desio, Ognor servanda
quel debito onore, — Che si conviene a' suoi costumi adorni ecc.
* Queste metamorfosi risalgono, come ognun vede, ad Ovidio; cfr. Zum-
bini, // Filocopo del Bocc. p. 32.
IDALAGOS. IQ
Ora torna naturale la giä fatta domanda: come possiamo essere
sicuri che Aleera sia la stessa che Maria d'Aquino, la stessa che
Fiammetta ? Nc il Koerting , ne 1' Antona -Traversi s' avvide che
1' amante del nostro Giovanni e indicata qui col nome suo stesso,
perche ne 1' uno ne 1' altro penso di ricorrere a' codici del Filo-
colo. Ecco come questi ci offrono i nomi delle quattro donne
süperbe.
II Laurenziano Plut. 42. 36 legge: Alley)-am\ Ayram ; Asengha; An-
naiioj' —
il laurenz. Plut. 90 Sup. 100: alleirarn, akira7n, aliram ; airam; asoti-
ga, asengna, assengna, asengha; anna Voi, amioi —
r ashburnhamiano — laurenz. 12 13: aller ian, aeleriafi^, Alleira?i, ale-
rian, aleiran (f. i lov. 2. col., ii2v. i. col., ibid. 2. col.);
airan (liov. 2. col, iiir. 2. col., Il2v. 2. col.); asegtia,
asenda'^, asenga {11 ov. 2. coL, i iir. i. col., ibid. 2. col.,
II 3r. I. col,); annaiioi, aiiauoi (liov. 2. col., Ii2r. i.col.,
I I3r. i. col.) —
r ashburnham. — laurenz. 491: Elleira7i, aleiran, alleiran'^ (iior.
I. col., HIV. 2. col.); airan (iior. i. col, iiov. i. col.,
Il2r. I. col/i); asserigha, asserigia (lior. l. col., iiov.
1. col., ibid 2. col.^); anftauoi, anauoj {i lor. i.col., iiir.
2. col., II 2 r. 2. col.) —
il magliabechiano II l. 1 1 1: alerian, alleiran, aleiran, aliran, eliran,
eiran (95r. i. col., ibid. 2. col., 96V. i. col., ibid. 2. col.);
airan, aliran (95r. i. col., ibid. 2. col., 95V. 2. col.'', gör.
I. col.", 96r. 2. col., 96V. I. col.); assengna, assejida^.
' „Ea elerian le contrarie mani da Iran tenendo . . ." f. iiov. 2. col.
^ Prima fu scritto asenca , poi corretto dal medesimo copista aseiida.
Doveva nel testo, onde venne questa copia, essere scritto asencha per asengha,
ma in modo che si potesse il nesso ch leggere d. II copista dapprima do-
vette leggere bene, e scrisse asenca risparmiando 1' inulile ä ; ma non fu ben
sicuro di aver fatta una giusta lettura, e fini coli' interpretare al modo accen-
nato, si che al f. iiir. 2. col. francamente scrisse asenda.
3 Potrebbe anche leggersi aleiratn , alleiram , che la nasale e soltanto
segnata colla linea d' abbreviazione.
■* A quest' ultimo luogo s' ha pure la nasale semplicemente indicata dal
segno abbreviativo ; ma si puö leggere la nasal dentale, che negli altri due
luoghi ci occorre scritta.
* AI f. Ii2r 2. col. comincia un capitolo : ,,a [Spazio bianco per Vinizia'e
A intanto indicata con la minuscola) Vengna nel me^o di queste due pa-
ghurosa ne fuggiua necchiedeua mer^ede ecc." Naturalmente qui deve leggersi
anzi che avengna il nome asengna (cfr. Filocolo, ediz. Montier V 271), non in-
teso dal rozzo copista. Quanto alle forme asserigha, asserigia (troveremo
anche appresso aseriga), spiegansi agevolmente come errori di lettura : la -w-
di assengha, assengia per assengta = assengnia si lesse -/;'-.
8 La rubrica del racconto della seconda donna dice : „Chome finito
chebbe didire airä chomincio chosi asseghuire lasechonda chiamata assend.i".
II nome di Airan fc posto per quello di Alleiran ; ma intanto torna come altro
esempio, bench^ in luogo non suo, della forma airan.
' La confusione si continua: abbiamo per quello di Airan il nome Ali-
ran rispondente ad una erronea riduzionc del nome di Aleiran.
* Vedi piü sopra n. 2.
20 V. CKRScmr,
assengha (g5r. i. col. , ibid. v. 2. col., QÖr. i. col.,
g7r. I. col.); annaiwj, unauoj (95r. l. col., yör. 2. col.,
Q7r. I. col.). —
il 1111^11). 11. n. 18: ,i/,nan, a/erjan (137V. 2. col., I38r. 2. col., I40r.
2. col., 14OV. 2. col.); atriin, arjan (137V. 2. col., Ijgr.
2. col., 14OV. 2. col.); asenpija, assengnja 137V. 2. col.,
138V. 2. col., l3Qr. 2. col., I4ir. i. col,); annavoj (137V.
2. col., 13QV. 2. col., I4ir. I. col.) —
il mglb. II. II. 19: alle iranj, ale iranj, eleiranj (l6ir. i. col., 163V.
2. col., 1641. i.col.); airanj (i6ir. l. co!., 162V. i. col.,
1641. I. col.); assengha (i6ir. i. col., i62r. i. col., ibid.
V. I. col., l64r. 2. col.); annauaj, annauoi (16 ir. i. col.,
i63r. I. col., 164V. I. col.) —
il mglb. II. III. 197: elleyram, alleyram, aleyran, yrarn (88r. 2. col.,
89V. 2, col., 90r. I.col.); ayram, ayran (88r. 2. col., 89r.
1. col., 901. I. col.); aseriga, asenga, Axenga (88r. 2. col.,
88v. 2. col., 89r. l. col., gor. i. col.); anyiauoj, annatioi
(88r. 2. col., 89V. I. col., 90r. 2. col.) —
il cod. C. 5. 195 della Nazion. di Firenze (Conventi soppressi): ale-
rian, aller ian, aran, eliran, erian ; airan, arian ; assetignia,
assenda, assengha; annauoi, anauoi —
il riccardiano 1022: alirtan; Airan, arian; asengtia ; anauoi, amiauoj
il riccardiano 1062: iram^, alleira?n, aleiram 2i5r. 2. col., ibid. v.
I.col., 2i8v. 2. col., 2i9r. 2. col.); airam (2i5r. 2 col.,
2l7r. 2. col., 2i9r. 2. col.); assenga, asenga (2i5r. 2. col.,
2i6v. 2. col., 2i7r. 2. col., 219V. I. col.); annauoj (2i5r.
2. col., 2i8r. 1. col., 219V. 2. col.) —
il cod. 624 della Comunale di Verona : Aleiran, Aleiram, Alleiram,
Airam; Asengha, Assengha, Asenga; Anna voi, annavoi —
il marciano X. XXXI : elleiram, aleiram; airami; asetitiga, annauoi —
il marciano X. CXCl. : aleiram , alleiram ; airam ; exengha ; an-
7iauoi —
Questi nomi si ricostruiscono cosi: Alleiram, Airam, Asenga o
Asengna o Esenga, Annavoi. Leggendoli da destra
a sinistra abbiamo: Mariella, Maria, Agnesa o
Angnesa o Agnese, Jovanna cioe Giovanna.^
' E facile il complemento di questa forma, perche si tratta di un capo-
verso, e ramanuense credeva di avere giä segnato all' estremo della linea prece-
dente la prima parte del nome ; il che viene confermato dal trovarsi poi diviso
fra due linee il nome intero, a questo modo: alle-iram.
2 La lezione giusta dell' ultimo nome ricorre quasi in tutti i luoghi ;
quella del penultimo si presenta in varie forme, ma si riviene facilmente alla
forma originaria iudicata. Un po' piü ha sofferto il nome di Airam ; anche
peggio fu ridotto quello di Alleiram. II valore di questi nomi o non fu in-
teso mai da' copisti , o si smarri assai presto : di qui le alterazioni capric-
ciose che incontrammo. Alleiram cominciö dal perdere una /; indi fu termi-
IDALAGOS. 21
Mariella, l'amante di Idalagos, ripresenta, sotto forma
vezzeggiativa , il norae ben noto di Maria (Fiammetta).
Idalagos c dunque Giovanni Boccaccio : siamo percio
sicuri che 1' episodio del Filocolo da esso intitolato e
perfettamente autobiografico.
nato con la nasal dentale , anzi che con la labiale , dividendo tal sorte con
Airani. I copisti trovando, per es., ne' loro testi Alleirä, Airä lessero AUei-
ran, Airan; oppure, intendendo l'estremaasta allungata di w come /, lessero,
a quanto pare, AUeiranj, Airanj. Ne si fermö a questo la alterazione : Va
iniziale di Alleiram o Alleiran divenne e; oppure da Aleiran si venne ad
Alerian, Alirian ecc. — Nelle stampe vecchie (del 1503, 1514, 1520) troviamo
Elereane, Eleriane ; Irane, Arane ; Asericha (= Äsencha, Asengha); Annauoi.
Dali' ediz. in giü di Geatano Tizzone da Pofi i nomi ci si presentano nella
forma ofFertaci dalla stampa Montier.
V. Crescini.
Franko-italienische Studien. IL
(s. Zcitsclii. IX 507-)
2. Aspremont.
Die Verhältnisse liegen hier weniger bequem als bei Anseis.
Die Überarbeitung ist eine bei weiten stärkere, die verschiedenen
Handschriften gehen mehr auseinander. Es würde zuweit führen,
wenn ich hier auseinandersetzen wollte, was ich bisher in diesem
Punkte ermittelt habe, es mag genügen, zu bemerken, dafs mit
dem vorliegenden italianisierten Texte von den französischen die
Hs. Par. Naz. 2552g am meisten übereinstimmt, während die vati-
kanische Reg. 1360, die Guessard seiner Ausgabe zu Grunde legte
und die mit ihr aufs Engste verwandte Berliner, die Bekker in den
Monatsberichten der Berliner Akademie 1854 und in der Einleitung
und den Anmerkungen seines Fierabras publizierte, stärker abweichen.
Ich gebe zuvörderst eine gröfsere Probe aus 1598 und 25529, über
das Verhältnis zu den beiden anderen franko-italien. Texten werde
ich ein andermal handeln, vorläufig hat jeder selbst Gelegenheit,
die hier gegebenen Stücke aus Par. 1598 mit den von Bekker
Monatsber. d. Berl. Akad. 1839 publizierten zu vergleichen.
25529-
Piaist vos oir bonne chancon vail-
lant
De Kim. lou riche roi puissant
Et dou ducNayme queK. ama tant
Tel conseillier n'orent onques li
Franc
5 II n'aloit mie les barons ampirant
Ne ne donna conseil petit ne grant
Parcoi proudome deserite fussant
Les veves fames ne li petit anfant
Que vos iroie plus l'estoire aloig-
nant
10 K. apparut qu'il iert de conseil
grant
1598.
Plais vos oir bone cancom vaillant
De Carlle maine le roi sor possant
Et del duclie Naymes ke il rois ama
tant
Tel comsiller non orent onques li
Franc
II n'alent mie le barons empirant
Ne de losenges vers li rois encusant
Unques n'i dona conseil a petit ne a
grant
Dunt Chevaliers doist ensir de campo
Ne vos iroie le plait plus alongant
Biens parut a Klle. ke son consel fu
grant
FKANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN.
2^
25529-
Car honorez an fu an son vivant
Or vos dirai d'Iaumont et d'Agou-
lant
E d'Aspremont on li estors fu grant
Si com li rois i adouba Rollant
15 E il li ccint a son coste le brant
Ce dist la geste Durendart la tren-
chant
C'est la premiere dont il onques
fist sanc *
Or m'escoutez des ici an avant
Car s'il vos piaist bone chancon
vos chant
Oez de Nayme com avoit bon
mestier
20 II ne servoit mie de losengier
Ne des frans homes a la cort am-
pirier
Les frans linages fist au roi es-
saucier
Et dou Service son seignor apro-
chier
Em poi de terme les sot si avan-
cier
25 Que n'i estut achoison apuier
Le felon home quant le sot cos-
tumier
De son desfroi le faisoit esloignier
Et s'il nel pot a son droit apuier
II le faisoit mater e justissier
30 Com l'an siaut faire le ramage es-
pevrier
Que vos feroie plus l'estoire alon-
gnier
Le conseil Nayme ne pot nus hom
prisier
35 Apres le dieu nul meillor ne vos
quier
N'avoit an France nule riens a
baillier^
XV roiaumes ot bien a justissier
Hui mais ne voil la chancon alon-
gier
1598.
Kar honores em fu a toito son vivant
Or vos dirai d'Aumont et d'Agolant
Et d'Aspramont lao fu le caples grant
Si con Klle adoba Rollant
Et si li 9inse al costes li bon brant
Ceu dist la geste Durindarda la tren-
9ant
Or ascoltes desci in avant
Omais oires bone 9an9on vallant
Sauez de Naymes ki est som mister
II ne servi onques de losenge mener
Ne volt franc home acusser al l'enperer
Le bom lignages fist al roi exaucer
Et del servire son segnor ne volt se
oblier
De septe riames lo fiste avancier
E li prodomes fist al rois acorder
Et les fellons les fist enfuier
Dal rois partir et exlongier
Et s'il poit a lui droit apuier
El le fait le terre essiller
Et silles poit a ses mans bailler
Nient ne li valt merci a demander
Ke il ne li face de male mort finer
Ke vos doie le plait plus alongier
Le conseil Naymes lo fist si avancier
Et em apres deu ke tot oit ad juger
N'avoit avant ke Franke a justiser
Or sunt septe a som confallon plenier
O mais vos voil la camjo comencier
* Dom il ocist le fil roi Agoulant. Ich gebe, soweit es nötig ist, Verse
die nur in 25529, nicht in 1598 enthalten sind, tinter dem 7e.\te.
2 jVoch I Vers.
24 W. MKYI.K,
22529. 'sy«-
Un jor linl corl Tcmpcrcrc au vis Ad asic fu K.11. rempcrcr al viso i'icr
ficr
40 A pcnlccoslc si ot mainl clievalicr A pcntccosle si li fu manl chcvalier
()f,'icrs i fu c ßucvcs ou ^favicr Kar Vjcm li fu Hrunor e Dcsircr
K Salcmons o Ic richc Gallier Et Sallamon c Ic ricc Gaifer
K li (picns Drcvcs o le prcu duc Le rois Drugon e l'cnforc^a Garncr
Gaulier
K Kim. qucs ot a justissier Karies oit tot eist ad justisier
45 Haut est la feste c li jors tenuz Alte est la feste le jor fu bei e
chicr cler
Cliascuns parole por sei esbanoier Cascons parole por son cors eshanoier
Em piez se drece dus Naimes de Apres li rois sist Naymes de Baivcr
Baivier
Ce fu icil qui commcnca primier Co fu cillui ki comcn9a on primer
Droiz ampereres bien vos poez Droit emperer moit vos poes proxier
prisier •
50 Souz ciel n'a home qui vos ost Sot lo ciel non crt hom qui vos osast
corocier curicer
Se vos volez de sor lui chalongier Se voles sor lui civalcer ne mander
Quil vos guerroit .1. tot sol mois Que no li faces crestenties voidicr
antier
De .VI. reaumes sont ci li cheva- De septe riames vees ci li chevalier
Her
VI rois vos servent que nus nen Septe rois vos serve en vre. corl ple-
fait dongier ner
55 Se vos a moi vos volez conseillier Se vos voles o moi consiller
Ja nen serai plus orgueilleus ne Ja ne seres plus orgolos ne fier
fier
Amcz les povres que ce vos a me- Aniez li povres eil doit estre ure.
stier mistier
Les orfelins ne vos chaut d'es- Les orfanis ne vos caut exiller
sillier
Norrissiez les il vos avront mes- Nori les sire tant ch'il se possent
tier aidier
60 En .11. manieres i poez gaaignier En due mayneres li pores gaagner
Deu an avroiz sanz autre recov- Deu en n'avres sens autre demorer
rier
E s'il vos voient as paiens anchau- Se vos voles en nul leu gueroier
cier
II se lairoient por vos tuit detren- II se lassarent por vos tuit detrencier
chier
Vos savez bien tuit vos venront Ne soies pas trop avar al despenser
aidier
65 Por vos feront lor terres angagier Cil che venent a vre. cort exaucier
Paiens veoir e estors conmencier Et vos meesme veor et exgarder
' jVöt/i I Vers.
FKANKO-n ALIENISCHE SlUDIEN.
22529.
Vous ne lievez ja amer losengier
Nos qui ci somes au boire e au
mengier
70 Mar nos lairoiz palefroi ne destrier
En nos tresors mar nos lairoiz de-
nier
Le mien meismes lor donrai tot
primier
Tant en donrai au povre chevalier
Que mialz an iert a sa povre moil-
lier
E s'il vos voient a nului ampirier
75 II i venront sanz autre mesagier
E se volez jusque a aulz anvoier'
Donnez lor auques quant il an ont
mestier
Car li vilain le dist an reprovier
8ü Ne fu pas fox qui ainz dona loier*
Quant K, ot le conseil antendu
Naymes dist il benoiez soiez tu
Li tuens consaus m'a grant mes-
tier eu
85 As cox ferir dou bon brant d'a-
cier nu
De devant moi t'ai lonc tens con-
neu
Tuit recouvroient antor le vre.
escu
90 Quant mon tresor avras tres tot veu
Tu diras bien onqucs miaudres
ne fu
Car de doner ne te voie esperdu
Mais tant an done que tot aiez
vaincu
95 E que tuit soient de joie revestu
Quant li dus Naymes ot parier
son seignor
5198.
Ne li deves pas de losenges mercier
Nos qui somes al boire e al mangier
Et in apres al vestir e ad calcier
Et nos tresors mal remära diner
Mal nos laires pallafrois ne destrer
Le moi meesme ordones tuit em primer
Tant en dones tuit le derayner
Que miel c.n soit soe povre muler
Ke s'il vos voient avoir mestier
A vus virent sens autre mesagier
E si vos voles por eus envoier
Vos lor fares lor terres envager
Dones a lor vre. ors a eil ki n'ont
mistier
Kar li villans le dist en reprovier
Ne fu pas fol eil ki dono em primier
Quant l'imperer a le dux Naymes
intendu
Naymes dist il benedictu sis tu
Li tom consil m'ait mante fois mes-
ter eu
AI colpi doner del brant acer mollu
T'ay davant moi tuitle tens biemconeu
Trestuit recovrent de torno tun eschu
Ain9i che le to tresors soit si venu
A vos ert le moi mantinant rendu
Mem sciant quant tu l'avras veu
Que tu diras unques tiel ne fu
Kar del doner non scies esperdu
A eil le dones a cui mister fu
Ke tuit s'en aylent de joie revestu
Naymes respont bicm vos ay intendu
Quant dux Naymes oit parier son
segnor
antier.
* Cil qui venriont vre. honor chalongier Sachoiz de voir ne s'en iront
^ Noch 2 Verse,
26
W. MliYüK,
22529.
Lors ot tcl joic on()ucs nuiis n'ol
;^reij,'nor
Baron ilisl il ncl Icncv. ;i folor
Cclui amcz c li porlcz honor
100 Qui amprcs dcu a de toz la
valor
Jen suis osta^'cs au {,'rant et au
nienor
Tex i vinl lilz de povre vavasor
Qui au partir sera das ou contor
Uns arcevesques conmenca a
parier
Haut home i ot e jeune bacheler
105 Et a mervoilles se fist de toz
amer
N'a duc an France qui tant face
a douter
Qui si grant ost puisse par soi
mander
Mialz amoit il chevax a acheter
110 Ebenes armes por vallet adouber
Qu'il ne faisoit avoir a amasser
E franc corage li vint qu'il voll
donner
Et qui voldroit le roi deseriter
II doit an l'ost ansamble o lui
aler*
"5
Al'aposlolele conmence a mostrer
Sire apostoles ne vos an doit
peser
Nos devons mult cest chevalier
'59«.
Donclie oil il joie uin|ue nc n'uit
grignor
Baron disl il ncl tenes u follor
Cestui serves sens nul conlradilor
Ke apres deu illa sor tuit le valor
Eo son oslages al grans e al menor
Teus li vint povre lils de valvasor
Que al partir serra il rois o contor
Uns arcevesques comen9a a parier
Gcnlil hom fu e jovene bacaler
A grant mervelle se fist a cort amer
N'ait dux en France ke tant sc fait
priser
Ne ke si grant spense voile a cort
mener
Mculz volt civals e armes acater
Et belies armes e arnois as civaler
doner
Qu'il ne fait le grant Iresor amaser
Em fi le vole en erita^o clamer
Et qui voroit li rois gueroier
Cellui vora il en fi desariter
Apres le roi voroit il en l'oste aler
Armez d'armes desor son destrer
A l'apostoile il comen^e a parier
Sire apostoille ne vos doit ennoier
Nos devons mult li chevalier amer
120 Quant nos seons a nre. haut disner
II se conbatent por la terre garder
Et je e vos por nos al ues fermer
Devons por aus no tresors es-
fondrer
Tant lor an doit chascuns de nos
doner
Qu'il nos an viegnent servir e
mercier
Quant nos seome a nre. disner
Et de meses et maitins cantier
II se conbatent por les terres garder
Et je e vos e nre. abes Fromer
Devons por le nre. tresor mander
Tant a lor deust cascuns de nos doner
K'il nos vignent servir e mercier
* Porter ses armes et son cheval mener Et ces vaslez vestir e coureer
E soi conbatre e grant estor livrer.
FRANKO-llALlENIbClIli STUDIKN. 27
25592. 1598.
Ainz que li rois se liet de soz Avant ke li rois se levast desor
le pin le pin
Ne que il entre an son palais mar- Ne ch'il se drice desus le peron acerin
brin
Les dras de soie de paile alixan- Le drapi de soie de pailes alesandrin
drin
130 Le bons anels e les copes d'or lin
Les grans ostors e les fauz osle- Les grant astors e les falcon montaniz
rin*
Ice lor done K. li filz Pepin Cel done KUe. le filz Pepin
Aus proudes homes qui sontde As gentil homes ki sont de rice lin
gentil lin
Les palefroiz les dras e les de- Les pailes frois e li drapi a re-
niers muer
135 E les rices copes e li diner
Les pallafrois e li distrer
Ce done K. as poures soudoiers Ces done klle. as povres chevalier
Aus damoisiax e aus vallez le As damisels che tanl fait a prisier
giers ^
Quant li rois fist a chascun son Quant li rois fist a cascun son
voloir voloir
140 Tant a done a loz de son avoir Quatre seslers dona de son avoir
Mil civals dona davant la soir
Dont le pejor peust xx mars valoir
Seignor fait il je vos voll dire Naymes parole che fu de grant savoir
voir
Naymes parole qui ot mult grant Segnor dist il se je vos doit dire voir
avoir
145 A cestui doit corone el chief se A cestui doit corone d'or al cef se
oir oir
Qui puet a deu e au siecle valoir* Chi apres deu il-l-a sor tuit valoir
Oiez seignor dou riche Km. Oies segnor ki defende Karlemaine
Com desfendi a toz caus d'Ale- II defende a tuit eil d' Alemaine
maigne
A caus de Puille e a cax de De Normandie e de Berlangne
Romaigne
De Lonbardie de france la sol- De Normandie e de Carcntagne
teigne-*
150 Que n'iat si ardis (,'avetagne
Que damoisiaus nus espee ne Qui as damisels non ause spce gangere
ccigne
Sou set li rois ia n'iert jor ne Se Carle le soit non ert jor k'il non
s'am pleigne « sc plangnc
* Noch I Vers.
i* Noch 2 Verse.
* Noch 3 Vers.
28
W. MKYKK,
25529-
Nc sc pcnst ja iius liuns ilcl
[)cnsee
yu'espcc cei^'nc an la soc conlrcc
155 Vicfjnc a ina corl ijuant clc icrl
asenblcc
Chascuns donrai c chcval c espec
Or e argenl tant com chascun
agrce
Jamals richcsce nc lor scra vec
160 La lor aide voil quc me soil donec
165
170 Or fu li rois joieux e trestoz
liez
Ne set pas nus que il ne soit
ß haitiez
VII s'an sont vante et afichie
De lui servir sont tuil apareillie
Qui devant ce n'i portassent le
pie
.II. roi se lievent o Naimon li
proisie
175 Devant le roi s'an vont appareillie
Droiz ampereres s'il vos piaist si
oiz
Ce dient eil qui ci sont apoiez
E qui ci sont an cest palais listie
180 Souz ciel n'a terre se vos la
voliez
Ne la conquerent au fer e a l'acier
Trop nos sont pres sarr. herbergie
Molt lor am poise quant vos tant
deloiez
Ot lou li rois s'en a toz merciez'
185
«598-
N'cl sc'l pcssc nul roi por sa po-
snec
Kc clicvalicr face en soa contrcc
Vcgnc a cort quant ill'crt ascmblcc
Li rois li donra civals e spcc
E vistiure tief com li agrec
Li rois oit a sa. corone jurcc
Si altrement ert l'ovre porparlec
Tieuls s'en fasoit lie la maitinee
Que ires seroit avant l'avcsprec
Vos lor dones li drapi a remuer
Et civals e armes palafrois e destrer
Po la promesse ke li ert fait en pri-
mer
Ja ne doit estre ri9es hom men^ogncr
Del biem doner as povres civaler
Qui ben enpegne e done volintier
Qu'il possent adempleir lor desirer
Or fu li rois tant joius e lie
Nul non s'em part ke s'em blasme mie
Cinque mille sunt avant aficie
Que de lui servir presti e aparelie
Qui davant non li aust portes l'espie
Dui rois se leva e naymes fu li tiercie
Davant li rois se sont engenolie
Sire enperer s'il vos plait or oie
Co ke dient eil ki-l-la sont apoie
Et eil ki sont sor eil pailles asetie
Sot lo ciel non ert terre se-l-la voles
en balie
K'il la conquirunt a lor espee forbie
Trop nos sunt pres saracim albergie
Molt lor em poisse ke vos demores
ne mie
Quant li rois lintent molt Ten mercie
Les regnes conquiront s'il ert que
comandie
' Nos conquerrons les terres et les fiez Mais itant faites que de moi les
teigniez Jes vos donrai de gre e volentiers.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 2g
25529. 1598.
Dist li rois tute l'auor vos ert dipartie
Mais tant faites ke la terre par moi
gardie
Li mengiers fu prez e apareilliez Les mangiers fu prest et adparelie
Les napes misses et li vins es- Les napes mises e vins a grant platie
saiez
190 Sor les salieres ont les coutiaus Et cili aparelle les damisels de pris-
couchiez sie
Parmi la sale tant an i veissiez Teus .cc. ne veisses vestis e aparelie
Vestuz d'ermine e de ver bien Vestus de vair e de hermines engolie
dougiez
Filz sont a dus e a contes pri- Filz sunt as contes e de princes
siez prosie
Ainz que li roiz se levast sor ses Avant ke li rois se dri^ast desus ses
piez pie
195 Li presenterent au perron tex Li rois li ot tiels ricites donie
daintiez
Dom ne fu mes a nul jor si Dunt les plus ardis n'ert grans e irie
iriez
Ne nus fran^ois issi descon- Ne nos fran9ois si mal disconsillie
seilliez
Ainz que li rois s'aseist au Avant ke li rois se levast de som
mengier mangier
Ne quil se drece de son perron Ne quil se drice de sus le peron
d'acier d'acier
200 En mi la place dessent un che- E mer la place hec vos un chevalier
valier
Met pie a terre dou grant fauve Desendus ert d'un granz favel destrer
destrier
Asses iert maigres n'i ot que Auques ert malgres por le tropo ci-
ampirier ualcier
II ot un mois acompli avant ier Que de respit nen oit un jor entier
Que de repos n'ot un sol jor II oit un mois complis avant ier
antier
205 Qui lou veist a l'oirre ancon- Mais k'il veist alle renges conmencier
mencier
Soz ciel n'a beste tant poist tra- Sot lo ciel non ert bestie ke plus fait
veillier a covoter
En mi la sale li vallez des- Emer la pla^e le vasal desendie
sendie
Blont ot le poil mcnuement trecie Ses cevils oit menuement atrecic
Sor ses espaules Tot par derriers
conchie Sor les spalcs noblement acolgie
210 Si qu'a ses hanches sont les floces Trosque le spales sont Ic Irece arengie
rengie
Gros ot les iaulz le vis apert c lic Gros les oil el vis apert e lie
so W. MKVrK,
25529- 1598.
Par les coslez ol Ic cors hien l'ur Ics cosles fu droi« c alonjjie
(lou^jic • Gros oil Ic bra^e lonj,'es les mans e
li (He
K si csl vestuz d'un palio <le surie
K remcsl sanf;lcs ou bliaut ca- E rcniist en un bliaul tot caniosic
moisic
215 (Ju'il üt au ilos (rambedeus part Ki al cosles d'anbcs pari pcccie
trenchic'^
Et son distrer ad .1. anal ata(,ic
Pas avanl aulre a le roi approchic Davant li rois ert aprosmie
An haut parole quo chascun l'an- En alt parole ki vol si l'enlendie
tendie
220 Cil maliomez qua paians ont proie^ Cil maomet cui pains ore e prie
Saut Agoulant e Hiaunon l'an- Saut Agolant e Elmont l'ansenie
voisie
Triamodes e Gorhanz le proisie Triamodes et Gorant li nobile
E toz icaus qui o aus sont logie E tuit les poples qu'o lor sont alogie
E 11 confonde K. l'outrecuidie Et li confonde Klle les oltie c.ulie
225 E toz icaus qui ca t'ont con- Tuit eil qui t'ont consilie
seiliie
Qua tu nos as si longues oublie* Che tu m'ais tant longa travalie
Par ta terra ai bien .1. mois che- Je ai un mois por ta terra civalcia
vauchie
Tot le pais vestu a herbergie Trestuit les regnes ke tu as albergie
Bien puez or dire que mal as Biem cuita Karle avoir asploitie
esploitie
230 Par ton outrage as ta gent essillie Por tom oltrages te veras exillie
A caus meismes qui m'ont ca an Et je meesme che 9a som envoie
voie
Quant cest anel an mon doi an- Quant cest anel me fu al doi bailie
batie
Ne fu pas laide cele quil m'ot Na fu pas laide que eil oit ouiie
baillia
Par druarie li oi ja otroia Por druarie li a olrie
235 Que ja n'avroie l'anel dou doi Ja li anel non m'ert del doi sacie
sachie
Si avrai mort francois a mon Si avray mort .1. fran^ois alla spee
espia
Amis dist K. dex am preigne pitie Amis dit Kle deu em prende piatie
Droiz ampereres faites moi es- Emperar faites moi ascoltier
couter
III terres sont que je sai bien II sont tres terre je le sai nomer
nomner
' Noch 4 Verse.
2 Noch 2 Verse.
^ Noch i Vers.
* Noch I Vers.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN.
31
25529.
240 Aise a non l'une e herupe sa per
E l'autre aufrique bone ne sai
sa per
Ices JTI terres que je sai bien
nomer
Qui fönt les terres des illes de-
sevrer
Mes sires a la greignor a garder
245 L'autre an s'an firent paien un
sort giter
Que le II doivent a cestui atorner
Por ce voil je ceste raison mostrer'
250
Balanz ai non a vos me voil
nomer
Si serf le roi de ruistes cox doner-
255 Se il ot chose que veille esprover
Vers un vasax le vois an champ
mostrer
260
Se li tuens hons me piiet an
chmp mater
En mon seel te ferai seeler
Unes anseignes que ferai anbriver
265 Que tu feras a mon seignor porter
Jamais le far ne voldra trespasser
Se ce ne fais tu voldras trop foler
Tu n'as pas gent par la nre. grever
1598.
Aysieoit non l'une et afFrique ert
l'autre
La terce ert europes plus ne sai nomer
Celle trois terres departent por mer
Que fönt les eves desevrer
Les dos oit mon segnor a garder
Paiens firent lautr'am sors geter
Celle dois doit la terce guier
Ore veut ceste saysir e pier
Tres par mer grecie en fait li brefF
aler
En l'oste les moine ne l'osent tras-
torner
Sire emperer va tost a lui encliner
Klles comence sempre a rasoner
Com as tu non gardes ne mel celler
Je ay non Balant ensi me fa90 a
nomer
Et si servo li rois de mesages portier
Mais qui voldra mon mesa^o contier
Se tu non cris mon dit et mon penser
Vers .1. vasal li meltres ke tu poras
trover
Or tien mon gages ge tel presentier
Che ceste doit a celle encliner
Et je iray mes armes acatier
Se le to hom non possb par mon cors
asmater
A mon Hostel me faray celler
Une ensegne faray embrever
Che tu faras a mon segnor porter
Ja mais a tant no li veras passer
Por coi tu voilles cesto plait a creen-
tier
Se tu non fixs tu vois folloier
Tu non n'as pas gent alla nostrc par
.1. disncr
> Messire an vient cc sachiez sanz douter a vos vcnda ne le vos quier
a celer.
■■' Noch I Vers.
32 \V. MRYKK,
25529- 159«.
270 Tant tc querrons quc tc puissons Tant le cjuiriron kc nus l'avron!» Irover
trover
Ja ne f;arras an Icrrc ne an mcr> Nc te ^arira bois ne terre nc mer
Or litn cesl brcf si fai dedenz Or tien teste brief e fait dedens
garder garder
Sc plus i Iroves quc ci ne m'oz Sc plus i Irovcs con tu m'ois conlier
nonmer
Voil quo mc faccs si vilmcnt de- Si me fa ja lost Ic menbres copicr
mener Kt pois apres si vilmcnt demener
275 Come larron qui est repris d'am- Comc larons ki est repris d'ambler
bler
Sor le mantcl le mist sanz de- Sus lo mantiel Ic vait le bref jetier
morer
Si las livra au bon abe Fromer Li rois le baile al bon abes Romier
Cil fraint la cire si conmencc a Si frait la cire si prent enz a fjarder
garder
280 Une granl piece conmenca a Une grant pie9e comence a penser
penser'
D'an II Ics iaulz apres fort a Les oil del cef il comence a larmoier
plorer
Nel poit mais sofrir ne-indurer
Lasche les letres si les laissa Larges les mans lasse li bref aller
aler
Torpins de Rains les an corut Tropin de Raine en vait le bref lever
lever
285 Sire empereres molt faites a blas- Dam rois fait il molt fetes a blasmer
mer
Qui a tel home faites vos bries Quant a tiel homes feites ure. breffe
livrer livrer
Jou vi jadis mult cointe bacheler Je e lui jadis quant jo fu ba9aler
Quil se soloit noblement demener Que cascum le fait hom foloier
Molt Tai oi prometre e poi donner Molt l'oi prometre e poi doner
290 Savez quel chose li fait les iaulz Saves ke cosse les fait larmoier
lermer
Quil cuide ancor ses tresors es- Quil cuide ses tresors enfondier
fondrer
Alez danz abes vos matines chan- Ales dam abes vos maytines cantier
teri
Mais jes lirai ques saurai deviser Mais je le liray qui'l biem sauroit di-
viser
Messagier freres ne vos doit ennoier
295 Grant sunt les terres et Agolant est
fier
Mais .1. rem poes biem afier
* Noch I Vers.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 33
25529. 1598.
Avant que le lesse ultre le far passer
II convira a moi parier
Als zweite Probe gebe ich ein Stück, dafs sich auch in der
Berliner Handschrift findet.
25529. 1598.
13V Gorhanz chevauche mult est lld Gorant civalce baldo allegres e
liez e joios joios
300 Armes ot bones soz ciel nen ot Armes oit i bone sotto le cel non ert
meillors meiors
E ses chevax plus blans que nois Son cival fu plus blanch d'une flors
ne flors
N'est pas merveille se il est or- Xon ert merveille se il ert orgulos
gueillors
D'avoirs est riches de terres e Rices hom ert de tere e de honors
'anors
Fors e delivres e de mal an er- Fort et ardis e em bataille bon josteors
rors '
305 E est de plaiz cointes e angignos Et si ert de plait sages et engegnos
Ca non ert agreves de jocho par
vigeors
Et altres les avance 9a non ert iros
De braches e de sparavers mastre
veneors
Pochi en trovast hom de meiors
310 N'est de tenir son avoir covoitous De son avors non ert pas covotos
Bien le depart as gianz e as Volinter en done as grant et a me-
menors nors
Aus beles dames as bons cuers Et fei e fers a li malves orgolos
amoros
De ses regarz la reine a plusors Et de la rayne li regardi plesors
E ses soupirs pesmes e angoissos Et ad ala celee oit le baser amoros
315 Aspremont puie qui si est ando- Aspremont poie dunt il-l-ert desiros
betos*
* Gorhanz le voit e il lui a estros Naymes le vit e el lui adestors
L'uns fu äll'altre del parier covotos
De lor novelles oir sont covoitos Por les novelles savoir dont il son
desiros
Tant a Gorhanz e Naimes es- Tant oit Gorant e Naymes ex-
ploitie ploile
320 Que il sesont andui antre aprochie Que l'uns vcrs l'aulre se sont aprosme
E le dus Naymes l'a primiers Mais le dux Naymes oit primiran parle
aresnie ^
' Noch 3 Verse.
■■' Naymes avale Ic tertre perillos.
3 Noch 2 Verse.
ZaItRohr. f. rom. Phil. X.
24 \V. MRVfvK,
25529. 159*^-
Aics biaus sirc de eist clieval Aics biels sire de ccl cival |)iele
pitie
Sc vos issi com l'avcz comcncie Se si alles com aves comcnce
Le demenez il vos sera irie Avant k'aies cel {»raiil terlre passe
325 Aiuois qu'aiez le jjiaiil teitre L'avres malcmcnl enpire
puie
Avioiz vos muh le cheval am- E Gorant oit mantcnaiit parle
pirie
Tot niainlenant Gorhanz li res- Qui es tu valsas qui m'ais arasne
pondie
Croiz tu an deu le vrai justissier Crois tu en deu e fus tu batike
Es tu de France le bon pais Et nes de Franke del pais honore
proisie
330 Oil dist Naymes por le cors S. Oil dist Naymes en fons regenerc
Richier
A Agolant m'a li rois anvoie Ad Agolant si m'oit li rois envoie
Por coi il a ci sa gent herbergie Por coi il-l-ert ci androit alberge
Sa gent ocisse e son regne es- Gaste soe terre et son regno exille
sillie
335 Soa gente ocide a tort et a pec9e
A-l-lui m'envoie li rois .al corago a
dure
Ha dist Gorhanz tu as trop che- E dist Gorant por mal t'oit il envoie
vauchie
Cel tien cheval ai formant co- Cel ton cival ay molt covote
voitie
Se ne quiers autre tu t'en iras Et se tu non-n-ays un altre tu te iras
a pie a pie
Sire dist Naimes vos feriez pechie Sire dist Nayme cel seroit grant pe^e
Car Chevalier sui d'aler a pies non
son custume
Mais sol itant m'eusiez rispitie Car soit cest plait tant resplite
Que je eusse mon message noncie Que age ure. sire parle
El mesage mon segnor dit et conte
Se issi nel faites se dex me face
lie Se 90 ne voles fayre le blanch me läse
345 Ja a nul jor ne vos iert otroie Ja altrement ne vos ert otroie
Chevalier sire ce li a dit Gor- Civaler frere 90 li dist Gorant
hant
eist tuens chevax est molt a mon Cel cival m'ert molt a talant
talant
Or dessent jus ne lou menras Desendes a pie non le mener plus
avant avant
' Noch I Vers.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 35
25529. 1598.
Sire dist Naymes me soratendez Sires dist Naymes car atendes tant
tant
450 Que je eusse parle a Agoulant Che je aves parle ad Agolant
E ne puis estraier autrement Quant inver vos non pos trover altre
sanblant
Prenez le noir e je prendrai le Prende le noir si me lases le blanct
blanc
Dex nie confonde s'autrement le Den me confonde se altrement li rant
creant
E dist Gorhanz or oi je plait Je cuit che vos me tenes por enfant
d'anfant
355 Mais vos lo savres se deus gardi mon
brant
Quant voit Gorhanz ne li vaut Quant uit Gorat 90 ke Nayme
rien tencier* oit parier
Li uns vers l'autre eslaisse le Andui brocent li cival corser
destrier
Tant com chascuns pot plus le Tant com cascuns poit faire exploitier
suen coitier
Mais li dus Naymes feri Gorhant Mais le dus Naymes fert si Goran
premier primer
360 Sus an la targe es premerains Sus in la targe in lo primiran quarter
cartiers
Que il li fist estroer e percier Que il la fist fendre et pecoier
Trencha la maille dou bon hauber False la maille del bon auberg dopler
doblier
Per soz l'aissele pot on son braz Por sot la lasine mist le fer d'acier
fichier
S'or le poist dou tot an char Se il Taust del tot en carne tocer
touchier
365 Ja nel leust a Agolant noncier Mais non podesse ad agolant torner
Gorhanz fiert Nayme sor laiarge Gorant fert Naymes en la targe
roee roe
Si qu'il li a fendue e estroee Que il l'i a peccoie e falsee
Forz fu l'aubert n'en a maille Fort fu l'auberg la maille non ert falsee
fausee
Dedenz le fer est la lance froee Dare le fer ert Taste tronconce
370 Au tor qu'il firent a chascun AI retor k'il fönt cascuns traite la spee
trait Tespee *
La veissiez commencier tel mellee La veisses comencer tel meslec
Que de II homes ne fu tel es- Unques de dus homes ne fu gregnor
gardee esgardee
N'ot pierre en hiame tant fust N'ont peres in cimo tant fusi afennee
bien aceree '
^ Noch I Vers.
36
W. MRYRR,
25529-
Boucle "an escu mcnuement cloec
375 U"'-" nuiintcnant ncn soil acra-
venlec
Mais li (lue N. a si l'uevre haslcc
E de l'espee li a tele donee
Qua li paiens a la teste estonnce
Quil ne vit gote de demie Huee
380
E dist li das poi jjris vostre pos-
nee
Jamais dou nrc. n'en porterez
danree
Dou sanc dou cors ne soit chier
achete
Ez vos dus Naymes tres bien
apperceu
385 Que s'il avoit Gorhan a mort feru
En fin l'auroient eil de Erance
perdu '
Quant au paien est li sans revenu
E de s'amie li ert resouvenu
Qui hui matin li dist si gent
salu
390 Tome la rene e tint le brant
tot nu
O voit le duc sore li est coru
E li vaxauz l'a si bien atendu
Que li paiens an est toz esperduz
Tant a l'estors des II vasaux
dure
395 Que ambedui furent forment lasse
E li uns est desor l'autre areste
Sanz treves prendie se sont antre
esgarde
Mais Gorhanz a toz primerains
parle
Chevaliers frere or me di verite
400 Sont si proudome tuit li crestiane
Sire dist Naymes ne Tai espar-
mente
Mas de meUlors i a a grant plente
Car aions or cest plait tant respite
Que je eusse a Agoulant parle
405
1598.
Borchc en scus menucment ovree
Kc astivemcnl non soll jus crevcnlce
Mais le dux Naymes oit l'ovre si aslee
l'or mi son elme li ert tel donee
Che Gorant oit si sa teste estornee
Que la veue li est torblee
Sa rene tire si oit la place vosdiee
E dist le dux pois pris vre. posnce
Mais del moi non portarez deree
Que de sancg e de carne ne soit cier
compree
De 90 ert Nayme biem apercevu
Que se il aust Gorant a mort ferru
Que james en France ne fust revenu
Quant Gorant fu en son sens revenu
De la roine li est amenteu
Que al maitin le fist le gent salu
Tire sa rene e tint le brant nu
O il vit le duc sovre li est e corru
Et Naymes est del schu covru
Che Gorant en fu tuit experdu
Tant oit l'estor de dui vasal dure
Que andus furent si allasse
Que andus se sunt arre repposse
Sens treuve prendre se sont regarde
Mais Gorant oit primirans parle
Chevaliers frere or me di vertie
Sunt si preus tuit le xpiane
Sire dist Naymes ne les ai pas ex-
prove
Mais de melors n'i ert a graut plante
Or soit ceste plait tant resplite
Que je aye ad agolant parle
Et mon mesage davant lui conte
' Noch I Vers,
FKANKO-11 ALIENISCHE SIÜDIEN. 37
25529. 1598.
Quant je seray trosque 9a retorne
Se de plus faire avez la volente Se de plus faire ven prendese vo-
lente
Je vos an jur la moie lealte Je vos plevisque in la moie Halte
Que ja par moi ne sera refusse Que 9a per moi sera stratorne
410 E dist Gorhanz ja vos fust cre- E dist Gorant ja vos fust acreenle
ante
Mais Sarazin m'en avroientblasme Mais en seroie de Saracins blasme
Sire dist Naymes tant lor a il Sire dist Naymes je ay tel brant al
coste coste
Tex vos am blasme s'il m'avoit Non je nul de si alto parente
ancontre
De soi meisme seroit toz en- De soi mesme ne fust si engonbre
conbre
415 Tant a Naymes au Sarrazin parle Tant oit Tuns a l'autre dit e rasne
Qu'ant paienime an sont andui Ver l'ost payne se sunt a9amine
ale
Naymes li dus a dit au chevalier Civaler frere dist Naymes de Baiver
Por coi volez an Aspremont puier Por coi voles in Aspremont poier
Ne traveillier vos ne cel destrier Molt seres travalles e vois e vre.
destrer
420 Sex dese me doinst an France re- Se deo me lays arere retorner
pairier
Ja androit moi ne le vos quier Ca envers vos non serai men^ogner
noier
Je voll de moi que facoiz me- Mais a vre. oste serai mesa9er
sagier
.Lm. sont li nre. avancier (Juarantc mil li nri. garenter
Les places prencnt ou doivent Le places prendent la o nos devons
herbergier poser
425 E .lll.m qui sont remes arrier * E les altres sont Lm ke ven con lim
perer
E vinti mil ke conduse carete e somer
Ja de plus ne vos seray men9ogner
Un mes le vait ad Agolant noncier
Molt par devcz amer tel chevalier Molt deves sire le senescalch amer
430 Ja le veres d'Aspremont remparier
Un cn amoine sor un corant 11 moine un fran9ois civaller
destrier
Dist Agoulanz por se l'ains e Dist Agolant par 90 l'amo e tegno
lien chier cier
i* ma a mains besoing me- Qu'il m'a tot jors a granl bessugne
stier ayder
' 5 andere Verse.
■^ Der Anfang des Verses ist ver kr uzt.
38
W. MliYEK,
25529.
L;i ()U (iorhan/, dcvanl le Iref
dcssent
435 A liii scrvir saillirenl plus de ccnl
IC ilist (iorhan/, vos parlez malc-
menl
Ccl Chevalier scrvez premieremcnl'
Rois Agoulanz parla premieremcnt
Est dont eist nez de la francouse
gcnl
440 E dist Gorhanz il an est voirenienl^
Mesagier esl k. le roi puissant
'598
I.e l'ils JJallanl a m)U lief ilesenl
l'or Uli servir en core plus de cenl
Dist Gorant vos ovres maleincnt
Ccl civaler scrves pric nieremenl
Agolant parla luit primerenient
Ert cestui de la francescha gent
Oil vor sire si ert voirement
E messager klle. le ricc rois posscni
A trefie agollanl vont isnellcmcnt
Endlich noch der Schlufs nach beiden Handschriften:
25529-
7'" Au matinet quant l'auhe fu crevee
Li apostoiles n'a pas l'evre ou-
bliee
445 A Florant fu la reine amenee
E l'apostoles la li a espousee
Corone d'or chascun ou chief
fermee ^
Qu'Agüulanz ot d'Aufrique apor-
tee
Kl. li a sa terre asevree
VII dux i fist icele matinee
E XXX une conte i a donee
1598.
AI matinet (juanl l'albe ert sclarie
E raposloille n'ait pas l'üvre ohlie
A Florcnt fu la roine livrte
E rapostoille si li a espossee
Corone d'or oit a caschuz done
Que Agolanl oit d'Afrique aportee
Et klle sa terre a sevree
Set reis fist en celle maitinee
Entre duc et contes trente dui a nome
A damedeu a sa gent conmandee A damenedeu oit sa gent comande
L'ost crestiene ert de bien asazee L'ost xpiane ert bem atorne
Ou la richese dou niont ert äsen- La ert del mondo la rice9e asenblee
blee^
455 Quant l'emperere ot Florent La fu Florenz le roi encorone
corone
Voiant lui l'out benoit e sacre Voiant tuit beneit et sagre
E la reine sist selonc son couste Et sist la reine dejoste son coste
Ce dient eil qui ce ont esgarde Co dient eil qui les ont esgarde
Plus bei paril nen oit en xpiente
Giraldo parole qui ne s'e oblie
Florent bieu frer ja ne vus ert celle
Plus biax parauz n'ot en creste
Girarz parole ne l'a niie oublie
460 Florent biax frere ja ne vos iert
cele^
Coment rois doit tenir sa reaute
Coment reis deit tenir sa roialte
Quant nre. sires ot tant son pueple Quant nre. sire oit tant son pople ame
anie
Qu'il ot son cors a terre devale Qu'el fu de cel en terre devalle
Noch 2 Verse.
Noch I Vers.
FKANKO-ITALIENISCHE STUDIEN.
39
25529-
E prist an fame char e humilite
465 XXXIII anz ot o nos converse
De s. baptesme son cors regenere
Celui nos a laissie e conmande '
Icel seint cors nos a abandone
Que nos veons e couchier e lever
470 Qui an la mort an avroit ja goste
E voirement l'eust ou converse
Celui a dex an son haut ciel
posse
475 Dont il avoit le deable gite
Je ne voil mie ne ne Tai esgarde
Que l'an l'ait ja til a vilain livre
II ne doit mie avoir tel poeste
Ja dex ne place nus Ten ait an-
conbre
480 XX arce. ai an ma dignete "■'
Fors til de roi ou fil de roi clame
Se l'arce. ne soient pariure
Que en ma terre ait .1. prestre
ordene^
485 E que je sache de quel gent il
est ne
Mais el lierz an les ait an ramene
A lesmoignage de son leal jufne
Si qu'il en soient tuit es sertre-
nite
490 De gentis fames de franc home
angendre '•^
E que il ait juree chastee
Celui ait oni le seins cors de
livre
Par cui nos somes venuz a sal-
vete
E li ait l'an tot son vivre apreste
495 Qui' "^ l'estuisse cheoir am po-
vrete
S'il puis mesfait bien doit eslre
blasme
E sil trespasse qu'il an soit puis
prove
Et prist em ferne carne et humanite
Trente trois anz oit a nus converse
De SCO. batissimo fu regenere
Tuit 90 nus a baillis et comande
Son degno cors nus oit abandone
Veant nus ert en calices leve
Qui alla morte en poit estre desne
Et chi d'um petit poit estre desne
Et chi d'um petit avera le col passe
Cellui ert in tel leu posse
Dont li diable fu por orgol jete
De cel voille et si-l-lay enpense
Que il n'ert a nul villam livre
Elle ne deit aver tel degnite
Ja deu ne place qu'il aient tel dignite
Cinque arceuesque ay en ma dignite
Fors tils de rei o de duc clame
Cinquante quatro vesque encorone
De alto lignages esleu et sevre
Si l'arcevesque ne se seit periure
Un sol prest non poit estre ordene
Que je ne sace de quel gent ert ne
Et al ter^o jors a moi o par moi non
fust amene
AI testimoic de lor lial visne
Si com il sont trestuit emparenle
De bone feme e de ^rancho home en-
ge ndre
Et qu'il ait vevut en castite
A cellui ert le sant cors livre
Por quei no sumes venus a salviie
Qui son estre li sera apreste
E ijue il n'estoie in poverle
Si post me falt ne doit estre blasme
Se il trapasse pois (jue il ert repris et
prove
' Noch 2 Verse.
2 Noch I Ven.
40
W. MKYKK,
25529.
Voiant moi iert si vilmcnt demcnc
Com s'il avoil tot mon trcsor
amble
500 Je ai mcs clers tant sages c fon-
dez
üc la creance e des auctoritez
Ne de baptesme ne de creslienlc
N'iert l'apostoles ne quis ne de-
mande
Tant com je soie an ma prosperite
505 Ne terre ai ja de null fers de de
He kl. sire ja ne vos iert cele
En cest besoing avons ceste
An la bataille vos trais a avoe
E de ma bouche vos ai -seignor
clame '
510 Quanqu'en ai fait ai fait por
amor de
Ne suis ure. hon ne li ures avoe
Ne ne serai ja jor de mon ae
A itant somes partis e desevre
515
Cheval demande Ten li a amene
L'estrier li lienent e il i est monte
L'uns des Fran9ois a l'autie res-
garde
520 E l'empereres a .1. petit pense
Un poi sorrist e a le chief crolle
Se je pois vivre longuement par ae
De l'un de nos avrai l'orgoil oste
Conte vos ai d'Agoulant e
d'Iaumon
525 De klm. a la clere facon
E de Girart le hl au duc Buevon
De la bataille qui fu an Aspremont
Gent i menerent de mainte le-
gion
IX rois i ot e XII dux par non
530 C. m. furent o le roi au dragon
Par devant kl. avec son confanon
XXV m. Girart le Borgoignon
»508.
Davanl moi crt si viltmcnl demcnc
Con s'il m'aust tuit mon tresor amble
Je ay mcs clerges sages c fonde
Jam de crecn^e ne de auctorite
Ne de balissmo ne de xpiente
Non ert l'apostoillc requis ne apelle
Tant com je sie em ma prosperite
Non tiray ma tere fors daminide
Et klle. sire ja ne vus ert celle
Em ceste besongne son desuz cstc
En la bataille clamay vos mon avoe
E de ma bo^e fustes sire clame
Quel que je hs si fi por amor de
Ne sui ure. home ne vus mon avoe
Et non serai nul jor de mon ee
Atant se sont partis et desevre
Conge demande et il li oit done
Se vus ay sero or m'en sentes gre
Cival demande on li ont amene
L estref le tirent et il-l-ert monte
Dient Franceis coiement a celle
Quatro jors fu pois klle. monte
E l'emperer oit un petit pensse
Un poi sorist le cef oit crolle
Se je pois vivre longuement par hee
De l'un de nus ert l'orgoille abasse
Cante vus ay d'Agolant e d'El-
mon
E de Carlemayn alla fere fai^on
Et de Giraido le hl al duc Bossen
E de la bataille qui fu en Aspremon
Gent menarent de mant region
Dus reis i ot et XV dus par non
Cent mil furent en le ri al dragon
Davant li reis klle avoit son gon-
falon
Et doz mille Giral le Bergongnon
' Noch I Vers.
' Noch 2 Verse.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 4I
25529. 1598.
Des II parties si come nos chanton De dos parties segondo che nus Iro-
vonz
Ne vienent pas la tierce an sa La terce parte em remist al sablon
messen
535 Mais an la place orent lor guer- Mais les dus parties revint a sa nia-
redon son
Bon ent car a damedeu sont En bone ore kar deus par sa vie li de
le den
De er an avant l'estoire tineront' De ore en-n-avant ci remant la can-
9on.
Wie schon bemerkt ist eine Stelle wiederholt. Sie findet sich
Blatt i6d — 17a.
Et Sallemon li nevo Teurin Et Salemon le nevo Tuerin
Huel e Huges et lufrois l'An9oin Huel e Huges e Jofrois l'An^oin
Uli apresentent macons et appolin II li apresentent macon et apolin
Et trivigant et son compagno Et trivigant et son conpagnon jupin
jupin
Älaior son lor emages ke ne fo Maior fu lor emage ke ne fu celle
costantin constantin
Li rois le voit envers deu en fait Li rois le voil ver deu en fait enclin
enclin
Ti adoro sire et a toi fa^o enclin Toi adoro sire e si nie rendo en toe
merci
Beueoil soient eil che bevent Beneoil soit eil qui mangent et bevent
mon vin mon vin
La lor proe\-c ni'a niis en si alto La lor proe^e m'a mis en si allo lin
lim
(Jue niais ne fu rois de France Qiie mais ne fu rois de Franije ne de
ne de ürlin Orlin
Uli aprcsent macons c trivigant II apresentent macons e 11 i-
vigant
Et Jupiter et apollin li grant El Jupiter son conpangno le grant
II les salue dolcement en riant El le salue dolcement cn riant
De l'une mam fert en l'altre de De l'une man fert l'autre de son gaut
son gant
Barons dist il ne m'ales tant ada- Baron dist il ne m'ales adaslant
stant
Ja dco non pla(,e que je vive Ja deu non place ijue je vive tant
tant
Que un diner an-n-age a mon Que un dincr n'age cn mon vivanl
vivant
' Noch I Vers.
42 W. MEYKK,
25529. 1598.
Vüs (jui li pcriks la cainc l li Vo-. «lui li penlcs la tarne c li sanjjl
san>^tic
Dcvcs avoir iiiacons cl lrivi;;anl Dcves avoir macims c trivi),'anl
Je non (|iRiay la montc il'un Ja iion (lutray la iiionl<; d'un bcsanl
bessanl
Mais l'aies ki-l-lcs con(juiranl Mais vos l'aics ki l'alcs cr)n(|uirant
Barons dist klle. un petit m'cn- Barons «lisl kllc. cm pelito m'en-
lendes tendes
Vos qui lacarne clisangne perdes Vos qui la carne c li sangne en
perdes
Aus diesen wenigen Versen ergeben sich doch einige nicht
uninteressante l'älle von stärkerer Italianisierung bei der zweiten
Niederschrift: 3. sg. statt 3. pl. b 5, 8 tC statt an b 17; der Reim
ist, übrigens in besserer Übereinstimmung mit dem Französischen,
fürs Auge bewahrt: sangt b 18 = sangtie; in peiiio h 22 zeigt sich
die italienische Endung. Andererseits bewahrt b aulre 14; in 7,
wo a die zweite V'ershälfte von 6 wiederholt, ist der richtige Schiufs
hergestellt; die richtige Silbenzahl hat b in 6, 14, 15; 22, welchc^r
Vers auch sonst in a corrumpiert ist, 24 ; freilich sind b 5 und
namentlich 8 ihrerseits schlechter als die entsprechenden Verse
von a. Endlich beachte man noch 7na?n a 1 4 = man b 1 4 ; barom
a 24 = baron b 24 und a 1 Sallemon, 3 appolin, 13 les salue, 90 bes-
sant =^ b Salemon, apolin, le sahic, bcsanl.
Die Darstellung der grammatischen Verhältnisse schliefst sich
enge an die von Anseis an.
1. ^' = frz. ^. Talis erscheint in verschiedenen Eormen : tale
3c, tal 3a, 6b. gc, I2d u. s. w., tiel 91, 158, 195, 3b, 8d, iic,
auch teil 5b wird so zu fassen sein; lietils 161; für qtialis habe ich
mir nur quäl 3b, 7a, lOa 20a u. s. w., qiiel iic u. s. w. notiert, tiel
ist auffällig, tieuls weist wohl auf eine Grundlage Heus, also auf
pikardische Vorlage. — Participien: enforca Garnier 43; lob u. s.w.;
lassd 2'j6., envoia 22d, dona 38d, conpara 55b. — Infinitive: ne de-
viandar conseil 9a, donar I2d. — Soave I4d, asai gd, aschaches = a
Vechec 29 b.
2. ^ = ie. In den Tiraden herrscht arge Verwirrung, vergl.
oben V. 170 ff.; 7b atarder 1. ätargier ; geter 1. chacier, tiul recovrer
1. recovrier aller (sollte zur folgenden Tirade gehören). Es herrscht
das Bestreben, den Diphthong zu tilgen, vergl. 9c civaller, aler,
midier, mester, civaler, ayder, deviser, auch proier spricht nicht da-
gegen ; unregelmäfsig ist nur De son duches li done im quartier corri-
giert in quartiel. 6c: der, monister, saieller u. s. w., aber auch Che-
valier (zweimal, stets in Ligatur: rÄ'r), hailler, sentier, bailler, während
bis dahin ier vereinzelt ist, wird plötzlich das Verhältnis umgekehrt,
zwischen mehreren Wörter auf icr erscheint atarder, trover, penser,
torner, dann geht ier wieder regelmäfsig weiter. Unter den t'-Formen,
die so geschrieben sind, findet sich auch montier zweimal, bier.
FKANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 43
demandier, umgekehrte Schreibungen, die deshalb sehr merkwürdig
sind, weil sie den Augenreim stören. Gerade montier ist häufig
auch imVersinnern: ^di Sor botn cival fist montier li gar^on ; i^a. non
li doii montier desor nidlo carnal. Ebenso im Versinnern: contier
3c, 4b, während aportier und hier 3d im Reime stehen und zwar
unter ähnlichen Verhältnissen wie oben montier : zwischen Wörtern
auf er, die sonst mit er geschrieben sind (ateinprer, laver, r?ier u. s.w.),
ebenso retorner : portier : destorber : nomer : contier 1 1 d, contier : primer
27b, aster : contier 3id u. s. w. Bei portier konnte man an eine
Verwechselung mit dem Substantiv portärius denken, vergl. 7c res-
poiter : messager : loier : covutier : portier : entrer, ebenda im Vers-
innern portier neben porter, doch ist eine derartige Verw^echselung,
obschon wir es mit mehr und weniger gedankenlosen Schreibern,
nicht mit dem unbewufst schaffenden Sprachgeist zu thun haben,
nicht sehr wahrscheinlich, und erklärt die Sache insofern nicht, als
ja auch portier = portärius nicht ganz regelmäfsig ist. Eher läfst sich
für montier eine Erklärung finden : es tritt statt puier in ier Tiraden
ein, wo ie geschrieben ist; von hier aus dringt montier an Stelle
von monier sowohl (vielleicht zuerst) ins Versinnere als in den Reim.
Die ie und df-Tiraden sind nicht besser, vgl. alevee : norie:folie 41b
und umgekehrt arcee : levee : mostree 4id, in letzterer Tirade noch:
spccie, porrie (bis), und bei ie: consillie : encalcie : castige : ensene : livre
: torne : eegarde '. castige : done : specie u. s. w. 28d. — Sehen wir von
diesen Fällen ab, so halten sich bei e die beiden Formen ziemlich
die Wage: biem 86, 167, 293, u. s. w.; ben 168; 41, pie, pies
ist das bei Weitem vorwiegende : se dri^a em pies ist formelhafte
Wendung; ebenso halten sich piege und rien, die keine genaue Ent-
sprechung haben, gut, doch ist rctn nicht ausgeschlossen : 296 ; ciel,
fiert sind gewöhnlicher, während venire und teuere ebenso oft le wie
e zeigen: vient 4b (bis) 7c, ticm 3b, vent "je (bis) 7d, tengo 6b, 7d,
tiengne 47b, vengtie 7d (bis), venent 6c. — In Position ist aufser
mielz 2c und viel 8b, 4c u. s. w. neben ve/te i la namentlich biet 1 id,
bieut 3a u. s. w. zu merken und das Suffix e//us : mantiel 4a,
6a, 8d u. s. w.; altiel 5d, cortiel 9.
Beispiele für e anzuführen, ist wohl nicht nötig; für i = ie
habe ich hier nur schillc 15a u. s. w., vil 9a, sehimc 22b, live 25b.
Pei 5a kann beurteilt werden wie teil 1 oder aber es ist rein
italienisch.
3. locus : leu 62; 4a, iia, pl. loi \od, focus : fogo 32b, Joeus
: Joch 29b, preus 57b, 8c.
Muntier "]& u. s. w., unque 91, 97, 2d, 4b u. s. w., neben selte-
nem onques 4 aber donche 97 u. s. w., adumbre 4c, dunt 196, juntes
"je, fundo 27a, amincier 3d ; eun und con und die Possessiva : /////«,
tun, sun, muler 9b, muller 9a u. s. w., {moler 15a), nitre 297; acullie
7d, 8b, 9a {acollir 21c), orgulos iid, orgulloso 7d {orgolus 6a, or^
golos lld, orgoil lOc), disputier 26c, dulce 23a; moll und mult, ebenso
vos und vos, nos und nus, mit Vorwiegen der «-Formen ; curucer
44 W. MEYEK,
23d neben corticcr \ ^h \ />iiiri tc, z^h, />/urntl lod {plorml 25I)),
curtc 8d, 2 id. Sodann tute 186 u. s. w., bru^ju 2 2\>. — Cuscons
ncljcn cascuns 46.
L'ons e Valtre 22b, 390, 15b sonst kaum, dochesse 5id, molcl
5id, tytr/- {hucher) 33^, >/>- 35b, 37d.
Cloiz {*clovos) 46b, proi's 15b, ft>/>- 3c, 6b_|u. s. w., ncvois 5b.
4. /«rt« 30, 283, pUm 2d, funlane 5d, paianc 4a, villans 79,
puitan 7d, puilane 8d. — (deniain 6a, 8d, wm/« I3d), inanlcnanl 22A
u. s. w., gnwies 22c, remandre 22c u. s. w.
Rasoticr 251 ; ;7?jö« sehr oft, mason 4b, 21a; »/0«/ 84 u. s.w.,
(^<;jfr 2ia, /i/r*? 3d (bis). — Z'arj 4a, remparier, plast 21b, /«jjt 2id,
Jf7j/r 2 1 d.
Faüon 5d, wa'/j u. s. w. Stets maylines 2g2 u. s. w., mayneres
3 a, ///£'j 7 b, i6b; /)a//(?j {palaliwti) 4c, malves 3d.
7?m 3b, r«' iSb, c, d; for^/ 19a, </m/ 3c, cr^t'l 4a, i8d,
/tv'/ (fides) HC, tre /eis 33a, /r^'j 239 (trois 243), r/i-j/r^r 164, Ircis-
fois 33 c.
Wir finden ganze Tiraden in ei l8a: tornei, donei (la veissiez ianti
colpi donei!) poldrci, rei, sei (scta), sei, baldres, mei, dei (aber im Vers-
innern im letzteren Verse :/(:'/); 22a: corei, rei, sei, lei, crei, quei etc,
Aver 24d, /es I7d, deveni 15a, er esse 4a, cresu 6a (bis), poer 9a.
^z'fr 29a, b, frede 29a, />ö^r 25a, ver 25d, stretevieni 3a etc.
Nehmen wir zunächst an, die letzteren Formen mit e seien aus
solchen mit ei entstanden nach der Tendenz unseres Schreibers, /
als zweiten Teil von Dijihthongen zu unterdrücken, woher dann
die vielen ei neben oi in der Vorlage? Die Erklärung, die Keller
für ähnliche Verhältnisse im Roland gegeben hat a. a. O. S. 23 ist
mir für Aspremont nicht wahrscheinlich. Wir haben gesehen, dafs
Momente für Annahme einer pikardischen oder walonischen Vor-
lage da sind; man müfste voraussetzen, dafs diese Vorlage schon
verschiedene Dialekte passiert und ihre Sprache danach geändert
hat : eine Annahme, die an sich nicht unm()glich ist. Es existieren
auch Bearbeitungen unseres Epos in normanischer, bezw. anglo-
normanischer Mundart, vgl. das von Langlois, Rom. XII 446 publi-
zierte Fragment; auch einige der in England befindlichen Hand-
schriften scheinen agn. zu sein. Allein auf der anderen Seite fehlen
weitere Züge normanischen Dialektes : so ist u = 0 verhältnismäfsig
selten; e = ie kann ebensowohl italienisch wie normanisch sein;
ei = oi müfste doch wohl in einer normanischen Umarbeitung häu-
figer erscheinen, hier aber nimmt es nicht die Hälfte der Beispiele
ein, und dafs etwa ei der Vorlage vom Italiener in oi umgeändert
worden sei, ist vollends unglaublich. Endlich giebt ja auch Anseis
ei, wo von einer normanischen Vorlage keine Rede ist. Der quan-
titative Unterschied zwischen den beiden Epen beruht also lediglich
darauf, dafs bei Aspremont mehr oder radikalere Umschreiber
zwischen dem Original und der vorliegenden Abschrift vorhanden
waren. Ich füge noch die umgekehrte Schreibung voie ^= vita (ki
ancore voille sa voie eslonger) 20a bei.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 45
0 = Ol = e: avone 2 2d, avors covoios iid, vor I2c, vorament
5a, crostre 33b, mo 7 c, veor 4c u. s. w., vor 27b, 28c u. s. w.
i = e cris credis 256, dige (debeat) 31a (bis), und eine Tirade;
Almerin, Berrin, Pepi?!, etisi, agri (cival qiii ma) affi dei (deheo) otrei
viei (nie), cor ei, sei; litre 6d, 20d, Htire 2lc.
Vor dem Tone: uissin 3c, viites 290, peissoncel iia, sesante Qd,
petrine 25c, pesson zbz., petral 28b, metes 44b.
öi' = 0 -}~ Palatal : possant 2 u. s. w.; reconosant 26., aprosme 2d,
apondre 2od u. s. w., osel 3d, ö;/2a/j' 38. Daher vos sogar in eine p-
Tirade gerät i8c; ebenso noir 19a.
ui: destrtire 2d u. s. w., condura 3d.
Auch umgekehrt: Irebuige 17c — puttayn 17c {putans i8c).
/özV und /»/^/If wechseln.
YiJLX die Darstellung von /' gilt dasselbe wie bei Anseis. Das
von den endungsbetonten Formen beeinflufste consil ist häufig 34,
55, 84, aber nicht ausschliefslich: consel I3d; paril 52a.
5. au: aur ^d, aurelle 13b {prelle 17b), misels lOd, clausir 25a,
aulifant 25c, auliver 37c, 42b (oliver 38by, audmit 27b. Auch hier
auberg und daneben schon «^^rg^ 33a, 49d.
6. Wie im Anseis 152 gangere.
Anm.: mis pl. {missi) 38d, 39a, b, oselliti 14a, vielleicht ist auch das ?
in cevils 28b hier zu 'erwähnen, trotz der franz. Endung, ferner dige^=.de-
bent 30d, 31a.
7. A presia 5d, /,7//-rt 5d, fafa 8b, fö«A; 8c, 7«ö«/a lOd, jeia
14c, confunda 16a.
Duri7idarda 16 u. s. w,, besogfia 8a, Corona 5d, zw/;-a 5b, /0-
schana 5b, empirea 7b, ira %\>, fenwia 8d, 9a, asciira i la, ploi'a i ib,
terra 13a; eine Tirade in ^« 15b.
j^«(:<2 oft, ancora 34b.
Umgekehrt /?'.?/-^ statt />/<?j:'<z 9c ; /röz'/^ statt //-rt//'<7 : cascuns traite
la spee 12b, non ie = tton i a 413.
O stets Giraldo. Campo 7, y^r/w 8a, /d«/(* (+0 8b, yb^o 8c,
/^z«/>ö 8c, campo (h) 8d, 9a, A7«/ö (+i), cerlo {-\-i) 9a, /V/t? 9a;
ho7fio (h) 9b, CVar/ö 9b u. s. w., le?npo (h) 9b, Rajmotido 9b röAj [cocius)
9d, <7//ö lob, derupo lOc.
/rwö 8b, /afö(+i) 9b, salvo (cäs.)iob, cog7ioscho 14b, (7</örö
14a, poremo 9b, öwö (h), tegno (+i) I2c.
entorno (h) 8c (bis), f^«/ö 9b, /<?j/ö iib, cerio 13a, quando 14c.
/rö//>ö lob — f^j-/ö 12 a.
palio iid {paille ib.), «'«/;ö 13c.
congim 9a. ]\Ian beachte noch ft'w 2 2d — rc?/-/« i6c.
Umgekehrte Schreibung: ello f.: Dame Ermeline nc poit plus sof-
frir, Giraldo fait ello 8d.
E. Im Reime 7d: intende, tiiettle, intcndemcnte (sie!), omnipotent
die weiteren einfach ent. Ceste m. (+1) 7d, (-f-i) 8a, loa u. s. w.,
olde (h) 7d, rende (cäs.) 8a, septe {-\- 1) die gewöhnliche Form.
Gente 9a, allasse (h) 9a, maink m. (+0 9b, öjA' 10a, (h) 9c, (h)
4^ W. MRVRk,
IIb, jAase lOC, breffe lod, na)e lOC, pnnte lOc, auierge (-j-i) lOc,
descende (caes.) lia, conosc (caes.) l ic, plei'isijue (caes.) 12 b, alle m.
(+1) i2c; //-/'//'^ (i) I2c; ähnliche falsche Formen sind fisU ^ fecil
24, Heule = /t'«// 8b, ence = inlus 3d, lule als npl, in. ya (h), 9b
(-f-i)» *:^<J» "^^^ bar OH gb, cuitasle = culigavissel (h) iib. — Auch hier
oft tinq},, wo der Vers um fordert.
Fälschliche Weglassung des e\ emperer 238 u. s. \v., malves f.
13c, /<?/ f. 13a, /c/ f, 12a, per td (bis), /r<7- i8a; im Reim auf -i^r
20d {primer : frer : rayner), Per 2id, <//>■ (im Reim) 217.
/: lanli archi 17 b,
<7/«' (caes.) 7 d, alh' Sb, colpi Sb u. s. w., vinli{-\-i) 8c, drappi
oft; «;-j-/ HC (bis), cuverli (h) loa, /ö/-// (caes.) iic, mellri iic,
/>öfÄ/ (h) iid, poichi 13c, lanli paly I3d u. s. w., /a«/?' f/»«' 6d, 17b
u. s. w. Im Konj.: aniendi ga, pefori ib. Stets vinli.
carne (h) 4a, 9a, 13c und oft, (orno 4a (neben in/er 4a), iverno
(caes.) 4a, alFeslortnes conmender 17c, als zweites Hemistich deli
cornes qtcil sonenl =^ des cors q. s. 20c.
8. Tonlose Vokale im Inlaut.
1. a vor r: parlara 3b, mangaria 4c, encalcara 6b, lasara 6b,
mandaruy 7b, 8d, lasaroie 9a in derselben Tiraden noch guiaroie.
vengaroie, mondaroie neben dreimaligem ce/leroie, a7narai 9a, dtirara
IIC, lornara 13c, porlare (2. pl.) I3d, druarie 234, Ungarie 7a, ar-
<:ar?i? ']b, pradarie iic, novellarie iic.
2. Asprainonl 14 u. s. w., palafroi 164, comencaor 2d, emperaor
2d, 6d u. s. w., vengamenl 3b, casa??iefit 3c, 5a, coro7iamenl 4b, /><7r-
hnnenl 3c, bella?nenl 4b, allramenl 3b, lotiganiejil 7d, 8a.
basaler 287 u. s. w., cöz;«/ 4b, sonst stets f2z;ö/, acami7ie 12c,
cavrelle 2 7d.
3. Asmaler 261, 3b, a«ör 186, aspeler 2'jd, pialie 237, /raj-
lorner 3d, Ir apasse 3d, 4b, graloier lOc, ascurer 4a, argoil 28b,
ascolter 238, 17a, 31a, 23d, öj/^t 47d, ßj/ör 6b, 33b, davanl stets.
Umgekehrte Schreibung ist adeslis lob. Nicht recht verständlich ist
mir j-^// = sagilla 36b.
/: f«'z;ö/, civalers (neben der Abbreviatur c-^^r, die ich als fÄ^-
valier aufgelöst habe), curicer 50, inistier 78, misler 93 (nieslier 74),
vivira igd, vistiure 157, pillice igd, qtiifiron 270, 2d, conquiriml
181, 185 u. s. w., Emprimier 72, 81 u. s. w., dislrer 216, r/h/^j 195,
</r?jr^ gewöhnlich; ^Z?'«^/- 70, 135 u. s. w., damisels 138, siglatil 2c,
firira 6b, 4c, firirenl 17b, conlinünenl 4c u. s. w.
Vor «: indurer 282, volinlier 168, ?'«/^«/ 184, inlendu 81, 7';//-
/)^r^r 81 u. s. w. — äfij: disconfil 6a, disconsilie 197, ^/ 46c.
plesor 19b — benecion 7 b — devolupe 43 c.
femene 9c, clerego 2ib, 33a u. s. w. neben c/erges; arcevescovo
20b, sanile 7d, clariles 19a, 41a, z'^r/'/f (-f- 1) 8a. — nabli: El francois
pitngenl ad ih /?' «öM' vasals i8a, wo «</ /Zy zu strei(:hen und «ö*^//«*
zu lesen ist; /? «öM' zwjö/ ( — 1) 22a, Allissimo pere I7d — waj-
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 47
sene = masnee igd, crestejtite 2ic, batissimo 2ic, termene 22h — meist
meltre selten meldre 3b, 7a.
g. /. Neben aubei'c und den schon genannten uberc auch obere
ige. Sonst w. autre 75, 240, sor hiit les autres 13b, Ptm vers Pautre
34c (unmittelbar vorher et altre ge?tt 2od, 4id), Pun per combatre e
V autre por ?nenacer 36c und ebenso 41c, l'une gent de l^ autre de-
sevree 41c u. s. w. Freilich auch: l'uns deh plure e l^ altre va sus-
pirant 37d und umgekehrt: I^ autre vallee 38a — exaucer 22, 65,
5ld, 44c, 42a, neben ausalcer 42d, exalcee 50d, caut 58, teus I02,
191, Heus 17a, 7netdz log [ynel ga), poure {pulver) gc, auques
202, 2ia, 26d {alques 24d, 28d), (5/?<7z^/ 214, ja?^/ 221.
auiement 2c, auir''arn 246, (/V^/j 4a, ^//j ga, d; veut 248, 2d,
»ö// 2d, velt 2d, 7d, 3/i??/j 3b, 7 c, betis 7c, (5/if?^ 8b, bies 17 c, ^/«//j
17c. — Sodann copier 274, decoper 2C u. s.w. Mehrfach ist « statt
n gelesen und daher die Rückbildung unterblieben : blia?it 36b ;
catit 27b. Sodann in Eigennamen: Ande i8b.
Umgekehrte Schreibungen sind selten: dalmage und olde 7d.
Neben bolcle 20d, borcle 26a, 28c, borclal 2d>h; ähnlich />ö/^r^ 20d,
cortiel 3b, 5b, for/if/ 3c u. s. w.
Sichere Beispiele für l == i fehlen. Mehrfach liegt Schreib-
fehler vor: malgres = jnaigres 202, valt vait 27b, daher es zweifelhaft
ist, ob blem 35b, ablu 37c, plimant 3a, resplite 12b, c, umgekehrte
Schreibungen sind, inchine 21a, 51c, dechin 13b, ^i'c^r 50a, die
thatsächliche Aussprache darstellen oder ob beidemale Schreib- bezw.
Lesefehler vorliegen.
closir 27c, sclosir 2od.
l' ^ j\ pier 248, doie [deuil) 26d, »/«ör iga, 8c, 2ga u. a., taür
34b, conseier 7b, /?i?r 34b, quay 4a, enfra-y soi dant 13b, />/> [pillie) 3b.
öf// 34c, l6a.
10. Nasalen. Das Verhältnis der auslautenden ist dasselbe
wie bei Anseis, doch hat das m weiter um sich gegriften in Vers-
innern: cangovi i, e?n 11, 35, sofu ig, 37, bem 41, to?n 84, bom 22,
biem 86, 96, Jtmn 90 neben son 2"^, puitain, cascum, biem, am 246.
Die nasalierten: 0}idre 2c, d u. s. w., aticir 29d, enstr 7b, «'//i'//
4d, 6c, remparier i8b, igb u. s. w., blan^oti = blacon 27c, 25b u. s. w.
scaviper gd, escamper I4d.
11. spee 151, 156 u. s. w., les spätes ( — i) 209, jusque lespales
18b, alla spee 83b, Spag7ie 2c, «/t" /a scuelle 4a, schule gd u. s. w.,
scampa i la, scrier 6b, scomunge 7c, ««^ j/>/t' iib, jr//« 12b, sparai'er
I2C, j/a«/ 25a, stanchi 2t2i (astajichter 26a), specier 28d u. s. w., jf/z^r
27d, slancele 27b, speron 44d — stratorner 7d, i la, I7d, igb u. a.
vosdiee = vocitata 12 b.
Von falsch gesetztem -j erwähnt; ich nur : ;;/öü = wm' 4c, /i/
oes ^^ lao lob, />ö/j [pauco) 21b; fehlende j aufscrhalb der Dekli-
nation: />/« 13c, prende 2. pl. 352.
48 W. MEYER,
12. IV. Die Schreibung u begegnet selten: varnis 39c, avan-
tivardi gd, envager 77.
gti : guant 2d.
13. V /ö^i>r (Lohn) 3c, exioger 28a, <7«f^^ {adnecati) 3b, ä'/^^o 3b,
eitriges 7d, /»w//^ 13b, />/-i?^'-ö 14c, clerego 3gd u. s. w., poichi 32c,
yöf>^ 29b (neben yWr 29b), brages 30a, j<'^«r 4b, seguiran 9a, ö//-//^//
l8d, fög'ö 26b, 24b, ajitighite l8d.
-^-' ßigiron 3d, /w^^/r*/ 5d, /«^^'t- 6a, J'ughe 24a, rti,'«r.f^ 9a,
15a, pagam lob, 19b. casiigher 19c, 23b u. s. \v., coreges 30a, wa/a-
jg^öroj 32d {rnalhatiros l8c). — />A7f(f [p/aga) 52c.
/: noreture 17c, w/a lia, w/^ 23c, 29c (vgl. rät. vi//a).
podesse 12b, imperador i6d u. s.w., devedes igd, abadie 6c, />ra-
</(?r/> 1 1 c.
fl': medessejiio 13c, viedesmo i id u. s. w., <7tt</7> 8a, l la, 29d u. a.,
veder 47b, 24d, 20b, ocide I2ii, dades 9b, gadagne igd, 20b, laude-
via7Ü 25a, c/(?<// 40b, frt'/W 32d.
adiorna 4a, advemi 6c, adorer 13b, adalis ild.
öd%z> 7 b, 22 c, ö(/Ä(? 3 b.
Bei der sehr häufigen Rekonstruktion von ^^ statt a vor Vo-
kalen begegnen einige Fehler: ad a la celee 314.
cuila 2d, 3b, 4b u. s. w.
culde 291.
p, b: trebut 49a; viscoves 9c; />o/rf lOb, I7d.
14. Ich gebe nur Beispiele für ( und X': (arlle 2, irenfant 16,
canfon 18, r/c^ 2d, fAimbre 36, /;aw'/ 36c, gapello 21b (a;/^/ ib.). —
kaylle 13b, kavils 36c, akamiiie 49b, A'öt'ra 3c, kantie 4a, ka?iiin 8b,
^a«« IOC, Xß/r i6b.
f>^ dient, nach italienischem Brauche, zur Angabe der Guttu-
ralis : Jz/cä^ 3, loschatia 5d, «<://« 87, caschus 447, iraschu 6a, zw/-
fÄtt 6b, f^^r [quaero] 28a (neben ^«^r 28a), die letzteren Beispiele
sind wohl ein Beweis dafür, dafs ca als Palatal gelesen werden
konnte. Übrigens auch forches 3a, chaoir 16b.
c that sonst den Wert von franz./: ju^ainent 3c, 7?ianfaria 4b,
sagavient 3d, inesago 255 u. s. w.; vergl. auch das schon angeführte
plage = /»/a/i?, rengatii 19c, <^ö/i/:^ 328.
^ = tönendes s baiiger.
15. Metathesis: defluba 5a, 6b u. s. w.; a/uble ist vereinzelt 14c,
dormon 6d, 32d u. s. w., Troppin 2d u. s.w., iorblee 379, 12a, fermist
22b, «rrw^ [cooperit) lOC, berbis i8b, aflebie 23a, bragagner 35b.
16. Auch hier betrachte ich nur den Wortanlaut. Zunächst
tritt als Negation vor vokalischem Anlaut meist twtt-n auf, ge-
schrieben: nö 71 : «ö «a 268, 710 710 10b, ebenso wird ;/ in e7i ver-
doppelt e7i-7i-estant 3c, en-n-oiant 4d.
Von anlautenden Konsonanten kommen hauptsächlich /, s in
betracht: lasse veripit 6a, asso7i 3c.
si-l-la Irove i8a.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 4g
e-l-la 4b und in andern Formen des Artikels und Pronomen,
wo man übrigens den Reflex des lat. // sehen kann: alla 268, ill-a
146; ill-ert 155, ell-e 3c. Jedenfalls sind es aber italienische, nicht
französische Formen.
Ein Prinzip in der Doppelung im Wortinnern ist nicht heraus-
zufinden; amaser 112, meses 121, asernbk 155 stehen neben poisse
183, pesse 153, bessant gd, osse (oft), acusser 21 neben etiaisareTiil t.
Während r meist einfach geschrieben ist [teres i8d, gueroier 113,
vora, voroit, barons 27b, doch ferrti 385 neben deree }^%2), begegnet
bei / häufiger doppelte Schreibung: pallafrois 71, 134, 136, follor 98,
celui 2c, celler 262, allasse 3Q5, mollu 85.
Daneben die umgekehrten Schreibungen : quani il etttend statt
q. ü Ve. I7d, le sai — les sai 239.
17. Genus: le luor ^^a, le color 50d, le valor ico, 32c; la
soir 141, alla maytiti 34b: Que alla vwytüi senz altre demorer; le ho-
nors 20b, ton santissimo vigor 2 od.
18. Auch hier völlige Unkenntnis der Flexion, vgl. Vers 5, es
cival brocent 24c, alcors monte statt cor (Herz) I7d, ki oit escus l8a,
li fort escus contre son pis sacer i8b, rois ist sehr häufig als obl. sg.
Vers 47, vegant li rois 17c, al rois agolant (1. ad Agolant) i'jd —
alle fresche color s i8c, passe le teres i8d.
19. Auflösung gegen den Vers: jusqtie li nus assemblent a li
armes 24d, Vus sist en le bay elf altre en l'alferant 2^d, El fu en
le flume als erstes Hemistich 4a, jusqii alles tefides cacer i'jd, a li duc
rayjier (+1) 186; vgl. noch 312; und ne les = nes 401.
20. Pronomina: eo loi, 3c, 8a, 14b u. s. w., io 2d, wohl
eher Contamination aus franz. ie und oberital. eo als tosk. io. Wie
in anderen Fällen, so wechselt auch beim Pronomen ei und oi:
mei 2ia, tei i8d, 20a, toi 20a, sei 22h, Der Plural: nois, vois : vois
t vre. pere ga; als oblique Formen nicht nur sehr häufig «<?: Molt
liest la vitaille encarie 1 1 c. Et eil responent al ure. cornandemetit N'es-
toit faire I7d u. s. w., sondern einigemale se\ Girart spricht:
Qa nel voldroie altre a den demander
Dojide de liii les membres trencer
E qui de lui se peust delivrer
Biem se possemo as altre assembler
wo wenn nicht im 3. so doch jedenfalls im 4. Verse se nur die
I. pers. pl. vertreten kann. Noch klarer: Taut se qucrumcs que
nus se troveron 24c. Als Enclise vom 2. pl. ist ve das durchaus
gewöhnliche: se de plus faire ven prendes volertte 407, AmI ne ven de
blasmer ne petit ne grant I2d und so oft ven = vous en; aber auch
sonst. Con fait peces ve fist ci arester I2d; de mantcnent ~>os 7y metes
el fr aper, Se vos ve lases iusque alles lendcs cacer I'jd, vestrc coragcs
v'estoit atemprer 4a, wo durch das Metrum die französische Form
gefordert ist.
Zeitsohr. f. roui. Phil. X. a
50 W. MEYER,
Über die Demonstrativa und Personalia 3. ist wenig zu be-
merken. Die Verwirrung der Casus zeigt avoche li 17b, // vertritt
als tonlose Formc-n den dat. plur.: /// enconlrarent eil ki escampes
so?tl I // // (hmaudcnt gd, i8d, als n. pl. tritt hier ////, also mit der
italienischen Endung, entgegen. Dagegen ist in : ei Uli vetient das
Uli = li li, li = ibi wie oft 8c. — Als pl. ra. ist cisl sehr ge-
wöhnlich,
eil statt icil: nus siitnes tatil e eil sont fioietit lyd, Cil alla li
mesages contier igd, celle ;w// als erstes Hemistich 22d.
sla: rautre est Rotne la teree est sta eile 7d.
Bei den Possessiven merke man die gew(")hnliche Abkürzung
nre., vre., auch wo das Metrum nos, vos fordert; die masc. Form
moi: de mois arnois 20a {a moi orelle oiant 5b); vgl. noch Y. "jz etc.,
statt des Fem.: par moi foi I2d, ebenso soi: Unques anor in eampo
ni entra Que ne fust soi 2 2d; mon, ton, son mit dem Artikel: le so
mandement (+1) 3c, le ton home 3c. Auch die betonten Formen
zeigen den Artikel, wo es der Vers verbietet. Se la moie ensegnt
asemble a soe orieflor 1 7 d.
loa als Fem. sehr oft statt te: poi- loa saute honte 3c, pocho
port'a priser sa terra e soa via 6c, de soa gente fu oncisse 7a, 17a.
Zahlwörter: Die rein italienischen Formen begegnen oft: n.
pl. m. //-/ 43c, 44d, daneben gewöhnlicher tres, trois ; quatre iSc,
cinque i6b, septe oft, des I4d, 15 a, dex i ib, quatordes 26c, uinti
17b u. s. w., sessante 17c. u. s. w.
21. Die aufserordentlich häufige Verwendung der 3. Sg. statt
des dritten Plural und die Konstruktion (eine „Überentäufserung",
deren sich noch heutzutage der venezianische Gondoliere beim
Verbum Substantivum jeden Augenblick schuldig macht: de che paese
sono lei Signore) ist sehr beachtenswert. Man vgl. aus den Proben
Vers 5, 175, 435 u. s. w.
Ich bringe noch eine Anzahl w'eiterer Beispiele: Z/ altri quatre
sen vait foiattt 41a; del grant avoir oit li fran^ois tant 1 6d, Detis ianti
vasalli fu li jor safiglant 22b, paiens vos toille ceste pais loa ist zweifel-
hafter, da paiens bei strenger Grammatik sg. wäre ; allein bei der
Beschaffenheit unseres Textes ist es eher als pl. zu fassen ; jedenfalls
ist : Dedens calabrie fu saracitis tant 1 1 b, wohl auch la mer e li
mont en va tuit tremant iia, de toi me blasme li petit e li grant
I id u. s. w.
Präsens i. ?>%. plevisc 40b, doit = debeo 144, vois^vado ga neben
vois iid, dico 33c, digo 20d, 44c, vefo yd, 51a, 31c, posso loa etc.;
poisso ^gc, voio 8d, 40a, faco 31a, crefo 35c, 2. vois = volis, wohl
= ital. z;(?/-|- frz. i' 267, 33b, auch vos 40a, vois = vadis 8c; fas 3a,
sas 8d, vas 8d, cris 256. 3. soit = sapit 152, 3d, 4a u. s. w. neben
seit 3d, poit 2d, fa iia, i6b u. s. w., de I2d, sap 25b, va neben
vait 23b; frige et arde l8c, sorge l6d, resorge 27d. — sei ^:= sedet
22c. 4. seome 120, posson lob, possemo 15a, rendeme 23d, rendemo
26b, 42d. 5. entefidi L^c. 6. veent lOa, toilh lOb, soient (sapiunt) 22c.
Indikativisch verwendete Konjunktive sind 7b: £ eil s'en aille , qui
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 5 I
sa voie oil accuUie und 22a Or sage bien Agolant et Elmon Ja nom
avront. — Konjunktiv donl 31a, lais lOb neben done 15a, doni 34c,
clami 4a, 8a, trovi (pl.), mandi lOb, gardi 12a, l^d, memlri
iid, porti 31a u. s. w. — Partizipien: vefant 5b, i6a, 17c.
Imperfectum: cuitave I4d, 19b, cuitavati 3od — Condicionalis
romarave lob, serave lod, 28c, 50d, virave 33b.
Perfectum I. 3. sg. 0 ist nicht sehr häufig: dompnb ^= donna)
I2d, ü'öwc' 81, 13b, 19b, aflubo i6a, öj'jÖ 73 [/also 21c, ist Präsens-
form). Dagegen erscheint i. oft als ä: livra 37d: Je nen aj nul dites
que ie le mant, Que a nos putanes le livra manlinant. 39b Mon senno
lasay por iire. vorainent, Corona vos fiel fils u. s. \v.; ebenso porta
5b u. a. — e 3. sg. ist umgekehrte Schreibung: alle iib, ello ap-
pelle als erste Vershälfte 17c. 6. arent neben erent oft, 6d, 8d,
loa, i6c {ter) 17a.
IL Einige Perfecta 3 e scheinen sicher zu sein: st com dux
Nayme descende contreval, E vit le passages lOc, an mehreren andern
Stellen ist es zweifelhaft, b.desendrent 38c. l. sg. /: eniendi I4d; vini
33c(z'/«(? 5a), recevi 5a, apercevi 25c, prendi 3b, i. pl. ein paarmal mit
j- Erweiterung (Mussafia, Paolino S. 148 Tobler, Cato 25) al cef del
viois nos se metisme al torner Si nos encontrames 32 b, Oil voir sire
tute perdus les avons Por le xpiens — Dos iors conbatissime avoc kar-
lom 32c — metis, prometis 2. sg. 8d, metistes I3d, cingistes 5a.
w-Perf.: estiiit {stetit) 3b, conuite (sie!) iic, soit {sapuit) iib;
fjiut i8c neben muH 8c, conduit (pl.) 19a u. s. w., volut 21c — tenne
5 a — vite. vendrent ^ venerunt 19 b.
j-Perf.: 3. co7idux 9c, coftduse iib, remist 4a, 14a, 4id u. s.w.,
cinse 15, volse iia neben vole iia, list {elexit) 17b, disse 4d,
tassirent 6b. Man merke noch 6. miaseno 25a.
Futurum I. Das a des Infinitivs bleibt häufig. doner bildet
dondra 34b, aller : alliray 9a (neben i'rty/ lOb), _/b/r^ fast immer
faray, voloir '. voray, neben seltenem voldra 37 a, refuanoir schwankt
remaras 9a, retnara und remandra 6c. Synkopierte Formen sind noch
sofirra 5d, cotiquirroie 9a, fcrra lic, umgekehrt kerira 3c, wo das
INIetrum Xr/vvz fordert; credero 14a, dann natürlich viral (neben
vendra I7d), ///-«/, viciron 22c, 24c. — In i. ist 0 als Endung
häufig faro 9a, w/'o 13c, credero 14a u. s. w.; dazu 14c zweimal
die Kontamination seroi; 2. as : remaras 9a, 3. schwankt zwischen
a und öl' letzteres z. B. iVöj' 22c, 23a, fugeray 31c. i. pl. farem
18c. Des Reimes wegen sind gebildet: donarin: Por ju^amet li do-
narifi (ein ganz verfehlter Vers, der nur in der ersten Hälfte in den
übrigen Versionen eine Entsprechung hat) und secondo lor forfet pc-
netencia li darin, ein Vers, der sonst fehlt, beide 31b. — lünige
Kondizionale auf ia neben den gew(")hnlichen auf oic und den
wenigen auf ave gehören natürlich dein Italiener an : devria 5a,
mancaria 4c. — Auch poris ist wohl = '\ii\.\. potresli: maini bon clir,\il
poris Irove (^!) 8c.
52 W. MEYEK,
I m p c r f e c tu m c o n ju n c ti v i : alltss^es 49c : Avant al/isses li Irait
d'un archl. Das / ist eher mit dem / in fut. und 6. perf. als mit
der entsprechenden dialekt-fraiiz(>sischen Form in Vcrhindung zu
bringen. In der 2. Konjugationen ist das Kindringen des e be-
merkenswert: prendese 12b, frankes 13b, prendese 14a (bis), metesse 2(1.
Andere Formen: gessi'sse von gesir 226, volsist neben vollst lob,
segm's 1 9b, doist 8 neben deust 3b, osast 50 statt ost, levast statt lict
\21, — Bemerkenswert ist: veissez fuissez 17c, poisses 17b u. s.w.
Infinitiv: saver 20b, meist y*?^. — receivre^ ferre 23b, 24b
=ferir, in beiden Fällen ist der Vers zu kurz. — vcir 19b, /«.<•// 44a;
perdere 25c, cangere 151, prometcre 25d, ardcre 33a, 5ld, estrengere
39d. — conqiii7-e 3d bis u. s. w. (fut. cotiqtnrai 6d), playser 17a,
viovre 40c.
Participium: apercevu 13a, 6a, removu 6a, ^^?/ 4c. — prendti
13a, jy^f« 5d, /öw« 4d, reinansuz 4c neben remanu 3b, ^^w?/ 6c. —
«öj^.- ^/(??« ert c ans que de meres nase fu 24c. tolet : Car Maldaquim e
vus maves tray, Mon fil tolet u. s. w. 43b. — rnaledecto 39a, preso 5a.
Einzelne Verba: esse, \x\i. essere 13c, ^jj^r lOa. — Präsens:
sont 19a etc., som 241, j<?« 6a, sunt 21a neben j«/ i la u, s. w.; 3. ^ 1 ic
neben häufigem ert und ^j/. Impf. 3. cra 14c u. s. w.; 4. eram 29b.
Im Futurum verdrängt die Neubildung vom Inf. mit habere die Ver-
treter des lateinischen ero: Descaces serait == deschacez iert 6c; Ja li
mesages per lui non sera rendu lob, Sera encorone lOc u. s. w., 6. se-
ran 133.2 — Conj. praes. 2. sis 83, sde 5a, 3. meist j/ß, das dann
einsilbig gemessen wird; 4. sciom lod; 5, i'alfi' 17a; 6. j-Zö/zö 3 id.
In den periphrastischen Zeiten macht esse dem franz. habere den
Rang streitig: Estes a Rome este; tropo li es este iib, fosse stes 29a.
habere'. 0 lOb, I3d, 2. ö?j 226, as 22^, 3. <z// 84, 106 u. s. w.,
neben a. Perf. i. avi 9b, c; 3. ave lOd 11. s. w.; 5. avistes 4b. —
Conj. age 12c u. s. w. sehr oft, age 15b, abie iic; 4. ö(5/(9w? 8b. Impf.
aves 3b, 17a u. s. w.; aussent 3b, prtc. öi^/k 4d, 27b, (7/>i?f 6b, 33c.
Zweifelhaft ist das Tempus in: Unques envers lor ne vus aven vigor igh.
estoit stets = es tuet ; fire?tt ^=^ ferirent 2 20,.
Lexikalisches.
a = o : Ne vos voll tute a moi mener, Mais li dos de vos u. s. w. 9b, auch
fälschlich: monte un destrer a la pelle fu doree igd.
acreente = cr^^w/t? (+1) 3b.
anunciament statt adumbrement: Et qui en la vergene proidi a. 3b.
' Dafs frz. regoivre ein unberechtigtes oi hat, ist bei der Formulierung des
Gesetzes über ce so viel ich sehe nie hervorgehoben worden. Es ist sehr be-
achtenswert, dafs der Ablaut betont i tonlos e vermieden wurde ; man war so
einer neuen Ablautklasse, die nur ein \decoivre rec. conc. sind als eines zu
betrachten] Beispiel umfafste, enthalten.
2 Ähnliches in reinfranzösischen Handschriften, z. B. dem Roman d'Ac-
quin, dessen Fehler überhaupt sehr lehrreich sind.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 53
anci -nes 2d.
apresse neben i6d: Li rois descendi a. li dui meschin.
arme s = enarmes 21b, auch narmes 23c, 20b.
aspetter 27d.
assetier 179.
av ant = aznc sehr oft: Avant que Girard als erstes Hemistich 17c; avant
que dan Ciaire l8c, Avant che Agolant 38a vgl. noch 22d.
avanter = vanter 49a.
avrir: aprire 2ld, avert 2ld {ovrir 2ld).
bandior: crier a. b. 7a.
clostre : Tinte 2lb.
c o c 1 e s : cloches 6d.
c ob 1er nehmen 3d. Le due Naymes le vait al pugno c.
comunablement 22b.
cum sehr häufig. Lor quatre deus ont cum lor aportes 15a, et quil oit Adam
cum Eve acom.pagne 4a, avec li vinti mille cum Franchi tornoie I5d>
con sa gent malsenee iSc u. s. w.
da ebenfalls sehr gebräuchlich; da la mort tanser i6b, gardasti dal fogo
ardant l'jA, certes dist cel non ert da otrier 34b, La veres li coars
da li ardis vorafnent 4c, Que ie ne recevi da klWor ne argant (Tirade
in ant) 5a u. s. w., da part 7b, c.
d a V a u t fast immer,
dapois 3a.
d e 1 a n q u i e r 3a.
derayner 73.
doion = donjon 3a, 4b u. s. w.
elce Schwertgriff 26b.
encor one = foro«^ gegen den Vers Tic, 13c u. s. w.
enfrai^ d^ire 5b.
ensembre iic.
frustrer: tant de faray batre e f. 13b.
glesie 5d, 6d, 33a u. a.
golpo 28d.
honir wiehern 26b.
infra: qui dit enfray soi dant 13b, enfra 4c.
intent statt oit 184.
Jamals =^ja: Jamals en ma vie nen avray tnais dolors \~A, Je say por
voir que James non leveron ib.
lasine 363, 12c.
lassarant = /aiVö/^«/* 63, 6b u. a.
lao einsilbig 13, 424, l8a;~/« = /ao 45d: LaUliens, da ramirant p.irti.
li = i 40, lod, 60, 102 u. s. w.
loton 4d.
mal = mar; Trente diners oit certes male (== mar) les bailla 35d, Ja del
trair mal seres desiros 39a, ma la bevistcs 28a.
menesprie (= tnespresie) 30a.
mer: en tner stets; sogar en mier ; daneben für ,,halb" : »u-^- 17I), »ic^r
19b, me^o 6d.
54 W. MEYER,
m on t ani n 371.
ne=<f« 191, 196; de la menor royames n'ais apu 6b, a ceste beaoi^ne ne
vegne por aydier Proganement qtie ore n'est ntesterjc u. s. w. sehr oft.
ore = 0/- 17c, (1.
over = o(aw/) 23b, I2cl.
Y)or = par und umgekehrt 63 u. s. w. sehr liäufig.
pain häufig nehtn paiens gegen den Vers,
per 96 Verlust 2od.
plegeroie 30c.
ponere: se deus ponc fni 14a.
rame (+1) 27d, 37a.
removant: destrier r. 40b.
sol = soleil 14b, l6c, igd, l ib u. s. w., namcnllicli in der Verbindung: avant
li sol colgant.
soieller sigülare 39c.
sor = desor 52d, sus = desus 194.
tel: Ha tel donee=.tele 377.
tende Zelt 19c.
Syntaktisches und Metrisches.
Ergänzung von a: li rois oü a sa corone juree 159; qui a 'lor fu
devee 4a, alla vioie fois sire irop poes atarger 20a, wo auch sire zu-
viel ist; vgh 7, 11; andere Präpositionen: se il creist en Die li rois
omnipotent ija, fist por ses barons inander ga, qtie vos creez a consel
de pmitroner 13b. — Beim Infinitiv nach aller: Si irai a veor Ago-
lant e Elmon i oa ; giray alles a seoir 1 ob ; giray en campo a Jerir
9a. — De sor la roe fu la tor principal E de deles fu la fontaine
roials l8a. — mongoio Vetiseigne karllom 21a, als zweiter Halbvers:
1. m. la k. lyd, al rois Agolant present läfst sich al oder rois unter-
drücken, la poisse veoir si grant batiment 17b und ähnlich ^//j/ statt
si: ensi tres sereament i8a. — Quant vit G. ke Vestorine ert comen^e
87b, eine Konstruktion, die mehrmals wiederkehrt. Ebenso: or est
bien la merci de 17 b, zweimal als zweite Vershälftc. Ergänzung von
et oder si am Versanfang: Et li ure. firerent 17b, Et si est montes
22a und mehrmals, Et con Elemont fu ahatus de son cival i8d 1.
du. — Fuiretit trestuit a cival monte 17b, wo a cival zu streichen ist.
Oft tritt avoec an Stelle von 0 i^d, i6d, i8a, 35d u. s. w. Auch
hier treffen wir 2. PI. statt 2. Sg.: mal coticel aveg eu 19b.
Zu kurze Verse: le trait d'un arpent 18c zeigt bewufste Än-
derung; dagegen // e ces valsal i8a statt e il kann auf Versehen
beruhen; vielleicht auch, wenn zweimal 9b Claircs statt Dan Claires
geschrieben ist, jedenfalls aber die gar nicht seltenen Fälle, wo
das Verbum übersprungen ist: Ses homes trestuit ireement I7d.
Im Ganzen ist, wie aus den Proben erhellt, das INIetrum in
Aspremont vielmehr verwildert als in Anseis, neben den bewufsten
Änderungen ist die Zahl der Flüchtigkeiten eine grofse; Verstel-
lungen, wie tms plus des bieuls 17c statt uns des plus b sind ga"r
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 55
nicht selten. 20d beginnt die Tirade: quafit g. Ott kallom parier,
was gegen das Metrum und noch vielmehr gegen den Sinn verstöfst,
da Karl vorher gesprochen hat und die nun folgenden Worte nur
in Girards Munde verständlich sind. — Auch eigene Verse schlech-
testen Fabrikats sind zu treffen, vgl. 130 ff., 181 ff., 228; femer 17c:
Et vus seres pegne e lave
Et vus seres en verger over in^ambre intre
Et vus avres vre. parel trove und andere.
Es bleiben noch zwei Fragen zu beantworten : in welchem
Dialekte war die Vorlage von Aspremont abgefafst und in welchem
Dialekte schrieb der (resp. die) italienische Umarbeiter. Damit
hängt dann auch das Verhältnis von Anseis und Aspremont zu-
sammen. Ich habe die Antwort darauf schon angedeutet, mufs
aber das definitive Ergebnis verschieben, bis ich die Sprache der
andern Aspremontbearbeitungen dargestellt habe. Mit der unsrigen
haben die beiden venezianer Handschriften auch das gemein, dafs
sie aufser Aspremont noch je ein anderes Gedicht enthalten, was
für die Untersuchung von Wert ist.
(Fortsetzung folgt.)
W. Meyer.
Laut- und Formenlehre des Dialekts von Siena.
ZWEITER TEIL.
Formenlehre.
1. Artikel.
a) Artikel ohne Präpositionen.
Aufser den Formen der Schriftsprache finden sich in unseren
Texten folgende :
Masc.
Sing. Vor Konsonanten meist el, das sich nur selten vor
Vokalen findet, wie C^.iiOg und Ro,448, A.2g. Ausschliefslich vor
Vokalen lautet der Artikel oft cU\ v^'ofür die Herausgeber meist
fälschlich el r drucken, während doch eW einfach apokopiert ist
aus ello, das regelrecht aus illum gebildet ist. Stellen für elP: S',
S3, St, Ro, TR; vereinzelt dafür ?'//' Pr,26i2i. Vor Konsonanten
heifst der Artikel oft e^ (i. e. el mit Ausfall des /), namentlich vor
r, wie D«, D2, D», S', S^, S^ A', F, TR, C^, Ro. Erwähnt sei
hier irl == ed il rb €■',7212. Ferner e' vor /, so D', D^, S^, S', S^,
F, aber auch vor andern Konsonanten in D^, D^, Si, S^, Ai, C,
Ro. Ebenso ist V = il nicht selten, so vor /- Di, D*, C-*, M, vor
/ D', D2, D3, vor sonstigen Konsonanten D*, Ro. Im Neusenesi-
schen findet sich der Artikel ^r= el, so in ZO und J, auch e'r =
ed il ZO. (Über r= / cfr. Llr.i pag. IX 551/52). — Einige Male
kommt die Form In statt lo vor, S2,304ig, 30526, C^45[5.
Plur. ein Si, eli geschrieben D», S», dafür egli D\ S'l Nicht
selten ist ei so P, S^ etc., doch meist apokopiert ^' C, C^, C3, C*,
G, P, Dl, Si, S3, Ro; ^'= ed i C'^yQ^-^. Merkwürdig sind die ver-
einzelten Plur. Masc. el S2,30i,5 und le Njiiyjg.
Fem.
Sing, ela (regelrecht aus illaf/i) 81,29915, vor Vokalen apostro-
phiert zu er S2, doch meist eil' S', C', St, Ro, ebenso mit /, il'
D2,202, sonst iir D2, A^, Pr, Pr^
Plur. ^/Di,377,7, 82,2962 (vor Konsonanten), eil' 81,13220, 1821g
(vor Vokalen, für *elle, regelrecht aus illae).
* Llr. bezieht sich auf die Lautlehre im IX. Bande dieser Zeitschrift,
pag- 513—570-
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 57
b) Artikel verbunden mit Präpositionen.
Hier ist vorab zu bemerken, dafs im Senesischen das / des
Artikels, der mit Präpositionen verbunden erscheint, nur einfach ge-
schrieben und gesprochen wird, was auch GV und verschiedene
Herausgeber ausdrücklich als senesische Eigentümlichkeit erwähnen.
Beispiele hierfür gewähren unsere Texte in grofser Menge, so a lo,
a U, CO la, da le, de lo, ne Li etc. Fernow hingegen (o. c. pag. 281/82)
giebt diese Erscheinung nur für Arezzo an.
I. ad-\- Artikel.
Masc. Sing, a' oft statt a/ vor ;- oder / in C^, D^, D^, D-', S',
S2, S-\ AS TR, L, Ug, so auch ameno 81,84.20, dafür 81,81/82 mit
schlechter Graphie ad tneno. Neusenesisch ist ar in J. Masc. Plur.
a//t etc., ae A^,62.2.
2. <:?/OT-|- Artikel.
Masc. 8ing. fö'= co/ vor r DS C'*, co'efrj Ro,42 2,A..2:j, töV/ D^,
Ro, Pr. Masc. Plur. coe D2, S-, Ro, meist co/i. In Ai und 8-^ findet
sich oft com statt con vor /o, h', la, le. Bemerkenswert ist cal^^ col
33,30925, ebenso auch ca^ statt fö' {con) ib. Neusenesisch ist cor ==■
col in ZO.
3. ^t'-|- Artikel.
Masc. 8ing. de' = del vor /- oder / in C, D', D^, D:*, 8^, 8»,
A*, N, F, Ro, Pr, auch vor anderen Konsonanten in D', D-, S',
A2, Ro, Ug. Bemerkenswert ist derre = del re D2,iiij^, Floren-
tinismus liegt vor in dil ^ del h!^ (cfr. Llr. pag. 517), ebenso Masc.
Plur. dilli D3,243i3 und Fem. 8ing. di r(a) = delV A',2417. Zu be-
achten ist Fem. 8ing. de' tiöpara ^= deW opera D2,6.2i, wohl ver-
schrieben dealla (= delld) 0^,2243^. Das Neusenesische hat der ^^
del in ZO und J.
4. dc-\-ad (^</(7y/ + Artikel.
Masc. Sing, da' = dal vor /- oder / in D^, S', A', F, Ro.
5. />/ + Artikel.
Masc. Sing, ne' = nel vor r oder / C>, D', D'-!, D», S^, A^ F,
vor andern Konsonanten in S*, A*, nil (Florentinismus) in A'', neu-
senesisch ner in ZO. Bekannt und in unseren Texten sehr häufig
sind die Formen, die das ursprüngliche / im Anlaut erhalten haben,
wie infnjello, i?ifn)ell\ in(n)el, dafür iyine' (vor /) D^,2 3i.,fl, ine (eben-
so) Ro,4i4,A.2, (vor 'k) P,i8,.2. Daneben findet sich illo P,i82, 23jj,
256 °der ilo D-,158,0, auch cllo Di,20i, 202 (mehrmals); // Ittogo =
nel luogo D2,4ig28.
Masc. Plur. innelli D-', inn,gli D-, //// P, eilt ib., igli ib., /;///'
D3 im \h.,.ifie' D« D2 D^.
58 r.. HIRSCH,
Fem. Sing, sehr oft w(n)e//a, in(n)e1a; in la D'*, .S', i'ld .S2,202,
A.2, i/la V, !)•', ///' D^', ella D'.aoo.^,;, nala N,963 {e ist hier vortonig,
wird also nach senesicher Lautlehre zu a, cfr. LIr. pag. 528 ff.).
Fem. Plur. häufig infnjelle, in(n)ele ; in le S', D^, D'', i'le D'',
nie P,i7, 18,24, ^^^«^ D', 201.2,, «^ ''5',296.j9 (cfr. Anm. dort).
IJemerkenswert sind die auch aus anderen italienischen Dia-
lekten bekannten Formen in der (== )iel) ZO, j, in deli M,50.„ in
della 7Jd, in dclle ZO, J, worin „«" in „</" übergegangen ist.
Statt des einfachen in (en) -f Artikel findet sich entweder in
genau derselben Bedeutung oder auch = iti su, häufig in tu -\- Artikel
[tu == Sil), so C", C, St, V, Ro, en tu V, Ro, Ro", oder auch
mit eingeschobenem, hiatustilgendem ;- (vor unus) in tur St, V, C',
Ro. Vergl. auch St, Glossar, pag. 244/45.
6. /)fr-}- Artikel.
Masc. Sing. pH =^ pd A^ ist Florentinismus, dafür/»/' ib.; zu
beachten ist pcrc il ^ pel D'*,270iq, n. Fem. Sing. /»^ la A-', Ro,
ZO etc.
Statt per ohne Verbindung mit Artikel findet sich pe vor Kon-
sonanten, so IM, D'*, S', S2, selbst vor Vokalen S', 330.25, S-,169,.2.
n. Substantiv.
a) Erste Deklination.
1. Plurale auf / statt e: le lani D',g6g; le porti sehr oft, so
D2, D:', S:', Di, Ro, F, Ba, Cr, AI, TR, T, Ro, Pr, Pr% charakte-
ristisch für unsern Dialekt; le /esti?>^, S-, le pag ini nach S',76,A.i, le
gotti (Gicht) H, 804,6, ^^ spalli Di,27023, le carti S', 223.23, Ic veni
Di,270, A,2, le tovagli C3,73|q, le tenebri Ug,3g9, tali cosi S^,3272, wo
der Herausgeber cose in den Text setzt.
2. Unverändert bleiben im Plural // omicida F, // ducä ib.
3. Statt nach der 2. ist nach der i. Deklination gebildet mii-
saica D',103, A.^.
4. Übergetreten aus der 3. in die i. Deklination ist la loda
(auch ital.) Pr, Plur. le lode A^, F, latinisierend laude A'; Varia (ar-
tem) Si,i5323, S2,293i(i, dagegen arii (Sing.) S',703 (die Heraus-
geber halten freilich alle 3 Formen für Schreibfehler, obgleich sie
lautlich ganz gut möglich sind). In A^ finden sich nach der i.
leggia (legem), notia (noctem), siirpa (stirpem). Ferner polmona
(scherzhafr) H,762i, mogliera F, 16921 (auch ii3.\.), gengeva C'*,5624 oder
gmgiova M,32i.;, Agnesa D^, S*, S^, S^, A*, B, L, T, Cr, auch .4fi-
gesa D3,l8o26. Aufser als erede oder rede erscheint heredem oft als
reda, eine auch dem Italienischen geläufige Form, Plur. le rede (ge-
neris comunis).
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 5g
b) Zweite Deklination,
1. Hier sind zunächst einige merkwürdige Singulare auf i statt
auf 0 zu erwähnen: el disegjii D ',365.24, el tiratoi S^ (4 mal); el sa-
lari 32,63,5, wobei der Herausgeber bemerkt: „Non crediamo per
errore di penna, ma per volgare pronunzia, invece di Salarto"', doch
daneben oft salaro in S', auch salare S', S^; el hisogni D',386-,
Maccari (Heiliger) S2,253ir„ doch auch Maccaro 82,309,^, tma (sie!)
almari (armarium) A*,g6ni. Über das Suffix arium -ieri cfr. Llr.
pag. 521.
2. Vom Italienischen abweichende Plurale bilden : mano, Plur.
le mano, also invariabel, in S' und Ug,32g3.2, aber auch k mane
S2,2gOi, A3, ZO. Merkwürdig ist der Singular li mano D-,46221.
Ebenso ist invariabel la suoro (sie!) C^, M, D^, D2, S', S^, S'\ A',
L, Ug, Plur. le suoro S', S'*, A', A^, Pr% Ug, daneben kommt auch
das ital. la suora-le suore vor. Endlich gehört noch hierher le stride
C3,gi25 = le strida.
3. Plurale auf a (die schon bei Diez, Gr., II 30 angeführten
lassen wir weg): le cancella S'\ castella C^, ferra7nenta D', granella
Ba, merolla F, scafia M, suola ib., telaja 'SP-, vella ib.
4. Plurale auf ora (ohne die bei Diez, 1. c): le böscora S', F,
büstora M, cdmhiora C*, pegnora D*, S', S^, B, sestora (die 6 Stadt-
teile von Florenz) T,276,5. Neben nomora F,li2i kommt lat. nömina
in C4 vor. Der Plural auf ora von biado ist wieder zu einem Subst.
fem. geworden : la biädora €4,802.
5. Die Substantiva und Adjectiva der 2. und 3. Deklination
(wir führen sie hier alle zusammen aus praktischen Gründen an),
die / oder // in der Penultiraa haben, mouillieren dieses zu /, ganz
einerlei, ob die betreffende Silbe den Ton hat oder nicht. Diese
Erscheinung ist überaus häufig in senesischen Texten. Da-
neben kommen auch einige Plurale mit Ausfall des / vor, vgl. Llr.
pag- 552/53-
a) Wörter auf alle, alo, ale:
aniinagli D2, A2, Pr, bancagh D'*, capitagli C'*, D2, cardcnagli
G, Dl, carnagli S2, A2, cavagli C^, D', D2, N, L, Cr, TR, Pr, Ug,
convenhiagli S-', corporagli L, decrctagli S-', doppiagli S2, eternagli G,
leagli Si, matiovagli D', mcfiovagli D'\ mesagli (messali) ib., moragli
A2, mortagli Ug, nalnragli ib., officiagli oder ufficiagli D', S2, S'\
A*, oragli S^, pagli (pali) ib., principagli A', reagli D', spiritihigli
G, L, stajagll S2, tagliT)\ T)\ S2, S^ k\ Pr, Pr", auch /<;/ D», Di,
St, V, Ba, coiagli C', D«, A2, quagli C\ G, D», D2, D^ S», S2, S», A^,
A^, Pr, auch qnai Di, apostrophiert y«r?' D', D-, vctluragli S', S-,
vitagli S^.
b) Wörter mit der lateinischen Fndung abilis:
abotninevogli v. A2, Glossar sub „GH", amicabigli D-, avonrogli
(*amorabiles) D', bisognevogli D2, onorevogli ib., auch kontrahiert
orevogli D', vener abigli A2,
60 r,. HIRSCH,
c) Wörter auf ello, elo, ele:
agncgli Ug, aliarei^li Ro, hccalegli I)'^, hegli (auch ital.) D', D'-,
Ro, caiujianei^li Ro, candcgli S'', camiegli \\)., capr^li D', S''^, L, Ro,
Pr, Ug, capikgli !)•, 1)^, cappegli Ro, castcgli Ug, colomgli D', D^,
D^, corbegli D'', crivcgli S^, crtidegli Ug, denlaregli Ro, dentegli D',
S^\/edegli D2 und /r/^^// A^ fornegli V>\ frategli G, D', D2, D»,
S'-ä, A''^, A4, C'', L, St, Pr, Ug, auch /ra/«' St, Ro" und /rate St,
C, fusegli D"'^, gaitivegli Pr", gitlategli S^, giubbaregli Pr", granegli
C^, mantegli D', C**, orfanegli D'^, pajinicegli S^, pennegli D', />/ö-
stregli A3, poiiiegli V, Ro" [puntegli Ro"], povaregli C", C, ragni-
tegli (ranatcli) V, auch ramiitegli A-, ramoscegli Ug, randegli Ro",
ribegli D2, sportegli D', D^, tinegli S-, torzegli (torselli) C'*, uc(c)egli
A'*, Ug, vergoncegli D^, vitegli S'^.
d) Wörter auf //?:
z^^/;-/;^// S2, gintigli (gentili) D', j/w^^// A^, sol(t)igli C^ D2.
e) Wörter auf 'ö/ö, (u)ölo:
apösiogli G, D', capitogli D', D'-, A'', diävogli A'^, ßglifnjogli
D', D2, A2, /(/ö^// Pr", miräcogli G, oriuogU D', pergogli TR, /»«rr/-
fö'^'-Zü' S3, pic(c)iogli C4, S2, scheruogli S"^, setajuogli S-\ jö^/?' v. A^,
Glossar sub „Gli", labernäcogli D', zöccogli S^.
f) Wörter auf «//t;, ^/^:
fanciugli G, D', D2, S-', L, «/«i,"// (muH) v. A2, Glossar sub
„Gli"".
6. Übergetreten aus der i. in die 2. resp. nach der 2, statt
nach der i. Deklination gebildet ist // preghiero = /a preghiera S',
// .ra//w = /^ somma C*, // soffisvio oder suffismo S'.
7. Übertritt aus der 3. in die 2. Deklination liegt vor in C///-
//i^«/ö (dementem), auch Chiemiento, siehe Llr. pag. 551, gmaro (ge-
nus) Pr, /ö^/o C' (auch italien.), /«i?J(? (mensem) 02,372,4, moniöno
Ug,2 267, presento (= donum) S^, A', «/ presento AI; testimöno Si ist
vielleicht = iesiimonio statt = testimone. Auf Suffixvertauschung,
*candelorum statt candelarum beruht /« Ciandeloro C^,7i,7, auch /a
(^. y?/rtr/rt rÄ' Ferajo) Candcloro 0^,5 s^, und Cr,i8i]^ oder .S'r7«/<?
Mai-ie Candclorio M,277, also gerade wie franz. chandelcur, doch
auch ..S")?«/« Maria Candelon'a S ',3 11 12.
c) Dritte Deklination.
1. Im Singular enden auf i statt auf f folgende Substantiva:
abitatori P, cagioni D2, S^, lavorenti v. Llr. pag. 520, punitoriV., si-
gnori Sl, S2, tenori P.
2. Umgekehrt lautet der Plural folgender Substantiva auf e
statt auf i\ boce (voci) C^ (über v = b cfr. Llr. pag. 567), capitti-
lazione Y)'^, casone D2, cassazione'$>'^, condatmagiotie ^-, confine A', con-
venzione D^, correzione S^, cröc^ AI, <fö/^ F, falce ib., festivitate S2,
filatrice S^, S2, /««^ D2, ^^«/f Di, mformazione D2, w^j^ S' (doch
oben Sing, w^jö), «?/(5^ Ug, parte S*, 82, S^, D^ [li due parte 82,284,3,
wofür der Hrsg. jedoch le due parte in den Text setzt), patente Ro,
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 6 1
pensione ib., vergene Di, besser als vergme S-. Hierher gehört auch
le lape k^,^\z (wobei der Herausgeber benierkt: Usiiatissimo , in
luogo dt Api), doch daneben auch als Plur. Masc. // a// Ug,i9jy, j^.
3. Nach S-, 250, A.i ist senesischer Plebeismus le torra =
le iorri.
4. Im Gegensatze zum Lateinisch-Italienischen erscheinen ver-
einzelt als Feminina: la fiore C',gii.) und la ordine C',4514.
5. Übergetreten aus der i. in die 3. Deklination ist asle F,
TR, Plur. asti F.
6. Zwischen der i. und 3. Deklination schwankt, wie im Ita-
lienischen, lat. arnia, das im Sing, als a!-ma und arme erscheint ;
zu ersterem gehört der Plur. le arme C^, P, zu letzterem der Plur.
Masc. ^// armi 81,108.173, '^'^'^bif, ^"^^ ^ Beispiele ib. 108, A. 3.
7. Übertritt aus der 2. in die 3. Deklination liegt vor in die
(deum) St,gi235, 100,379. ^^^^^Is.^^ Ro%220,e. Fanfani, Vocobolario
DeirUso Toscano, bemerkt hierüber: „La voce Dio si adultera in
tutte quelle formule desiderative, dove le segne Varticolo rnascolino, che
se ne fa tutta una voce cosi Diel: p. es: Diel vag Ha, Diel sa, Diel
volesse ec. invece che Dio il voglia, Dio il sa ec. (So ist auch
A3, 8710 statt Di' el volesse zu lesen Die 7 vulesse). Allein das erste
und letzte unserer Beispiele zeigen, dafs auch ohne folgendes // der
Übergang von dio zu die eintreten kann.
8. Lat. diem wirft das e der Endung in unserem Dialekte nicht
ab, sondern lautet im Sing, wie im Plur. die. Stellen für die als
Sing.: C, C4, M, D', S', S2, S^, A*, N, B, für die als Plur.: Ci, C\
M, G, P, Dl, SI, S2, A^ N, F. Ganz vereinzelt ist der Plur. dii
8^,3294, wo der Kodex laut Anm. iudii schreibt, i. e. tutti i di. Lat.
pedem lautet im Senesischen im Sing, pie, was sich sehr oft findet,
im Plur./)/«' („Piei: met?ibro del corpo uma?io Sanese" sagt GV), so
Gl, C^ C\ C\ D', D-^ D3, S2, A2, F, L, St, AI, Ro, Pr, Pr% Ug,
BRi; so auch a piei oder apfpjiei C\ D', D2, A2, C«, F, L, AI, Pr,
Pr% Ug, Cr, C^ TR und da piei C\ D', D2, D», Si, S2, S^ A2,
A'i, Ro, Pr. Selten sind in unsern Texten nicht diphthongierte
Formen von pedem, wie Sing. /t' D', a pi D', D-\ Plur. /»tV C'*.
in. Adjektiv.
I. Übergang von geschlechtlosen Adjektiven zu geschlechtigen
liegt vor in com?nunis -MdiSC. Sing, comuno (häutig auch als Sub-
stantiv gebraucht) C^, C«, C", P, D', D2, D^, S'. Di, R, N, II, E",
AI, Cr, Ro, Ro", Pr, IV, auch cumtmo D' (cfr. LIr. pag. 546), Fem.
Sing, comtina C-*, C', Pr", daher auch Adverb comunamenie E'; enor-
mis-Fem. Sing, enorma St,i30|2f, auch inorma ib. A.^; grandis
-Masc. Sing, grando Cr, 202 A (cfr. pag. 62); illustris-Masc.
Sing, ///«j/rö "TR,i4i, A.i; juvenis- Masc. Sing, i^iöi'ano C, C\
C-», D«, A2, F, L, AI, Cr, T. T". \\K\ Pr, Pr", Üg. nicht so gut
62 L. HIRSCH,
giöveno J'"-', '1', Fem. Sing. ^'/Jw«« C, C^, C', A^, AI, J'r, l'r", Ug, ZO,
\'Q\w.V\\i.x. giovane Ug,22|,; mollis-Masc. Sing. wö/Zö S', 270.20.
2. Umgekehrt wird da.s gcschlechtige malus, ital. tnaio, -a, zu
ungeschlechtigem tna/e. Masc. Sing, »/a/f C*, S', A^, Fem. Sing, male
C\ Fem. Plur. tnnlt S',iii|3, 296.21,27.
3. Wie beim Suljstantiv findet sich auch b(;im Adjektiv oft
die F^ndung / statt c und umgekehrt.
a) / statt (' im Sing. ung(!schlechtiger Adjectiva: (/r<^«//S',i 23,^,
(lü'bili (drl)il('m, cfr. Llr. pag. 524) S'^^j^ö,;, lievi Ug,38l,j,, mobili
^',21511, sufßcicnli S',1142, ugiiali Ug,385„.
b) c statt / im Plur. ungeschlechtiger Adjektiva: grande genti
C',97io» grande rcndiie C',ggy, grande grazie C',ll4,j, figure grande
D2,2i42c (Könnte man bei den genannten Beispielen auch an ein
geschlechtiges Adjektiv grando, -a denken (v. pag. 61), so ist dies
doch unnKJglich l^ei) grande danni D',9315; gran cose e abotidevole
t>,29i5, swiile cose S'-,34|, siniile atlinenzie 02,2292:5, lH(t)are simile
D ',29524, let(l)are somiglianie D ',29526, ragioni vive ed efficace Y)'-,
19721, le amabile guance C*,25g, felice lagrime €■'',4923, l<^grime sopra-
bondante Ba,i573, cose immobile S^,2355, innumerabile spese 53,23613;
cose Celeste K',93_r^, 12221 könnte man als regelrechtes Fem. Plur. zu
dem auch im Ital. vorkommenden Celeste ansehen, was jedoch bei
Celeste conviti £',12223 nicht möglich ist; mercanzie tiecessarie e utile
N,i2i,-. Ebenso bei prädikativem Adjektiv: des(s)e sono conferente
D',376e, erano presente A2,5423, 622, 64^, 743. Auch beim Plural
der Pronomina, so le quak ^'^,222^, 22?»,^, 301 12, Ro,378j, qtialle ^e-
schrieben 0^,247 k,, e' quäle = i quali S"'',292iq, quelle cotale cose S^,
3021s, Dagegen halte ich 82,301 ne quak li cuoja = ne' quält le
cuoja mit dem Herausgeber für blofses Versehen des Kopisten.
c) Fem. Plur. geschlechtiger Adjectiva auf i statt auf e:
altri navi N, 101.20, ^^^'''^ possessioni S'',342i, alcuni rotture D^,
22I37, niolte altri condizioni S',29117 (der Herausgeber hält es für
Irrtum), pronti cagioni e possenti Ba,5i4, servati 0 non servati le solle-
7iilä D',164, le due parti saranno acordati D',614.
d) Umgekehrt endigt das Masc. Plur. auf e statt auf /:
altre diece soldi 01,78.24, e' detle uomini S',31820 (vom Heraus-
geber für Irrtum gehalten).
e) Zu bemerken ist auch parecchie anni 0,384 und le nostra
Corpora F,i6g, 17.
Anm. Von den hier angeführten Fällen mit e statt i oder i statt e
im Auslaut mag der eine oder andere auf Schreib- oder Lesefehlern beruhen ;
bei der grofsen Menge der Fälle wird jedoch meist ein wirklich lautlicher
Vorgang zu Grunde liegen. Wir sahen eine solche Vertauschung von aus-
lautendem i und e schon mehrfach in der Lautlehre und weiden sie noch
manchmal beim Verb finden. Sie ist eben dem senesischen Dialekte sehr
geläufig.
4. Merkwürdig sind folgende Fälle, in welchen das Adjektiv
resp. Prädikat nicht mit dem zugehörigen Substantiv übereinstimmt :
altro qualunqjie cose D'.Slg, detto vettiira D-, 11804, ^el detto figure
(sie!) 01,364.28, U7ia Nostro Donna 'D'^,\02,-u, li afiimi nostro 1)^,24^1^
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 63
(vergl. unten sub Pronomen); 6. sono iscrito = sono iscriti IM,33-73,
6. sono posto == sono posti M,4224. Seltsam ist iuitu cose N,g5n.
IV. Adverb.
I. Die von geschlechtlosen Adjectivis auf k oder 7-e gebildeten
Adverbia behalten, was überhaupt im Altitalienischen häufig vor-
kommt, vielfach dieses e bei der Zusammensetzung mit mente bei.
abileinente N, L, agevolemenie C^, malagevolmente S-', carjialemente
ib., comujialemente S'^, S^, concordevolemente S-^, A*, convenevolemente S^,
S^, (di)sconvenevolemente k^, ^'^, estudievolemenie S^, fedelemente D', lea-
lemente D', S', S-, maggioremente S'^, mirabilemente A^, onorevolemente
L, disorrevolernente Cr, persofievolemenie S', presenzialemenle L, ragione-
volemente D', sentenzievolemente S^, simelemente P [oft similemente],
(i)spiäalemenie C^, Pr und spezialejncnte D', S^, ugtialemente S', umele-
metite S-^ [oft umilemeftte], universaleinenle S', utilemente ib., vener abile-
mente E'^, vilemente D', E', volgaremente S-^
Mannigfach sind die Formen für altera -\-inen/e: alirvnenti sehr
oft, so C^, C4, Dl, D2, D3, Si, S3, Ba, allrementi C\ Dl, D-i, S', S2,
S^ A"!, L, B, Ro, a/trtmenle D', D-^, Di E2, Ba, altremente S2, B, F,
L, altramenti D2, Si, S2, altra??iente S2, S-^, Ai, Ba, altromenti C"*,
E', Pr^
3. Zu beachten ist gente/nente C^,^^^= gentihnente.
4. Werden zwei Adverbia auf »/^«/^ durch ,//" verbunden, so
kann beim ersten ;;/^«A' wegbleiben, so in A' und oft in S''.
Eine Eigentümlichkeit des senesischen Dialektes bildet der
Gebrauch von anco statt anzi („vielmehr"), so D',295-, 2979, 29931,
32, Cr, 105 D, TR,402, A.2, häufig in A2, dessen Herausgeber bemerkt:
„Anco. Per anzi: specialissinio ai senesi", ferner in E', E2, Ro% Pr,
Pr". Auch GV erwähnt diese senesische Eigentümlichkeit mit den
Worten : „Anco, in vece di anzi, nst) sempre la Santa (Catcrina da Siena),
e tutti gli Scrittori Sanesi, con Ici"' und führt mehrere Beispiele
dafür an.
V. Präpositionen.
1. Als Präposition(>n gebraucht sind poi („nach") R(),230,,|,
QhQW%o dipoi Ug, 1792 oder dipo' C',63,,, Ug,3672(), 3Ö9|,), dann ris-
conira a Pr,4729, wozu der Herausgeber bemerkt: „Sencsismo, in
camhio di riscoJitro".
2. Ferner ist zu bemerken die Präposition latisso (wie liiii-
ghesso) C',32|,j, 70,-, 84,., und so'=sopra C<,l7is,.2o-
3. Neben und statt infino, insino fnulen sicli folgende Formen :
difino S', 2272(1, C',6o2((, iffinoVi, D2, Ay/w S:',2352,„ 2r.- isfinc '^'-,2.-,b^^,
320^, infuif G,292o, D',bl,62, iiisinc D', 3524, 2,-,, disino S',2l5ß.
64 L. HIRSCH,
VI. Numerale.
a) Kardinale.
dpi (regelmäfsig aus analogisch gebildetem *ö'/7/ = «/«f) D', D'',
S', A', Di, TR, vereinzelt diwi Di,228|;j, 'l'R,4|^, indem /-- durch
lundufs des folgenden / /u it wurde und dann di{)hthongierte.
Andererseits wird aber auch doi durch Vokalhebung zu dui, so
D3, S"^, '1'", Ro ; auch (IV kennt dui. Neben diesen JMjnnen auf
/, die generis comunis sind, findet sich ausschliefslich als Masculinum
auch dua D-', Di, Cr. Auch das rein lateinische duo kommt häufig
vor, so D', D''^, D'*, S^, S'*, A', St, C', Ro", ebenso das gemeinital.
due. Ausschliefslich ZO hat eine elidierte Form du. Der Heraus-
geber von St bemerkt im Glossar sub „Duo": „Ora il conlado senese
dice Dua'' und GV sagt sub „Dui": „/ Fiorentini della plebe dicono
dua". Ganz vereinzelt ist Fem. doue D ',20029, nach Diez (Gr., II 80)
die piemont. Form.
Die Zusammensetzung aviho -}- duo erscheint in mannigfacher
Gestalt; Mascul. amendüni C-', D2, A^, F, TR, amettdüi D^, 187,2,
ambedüni S'^, abedüni geschrieben C-*, amendüno Cr,65 C ; Fem. amen-
di'me D', D^, A*, F, ainedüna D2, 113.24; generis comunis amendüe
D', D2, F, Cr, ambidüe D^, ambedüe D-^, S'^, F etc. Interessant sind
die Formen amendöro TR,5j:, und abendöro TR,!\23y ^^^ augenscheinlich
analogisch nach colöro, costöro etc. gebildet sind.
treje (i. e. Iree -\- Hiatus /, cfr. Llr. pag. 536 und 568) iM,24g;
qua' ^= quatiro D2,325 (vielleicht blofs Abkürzung seitens des Ko-
pisten); se = sei S>*, AI; otta (Schreibfehler?) D-,1414; nuove C^, M,
S', auch nove, also die Unterscheidung zwischen noveni und novae
im Gegensatze zur Schriftsprache nicht gewahrt (vergl. Llr. pag. 542
puoi = posi xxnd. = potes) ; diece C^, C'*, A^, M, E^ sonst dieci, ver-
einzelt dece Si,2i9is und ^/(f^ C\ 1 1 2-23 (z' wohl Umlaut durch c); un-
deci D'', 118,^, St, 11573c, dodeci S^, S^, A', St, duddici A 1,8 14,9, dödisci
D2,3g6,y, doci N,g6,9 (cfr. pag. 562); quatrodici D-,32(j; quindeci D'^,
S3; sedeci A*, diecesetc C4,343, 52ß, dicesseite D^, 19630, diceset(t)e C^,
M, S^, D2; dicidotto (hiatustilgendes d) T*, 52.26; diecenove D', diece-
nuove C-*, dicen(n)ove D'^, V.
vinti V. Llr. pag. 528, selten, aufser in Zusammensetzungen,
vinte, so D"^, 11I12 und vielleicht M,574, - vinte due statt vint'e due.
In M erscheint vinti oft zu vi' abgekürzt; vintiuno D-,14213 ; vinti-
fl'öz' D-,6l26 ■) vinirl M,56g; in vitiqualro T)'^-,^'^^,.^-^, viticinque T)^,2f^2^,
visei 0^,39323 wird das Fehlen des n blofses Versehen des Ko-
pisten sein; vinsetejy^fiq-^^, 1397, vinteseie M, auch viniise'i/e D^ög.^^,
cir. Llr. pag. 537/38; vintiotto D-,25834; vinienove D',2793, M,40i6,
vintonuove M,34,5, vinti e nuove M,352.
quaran' = quaranta St, 18,95; •^^•^'-f^' D". HU "''^ santa M,5 2.25
^::^ sessanta; ottana 0^,3184 ist Schreibfehler.
cinlo D2, 277iQ, 45634, c(i)etto (Schreibfehler?) D', 44, A.'^.,,,
266,., U.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 65
Jugento sehr oft, selten duceiüo, duüe?ilo T)''\\i^.^_; iregento öfter
als trecento, trecietto D^, 141,.
domiglia 01,2963,,, dumiglia CH, D', S^; qiiatromilla D2,2oiiy.
b) Ordinale.
Fem. vintenuoves7na 0-1,399.
VII. Pronomen.
a) Persönliches.
I . Disjunktives.
1 . Person. Sing. Nom. Lat. ^^ö erscheint aufser als /<? oft apo-
kopiert als i\ so Q,\ C3, D2, D3, H, St, C', C\ V, Ba, Ro, Pr,
womit freilich GV nicht übereinstimmt, wo es heifst: „Jo pronome
e siaio sernpre serhato hiiiero da' Sattesi in prosa, e in verso, ma spac-
cato pel mezzo da Fiorenhni." Auch j'io mit prothetischem j (cfr.
Llr. pag. 567) findet sich, so 02,70, 71, 217, 229. — kcc. 7?ie,
auch mee und ?nene, cfr. Llr. pag. 536.
Plur. Neben fioi auch no' C-*, Di, St, A^, dafür ?iui 82,291-.
2. Person. Sing. Nom. Neben tu auch tue, v. Llr. pag. 536,
Acc. ie, auch teiie, v. ib.
Plur. vo' C\ St, C'.
3. Person. Masc. Sing. Nom. neben egh sehr oft elli, wie über-
haupt im Altitalienischen, so C, C», S», S2, ^\ A\ N, F etc., e/i
geschrieben C-*, M, auch e//o C\ D2 oder e/o L, apokopiert et C\
das sehr oft zu e' gekürzt erscheint, so C, C2, C», D', D2, D^, S\
A2, C6, Di, F, L, £2, Pr etc., auch igti 82,2269, itti S', S2; in €•
mehrmals //. Acc. tui wie im Italienischen.
Plur. Nom. Aufser egtino oft ettino C, C^, C\ D», S', S's
F etc., etino geschrieben C^, etti C, C^ S', S», eti in C*, egti S2,
C", ei D3, Si, e' sehr häufig, so C», Di, D2, D3, S', Di, N, F etc.;
et TR,4, . Der Acc. to' (= toro) erscheint als Nom. gebraucht S2,
12O25. — Acc. toro, dafür tore 82,282-;, 285^, 289,3,,-.
Fem. Sing. Nom. etta. Merkwürdig ist der Gebrauch von gti
= etta C",8522, 863, 9O5,,.,. Acc. tiei, charakteristisch für unsere
Mundart, auch giiei, gtie\ cfr. Llr. pag. 523.
Plur. ettejio, auch ette C^. Acc. toro.
2. Konjunktives.
I.Person. Gas. obl. Sing, statt mi (Aicxs mc, so D2, D-', F,
St, Pr'S Ug. Plur. ce D', D2, tie G«, M, Ro, vereinzelt noi M.aS.^j.
2. Person. Gas. obl. Sing, statt // öfters /t, wie D^, G^", St.
Plur. voi G'',3,6, 4n, daraus vd G', Gi, das sich zu ve (ital. vi) ab-
schwächt D2, D3, S^
3. Person. Sing. Masc. Dal. oft //, gti, dafür / S', 2 73.20 und
sehr oft in G'. Zu beachten ist i^gtic dtilo Pr,943, ^^'^^'^i' <-l<^*r Heraus-
geber bemerkt: ,Jdiotismo: gti t' dello'^. Florentinismus ist gilt =
gti in A '.
Zeitsclir. f. roiii. I'liil, IX. :
66 I.. HIRSCH,
Acc. neben h und // oft el, wie C, C^, C^ G, D', D^ D^
S', ^\ S:«ete.; e' C4,82.,o, N,i03.,,, // C',6o,,, F,90,;,,,.
Sing. Fem. Dat. aiilser le auch // C',384, A',5613, ^li mehr-
mals in E2, C', J.
Acc. la wie im Italienischen.
Plur. Dat. Masc. und Fem. lo =^ loro ist ein spezieller .Sene-
sismus und charakteristisch für unsern Dialekt. Kr findet sich un-
zählige Male, so in C, C», O, G, D', D'^, D:«, .S', S"^, .S», A2, A*,
Di, R, N, B, P, L, St, TR, AI, Cr, Ro, Ro", Pr, Pr=', Ug. Auch
GV erwähnt lo' mit den Worten : „Zö' per loro pronome bezzicaio
dalla pronunzia sohl Sanese n^ casi obbliqtii del numero del piiY'. Vor
e wird lo' zu /' apostrophiert D',98g und S-, 1751 7. Dieses verkürzte
Pronomen lo' kann dann ebenso wie die übrigen derartigen Pro-
nominalforraen enklitisch mit dem Verb verbunden werden, was
sich häufig findet. Über cherd = che loro und norrd == non loro
siehe Llr. pag. 551. — Merkwürdig ist der Gebrauch von // als
Dat. Plur. statt loro A',46,4, ,7.
Acc. Masc. // und gli sehr häufig, auch / C, C-*, S', e C-*, S^,
A> = /?■ N,i 17,9, 20 unci S-,26023, wo der Herausgeber sagt: „Le
per li: modo volgare, non infrequente ancor oggt in bocca del popolo."
Acc. Fem. le, aber // F,20i,o.
Das Reflexiv lautet statt si oft se, so C', C^, C^% P, 'D', D-,
D3, Si, S2, S3, A', A2, Ro, Pr», Ug.
Verbindung zweier oder mehrerer konj unktiv. Pronomina
Die auf /' endigenden Formen behalten dieses i oft, auch wenn
ein anderes mit / oder « beginnendes Pronomen damit verbun-
den wird:
;;«■// C'*,49.,,j, rnine D2,40i,3, aber auch niel = melo C, C^, C"*,
D», D3, A2.
Uli wird merkwürdiger \\'eise ohne Unterschied für ital. glielo,
gliela, gh'eli, gliele gehrhucht, so C, O, F, L, M, D"^, A-*, desgleichen
apokopiert // C, C-*, F, L; auch lel =^ glielo Pr*,i93iQ. Ebenso
vertritt glili alle vier Formen, wie Ci, C^, C-«, S^, D^, D», A2, des-
gleichen glilT>\ D2, A2. Ferner gligli = gliele D2,2i3o, gliegli D^
251-27» gl'^a T%23i.,5, lele = gliele 0,5724, = glMo C:«,78,;, 6,323,
lel = glieli h:-,itb.y-, 17915. ^^^ liele JD"^ und lieh ib. drückt //
augenscheinlich den mouillierten Laut / aus.
cel = celo C-*, cie i == celi ib.
vd si C4,ii,,,, i2.,o; ve' (veli) C'*,742i, vik M,293, zi/w^:- M,87,|.,
vel=velo, veli C', CV D', A2.
neli M,70.,, Jtel C^, M, A2; merkwürdig ist griene C^,89.,o.
sine C, M, D', D', S», S2, sineli M, seni (sie!) D3,i02o.j, sili
M, D2, T>\ S', S2, sei Dl, D3, A2.
Idlo CA, SS N, F, Cr, Idl T>\ K\ S>\ L, F, Pr, Idse AK
2. Possessiv.
Beim Possessiv zeigen sich höchst merkwürdige Erscheinungen.
Einzelne Formen sind sowohl Masc. als Fem., sowohl Sing, als
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 67
Plur.; bei andern scheint der Unterschied zwischen Masc. und Fein,
geradezu umgekehrt zu sein.
I.Person. Hiervon sagt der Herausgeber von V, pag. 16A.6:
„La declinaznme di questo pronojiie l jnolto irregolare presso il popolo,
massimametite nelle desinenze. La vocak finale e quasi sempre elisa,
tanio j'nnanzi ad alira vocale, quatiio ad tma coiisonanie. II 7nV omo
-la mV casa-i /«/' Itbri."
Masc. Sing, mie sehr oft in St und C^, dreimal in Ro^
Plur. mei C\ T>\ S», mu (= miei) D', D», St, Pr, mV (pcchi)
ZO,2 79,4, V viia == i viiei J,44525-
Fem. Sing, mie sehr oft in St und C", V,i6|^, Ro, Ro^, so auch
mieffe (meam tidem) C^, Pr», doch auch meffe C-'; vereinzelt mV(p)
D»,i282s und me'(m) D',343,4.
Plur. regelmälsig mie.
2. Person. Masc. Sing, regelrecht tuo, Plur. ttio' (= luoi) St.
Fem. Sing, ttto' StjöS^^^, viermal in C', Ro, 47j2, /«' L, 309.26,
Pr%295-
Plur. W St, Ci,87,., Ro^29I..3, /// Ug,4454.
3. Person. Masc. Sing, oft stio, dafür sti A^, ZO, J, so' D-,8433,
S2,2ioA.i und oft in S^; ferner soio (regelrecht aus j/^//w -|- Hiatus-
tilgendem j) sehr häufig in C^,
Plur. siio' [= suoi) C-*, C', D-, S^, E', St, Cr, Ro ; auch soi
(regelmäfsig aus stii) C-*, M, D', D-, D^, S^, S^, A', A^, apokopiert
so* S3; durch Vokalhebung wurde aus spi dann stii C, S', S^, B,
apokopiert su' ZO,2852i, vereinzelt sue Sf,i28, Var.<^'.
Fem. Sing, stio' D'', S', F, St, Ro-"*, Pr, apokopiert sti ZO, J;
so' S-',905.
Plur. soe (regelrecht nach der Lautlehre aus sitae) S'-,290j,
apokopiert so' Ai,42e, S3,48ie, 5519. Daneben kommt D-,215.,3, jj;,
2164,25 ^^^^ Form suoye vor, worin zu 0 gewordenes /> diphthongiert
hat und j' = hiatustilgendem j ist ; apokopiert giebt dies suoi ' D-,
462,9, hieraus endlich siio' D-, D-', S', C', Ro.
Wir sehen also, dafs in der 2. und 3. Person iuo resp. suo
unterschiedslos als Masc. und Fem., als Sing, und Plur. gebraucht
wird. Gemeinitalienisch ist Iuo und suo nur für das Masi:. Sing.
Für das Masc. Plur, und das Fem. sind diese Formen aber leicht
zu erklären, wenn man dafür auf ioum, soum zurückgeht, also Masc.
Plur. toi, soi, Fem. Sing, toa, soa, Plur. toae, soae. Diese Pronominal-
formen diphthongierten dann und gaben luoi, suoi, *iuoa, *suoa, *tuo(,
*suoe, hieraus durch Elision tuo\ suo' für alle drei Formen. Das
Volk hat später dies nicht mehr verstanden und die verschiedenen
Formen durcheinandergeworfen ; so erklären sich z. P. Fälle wie
/u//e sua spese D2,2o6g, e' sua auiichi A"\85j, de' sua veslimenli C-',2^y
Zu erwähnen ist hier auch el soi cuoja S2,2962, wozu der Heraus-
geber bemerkt : „Cioi, le sue. Cos), ajuor oggi dal volgo : el so' padre,
io' 7tiarilo, e' lo' figli. Ma qui nel Tcsto <' di piii la discordanza di soi
con cuoia." (Allein soi' ist als Apokopc aus soie = suae zu erklären,
cfr. oben). — Übrigens sind die verkürzten Formen w//', mV, tu, su
68 L. HIRSCH,
keineswegs als enklitische Pronomina zu betrachten, sondern haben
den Ton und erscheinen auch mit dem Artikel verbunden.
Über noster und voster ist nichts besonderes zu bemerken ;
über 7iostro als Fem. Sing, und als Masc. Plur. siehe oben pag. 62.
JUoriim-Ioro erscheint bei weitem seltener zu /0' apokopiert, als
beim Personalpronomen ; lu findet sich D'', S-', A-, TR, daneben
lore S-,282-;, 285,-. Auf Dissimilation lj(>rulit // novo = //' loro \)''\
180.,,.
Aufser diesen disjunktiven Formen linden sich auch Spuren
von konjunktiven. Das Altitalienische hatte (Diez, (ir., II 90) mo,
to, so als Masc, ma, ia, sa als Fem. der enklitischen Form. Merk-
würdig ist, dafs in unseren Texten ma und ia unterschiedslos als
männliches wie als weibliches konjunktives Pronomen gebraucht
wird, v,o frälehna M,342, 39,9, A', 16612, cognätoma M,44;, mägliema
C«,295, frätelta C'i,79,,i.
3. Demonstrativ.
Zu ipsum findet sich vereinzelt der Plural issi S'',234,4.
eccum -\- istum = chesto, eccum -\- illwn = chello, beide Pronomina
charakteristisch für unsern Dialekt, cfr. Llr. pag. 563,
Masc. Sing, chesto Q\ M, D^, S', S2, S:\ k\ Ce, C-, L, St, V,
TR, Ro, Ro^
Plur. chesti C\ C", M, S', St.
Fem. Sing, chesia C^ C", M, S', S^, St, V, A3, vor Vokalen
elidiert zu chest^ St.
Plur. eheste Q,\ M, S», S2, A>, C^, V.
Dazu kommen die substantivischen Formen custtii C-*,6,3, costiei
(charakteristisch fürs Senesische, v. Llr. pag. 523), oft mit falscher
latinisierender Graphic constin, cotistoro, cfr. Llr. pag. 555.
ecami -\- te -\- istum erscheint aufser dem ital. cotesto und codesto
auch als chetesto C4,i9^; daraus einerseits durch Apokope Masc.
testo, Fem. testa D', D2, V, C^, A:\ TR, Plur. testi Ro, andererseits
durch Metathesis costetto St, V, und dies apokopiert stetto St.
Masc. Sing. chel(l)o C\ M, D', S', S^, <S\ k\ L, Ro^ chel S',
S2, S3, A', St, V. Merkwürdig ist S2,3ii, der Idiotismus che ge
sia = quegli cid sia. Die neusenesische Form ist qiie?- in ZO.
Plur. chelflji C4, M, S', S2, Ro, Ro«, chegU S^, ^\ chellino S',
23l,y, che' S\ V, Ro.
Fem. Sing. che/f/Ja C\ D«, S', S2, S\ A", St, Ro\
Plur. che/f'/Je S', S^, A', N.
Dazu kommen die substantivischen Formen cu/ui D', S', co/iei
oder cog/iei (cfr. Llr. pag. 523), Plur. co/o' (apokopiert wie lo = Ioro)
S>,i2i,3, 344i0' A",4,4 und als Neutrum chekhe V,2i,^.
4. Interrogativ und Relativ.
chie = chi v. Llr. pag. 536; qiii = chi D2, 18629, ^2, 194, A.^,
202, A.2.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 69
que, qu! = che, chü oft in C^* (ebenso qiie als Konjunktion C*,
M, D', pcrquh C^); qued = che v. LIr. pag, 561. — Dat. cu! = cui
C«, Si.
Einige Male findet sich chi =^ che, C',i 1420, S',257e, 266g (wo
der Herausgeber bemerkt : „Chi per Che non difficüc a trovarsi neue
antiche scrititire''), 82,204^. Das Umgekehrte, che statt chi S',332i
hält der Herausgeber für Irrtum.
5. Allgemeine Pronomina.
chiunche (über die Endung che = que v. Llr. pag. 563) E^, S'
S^', Cr, C, Pr, vereinzelt quiwique 82,194, A.''; chcunche A',ig|4, 2624
Sing, chinche [„Q)ntra/to da chiunque'' sagt der Herausgeber von V
pag. Tf2, A.5) 83, C, C", 8t, V, Plur. chinchi C*». Der Herausgeber
von C^ bemerkt im Glossar: „Chinche e al plur. Chinchi. Chi, Chiunque.
I Vocaholari registrano questa voce cotne antiquata , ma e tuttora in
uso nella plebe e nel contado, non gia solo d'Arezzo, come scrive il Fan-
fani nelVocah. de II' Uso Tose, ma anche in iuiio il senese e nei li'
miirofi paesi della provincia romana. Esempi di questa voce nel nuniero
plurale sono in/requenti.^'
calche = qualche 8t, Glossar sub „Giardino" und sehr oft in V,
calcH (vor d) ¥,285, v. Llr. pag. 552, calcun N,\\-^. Über ca = qua
in diesen Formen cfr. Llr. pag. 563.
quahmche D'^, D-\ 8^, A', R, F, E^, 8t. 8ehr merkwürdig sind
die Stellen qualunqua persona 82,2651-; und cose quahmqui 82,12624,
falls hier keine Schreibfehler vorliegen.
Hier mögen auch erwähnt sein quandunche 8* und quantumhe
D2, 83, A', £2, die sowohl Pronomia als Adverbia sind, cfr. Glossar
zu 83.
Neben ital. ciascuno und ciascheduno finden sich die Formen :
ciascuno, v. Llr. pag. 522, ciascheuno C-*, D', D-*, 8', 82, 8^, A2, A-^,
N, ceschedutto S',1969, chieduno M,28|j,, catauno C-*,52i, 8', 1481,;,.
Interessant ist die Form ciasche = ciascuna 8 ',33422, wo der Her-
ausgeber in der Anm. zweifelt , ob una ausgelassen oder ob es
„franzesismo" sei, aber im Glossar zeigt, dafs es kein Irrtum ist, indem
er noch drei Beispiele aus der „Vita di Cola di Renzo 1624" an-
führt. Ferner igniuno C^,2)Aii wozu der Herausgeber im Glossar
bemerkt: „Igniuno per Aleuno. Alla senese, e frequenic tuttora nella
bocca del popolo; dafür gnuno C^,9324, gmm 8t,2i4;,i, .
nissuno ('2, C'*, C', D', St ist die sencsische Form statt des
auch vorkommenden nessuno. Dafür nisciuno A' oder nesciuno ib.,
cfr. Llr. pag. 55g.
Über niuono D2,i6;,2 vergl. Llr. pag. 548, dafür nuno V,22.^^
mit Ausfall des Hiatus c. Dagegen ist niua 02,277,2 augenschein-
lich blofser Schreibfehler.
Lat. omnem soll streng nach der Lautlehre onnf geben, was
sich auch findet, so P, D2, 82, 'I'R, one geschrieben D',2769. Die
gewöhnlichste Form ist jedoch ogne mit palatalem n (mit der Graphie
ogne, ognie, onnie, onic, ongnic), so C, C^, M, P, D', D2, 1)', 8', 82,
70 L. UIKSCH, LAUr- UNI-) l'OKMIiNLEHKE \)KS UIAIKKTS VON SIKNA.
AI, B, N, F, Ug, (lalicr nuch üf^r/icsan/i M, S', S'^. Andererseits kommen
auch die Formen niil / manchmal vor, so ofifii Si'^, ort/ D', D'*, L,
oft ßuch og/ii. Daneben lindel sich eine, aus dem Altitalienischen
bekannte, besondere l'Vmiin'nform o^ma C',68.,, was nach dem
Herausgeber „pt'/i proprio del dialello cnntaJinesco" ist als ogni fürs
Fem. Aus ogtii wird nun durch Vokalhebung {(>-\-tl = u-\-il, cfr.
Llr.) ugni D'', V, Ro, elidiert ugrü (vor d) V,209, daher auch ugni-
oita C'*,30|;j, worüber der Herausgeber im Glossar sagt: „Ugniotta.
Ogni volta. Voce del conlado senese, aiicora in uso."
Von der Zusammensetzung omnis -\- tmus kommen folgende
Formen vor: onienno C3,6i,.2, 62,, ugnuno D-', Cr, tignun V, Ro, 0^'«/-
tiono Vi (cfr. Llr. pag. 548); ognunche ■== ogni k^,if-.
(Schlufs folgt in einem der nächsten Hefte.)
L. Hirsch.
Noch einmal Dino Compagni.
Zweiter Artikel.
Nachdem ich auf die Übereinstimmung Dino's mit dem ano-
nymen Kommentator der göttlichen Komödie hingewiesen ', nach-
dem dann der Rufer im Streite, Pietro Fanfani, meine Beobachtung
den Itahenern mitgeteilt hatte 2; sah sich Herr del Lungo veranlafst,
in einer eigenen Schrift der Weh zu verkünden, dafs ich und Fan-
fani nichts Anderes, als ihm längst Bekanntes gesagt hätten.^ Die
Verwandtschaft zwischen Dino und Anonimo war das teuerste Ge-
heimnis, welches er selbst still in der Brust bewahrt und unter dem
Siegel tmverbrüchlichen Schzveigens nur ivenigen Eingeweihten anvertraut
hatte ; jetzt war es leider zti früh enthüllt, ja profaniert worden. Diese
Thatsache festzustellen, scheint der einzige Zweck seiner hier nicht
vorhandenen Broschüre zu sein'*, keinesfalls aber richtet sie sich
auf das wissenschaftliche Ziel, die von mir wegen Raum-, Zeit- und
Materialmangels versäumte Aufgabe zu erfüllen ^ nämlich genau zu
untersuchen, welche Art der Verwandtschaft zwischen Dino und
Anonimo bestehe. Die Lücke blieb und sie wurde auch nicht durch
del Lungo's dreibändiges Werk über Dino ausgefüllt ß; fatiche di
' Histor. Ztschr. XXXVIII 186—192.
2 II Borghini III 369—372, IV 24—32.
3 La crilica italiana dinanzi agli stranieri e all' Ilalia nella queslione su
Dino Compagni. Firenze 1877.
* Ich folge dem Referate, welches C. Hegel Über den hislor. Werl der
älteren Dante-Kommentare 94, 95 gegeben hat.
* Vgl. meine aus der Histor. Ztschr. wiederholten Worte in dieser Ztschr.
VII 68 Anm. 4.
0 Dino Compagni e la sua cronica la. 1879, Ib. 1880, II. 1S79. Gegen
die im zweiten Bande befindliche Ausgabe hatte O. Hartwig in der Revue
hist. XVII 65, 66 seine Bedenken ge.äufsert. Darauf hat Herr 1'. Meyer in
der Romania X 631, 632 unter allerlei Schmähungen gegen Hartwig die Ar-
beit Del Lungo's in Schutz genommen. Neuerdings li.it nun H. Brcfslau in
Geiger's Vierteljahrschrift für Kultur und Litteralur der Renaissance I 129—134
die handschriftliche Untersuchung wieder aufgenommen. Sein Ergebnis ist,
dafs alle Bemühungen, die Del Lungo auf die Hersteilung des Textes ver-
wandt habe, für die Wissenscliaß völlig vergeblich waren. Unbegreiflich
aber erscheint ihm, wie P. Meyer es über sich gewinnen konnte, wo er so
durchaus im Unreclit war, O. Hartivig's mafsvolle Kritik mit groJienWorteii
zurückzmveisen. Doch nicht blofs gegen die Ausgabe halle Harlwig seine
72 SCHEFKER-HOICHOKST,
luni>hi anni hat c-r auf Dino verwandt, aber soviel Zt;it hat er nicht
gefunden, (jiner Karch'nalfrag«; im DiTio-Streile die gebührende Auf-
merksamkeit zu \vi<hnitn. Wozu auch? Dem eifrigen liewunderer
Dino's mufstc es ja vornehenun feststehen , dafs sein Chronist die
von ihm erlebten Begebenheiten mit ureigensten Worten erzählte,
dafs derselbe zu einem gemeinen Plagiat viel zu gewissenhaft und
zu geistreich war. Also hatte der Anonimo aus Dino's Chronik
geschöpft ! '
Nach der llbcrcanstiramuiig blieben, wie mir schien, nur die
beiden Möglichkeiten, dafs Dino dem Anonimo folge oder dafs
sich Beide einer gemeinsamen Quelle bedienten.^ Das meine ich
auch jetzt noch in den wenigen Worten, die ich der zu frühen
Enthüllung von del Lungo's teuerstem Geheimnis anhängen konnte,
zur Genüge erwiesen zu haben. Welcher Teil der bezeichneten
Alternative nun hier gelte, — diese Frage zu entscheiden, hielt ich
damals nicht für meine Aufgabe. Bekanntlich ist sie später durch
Tiegel dahin beantwortet worden, dafs eine gemeinsame Vorlage
benutzt sein müsse'': unmöglich kann der Anonimo die drei längeren
Stellen, in denen er mit Dino übereinstimmt, dessen Chronik ent-
nommen haben"*, aber auch Dino schöpfte nicht aus dem Kom-
mentar des Anonimo. Dieses Resultat habe ich dann in dem
ersten der Artikel : Noch einmal Dino Compagni einer Nachprüfung
unterzogen^, und wenn ich nicht irre, hat sich dasselbe bewährt,
Bedenken gerichtet, sondern auch gegen das ganze Werk; und so hatte Herr
Meyer denn die reichste Gelegenheit, in seiner Art drauflos zu poltern : Hart-
wig's Artikel, sagt Gaspary Gesch. d. ital. Lit. I 532, sei von Meyer in blinder
rarteilichkeit unglaublich leichtfertig beurteilt worden.
' Dino Comp. I 708: A noi qui basta sapere , che uno de que' fonti
(delV anonimo) fu la cronica di Dino. Und dabei kennt del Lungo die Unter-
suchung Hegel's! S. 844 freut er sich, dafs derselbe die Ausgabe des ano-
nymen Kommentars gleich ihm verurteile u. s. w. Aber er sagt mit keinem
Worte, wie ganz anders Hegel das Verhältnis Dino's zum Anonimo bestimmt
habe, als er, und zwar in begründender, nicht blofs behauptender Weise.
2 Histor. Ztschr. 188: Entweder hat Dino aus dein Werlse des Anony-
mus geschöpft oder beide haben eine dritte mir unbefsannte Vorlage aus-
geschrieben. — Die Möglichkeit der letzteren Annahme ist einzuräumen.
Danach schien es Hegel a. a. O. 92, ich hätte die Vermutung nahe gelegt,
dafs Dino sich des anonymen Kommentars bedient habe. Auf diesem Satz
Hegel's fufsend erklärten andere Autoren kurz und bündig, nach mir hätte
Dino vom Anonymus abgeschrieben. Vgl. darüber diese Ztschr. VH 73. Die
gleiche Behauptung hat aber auch, wie ich hier nachtrage, Herr P. Meyer mir
untergeschoben. Romania X 630. Auch Meyer hat Hegel's Schrift vor Augen
gehabt, aber auch den schon erwähnten Aufsatz Hartwig's, gegen den er eben
sein Geschütz richtet, und Hartwig sagt nun S. 76, meine Ansicht gehe da-
hin, que le fausseur s'etait servi de ce cottunentaire ou d' une source de
ce commentaire.
3 Hegel a. a. O. lOO — 110.
"* Der Dantekommentator ist, wie ich oben gezeigt habe, blofser Kompi-
lator, der seine Quellen abschreibt, dabei wohl abkürzt, mit anderen kombiniert,
hie und da mifsv er steht, aber nicht in der Weise, wie hier anzunehmen wäre,
umformt. Hegel a. a. O. lOl.
5 Bd. VII, S. 69 ff.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. 73
namentlich auch gegen die inkonsequente Aufsteüung von Siraons-
fcld ', dafs allerdings die eine beim Dino und Anonimo sich findende
Stelle aus gemeinsamer Quelle flofs, die beiden anderen dagegen
recht wohl von Anonimo aus Dino's Chronik entnommen sein
könnten. Bei dem letzten Abschnitte im Kommentar des Anonimo,
der für uns in Betracht kommt, zeigte ich zugleich gegen Hegel,
dafs ein gröfserer Teil desselben, als er geglaubt hatte, der ver-
lorenen Quelle angehörte: Hegel hat hier, wie mir scheint, allzuviel
der allerdings auch benutzten Chronik Villani's zugeschrieben.
Die Art und Weise aber, wie Dino die Quelle benutzte, zeigt uns
namentlich die erste der zwischen ihm und Anonimo bestehenden
Übereinstimmungen. Vieles warf er sozusagen über Bord, zweimal so-
gar das durch den Zusammenhang Bedingte ; Mehreres hat er ferner
ganz willkürlich geändert, ja zu Verkehrtem umgeschrieben. Die
beiden entstellenden Auslassungen sind folgende. Als der wegen
allerlei Vergehen angeklagte Podesta Monfiorito der Folter unter-
lag, — sagt Dino — vamono in discordia., cJn- l" tmo voleva fusse piü
collato, c r altro no. Die sich aufdrängende Frage, wer sich denn
entzweite, findet nicht beim Dino eine Beantwortung 2, sondern erst
beim Anonimo : E faccendolo collare due cittadini, chiamati sopra cük-^
Auf Geheifs des Piero Manzuoli erfolgt eine nochmalige Tortur.
Weshalb erfahren wir die Namen desselben? weshalb genügt nicht
die Bemerkung: Uno di loro il fe' ima allra volta tirar su?
Gewifs wird ein selbständig arbeitender, sich nicht mit be-
liebigen Auszügen begnügender Autor den Mann, welcher die
Wiederholung der Folter anordnete, seinen I-esern gleichsam vor-
gestellt haben, weil er von ihm noch W'eiteres berichten wollte.
Dieser Erwartung entspricht Dino nicht, wohl aber der Anonimo,
von welchem wir gleich darauf vernehmen, wie Manzuolo für seine
Grausamkeit bestraft wurde: der doppelt gefolterte Monfiorito machte
ein Geständnis, das dem Schwiegersohn Manzuolo's, dem Messer
Acciajoli, Verderben bringen sollte; und umsonst suchte Manzuolo
die schriftliche Fixierung zu hintertreiben. Noch mehr. Offenbar
geschah es doch in der Absicht, sich an seinem Peiniger zu
rächen, dafs der Podesta gerade den Messer Acciajoli denunzierte.
Die Frage bleibt beim Dino nur, wie Monfiorito den Urheber seiner
doppelten Folterung, den Manzuolo, im Messer Acciajoli bestrafen
konnte. Dino verschmäht, die n(')tige Aufklärung zu geben : vom
.\nonimo erfahren wir, dafs IManzuolo der Schwiegervater Acciajoli's
war. Was dann die Änderung angeht, so sei etwa an die Uber-
' Histor. Ztschr. XXXXV 163, 168.
'^ Allerdings kann man ein ziemlicli weit voiausychcniles / cittadim l\\
vennono beziehen. Aber dafs nicht die Gcsanithcil der Bürjjei, die dann jje-
meint wäre, bei der Tortur mitzureden hatte, versteht sich von selbst.
^ Von den sechs {gewählten Syndici, wclciic nach den Statuten die Amts-
führung des Podesta zu untersucluMi hatten, leiteten also nur zwei die Tortur.
So Hegel a. a. O. 112 Anm.
74 SCHEFFKK-HOICHORST,
Iragun^^ der dirckUii in die indirekte Rede L-riniicrl ", und Ricliligcs
hat Dino durcli Unrichtiges ersetzt, indem er den I'odestji nicht all-
gemein aus der Mark l'reviso, sondern bestimmt aus Padua kommen-,
indem er aus den I'rozefsakten nicht ein Blatt ausreifsen, sondern eine
Stelle wegradieren läfst,^ Aber auch der Anonimo wird die Vor-
lage nicht ganz wörtlich übernommen haben: wie die dem Villani
entlehnten Stellen zeigen, liebte er zu verkürzen. Das Verhältnis ist
also, dafs in allen thatsächlichen Widersprüchen der Anonimo den
originalen lext darbietet -i, dafs eine verständlichere und durchweg
auch wohl eine vollere Fassung des Wortlautes auf seiner Seite
ebenfalls dem verlorenen Werke entspricht, dafs eine reichere beim
' Freilich, nach del Lunjjo würde der Anonimo sogar an zwei Stellen,
wo seine angebliche Quelle nicht einmal die indirekte Rede hat, die direkte
eingeführt hab?n. I 839 sagt er: ^ /a^. 303— 306; storia del Totila; tes-
tuale dal Villani II\ tuto il lungo capitolo ; poi con uno „scrivesi ancora" aggi-
unge nitre notizie, che con dissomiglianza di forma e di particolari sono pure
nelVillatiill 3. Die Überstimmung besteht aber darin, dafs beide Autoren von
einer Begegnung Attila's mit Leo I. und dem heil. Benedikt erzählen; alles
Übrige ist himmelweit verschieden. Die zwischen Attila und Leo spielende
Scene, wie wir sie beim Anonimo lesen, geht in letzter Reihe auf Paul. Diac.
Hist. Rom. XIII 12 zurück; das Ganze wird aber einer ausgeschmückten
Geschichte Attila's entnommen sein. Eine mir leider nicht vorliegende ist
uns in einer Fassung von 1421 erhalten. Vergleiche auch Jac. a Voragine
Leg. aur. c. 88 ed. Graesse 368 und Baronius Annal. eccl. ad 452 § 57, 58,
Ich kann nur sagen, dafs Anonimo die aus Villani entlehnten Erzählungen,
soweit ich nachgeprüft habe, nicht in der Weise umgestaltet hat, wie er
hier gethan hätte. Zusätze hat er zu Villani hinzugefügt, aber dieselben
sind von ganz anderer Beschaffenheit, und die Änderungen, welche er an
Villani's Text vorgenommen hat, lassen sich mit denen, wodurch er die
Darstellung Dino's erweitert haben würde, nicht von Ferne vergleichen: mit
Bezug auf Villani fand ich keine Übertragung der indirekten in die direkte
Rede, keine Einschiebung von Sätzen, die den Zusammenhang erst recht ver-
ständlich machen, keine Berichtigung von Irrtümern, wie hier betreffs der
Herkunft des Podestä und der Art der Aktenfälschung, keine Ergänzung einer
für den Zusammenhang so gleichgültigen Thatsache, wie die, dafs Manzuolo
Banquier gewesen sei. Im Übrigen würde auch noch mannigfach zu erwägen
sein, ob Anonimo überall gerade dem Villani folge, ob nicht dessen jewei-
liger Quelle.
2 — alla signoria di messer Monfiorito da Trevigi. Simone della Tosa
ap. Manni Chronichette 156, 157. — entrö per podestä uno da Trevigi della
Marca, ch' ebbe nome messer Monfiorito da Coderta. Paolino Pieri ed. Adami
63, 64. Die urkundliche Bestätigung geben Dokumente bei Ghirardacci Della
hist. di Bologna 367, 370, 375 und Verci Marca Trivig. IX 6.
3 — quae quidem acta — malo modo et ordine subtracta et incisa vel
exportata fuerint de libro ipsorum actorum. Del Lungo II 80 Anm. 13.
* Da wir urkundlich nachweisen können, dafs Dino zweimal Unrichtiges
an Stelle des Richtigen gesetzt hat, so glaube ich behaupten zu dürfen, dafs
er auch das dritte Mal, wo er mit Anonimo in Widerspruch tritt, willkürlich
geändert hat. Nach Dino hätte nämlich der Podestä ein falches Zeugnis ent-
gegengenommen, nach dem Anonimo wäre es von ihm selbst ausgegangen.
Freilich behauptet hier Del Lungo I 710 Anm. i, dafs Anonimo den doch
an dieser Stelle ganz unzweideutigen Text Dino's nicht richtig verstanden habe.
Das ist mir leider nicht klar geworden. Die beiden anderen Abweichungen,
in denen der Anonimo sich urkundlich bewährt hat, dann auch die zwei An-
gaben des Anonimo, wodurch die ganze Erzählung erst recht verständlich
NOCH EINMAL TJINO COMPAGNI.
75
Dino sich findende Erzählung aber möglicher Weise auch die ur-
sprünglichere wäre.' Unter diesem Gesichtspunkte wird es sich
empfehlen, eben die erste der drei Übereinstimmungen zu wieder-
holen. Die Widersprüche soll kursiver Druck bezeichnen ; was der
Eine sachlich oder formell vor dem Anderen voraus hat, werde
ich sperren lassen.
Anonimo II 206 — 207.
Nel 1295, doppo la cacciata di Gian
da la Bella, essendo Firenze in
male stato, fu chiamato rettore in
Firenze, a petizione di quelli
che reggevono, uno povero gen-
tile uomo, chiamato messet Monfiorito
della Marca Travigiana. II quäle
prese la forme della terra et assolvea
et condennava senza ragione, et pales-
emente per lui et sua famiglia si ven-
dea la giustizia. Nol sostennono i
cittadini, etnon compiuto l'uf-
ficio*, presono lui et due suoi fami-
gli, et lui missono alla colla; et per
sua confessione si seppono cose, che
a molti cittadini ne segui grande in-
famia. Et faccendolo collare
due cittadini, chiamati sopra
a ciö, r uno dicea: ,,Basta",
l'altro dicea: „No". Piero Man-
zuoli, cambiator e.chiamato sopra ciö,
disse: „Dägli ancora uno crollo."
E' 1 cavalieri, ch'era in sulla,
colla, disse: „lo rende' \\.\vo tes-
timonio falso a messer Nieco-
la Acciaiuoli, il quäle non con-
dennai." Non volea il Man-
zuolo, che quella confessione
fosse scritta, perü che messer
Niecola erasuo gener o; l'altro
pure volle; et scrissesi. Et saputo
messer Niecola questo fatto, ebbe si
gran paura, che '1 fatto non si pale-
Dino I 19.
I pessimi cittadini per loro
sicurtä chiamorono per loro po-
destä messer Monfiorito da Padova,
povero gentile uomo, acciö che
come tiranno punisse efacesse
della ragione torto edel torto
ragione, come a loro paresse.
II quäle prestamente intese la
volontä loro e quella segui,
che assolveva e condannava sanza ra-
gione, come a loro parea; etan-
ta baldanza prese, che palese-
mente lui e la sua famiglia vendeano
la giustizia, e non ne schifavano
prezzo per piccolo o grande
che fusse. E venne in tanto
ab o mini o, che i cittadini nol pote-
rono sostenere, e feciono pigliare lui
e dua sua famigli, e fecciono collare;
e per sua confessione seppono delle
cose , che a molti cittadini ne segui
vergogna assai con assai peri-
colo; e venonno in discordia, che
r uno voleva fosse piü coUato e l'altro
no. Uno di loro, che avea nome
Piero Manzuolo, il fe' una altra volta
tirar su. II perche confesso , avcr
riceuta una testimonianza falsa per
messer Niccolo Acciaioli. II perche
nol condannö. E funne fatto nola.
Sentendolo messer Niecola, ebbe pau-
ra, non si palesasse piü ; ebbene con-
siglio con messer Baldo Aguglioni,
wird, erklärt del Lungo durch il suo molto essersi addonlralo nclla notiu'a di
queW ciä e storia fiorentina. Dasselbe gilt von dem Versuch Man/.uolo's, die
schriftliche Fixierung der Aussage zu hintertreiben, dessen Gewerbe und An-
derem.
' Dabei beachte man jedoch : wenn Anonimo vom qutidt-rno degli atti
redet , während Dino nur gli atti sagt , so erläutert er eben den Vers der
Hölle Ch' era sicuro il qiuidcrno.
^ — r uticio degli altri non era conipiuto. Dino II 3.
76 SCHEFHiR-KOICUOKSI,
sasse, tli' cf^li su ne coiisij^liu ton ^jiutiicc saj^acissiuio c suo avocato.
inesscr IJiildo Aj^Uf^lioru', iiessinio f^iu- II i|ualc die modo averc }^li alli dal
dice, Ghibcllino aiilico. Chic- nolaio per vedcrli, c ra^ene quclla
sono il quaderno degli atti al nolaio parte, venia contro a messcr Niecola,
et cbborlo, et il foglio dov'cra il E dubilando il notaio degli alli avea
nuto di messer Niecola, trassono dcl prcslati, sc erano toechi, trovö il raao
quaderno. E palesandosi per lo no- fatto. Accus(jli. Eu preso messer
laic) dcl foj^lio, ch'era //a/.ö, fu con- Niecola e condannato in lirc 3000.
sigliato, che si cercasse, dichi Messer Baldo si fuggi , ma fu con-
l'avea falto. Onde il podcstä', dannato in lire 2000 e confinato per
non palesand o nicnte, prcse nies- uno anno,
ser Niecola , et messer Baldo fuggi.
Ell condennato messer Niecola in
libre 3000 et messer Baldo in libre
2000 et a' confini fuori della cittJi
et dcl contado per uno anno."'^
Diese Gegenüberstellung, die zugleich noch einmal veranschau-
lichen soll, dafs der Anonimo unmöglich aus der Chronik seine
richtigere, verständlichere, belebtere Erzählung genommen haben
kann, ist für mich vollgültiger Beweis, bis zu welchem Grade Dino
seine Quelle verstümmelt und verschlechtert hat. Aber andererseits
steht, wie gesagt, auch nichts der Annahme im Wege, dafs er an
einzelnen Stellen deren Wortlaut genauer wiedergegeben habe, als
Anonimo. Danach würde erst eine Verbindung der oben ver-
glichenen Berichte dem Texte der Quelle nahekommen.
P^s bleibt die Frage, ob Dino, wie auch der Anonimo, sich des
Werkes unseres noch unbekannten Autors häufiger bedienten, als
1 Nämlich der zweite Nachfolger des Monfiorito, Ugolino da Coreggia.
- Dafs diese Erzählung nicht eine freie Komposition auf Grundlage der
gegenüberstehenden ist, werden die Meisten wohl zugeben. Wenn man nicht
für beide eine gemeinsame Quelle annehmen will, wenn der Anonimo durch-
aus Benutzer der Chronik sein soll, dann bleibt nur das eine Auskunftmittel,
dafs er neben der Chronik noch eine zweite Quelle verwertet habe. Das ist
eine flüchtige Vermutung Gaspary's Gesch. d. ital. Lit. I 532. Er stützt sich
dabei auf die Thatsache, dafs der Anonimo an einer späteren Stelle wirklich
zwei Überlieferungen verarbeitete. Nur ist hier das Verhältnis, dafs eine der-
selben uns vorliegt , nämlich die Chronik Villani's , während auf die andere
der Vergleich mit Dino führt. Gaspary dagegen mufs neben Dino's Chronik
eine gänzlich unbekannte Quelle annehmen, die uns keineswegs durch irgend-
welchen Vergleich gesichert, deren ehemalige Existenz vielmehr ohne weitere
Anhaltspunkte vorausgesetzt wird; und dieselbe wäre, soweit ich wenigstens
sehe, nur in Verbindung mit Sätzen aus Dino's Chronik gebracht. Vollends
wird Gaspary's Vermutung oder — ich mufs vielmehr sagen — Erwägung
einer Möglichkeit dadurch hinfällig, dafs Dino's Erzählung, wie ich im Texte
zeigte, sich ja deutlich genug selbst als Auszug verrät. Und welches für einen
mittelalterlichen Autor unerhörte Geschick würde es voraussetzen, dafs er
seine im Allgemeinen befolgte Grundlage , die Chronik Dino's , gerade auch
an den beiden Stellen , wo sie verkehrte Angaben enthielt , bei Seite legte,
dafs er also nicht mit Dino den Podestä bestimmt aus Padua, sondern mit
Hilfe' seiner anderen, uns unbekannten Quelle allgemein aus der Mark Tre-
viso kommen liefs, dafs er nicht von einer Radierung der fatalen Stelle, son-
dern von gänzlicher Entfernung des verderblichen Blattes redete!
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI, 77
in den übereinstimmenden Abschnitten, ob das eine Mal nur Dino,
das andere Mal nur Anonimo ihm gefolgt sei.
Was Anonimo betrifft, so kennen wir den sonstigen Apparat,
mit welchem er arbeitete, und demnach schrieb er weiter keine
Zeile, die man noch mit einiger Wahrscheinlichkeit auf seine und
Dino's Vorlage zurückführen könnte, i Wie aber Dino, dessen Hilfs-
mittel uns weniger bekannt sind? Die Antwort wird meines Er-
achtens eine Vergleichung des Sprachgebrauches geben können.
Wenn nämlich in den drei Stellen, wofür die gemeinsame Vorlage
zweifellos ist, gewisse Wortverbindungen wiederkehren; wenn die-
selben Wortverbindungen auch in Teilen der Chronik, für welche
der Vergleich des anonymen Kommentars fehlt, immer aufs Neue
erscheinen, so liegt der Schlufs nahe, hier schöpfe Dino nicht
minder aus jenem Werke, dem er und der Anonimo die überein-
stimmenden Sätze entnahmen. Und wenigstens eine Wendung
der bezeichneten Art läfst sich nachweisen. Man vergleiche:
Anonimo II 206. Dino I 19.
— e per sua confessione si seppono — e per sua confessione seppono delle
cose, che a molti cittadini ne se- cose, che a molti cittadini ne
gui grande infamia. segui vergogna assai.
Anonimo II 327. Dino II 18, 23.2
— entrato messer Corso in Firenze, Entrato messer Corso in Firenze, —
corsono la terra et ru])pono le pri- prese le case de' Corbizzi da san
gioni et cacciarono molti cittadini Pierro e posevi su le sue bandiere e
ruppe le prigioni — e nelle crudeli
opere regnando, cacciarono molti
cittadini.
' Nach del Limgo I 717 hätte Anonimo noch drei andere Stellen aus
Dino's Chronik geschöpft; wir würden bis auf Weiteres sagen: aus derselben
Quelle, wie Dino. Nämlich 11132-; nennt der Anonimo die Stadt Florenz
porta niastra Ji Tosca?ia, und nach Dino III 35 gilt dem Kaiser die Stadt
Pisa als Jiritta porta {di Toscana). Dann erzählt der Anonimo III 326 die
Schwarzen hätten den Papst um Hilfe gebeten, brachte er dieselbe nicht, si
potea dire parte di ecdesia morta in Toscana; Gleiches erzählt Dino, nur nicht
in der Form der Bedingung, sondern der Begründung, dann nicht in Aus-
dehnung auf Toskana, sondern in Beschränkung auf Florenz, endlich mit ganz
anderen Worten. Eine beaclitenswertere Übereinstimmung besteht allein an
dritter Stelle. Nach dem Anonimo hat die Ankunft Kark von Valois zur
Folge gehabt, A&k quegli niezzani, chereggeano.perdettero lo vigore, und
nach Dino II 9 la gente commune per de il vigore. Aber das Subjekt ist
hier und dort nicht ganz dasselbe, und die nicht eben sehr weitgeliende Über-
einstimmung kann ebenso zufällig sein, wie wenn Dino II 13 uml ViUani VIII
49 in demselben Zusammenhange sagen: fe arniare sua gente, fece arniare
la sua gente. Kndlicli folgt der Anonimo an allen ibci Stellen dem Kom-
mentar des Jacopo della Lana , der Nichts mit Dino gemein hat. Freilich,
nach del Lungu hätte das ursprüngliche, vom .anonimo benutzte Werk
della Lana's die in Rede stehenden Sätze nicht enthalten. Doch für diese
Aufstellung fehlt annoch der Reweis.
* Auf diese Übereinstimmung hatte ich in der Jlist. /tschr. 1877 nicht
hingewiesen; auch del Lungo hat sie drei Jahre später noch nicht hervor-
gehoben.
78 P. SCHEFFER-HOICHORST,
Anonimo II 326. Dino II 25.
(Messer Carlo) cacciö di Firenze e die (Messer Carlo) avendo fatli richiedere
banno a molli cittadini. niolti citladini, — sbandi e con-
fmö etc.
Die (Indinalige Wiederkehr von moili cilladiiii in so wenigen
Übereinstimmungen läfst wohl keinen Zweifel, dafs der Verfasser
des gemeinsam benutzten Werkes gerade für diese Verbindung eine
besondere Vorliebe hatte •; und es wäre nun die Aufgabe, auch für
die Teile der Dino'schen Chronik, in denen sich dieselbe nicht
mit dem Kommentar berührt, eine Häufung desselben Ausdruckes
nachzuweisen. Das Ergebnis mufs überraschen. I 20 S. 87 E molti
ciltadint iirarono da loro etc.; I 20 S. 88 Essendo jnolti citladhii uno
giorno etc.; I 25 S. 121 confino vioUi citladini etc.; II 13 S. 173 Afo/ti
cittadini si dolsono di noi etc.; II 30 S. 239 fece richiedere molti citta-
dini etc.; II 35 S. 253 vi fu in persona con molti cittadini etc.; III 4
S. 271 trova?ido i cittadini molti divisi etc.; III 7 S. 284 quell i di casa
sua con 7Uolti cittadini eic; III 8 S. 288 Molti cittadini temendo il fuoco
etc.; III 1 1 S. 303 molti cittadini mutorono lingua etc.; III 39 S. 418 con
disgrazia di violti cittadini etc. Es bedeutet natürlich dasselbe, ob auch
ein huoni oder ein altri zwischengeschoben ist. I 11 S. 46 Onde molti
buoni cittadini etc.; I 25 S. 1 19 ^ cosi inolti altri cittadini etc.; II 8 S. 153
dl raunare molti buoni cittadini qX.c:, II 26 S. 223 ^a molti altri cittadini
e contadini. Die drei auch beim Anonimo sich findenden molti
cittadini hinzugenommen, kehrt der Ausdruck nicht weniger als acht-
zehnmal wieder. Überhaupt ist die Vorliebe für molto ganz auf-
fallend : den 7nolti cittadini stellen sich die so verwandten molti po-
polani zur Seite, I 7 S. 31; I 10 S. 43; I 22 S. 108; II 12 S. 170;
II 19 S. 195; III 2 S. 264; III 3 S. 268, In den zwölf Zeilen, die
der Text S. 197 einnimmt, liest man sechsmal jnolti, motte, molto;
und um auch noch einmal den Anonimo heranzuziehen, so finden
wir in der letzten seiner zumeist mit Dino übereinstimmenden
Stellen : con molta umilitä , molti dicitori si levorono , doppo motte im-
promisse.
Ich bin nun weit entfernt, jedes vereinzelte molto als Hinweis
auf die gemeinsame Quelle zu betrachten, nur in dessen Häufung,
dann in der wiederkehrenden Verbindung molti cittadini erblicke ich
ein Mittel, Bestandteile des von Dino und Anonimo benutzten Werkes
erkennen zu können. Wenn aber dieses Kriterium zutrifft, dann
sind unzwcifelhat auch noch viele andere, als blofs die durch molti
citt(idini gekennzeichneten Abschnitte nicht das Eigentum dessen,
der die uns vorliegende Chronik Dino's verfafst hat, denn selbstver-
ständlich hat Dino nicht blofs Sätze mit molti cittadini der gemeinsame
Quelle entlehnt; ja, wie die als fremdes Eigentum erkennbaren
Berichte durch seine ganze Chronik verteilt sind, wird man wohl
* Nur einmal las ich piii cittadini I 21 und assai di buoni cittadini III
28, niemals fand ich molti Fiorentini oder das doch echt trecenlistische : di
cittadini in grande qitantitä.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. 7Q
annehmen dürfen, dafs dieselbe durchweg auf der Vorlage beruht,
die an nur drei Stellen auch der Anonimo benutzte.
War nun etwa das verlorene Werk die echte Chronik des
wahren Dino ? Ist uns heute nur ein verunstalteter Auszug derselben
erhalten ?
Was die erste Frage betrift't, so kommen zunächst zwei Stellen
in Betracht. II 8 S. 153 heifst es: Pensai, per lo tifficio, che io tenea,
e per la buona voloniä, che io seniivo ne luei compagiii, di ratinare
molti buoni cittadini nella chiesa di san Giovaimi. II 13 S. 173 liest
man: Molii ci Itadini st dolsofio di noi per quella andata, parendo
loro, che aiidassitio al martirio. Also die molti cittadini, die uns ein
Kriterium für die gemeinsame Quelle waren, finden sich in zwei
Sätzen, in denen Dino von sich selbst redet', d. h. doch wohl eben
diese gemeinsame Quelle, die sich in den molti cittadini verrät, ist
das Werk des echten Dino.^
Allerdings bliebe ja die Ausflucht, Jemand habe hier in eine
echte Vorlage fälschender Weise die Person Dino's eingeführt ; aber
dafs thatsächlich in der uns vorliegenden Chronik Bestandteile einer
echten Chronik Dino's enthalten sind, beweist eine andere Stelle,
wenn wir dieselbe, wie zuerst von Th, Wüstenfeld geschah, mit
einer damals noch ungedruckten Urkunde in Verbindung setzen.^'
Zum Jahre 1301 heifst es II 10: Io domandai 7nesser Andrea da Cer-
reto, savio legis ta, d' antico ghibellirio fatto Giielfo nero, se fare si po-
teva ufficio ntiovo, sanza offendere gli ordini della Giustizia. Rispose,
che non si potea fare. E io, che n era stato accusato e aposlomi,
che io avevo offesi quelli ordini, proposimi, osservarli e non hi-
sciare fare /' ufficio contro alle leggi. Eben diese so gelegentliche
Notiz, dafs der Verfasser einmal wegen Übertretung der Ordina-
menta justitiae angeklagt war, bestätigt die von Wüstenfeld ge-
fundene Urkunde. Und man wird doch nicht annehmen können,
dafs es ein Fälscher gewesen sei, der auf eine Gerichtsverhandlung,
worin der angebliche Autor verwickelt war, so kurz und leicht,
förmlich nur im Vorbeigehen , und dann im Zusammenhange viel
späterer Ereignisse angespielt hätte.
Danach hat es eine echte Chronik des wahren Dino gegeben ■•,
dafs dieselbe uns nur im Auszuge, in einer Verstümmelung vorliegt,
• Vj;l. auch II 12: E 7iella capella di san Bernardo fii io — e ebbivi
violti popolani.
■■* Wenn ich in dieser Zeitschrift VII 92 einen Absatz begann : Allfs zit-
saminengenommen : die neue Quelle hat für den Be^veis, da/s Dino's Chronik
keine Fälschung, dafs sie höchstens durch einen willkürlichen Redaktor Ter-
unstaltet sei, nicht den geringsten Wert, so bezogen sich meine Woilc, wie
der Schlufs desselben Abschnittes lelirt, auf die veifehltcn Deduktionen Hegel's.
Dafs diese fiir seine 'l'hese oline jeden Belang sind, uiiifs icii auch lieute muh
behaupten. Erst die Beweisfüiirung, die icli im Te\te versuchte, gicbt der
neuen Quelle in meinen Augen die weittragendste Bedeutung.
^ Gott. Gel. Anz. 1875 S. 1577. Der vollere Text bei del l.uugo Do-
cumenti p. XLII.
* Auf der rechten Spur scheint Sinionsfeld gewesen zu sein. In der llist.
Ztsehr. XL\' 170 trug er: Soll die geineins.iiue (Juelle dei vorliegenden Chronik
8o P. SCHRFFER-I50ICH0RST,
scheint mir der Vergleich mit einem längeren Abschnitte, den der
Anoiiimo ihr entnahm, zur Genüge dargethan zu haben: derartige
Verunstaltungen werden nicht l)lors die eine Stelle l)etrofl"en haben,
sondern viele. Allerdings, die beiden anderen Berichte, in denen
der heutige Dino mit dem Anonimo übereinkommt, zeigen viel
weniger Abweichungen, aber doch immerhin einige, und zwar
einige von solcher Beschaffenheit, dafs der Text des Anonimo offen-
bar den originaleren Wortlaut bietet. i So wird man nur schliefsen
können, die Verkürzungen oder Verunstaltungen seien nicht immer
mit gleicher Energie vorgenommen worden. Aber sie haben sicher
das ganze Werk betroffen.
Ehe ich weiter gehe, verweile ich einen Augenblick bei einem
anderen Werke: es ist die Frage, ob dasselbe für unseren Beweis,
dafs in der vorliegenden Chronik Auslassungen und Änderungen
vorgenommen sind, weiteres Material li'=;fern könne.
Paolo Mini hat sich der Chronik Dino's mehr als einmal be-
dient, namentlich in seinen Avvertimenti e digressioni sopra '1 dis-
corso: Della nobilita di Firenze e de' Fiorentini.2 Deren Vorrede
schrieb er im Juni 1594, und mochte damals auch die Chronik
Dino's schon vor einem Jahrhundert die heutige Fassung erhalten
haben, — wenn ich nicht irre, hat dem Mini doch der ursprüng-
liche Text noch vorgelegen.^ Um an eine schon oben besprochene
und des anynomen Dantekommentars eine umfassendere , vielleicht gar die
unverfälschte Chronik Dinars sein P
1 Vergl. S. 75 des ersten Artikels. Zu der dort gemachten Bemerkung,
dals Anonimo die Herrschergelüste Corso Donati's mit dem argen Hohne be-
gründe : credendosi pih aver operato il male nelP acquistare la terra per
forza, während unser Dino recht matt erklärt: parendoli avere fatta piu
Opera nel riacquistare la terra, — zu dieser Bemerkung will ich hier hin-
zufügen, dafs doch auch in der Chronik, wie sie vorliegt, der gleiche Gedanke
sich findet, nur an anderer Stelle. I 20 nennt derselbe Corso Donati einen
seiner Gegner /' asino di Porta, denn nach Dino war dieser Gegner unter
Anderem auch di poca malizia. Darin liegt, wie ich denke, keine übele
Bestätigung für die Lesart des Anonimo: piu aiJer operato il male. Dino
hat offenbar zweimal aus der Seele Corso Donati's heraus, nur mit verschie-
dener Beziehung, dieselbe Ironie angewandt.
2 Vgl. Del Lungo I 757 Anm. 4.
3 Nach Wüstenfeld a. a. O. 1548 würde der Fälscher oder auch nur
Interpolator sicher das Original vernichtet haben, um unentdeckt zu bleiben.
Diesen Satz auf Mini angewandt, konnte er nur die uns vorliegende Fassung
der Chronik benutzen , denn zu seiner Zeit war dieselbe vorhanden. Aber
wer giebt uns denn die Gewifsheit, dafs Fälschung oder Interpolation durch-
aus am Original verübt sein müssen ? Indefs es sei der Fall, das Original sei
dann auch vernichtet worden , — konnten zur Zeit nicht schon Abschriften
desselben genommen sein, konnte dem Mini nicht eine solche vorliegen. Be-
kanntlich ist das Werk der Malespini eine Verfälschung der Chronik Villani's,
und dennoch ist uns von dieser, wenn nicht das Autograph, so doch die origi-
nale Fassung erhalten. ■ — Vielleicht wendet Jemand noch ein, dafs Mini 26'
schreibe: 7ion ottenendo eglino cosa alcu7ia, dafs es dagegen in allen erhaltenen
Handschriften der Chronik III 32 heifse : cosa (che) volessono, dafs nur A mit
Mini übereinstimme. Also sei A seine Quelle, d. h. die vorliegende Fassung
NOCH EINMAL DI NO COMP AGNI. öl
Stelle anzuknüpfen, so erkannten wir im Vergleiche mit dem Anonimo,
dals nach dem wahren Dino der böse Podesta Monfiorito aus der Mark
Treviso stammte, während derselbe in der Chronik, wie wir sie be-
sitzen, ein Paduaner ist. I 1 9 lesen wir : / pessimi citladini chiuma-
rono per loro podesta messer Monfiorito da Padova, — accid che
come tiranno punisse; — che assolveva e condatmava sanza ragione,
co7ne a loro parea ; nach Mini S. 10 dagegen ist eine erste Folge
der Zwietracht zwischen Adel und Bürgertum; che 'l popolo Fioreti-
tino dette la haVia libera, di condattnare e assolvere i delinqiienti, a tm
Marchigiano chiamäio Alonfiorito.^ Wie wir aber noch sehen
werden, ist es keineswegs das einzige Mal, dafs in der vorliegenden
Chronik die Namen geändert wurden; und unter diesem Gesichts-
punkte vergleiche man nun die Erzählung einer Gewaltthat, die Carl
von Valois und die Seinen an einem reichen Florentiner begingen.
Dino II 20. Mini 50', 51.
Era in Firenze uno ricco popolano Elleno lecero atti barbarissimi, come
— Rinuccio di Senno Rinuc- esempi gratia fu quello, che le fecero
ci^, il quäle avea molto onorato mes- a quel Sennuccio del Bene.^ —
ser Carlo a uno suo bei luogo, quando Fü egli farlo prigione e taglieggiarlo
andava a uccellare con suoi baroni. in 4000 lire, contutto che il sudetto —
II quäle fece pigliare di taglia 4000 havesse accolto e banchetlato regia-
fiorini e lo manderebbe preso in Pug- mente Carlo piii di una fiata in una
lia. * sua villa — , quando egli andava a
caccia col falcone, della quäle egli si
dilettava estremamente.
Aufser diesen beiden Berichten haben wir kein Zeugnis für die
unsaubere Geschichte, und es ist nicht abzusehen, woher Mini die-
selbe entnommen haben sollte, wenn nicht aus Dino's Chronik.
Zeigte uns aber die vorausgehende Vergleichung, dafs er sie in
der ursprünglichen Fassung, wonach der Podesta. noch kein Paduaner
war, vor Augen hatte, so wird er auch hier nicht der Überarbeitung
gefolgt sein; und wenn man nun nicht annehmen will, Mini habe
in ähnlich willkürlicher Weise geändert, wie ein anderes Mal der
Bearbeiter der Dino'schen Chronik, dann ist der Sennuccio del Bene
ebenso wenig an die Stelle des Rinuccio di Senno Rinucci gesetzt,
der Chronik! Die Wiederlegung giebt ein Vergleich von Mini 51 mit Dino II 20.
Alle Handschriften haben : quando andava a uccellare con suoi baroni, nur A
ist über diese Zeitbestimmung hinweggegangen, und doch schreibt Mini : quan-
do egli andava a caccia col falcone.
* dette la balia libera hat Mini sich aus accib che come tiranno punisse
zurecht gemacht, wie er denn überhaupt seine Vorlagen sehr frei wiedcrgiebt.
Der in come a loro parea liegende Gedanke, woilurch bal'ia libera, so wesent-
lich beschränkt wurde, hatte für Mini kein Interesse ; übrigens liefs auch Ano-
nimo die Worte bei Seite.
* Einen Senno Rinucci, aber nicht einen Rinuccio di Senno Rinucci,
hat del Lungo II 199 Anm. 18 für die J.ihre 1274 — 1302 nachgewiesen.
* Sennuccio di Benuccio di Senno del Bene erscheint 131 1 unter den
Anhängern Heinrichs VII. Delizie XI 86.
Zeitsuhr. f. roui. Phil. X. 6
82 P. .SCMRI'I'KK-liDICHORST,
als der Moniiorito aus der Mark den Monfifjrito aus l'adua ab-
g(t\öst hat.
Noch in einer zwcileii Kichluujj; hat uns der Vergleich mit
dem Anonimo (He Art und Weise des L'l)erarbciters kenn»*n gelehrt.
Dieser hat die (hrc;kte Rede, die im Allgemeinen gewils als Krite-
rium der Originalität gelten kann', in die indirekte zusamnuMi-
ge/.ogen, jener hat dieselbe btübehalten, - das gleiche Verhältnis
finden wir nun bezüglich Mini's.'-
Dino II 25. Mini 50'.
— messer Carlo di Valos -- andö a — tornando a Roma il suddelto re ■'
Roma, e domandando danari al papa, cd addimandando ricompensa della
liVi rispose, che l'avea messe nel- sua pacificazione, ei gli rimfacciö di-
la fönte dell' oro. cendo: „E che ricompensa vuoi
tu! Ig t' ho man dato alla fönte
del oro; se tu non ti sei cavata
la sete, tuo danno."
Nach del Lungo hat Mini 31 — ^2 auch in die Geschichte Gia-
no's della Bella einige Einzelheiten aus der Chronik eingefügt, und
in diesen könnten sich nun ebenfalls Spuren des originalen Textes
zeigen. Da sucht man zunächst, ob Mini die offenbare Lücke in
folgendem Satze ausfülle. E furno, heilst es I 1 1 mit Bezug auf
die Familien, welche Granden waren, le deite famiglie, e ordinorfw etc.
Offenbar ist zwischen famtglie und e orJinorno die Zahl ausgefallen ;
und wenn nun Mini 32 sagt: fii dichiaraio per allora 37 esser in
Firenze le famiglte grandt^, so liegt ja die Vermutung nahe, er folge
darin der ursprünglichen Fassung unserer Chronik. Aber nicht weniger
macht er Gebrauch von Leonardo Bruni's Historiarura Florentinarum
' Es sei denn der Bearbeiter des abgeleiteten Werkes habe gröfsere
Lebendigkeit, getrageneren Ton, eine novellistische Färbung angestrebt. Der-
artiges lag Mini aber wenigstens hier ganz fern. Nebenbei bemerkt: das
Verhältnis Malespini's c. 63 zu Villani IV 15 möchte ich Florent. Studien 9
Anm. 2 doch nicht richtig gedeutet haben.
^ Sonst habe ich in den Avvertinienli nur noch einmal die direkte Rede
gefunden, nämlich S. 45', wo der Ritter Farinata Uberti conchiuse la sua ora-
zione con queste parole, und nun folgt die Übersetzung aus einer Rede, die
Leonardo Bruni Hist. Flor. p. 33 dem F'arinata in den Mund gelegt hat.
Mehr umgestaltet, als übertragen ist dann im Discorso della libertä S. 112
eine Rede bei Bruni S. 185, — vorausgesetzt, dafs dessen Werk hier Mini's
Quelle war. Übrigens bietet auch der Discorso, soweit ich sehe, keinen Beleg
für Ersetzung der indirekten durch die direkte.
^ Lies conte ; vorher hiefs er : Corlo dt Volois, fratello di Filippo re di
Francia, e cönte di Provenza. Mini's Druck ist elend.
* Dieselbe Zahl findet sich meines Wissens sonst nur noch bei Gian-
nolti Della repubbl. Fior. I 5 S. 36. Aber Mini hat Giannotti's in Venedig
geschriebenes und erst 1722 gedrucktes Werk schwerlich gekannt; Überein-
stimmungen sind mir nicht aufgefallen , wohl aber starke Abweichungen , so
etwa sagt Giannotti auf derselben Seite, im Jahre 1293 seien dem Gonfaloniere
4000 Soldaten unterstellt worden, auf der folgenden heifst es, im Jahre 1304
hätte der Brand 1700 Häuser zerstört; Mini nennt dort nur lOOO, und hier
schätzt er die Zahl auf 1900. Vgl. 32 und 10'.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI, 83
libri XU, und mag Bruni auch die Granden nicht gerade auf 37 Fa-
milien schätzen, sondern auf diw de quadraginla, immerhin könnte
man bei Mini doch einen Schreib- oder Druckfehler voraussetzen.
Allerdings ist der Umstand, dafs Mini zweimal die Zahl auf 37 an-
giebt, der Vermutung nicht eben günstig; und dann erscheint eine
Notiz in einem sich unmittelbar anschliefsenden Satze doch wieder-
um wie eine notwendige Ergänzung zur vorliegenden Chronik,
ohne dafs ich hier eine andere, von Mini benutzte Quelle vermuten
könnte, als die originale Fassung Dino's. Nach dem erhaltenen
Texte I II wäre nämlich 1293 festgesetzt worden, che qualunque
famiglia avessi auto cavaliere tra loro, tutti ■$•' inieyidessino essere grandi
e che nofi polessino essere de' signori. Das kann der wahre Dino nicht
geschrieben haben, denn er, der damals Mitratende und Mithandelnde,
hat zu gut gewufst, dafs der Satz in solcher Allgeraeinheit verkehrt
ist. Granden sollten nämlich nach der Verfassung nur sein in quo-
rum domibus vel casato sioii vel fuerunt a 20 annis citra vel erunt
in posteriim milites. Das Richtige lesen wir bei Mini 32, 32', der
doch schwerlich die Urkunden der Verfassung gekannt hat : Niuna
famiglia, dichiarata per grande, polesse avere ed essercitare il prioralo
— ed il conirasegno Ju l' havere elleno hauli 20 anni intiatizi ca-
valieri. Endlich verweise ich noch auf Folgendes. Nach Dino
hätten sich diei'Schaaren des Gonfaloniere einzufinden dove biso-
gnassi, während der Versammlungsort lediglich beim Hause der
Prioren war. Das hat Dino so gut gewufst, wie wir, und mit-
hin liegt hier entweder ein ganz willkürlicher Zusatz oder eine
Verunstaltung des Textes vor. Vielleicht giebt Mini ^2 in dieser
Alternative den Ausschlag: nach ihm war der Gonfaloniere befugt,
seine Schaaren zu führen, ove il bisogno lo richiedesse.^
Im Vergleiche mit Anonimo erkannten wir, dafs der Cirund-
stock unserer Chronik von Dino herrührt; im Vergleiche mit Ano-
nimo und — wenn mich die soeben angestellte Untersuchung zu
einem richtigen Ergebnis führte, — überdies noch mit Mini ergab
sich aber auch, dafs manche Sätze der heute vorliegenden Fassung
teils gekürzt, teils verunstaltet sind. Wie ich glaube, kann man
weiter gehen. Von einem Autor nämlich, der eine im Allgemeinen
* Nach meiner Meinuiifj enthüll die voilie<,'emIe Chronik in ilcni be-
treftenden Kiipilel neben echten Bestandteilen Zuthaten aus Villani luul der
eigenen Phantasie des Bearbeiters. Dafs die Soldaten sich auf der J'iazzii
versammeln sollten, kann tler wahre Autor, wie wir sehen werden, nun und
nimmer {geschrieben haben ; in der Verbindun},' moUi cittadini ist daj^eyeii
seine Sprache unverkennbar, und die Benut/uii}^ Villani's verrät die wüMliche
Übereinstimmung. Mini zeigt hier weder Anklänge an ilie iluu bekannte
Chronik Villani's, noch redet er von der Piazza.
6*
^4 P- SCHEFFHR-lJOICHORSt,
entlehnte Erzählung um bezeichnende, gar durch den Zusammen-
hang verlangte Kinzelheiten kürzt, wird man auch vermuten
dürfen, dafs er ein anderes Mal ganze H<;richte einfach überging.
Das ist ja ein im Milldaller übliches Verfahren unserer Chronisten:
diese Stellen ihrer Vcjrlage bringen sie in einen Auszug, jene lassen
sie ganz bei Seite.
'l'hatsache ist nun, dafs in der heuligen Chronik hochwichtiger
Ereignisse, die ein unmittelbarer Zeitgenosse nun und nimmer
verschweigen durfte, die zum Teile auch für das Verständnis nicht
entbehrt werden können, mit keinem Worte gedacht wird. Darauf
habe ich früher, d. h. also ehe ich den Kommentar des Anonimo ge-
sehen hatte, ehe ich also auch im Stande war, das vorliegende Werk
Dino's als Auszug zu erkennen, den allergröfsten Wert gelegt, gerade
solche Lücken schienen mir die Fälschung recht schlagend zu be-
weisen. Heute ist die Sache eine andere. Wie schon gesagt : sind die
übernommenen Erzählungen im Einzelnen verstümmelt, dann konnten
auch ganze Abschnitte unterdrückt werden. Ja, heute wird das
Fehlen von Berichten, die jedenfalls kein Mithandelnder übergehen
konnte, umgekehrt als Kriterium gelten dürfen, dafs unsere Chronik
Dino's nur ein Excerpt ist; und in diesem Sinn will ich nun noch
einmal die auffallendsten, in der unverstümmelten P>zählung des
Zeitgenossen nicht zu erklärenden Lücken bezeichnen. Zwei anderer
Art, die sich nämlich durch die Form verraten, werde ich damit
verbinden.
Die Unternehmungen gegen Arezzo 1288 — 1290 hat Dino ganz
unvollständig geschildert; sie entbehren des Anfangs und des Endes:
von den drei Kriegen wird nur des mittleren gedacht, und während
wir aus der allerdings entscheidenden Schlacht von Campaldino
die unwichtigsten Ereignisse erfahren, wie etwa dafs der kurzsichtige
Bischof von Arezzo die Reihen der Feinde für eine Mauer gehalten,
dafs ein Talamo Adimari, eine keineswegs hervorragende Persön-
lichkeit, nach dem Kampfe heimgekehrt, wird uns z. B. vom Frieden
mit Arezzo, bei dessen Beratung nach Ausweis von Urkunden der
Bürger Dino doch zweimal die Tribüne bestieg, aber auch nicht
eine Silbe gesagt.
Recht eingehend handelt Dino über Folgen, welche die neue,
durchaus demokratische Verfassung von 1 293 nach sich zog. Die
Grofsen beklagen sich etwa: weil ihr Pferd seineti Schwanz in un-
angenehme Berührung mit dein Gesichte eines Popolanen gebracht hätte,
darum würden sie verurteilt. Betto Frescobaldi will den Unfug nicht
länger dulden: Wenn wir eineji unserer Knechte schlagen, iverden
tinsere Häuser zerstört. Und deshalb, Herren, rate ich, dafs wir dieses
Sklavenjoch abschütteln. Damals wurde seine Aufforderung zu offener
Revolte abgelehnt. So Dino II 15, der uns II 16 auch die hoch-
wichtige Thatsache berichtet, die Frau des Podestä, der unfreiwillig
zur Steigerung des Gegensatzes beigetragen hatte, sei eine schöne,
namentlich in der Lombardei sehr geschätzte Dame gewesen. Dafs
aber einige Monate später, am 6. Juli 1295, der Wunsch Betto
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. 85
Frescobaldi's thatsächiich in Erfüllung ging, dafs die Grofsen sich
damals zum Sturze der Verfassung erhoben, und wenn auch die
Revolte durch das bewaffnete Volk erstickt wurde, doch die Mil-
derung einzelner, sie besonders drückender Gesetze erlangten ',
darüber hat unser Dino tiefes Schweigen beobachtet. Was ihre
Errungenschaft angeht, so will ich nur bemerken, dafs Betto Fresco-
baldi nach dem 6. Juli 1295 gesetzmäfsig befugt war, seinen Diener
zu schlagen.- Doch die einzelne Bestimmung — obwohl es deren
wichtigere giebt, — naag nicht so sehr ins Gewicht fallen. Die
Hauptsache ist das Ereignis der Empörung, dessen Bedeutung
einerseits Niemand leugnen wird, welches andererseits so ganz und
gar in den Zusammenhang der früher erzählten Begebenheiten hin-
eingehört, dafs der wahre Dino unmöglich still und stumm daran
vorbeigehen konnte: wohl nur der Abbreviator verschuldet das
sonst unbegreifliche Schweigen.
Kaum anders ist es in Betreff einer weiteren, auf die Ver-
fassung sich beziehenden Lücke. Im Jahre 1295 trat der Gonfa-
lioniere der Gerechtigkeit an die Spitze des Priorenkollegs. Dino
hat darüber berichtet ; aber dafs nun im Jahre 1 307 per foriificamenio
del popolo 3 ein Esecutore der Gerechtigkeit bestellt, dafs damit eine
bedeutsame Mafsregel zur Sicherung der demokratischen Verfassung,
zur Niederhaltung des Adels ergriffen wurde, dafs dieser den ver-
schärften Druck bitter empfand, scheint unser Dino gar nicht be-
achtet zu haben. Und doch wird man sagen dürfen, dafs der Zeit-
genosse, welcher der Begründung des Gonfalonierats die gebührende
Aufmerksamkeit widmete, unmöglich über die Bestellung des Ese-
cutore hinwegsehen konnte.
Dino II 25 hat in einer längeren Liste die durch Karl von
Valois Verbannten aufgezählt ; er gedenkt auch II 34 einer Amnestie,
welche am i. August 1303 den wieder Gehorsamen die Heimkehr
gestattete, aber über den viel umfassenderen, politisch hochwichigen
Gnadenakt vom September 13 11 verschmäht er selbst eine leise
Andeutung: Heinrich VII. war im Anzüge, da standen die Floren-
tiner vor der Alternative, entweder das deutsche Heer durch die
Verbannten zu stärken oder durch eine grofse Amnestie die Sicherheit
von Florenz zu erh()hen.* Man wählte natürlich das Letztere. Und
über solch' ein Ereignis schweigt derselbe Mann , der uns z. B.
erzählt, dafs in einer etwas früheren Zeit der Bruder Heinrich's VII.
' Villaiii VIII 12. l'seudobrunetto bei Hartwig (Quellen II 235.
* Cfr. clel Giudicc Appendice alla storia dei niunicipj ital. 320; in der
ersten Fassung der Ordinamenle ist der Artikel noch niclil vorhanden. Vgl.
darüber die Auszüge eines ungedruckten Beschlusses vom 0. Juli 1295, die
wir Del Lungo I 1079, 1080 verdanken.
3 Villani VIII 87.
* Ein ähnlicher Fall ist es, wenn die Hurg Monte Acccnico bei Dino
zunächst gewissermafsen eine Rolle siiielt, — cfr. I i, II y:^. 33, III 2. 4 — ,
wenn dann aber der gänzlichen Zerstörung, auf welche iloch eigentlich die
Erwähnungen hinleiten, mit keinem Worte gedacht wird.
86 I'. SCHKIFKk-HOKIIOKSl,
ohne Ifelm auf ihm /\o/>/f, in lohin Wiims um dds bcUi^crU firescia
lici umreitend, von einem m<)rderi8chen Pfeile gelrofTen sei.
RolK!rl von Neapel ist nach Dino III 14, 24, 36 der Freund
der Florentiner ': als solcher macht er Heinrich VII., da beide zu-
sammen in der Lombardei sind, nicht näher bezeichnete Schwierig-
keiten. Ich will nun nicht davon reden, dafs zur Zeit, da I leinrich
die Lombardei betrat^, Kcmig Robert schon in FKjrenz war: wie
ich hier vielmehr betonen mufs, hat Dino dieses Florentiner Aufent-
haltes, der vom 30. September bis zum 24. Oktober 13 10 währte 3,
keines Wortes gewürdigt. Dafs aber der Besuch, welchen das wel-
fischc Haupt unter den Monarchen Italiens der weifische Führerin
der Republiken Italiens abstattete, ein politisches Freignis von emi-
nenter Tragweite war, wird Niemand verkennen, und es konnte
daher in einer Chronik der Zeit nicht fehlen.
IIT 22 berichtet Dino, dafs die lieamten von Florenz aus der
Kirchgemeinschaft ausgestofsen, über die Stadt aber das Interdikt
verhängt sei: deshalb gingen Gesandte an den päpstlichen Hof.
Ob eine Lossprechung erfolgte oder nicht? Dino schweigt, aber
wie wir aus anderer Überlieferung wissen, trat König Robert als
Vermittler ein , gedachte überdies der Papst der guten Dienste,
welche ihm Florenz eben im Kriege gegen Ferrara geleistet hatte,
und so durfte denn seit dem 26. September 1309 wieder die Messe
gelesen werden.'* Ich glaube doch : wer berichtet hat , dafs eine
Botschaft die Kurie bitten mufste, von ihrem Groll abzulassen, der
hat schwerlich verschwiegen, was nun endlich die Versöhnung her-
beiführte, der hat jedenfalls der Versöhnung selbst gedacht.^
III 2 1 heifst es bei Gelegenheit des gegen Corso Donati ge-
richteten Attentates : sopravcnne iino giovanne cogtiaio del mariscaUo,
und III 34 zahlt das von Florenz besiegte Pistoja eine bedeutende
Summe al tnaliscako e <?' suoi. Wer ist der jNIarschall? Der des
König Robert, Diego della Ratta; so gut wie bei Anderen, wird
auch in der noch unverkürzten Darstellung Dino's mit einem Worte
gesagt sein, dafs Robert nach der Bezwingung Pistojas, worin er
die Florentiner unterstützt hatte, seinen Marschall in Florenz zu-
rückliefs.
* III 36 heifsl er amico de' Fiorentini.
2 Am 24. Oktober 1310.
^ Villani IX 8. Eine Florentiner Chronik ed. Hartwig 24. Dazu die
Urkunde, welche Robert am 7. Oktober in Florenz ausstellt. Raynaldi 1310
§ 18, 20.
* P3ine Florentiner Chronik 23. Cfr. Villani VIII 115, nur ist hier der
Irrtum zu berichtigen, dafs der Kardinal I'elagrü , persönlich in Florenz an-
wesend, das Interdikt am 26. September 1310 aufgehoben habe. Es war gerade
ein Jahr früher geschehen, und zwar ohne den Kardinal.
* Dafs eine Versöhnung erfolgt sei, kann man allerdings aus III 31 ent-
nehmen, denn danach wurde der Kardinal Pelagrii (am 22. August 13 10) mit
grofsen Ehren in Florenz empfangen. Das aber geschah fast ein Jahr nach
der Lossprechung.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. 87
Einen weiteren Fall, dafs der Anfang der Erzählung unter-
drückt ist, finden wir in III 19. Da heifst es von Corso Donati:
Tornato in Firtnze, ordinb chi tino gionio nominato fussi?io tiüti ar-
juaii. Aber nirgends ist die Rede davon gewesen, dafs Corso Flo-
renz einmal verlassen habe : wie Dank den Forschungen del Lungo's
feststeht, kam er eben aus Treviso, wo er ein halbes Jahr lang das
Podestariat bekleidet hatte. 1
Um noch zwei Beispiele für das Fehlen des Schlusses
hinzuzufügen, so heifst es I 2 1 nur, dafs der Kardinal Acqua-
sparta, weil die Florentiner ihm die gewünschten Vollmachten
verweigerten , unwillig und erzürnt davongegangen sei. ' Das
ist Alles; aber anderweitig wissen wir noch, dafs der beleidigte
Kardinal einen Prozefs anstrengte, dafs Florenz sich die Ungnade
des Papstes zuzog, dafs die Regierung darauf nach Bologna schickte,
die befreundete Stadt möge sich ihr anschliefsen, um bei?n Papste und
Kardinal Aufhebung des Prozesses und Wiedererlangung der eingebiifsten
Gunst zu erwirken? Vielleicht noch sprechender ist Folgendes.
Dino selbst betrieb einmal die Berufung des Kardinals Montefiore,
damit dieser unter den hadernden Parteien Frieden stifte. Das
also lesen wir beim Dino II 11, nicht aber, dafs statt Montefiore's
abermals Acquasparta kam und dem Auftrage, welchen Dino dem
Montefiore zugedacht hatte, in der That entsprach, indem er eine
Reihe von Familien mit einander versöhnte.*
Zwei dieser Lücken beziehen sich auf Dinge, deren Erzählung
durch die Form vorausgesetzt ist : Wer von der Rückkehr Corso's
sprach, mufste schon von seinem Weggange berichtet haben, und man
konnte doch wohl nicht selbständig von einem Marschall reden,
ohne ihn den Lesern so vorgestellt zu haben, dafs sie nun nicht
ratlos frugen, wer derselbe sei und woher er komme. Wenn die
anderen Lücken sich nicht durch die Form verraten, so verlangte
"doch der Zusammenhang, sozusagen die Genesis der Entwicklung,
ihrer zu gedenken. Überdies kannte Dino die betreffenden, in
unserem Texte fehlenden Ereignisse aus eigenster Anschauung; die
entscheidende Wichtigkeit derselben bedarf keiner Erörterung, und
' Del Lungo II 475.
* Nach Del Lungo II 10 Anni. 43 wäre Acquasparta schon am 22. Juli
in Bologna gewesen. Aber derselbe war nach Cod. Neap. bei Hartwig 292
und Villani VIII 40 erst im Juni nach Floren/- gekommen ; nach Paolino Picri
67 verweilte er dort mehrere Monate ; zu allem Übertlufs läfst er sich eben-
dort auch noch am 7. August und 27. September urkundlich nachweisen. ClV.
Lami Mon. eccl. Florent. III 1670.
3 Ghirardacci Hist. di Bologna I 420. Del Lungo meint : da hiernach
der Prozefs noch in vollem Zuge gewesen sei, so hätte der Kardinal keinc^-
wegs, wie Paol. Pieri ed. Adami 67 und Villani VIII 40 behaupten, Floren/,
mit dem Interdikte belegt. Demnach müfste man die Angabe bei Villani VIII
103 : (i Viniziani) furono scomunicati e contra loro fatto jfran proce-sso, c u
cht desse aiuto alla chiesa, fu fatta gran indulgenza in der Weise ändern,
dafs zunächst der Prozefs angestrengt würde und als Resultat daraus sich erst
der Bann ergäbe!
* Eine Florent. Chronik 12. Paol. Pieri 71. Cod. Neap. 292. Villani
VIII 49.
88 P. SCHEFFER-HOICHOK.S r,
Dino will ja die von ihm erlebten (jtfahrai und dcnkivürdigen Er-
eignisse zur Darstellung bringen. Hier wird man nur sagi-n können,
— wit; ich früher that, — die Lück<;n bezeugen die Unkenntnis
und verraten also den Fälscher, oder man wird die Ihatsache, die
wir jetzt im Prozefs des Podesta Monfiorito von 'Ireviso erkannt
haben, dafs nämlich der angebliche Dino den Bericht des echten
Dino willkürlich verkürzt hat, zu einer weiter gehenden Analogie ver-
werten dürfen, d. h. also: die bezeichneten Lücken sind auf das
Konto des Abbreviators zu setzen. •
Damit ist noch keineswegs gesagt, dafs nun die Auszüge nicht
um kleinere oder gröfsere Zusätze bereichert wurden, sei es aus
dem eigenen Geiste des Abbreviators, sei es aus anderen Werken.
Wer die Art und Weise mittelalterlicher Kompilationen kennt,
wird in einer derartigen Zusammenschweifsung nichts Auffallendes
finden. An und für sich ist es dabei nicht einmal nötig, dafs nun
ein und derselbe Autor, welcher die Excerpte aus Dino's Werk
machte, auch die woherimmcr stammenden Zusätze hinzufügte. Ein
Erster kann die Auszüge angefertigt haben; einem Zweiten können
dieselben nicht ganz genügt haben, und er erweiterte den Text in
seiner Weise. Aber ebenso gut können Auszüge und Zusätze von
feinem herrühren. Dieser wufste oder fand etwas ihm interessant
Erscheinendes, wovon Dino nicht sprach: da schob er es in seine
Excerpte ein. Oder in einem Berichte eines zweiten ihm vorliegen-
den Werkes, wenngleich dieser im Grofsen und Ganzen mit dem-
jenigen Dino's übereinkam, war doch die Form eine für seine
Zwecke von vornherein geeignetere, sei es im Allgemeinen oder nur
in einzelnen Wendungen. In ersterem Falle legte er Dino's Chronik
einen Augenblick ganz zur Seite, in letzterem verband er Sätze
Dino's mit denen seiner anderen Vorlage. Das sind die Möglichkeiten,
die für eine Kompilation in Betracht kommen. Ob aber alle Zu-
sätze, wie auch alle sonstigen Änderungen, die in der vorliegenden
Chronik erkennbar sind, sich in so harmloser Art erklären lassen?
^ Betreffs der Meinung, die Lücken der Chronik, welcher Art sie auch
seien, wären in der Anlage derselben begründet , verweise ich auf die ver-
ständige Art, in der Gaspary Gesch. d. ital. Lit. I 367 solche Phantasie be-
urteilt : er ist Historiker, sagt man, er giebt zum ersten Male ein historisches
Werk, U7id wählt deswegen von den Thatsachen nur die aus, welche mit
seinem Hauptgegenstande zusammenhängen, während er die anderen bei
Seite läfst. Aber haben wirklich alle jene ausgelassenen Fakta mit seinem
Gegenstande, dem Kampfe der Bianchi und Neri, nichts zu thun P — IVo
matt ein System, einen weisen Plan sehen 'cvollte, haben wir in der That nur
Ungeschick, und während der Autor die wesentlichsteti Dinge unterdrückt,
erwähnt er doch tnehrfach ganz bedeutungslose Kleinigkeiten, wie die neue
Uniform der mailändischen Soldaten Guidottd' s della Torre.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. Sq
Zunächst will ich auf einige Anachronismen verweisen.'
Dafs Villani's Chronik eine Berücksichtigung fand, scheint in
Deutschland Niemand mehr zu bezweifeln. ^ Für die Einführung der
Ordinamenti I 1 1 habe ich es in dem vorausgehenden Artikel noch-
einmal dargethan. Jetzt kann ich hinzufügen, dafs gerade hier
doch auch Echtes, Ursprüngliches erhalten blieb.-' Das aber nur
nebenbei. Die Hauptsache ist, dafs Villani geraume Zeit später
geschrieben hat, als der wahre Dino.
In demselben Kapitel findet sich noch ein zweiter Anachro-
nismus, auf den zuerst HegeH hingewiesen hat. Es soll nämlich
1293 bestimmt worden sein, dafs die sog. Granden noii potcssino
* Einen Anachronismus glaubte ich — Florent. Studien 258 flg. — auch
in II 23 gefunden zu haben : messer Andrea e messer Aldobrandino da Cer-
reto , che oggi si chiamano Cerretani. Denn in zahlreichen, bis zum Jahre
1346 reichenden Urkunden las ich nur: de Cerreto. Nun aber hat Del Lungo
I1132 aus einem Kodex des Florentiner Staatsarchivs eine, Dino's Angabe
bestätigende Urkunde von 1303 nachgewiesen. Dieselbe ist jüngst im Archivio
stör. ital. Ser. IV tom. XVI 360 vollständig gtdxvic\ii: per scrAmadoremGherar-
dini de Cerreto Maggio et Nichotaiim condam Mariti de Cerretanis et Acho-
lito (!) Ugholini. Man mag sich wundern, dafs bis zum Jahre 1346 nur diese
eine Erwähnung der Cerretani aufzutreiben war; man mag sich auch wundern,
dafs in derselben Urkunde der Eine de Cerreto heifst, der Andere de Cerre-
tanis, dafs der letztere dann im Jahre 1305 — Delizie X 133 — wieder als
Niccolaus Mariti de Cerreto erscheint ; aber die Bezeichnung de Cerretanis
ist für Dino's Zeit nachgewiesen. Eine andere Frage ist, ob Del Lungo auch
meine Bedenken gegen Dino's Behauptung, Andreas und Aldobrandino de
Cerreto seien 1301 aus alten Ghibellinen schwarze Weifen geworden, mit
gleichem Glücke beseitigt hat. Ich zeigte nämlich, dafs das ganze Geschlecht
schon seit der Mitte des 13. Jahrhunderts weifisch war. Nun aber sagt Dino
II 10 Andrea da Cerreto, savio legista, d' antico Ghibellino fatto Guelfo nero
und II 23 heifst es von Andrea und Aldobrandino per antico d'origine Ghi-
bellina — diventorono di parte nera. Danach schien mir Dino der Ansicht
zu sein, Andreas und Aldobrandino hätten erst 130 1 die ghibellinische Partei
verlassen. Das aber wäre nach Del Lungo eine verkehrte Auffassung von
mir: Dino habe nur sagen wollen, das Haus de Cerreto sei ghibellinischen
Ursprungs, etwa vor einem Jahrhundert sei es noch ghibellinisch gewesen.
Del Lungo's Deutung kommt mir geradeso vor, als wenn Jemand die Charak-
teristik, die Villani VIII i von Giano della Bella entwirft: antico e nobile po-
polano dahin verstehen wollte, dafs Giano selbst keineswegs auch ein Popo-
lane gewesen sein müsse.
2 — derselbe Del Lungo, der eine Reihe angeblicher Übereinslimnuingcn
zwischen der Chronik und Dino's Gedichten aufführt, um die Identität der
Verfasser nachzuweisen, hält Dino's auffallende 7ci>rtliche UOereinstimmungen
mit G. Villani für rein zufällig. So Gaspary a. a. O. I 507. In der Thal,
mit solchen Mitteln, wie Del Lungo I 489 — 493 sie aufwendet, will ich gern
beweisen, dass IL Heine die Amaranth verfafst habe, und Biumauer doch nur
ein Pseudonym für Klopstock sei. Aus der Schaar vermeintlicher Kongruenzen
könnte man allenfalls La battaglia fu molto aspra c dura ;\h beachtens-
wert herausheben, — wenn sich die Charakteristik nicht auch anderswo fände,
z. B. bei Villani VII 55.
■• Darauf deuten namentlich die niolti buoni ciltadini, die hier in einem
Anakoluthe oder doch einer ganz verzwickten Konstruktion stehen. Vcrgl.
S. 83 Anm. I.
* Die Chronik des Dino Comp. S. bz. Sich mit dieser Schrift Hegel's
zu befassen, hat Del Lungo für übcrllüssig er.iclUet !
QO P. SCHEFFEk-l'-OltllOkM,
esser de* si^nuri ('= priori), nc ^onfalunieri di Giuslizia, n ^ de' loro
colle^i. Rcgiuriiiigskollegien halu;n zur Zeil Dino's noch gar nicht
bostaticlcii. Die acht Räte des (ionfaloniere der (lerechtigkeit, die
das eine der beiden Kollc^gien gel)ildel haben sollen ', möchten
blofs eine vorübergehende, mit dem Auftreten des lisecutore wieder
verscliwindende Jünrichtung gewesen sein; vor Allem aber haben sie
gar nicht die Bedeutung einer am Regiment teilnehmenden Be-
hörde, sie treten nur dann dem Gonfaloniere zur Seite, wenn es
sich um einen Racheakt im Sinne der Gerechtigkeitsordnungen han-
delt'': wohl nicht jeder Gonfaloniere hatte die fachmännischen Kennt-
nisse, die zur Anführung der Schaaren, zur Zerstörung der Häuser
U.S.W, erforderlich sind, und che Räte hatten — wenn ich nicht
irre, — ihre Rolle ausgespielt, als im Jahre 1307 die Exekutive von
dem aus einer Werkstatt, einem Laden hervorgegangenen Gonfalo-
niere auf den für seinen Beruf mehr vorbereiteten, mehr geschulten
Esecutore übertragen wurde. Jedenfalls galten sie nicht als ein L'fficio
delibcraule con la signoria. Zunächst hatten auch die Gonfaloniere
der Volkskompagnien, die gleich seit i 293 das zweite der Regierungs-
kollegien gebildet haben sollen •', eine ganz untergeordnete Bedeu-
deutung. Das Amt bestand allerdings seit langer Zeit, aber es war,
wie die Volksmiliz überhaupt, in Verfall geraten. Erst im Jahre
1304 ist die ganze Einrichtung durch den Kardinal von Ppato neu-
geschaffen worden', und erst unter dem Esecutore, ihrem Ober-
befehlshaber, kamen die Gonfaloniere der Volkstruppen zu höherem
Ansehen. Im Dezember 1306 wird ihnen neben der Regierung die
\\'ahl des Esecutore überlassen ^, und im folgenden März treffen
sie mit der Regierung gewisse Mafsregeln betreffs der Ausführung
der Ordnungen.*» Aber von den J3efugnissen eines Regierungs-
kollegs sind sie auch jetzt noch weit entfernt. Ich lasse es dahin
gestellt, wie und wann sie dazu gelangten', — jedenfalls war
^ Del Lungo II 49 Anm. 16.
2 Vgl. die italienische Fassung der Ordinamenti § 78 bei Emiliani Giu-
dici Append. alla stör, polit. dei municipj 384: consiglieri, a sc deputati, per
la detta esecuzione d^ ordinamenti di guistizia piü dirittamente e pik savia-
mente fare.
^ Del Lungo 1. c.
'» Villani VIII 69.
* Ordmamenti 1. c. § 94 p. 406.
c Ibid. § 84 p. 388.
' Unter Berufung auf Villani XII 19 sagt Hegel, dafs Kolleg der Gon-
falonieri sei erst 1343 errichtet. Aber Villani redet nur von einer Änderung
in der Institution der Gonfalonieri, nicht von ihnen übertragenen Regierungs-
befugnissen. Villani selbst gedenkt schon XII 3, d. h. zum Jahre 1342, der
priori con gli altri ordini, cioe i 12 buoni uomini e i gonfalonieri delle com-
pagnie; und dann der parte de^ priori e de' loro coUeghi. Urkundlich tindc
ich die Gonfalonieri noch viel früher, nämlich 1331, neben den Prioren und
Buonuomini in gesetzgeberischer Thätigkeit, cfr. I Capitoli di Firenze I 233.
Aber sie sind später zur Bedeutung eines Regierungskollegs gelangt, als die
Buonuomini: beachtenswert ist in dieser Hinsicht auch die Bemerkung Hegel's
a. a. O. 63 Anm. 2, dafs die ungedruckte Statutensammlung von 1322 nur das
Kolleg der Buonuomini kenne, die von 1355 beide Kollegien.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. QI
das andere der beiden Kollegien, von denen Dino redet, schon in
Thätigkeit, ehe die Gonfaloniere eine gleichberechtigte Stellung
errangen. Das aber sind die 12 Buonuomini, die im Jahre 1321
der Regierung zur Seite traten.' Erst im nächsten Jahrzehnt kann
ich wenigstens neben den guten Männern auch die Gonfaloniere
der Kompagnien als Faktoren der Regierung nachweisen.'- In der
Folgezeit ist nun von den Kollegien aufserordentlich oft die Rede,
bei Schriftstellern und in Urkunden : die Zeitgenossen Dino's haben
die Institution noch nicht gekannt ; und doch kann unter Dino's
loro collegi keine andere Behörde verstanden sein, als diejenige,
von welcher z. B. Donato Velluti in der zweiten Hälfte des 14. Jahr-
hunderts auf Einer Seite nicht w-eniger als viermal redet^
Wie aber hier der Entwicklung der Demokratie um ein Be-
deutendes vorausgegriffen ist , so auch II 5 : (i priori) come fiirotto
iratti, 71' andaro a S. Croce. Schon der Kardinal von Prato hatte
im Jahre 1304 empfohlen, man solle von der Wahl durch die Vor-
steher der Zünfte abgehen, vielmehr die Namen aller zum Priorat
Befähigten in Beutel legen, e trargli di due in due mesi. Aber
dieses Äufserste der reinen Demokratie ist damals noch verhütet
worden.^ Erst im Jahre 1323, lange nach Abschlufs von Dino's
Chronik, ist man von der Wahl zur Verlosung übergegangen ■■; trare
und tratta sind fortan stehende Begriffe. Freilich sagt Dino von
denselben Prioren, die nach den angeführten \\'orten ausgelost sein
sollen, einige Zeilen vorher: furono in Firenze eletti nuovi priori.
Aber wie ich glaube, hat auch nach Einführung des neuen Modus
der alte Sprachgebrauch nicht aufgehört, so dafs man also auch
die Auslosung mehrfach noch als Wahl bezeichnete.*» Freilich wird
diese Erklärung oder vielmehr Vermutung einer anderen Stelle
gegenüber nicht ausreichen: ich meine nämlich I 11, wonach die
Wahl der neuen Prioren den abgehenden zustehen soll. Indefs
zwischen I 1 1 und II 5 liegt manches Kapitel, und es ist eben zu
bedenken, dafs die uns vorliegende Chronik nicht das Werk eines
Mannes ist. Überdies fehlt es auch sonst nicht an Wider-
sprüchen."
' Villani IX 128.
2 Vgl. S. 90 Anm. 7.
^ Cronica ed. Manni 108.
" Villani VIII 40.
5 Ibid. IX 229.
"' Fanfani Le metamorfosi di Dino Comp. 166 Anm. 3 hat auf den Ana-
chronismus hingewiesen. Dagegen behauptet Del Lungo a. a. O. I1225: in
quelle elezioni ü designar nomi non escludeva , che poi si squitinassero e si
traessero. Das Scrutiriiuin war damit gewifs nicht ausgeschlossen , sofern
dieses darin bestand , unter den Vorgeschlagenen die Wahl zu tretVen ; aber
die Verlosung} Anders war es in späterer Zeit, als die Wahl aufgehört
hatte. Da galt als Scrutinium der Akt , in welchem alle Befähigten aus-
gesondert wur<len ; deren Namen warf man in einen Beutel, und nun erfolgte
von zwei zu zwei Monaten eine Tratta.
''18 heilst es: d' acconio riviasono in Dino di Giovanni, perchc era
buono e saTio uotno, 7ie facesse quimto li paresse, und nach 1 I 3 ist derselbe
92 J'. SCHEKFER-HOICHOkST,
In einer anderen Verfassungsfrage könnte man wohl ein hlofses
Kopistenverselien annehmen, wenn der Fehler nicht merkwürdig
gut zu dem thatsächlichen Verhältnis einer späteren Zeit pafste.
1 1 1 heifst es nämlich, der Zünfte wären zu Dirii/s Zeit 24 gewesen,
es waren ihrer aber 21. Nur vorübergehend, nämlich von 1.378
bis 1380, war die Zahl auf 24 gewachsen.' Wenn nun Jemand
von der Vermehrung nirgends ein Wort gelesen liätte, wohl aber
von der Reduzierung auf die frühere Zahl, wie es im Tagebuch
eines Florentiner Anonymus wirklich geschehen konnte 2, so liefse
sich erklären, dafs die ganz vorübergehende Einrichtung als eine
in früherer Zeit allgemeine erscheinen mochte.
Ein Anachronismus (»rtlicher Natur ist, dafs nach 1 1 i die
Ordnungen der Gerechtigkeit vom Jahre 1293 bestimmt haben
sollen, die lOOO städtischen Fufssoldaten hätten auf jeden Befehl
des Gonfaloniere sich einzufinden, in piazza 0 dove bisognassi. Die
nachmals so berühmte Piazza hat damals noch gar nicht bestanden :
aus schwachen Anfängen ist sie um 1300 hervorgegangen und in
der ersten Hälfte des 14. Jahrhunderts hat man sie noch nicht
schlechtweg Piazza sondern Piazza dei Priori genannt ■': nur unter
diesem Namen kennt sie z. B. Villani.'' Nach Dino aber würde
es schon 1293 nicht blofs einen Priorenplatz gegeben haben, son-
dern dieser hätte auch schon schlechtweg der Platz geheifsen. Frei-
lich behauptet man nun'', in piazza bedeute gar nicht: auf der Piazza;
es besage vielmehr: auf irgendwelchem offenen und freien Platz der
Stadt. Ich glaube nicht, die schrankenlose Willkür dieser Behaup-
tung darlegen zu brauchen ; ich will nur bemerken, dafs die Deutung
am Wenigsten, wie Del Lungo glaubt, durch den parallelen Bericht
des jüngeren Ammirato sich stützen läfst: dieser hatte die Ord-
der schlimmste de* heccai, che sono uomini malferaci e maldisposti und le sue
malizie usava sanza tiniore. Da mufs denn das Lob buono e savio eine andere
Bedeutung erhalten, nämlich: autorevole e valente nellecose pubbliche. — I 24
erscheint Lapo di Guazza Ulivieri als buono e leale popolano, und II 26
zählt er zu jenen : De^ quali niuno si puo scusare, che non fusse guastatore
della cittä, e ?ion possono dire, che alcuna necesetä gli strignesse, altro che
superbia e gara degli ufici. Hier belehrt uns Del Lungo Niuiw si puo scu-
sare etc. wolle bedeuten : Nessuno, neanche de' pochi fra essi amatori della
patria e onesti; also man kann recht gut ein buono e leale popolano, ein ama-
tore della patria e onesto sein und doch die Stadt zerstören, lediglich erfüllt
von superbia e gara degli ufici. — II 17: Le chiave gli furono negate e le
porti d' oltrarno raccomandate, und II 21 heifst es mit Bezug auf denselben
Akt : // perche dierno le chiave della cittä a messer Carlo. Del Lungo er-
läutert : le chiave non di tutte, ?na pur di alcune porte della cittä.
1 March. di Coppo Stefani Ist. fior. ap. Ildefonso di San Luigi Delizie
degli erud. Tose. XV 31,
^ Documenti di storia ital. VI 435. Noch im Jahre 1383 schrie man
übrigens: Viva le 24 arte! 1. c. 452.
^ Sie ist erst durch allmälige Vergröfserung und Verschönerung, worüber
man verschiedene Akte bei Gaye Carteggio ined. d' artisti I 448 ff. und C. Frey
Die Loggia dei Lanzi 194 fF. nachsehen mag, der Platz als solcher geworden.
* Villani IX 47, X 108, XH 3, 19, 20.
^ Del Lungo a. a. II 47 Anm. 10.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. 93
nungen vor Augen, und die Worte derselbe: quolibet anno dido
viense februario domini cnpilanetis, priores et vexillifer predicii eligant
looo pedites. Qui iurent t rohere ad domum dominorum priorum et
dicti vexüliferi, qtiotienscunque ftieri7it reqtäsili per nuntiuvi vel sonum
campone vel bannum, ei sequi vexilliferian •, übersetzte er nun: ogn' anno
di fehbraio si dovea far elezzione dal capitano del popolo, da priori e gon-
falonieri di ynille fatiti, che a suoti di carnpatia dovessero trovarsi in
Piazza, pronti al comando del gonfaloniereP- Dafs hier ad domwn
dominorum priorum durch /;/ piazza wiedergegeben ist, hätte schon
vor der wunderlichen Mutmafsung bewahren sollen, Ammirato habe
in Piazza in der sonst ja auch gar nicht nachweifsbaren Bedeutung:
auf irgendeinem offenen und freien Platz zu gebrauchen für gut
befunden. Man sieht vielmehr ganz deutlich, was /« piazza heifst
nämlich eben die Piazza, auf welcher die lOOO Soldaten sich zu
Ammirato's Zeit versammeln mufsten, denn damals entsprach sie
und nur sie der Forderung: ad domutn dominorum priorum. Im Jahre
I2Q3 gab es noch keinen Priorenplatz, und dieser konnte zu Dino's
Zeit noch nicht schlechtweg la piazza genannt werden.
La piazza findet sich aber noch öfter bei Dino, namentlich
noch zweimal vor 1300. I 15 fordert Betto Frescobaldi seine
adligen Standesgenossen auf: Prendiamo /' arme e corriamo, in sulla
piazza ! und I 1 6 heifst es : / priori, per piacere al popolo scesono col
gonfaloniere in piazza.''^
Ein Anachronismus von gleicher Art ist, dafs nach II ig, d. h.
schon im Jahre 1 301, die Prioren befohlen hätten: la campana grossa
fusse Sonata, la quäle era su il loro palazzo. Die früheste P'rwähnung
der grofsen Glocke findet sich erst im Juli 1307 und zwar wird
sie da bezeichnet als campana ?nagna nuper facta pro communi^;
sie befindet sich aber auch da noch nicht su il loro palagio, son-
dern in einem eigenen Holzgerüste, nuper pro ipso commwii facto
in platea palatii priorum.^' Dann mehren sich die Zeugnisse für die
Existenz der grofsen Glocke; so etwa werden im Juli 1308 Gelder
bewilligt pro campana vuigna poni fatienda super pallatio priorumS^
Und seit Herbst 1 308 mag nun die grofse Glocke auf dem Prioren-
palast geläutet haben, nicht schon im Jahre 1301. Allerdings hat
' Archivio stör. ital. Nuova serie I» 48.
2 Istorie fiorent. II II ed. Firenze 1824.
3 Nicht minder hält Del Liingo es für möglich, dafs Dino, wie anch
Ammirato, gedacht hätten nlla piazza dei signori, vera e propria. Nun schrieb
Dino zwischen 13 10 und 1312; damals gab es schon einen Priorenplatz,
und also hätte der Anachronismus bei ihm keine andere Redeiitung, als beim
(-inquecentisten Ammirato! So Del Lungo, der dabei ganz vergifst, dafs zur
Zeit, da Dino schrieb, der Priorenplatz kaum ein Jahrzehnt alt war, tlafs Dino
dreimal einen so überraschenden Gedächtnisfehler begangen hätte , dafs aber
auch während Dino's ganzer Lebenszeit der Priorenplatz noch nicht schlecht-
weg der Platz hiefs.
* Gaye Cart. ined. I 447.
* Gaye 1. c.
•" Frey a. a. lc)8 Regest ~ \.
94 P- SCHEFKER-HOICHOKST,
man aucli hier i'iiicii Aiiswcig gesucht, iiii<l: ll'i/ sudil, (l,y fuuht.
Ks soll näinlicli nK^hrerc grofscii Cilockcii g(!gtil)(;ii haben ', und
eine derselben hätte sieh schon 1301 auf rlem l'ricjrenpalasto be-
iunden ; sie sei daim herunter genommen worden, daher: era.
Schade, dafs vor 1301 aber auch mit keinem Worte von einer
grofsen (Hocke die Rede ist, dafs erst 1307 der grofsen (Jlocke
g(>dachl wird und zwar als einer jüngst gegossenen, dafs sich dann
mehrfache Zeugnisse finden eben allein dieser grofsen Glocke, Was
abi-r das cra angeht, so verw(;ise ich lujr beisj)ielshalber auf die
ganze analogen Präterita : 11 21 Andando una vilia di S. (iiovanni
r arii a o(ferta, come era usdnza; II 23 // qtia/e arcivescovado avea
una delle seile voci dello iinperio; 111 26 (Arrigo VII.) prese la Corona
del ferro. La i/ua/e Corona era di ferro sottile. Di(^ Krone war
zur Zeit, da Dino schrieb, noch eben dieselbe, welche Heinrich VII.
empfangen hatte; die drei Erzbistümer, welche zugleich Kurfürsten-
tümer waren, sind es geblieben, solange das alte Reich bestand,
und die Darbringungen am Vorabend von St. Johann haben Dino's
Jahrhundert überdauert.^
* Del Lungo II 463 : Altre campane grosse [g'rosse quanf e quelle di
sordi, che non vorranno intendere) ebbe poi palazzo vecchio.
- Del Lungo betont noch, dafs Dino sage: era su il lor o , palazzo ,
denn am 27. August 1304 seien Gelder bewilligt worden pro campana, quae
olim erat super turim palatii dommi capitanei, ponenda et poni facienda
super turim palatii dotninorum priorum. Das sei Dino's grofse
Glocke gewesen. Zunächst auf dem Turme der Residenz des Capitano, jeden-
falls im Jahre 1302 auf dem Palaste der Prioren, endlich seit 1304 auf dem
Turme desselben. In dieser Urkunde fehlt leider nur die Bezeichnung der
Glocke als der grofsen und dann die Übertragung auf den Palast der Prioren
und von dort auf den Turm desselben. Zudem bedeutet su il loro palazzo
nichts Anderes als super turri palatii: in der schon angeführten Urkunde vom
Juli 1308 heifst es: pro campana fnag?ia poni fatienda super pallatio
priorum; und doch war ihr Platz auf dem Turme des Palastes. Ähnlich
schrieb noch in unseren Tagen Gargani L'antico palazzo della sig. Fior. 30:
Furo7io poi quattro le catnpane , che vennero collocate sul palazzo. Danach
sehe ich keinen Grund, Dino's j?< il loro palazzo in einen Gegensatz zum
Turme des Priorenpalastes zu stellen: die Glocke, welche 1304 dorthin über-
tragen wurde, hat 1301 überhaupt noch nicht auf dem Priorenpalast sicli be-
funden. Wie ich nicht zweifele, war es dieselbe, von welcher Paol. Pieri 80
bemerkt, sie sei am 10. Juni 1304 während eines Brandes heruntergefallen:
arse il palagio del capitano e la torre , dov' era la campana, e cadde
allora quella catnpana. In demselben Jahre brannte auch der Palast des
Podestä, auch dessen Glocke stürzte, aber hier fügt Paol. Pieri 77 hin-
zu: e ruppesi. Betreffs der Glucke des Capitans fehlt ein derartiger Zu-
satz. Wenn diese nun aber am 10. Juni durch einen glücklichen Zufall un-
versehrt geblieben war, — hatte man dann nicht am 27. August die schönste
Gelegenheit, den Beschlufs zu fassen ; campana, quae olim erat stiper turim
palatii domini capitatiei, ponenda et poni facienda si4per turim palatii domi-
norum priorum} Wollte Jemand dagegen einwenden, dafs von einer Glocke,
die noch zu Anfang Juni auf dem Turme des Capitanenpalastes hing, doch
nicht schon im August gesagt werden konnte: oli?n erat stiper turim palatii
domini capitanei, so hätte er von der Bedeutung des Wortes olim eine ebenso
verkehrte Vorstellung, wie Del Lungo S. 463. Wie man olitn damals ge-
brauchte , dafür nur ein Beispiel. Nach einer Urkunde im Archivio stör.
Ser. IV tom. XVI 336 erhielten am 19. August 1303 die derzeitigen Prioren
NOCH EINMAL i:)lNO COMPAGNI, Q5
Nach I 1 7 hatte sich der Reichslegat Johann von Chalon mit
Arezzo gegen Florenz verbunden ; da zahlen ihm die Florentiner
20 000 Gulden, und in Folge dessen werden sie nicht allein wieder
die besten Freunde Johann's, sondern schliefsen auch einen gegen
Arezzo gerichteten Vertrag mit ihm ab : rifatti i suoi a/nici, ve-
dendo che gli Aretini si fidavano dt lui, ordinarojio con Itii, che tor-
nmido ad Arezzo si mostrasse tiostro mmico, e che li conducesse, a Idrci
Santo Miniato , che dicea appai'tenei'si a lui per vigore di imperio.
Wer einfach zu denken gewohnt ist, wird danach glauben, Johann
sei beauftragt worden, die Aretiner zu einer Gewaltthat gegen
Florenz zu verführen, — zu einer Gewaltthat, die dann den Be-
törten üble Früchte eintragen sollte; als Grund aber, weshalb die
Aretiner gerade San Miniato den Florentinern entreil'sen möchten,
hätte er geltend gemacht, dafs es eine Reichsburg und also wider
Recht von Florenz in Besitz genommen sei. Dieser schlichten
Interpretation steht aber entgegen, dafs San Miniato erst 1370 sich
Florenz unterwarf, dafs es zur Zeit noch eine selbständige Ko-
mune war. Was ist zu machen? Man nimmt Idrci in einem ganz
besonderen Sinne. Sonst braucht es auch Dino stets als Gegen-
satz von dare; und wenn er etwa II 32 sagt: composono col inar-
chese di Ferrara di törre Bologna ; wenn nach III 3 credettono lurre
fortezze, (che) tenea; wenn es III 10 heifst: gli iolse la terra; wenn
in III 25 Guido della Torre sich rühmt : questa mono pw dare e
törre Milano\ wenn nach III 31 Heinrich VII. ein Kastell tolse 0'
Cre?nonensi e dii lui; so wird jeder Unbeflmgene glauben: wie Dino
in den angeführten Stellen von der Wegnahme oder Eroberung einer
Stadt, einer Burg, eines Gebietes redet, nicht anders habe er in dem
fraglichen Satze gemeint, San Miniato solle den Florentiner entrissen
werden. Trotzdem erklärt man, törci hiefse hier rivoltare San Mi-
Jiiata contro parte Guelfa e la taglia Guelfa. Wie wir sahen, ist
diese Deutung in dem Sinne, welchen Dino sonst mit dem Worte
verbindet, am Wenigsten begründet. Ist sie vielleicht umso sach-
gemäfser? Johann soll die Aretiner — so haben die Florentiner
mit ihm ausgemacht, — zu einer g&gen diese gerichteten That
überreden. Das Wagnis soll den Verführten schlecht bekommen.
D;t lassen ihn die Dinisten vorschlagen, Arezzo möge seine diplo-
matischen Künste aufwenden, um San Miniato vom Weifenbunde
abspenstig zu machen. Als Grund aber, weshalb San Miniato nicht
welfisch sein dürfte, verweist er auf das Eigentumsrecht des Reiches;
und doch ist Johann selbst als Freund der Weifen nach Italien gekom-
men, denn kurz vorher liefs Dino ihn zu den Aretinern sagen : ;]/£7>/t'
Herren, die Bitten der Weifen von Florenz haben mich nach Joskana ge-
führt. Sachgemäfs ist diese Erklärung gewifs nicht. Weder koinile der
dieselbe Gewall , (jiimn o I i m /inbiteiuiit pio.\inii preleriti prior, -s, d. li. die
Piioren vom 15. Juni bis I v Auf;ust. liier lie},'cn /wischen heutf iiml <»///«
zwei Monate, und iiiclil kürzer ist ja auch die Frist vom lO. Juni bis zum
27. August!
96 P. SCHEFFER-BOICHORST,
Versuch, San INIiniato für die Gegner von Florenz zu gewinnen,
die Arctiner in der l)eal)siclitiglcn Weise gefährden, noch gestattet
der Anspruch auf faktischen IJesitz von San Miniato, den Johann
erhebt, eine andere Voraussetzung, als die, dafs iiv, ^inommen werden
s(jlltc. V.s ist hier ebenso, wie 11 4, wo Jemand Vf^rlangt cerk ^iu-
ridizioui di uno casldlo, il quäle leneatio i Fiorcntini, dicendo cßie a
lui apartenea. Da will der Betreflende in den Besitz seiner von
den Florentinern okkupierten Rechte gelangen, und wenn Dino
von Johann sagt, er habe die Aretiner überreden sollen, a idrci
Santo jMiniaio, che dicea apparknersi a lui per vigore di imperio, so
ist die Situation durchweg die gleiche. Die Worte sind in dem
Sinne zu nehmen, welchen sie nun einmal allgemein haben, in
welchem sie auch der zu erklärende Autor selbst zu gebrauchen
pllegt; und man darf einer Theorie zu Liebe einen klaren Satz
nicht durch Deutungen verdunkeln.'
Ungefähr in dieselbe Zeit, wie die Erwähnung San Mini-
ato's als einer Florentiner Besitzung, führt uns 11 28. Danach be-
gab sich die Partei der Weifsen, als ihres Bleibens in Arezzo nicht
länger sein konnte, a luirli, dove era vicario per la chiesa Scarpella
degli Ordelaffi, gentile uonio di Furl). Diese Angabe Dino's, dafs
Scarpetta Ordelaffi päpstlicher Vikar von Forli gewesen sei, stützt
Del Lungo mit einer Behauptung des Danteforschers Troya, ohne
zu erkennen, dafs Troya lediglich Dino'n sich anschliefst.2 Das
Richtige war längst von Wüstenfeld bemerkt worden.3 i:inzelne
Bezirke des Kirchenstaates, sagt der Göttinger Historiker, hätten
auch schon damals unter absetzbaren Beamten als Vikaren stehen
mögen; aber Vikare der Kirche in dem Sinne, dafs die Partei-
häupter einer Stadt, welche thatsächlich das Regiment in Händen
hatten, als Vikare anerkannt wären, um den Schein der Oberherr-
schaft zu wahren, habe es zur Zeit Dino's noch nicht gegeben. Vor
* Später hat Del Lungo I 1 081— 1085 einen anderen Ausweg gesucht,
indem er San Miniato für einen Halbbesitz der Florentiner erklärt; und dafs
Florenz sich San Miniato gegenüber mehr herauszunehmen wagte , als etwa
Lucca und Siena gegenüber, soll ja nicht geläugnet werden. Dasselbe gilt
aber mit Rücksicht auf alle kleineren Gemeinden in der Nähe von Florenz,
und diese, etwa Prato, sind doch ebensowenig specie di se?nipossesso von Flo-
renz, wie San Miniatio es ist. Lemmo da Comugnori hat als Zeitgenosse ver-
zeichnet, was bis zum Jahre 131 8 sich in San Miniato zutrug: das Gefühl, er
sei ein Hatbunterthan von Florenz, scheint ihm ganz fern gelegen zu haben.
Ja, ich glaube nicht einmal, dafs Florenz einen wesentlich schärferen Druck
auf San Miniato ausübte, wie etwa Lucca. Aber ihren Einflufs hat die
Grofsstadt, wie es ja immer zu geschehen pflegt, der benachbarten Klein-
stadt gegenüber zur Geltung gebracht. Und wenn denn Jemand, der sich
um die natürliche Bedeutung der Worte nicht kümmert, tiirci übersetzt: unsern
{grofsstädtischen) Eitißi^fs über {das tileinstädtisdie) San Miniato zu brechen,
so stehen die thatsächlichen Verhältnisse ja nicht entgegen. Ob der Zu-
sammenhang verständlicher wird, mag er selbst sehen: ich meinesteils werde
den Worten nie eine andere Bedeutung beilegen, als sie gemeinhin haben.
2 Del Lungo II 229 Anm. 13.
^ Gott. Gel. Anz. 1875 S. 1571.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. 97
Allem wurde die Einrichtung derartiger Vikariate während des
Schismas zwischen Rom und Avignon beliebt, i Und gleich der erste
römische Papst, der sich eines in Avignon wohnenden Gegners
erwehren mufste, hat auch den ersten Ordelaffi zum Vikar in Forli
ernannt: es war im Jahre 1379, dafs Urban VI. dem Sinibald Orde-
laffi die neue Würde übertrug.'- Von dieser Zeit an können wir
denn auch die Ordelaffi als päpstliche Vikare nachw-eisen: so etwa
heifst Sinibald 1382 und 1384 Vicarius Forliviensis, das eine Mal
mit der selbstverständlichen Beschränkung: in temporalibus; ihm
folgen Pino und Cecco als Vicarii Forlivienses'^ u. s. w. Genug,
Dino's Angabe pafst noch nicht auf das erste Viertel des 14. Jahr-
hunderts. Doch gesetzt, es seien städtische Parteihäupter schon zu
Dino's Zeiten Vikare der Kirche gewesen, die Päpste hätten also
schon damals durch deren Ernennung zu Vikaren den Schein ihrer
Oberhoheit zu retten gesucht, — die Beziehungen der Ordelaffi zu
Rom waren doch um 1300 so gespannter Art, dafs wir uns die-
selben nun und nimmer als päpstliche Vikare denken dürfen. Im
Jahre 1296 hatte der Bischof von Mende, als Rektor der Mark
Ankona und der Romagna, sieben Ordelaffi mit dem Bann belegt,
darunter auch unseren Scarpetta-*; — im Jahre 1302 übernahm der
Bischof von Vicenza das geistliche und weltliche Rektorat der
Romagna, und als er nun nach Forli gekommen war, um auch
dort an Stelle des Papstes zu gebieten, brach am i . September 1 302
ein Aufstand gegen ihn aus; er wurde tödtlich verwundet, und die
genannte Stadt beherrschten die Ordehiffi mit ihren Freunden.^
Fünfmal sind Kardinäle als Moiisignori bezeichnet.*"' Der Titel
ist erst während der sog. Gefangenschaft von Avignon aufgekommen",
und also konnte Dino etwa den Kardinal Acquasparta, dem er
2000 neue Gulden brachte, unmöglich anreden : Monsigfiore, non li
disdegnate!* Aber die Chronik selbst läfst hier die spätere Hand
erkennen, — denn eben so oft begegnet in ihr messer cardinale
' Sugenheim Entstehung des Kirchenstaates 310. Ich betone: Vor Allem,
denn es hat einzelne Vikariate der bezeichneten Art auch schon vor dem
Schisma gegeben.
^ Annal. Foroliv. ap. Muratori XXII 191: Sinibaldus fecit pacem et cori-
cordiam cum papa Lfrbano — et acqiiisivit vicariatum pro 12 annis.
2 Fantuzzi Mem. Raven. III 352. 353. Sinibald's Vater, Francesco, er-
scheint noch 1341, 1354 uud 1361 einfach als Capilano oder als Ritter von
Forli. Fantuzzi 1. c. IV 434, III 267, V 420.
^ Fantuzzi III 167.
* Annal. Caesen. ap. Muratori XIV 1123.
^ I 21, III 5, III 29. An der ersten Stelle fehlt der Titel in der Hand-
schrift A. Aber mit demselben Grunde, mit dem Del Lungo hier Moiisignote
aus dem Texte streicht, konnte er z. B. III 12 den Namen des Kardinals
von Prato in die Anmerkung verweisen, u. s. w.
' Fanfani Le metamorphosi di D. C. 121 Anm. 2. Cfr. Del I.ungo a. a.
O. II 100 Anm. 41.
•* Es kommt noch hinzu, dafs Dino die Anrede im Hause des Tomaso
de' Mozzi gehalten h.iben will, während der Kardinal im Hause Giovanni's
wohnte.
Zeltschr. f. roui. Phil. X. 7
98 P. SCHEFFRR-BOICHORST,
oder (in (tinfachcs als Messer zu deutendes M vor dem Worte
Kardinal.^ Kine di-rarlige Kontrolle der Chronik durcli diese sell)st
ist dagegen dem 'J'itel Pinksta gegenüber nicht möglich; denn
Dino schreibt ausnahmslos: // /wdfsiä, Pseudcjbrum^ttf) '^, ein Ji«--
arbeiter der Gesta Florentinorum ■', Paolino Pieri ^, ein gleichzeitiger
Anonymus •', ja noch spätere Florentiner" sagen nur die Podesta.''
Wenn Del Lungo dagegen bemerkt", Paolino erzähle zum Jahre
1294 von einem Aufstände; conlro a la podtsla, von dem Rufe Mtiuia
hl podtsli), er fahre datm ab(!r fort: <7 dello inesser podesla, Pa(jlino
gebrauch(! also podesla als Masculinum, wie auch als Femininum,
und mithin würde es Dino doch wohl gestattet sein, nur // podesla
zu sagen , so hat der gelehrte Autor, um von allem Anderen ab-
zusehen, ganz und gar verkannt, dafs in der angeführten Stelle die
Masculina el dello nicht von podesla, sondern von messer bestimmt
werden."
Von den Anachronismen wende ich mich zu anderen Verun-
staltungen des Textes, gleichviel ob eine Quelle, icli meine: Villani's
Chronik, dazu benutzt worden ist, oder ob der Autor'" auf eigene
« I 3, I 21, II II, III I, III 15.
2 Bei Hartwig Quellen und Forschungen II 234.
3 Ebendort 279 zu 1265, 290 zu 1294, 293 zu 1302.
•'* Z. B. noch dreimal unter dem vorletzten Jahre seiner Erzählung.
'•' Eine Florentiner Chronik, herausg. v. Hartwig 19.
^ Z; B. P>ancesco di Giovanni di Duränte , von dessen gleichzeitigen
Notizen Manni die erhaltenen Bruchstücke, welche die Jahre 1343 — 45 um-
fassen, im Anhange zu Velluti's Chronik S. 14 1 — 48 herausgegeben hat.
■^ Bei demselben Ereignisse lassen Pseudobrunelto S. 234 und Paolino
Pieri S. 58 das Volk rufen: Muoia la podestä, Dino II 16 dagegen: Muoia
il podestä. Aber auch nach Villani VIII 8 il popolo minuto grido: Muoia
la podestä. Nur in den späteren Teilen seiner Chronik, wenn ich mich recht
entsinne, liest man auch: il podestä, z. B. XII 8, 17, 46, 58, 72. Doch findet
sich auch hier noch XII 20: palagio de IIa podestä. Den völligen Sieg hat
podestä als Masculinum aber nicht vor dem Ende des Jahrhunderts davon-
getragen. So heifst es etwa noch im Diario d'anon. Fior. zum Jahre 1378. —
Docum. di stör. ital. VI 366 — : andarono a combattere il palagio della po-
destä; dann 367 allerdings auch: presono il podestä.
^ a. a. O. I 1228 Anm. i.
* Auch Brunetto Latini sagt in seinem französisch geschriebenen Werke
Livres dou tresor stets la poeste cfr. III^ I, 4, 19, 23 ed. Chabaille p. 576,
582, 604, 608. Wenn es dagegen in der dem Giamboni zugeschriebeneu
Übersetzung, wie sie jüngst von Gaiter herausgegeben ist, IX l, 4, 7, 20, 24,
Bd. IV S. 281, 291, 302, 344, 354 il podestä heilst, so bleibt die Frage, ob
der Druck den Handschriften entspricht oder ob die benutzten noch der ersten
Hälfte des 14. Jahrhunderts angehören. Ich möchte glauben, dafs Gaiter erst
bei der letzten Erwähnung des Podestä , nämlich IX 30 S. 376, eine getreue
Kopie seiner Überlieferung bietet, denn da lesen wir: insegnamento della
podestä. Eist recht kann ich nicht annehmen, dafs Guidotlo ddi Bologna, podestä
als Masculinum gebraucht habe; in seiner um 1260 geschriebenen Rettorica
nuova bei Nannucci Manuale ^ II 722 heifst es: lo podestä, aber 124: la po-
destä nuova, la podestä giä usata etc.
*o Wenn ich denselben mehrfach „Dino" nenne, so wird ihn doch Jeder
vom Verfasser der ursprünglichen Chronik zu unterscheiden wissen.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. QQ
Faust handelte. Damit ergänze ich zugleich jenen Abschnitt, in
welchem ich aus dem Vergleiche mit dem anonymen Dantekom-
mentar zeigte, wie der Bearbeiter die Chronik durch Einfügung
verkehrter Angaben verschlechterte. Doch will ich nicht erschöpfen,
sondern nur Proben geben.
Nach Villani VIII 5g unterhielten die vertriebenen Weifsen mit
ihren zahlreichen in Florenz zurückgebliebenen Parteigenossen eine
lebhafte Korrespondenz, Daraufhin liefs der Podestä zu Anfang
1 303 Einige der Letzteren ergreifen : cib furono rnesser Betto Ghe-
rardini e Masino de' Cavalcanti e Donalo e Tegghia suo fratello de'
Fhiiguerra da Sammarli?io e Nticcio Coderini de' Galigai e Tignoso
de' Macci. Und da sie nun von einem Angeber beschuldigt werden,
che Iratlavatio tradimettio nella ciltä co Bianchi usciii, so erprefst der
Podestä ihnen das Geständnis, che doveano tradire la terra e dare
certe porte a' Bianchi e Ghibellini. Tignoso de' Macci stirbt während
der Tortur ; die Anderen werden enthauptet. So Villani, der keinen
Zweifel darüber läfst, dafs nach seiner Ansicht die Genannten sich
in Florenz befanden, dafs sie den Vertriebenen die von ihnen be-
wohnte Stadt in die Hände spielen wollten. Dasselbe ist auch die
Ansicht Paolino Pieri's', der nur drei der Unglücklichen mit Namen
nennt, dafür aber ein genaues Tagesdatum bietet, nämlich den
29. Januar 1303, e fii deito che doveano tradire Firenze. Nicht anders
urteilt der Fortsetzer der Florentiner Thaten^, nach welchem die
Hinrichtung erfolgt: per cagione di tradimento loro apposto. Tradire
und Tradimento bedingen in diesem Zusammenhang die Anwesen-
heit in der Stadt. Dagegen behauptet Dino II 25, die sechs von
Villani Genannten hätten auch zu den im Jahre 1302 Vertriebenen
gehört ; er beschliefst gerade mit diesen Sechs seine Liste der Ver-
bannten , und die Reihenfolge unterscheidet sich von derjenigen
Villani's nur dadurch, dafs Masino Cavalcanti an der Spitze steht'':
dafür schleppt er aber auch einen Geschlechtsgenossen mit sich,
von welchem Villani Nichts weifs. Ich lasse es dahingestellt, wo-
her dieser namenlose Cavalcanti hinzugekommen ist ■* : dafs die
anderen Namen aus Villani entlehnt sind, kann wohl keinem Zweifel
unterliegen. Villani aber, wie auch Paolino Pieri und der Fortsetzer
der Florentiner Thaten, kennen die Verräter nur als derzeitige Ein-
wohner von Florenz; und dafs wirklich keiner derselben zu den
Verbannten gehörte, darüber geben uns die langen Verzeichnisse
des sog. libro del Chiodo vollste Sicherheit : hier sintl nämlich die
' Ed. Adami 75.
^ Bei Hartwig (Quellen und Forschungen II 293.
•* Auch Slefani ap. Ildefonso di San Luigi Delizie degli erud. Tose. X
28 hat die Reihenfolge Villani's nicht beibehalten.
* Im Februar 1302 wunle ein Tok^meo Cavalcanti verurteilt. Deli/.ie
degli erud. Toscan. X 97. Möglich, dafs der wahre Dino seiner gedacht hat:
auch in der verfälschten Erzählung, wonach Dino selbst, die neuen Cicsetze
von 1293 vollziehend, die ersten Häuser zerstört haben soll, linden sich Nauien,
die man mit gutem Grunde für die ursi)rüngliche Darstellung in Ansprucli
nehmen kann. Ich konune S. 103, 104 darauf zurück.
7*
100 P. SCHEFFER-HOICHORST,
Weifsen und (ihihelliiien, wieviele deren bestraft wurden, bei Nam<;u
genannt', oit zwei und dreimal: einen unserer Sechs habe ich
darunter vergebens gesucht. 2 So ergiebt sich denn, dafs die
sechs Namen nicht blofs aus Villani's Chronik stammen, sondern
auch an ganz falschem Orte eingesetzt sind.-'
Villani VIII 72 erzählt, der Kardinal von I'rato sei 1304 im
höchsten Unwillen über Florenz, das seinen Bemühungen uni I Icr-
stellung des Friedens so gar kein Entgegenkommen gezeigt hatte,
an den päpstlichen Hof zurückgekehrt : si si dolse moUo di coloro,
(he reggeano la ciltä di Firenze, e molto gli ahhotninv dmanzi a/ papa.
Dadurch bewirkt er nun, dafs dodici de* maggiori caporali di parle
guelfa e nera zur Verantwortung beschieden werden, darunter als
die vornehmsten: messet- Cor so Donali, rtiesser Rosso della Tosa,
messer Pazzino de' Pazzi, messer Geri Spini, niesser Betlo Prtinelleschi.
Die betreffende Urkunde ist uns erhalten'', und sie bestätigt Vil-
lani's Angaben, nur nicht in dem einen Punkte, dafs zu den Flo-
rentiner Häuptern, an welche die Vorladung des Papstes erging,
auch Betto Brunelleschi gehört habe.'' Anders stellt Dino III 9 den
^ Delizie degli erud. Tose. X 93 — 116.
2 Freilich behauptet Del Lungo I 1052, dafs der von Ildefanso di San
Luigi veröflentlichle Auszug die Angabe Dino's bestätige almeno in parte,
d. h. dafs also wenigstens einige der Sechs, die nach Dino verbannt sein
sollen, auch urkundlich als Verbannte nachzuweisen wären. Del Lungo meint,
dafs ich das Namensverzeichnis in den Delizie degli erud. Toscan., sonst meine
ergiebigste Quelle, hier nicht aufmerksam studiert hätte. Ich habe die Arbeit
also ein zweites , drittes und viertes Mal vorgenommen , leider ohne Erfolg.
Allerdings fand ich einen der Genannten , wie auch schon früher, in einer
Sentenz vom 5. Mai 1302, nämlich den Betto Gherardini, aber gerade wie
früher las ich am Fufse der Sentenz auch jetzt noch : Dom. Betti et dorn. Dini
sententia non est lecta, perche coriipariro inanzi al termine e scusaronsi. De-
lizie X 100. Wenn ich nicht geradezu blind gewesen bin, so kann man nur
sagen, dafs der namenlose Cavalcanti in den Auszügen der Delizie wiederkehre,
nämlich als Tolomeo Cavalcanti. Aber um ihn dreht sich der Streit ja in
keiner Weise, denn er gehört nicht zu den Sechs, die Villani als innere Ver-
räter bezeichnet hat.
•* Um aus der Verlegenheit herauszukommen , beruft sich Del Lungo I
1052 Anm. I noch auf jene Kategorie der Confinati, qui debent in civitate
morari, — qui possunt in civitate morari, — qui possunt in civitate morari,
qtiousque po7ietur bampnutn, quod exeant civitate, er vergifst dabei aber ganz
und gar, dafs Dino in die Zahl jener 600, i quali andorno stentando per lo
mondo, chi qua e cid lä , auch unsere Sechs einschlieist. Übrigens finden
sich die oben angeführten Vergünstigungen — wenn ich nicht irre, — auch
keineswegs in den Listen der seit Januar 1302 Bestraften, sondern nur in dem
Verzeichnis der Confinati von 1268. Vgl. z. B. Delizie degli erud. Toscan.
VIII 274, 276, 281. Für 1302 habe ich die gleichen Bestimmungen nirgends
gefunden.
■* Wie schon mehrfach bemerkt wurde, ist in dem Drucke bei Raynaldi
1304 §6 das Datum XI. Kai. Jun. in XI. Kai. Jul. zu verbessern. So liest
man denn auch in dem neuesten Drucke von Grandjean I-e registre de Benoit
XI 801 — 806. Nur sind hier die Namen von drei, nach Rom beschiedenen
Florentinern ausgefallen.
^ Perrens Hist. de Florence III 98 Anm. 3 irrt, wenn er behauptet, auch
Pazzino de' Pazzi sei im Briefe des Papstes nicht genannt.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. lOI
Verlauf dar : von der urkundlich beglaubigten Citation berichtet
er Nichts, / caporali de' reggienti, die er wie Villani nennt, sind
noch nicht angeschivärzt, sie wissen nur sicher, che aborninati sareb'
bono al Santo padre, wenn sie nicht ein Präservativmittel ergriffen.
Deshalb beschliefsen sie, eine Gesandtschaft abzuordnen, und als
deren Träger nennt Dino nun dieselben Männer, die nach Villani
einem peremptorischen Befehle des Papstes folgten, und zwar in
derselben Reihenfolge ! Es ist schlimm für Dino , dafs der histo-
rische Zusammenhang, in welchem die fünf Parteihäupter beim Vil-
lani erscheinen, eine urkundliche Bestätigung hat, während die
Verbindung, in welcher Dino selbst die Namen aufführt, jeder Be-
glaubigung entbehrt. Wollte Jemand annehmen, Dino rede von
einer Gesandtschaft, deren Abordnung man beschlossen habe, noch
ehe die peremptorische Citation in Florenz eingetroffen sei i, Vil-
lani aber habe die Namen der frei Gewählten, welche ihre Vater-
stadt beim päpstlichen Hofe entschuldigen sollten, mit den Namen
der unfreiwillig Beschiedenen verwechselt; so bliebe der schwer
erklärliche Umstand, dafs hier und dort fünf Namen in gleicher
Reihenfolge wiederkehren ; es bliebe auch die auffallende Erschei-
nung, dafs wenigstens vier der frei Gewählten später unfreiwillig
beschieden wären. Wie gesagt, der Zusammenhang, in welchem
Villani die Namen nennt, ist urkundlich als richtig erwiesen: nur
in Einem Namen hat er geirrt ; — wie mir nach Lage der Dinge
nicht zweifelhaft zu sein scheint, hat Dino die vom Villani ge-
botenen Namen, mit Einschlufs des irrigen, in eine andere, durch
Nichts bestätigte Verbindung gebracht.- Dafs ihm Viliani's Erzäh-
lung jener Begebenheiten , als deren letzte Folge die Citation der
Parteihäupter gelten kann, vor Augen gelegen hat, sieht man auch
aus einer anderen Stelle. Dino sagt III 8: uno ser Neri Abati,
priore di Santo Piero Scaraggio, tiomo reo e dissoluto, nimico de suoi
consorti — // primo ftioco — messe in casa i consorti siioi in Orlo
Santo Michele ; und Villani VIII 71: uno ser N^eri Abati, cherico e
' Nach dem Beschlüsse vom 30. Juni 1304, den Grandjeau in den Me-
langes d'archeol. et d'hist. III 428 herausgegeben hat, constituti fiierunt sin-
dici unus et plures, quem priores eligere voluerint, ad presentandum et com-
parenduin se , nomine et vice communis Florentie , coram sunimo pontifice.
Damit entsprach man der päpstlichen Aufforderung vom 20. Juni, dafs Florenz
sich dem heil. Stuhl stellen 'io]\\.<i per procuratores idoneos. Aufser diesen sollten
aber auch 13 Genannte erscheinen, darunter eben die Männer, welche Villani und
Dino nennen, nur nicht Betto Brunelleschi. Schon danach scheint es mir un-
zulässig zu sein, die Angabe Dino's mit dem Vorgange vom 30. Juni in Ver-
bindung zu bringen. Dann aber würden die Prioren als ihre Syndici und
Prokuratoren doch auch schwerlich nur Granden gewählt haben. Endlich:
als der Beschlufs vom 30. Juni gefafst wurde, war schon der Brief des l'apstes
vom 20. Juni in Florenz eingetroflen , und unmöglich konnte damals noch
Jemand sagen : / caporali de' reggenti, sappiendo di certo, c/te abotniati sa •
rebbono al santo padre etc. Dies gegen Del Lungo II 292 Anm. 4.
2 Über eine anderweitige Verwertung der fiinf Namen vergl. Florent.
Studien 74, 75.
r02 P. SCHEFFER-BOICHORST,
priorc di sau Picro Sflurdi^^no, novio mondano c dissolutn ' c ribillo e
nimico de siioi consorli — />/ prima mise fuoco in casa i stioi con-
sorH in Orto san MichelcJ^
Diiu) I 12 berichtet über die Folgen, welche die Ordnungen
der Clerechligkeit nach sich zogen. Pochi inalifici si nascondcano,
che dogli anversari non fussino ritrovali; molti ne furono ptitiiti si-
cotido la legj^c. I primi che vi caddono furono i Galigai, chl alcuno
di loro fe uno tna/ificio in Francia in dtie ßgliuoli di tmo nominato
viercatanie, che avea nome Ugolino Benivieni, chi vennono a parole
insieme, per le qtiali /' uno de deili frateUi fu fedito da qtiello de Ga-
ligai, che ne nioi\. E io Dino Compagni, ritrovandomi gonfalonierc
di gitistizia nel 1293, andai alle loro case c de^ loro consorli, e quelle
feci disfare secondo le legge. Queslo priticipio seguild agli allri gon-
falonieri uno male uso, percht! se disfacevano secondo le legge, il popolo
dicea, che erano vili, se 7ion dis/aceano bene affatto. Die erste
Häuserzerstörung , die Dino als Gonfalonier vollzogen haben
will, würde in der Zeit vom 15. Juni bis 15. August 1293 erfolgt
sein, denn damals führte er das Banner der Gerechtigkeit. Nun
aber ist durch Clironiken ^ und auch durch Urkunden ' kaum
Etwas so über jedem Zweifel erhaben, als dafs schon der erste
Gonfalonier, Baldo RufToli, in Gemäfshcit der Ordnungen ein Haus
zerstörte: Baldo bekleidete das Amt vom 15, Februar bis zum
13. April 1293; Urkunden belehren uns, dafs er den Racheakt vor
Ende März 1293 vollzog, und dieselben Urkunden bestätigen denn
auch die Angabe mehrerer Chronisten, dafs damals nicht die Häuser
der Galigai, sondern der Galli gefallen seien. Dennoch wären
nach Dino als die ersten die der Galigai, nicht die der Galli, und
zwar durch die Hand Dino's selbst, nicht Baldo Ruffoli's dem
Erdboden gleich gemacht ! Bei solcher Lage der Dinge, meinte
Theodor Wüstenfeld s, müsse man der Ansicht Hartwig's, dafs dieser
Punkt allein einem Kriminalisten genügen könnte, den Verfasser als
Fälscher zu straf efi, ohne Weiteres Recht geben. Wie hilft Del
Lungo sich aus der Klemme ? Er erklärt die bisherige , früher
auch von ihm geteilte Interpretation für verkehrt ß; Dino sage gar
nicht, dafs er überhaupt die ersten Häuser zerstört habe ; der Sinn
1 Villani's uomo mondano e dissoluto hat auch Pucci Centioloquio XLII
19 mit Uomo dissoluto e reo wiedergegeben. Machiavelli Ist. fior. Et 21 um-
schreibt die Charakteristik durch uomo dissoluto e vago di male.
2 Danach ist die Angabe Paolino Pieri's 79 : mise fuoco in casa sua me-
desima keineswegs durch Majorität widerlegt.
3 Pseudobrunetto a. a. O. 233. Villani VITI i. Simone della Tosa ed.
Manni 154.
* Auf eine derselben verwies zuerst Fanfani La critica de' nonni 33 ;
über alle vgl. man nun Del Lungo I ic6i und die zugehörende Anmerkung.
5 Gott. Gel. Anz. 1875 S. 1563.
^ Zur Zeit, als Del Lungo erklärte, dafs nicht Baldo Ruffoli als Erster
eine Zerstörung vorgenommen, kannte er noch nicht die Urkunden, welche
die in Frage stehende Angabe bestätigen. Da der archivalische Fund ge-
macht war, mufste natürlich Dino's Erzählung umgedeutet werden.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. IO3
seiner Worte sei vielmehr : Wenige Verbrechen wurden verheimlicht,
so dafs sie nicht von den Gegnern der Übelthäter ans Tageslicht
gezogen wären ; von diesen wenigen, deren Verheimlichung anfangs
versucht ward, sind aber viele doch zur Anzeige gekommen ; und
die ersten dieser viele^i von ivenigen waren zwei Totschläge, die ein
Galigai verübt hatte. 1 An Interpretationskunst ist hier geleistet,
was nur möglich ist ; anstatt pochi und molti als koordinierte Gegen-
sätze zu nehmen, ist molti als Unterabteilung zu pochi gefafst ! Und
wasfürein Interesse hat es doch, von Dino zu erfahren, wer von
denen, die ihre Übelthat zu verheimlichen suchten, zuerst bestraft
wurde.-' Ein so den Kern der Dinge treifender Autor, wie Dino
nach seinen Lobrednern gewesen sein soll, mufste sich doch sagen,
dafs es auf die ersten Zerstörungen überhaupt ankam, nicht auf
die ersten jener Ausnahmsfälle, die ich schon oben die vielen von we-
nigen nannte. Der gemeine Menschenverstand will vor Allem wissen,
welches Geschlecht zuerst, gleichviel ob ein Versuch zur Geheim-
haltung gemacht wurde oder nicht, von der drakonischen Bestim-
mung getroffen wurde, d. h. er verlangt jene Art der Erzählung,
welche die angeblich tief, sehr tief unter Dino stehenden Autoren
bieten. Das möchte genügen, um die angewandte Interpretation
als unzulässigen Notbehelf zu kennzeichnen. Doch thuen wir noch
ein Übriges! Dino sagt im Anschlufs an die Strafe, welche er
über die Galigai verhängt haben will: Diesem Anfang folgte eine,
für die Gonfiloniere üble Gepflogenheit, demi ivenn sie gegeti eiti Hans
iti Ge7näfsheit der Ordinametite vorgingeti, so sagte das Volk, sie ivären
feige, lüofern sie dasselbe nicht gründlichst zerstört hatten. Weshalb
hier noch einmal: diesem Anfang, wenn nicht die erste Zerstörung
überhaupt gemeint ist, sondern eine ganz besondere, nur selten
vorkommende? Soll der schlechte Brauch erst durch die letztere
hervorgerufen sein? Das glaubt Del Lungo selbst nicht, und er
übersetzt nun Qiiesto principio durch Questi esempi di rigore.'- So
ist in Qiiesto principio die Zerstörung der Häuser Galli und (ialigai
eingeschlossen ; zugleich ist aber auch der italienische Wortschatz
bereichert, sofern principio nicht blofs der Anfang, sondern dazu
noch die Beispiele heifst, und die Grammatiker mögen sich merken,
dafs Questo nicht minder auf verschwiegene, als auf erzählte Be-
gebenheiten verweisen kann. Noch mufs ich erwähnen, dafs bei
zwei einschneidenden Differenzen zwischen Dino und den übrigen
Chronisten doch auch eine auffallende Übereinstimmung besteht:
das Verbrechen ist in Erankreich begangen, und wenigstens ein
Chronist, ein unmittelbarer Zeitgenosse, trifft auch darin mit Dino
zusammen, dafs die Opfer der Übelthäter der Eamilie Ugolino
Benivieni angehörten. Del Lungo meint nun, dafs das Verbrechen,
welches ein Galigai in Erankreich an zwei Beinvieni verübte, auf
einen Galli übertragen sei, und in Wirklichkeit mischte derselbe in
* Del Lungo II 53 Anm. 12. Hoffentlich habe ich seiuc Meinung richüg
verstanden.
* A. a. O. 54 Anm. 15.
I04 !'• SCHEFFKR-nOICHORST,
Flori'iiz den Frevel begang(!n liaben. Si liadc, dafs uii.s(;rc'n AulorLMi
der Irrtum gerade bei der ersten, der bemerkenswertesten Zer-
störung begegnete; und schade, dafs unter diesen Autoren wenig-
stens zwei Zeitgenossen sind.' Oder beide Verbrechen seien auf
französischem Boden verübt: in Frankreich beging ein Galigai, wie
Diiiu sagt, eine Ubelthat an zwei lienivieni, aber nur einen der-
selben erschlug er, und nun kam ein Galli dazu, — so darf man
nach Del Lungo di(! Angaben der übrigen ("hronisten deuten, —
um den zweiten H(;nivieni, an welchem der Galigai sich indefs
auch schon als ein Übelthäter vergangen hatte, ins Jenseits zu be-
fördern. Obwohl der doppelte Totschlag sich in Einem Akte voll-
zog, so kam zunächst doch nur das Verbrechen des Galli ans
Tageslicht , der Galigai wufste das seinige bis zum Gonfaloneriatc
Dino's geheim zu halten. Wie man sieht, steht del Lungo als histo-
rischer Interpret nicht hinter dem grammatischen und logischen
zurück ! Dino weifs Nichts von dem Eingreifen des Galli, er nennt
als Verbrecher gegen beide nur einen Galigai, und die Anderen
haben keine Ahnung , in wie schwerer Weise der Galigai in die
von ihnen erzählte Übelthat verwickelt ist. Unser bester Gewährs-
mann behauptet sogar, der Galli hätte beide Bcnivicni erschlagen ! -
Aber die Übereinstimmung bleibt bemerkenswert. Die DifTerenzen
können nun und nimmer von dem Zeitgenossen Dino herrühren ; doch
ist es möglich, dafs sie erst nachträglich in den ursprünglichen.
Wahres enthaltenden Text eingeschoben wurden.'^ Es wäre dann
nicht anders, als bei der Geschichte des Monfiorito. Wie wir hier
durch Vergleiche mit einer Ableitung der echten Chronik Dino's
erkannten, ward in der uns vorliegenden Verunstaltung aus einem
]\farchigiano ein Paduano ; wo früher ein Angeklagter aus den Pro-
zefsakten ein verfängliches Blatt entfernte, nahm er jetzt eine Rasur
der bedenklichen Stelle vor; das falsche Zeugnis, das der Podestä
selbst ausgestellt hatte, wich einer falschen Zeugenaussage, die er
entgegennahm. Geradeso kann in der Erzählung von der ersten
Häuserzerstörung ein Galigai für den Galli und Dino Compagni
für Baldo Ruffoli eingesetzt sein. Natürlich bedingte die letzte
^ Pseudobrunetto sagt zum Jahre 1292: assediamo e disfacemo und zum
Jahre 1294: lo li vidi. Villani VII 131 schon mit Rücksicht auf 1289: ch' io
l'udii e vidi.
2 E le prime case — si fuoro quelli di Galli , per cagione che Segna
di Galli uccisse in Francia due fratelli di Vanni Ugolini. Pseudobrunetto 1. c.
Vanni Ugolini läfst sich von 1287 — 1300 mehrfach als Prior nachweisen.
Delizie VIII 38, 53, 76, X 14. Einmal heifst er Vanni Ugolini Bencivieni.
VIII 53. Als Vanni Ugolini Benivieni erscheint er in Velluti's Cronica ed.
Manni 7.
3 Man beachte namentlich, dafs Pseudobrunetto sagt: due fratelli di
Vanni Ugolini und Dino ; due ßgliiioli di tino nominato mercatante, che aveva
nome Ugolino Benivieni. Beide Angaben ergänzen sich vortrefflich ; der
Vanni Ugolini bei Pseudobrunetto mufs nach Dino ein Sohn des Ugolino
Benivieni sein, und dementsprechend heifst er denn auch urkundlich : Vanni
domini Ugolini Benivieni.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. IO5
Änderung, dafs statt der dritten die erste Person gebraucht
wurde. ^
1 Del Lungo I 1065 glaubt aus Urkunden vom September 1305 bewiesen
zu haben, dafs im Jahre 1293 thatsächlich die Häuser der Galigai zerstört
sein, denn in denselben wird der Compagnia d'Or San Michele erlaubt, super
uno de casolaribus GalUghariorum eine Werkstätte zu errichten, und zugleich
erhält die Gesellschaft das Privileg , dafs ihr Gebäude non possit nee debeat
destriii, dirui, vastari vel molestari per commune Florentie — occasione ali-
cuius libre, imposite, prestantie vel alteriiis factionis, facte vel detente, aut
ßende vel detinende in posterum per aliquem de Ghallighariis , nee etiam
{occasione) alicuius condempnationis vel banni alicuius de domo de Galligariis.
Da soll auf eine erlittene Verurteilung angespielt sein, und noch schlagender
sei der Ausdruck; s^iper uno de casolaribus, denn casolare heifse ruderi della
casa und werde mit Bezug auf die (kraft der Gesetze vollzogenen) Zerstörungen
gebraucht. Die Richtigkeit dieser Ausführungen einmal zugestanden, — wo
steht denn geschrieben, dafs die Urkunden von 1305 gerade eine Zerstörung
von 1293 betreffen? Im Jahre 1303 wurde Nuccio Coderini de' Galigai als
Hochverräter verurteilt, und recht gut können damals die Häuser seiner Familie
zerstört sein. Villani VIH 59 sagt: Ttitti gli altri sopradetti presi — darunter
eben Nuccio Galigai — gli giudico e fece loro tagliare le teste e ttitti quegli
di casa gli Abbati condannare per rtbelli e disfare i loro beni. Letzteres ist
wohl auf beide Kategorien zu beziehen, wie denn Enthauptung und zugleich
Tläuserzerstörung eine nicht ungewöhnliche Strafe ist: vgl. z. B. Archivio stör.
Nuova Serie I'i 49. Handeln also die Urkunden von 1305 wiriclich über Häuser
der Galigai, die nach Mafsgabc der Statuten fielen, so liegt es doch viel näher,
an einen Vorgang von 1303 zu denken, als an einen solchen von 1293. Aber
müssen unsere Häuser denn durchaus auf Grund eines Gesetzes zerstört
sein? müssen sie gerade einer liestraften Familie des Geschlechts Galigai
angehört haben ? Wäre es der Fall , so würde ich nicht begreifen , wie die
Verbindlichkeiten oder die Verurteilung eines Galigai dem Neubau schädlich
werden sollten. Denn mit einer Zerstörung verband sich inuner, — wenn ich
nicht irre, — dafs die Liegenschaften für die Kommune eingezogen wurden. Das
geschah nach den Ordnungen der Gerechtigkeit jedenfalls dann , wenn eine
Mordthat, wie die, welche im Jahre 1293 der Galigai begangen haben soll,
die verdiente Strafe fand. So würden tlenn die zerstörten Häuser seit 1293
das Eigentum der Stadt gewesen sein; und dafs dem Neubau die Verbindlich-
keiten oder die Verurteilung eines Galigai Gefahr bringen konnte, war damit
ausgeschlossen. Aber die zerstörten Häuser können nach 1293 wieder in den
Besitz der Galigai gelangt sein. Das ist denkbar, doch nur auf Grund eines
mit der Stadt getroffenen Übereinkommens, und alsdann kann zum Wenigsten
in den Worten : occasione alicuius condempnationis vel banni alicuius de domo
de Gallighariis keine Anspielung auf den Fall von 1293 enthalten sein. Doch
um zum Schlüsse zu gelangen, — Del Lungo's Deutung von casolare als ge-
setzmäfsig zerstörtes Haus ist eine ganz willkürliche , und ebenso gut , wie
ein Gonfaloniere oder ein Podestä kann ein Feuer die Verheerung angerichtet
haben. Nun gränzten die casolaria GalUghariorum, von denen die Rede ist,
an den Platz von Or San Michclc , an den der Abati u. s. w. So eine der
Urkunden von 1305. Der grofse Brand aber vom Juni 1304, dem mehr als
1600 Häuser zum Opfer fielen, war dadurch entstanden, dafs ein Neri Abati
nach Villani VIII 71 mise fuoco in casa i suoi consorti in Orto San Michelc
oder nach l'aolino Pieri S. 79: in casa sua medesima. Wie die Häuser der
Galigai lagen , dürften auch sie damals zerstört sein ; und nun denke ich mir
folgende Entwicklung. Im Jahre nach dem Brande verständigte sich die Coni-
l)agnia von C)r San Michele mit den (ialigai, dafs sie auf einem ihrer zer-
störten Häuser einen Neubau auffülucn dürfe. Aber sie befürchtete, jetzige
oder spätere VerpHichtungen der (ialigai, dann die Verurteilung eines der-
selben, die recht gut für die Zukunft als möglich vorbehalten sein kann, die
keineswegs schon, wie Del Lungo behauptet, als vollzogen gedacht werden
I06 P. SCHEFFRR-BOICHORST,
Nach Villani VJIl i lic-.slimmlen die Ordnung«-]! der Gercclilig-
keil: che fossc tenulo /' loio consorlo f>rr l' a/lro. Diese Fassung legt
(m'h Mifsvcrständnis sehr nahe; denn während Villani nur sagen
will: /)ü Konsorten sind haftbar, ivcnn von Einem der Ihrigen, der
sich i^fgen einen Popolanen ver prangen hat , die festgesetzte Geldstrafe
nicht gezahlt wird, kann man ihn doch auch so verstehen, dafs der
unschuldige Konsorte zugleich mit dem schuldigen bestraft werden
soll. Nicht anders hat schon Machiavelli den Satz umschrieben :
obligavansi i consorti del reo alla medesirna pena , che quello; nicht,
anders hat ihn aber auch Dino gedeutet.' Mit Villani sagt er I 1 1
die Ordnungen hätten festgesetzt, che l' uno consorlo fusse tenuto per
r altro. 1 12 bemerkt er dann: / uomini delle famiglic non acciisa-
vario i loro consorti, per non caderc neue pene. In dieser Allgemein-
heit scheinen die Worte doch mehr zu besagen, als nur: die Gran-
den fürchteten, für ihren schuldigen Konsorten , der nicht zahlte, die
Geldstrafen entrichten zu müssen. Sollte man hier aber noch zweifeln,
dafs Dino sich des gleichen INlifsverständnisses schuldig gemacht
habe, wie Machiavelli, so lese man nur, was er von der Häuser-
zerstörung der Galigai erzählt: E io Dino Compagni, ritrovandomi
gonfakmierc di giustizia, andai alle loro case e de' loro consorti e quelle
fcci disfarc sccondo le legge. Jedermann hatte bis vor Kurzem seine
Angaben dahin verstanden, dafs er die Häuser der Galigai und
ihrer Konsorten zerstört habe, weil es so den Gesetzen entspräche.
Erst Del Lungo ist es gelungen, auch hier wieder, gerade wie bei
dem Racheakte als dem ersten, einen bislang nicht entdeckten Sinn
herauszulesen. Nach ihm sagt Dino, er sei zu den Häusern der
Galigai und ihrer Konsorten gegangen, und soweit es die Gesetze
erlaubten, — wenn ich Del Lungo richtig verstanden habe, —
hätte er den Racheakt vollzogen; und da nun nicht gestattet war,
auch die Häuser der Konsorten zu zerstören, so erkläre Dino ja selbst,
indem er secoitdo Ic legge hinzufügte, er hätte nur die Häuser der-
jenigen Familien des Geschlechts Galigai, dem der Schuldige angehörte,
dem Erdboden gleich gemacht. Um von Anderem zu schweigen,
— wenn man die nächstliegende Frage aufwirft : Weshalb ging Dino
denn überaupt zu den Häusern der Konsorten , falls er diese nicht
mufs , möchten ihr auf eigene Kosten aufzuführendes Werk gefährden. Da
erwirkte sie von der Stadt neben der Erlaubnis zum Neubau auch das Pri-
vileg, dafs aus dem Anteil, den die Galigai an Boden und Material haben,
ihr niemals ein Schaden erwachsen solle. Wie aber auch immer, — die
Urkunden von 1305 auf die angebliche Häuserzerstörung von 1293 zu be-
ziehen, mufs ich für Willkür halten.
' Da Del Lungo I 1060 andeutet, eine so ungeheuerliche Interpretation
könne doch nur ich den Worten Villani's geben, mag hier ein Urteil Villari's
Platz finden. Nachdem er in der Nuova Antologia XI 461 den wahren Sinn
des Satzes: l' uno consorto era tenuto per V altro entwickelt hat, fährt er
fort: Si vede anche come falsamente le interpretasse il Machiavelli nel
dire: „obligavansi i consorti del reo alla medisima pena, che quella"; e
quanto s' inganasse ro i ?no de rni nel ripetere una interpretazione , che si
trova contradetta dagli Ordinamenti stessi. Ich will den Neuern nicht nach-
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI, IO7
anrühren ivollte? so fehlt wenigstens mir jede Antwort. Allerdings
glaubt Del Lungo sie gefunden zu haben: Darüber kann sich Xie-
/nand wundern, der da iveifs, ivie viele Vorsichtsmafsregeln in jenen
Zeiten ein Exekutivbeamier selbst in weniger schweren Fällen zu er-
greifen pflegte.^ Leider verstehe ich nicht, wie ein Gang zu den
Häusern auch der Geschlechtsgenossen den Gonfaloniere, der nur
den Übelthäter bestrafen durfte, gegen eine Anklage oder Ver-
dächtigung oder Anderes schützen konnte.-
Villani VIII 49 erzählt: A dl 5 di Novejtibre 7iella chiesa di s.
JSIaria Novella, essendosi raunati podestä e capitano e priori e tutti i
consiglieri e il vescovo e tutta la buona gente di Firenze, e della sua
domanda fatta, proposta e diliberata e rimessa in lui la signoria e la
guardia della cittä. E viesser Carlo dopo la sposizione del siio aguz-
zetta di sua bocca accettb e giurö e come figliuolo di re protnise, di con-
scrvare la cittä in pacifico e buono stato. E io scrittore a qiieste cose
fui presente. Fügen wir hinzu : als reifer Mann. Vor nunmehr
einem Jahre hatte er den Plan zu seinem Werke gefafst und mit
der Sammlung begonnen. Wenn Etwas Glauben verdient, so
seine Angabe, dafs Karl mit eigenem Munde die Verfassung be-
schworen habe. Ob gerade alle sechs Prioren anwesend waren, —
darauf kommt es weniger an ; aber eine Thatsache , wie sie in
den Worten ausgedrückt ist: dopo la sposizione del suo aguzzetta
di sua bocca accettb e giurb e come figliuolo di re promise bleibt un-
getrübt im Gedächtnisse haften, und eben zum Beweise, wie leb-
haft die Scene ihm vorschwebt , schliefst Villani : E io scrittore a
queste cose fui presente. Dagegen Dino II 13, Karl hätte den drei
hingegangenen Prioren Nichts gesagt : come colui che non volea
parole, ma si uccidere, aber wie wir einige Kapitel weiter lesen II 17:
E messer Guglielmo cancellierc e V maniscalco di messer Carlo giu-
rorno nelle mani a me Dino, ricevente per Io commune, che riccvea la
guardia della cittä. Mitten in der Materie, die er 11 1 7 behandelt,
soll er auf die in II 13 erzählten Vorgänge zurückgreifen. Der
spüren ; ich beschränke mich auf die Interpretation eines Autors , der noch
vor Machiavelli schrieb. L. Arelini Hist. Flor. 68 ed. 16 10 läfst den Giano
della Bella in einer Rede sagen : Unum praeterea his adiungo, ut proximi
atque familia eisdem poenis obligentur. Semper enim participes nialeficii gen-
tües agnatosque fiiisse ptitandutn est, quorum fiducia quis elatus maleficia
commiserit. Dann S. 96 : aedes Gallorutn circumstetit gentilesqiie agnatos
twmicidae persecutus extorres patria egit, aedes diruit, praedia vastavit.
' Wenn Del Lungo a. a. O. ausruft, geradesogut wie den angeführt'-"n
Satz Dino's könnte man auch den entsprechenden Viilani's für geHilscht halten,
denn nach diesem seien /f case dei Gaili zerstört, während die Urkunde doch
nur handeln über destruendum pro ipso communi domutn deGallis, so ver-
mischt er ganz verschiedene Dinge: nicht aus Dino's: andai alle loro case
hatte ich die Zerstörung sämtlicher Häuser aller Galigai gefolgert, sondern
aus: andai alle loro case e de' loro consorti.
2 Die Galigai selbst wohnten nicht einmal in Einem Sesto ; zu ihrer
Konsorterie aber gehörten wahrscheinlich Familien, die einen anderen Namen
trugen. Florent. Studien 104 Anm. 2, 3, 4.
I()8 I'. SCHRFFER-HOICHOKST,
Widerspruch zwischiMi Dino und Villaiii würde also nicht, wie; es
scheinen mufs, ein zeitlicher und zugleich sachlicher sein; sondern
nur die im Mittelpunkt stehende Person betreflen. Da aber ist
auch der Widerspruch so krafs, dafs er bei zwei Autoren, die als
Zeitgenossen schreiben sollen. woVil ohne Analogie ist. Wie ent-
scheiden wir uns? Ich habe dafür, dafs Villani hier unsern vollen
('ilaul)en verdient, das N«')tige gesagt; gegen Dino aber ernstes Mil's-
traiien zu hc^gen, berechtigt uns ja die Thatsache, dafs er sich die
erste, in Wahrheit von IJaldo RufToli vollzogene Zerstörung eines
Hauses zuschrieb. Es kommt hinzu, dafs der Anonimo Fiorentino,
der an dieser Stelle die Erzählung Villani's mit der des echten
Dino verbindet, in der gerade für uns wichtigsten Sache, nämlich
der Eidesleistung, formell viel ausführlicher ist, als Villani, und
sachlich nicht mit der uns vorliegenden Chronik Dino's stimmt.
Er möchte doch auch hier dem noch nicht verunstalteten Texte
gefolgt sein, nur ihn seiner Gewohnheit nach knapp zusammen-
fassend.
I ig erzählt Dino, der Kardinal von Acquasparta hätte sich
im Hause des Bischofs nicht mehr sicher gefühlt: e atidd a slare
ollrarno a casa inesser Tomaso .... Dahin bcgiebt sich nun Dino,
dem erzürnten Kardinal 2000 Gulden als Geschenk der Kommune
anzul)iett'n. JMonsignore, sagt er, tion li disdegnaic. Dino ist zur
Zeit nicht Prior, und schon ein anderer Kritiker wunderte sich,
dafs er hier trotzdem in Aktion trete. Motisignorc hat er den Kar-
dinal, wie wir schon sahen ', nun und nimmer angeredet, und wenn
der Text einer Urkunde, die Acquasparta nach seiner Übersiede-
lung ausstellte, nicht gerade an dem für uns wichtigsten Punkte
verderbt ist, so wohnte der Kardinal nicht beim Messer Tomaso,
sondern beim Giovanni de' Mozzi.2
Nach III 2 1 hat Dino über die Ermordung Corso Donati's,
eines der aufregendsten Ereignisse seiner Zeit, besondere Umfrage
gehalten, und dennoch läfst er die That im September 1307 ge-
schehen, während sie in Wahrheit am 6. Oktober 1308 ganz Florenz
in Bewegung setzte.
Dino war Prior, als Karl von Valois in Florenz einzog. Er
und seine Kollegen hatten aber den Kanzler Karl's ersucht, wie es
II 7 heifst, che pregasse il sigjior suo, che tton venisse il di d^Ognisanti,
perb che il popolo mimäo in ial dl faceva festa coi vini nuovi ; und
der Kanzler hatte zugestimmt: // per che deliberv, venire la domenica
seguenle. Da nun mit keinem Worte gesagt ist, dafs die Verabredung
nicht eingehalten sei, so sieht Jedermann seine Erwartungen erfüllt,
wenn er II g liest, Karl sei am Sonntag nach Allerheiligen in Flo-
' Vgl. S. 97 Anm. 7.
^ Latum et promulgatum iu domo domini Joannis de Mozzis in caniera
dicti domini cardiualis. 1300 ind. 13. Sept. 27. Lami Mon. eccl. Florent. 1670.
Vorher heifst es: Dictus vero dominus Franciscus card. leg., noch früher:
venerabilis frater Matthaeus card. leg., und danach ist denn Franciscus in
frater Matthaeus zu ändern.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. lOQ
renz eingezogen: domenica addi 4 di novemhre 1301. Der kleine
Irrtum, der Sonntag sei der vierte gewesen, während er thatsäch-
lich der fünfte war, will dabei nicht mehr bedeuten, als wenn es
III IG von einer berühmten Schlacht des Jahres 1304 heifst, sie hätte
stattgefunden il d) di Saiita Maddalena addi 2 1 di higlio, indefs das
Magdalenenfest auf den zwanzigsten fällt. Von Bedeutung, und zwar
von grofser, ist vielmehr dafs Karl nun doch nicht am Sonntag nach
Allerheiligen , wie laut II 7 festgesetzt und gemäfs II 9 ausgeführt
sein soll, in Florenz seinen Einzug hielt, sondern an Allerheiligen
selbst, am i. November, damals einem Mittwoch. 1 Zur Zeit aber
war Dino, wie gesagt, eines der regierenden Häupter von Florenz,
und wenn er Etwas gewufst hat, so die Zeit für das Auftreten des
Mannes, dessen Politik ihn selbst einige Tage später aus dem Prioren-
palaste hinaustreiben sollte. Der Sonntag nach Allerheiligen kann
nicht auf sein Konto gesetzt werden 2; und die Vertreter der ab-
soluten Echtheit unserer Chronik mögen sehen, wie sie jene doch
ganz zu dem falschen Einzugstage passende Vereinbarung, welche
der Kanzler Karl's mit Florenz getroftbn hätte, der Geschichte er-
halten können.
' Florent. Studien 141 — 143.
^ Beim Anon. Fior. II 326 heifst es : Entrb in Firenze la domenica prima
che viene doppo Ognisa^iti atidorono i signori priori a Santa Maria No-
vella a parlargli. Es ist die Frage, wohin das Datum zu ziehen sei. Gehört
es zur Ankunft Karl's, so würde dem Anonimo schon die verunstaltete Chronik
vorgelegen haben; gehört es zur Versammlung von Santa Maria Novella, so
haben wir einen neuen Beweis, dafs die Chronik, wie dieselbe vorliegt, eben
verunstaltet ist, denn die Versammlung fand in der That am Sonntag nach
Allerheiligen statt. Die einfachste Beziehung ist natürlich diejenige, die histo-
risch Richtiges ergiebt: ohne Grund soll man Niemanden eines Irrtums zeihen.
Ferner ist es am Wenigsten eine einfache Annahme, dafs der Anonimo aus den
Worten der Chronik, wie sie vorliegt : Venne ü detto messer Carlo nella citta
di Firenze domenica add) 4 di novenibre gemacht haben sollte ; la domenica
prima che viene doppo Ognisanti. Aber Del Lungo ist einmal anderer An-
sicht; nach I 1210 Anm. 2 wird chiunque abbia sentore di prosa antica das
Datum zu Entro in Firenze beziehen. Indem er mir jede Ahnung von der
Sprache alter Chroniken abstreitet, will er doch wohl sagen : die alten Chro-
nisten setzen das Datum nach Subjekt und Prädikat. Aber bei Dino III 9 lesen
wir ganz entsprechend: Add) 22 di luglio 1304 mor) in Perugia papa Betiedetto
XI. oder III t^6: Add) l d'agosto 131 2 fu incoronato in Roma Arrigo VII.
Hatte der Schreiber auch etwa keine Ahnung von der Sprache alter Chro-
niken F Aber vielleicht mufs man Del Lungo's Worte in einem anderen
Sinne nehmen, in jenem zweiten Sinne, den er anwendet, um Dino's Angaben
mit der Geschichte in Einklang zu setzen. Also hat er etwa sagen wollen,
für einen alten Chronisten hätte nur der Einzugstag ein Interesse gehabt, und
undenkbar sei es, dafs derselbe diesen übergangen, um den Versammlungstag
anzumerken. Demgegenüber habe ich schon in dieser Zeitschrift VII 79 Anm. 2
betont, dafs Anonimo I 170, da er nach Viilani über die gleichen Dinge be-
richtet, zum Einzüge Karl's kein Datum hinzufügt, obwohl Viilani doch als
solches den i. November angiebt, dafs er dann aber in Übereinstimmung mit
Viilani erzähle, Karl sei am 5. November mit den Häuptern der Regierung
zusammengekommen, die Verfassung zu beschwören. Also hier und ilort das-
sellte Verfaliren. Es riilirt aber ilalicr, ilafs der Anonimo, wie er eine Ahnung
von der Sprache alter Chronik,ii halte, »^o aurli ein politisches Wrstäiulnis
für das wirklich Wichtige.
IIO P. SCHEFFER-nOICHORST,
Zur Zeit des Ar(;tim;r Krieges, <Ieii Fjrjrenz im Jahre 128Q
führte, zur Zeit der hochberühtnten Schlacht von ( 'ampaldino, war
Dino ebenfalls einer der sechs l'riuren. Man wird danach erwarten,
dafs er genau wisse, aus welcher Ursache der Streit entbrannte.
I 6 erzählt er, des Tiischof von Arezzo hätte eine Differenz mit Siena
gehabt /'rv ////(> siiii cds/i/lo, ^li twiVtDi loll«. ]>eide hätten dann die
lüilsehcidung Florenz üb(!rtrag(Mi, und (h'i (Jieses die Sienesi-n be-
günstigte, s<j se^iü In Ifrza ^loriii d,' Fioitutini. Das Kastell ist
J'oggio Santa Cecilia; lange; vor 128g lälst es sich als Besil/.tunj
Siena's nachweisen ', und nicht Siena hatte es dem Jiisclujfe entrissen,
sondern ein Versuch, dasselbe den Sienesen zu nehmen, war vom
liischofe unterstützt worden, Dafs nno suo castelh gli avevan tollo,
— die Worte in ihrem natürlichen Sinne genommen, — mit der
wirklichen Geschiclite nicht im Kinklang stehe, wird allseitig ein-
geräumt. Also nuifs uno suo caslcllo eine andere l^edeutung haben!
Poggio Santa Cecilia lag nun in der Diocese von Arezzo, und was
ist mithin natürlicher, — sagt man, — als dafs uno suo castelh
heifse: die dem Bischöfe von Arezzo zustehende Diocesangewalt über
ein Kastell? Alsdann bedeute der ganze Satz, wenn man gli avevan
tolto hinzunimmt: Siena hatte dem Bischöfe von Arezzo die geistliche furis-
diction über ein Kastell genommen. Der Streit darüber wird aber
nicht vor den Papst gebracht, sondern vor ein weltliches Schieds-
gericht. So die Deutung Del Lungo's'^ und deren logische Fol-
gerung, Die letztere hat Del Lungo nicht gezogen: wenn ich ihn
recht verstehe, so fafst er auch gli avevan tolto ebensowenig in
seinem eigentlichen Sinne, als uno suo castello. Sie haben den
Bischof nicht aus der geistlichen Jurisdiktion verdrängen wollen ;
sondern der Verlauf sei folgender: die Burg der Sienesen ist, dank
der Hetzerei und Unterstützung des Bischofs von Arezzo, in die
Gewalt ihrer F'einde gefallen ; die Sienesen aber haben sie sehr
bald wiedererobert und dann — gleichviel, weshalb — dem Erd-
boden gleich gemacht. Eben durch diese Zerstörung hat nun die
Diocesangewalt des Bischofs, die nur noch über Trümmer gebietet,
eine Einbufse erlitten; das heifse: gli avevan tolto. Der Bischof habe
nun Schadenersatz verlangt. Ich glaube kein Unrecht zu thun,
wenn ich das vorhin schon ausgesprochene Urteil , mein verehrter
Gegner sei ein gar gewaltiger Interpret, an dieser Stelle wieder-
hole.**
Unser Autor liefs den Monfiorito nicht allgemein aus der Mark
Treviso, sondern bestimmt aus Padua kommen ; im Prozefs liefs er
ein Blatt nicht ausreifsen, sondern nur eine Stelle radieren ; nicht
Baldo Ruffoli zerstörte nach ihm die ersten Häuser, sondern Dino
1 Zu den Urkunden von 1267 und 1271, die ich Flor. Studien 62 Anm.l
nachwies, kommt noch eine andere, meines Wissens ungedruckte von 1263.
- Del Lungo II 30 Anm. 17.
^ Über einen anderen Versuch, Dino's verkehrte Angabe zu retten, vgl,
meine Schrift gegen Hegel S. 22.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. III
Compagni, und diese bezeichnet er als die der Galigai, nicht der
Gaüi. Das sind Verunstaltungen, denen ich nun Poggio Santa
Cecilia anschliersen darf: aus einem Besitze- Siena's macht er die
Burg zu einer bischöflichen-aretinischen, und aus dem Versuche,
sie den Sienesen zu entreifsen, wird unter seiner Hand eine Er-
oberung, die Siena auf Kosten des Bischofs ausgeführt hat.
In dasselbe Kapitel aber, wenn ich nicht irre, gehört auch die
behauptete Abstammung des Bischofs. So wenig ich glauben kann,
dafs der wahre Dino die Difterenz wegen einer bischöflich-aretini-
schen Burg, in deren Besitz sich die Sienesen gesetzt hätten, als
Veranlassung des unter seinem eigenen Priorate geführten Krieges
bezeichnete, so wenig wird er auch den Bischof, der ihm und seinen
Kollegen gewifs manche sorgenvolle Stunde bereitet hat, bis der-
selbe kurz vor dem Wechsel der Florentiner Regierung mit dem
Siege das Leben verlor, für einen Sprofs des Geschlechts der Pazzi
ausgegeben haben: Bischof Wilhelm war ein Ubertini.'
Doch ich verlasse die Unrichtigkeiten, die sich in der Erzäh-
lung von Dino's eigenem Auftreten finden.
Nach II 15 sind 1301 die Medici, potenli popolani, über Orlan-
duccio Orlandi, imo va/oroso popolano in der Weise hergefallen, dals
ihr Opfer wie todt erschien. II podestä non mando la sua famiglia
a casa ü malfaitore, ii^ il gonfalonicrc dclla giustizia 7ion si mosse, a
punire ü malefiao, perche avea tempo 10 d\. Offenbar tadelt der Autor
hier den Podesta und den Gonfaloniere. Weshalb? Die Antwort
kann nur sein, dafs beide nicht sofort einschritten, dafs sie von
ihrem Rechte bis zum zehnten Tage zu warten, einen unzweckmäfsigen
Gebrauch machten. Nun aber verlangten die Ordnungen der Ge-
rechtigkeit, entweder unverzüglich Rache zu nehmen, wenn nämlich
ein schweres Verbrechen begangen war, oder erst 10 Tage nach
der That, wenn dieselbe in leichter Körperverletzung bestand. Ent-
weder verdienten Gonfaloniere und Podestä also einen Tadel, weil
sie nicht sofort die zur Bestrafung nötigen Mafsregeln ergriflen
hatten, oder sie durften erst nach Ablauf der zehntägigen Frist
vorgehen: von einer Wahl, die Podestä und Gonfaloniere hier in
ihrem Interesse benutzt hätten, kann gar keine Rede sein. Der
Schreiber hat oft'enbar keine klare Anschauung von den Ordnungen
der Gerechtigkeit: aus einer Pflicht, bis nach Ablauf des zehnton
Tages warten zu müssen, macht er ein Recht, innerhalb der lo
Tage nach Belieben vorzugehen.'^ Nach Del Lungo heilst freilich:
' Pseudobrunelto 1. c. 228. Villani VIT iio. (Torello Cron. d'Arezzo
ap. Muratori XV 822. Vgl. ilazu den auf Archivalien sich stützenden Brief
des Aretiners Gamurrini bei Fanfani Dino Comp. vend. etc. 104.
'■^ — il signor del Lungo e il suo Dino questo termine di 10 giorni nie
lo rappresentano come un henefizio. Fanfani Le nietaniorfosi 437. Frei-
lich, in seinem neuen Buche über Dino I II28 und II iSo Anm. 19 redet Del
Lungo niciu mehr von benejizin, sondern von einem obbligo. Das entspricht
den Ordnungen der (ierechligkeit, nicht aber ilem Sinne der Dino'schcn Kr-
ziihiung, die Del Lungo früher sachgemäfs verstanden zu lial)en sclieint.
112 P. SCHEFFER-HOICFIORST,
avea tetnpo dieci dl: er durfte erst nach dem zehnten Tage, aber ab-
gesehen von der Willkür dieser Interpretation, was soll der von
Dino l)(;al)siclitigte Tadel, wenn der Gonfalonicre nur seine I^llicht
«rfüllte? Nocli (Mnen anderen Verstofs, wenn ich nicht irre, hat der
Aut(;r in den wenigen Zeilen begangen : er läfst einen Streit zwisclien
Popolanen nach den C)rdnungen der (lerechtigkeit entschieden
werden. Del Lungo meint zwar, die Medici hätten zu jenen potenti
cittadini geh(")rt, von denen Dino I 13 sagt: i quali tion tutti erano
nobili di sangtte, jna per allri accidenti erano detti GrandiA Wenn
aber die Medici in diesem Sinne Granden waren, weshalb nennt
Dino sie dann: potenti popolani? Auch nach Villani VIII 71 sind
die Medici nicht Granden, sondern Popolanen. Für ihr Popolanen-
tura hatte ich schon früher geltend gemacht, dafs sie nicht selten
zu Prioren oder Gonfalonieren gewählt wurden, während Granden
von der Würde ausgeschlossen waren. Del Lungo erwidert, die
Medici seien doch erst im Jahre 1296, also drei Jahre nach Ein-
führung der neuen Gesetze, zum Priorat oder Gonfaloneriat ge-
langt, und da wir nun wissen, dafs im Juli 1295 eine Reihe adliger
l^'amilien, ihren Stand aufgebend, sich den Popolanen anschlössen,
so folgert Del Lungo: bis 1295 seien die Medici allseitige Gran-
den gewesen, da seien sie einseitige Granden und einseitige Popo-
lanen geworden, nämlich Granden, soweit sie den gegen diese
gerichteten Strafgesetzen unterstanden, und Popolanen, sofern sie
Mitglieder des Regierungskollegs werden konnten. Gerade so gut
aber, wie Del Lungo aus dem Umstände , dafs die Medici vom
Februar 1293 bis zum Februar 1296 noch nicht als Mitglieder der
Regierung erscheinen, den Schlufs zieht, sie seien erst 1295 für das
Priorat oder Gonfaloneriat berechtigt worden 2, könnte ich etwa
behaupten: da die Medici von 1301 — 1307 nicht gewählt wurden,
so sind sie volle 6 Jahre hindurch, wer weifs durch welchen Gesetzes-
akt, des im Jahre 1295 erworbenen Rechtes verlustig gewesen.
Aber gesetzt, die Medici hätte bis 1295 zu den Granden gehört, —
hat das Verhältnis von Halbgranden und Halbpopolanen in Wirklich-
keit bestanden? Ich habe für diesen Zwitterzustand, wonach Je-
mand dem Gesetze gegenüber als Grande galt, während er in Hinsicht
der Verwaltung die Rechte eines Popolanen hatte, vergebens einen
Beweis gesucht; ebensowenig habe ich gefunden, dafs Einer der
früheren Autoren, die über Verfassungsgeschichte von Florenz ge-
schrieben haben , auch nur eine derartige Behauptung aufgestellt
hätte. Wer in die Matrikel einer Zunft eingetragen sei, wurde
gerade bei Gelegenheit sozusagen des Popolanenschubs von 1295 •'
festgesetzt, sit habeaturque et iractetur ac etiam ad omnia offitia et
hetieficia admittatur pro artiftce et tanquam artifex, qui continue artem
1 II 179 Anm. 9.
2 E lo confermano i prioristi. Del Lungo II 179 Anm. 9.
3 Nach Villari La lepubblica Fior. in der Nuova Antol. XI 458 Anm. I
wäre es allerdings auch möglich , dafs der Satz schon der ursprünglichen
Fassung von 1293 angehörte.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. I 13
exerceat. Qui contmue arie?n exerceat, ist der Vollpopolane, und die
Worte : sit hahealurqne ei ti-adetur etc. lassen am Wenigsten ahnen,
dafs die ehemals aufserhalb der Zunft Stehenden, nun ihr Bei-
getretenen doch noch den Strafen von Adligen unterlagen. Nach
Villani VIII 12 aber verfolgten die Prioren im Jahre 1295, als sie
molti cassati, che non erano tirantii e di non g7-ande podere, trassono
del numero de grandi e misono 7iel popolo, keinen anderen Zweck als :
iscemare il podere de' grandi e crescere quello del popolo. Das würde
ihnen schwerlich gelungen sein, wenn sie den betreffenden Adligen den
Zutritt zu allen Ämtern des Volkes gestatteten, sie aber strafrechtlich
nicht als ihres Gleichen behandelten : ein in gewisser Hinsicht noch
immer adliges Element wäre in das Volk eingedrungen und hätte
das reine Volkstum am Wenigsten gestärkt. Endlich scheint es
mir doch Beachtung zu verdienen, dafs die beiden Medici, welche
zuerst an der Regierung teilnahmen, gerade Gonfaloniere sind.
Wie, sollte man Leuten, die selbst den gegen die Adligen gerichteten
Strafgesetzen unterstanden, die Exekutive derselben überlassen
haben? Was aber sollte geschehen, wenn nun 1296 Ardingo und
1298 Guccio Medici, als Gonfaloniere', sich an einem reinen Po-
polanen vergriffen? Die Möglichkeit dazu war zur Zeit ihres Gon-
faloneriats doch keineswegs ausgeschlossen. Aus dem Gesetze
würde folgern, dafs sie alsdann selbst ihr Haus zerstören mufsten.
Et sit talis vexillifer de maioribus popularibus artificibiis civitatis heifst
es in den Ordnungen der Gerechtigkeit und keine Silbe deutet an,
dafs solch ein maior popularis selbst noch unter den Gesetzen des
Adels stehen könne. Das von Del Lungo behauptete Zwitter-
verhältnis ist so eigenartig, dafs ein durchgeführter Beweis das
höchste Interesse in Anspruch nehmen müfste ; aber derselbe Mann,
dem sonst wohl Niemand erfrischende Kürze nachrühmen wird,
schien sich hier einmal mit einer Behauptung genug zu thun.
Um. andere Fragen der Verfassung, deren Erzählung nach
meiner Ansicht zum Mindesten verunstatet ist, bei Seite zu lassen-,
so verweise ich zunächst noch auf eine Änderung, die lebhaft an
den Messer Monfiorito aus Padua erinnert : wie dieser thatsächlich
aus Treviso stammt, so wird II 4 der Gesandte Ubaldino Malavolti
aus einem Bolognesen ein Sienese, und seine Auftraggeberin Bo-
logna ist demgemäfs in Siena verwandelt. Die Beweise für dieses
1 Coppo Stefani.in Delizie VIII 79, 84 cfr. X 61, XI 19.
'^ So etwa kann man die mit den Ordnungen der Gerechtigkeit unver-
einbare Angabe, die Wahl der neuen Prioren hätte wesentlich in der Hand
der abgehenden gelegen, unmöglich durch Villani VIII 79 rechtfertigen. Kr
redet von der Wahl, wie sie von 1282 — 1293 geübt wird, Dino von dem i 203
eingeführten Modus; und dafs auch Villani der Ansicht war, seil 1203 hätten
die abgehenden Prioren am Wenigsten die Bedeutung ausschlaggebender Wahl-
faktoren gehabt, sieht man aus VIII 40. Da will der Kardinal Acquasparla
die Wahl abschaficn: von si facca lezionc de' priori pfr le Ciipitudi)ii dell'urti.
Der Capiludini aber, auf welche es in der That vor Allen ankam , hat Dino
gar nicht gedacht.
Zoitschr. f. roiu. I'liil. iX. 8
114 I'. SCHKKFKk-liOrC HORST,
(^iiij)ro()ii() sind so schlagend ', dals Del lAingo, der frülier keinen
Anstand daran g(!nonini(!n hat, doi;h jetzt bedenklich geworden ist.
Die Verwe(;hs(;hnig ist aber unni(')gli(;h Dino zuzutrauen, denn mit
der ang(^l)lichen (Gesandtschaft von Siena sind lioten der Floren-
tiner Bianchi, also der Partei Dino's, nach Rom gegangen, und
der Sienese vereitelt den Zweck der geraeinsamen Sendung, weil
sie in Folge von Ansprüchen , die er auf eine F'lorentiner IJurg
erhebt, zu spät eintreOen. — Ähnlicli möchte es sich v(,'rhalten,
weiui in der Aufzählung der Prioren , die nach I 1 7 den (Jiano
della ]5ella vertrieben haben, ein Fleischer statt eines Schenkwirtes
genannt wird. Lippo delVelluto, JiatuJiino di Giovünni beccaio,
Geri Paganeiti, Bar loh Orlandini, messer Andrea da Cerreio, Lotto
del Migliore Guadagni. Nur einer der sechs Prioren ist, wie man
sieht, gleichsam mit seiner Geschäftsmarke gekennzeichnet, und wir
werden also annehmen dürfen, dafs der Verfasser dabei nicht ohne
Überlegung vorging. Da wäre es doch sehr aufiallend, wenn Dino
selbst geirrt hätte, doppelt auriallend, als er Giano's warmer, sogar
für ihn handelnder Parteigänger war. Ve^rkehrt aber ist die Standes-
bezeichnung, denn auch nach dem Priorista Fiorentino^, nach dem
ganz gleichzeitigen Pseudobrunetto^, dann nach Marchionne Stefani*
ist Banchino ein Schenkwirt gewesen. — Wiederum ist es ein Name,
der 111 17 verunstaltet wurde, oder wie ich vielmehr sagen mufs,
an dem Namen lernen wir eine Entstellung kennen. Da heifst es
vom Kardinal Napoleone, der aus Bologna vertrieben ist : Andö
in Romagtia, per e7iirarc in Für Fi: i Fiorcntini gliele iiegorno. An-
dossette ad Arezzo. Wie, die Florentiner versagen ihm den l^intritt
in Forli? Del Lungo mufs wieder zu seinen beliebten Deutungen
greifen, und so heifst negorno denn : die Florentiner bewirkten durch
Geld, dafs die Forlivesen dem Kardinal ihre Thore verschlossen.^ Leider
hat Forli ihn ohne Weiteres aufgenommen. Am i^^. Mai war er aus
Bologna vertrieben", am 21. und 22. Juni", am 11. und 21. Juli
finden wir ihn in Imola**, am 2. August in Ravenna'^ am 10. und
22. in Faenza"*, endlich am 2. September in Forli", wo wir ihn dann
1 S. meine Kritik der Hegel'sclien Schrift 73, 74. Wüstenfekl in den
Gott. Gel. Anz. 1875 S- 'SS^- Del Lungo II 137 Anm. 12.
2 ed. Rastrelli I 32.
^ bei Hartwig II 234.
^ Delizie degli erud. Tose. VIII 75.
* II 321 Anm. 9.
^ Anal. P'oroliv. ap. Muratori XXII 1 78.
' Verci Marca Trivig. V. Doc. p. 23. Tarlazzi Append. ai monum. Ra-
venn. I 464.
* Atti e memorie delle r. deput. di stör, jiatr. per le provinzif dell'Emilia.
Nuova Serie II 13. Tarlazzi 1. c. I 466.
" Annal. Foroliv. 1. c.
1" Tarlazzi 1. c. I 467, 468.
" — 2. Sept. accessit Faventiae et ex Roma missus ad civitatem For-
livi. Annal. Foroliv. 1. c. Das ist nicht richtig, denn zu Facnza war der Kar-
dinal schon Mitte August : nach der Angabe bei Marchesi Suppl. ist. dell'
antica citt;\ di Forli 255 : in Forli 2 di setietnbre free leggere le lettere pon-
teficie etc. ist die offenbar verderbte Stelle zu berichtigen.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNT. I I 5
noch am 5., 7., 24. desselben Monats ', am 20. Oktobers, am 6., 7.,
22. November -^ und zuletzt am 16. Dezember^ nachweisen können.^
Das ghibellinische Forli hat natürlich keinen Augenblick daran ge-
dacht, mit dem wel fischen Florenz gegen den Kardinal, der ghibel-
linisch gesinnt war, gemeinsame Sache zu machen. In der That
wollte der Kardinal von Bologna nach Florenz kommen : schon
war der Florentiner Geistlichkeit, ihn würdig zu empfangen, vom
Bischöfe eine Steuer aufgelegt •>, aber die Bürger von Florenz ver-
weigerten ihm den Pjntritt in ihre Stadt.' So weifs man denn, wo
der Irrtum steckt. Und doch mufs auch von Forli die Rede ge-
wesen sein, dazu pafst doch Andd in Romagna, dazu pafst femer :
Andossene ad Arezzo, denn von Jemanden, der Bologna verläfst, um
nach Florenz zu kommen, wird man doch schwerlich sagen, er sei
zur Erreichung seines Zweckes in die Romagna gegangen; und
thatsächlich hat sich der Kardinal nicht schon nach dem mifs-
glückten Versuche, in Florenz aufgenommen zu werden, gen Arezzo
gewandt, sondern länger als ein halbes Jahr später: von Forli be-
gab er sich dorthin. Also ist der Satz in einer Weise verunstaltet,
dafs auch er wohl beweisen könnte, die vorliegende Chronik sei
nur ein Auszug, — Um nur noch zwei Beispiele anzuführen, so wird
I 13 aus einer so viel besprochenen Persönlichkeit, wie Johann von
Chalon, der Reichslegat, in Florenz unzweifelhaft gewesen ist, ein
Champagnarde , während er aus Burgund stammt, und einer der
bekanntesten Parteigänger Heinrichs VII., Niccolu Bonsignori, der
Vikar von Mailand, erfährt III 27 die Umwandelung hi Niccolo
Salimbene.s
' Verci 1. c. Doc. p. 34, 50.
•-« Ibid. 52.
^ Gianius Annal. ord. serv. s. Mariae ed. Garbius I 209. Tarlazzi 1. c.
I 460. Verci 1. c. V. Doc. p. 62.
♦ Mittarelli et Costadoni Annal. Camald. V. Text 364.
•' Air die angeführten, in Forli ausgestellten Urkunden, bis auf die vom
6, November, sind Del Lungo unbekannt geblieben. Und doch hätte er sie
gröfslen Teils schon aus Wiistenfeld's Rezension in den Gott. Gel, Anz. 1875
S. 1562 kennen können.
« Delizie IX 136. Urkunde vom Mai 1306,
' Eine Florent. Chronik herausg. von Hartwig 2T. Villani VIII 85.
•* III 4 lies Giuglielmo de' Brusciati da Novarra statt Antonio de' Bru-
sciati da Brescia, cfr. Grandjean Reg. de Benoit XI 825. Wie bei Villani
VIII 80, ist aus Bertrand de Got, der als Clemens V. den päpstlichen Stuhl
bestieg, ein Reiniund de Got geworden. III 14 heilst ein Florentiner Capi-
tano Cante statt Bino Gabrielli. Nicht Branca d'Oria war Herr von Genua,
wie man III 30 liest , sondern Barnabö d'Oria , der Sohn Branca's. Zu dem
Irrtume, dafs Arnaldo Pelagrü bei der Kaiserkrönung mitgewirkt habe, wäh-
er doch ein ebenso bestimmter Gegner Heinrich's VII. war, als ein guter
Freund der Florentiner, hat wohl Villani IX 43 die Veranlassung gegeben.
Vgl, Florent. Studien 180. Ich könnte noch andere derartige Unrichtigkeilen
hinzufügen, aber ich glaube doch nicht, dafs jede derselben den Schlufs auf
Verunstaltung oder gar Fälschung gestattet; ich wollte nur bemerken, dafs
mir keine zweite unmittelbar zeitgenössische Clironik bekannt ist, der sich so
viele Fehler nachweisen liefsen.
8*
1 l6 1". SCHRFKRK-nOICHOKST,
Ich wende mich zur Chron(>logi(;. Da ist mir nun keinen
Au<^('nljlici< zweifelliaft gewesen, dafs Dino wenigstens die Zeitfolge
nicht vernaclilässigen wollte.' Mehr als dreifsig Mai hat er ge-
nautire Daten angelührt, und si(i alle bezeichnen eine; fortschreitende
Kntwickhing; vielleicht hat er an einer einzigen Stelle vom 24. Juni
1300 auf den i. Mai zurückgegriffen. Ja, seine Methode sollte eine
so chronologische sein 2, dafs er z. ]i. zwei innerlich durchaus zu-
sammenhängende Ereignisse, wie zwei Kriege gegen Arezzo, deren
einer in den Sommer 1303 gehört, deren anderer im Verlaufe des
September unternommen wurde, durch ganz heterogene l'.reignisse
vom I. August und 7. September unterbricht.'' Damit vergleiche
man nun Berichte, die nicht durch ein hinzugefügtes Datum gleicfi-
sam einen unverrückbaren Platz einnehmen. So etwa die Sendung
Ludwig's von Savoyen , von welcher wir aus anderen und zwar
zum Teile urkundlichen Quellen wissen, dafs sie im Frühjahr und
im Sommer 13 10 stattfand.-* Nach Dino befindet sich Heinrich VII,
schon in der Lombardei ; er hat am 1 8. September 1 3 1 1 Ikescia
genommen, ist am 21. Oktober in Genua eingezogen: da heifst es
III 34 von den Lucchesen : sempre aveano imbasciadori in cvrte dello
mperadore, natürlich während derselbe in Oberitalien weilt; aber Hein-
rich bindet sich in keiner Weise, ma mandd viesser Luigi- di Savoia
e allri vnbasdadori in Toscana. Jedermann wird glauben, die Boten
würden im Herbst 131 1 abgeordnet sein, nicht schon im Frühjahr
13 10. Dann ist Heinrich nach III 35 am 6. März 13 12 in Pisa
eingetroffen ; Florenz hat keine Vertreter dorthin geschickt.^ Dafür
wird uns nun erzählt, dafs Ludwig von Savoyen nach Florenz ge-
kommen sei. Aber ohne einen Erfolg zu haben, se ne torm a Pisa.
^ Damit soll jedoch nicht gesagt sein, dafs nicht auch der wahre Dino
unter bestimmten Verhältnissen die Chronologie unberücksichtigt liefs, z. B. wenn
es ihm nur auf die Wirkung gewisser Ursachen ankam, nicht auf diese selbst ;
und ebenso versteht es sich, dafs er Begebenheiten, welche an sich keine Bedeu-
tung für Florenz hatten, nicht eher berücksichtigt, als etwa jene Stadt, für welche
sie entscheidend waren, mit Florenz in Verbindung tritt. Erst da die Cerchi
von Florenz 1301 in Pistoja eine Bundesgenossenschaft suchen, war eine Ver-
anlassung, auf die Pistojeser Ereignisse der vorausgegangenen Jahre einzugehen.
Solche Art der Erzählung thut der Gesamtabsicht, chronologisch vorzugehen,
keinerlei Eintrag und ebenso wenig ist sie neu, verwunderungswert.
" Vgl. meine Kritik der Hegel'schen Schrift 13, 14.
'^ Der Sinn des Mannes für Chronologie verrät sich doch auch dadurch,
dafs er selbst zu Ereignissen, die mit seinem eigentlichen Thema im locker-
sten Zusammenhang stehen, ein genaues Datum setzt, z. B. III 26 molti doni
fece la hnperatrice la tnattina di calen di gennaio 13 10 ai suoi cavalieri. Um
ein Beispiel anderer Art anzuführen, — was soll nur in einem Werke, für
dessen Autor die Chronologie absolut Nebensache war, die doch sogar dem
strengsten Chronologen gleichgültige Bemerkung III 33, dafs von den beiden
Gesandten prima messer Pino de' Rossi, — di poi rnon messer Gherardo?
* Florent. Studien 191 — 196.
^ I Fiorenlini non vi mandorno ambasciadori — Una volta gli elessono
per mandarli. Doch natürlich: per mandarli a Pisa, wo Heinrich im März
1312 weilt. In der That hatten die Florentiner zu Ende 1310 eine Gesandt-
schaft ernannt, mit Heinrich in Lausanne zu verhandeln.
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. I I 7
Also zum Kaiser, wird ein einfach denkender Kopf schliefsen, und
zwar umsoraehr, als es gleich darauf heifst: Lo imperadore, scherniio
da Fiorenlim, st parli da Pisa. Ludwig aber war thatsächlich vom
3. — 12. Juli 13 IG in Florenz gewesen. Eine solche chronologische
Verwirrung auf der einen Seite i, auf der anderen das nach-
gewiesene Streben nach strenger Zeitfolge, — diese Widersprüche
weifs ich nur in der Annahme zu vereinigen, dafs die heillose Kon-
fusion von einem Späteren angerichtet sei."- — Jedoch nicht blofs
das ganze Gefüge der Erzählung mufs eine Änderung erfahren
haben, sondern auch einzelne Daten selbst. Von der irrigen An-
gabe, dafs Karl von Valois am Sonntag nach Allerheiligen in Flo-
renz eingezogen sei, dann auch von der ganz unrichtig angesetzten
Ermordung Corso Donati's war schon die Rede, sofern beide F-r-
eignisse in einer näheren Beziehung zu Dino selbst stehen. Um
hier nur bei chronologischen Fehlern des dritten Buches zu ver-
weilen, so wäre nach c. 24 die Wahl Heinrich's VII. am 16. Juli
130g erfolgt, im selben Jahre die päpstliche Bestätigung. In der
That ist Heinrich am 27. November 1308 gewählt, und am 26. Juli
1 30g hat ihn der Papst bestätigt. Dann heifst es von Heinrich :
passb la montagna , giurato e protnesso, di venire per la Corona allo
agosio prossinio, coi7ie Icale signore volendo osservare suo saramento.
Einen auf den August lautenden Eid hat Heinrich nie geleistet,
und bekanntlich überschritt er die Alpen erst Ende Oktober 1310.'^
Danach ist es denn auch verkehrt, che al tempo giurato giunse in
Asti. Die von Dino gemeinte Zeit war längst verflossen, als Hein-
* Nach Del Lungo I 1141 cfr. I 665 ist es freilich ganz töricht, von einer
chronologischen Verwirrung zu reden ; denn als echter Historilcer ordne Dino
die Ereignisse nach ihrem inneren Zusammenhange, und was" uns in der Er-
zählung von Ludwig's Gesandtschaft als heillose Konfusion erscheint, ist ihm
die allein natingem.ifse Gruppierung. Er beruft sich unter Anderem auf Hille-
brand Dino Comp. 222 Anm. I: Dino groupe les faits seloii leur nature,
und macht mir den Vorwurf, dieses Urteil bei der Kritik der Sendung
Ludwig's nicht beachtet zu haben. Sein Tadel erfährt eine drollige Illu-
stration durch — Hillebrand S. 217. Denn dieser sein Gewährsmann, der doch
gewifs auch hier eine naturgemäfse Gruppierung annahm , setzt Ludwig's
Mission, nach Dino, in die Zeit des Römerzuges, ins Jahr 131 2!
* Ob Ludwig im Jahre 13 10 thatsächlich von Florenz nach Pisa zurück-
gekehrt ist, ob dieser Umstand dann die falsche Anordnung veranlafst haben
könne, erscheint mir doch sehr fraglich. Wüstenfeld a. a. O. 1581 ist dafiir
eingetreten, indem er sich auf Roncioni Istorie Pisane I 672, 673 beruft. Aber
wie er selbst sagt , ist mit Ludwig's Itinerar das angegebene Datum unver-
einbar. Danach wären Gesandte Heinrich's am 22. August in Pisa erschienen.
An diesem Tage kann Ludwig, wie Wüstenfeld zeigt, nicht dorthin gekommen
sein ; denn er war schon am 7. August in Rom, wohin er als Senator berufen
war. — Übrigens wissen die Pisaner Historiker Xiclits von einer zweimaligen
Anwesenheil der Gesandten in ihrer Vaterstadt. Vgl. aufser Ronciiü noch Chron.
di Pisa ap. Muratori XV 985. — Vom 3.- b. Juli befand sich Ludwig in
Florenz, darauf begab er sich nach Arezzo. Villani VHI 1 2ü. War er nun
schon am 7. August in Rom, so möchte doch Niemand sagen ktiiincn , Lud-
wig sei von Florenz nach Pisa zurückgekehrt.
^ Böhmer Reg. 1246 — 1313 S. 283.
Ii8 1'. schic1'I'I;k-I!Oiciiokm,
rieh am lO. Novciiiljcr 1310 nach Asti kam.' Der König zog weiter
e fu iiiollo impcdilo ilal ic Ridicrlv, cra in Lombardia. Robert von
Sicilien ist kt;iiieii Augeiilthck in Oberitalicn gewesen, während
Heinrich sich dort befand, die Verkehrtheit ist umso bemerkens-
werter, als Robert gerade um die Zeit, da Heinrich den Zug über
Berg antrat, die Vaterstadt Dino's verh'efs: länger als drei Wcjchen
hatte er sich in Florenz aufgithalten.- — III 26 heifst es, Heinrich
sei am 25. Dezember 13 10 im Mailänder Dome gekrönt worden:
nach Ausweis ihrer Korrespondenz wufsten die Florentiner damals
geradesogut, wie wir heute, dafs Heinrich am 6. Januar 131 i die
eiserne Krone empfangen hatte : nach diesem 6. Januar, so be-
fürchtete man damals in Florenz, würde Heinrich unverzüglich nach
Toskana auf brechen.^ — III 30 wird mit grofser Lebhaftigkeit ge-
schildert, wie die Deutschen sich in Genua zur dortigen Bürger-
schaft verhielten: die Prophezeihung ztiffa vi sarä könnte fast ver-
muten lassen, der Abschnitt sei ganz gleichzeitig niedergeschrieben,
und doch lesen wir bald darauf, die Kaiserin sei begraben add) 12
di novemh'e nella chiesa maggiore di Genova. IMagarethe starb am
14. Dezember und wurde bei den Minoriten bestattet,* — Nach
III Ty2> kommt der Kardinal von Albano infenno a Lucca e quivi
mori. 11 vescovo di Legic anche vi niorh Del Lungo gesteht nun
wohl zu, dafs quivi nur /« Lucca heifsen können, denn thatsächlich
ist der Kardinal dort gestorben ; aber er bestreitet durchaus, dafs
atiche vi dasselbe bedeute, wie quivi; anche vi wäre, wenn ich ihn
recht verstehe ■'^, etwa zu übersetzen : auf dein Rimerzuge. Dieser
Sinn mufs aber dem Worte untergelegt werden, denn es ist eine
Thatsache, die zur Zeit Dino's viel besprochen wurde, dafs Bischof
Theobald, der keineswegs schon in Lucca starb, einige Monate
später, nämlich am 27. INIai, als die Kaiserlichen in den Strafsen
Roms auch mit Florentinern kämpften, zu Tode getroffen wurde.*" —
' Ibid. 284,
2 Vgl. S. 86 Anm. 3.
3 Bonaini Acta Heniici II 8, 9, 10, 13, 14, 15.
* Dafs auch Villani IX 38 die Kaiserin im November sterben läfst, ist
doch für die so falsche Angabe eines Autors, der sein Werk bald nach dem
Tode Magarethen's abgeschlossen haben will, wahrhaftig keine Parallele.
* II 397 Anm. 6.
•^ Albert. Mussat. ap. Muratori X 455. Ferret. Vicent. ibid. IX iioi.
jMatthias Neuwenb. ap. Böhmer Font. IV 185. Villani IX 43. Lemmo da
Comugnori in Doc. di stör. it. VI 178 u. s. w. Ebenso verkehrt ist wohl die sich
anschliefsende Notiz: al quäle (vescovo) avea donato Rezuolo. Um die gemeinte
Burg, Reggiolo, hatten Reggio und die Buonacolsi von Mantua lange gestritten.
Nun baten Gesandte von Reggio, die nach Dönniges Acta Henrici II 130 am
II. Januar 131 1 gewählt waren, dem Könige zu huldigen, er 7nöge bewirken,
dafs die Buonacolsi und die Leute von Manhia ilmett erstatteten castrum Ra-
zoli. Bonaini 1. c. I 125. AVahrscheinlich hat Heinrich darauf hin die Burg
in eigene Verwaltung genommen, denn zu Anfang 131 1 ist Andalusio von
Parma kaiserlicher Vikar derselben. Mon. stör. publ. dalla deput. Veneta di
stör. patr. I 107. Dann aber schenkte Heinrich während der Belagerung Bre-
scia's dem Passerini Buonacolsi cum illo dominio civitatis Mantuae — unius
castri dominium optimi. So Nicol. Butrint. ap. Böhmer 1. c. I 94, und dafs
NOCH EINMAL DINO COMP AGNI. I IQ
III 36 wird Heinrichs Kaiserkrönung auf den i. August 13 12 an-
gesetzt, in Übereinstimmung mit einem Irrtume Villani's, dessen
Chronik hier benutzt ist ', aber im Widerspruch zur Wahrheit, denn
Heinrich ward bekanntlich am 2 g. Juni zum Kaiser gekrönt. Wäh-
rend der Fehler aber im Munde des nicht gleichzeitig schreibenden,
vielleicht gar aufser Italien weilenden Villani durchaus entschuldbar
ist, kann Dino ihn unmöglich begangen haben : er hat seine Chronik
vor dem ig, September 13 12 abgeschlossen. 2 Von Allem, was
Heinrich betraf, war man damals in Florenz aufs Beste unterrichtet:
zwischen Florenz und Rom, wohin Florentiner Hülfstrüppen ent-
sandt waren, um die Gegner Heinrich's zu unterstützen, bestanden
die lebhaftesten Verbindungen ; und w'ie man am Arno vor und nach
dem 6. Januar 131 1 befürchtet hatte, recepta coronatiojie in pa-
scate epiphanie werde Heinrich unmittelbar von Mailand gen Tuscien
aufbrechen, so knüpfte man Anfangs Juli an die, die vigesima
Ilona iunii proxime nunc elapsi vollzogene Kaiserkrönung die-
selbe Befürchtung.'^ Wäre die Niederschrift der Chronik auch nicht
ganz so gleichzeitig, wie sie thatsächlich ist oder doch sein soll,
die Königs- und erst recht die Kaiserkrönung hatte für Dino eine
Bedeutung, dafs nicht er über die Tage derselben so falsche An-
gaben machen konnte. — In demselben Kapitel findet sich noch
ein anderer gleichwertiger Fehler. Als König Robert von Neapel
horte, heifst es, Jafs der Kaiser in Rom iväre, sandte er unverzüglich
seinen Bruder Johann mit 300 Pferden dahin. Heinrich war am
7. Mai in Rom eingetroffen, frühestens in der Mitte des Mai könnte
also Robert seine Truppen dorthin geschickt haben. Die Wahrheit
aber ist, dafs dieselben unter Führung des Prinzen Johann schon
im Dezember 131 1 aufgebrochen waren, dafs mit ihnen sich min-
destens zwei Monate vor Heinrich's Ankunft ein florentinisches
Heer verbunden hatte. Die Sendung Johann's aber war erfolgt,
wie die Florentiner sich rühmten, nobis impingentibus; am ig. April
schrieben sie capitaneis et consilariis exercitus PYorentini, existentibus
in Urbe, und noch kurz vor Heinrich's Ankunft haben sie dem
Prinzen Johann eine ansehnliche Verstärkung geschickt.' Bei
solcher Lage der Dinge, bei der unlöslichen Verbindung, in welcher
die römischen Vorgänge mit den Hoffnungen oder Befürchtungen
der Florentiner standen, kann der wahre Dino, überdies noch als
unmittelbarer Zeitgenosse, nun und nimmer geschrieben haben: E
unter castrum Optimum Rcg<jiolo zu verstehen sei , hat WüstenfeUl a. a. O.
1589 fjewifs mit Recht behauptet. Zur anjjefühitcn Charakteristik stimmt,
dafs die Burg bei AfTo Isloria di GuastaHa I 373 heifst: alter occu/m com-
mufu's et civitatis Regii.
' Florent. Studien 180.
2 Wie der Schlufs zeigt, ist das Werk geschrieben, che die Belagerung
von Florenz begann.
3 Bonaini 1. c. 118.
* Florent. Studien 183, 184.
120 1'. SCIlia'KKK-l'.OlCHOKSI,
comc senil (il ri Rubcrlu), che. Ii> ü/i/Hrd/orc tru ii Roma, <li subilv vi
»uuido Uli sstf (tioTunni siio fnitcllo am 500 cavalli.
Nach den gogishcncn Proben isl es mir nicht zweifelhafl, cJafs
Dino's echte Chronik viele Verunstaltungen erhlten hat: (.'inerseils
hat sie Kürzungen einzehier und Auslassung ganzer Berichte er-
fahren müssen, anderseits aber auch Zusätze und Änderungen. Ob sie
nun in der vorliegenden Gestalt aus der Mache nur Eines Hearbeiters
hervorging, ob einem ersten die Kürzungen und Auslassungen zu-
zuschreiben sind, einem zweiten die Zusätze und Änderungen, wage
ich nicht zu entscheiden. Vielleicht entschliefst man sich nur un-
gern, die Zusätze und zugleich die Auslassungen auf einen und
d(Miselben Autor zurückzuführen. Freilich, wenn Jemand ein-
mal die Absicht hatte , etwas ganz Ungeordnetes zusammenzu-
schweifsen, — und die Verworrenheit des Werkes, das man einst
als che Meisterleistung eines italienischen Thucydides und Sallust
feierte, werden die Forscher ja nun wohl anerkennen, — dann kann
derselbe sich auch der zwiefachen Art der Verunstaltung schuldig
gemacht haben.' Ob indes eine böswillige Absicht vorlag?
Unzweifelhaft erscheint Manches, das nicht Dino geschrieben
hat, als komj)ilatorischer Zusatz gewöhnlicher Art und wird dem-
gemäfs zu beurteilen sein. 2 Dann ist gesagt worden, viele Ver-
schlechterungen rührten daher, dafs ein ungeschickter, aber selbst-
bewufster Redaktor in der Meinung, Etwas besser zu wissen,
als Dino, an dessen Angaben die ihm nötig erscheinende Än-
derung vorgenommen habe, und wie etwa ein aufgeblasener
(j\innasiast, tvimn er vom Stoiker Diogenes von Babylon oder vom
ApoUoniiis vofi Tyana lese, dies für gezvallige Fehler halten und
frisehiveg Sinope und Rhodus korrigieren würde'^, so sei auch
unser Schlimmbesserer vorgegangen. Und in der That, an der
einen und anderen Stelle mag solche Erklärung ausreichen: jener
Ubaldino Malavolti , der aus einem Bolognesen ein Sienese wurde,
kann seine Entstehung dem Umstände verdanken , dafs dem
Bearbeiter eine Bologneser Familie Malavolti nicht bekannt war,
w'ohl aber eine Sieneser; oder wenn Dino etwa berichtete, der
kaiserliche Vikar von INlailand, Nicolaus Buonsignori von Siena,
sei eiii gro/smütiger und freigebiger Schenker gewesen, wenn
der Bearbeiter sich dabei entsann, dafs eine entsprechende
* Einen Autor des 16. Jahrhunderts, Stradino, verspottete man als Cro-
iiaca scoretfa, und nach Fanfani soll die vorliegende Chronik, eben ein Mach-
werk Stradino's, diesen Beinamen rechtfertigen. Das ist nun wohl nicht stich-
haltig, denn vor Stradino war die Chronik in jetziger Gestalt vorhanden;
aber gleichgeartete Geister kann es auch früher gegeben haben.
2 Vgl. oben S. 88.
3 Wüstenfeld a. a. ü. 1558.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. 121
Schilderung, die Dante von einem ungenannten Sienesen entwirft,
meist auf Nicolaus Salimbene bezogen ward, so lag es nahe, dem-
gemäfs zu ändern. Ja, auch die Thatsache, dafs in der Reihe
jener Prioren, welche den Giano della Bella vertrieben, der einzige
mit seinem Stande bezeichnete aus einem Schenkwirt ein Fleischer
ward, mag man in ähnlicher Weise erklären. Denn nach I 13
wurde Giano vor Allem gegen le rie opere de beccai, che so7io tiomini
mal Jcraci e mal disposti in Zorn gebracht. Die Aufforderung: Vedi
r opere de' beccai, quanio muUiplkano a mal fare beantwortet er: Fac-
cinsi Icggi, che sietio freno a taiiUi malizia! Der Plan aber wird
den Fleischern hinterbracht. Bei solcher Lage der Dinge konnte
ein Überpinseier, wie Wüstenfeld ihn sich vorstellt, allerdings leicht
in die Versuchung geraten, beccaio statt tavernaio zu setzen. Doch
glaube ich nicht, dafs Wüstenfeld's Erklärung allseitig ausreicht.
Um zunächst nur eine Kleinigkeit zu erwähnexa: mochte der Be-
arbeiter auch immerhin glauben, die Angabe Dino's, der Podesta
Monfiorito sei aus der Mark Treviso, lasse sich genauer fassen,
weil derselbe aus Padua stamme, — welches Recht vermeinte er
zu haben, als er Dino's zweimalige, wahrheitsgemäfse Versicherung,
ein verhängnisvolles Blatt sei aus Monfiorito's Prozefsakten heraus-
gerissen, durch die wiederkehrende Unrichtigkeit ersetzte, es sei
nur eine Stelle radiert worden? Auch würde ich mir aus einer
harmlosen Absicht nicht erklären können , wieso der Überarbeiter
die sechs in der Stadt lebenden Verräter, deren Namen er dem
Villani entnahm, sie an ganz falscher Stelle einschiebend, zu draufsen
umherirrenden Verbannten machen konnte. Gar, wenn es nun
heifst, nicht Baldo Ruffoli habe in Gemäfsheit der Ordinamenti die
ersten Häuser zersört, sondern Dino Compagni •, und nicht die
Galli, sondern die Galigai seien die Bestraften gewesen, so kann
ich an keine harmlose Änderung mehr glauben: die schon von
Hartwig aufgestellte Behauptung, dafs Dino's echte Chronik in der
uns vorliegenden verfälscht sei, wird doch die richtige sein, nur
mufs ich hinzufügen: sie ist nicht blofs verfälscht, sondern auch
verkürzt und in Unordnung gebracht.
Meine frühere Ansicht, Dino's Namen sei aus der historischen
Litteratur zu streichen, erscheint mir heute durchaus verfehlt. Der
Rc;ttungsversucli Hegel's, wie er auf die meisten der deutschen
Forscher keinen Eindruck gemacht hat, konnte auch mich nicht
bestimmen, Dino wieder in die Reihe der Florentiner Historiker
aufzunehmen. Viel gröfsere Bedeutung mufs ich den Ausfühnuigen
Del Lungo's zuerkennen: vermittelst eines reichen Materials, das
zum Teile uns Deutschen nicht zugänglich war, konnte er manche
' Eine Analogie dax,u bieten Auszüge der Chronik Villani's, in denen
stall: lo Giovanni Villatii mi pure etc. frischweg gesetzt ist: lo Dino Cotn-
pagni mi pare. Das ganze Werk ist danach bezeichnet als Jstorie iinticlw
di Dino Compagni Fioreniino . . ., cai'ate da si/o origina/e-, Del Lungo I
897 — 799 ; aber zuerst hat Fanlani in der Zeitschrift II ßorghini I 247 wenig-
stens auf einen der drei , diese Fälschung enthaltenden Codices hingewiesen.
122 I'. SCJIKKKhK-liOltllOKSI,
BcdoiikiMi ciilUräClfii; und },'ltii crklilrc; icli, dafs er viel mehr An-
crkciimiiifr vt^rdiciil , als (!r wohl grfundon hat', auch als ich ihm
stiihsl aiilänglich zugestehen iiKjchti- ; denn das Studium seines weil-
schweiligen , sogar das Nebensächlichste in unerträglicher Breite
behandelnden Kommentars- ist eine schwere Aufgabe, und es be-
darf hingebender Ausdauer, sich durch seine überladene, oft auch
recht geschmacklose Tolcmik:' zu wirklich Wertvollem durchzuarbeil(;n.
Doch der Lolm dafür bleibt nicht aus. Nur bin ich weit entfernt,
die Clesamtheil seiner Hewc-ise für so überzeugend zu halten, wie
Del Lungo selbst es thut': welcher künstlichen Interpretation es
bedarf, um daim doch das Wort noch lange nicht mit dem That-
sächlichen in Kinklang zu bringen, hoftc. ich an Heisi)iel(.'n gezeigt
zu haben.'' So würde mich Del Lungo von dem Vorhandensein
eines echten Kerns noch nicht völlig überzeugt haben, geschweige
' Vgl. Gaspary Gesch. d. ital. Literatur I 532, 533.
* Gaspary a. a. O. 507 redet von Del Lungo's etitsetJichey Breite und
S. 361 von seiner mafslos breiten Weise, die oft mehr verdunkelt, als aufklärt.
Wer verurteilt war, sich mit Del Lungo's Werk zu beschäftigen , kann nur
zuslinunen.
» Vgl. Hartwig in der Revue hist. XVII 66.
' Übrigens darf ich mich auch nicht rühmen, alle Fragen .neuerdings
einem gleich eingehenden Studium unterworfen zu haben. Ich habe das Ganze
gelesen, aber nicht das Ganze geprüft.
'" Mit Hegel's Schrift und meiner Kritik derselben hat Del Lungo sich
nicht beschäftigt, er hat sie nicht einmal durchblättert. Als Beweis dafür nur
ein Pröbchen! I 20 erzählt Dino, Corso Donati habe eine zweite Gattin ge-
freit: figliuola di messer Accerito da Gaville , la quäle era reda. Ma non
consentendo i parenti di lei, perche aspettavano quella reditä, la madre della
fanciulla — contro alla volontä degli altri conchiuse il parentado. Nun
zeigte ich in den Florent. Studien 126, dafs Accerito mehrere Söhne hatte,
und die Bezeichnung seiner Tochter als reda, wozu ich selbstverständlich del
suo padre ergänzte , schien mir unhaltbar zu sein. Ebenso urteilte Hegel
a. a. O. S. 51. Dann aber mufste ich mich in meiner Schrift gegen den verehrten
Erlanger Kollegen S. 34 berichtigen : — matt braucht an Dino's Worten nur
eine kleine Änderung vorzunehmen, um meine Argumentation , auf welche
ich übrigens gar keinen besotideren Wert gelegt habe, über den Haufen zu
'werfen. Nach elfter Urkunde nämlich, welche mir Herr Wüstenfeld mitteilt,
heiratete Corso eine Tochter nicht des Messer Accerito, wohl aber des Über-
tino da Gaville. Sbaraglia Bull. frat. min. /F391. Ohne von dieser
Berichtigung Notiz zu nehmen, erklärt Del Lungo I 10()6 : Jjgliuola di messer
Accerito da Gai'ille, la quäle era reda könne recht gut heifsen, ein Oheim
oder eine Tante habe sie, mit Übergehung der männlichen Nachkommenschaft
Accerito's, zur Erbin eingesetzt. Dafs nun nicht die Brüder der Heirat ent-
gegen sind, weil sie die Schwester beerben wollen, dafs die Rolle, welche
Jedermann ihnen zutrauen wird, vielmehr von den zunächst gar nicht berech-
tigten Verwandten übernommen wird, ist für Del Lungo ohne Belang. An-
statt aus diesem Umstände zu schliefsen , dafs die Tochter Messer Accerito's
da Gaville, welche Erbin war, doch wohl als einziges Kind ihres Vaters
gedacht werden müsse, spottet er in seiner Weise : Amenitä critiche del sig-
nor Scheffer-Boichorst. Unter Verweisung auf meine gegen Hegel gerichtete
Schrift S. 34, worüber ich oben handelte, dürfte ich dem Gegner nun wohl
seine Liebenswürdigkeit zurückgeben. Del Lungo, sagt Hartwig a. a. O. 78,
bataille contre des assertions et des idees anciennes, abandonnees en partie par
leurs auteurs, sans tenir le moindre compte des opinions recentes.
NOCH EINMAL DINO COMPAGNI. I23
denn von der absoluten Echtheit des Ganzen, für welche er ein
tritt. Erst die Art und Weise, wie der anonyme Dantekomnientai
mit der vorliegenden Chronik übereinstimmt oder von ihr abweicht,
erst jene Verwertung desselben, die ich in diesem Aufsatze durch-
geführt habe, schien mir den Weg zur Lösung des verwickelten
Problems zu zeigen.
P. SciIEFFJiR-BoiCHORST.
Spass e tours our dal Chantiin Grischun.
Un prcdiihanl da spass.
I. II Signur Rcverciul Nollcgcii da Schiin cira ün lioni doct e spiritus,
ma daspcra eir suvenz bainissem distract. Segiiond Tüsaunza da quella voula
al vulet ün bap surder sieu figl all' inslrucziun , acciö cha eir (juaisl dvainta
ün Signur Reverend. AI parair del Nottegen perö nun s'addattaiva il mat
per quaisl slüdi cd tl as det eir luolta paina, per fer incler quetaunl il test-
ard contadin ; ma que nun paraiva d' al volair reuschir. Finclmaing challel
el luollüna ün mez, per as trer our dal imbaraz. ,,Ün prcdicliant, dschet el,
ho da fcr bger cul 1 a l i n , e perque vain nel examen il ]irüm da tuol guardo,
scha 1' aspirant po tegner medem. Scha quaista prouva nun gratagia , schi
nun po pü esser üngün discuors, da podair gnir predichant. II contadin vu-
lel savair, che cha quaist laiin in sc vöglia dir e survgnit la rasposta , cha
que saja vairamaing be üna puolvrina alva da pocha signilicaziun. „Schi,
ch'El hegia la bunted, da fer üna prouva cun mieu Giannin!" supplichet il
conslant bap. II Reverendo cussgliel seriusmaing, da nun fer que ; ma il con-
tadin restet saimper pü testard sün sia dumanda. Finelmaing det il Reve-
rendo al mat in ün magöl d'ova üna puolvrina alva scu sei d' Ingelterra e
r admonit , da tegner medemma , eir scha que avess da fer ün pö mel. Per
prover inandret 1' operusited della puolvra, dschet el pü inavaunt, saja que
necessari, ch' el giaja nel Über e chamina bain ferm. Que dvantet. Bainbod
operet la puolvra ed il mat cumanzet ad ozer il prüm la chamma dretta e
zieva la sneislra ed allura stordschet el la vita , tgand il vainter cun tuols
duos mauns e suspirand anguoschagiusamaing. II bap chapit bain bod las
doluors del pover mat, ma cur ch' as tratta dalla tscherna d' üna vocaziun per
r intera vita, nun suosch' ün esser cloder — ed ozand il daunt, 1' admonit el
chodamaing : „Cher Giannin, tegn il latin !" Quaist perö as volvet tristamaing
e's metta crider. Uossa gnit il bap pü animo e dämmet : ,,Per 1' amur da
Dieu, Giannin, nun lascher ir il latin!" Intaunt il latin victoriset; la prouva
eirä fatla e'l bap restet uossa persvas, cha sieu Giannin nun possa dvanter ün
Signur Reverend, siand ch' el nun hegia prodieu tegner il latin.
2. Ün' otra vouta pero inscuntret al Reverend svessa ün spass inaspetto.
El eira nubil e siand ch' el avaira üna pitschna pravenda, schi nun tgnaiv' el
üngüna fantschella, dimperse faiva svessa sias massarias da chesa e cuschinaiva
svessa sia farinarza. Üna dumengia, cha que sunaiva güsta da predgia ed el
SP ASS E TOURS ETC. I 25
avaiva tingio la chapp' a döss e'l cudesch da chaunt suol bratsch, al gnit ad
imaint , ch' el hegia bain miss vi l'eifna, ma smancho da metter gio il lard.
Dalum get el in chamineda, tagliet gio ün bei lochet lard lung e queder, tur-
net cun quel in chadafö ed il büttet in tuotta prescha gio 1' ei'^aa. Allura get
el cus cudesch da chaunt suot bratsch in baselgia , fet scu '1 solit , stand in
peis, cul chape avaunt la vista, sia cuorta uraziun suot vusch ed as volvand
vers ils chantuns, dschet el : „Vulains der lod ed onur al Segner cul psalm . . ,
ma intaunt ch' el vulaiva proseguir ed indicher, che psalm ch' el vöglia chan-
ter ed a quaist scopo piglet il cudesch our da suot bratsch, restet el terri-
belmaing surprais e tuotta la giuventüna inluorn el uun podet pü s' artegner
dal arir. Reverendo avaiva nempe in sia distracziun bütto il cudesch dels
psalms gio 1' eifna e porto suot bratsch in baselgia il töch d' lard. A sieu
retuorn a chesa eira il cudesch bain cot, e siandch' el eira lio in pel d' püerch,
schi 'savaiva la manestra tuottiina qualchosetta da quaist gener.
La praltica vela da pü cu la grammatica.
3. II Pader Pool da Baiva pretendaiva saimper, cha la grammatica vela
da pü cu la prattica, ed avaiva perque suvenz fermas batostas cun sieu culuo-
ster, chi dschaiva güst il contrari : „La prattica vela da pü cu la gramma-
tica."
Ünu saira da grand s-chür gnit il culuoster bain tard in tuotta prescha
cun üna linterna in maun tiers il Pader e dschet : ,, Reverend Signur, Pader,
seh' El voul vair qualchosa tuottafat strassordinari, qualchosa ch' El nun ho
aunche me vis, e nun vzerö forsa me pü, seh' El nun profitta da quaist occa-
siun, schi ch' El vegna cun me."
II Pader per il buonder get cul culuoster e quaist il guidel sül clucher
dasper ils sains. Allo dschet il Pader : „Ma, inua ais uofsa tieu miracul, tu
manznedrun?" „Ch' El hegia be ün momaint pazienza, Signur Pader!" dschet
il culuoster, stüzzet la linterna e get , addüso scu ch' el eira, bain dabot ada-
s-chür gio per las s-chelas.
II Pader cusü nun suos-chaiva fer il minim movimaint e cumanzet a
clammer anguoschagiusamaing per agüd. Ma il culuoster quigio al dämmet
sü : „Ch' El as güda pur gio cun la grammatica , Reverend Signur Pader ;
quella vela saimper da pü cu la prattica!"
„Na, na, tu hest radschun!" dschet il Pader; ma uossa vc sü cun la
linterna e güd'am gio!" E da quella vouta invia nun dispiittettan eis me jui
supra la valur della prattica e della grammatica.
// miracul.
4. Ün urais avaiva in sia stüva üna vetrina cun aint alchünas uras l'in-
gio drizzedas c diversas otras, ch' el tgnaiva in vemlita.
Dasper' la vetrina sün ün pitschen matralsch eira il lö prcdilct da sieu
stupent giat nair. Ün di intret dandeltamaing il bacher (mezcher) del lö,
accompagno da sieu grand chaun. Uschi; bod cha quaist vzet il giat , al
currit el incunter e quaist fügil sü sur aint la vetrina. II chaun mettet sias
pattas davaunt sün 1' ur da quaista cd üevlcl vehemenlamaing. Intaunt il
126 G. CAVIKZKL,
j^iat dappct pü curailschi, bullet lerrihelmaing vers il chaun ed al det alla fin
ün |)Lr sfjriffieclas tjio pal gnif. Uossa cainel il cliaun lamenlusamain); ed as
Ircl inavous; ma la vclrina, sün la (juela cl avaiva miss las paltas, al pnit
zieva e criidct per Urra cun lerribcl fracascli.
Tuot calmamainfi dschcl l'urais: ,,('lie miracul ! Oiie ais la prüma voiita,
ch' eau %'ez niias uras, ad ir tuoltas insembel."
Ihiond (ßondo).
5. Quels da Buond haun bei esser pü scorts, cu olra jjlieud. Ad eis
il solagl nun süjaint' nur il tscharve, perchf; trais mais alla lungia nun il vcz-
zan eis brich. Una vouta als paret que tuotlüna ün jiö memma lungurus
sainza solayl ed eis gnittan sün 1' idea, da fer üna j^randa chascha, ilad ir cun
quella sü Sogl e lascher der ainl solagl avuonda ed allura da la transporter
bain serreda gio Buond e lascher splendurir il solagl racolt eir allo. Eis fet-
tan que. Ma cur ch' eis avrittan la chascha , schi nun chattettan eis loaint
üngün solagl , dirtiperse be sumbriva. „Cu me ais que possibel ? dschetlan
eis r ün cun 1' oter, la chascha eira per taunt serreda bain ed inandret." Ma
il Signur Tenent gnit bod sün lagüst'idea, cha'l solagl stöglia esser svanieu
nur per la foura della clev e quaista radschun chappittan luols perfettaniaing
ed adniiretlan la penetranza da spiert da lur Signur Tenent.
Samedan.
6. Alchüns homens da Samedan vzettan nel god üna sgirschusa bestia
grischa e supponittan , cha quella sarö bain 1' uors. Eis currittan in vschi-
nauncha e requintettan allö lur scuperta. Divers curagius chatscheders füttan
sül momaint pronipts, dad ir e tschercher, da deliberer lur territori da quaist
melgiast, chi porta suvenz la mort a tschuts e vdels. Eis gnittan eir effetti-
vamaing a tir e diversas ballas trafichettan la pel della bestia prievlusa, chi
restet fortünedamaing morta sül lö. Ün uors nun po ün perö porter a chesa
sün üna spedla, scu üna muntanella u üna leivra e perque traraettettan eis
per ün char e transportettan allura sün quel cun grand Jubel lur stupent bu-
tin a chesa. Cun ün argul trettan eis sü la bestia granda e cumanzettan a la
scorcher. — Ma acco dämmet ün dels nummerus aspectatuors ; ,,0 guarde,
guarde ! 1' uors ho sü quatter fiers !" Quaist' obervaziun mettet ils chatsche-
ders in dubis e finelmaing füt deciss , da clammer sura perits , aunz cu ir pü
inavaunt cun la lavur. II clammos gnittan eir bain bod, ma declarettan zieva
detaglio examen , cha la bestia nun saja propriamaing ün veritabel uors , cha
bger anzi bestias da quaist gener vegnan nellas doctas istorias natürelas nom-
nedas „esens". Que sarö bain eir sto la varded, e perque quels da Samedan
vegnan aunch' uossa nomnos ils „Scorchets".
Bevers.
7. Quels da Bevers vegnan per spass nomnos „ils Doctuors". Cu ch' eis
sajan arrivos a quaist onorific titul, vain requinto il seguaint: Quels da
Bevers e quels da Chamues-ch avaivan insembel ün töch pas-chüra e gnivan
SPASS E TOURS ETC. 12"]
suvenz in dispütta per il giodimaint da medemma. Per stabilir ün
meglder norden, trafnettet ogni üna dellas duos vschinaunchas üna depiitaziun
alias Agnas. Ils Signuors depütos da Chanmes-ch fettan allö diversas pro-
postas, ma üngünas da quellas nun aggradittan als giavüschs da quels
da Bevers. „And vulains lascher pasculer ün di dell' eivna per ün !"
füt finelinaing üna proposta, chi avet generei acconsentimaint. Ma da stabilir
il di per ogni vschinanncha, avaiva darcho insuperablas difhciilteds e per gli-
vrer la fatschenda, laschettan quels da Chamues-ch compleschantamaing a quels
da Beveis libra tscherna per lur di. Quaist plaschet als Signuors da Bevers
ed eis tschernittan la samda, s' impissand, cha scha 1' erva crescha tuott' 1' ei-
vna, schi cha la samda sarö ella la pü lungia. Da que taunt füttan quels da
Chamues-ch containts e tschernittan per lur vschinauncha il venderdi.
Unsche fiittan tuottas duos comuniteds sattisfattas e quels da Bevers survgnit-
tan lur pompus titul a gratis.
Zertiez.
8. Ün chatscheder da Zernez avaiva schluppetto üna bella leivra. In
sia algrezcha invidet el aint bgers da sieus amihs per la saira zieva a manger
medemma. La leivra eira bain cuschineda e gu-atet deliciusamaing e scha füss
eir resto a 1' ün u a 1' oter dels giasts qualchosa gio la gula, schi la quantiled
d' vin da Vuclina, chi gnit svödeda gio zieva, lavet davent tuot a plaina satis-
facziun.
Cur cha '1 marchadaunt da pels gnit , al vulet il chatscheder vender la
pel della leivra; ma quaist dschet, ch' el nun cumpra pels d' chaun. Obser-
vand uossa il chatscheder pü exactamaing la pel , s' inacordschet el , ch' el
avaiva schluppetto sieu chaun inpe della leivra, e nell' algrezcha, d' avair fat
chatscha, nun s' avaiv' el inachüert dal sbagl ; ed effettivamaing eira sia cha-
gna svanida da quel di inno e me pü turneda a chesa.
Quels da Zernez vegnan perque tantos cul surnom ,,^Iagliachngnas".
Potilraschwa.
9. Da tuols ils Engiadinais accettettan quels da Pontraschina il prüm la
refuorma. Lur baselgia possedaiva imegnas ed ornimaints da granda valur ed
ün marchadaunt Tirolais volaiva der per quaists oggets üna considerabla sum-
ma. Ma quels da Pontraschina decidittan in radunanza comunela, cha scha
quaista roba nun hegia üngüna valur per eis , schi ch' ella nun vela neir ün-
guotta per oters e saja da sfer e na da vender. Eis portettan dimena las
imegnas ed ils ornimaints gio d' vart vschinauncha sün 1' ota punt da peidra
e büttettan allura tuot insembel gio nel profuond dröch, tres il quel la s-chü-
mant' ova da Bernina franturescha. Per cumgio clammettan eis zieva ün stra-
sunant „Püetigott" ! D' allur' inno haun (piels da Pontraschina il surnom ;
„ils Püetigotts".
Cun buna radschun nun as trupagian eis perö lieh da quaist predical e
cur cha avaunt varquaunts ans la Confederaziun decidit , d' introdür cun il
prüm di del an subseguaint invece della radsclninabla mezza, coppa e fracla
il pover liter ed il minizius quintin , schi la saira da St Silvester quels da
Pontraschina, alla testa ün locolcnent Cufsglier guvernativ, ün Reverend, il
128 G. CAVIKZRI,,
])rüm Sopraslanl ilel lö, alchiins chapitaimis cd otras respeclablas autoriteds
j^cllan alias üntlescli da nol cum mc/zas , coppas e fraclas l)ain implidas gio
sün r istessa jiunl e xiev' ün achJato discuors iimoristic bavcltan eis per 1' ul-
tima voula our da quaists vasos ed ils bülletlan allura, scu avaunt passa trai-
jatschicnt ans lur antenals avaivan hütto las imegnas ed ils ornimaints — (jio
iiel dröch cun ün strasunant „Püctifjott" ! Allura gnillen eis darcho in vsrhi-
naunclia ed inaugurettan solenamaing las nouvas imsüras.
JiepmtkuHff: ,, Püetigotl " (Bchiil' Euch Gott) war noch vor wcnigon
Jahren in vielen romanisclien Gegenden der gewcihnliche Ahschiedsgrufs, gerade
wie viele Deutschen heutzutage nach einer deutschen Unterredung mit einem
italienisclien oder französischen (irufse von einander Abschied nehmen: „Addio"
oder „Adieu".
Guarda.
10. yuels da Guarda avaivan fat l'allegraivla observaziun, cha sün lur
territori solaglio eir dabei sem portaiva vigurusa racolla e speculants, scu
ch' eis eiran, vulaivan eis üna vouta profitler richamaing da lur favurabla po-
siziun. Eis cumprettan perque üna quartina d' aguoglias e semnettan quellas
in ün er cumönevel, per trer our da quaist sem ün pö alla vouta üna preziusa
racolta da pels d' fier u alvieras. A dret temp schavettan eis vi per la sted
tlilligiaintamaing 1' er a lavur cumöna, ma üngün dschermögl da pejs d'l'ier as
laschet vair. L' utuon stuettan eis as persvader, cha per üna tela implaunta-
ziun eir lur terrain nun saja früttaivel avuonda. Dallas vschinaunchas vicinas,
alias quelas il fat füt reporto, survgnittan eis allura 11 surnom : „ils Marcha-
daunts".
Ftaun.
1 1 . Quels da Ftaun avairan da refer üna punt. Preparand la laina als
reuschif'que, da rasger gio tuots quatter tols principels ün bun p6 memma
cuorts. Che vulaivan eis fer? Da bütter davent la bella laina tschernida,
füss tuoitüna sto dan e pchö. Eis gnittan sün la spiritus' idea, da prover da
stender ils lains cun la forza. Dimena tachettan eis vi ad ogni toi quatter
ferms muojs per cum vart e cun sbregs, bastunedas e giaschledas ils animettan
eis taunt scu possibel, da chatscher our tuotta lur forza-e' Is bouos e muojs da
Ftaun sun uschigliö renomnos in quaist riguard. Ma que non vulet reuschir,
da stender ils lains per la minima chosa. Intaunt passet speravi ün contschaint
Tiroler da spass e dschet seriusmaing: „Fett an"! vuliand indicher, cha dcs-
san undscher bain ils lains, schi forsa ch' and arrivan pü facilmaing al scopo.
Que fettan quels da Ftaun; ma eir usche nun avettan nun avettan eis
meglder success, e Ftaun füt d' allur' inno nomno per tudas-ch „Fettan",
e sieus vschins survgnittan aunch da lur benins chantunais il surnom : „ils
muojs da Ftaun".
Suol.
12. Quels da Scuol possedan nella val della Clemgia v. d. in Val da
S-charl püssas stupentas alps: Astas, Tamangur, Minger ed otras, chi nun
haun forsa lur cumpagnas in tuot il chatun Grischun. Ma la via per arriver
in quellas ais fich lungia ed extremamaing noscha, usche cha que nun ais d'as
SPASS E TOURS ETC. I 2g
fer da buonder, sch'els, arrivand in alp , sun ansius da fer marenda e giand
davent da medemma, guardan bain, da rinforzer lur corp cun spaisa grassa,
per podair surporter pü bain il lung e stantuo retuorn a chesa.
II di della scherpcha dvainta perque üna mezza festa. Ün an , cha
quella eira reüschida pajticolermaing richa e cha causa la bell' ora del di ils
affers del compart eiran glivros pü bod cu '1 solit , eira tuot da buna glüna.
Qualchos' a parte stuaiva dimena dvanter. II saign avaiv' auncha flur (gram-
ma) e farina in abundanza e dimena füt conclüd , da lascher fer da medem
aunch' ün steif spech in flur. E siand 1' ora usche bella e la chaschina (tegia)
usche stretta, schi füttan luots containts, da manger quel da cumpagnia avaunt
chaschina- nel liber. Sün quatter püttas füttan missas assas, chi formaivan
ucshc üna lungia maisa. Sün quella postet allura il saign il grand spech in
flur repartieu in püssas grandas muottas da lat. Allura dämmet el cun ferma
vusch notiers ils Signuors Massers. Ma que daiva eir aunch' oters, chi co-
gnuoschaivan sia vusch e bramaivan, scu ogni di, sieu clam, nempe ils püerchs
stadagios allö ; e quaists füttan ils prüms, ad arriver sün la plazza. Indomi-
nablas pero, scu cha quaistas bestias sun, gnittan ellas furiusamaing notiers
as squitschand e mordand, gruognand e sbuorfland ed in lur fuga cupichettan
ellas las püttas e las muottas, cun aint 1' allegrrävel spech, rodlettan ün törh
vi per il stevel , üna da 1' üna vart e 1' otra da 1' otra , ch '1 spech formaiva
bellaS strievlas vi pa '1 terrain. Ils Signuors Massers vzettan dalungia , cha
CO nun eira da perder temp per gnir al lur. Eis currittan notiers ed uossa
get que vivamaing' al past. Ils püerchs cun lur gnifs e 'Is Signiuors Massers
cun lur mauns — bgers dad eis sün tuots quatter — as fettän animeda con-
currenza. Oue eira üna fulla ed ün sbvagizzi, da fer stramblir las muntagnas
fin nur al Piz Pisoc e '1 Piz Lischaun. Ma quels del nes lung reportettan
la victoria. Causa quaista scena haun quels da Scuol il surnom : „ils Porchs".
Sent.
13. Eir quels da Sent haun agieu dallas voutas destints chatscheders
traunter lur vschins. Ün di gnit duonna Stasia in granda prescha tiers sicu
chantunais, Sar Clä, chi eira güstamaing eir ün da quaists famus Nimrods, e
dschet; „Sar cumper, cuour suot quels sass he eau vis üna granda leivra.
Que als sgür la mamma da tuottas." Sar Clii as laschet explicher exaclamaing
da sia duonna cumer, inua la granda sulvaschina saja steda visa e get allura
promptamaing vers il lö. Cun tuotta precauziun guardet el intuorn, vzet eir
bain bod ün per stupendas uraglias ed allura aunch' otras parts della leivra.
Sainza perder temp mirel el e chalet eff"ettivaniaing la sulvaschina, ch'cUa re-
stet sül cuolp. „Che leivra! che puolpas!" dschet el; co voul que üna ninu-
düra, per arriver a chesa cun tuot. Eau füss bain ün n.ur, da porter da
schlupper, inua nun fo üngün bsögn."
La leivra füt usch^ transporteda cun grand hallo in vschinauncha, al
introit della quela üna granda quantited d' glieud s' avaiva raduneda, aviaud
fingio udieu, cha Sar Cl;\ hegia schluppetto la mamma dellas leivras, la quela
tuots vulaivan vair. In tuotta la vschinauncha nun füt discurrieu otcr cn dalla
granda leivra e per la saira füt ctmiando üna isihainu cum la i harn da quella, ed
Zeitachr. f. rum. riill. X. n
130 n. CAVipy.F.r,
organiso iin nViligat traincf;! ruii sunedcrs da gijas e fjijuns, perchc finels (Ja
Sent sotan hain e {jufjent.
I.a tschaina fiil hain prepareda, il vin traiva da gust e generela allegria
strasunaiva tres la stan/.a. Be ün povcr diavel, chi nun eira della cumpagnia
guardaiva tiers cun grand' invilgia , s' impissand , cha siand la leivra usche
granda, schi cha '1 destin 1' avcss hain eir podieu der occasiun, da sager üna
vouta charn d' leivra. El s' arciimandel tiers l'ustera, d' al procurer, scha
pussihel saja, qualche vanzel da quella spaisa insolita. L' ustera, chi eira üna
diionna da hain, al det ils peis della leivra, ch' el shluttet cun granda ansiu-
sited. Ma in sia imhresia, s' avess el hod stranglo cun la charn taunt desi-
dereda. El det üna ferma tussida ed our d' huocha al saglit ün töch d' her.
E mera. Toter töch, chi 's confaiva cun quaist, eira auncha vi al pe della
leivra, e perfin ils oters trais peis avaivan sü fiers.
Uossa s' inacordschet el, ch' el nun avaiva auncha sagio charn da leivra;
ma bainschi agieu 1' onur, da güder manger ün esen.
L' istoria gnit cognuschainta c quels da Sent survgnittan il surnom: „ils
Esens da Sent".
7iu?nuosc/i.
14. Ouels da Ramuosch eiran üna vouta stos usche negligiaints ch'els
nun avaivan mno our dal god la laina prepereda per la pravenda. • Da mezin-
viern il Predichant nun avaiva pü laina ed üna dumengia, zieva avair glivro
la predgia, dschet el aunch' in chanzla alla baselgeda: „Vossas charezzas sa-
jan avisedas, ch' eau nun he pü laina dad arder. Eau falsch bain spraunza,
cha mieus audituors da Ramuosch nun vöglian as lascher imbütter pü tard,
ch' eis hegian lascho schier lur Minister (predichant) in stüva. Quaist admo-
niziun get a cuor als Signuors da Ramuosch e fingiö il di zieva gettan eis
nel god, per mner a chesa la laina del predichant, chi staiva allö mantuneda
dal utuon innö. Ma singuler! cur ch'els vulletan ficher aint las sgürs , per
charger la laina sün lur schiesas, schi tuottas rabattettan inavous e prü ferm
ch' eis pichaivan e main ch' ellas tachettan. „La laina ais instrieda!" füt uossa
il generei avis. „Che avains da fer?" dumandettan eis traunter per. Ma il
chalger, chi eira eir dalla cumpagnia, dschet: ,,Fe per mieu cussagl! pigliain
süvlas e forain aint per la laina, schi la Stria, chi 1' ho instrieda, resainta ogni
foreda, e stu gnir accö. AUura in tuots la vulains nus der üna lezcha, ch' ella
nun ans farö pü da quaistas flausas." Da que füttan tuots contains ed il
chalger procuret bain bod per las necessarias süvlas. Quellas tachettan eftet-
tivamaing bain avuonda nella scorza dels blöchs ; ma gnand sül lain, incuntret
cun ellas que, chi eira incuntro cun las sgürs; ellas nun tachettan pü.
Pur uossa s' inacordschettan eis, cha la laina eira dscheita e chargettan me-
demma cu' Is mauns e cun peis e que als reuschit perfettamaing bain. Ma
udind ils chantunais dal fat, dettan eis a quels da Ramuosch il surnom „ils
Süvlats".
3/ede/s.
15. Cun quels da Buond e da Tenna concurrivan da temp vegl inno,
in finezza e penetranza da spiert quels da Medels. Eis formaivain üna dra-
chüra cun eigen magistrat complet.
SP ASS E TOURS ETC. I3I
In ün an tich bletsch gnittan eis in grand pisser, cha 'Is friits da luv
champagnas nun possan madiirer e tramettettan lur Mess a Coira per ün pö
d' solagl. Dal apoteker survgnit quaist üna s-chacletta cun aint solagl e get
containt cun tuot vers chesa. Ma arrivo vers Muster (Disentis), nun pudet el
pü s'artegner dal buonder, da vair, cu cha '1 solagl guard' our in üna schacla,
El ozet sü ün pö il vierchel ed a fuorma da tavaun (Hummel) muschunet our
suot quel ed allegrusamaing sü nell' aria il eher solagl , ch' el avaiva cumpro
e pajo. In quaistas circumstanzas il pover Mess nun savet meglder che fer,
cu d' al clammer zieva : „Tegn' dalla vart da Medels! Tegn' dalla vart da
Medels !"
Qua pera, cha '1 tavaun 1' hegia inclet e fat per sieu cumand , perche
zieva da que quels da Medels, e forsa eir oters, avettan per lung temp la pü
bell' ora del muond.
16. „A Coira survain ün da cumprer tuot, que ch' ün voul, be ch'ün
hegia daners." dschet il Signur Landamma da Medels a sieu Scrivont (Nuder)
in preschentscha del Mess zieva avair vis , che slupent affer, ch' eis avaivan
fat cun cumprer ün pö d' solagl. „Cu gess que, proseguit el, scha tramettes-
sans il cumper Mess aunch' üna vouta a Coira a cumprer üna porziun d' giu-
dizzi , per ans metter ün po pü bain in rispect avaunt il Lodevel Ti ibunel
ed avaunt il stuorn public?" II Signur Scrivont füt dal parair, cha que po-
dess ir 'fich bain ed eis dettan allura üna bella quantited d' bluozchers al
Mess, per ir a Coira e cumprer üna onesta porziun giudizzi.
L' apoteker da Coira nun füt poch surpais , cur ch' el vzet ad arrivcr
aunch' üna vouta il Mess da Medels in sia buttia. Ma quaist fet in tuotta sub-
missiun sia nouva cumanda. Eir quaista vouta survgnit el üna bella s-chaclina,
nella quela avaiva dad esser il cumpro e pajo giudizzi. Cur ch' el arrivet a
Medels, partit il Signur Landamma cun el e cu '1 Signur Scrivont il giudizzi,
chi eira nella s-chacla e quaist ultim dschet : „In dubitabclmaing ais que
giudizzi, ma spüzzir, spüzz' el güsta scu m . , . . da."
Gian Turnin.
17. Oue do da (juels, chi nun vöglian esser quels, d' avair da savair
grö per qualchosa eir ad oters. Ün tel sarö sto quel, chi ho do occasiun
al proverbi : „Porta 1' Tngrat fin \\ Roma' | e läscha '1 der giö, | schT't dö'l
schläffäs.
Gian Turnin, la famiglian del quel ais mort' our fingio avaunt ün secul,
possedaiva ün mulin in Fex-("urtins. L' ova del Mulin", chi vain gio dal lej
Sgrischus, avaiva üna vouta mno gio materiel gros ed ingravo aint ils condots
del mulin da nos Gian, chi s' inserviva da quaist ovel. Ma '1 Gian Turnin
eira mcmma comod e memma daschüttel dad applicher ün pSr uras, per metter
darcho in movimaint sieu mulin ed usche restet (juel fermo per passa duos ans.
Üna dunicngia, intaut ch' el get oura Crasta a predgia, as badantettan
ils mats da Segl intuorn ils condots e'l mulin e lavuretlan usche bain, c"\t
que als reuschit, da mner 1' ova sülla rouda e da mettcr il mulin in movimaint.
Gnand inour, incuntrettan eis il Gian Turnin, chi gniva da predgia e 'I
clammettan tiers : „liarba Gian Turnin , il mulin vo !" Ma scu scha '1 mulin
132 O. CAVlfZP.L,
s' avess miss <la se stess in movimaint, rt'ipiiondet nos harl)a Gian : ,,A — a,
ch' el vo! Seh' ais que eir ura!"
AfiiJ (/' arrirer in possess d* ütt bun ptr </' cholschas.
18. II vffjl suneder Nuot Amhass, il hap da quel, cha nus avains aun-
cha cognustrieu, ed il quel Perganini avaiva minchuno a Genua, as fand der
uras per suner la gija, applichet il seguaint möd , per survgnir da Mastrei
Giosuc Pontz ün bun pCr d' chotschas. „Sar Mastrel, <lschel el, que and do
trais chosas, clii am mellan in grand imharaz. La prüma sü eau, ma Kl nun
la so ; la seguon<ia so El , ma eau nun la sü ; e la terza nun savains nus ne
r ün, ne 1' oler.
Mastrel Giosuc dumandel, che trais chosas, cha quellas saja e '1 suneder
dschet : „Eau he be ün sulet per d' chotschas e quellas sun fingio usch^ üse-
das , ch' and saregia bain bod nüd. Que se eau , ma El nun so , e que ais
mia prüma chosa. Forsa ch' El, Sar Mastrel, ho la bunted d' am der ün p6r
d' chotschas ün pö drovablas. Que so El, ma eau nun se, e que ais mia se-
guonda chosa, chi fo fastidi. Ma seh' El nun ho la bunted, d' am der ün per
d' chotschas, schi nun se eau, scha qualchün oter am daregia, que nun so neir
El, e que ais mia terza chosa."
Mastrel Giosue as mettet ad arir e regalet al eloquent suni-dcr ün bun
p6r d' chotschas d' inviern.
// slriogn.
19. II üna pitschna vschinauncha del chantun Grischun stu il fain da
cuolm (ischanglas), chi vain la sted miss be in marguns (talvos sainza stallas)
gnir zieva las prümas naivs stablas d' utuon u d' inviern transporto a chesa
sün schliesas da maun. II viedi ais bain lung e siand cha 1' hom ho da porter
insu ia schliesa, suas e tratschins e cusü ho da fer aint cun tuotta chüra sieu
fasch, per perder usche poch scu possibel dal tin e prezius fain, schi nun pö
guerra gnitr fat pü cu ün viedi al di, Ma a tscherts sbragazs gnit que üna
vouta in testa , da fer duos viedis al di , usche ch' eis stuaivan guverner lur
muvel la damaun bger pü bod e la saira bger pü tard cu '1 solit. Oue nun
plaschaiva zuond brich ad ün vegl Soprastant della vschinauncha; ma cun
buns pleds ed admoniziuns nun savet el drizzer our ünguotta.
La damaun zieva get el aunch' avaunt ils oters vers il cuolm e cur cha
quaists 1' azievittan , als dschet el: „Que cö ais 1' ultima vouta, ch' eau vegn
da quaistas uras per fain. Hoz he eau vis qualchosa, chi m' ho fat rispect ; ma
eau nun suos-ch requinter che. Ils oters al dettan buns pleds e chavettan,
infin ch' el gnit our cu'l linguach. ,,Appaina, ch' eau füt our d' vschinauncha,
requintet el, schi vzet eau ün töchet a%'aunt me, ad ir saimper per la via üna
granda vuolp, chi fümaiva our d' üna pippina tavoschra. Ella am get oura-
vaunt fin alla val S-chüra ed allö svanit ella dandettamaing. Cun strias nun
vuless eau pü gugent avair ünguotta da fer." Ils brevatschs, chi eiran plains
d' sbraga, ma scu'l solit eir plains d' ignoraunta superstiziun, crajettan cha lur
vegl Soprastant hegia eflettivamaing vis il striögn e non suos-chettan pü ir
avaunt di sü cuolm per fain.
SP ASS E TOURS ETC. I33
// chavrer da Schiin.
20. II chavrer da Schiin avaiva trat üna peidra ad üna chevra e 1' a-
vaiva ruot üna chaninia. Supuonind cha 'Is Massers il tramettaregian davent,
pigliet el 1' avaunz e get per sien fut, dschand: „Eis nun m' haun tramiss ;
eau ils he bandunos !" Da quo ais rasto auncli' uoss' il proverbi : „El fo scu'l
chavrer da Schiin !" scha qualchün banduna üna plazza, vzand, ch' el uschiglio
gniss tramiss davent.
Btiond.
21. Da quels da Buond vain auncha vi e no requinto qualche istoria
e qualche tour geniel, ch' eis haun miss in ouvra e que fiis ogni vouta dan e
pchö, da lascher ir pers lur acts per la posteriurited.
Dad ün temp daivan a Buond las talpas u talpinas grand dan al fuonz
taunt a chesa scu suis munts. Ün di reuschit que ad ün Buonderin da clapper
üna talpina bella e viva. El la portet al Signur Tenente, chi radunet sül mo-
maint sieus cunvschins per vair, che ch' and crajan da fer cun la melfactura,
chi eira fortünedamaing crudeda in lur mauns. Da der a quella la pü pen-
nible e terribla mort pussibla, que taunt eira 1' avis generei, ma che mort chi
possa gnir risguardeda scu tela, que nun eira dafatta bricha der. Ün dad
eis perö, chi eira auncha bger pü stüdgio, cu ils oters tuots e savaiva, cu
cha'ls Romauns punivan 1' incastited dellas Vestalinnas, proponit da sutterrer
viva la melfactura talpina. Quaista proposta plaschet a tuots ed usche soffrit
la talpina il sgrischus chastih, da gnir sutterreda bella e viva duos peis pro-
fuond nel gras terrain da Buond.
Vaiz (Obervatz).
22. A quels da Vaz vain fat il complimaint, ch' eis sajan squasi our
sur möd da bain. Üna vouta ün da quels da Vaz get cul maun aint suot il
brastuoch c gnit our cun üna bes-chetta nüda, ch'el contemplet, Ignand Iraun-
ter duos daunts. „Voiver e schar voiver!" dschet el compaschiunaivclniaing
e mettet la creatüra mez dscheita darcho in sieu pet nudritiv.
// prader.
23. Dal tcmp dels parlicus, q. v. d. dal temp, cha' 1 Dücha da Rohan,
Güerg Jenatsch ed oters erocs as recogliettan gloriusa renoniina in nos pajais,
passaivan tres nossas valledas orientelas del chantun Grischun bod truppas
Austriacas, bod Spagnölas, bod Franzesas e Svizzeras c bod Grischunas, usche
cha ogni ün , chi nun stuaiva güsta fer oter, faiva megldcr star a chesa u in
ün chatun isulo per nun gnir in disagreabel contact cun ils sudos, chi pas-
saivan.
Que taunt resentiva ün contadin da Buond bain avuonda ; ma el avaiva
ün pro gio vers la Maira in fatscha alias chesas del Spin, chi stuaiva neces-
sariamaing gnir sgio. Gugent u ividis get al laudervi e cumanzet a sger. Ma
bain bod al paret que, ch' el oda a batter ün tambour. El stet salda e nun
udit pü ünguotta e perque as mettet el ilarcho a sger. .Ma uossa udit d dar-
cho cleramaing a batltr il tambour. „Quaisla voula mm am i. l.ippai- .uiiuhul"
134 '- CAVIE/ÜL,
dstlicl cl, Initlcl cl.iv( nl l.i loilscli c füjLjit. K iiit-ra! il liiii dcl tambour il ])cr-
scguilct c gnit saimpcr |)ü ardainl c pü ferm , cir ch' cl curriva, cha la süjur
al gniva gio pal frunl. „Iniia vousl ir usch6 dabol, cumpcr?" il duniandel iin
compatriot, chi 1' incuntrct. ,,Nun odast, cha que batla il tainbour""" dscbel
cl c vulet fügir zicva vi. „Eaii nun od varamaing ünguoU' oler cu licus saps
c la cut in ticu cuzzcr; fcrma't c taidla!" Kl as fermcl e's perschvadct alla
tin ch' cl, saja fügicu da sicu eigen cuz/cr.
Madulcin.
24. Ün vegl umorist da Madulcin serviva cir, scha nuc dava 1' occasiun
scu advocat avaunt ils trihuncls. Una vouta Hit el clammo a Bravuogn in
üna causa bainisscni dubisa. VA resentiva fingio ouravaunt, ch' allö nun l'aspet-
taivain grandas onours c pcrque laschet el figio avaunt la prelccziun della
sentenza melier sü la sella a sieu chavagl, dschand, ch' el hegia piitost pre-
scha. Cur cha la sentenza füt preletla e '1 President dumandct las parls,
seh' and hcgian forsa dad observee qualchosa supra medemma, dschet nos ad-
vocat: „La sentenza ais cunter tuott' aspettativa crudeda in disfavur da mieu
Signur dient; eau he per6 prescha e nun vögl pü inauvaunt fer üngünas ob-
servaziuns losupra ; be vuless eau giavüscher mieus Signuors da 1er cun tuotta
lur comodezza Giovannes 8 vers 44 e 41. Allö sto mia simpla raposta." El
get allura bain dabot gio sülla via, muntet a chavagl ed arrivet Yorlüneda-
maing sur Alvra a chesa. Intaunt pigliet ün dels güdschs noliers il nouv
teslamaint, ischerchet sü ils dils citos e leget mez suot vusch : „Vus essas del
diavel, e fais las ouvras da vos bap.
L eloquent puret da Muotias (Mutter).
25. A Tusauna eira magistrat. La sessiun d'avaunlmezdi eira glivreda
e'Is Signuors güdischs e'ls advocats eiran nella stüva d' usteria e pigliaivan
aunch' ün zanin d' üna bavranda u da 1' otra per inciter 1' appetit al gianter.
Accö intret ün puret da Muotias, as laschet der üna fracla d' vin da Vuclina
ed as meltet cun quella modestamaing dasper la pigna.
Ün dels advocats, chi eir tmieu per sias zaclinarias, il duniandel: „Di-
nuonder no, bun amih?" II puret respuondet pütost tmuoss: „Eau vegn di-
rectamaing sü dal infiern!" — „Sü dal infiern ? dumandet 1' advocat, surprais
dalla rasposta, ,,e che do que danöv cugiö?" „Que do eir allö ün process",
respuondet il puret. And ais crudo aint avaunt cuort temp ün loch dal mür,
chi Sparta il tschel dal infiern ed uossa do que üna causa traunter nos Segner
e'l diavel, siand cha ogni ün pretenda da 1' oter la refacziun del Irapart." —
„Co guadagnarö nos Segner bain il process? dschet 1' advocat e'l puret, chi
avaunt pochs dis avaiva pers ün process, dschet: „Eau nun craj me pü, cha
nos Segner'guadagna." „Perche na?" proseguit l'advocat ariand. „Schi ch'El
s'impaissa be, mieu eher tin Signur, nos Segner non survain üngüns advocats
— cha l'oter ho tuots!"
II Signuors Güdisch arieltan e '1 advocat arriet cun eis , ma na taunt
dad Ol.
SP ASS E TOURS ETC. I35
La pipa del sludö.
26. Ün sudö füt tramiss scu ordonanza da Flem a Coira. Sün la via as
unil ad el ün Signur cun nes güz, mintun lung e vestimainta verda. II Signur
discurrit il prüm d' üna chosa e 1' otra e dumandet allura il sudö , muossanl
siil schluppet, che Utensil cha quel saja. II sudö, chi s' avaiva fingio inachiiert,
cha sieu cumpagn da viedi saja quel dellas cornas, chi quella vouta giaiva
bger strambagiand intuorn in nos pajais, al respondet, cha qe saja la pippa
del sudö.
„Our d' üna pippa usche lungia sarö que bain fich agreabel da fümer!"
dschet il diavel e '1 sudö respondet: „Sgüramaing ! Ella ais fingiö chargeda;
avessas forsa gust, da der ün per trattas landrour, schi la vögl eau invider;
pur piglie la channa traunter ils leivs!" II diavel cun sia buocha largia fet
que. Allura il sudö tret sü il chöd e sbarret il cuolp. „BTr. — !" dschet
il diavel, que ais ferm tubac! — and ais bun, ch' eau sun ün pö immortel,
uschigliö lia pippa avess drizzo no üna bella fatschenda." Allura get el nella
boschaglia e travuondet a dascus sieu mel ils daints.
Samedan.
27. Avaunt la revoluziun franzesa avaivan ils duos frers Gian e Giosue
C. da Segl ün affer da conditoria a Paris. Bod gniva 1' ün e bod 1' oter la
sted üna vouta u 1' otra a chesa. Gnand il frer Gian in patria , cumpret el
per il lung viedi ün bain grand chavagl schimmel. El gnit sur Alvra e traun-
ter Bevers e Samedan 1' incuntrettan duos Signuors da quaist lö ed al feltan
pü cu radschunablas reverenzas e s-chapelledas. Ma nos Mastrel Gian pigliet
promptamaing varquaunts bluozchers our dalla s-charsella del brastuoch e 'Is
büttet nels chapels da quels, cha '1 reverivan taunt, cha que sumagliaiva squasi
ün spretsch. Arrivo a Samedan e dumando , cu ch' el as plescha darcho in
patria, dschet el: „Que vo otramaing tuot bain; ma sun tich surprais, cu ch' ün
vain uossa in Engiadina taunt molesto dals tracots (murdieus), traunter aint eir
da glieud bain vestida, ch' ün nun s'aspetess."
Pü tard dal temp della revoluziun giaivan ils affers mel c Mastrel Gian
as resolvet, da gnir a chesa. Ma que nun eira facil, da chatter ün möd per
viager cun sgürezza, taunt pü, vuliand el piglier cun se ün tscherta summa da
daners effectivs.
El cumpret üna moula ed ün esen e viaget scu mulella da Paris lin a
Basel, inua el laschet inavous la moula, chi 1' avaira forsa preservo, d' avair
da ,,fer la reverenza alla sencha Gilliotina." Gnand darchö sur Alvra, s' im-
pisset el bain eir sül spass, ch' el avaiva fat la vouta anteccdainta a quels da
Samedan e tschcrchcl ün möd, da s-chivir lur vandetta, chi nun podaiva man-
cher, siand ch' el avaiva baratto il chavagl cu'l esen. A Bevers as laschet cl
der üna cuverta e cuvrit 1' esen cun quella. Arrivand allura a Samedan al
dumandet ün cognuoschaint , chi 1' inscuntret al inlroit della vschinauncha :
„Ho '1 fraid, sieu esen u ais el ammalo.' Mastrel Gian!" Bain prompt rcs-
puondet quaist : „Ne 1' ün ne 1' oter ais il cas ; ma mieu esen m' ho salvo la
vita tres la Frauntscha ed uossa ais que tuot güst, ch' eau tschcrcha, da'l prc-
server dal pricvel, da gnir da quel Signuors da Samedan tgnieu per ün uors
e schlupiKTlo, (juc ihi auiulia pü dess csser sto il cas."
136 G. CAVIEZEL,
Clin rjnaista Liin.i r.isposla ;is prucurcl Maslrel Gian pos per se e per
sieu j^riscli avaiiiit (|iil1s da Satmulan, clii 1' avaivan ilii pu ^>ül strich.
// Landiunma Tabac.
28. II Laiulamina Tabac alla Puiil eira ün lioni fich populcr. Kl eira
in Engiailina il sulet da sia sclilalta e nun relaschel üngüns dcbccndcnls.
Taunt cl, scu sia rcspcclabla muglicr, faivan tuoll' onor a lur nom e fiimaivan
our da cuslaivlas pippas da s-chüma da nicr il pü dilizius canaslcr d'llol-
landia. Nos Signur Landamina iidiva gugent a requinler «jualche spass, rc-
quintaiva eir el sias islorias maliziusas e niin mancliantaiva guerra 1' occasiun
d' and fer qualchüna.
Arrivand üna vouta a Biavuogn, inua ogni iin il cognuoschaiva, vzet el
bgerras giuvnas dasper il grand bügl da vschinauncha. Cun tuols duos manns
profuondamning ncllas s-charsellas dellas chotschas s' approsment el ad ellas
e dschet: „A quella da vus, beilas giuvnas, chi so ingiuviner, che ch' eau
tegn güst uoss' in maun, dun eau ün cruschun (Kreuzthaler) effectiv." Las
giuvnas ariettan e 1' üna ingiuvinet „ün curte!", 1' otra „üna buorsa!" e las
otras zieva maun ün oter ogget. Ma nos Landamma sgualattaiva saimper la
testa e dschaiva „na !" Finelmaing dschet üna Stria , pero na main bella cu
las otras: „Que ch'El tegna güst uoss' in maun, Signur Landamma ais c.. a
d' ün püerch !" Surprais dschet il Landamma : „Co liest tieu cruschun !" El
la det quel e get ariand nell usteria vicina.
Observaziun : II Landamma Tabac nun eira ün liom immorel ; ma la du-
manda singulera al paret da güstificher la secha raposta. Dal temp della Hel-
vetica {1800) eira il Landamma Tabac Prefect del Destrict Bemina. II chan-
tun Grischun eira partieu aint in üdesch Destricts.
Spert viedi.
29, Dal temp cha noss Grischuns e Svizzers servivan scu sudos in
Frauntsch, HoUandia etc. eiran duos da quaists üna saira dal temp da car-
naval ad Amsterdam in ün' usteria da sudos e discurrivan da lur patria. In-
taunt s' Unit ad eis ün hom bain vestieu, chi discurriva perfettamaing in lur
linguach cun eis e savaiva eir da requinter qualchosa da lur vschinauncha
paterna. Ün dels sudos externet il fervent giavüsch, da podair esser auncha
quella saira üna pezza cun la giuventüna da sia patria e piglier part a lur
divertimaints ed eir sieu amih demusset 1' istessa brama. „A quaist giavüsch
poss ea aggradir!" dschet 1' incontschaint. Vus avais be da metter voss
noms qui sün quaist palperi, schi procurerö eau, cha saregias in main cu ün'
ura a chesa. Nus nun avains accö üngüna tinta, ma vus essas sudos e nun
tmais il saung. Ch' ognün lascha gnir ün guot d' saung our dal dauntulin e
suottascriva cun quel. Duos uras podais ster nella cumpagnia da vos lö ed
allura returneros süll' istessa via accö. Ils sudos füttan containts e suotta-
scrivettan ariand. Allura ils condüet 1' incontschaint our in üna giassa ad eis
tuot estra, inua eis chattettan rantos vi ad ün mür ün grand vde ed ün sgri-
schus püerch. L'incontschaint cumandet a l'ün da munter sün l'üna bestia ed al
oter sün l'otra ; ma als arcumandet severamaing, da bain guarder, da discuorrer
SP ASS E TOURS ETC. I37
niaunch' ün pled sül viedi. Las besüas> as mctlellan in movimaint e bod get
que scu '1 vent. Ellas saglivan d' üna inunlagna all' otra sur our las valledas.
„Per ün püerch ais que tuoltüna ün schmaladieu sagl!" dschet 1' ün e crudel
gio nella profuondited , ch' el nun füt nie pü chatto. L' oter savet taschair,
arrivet nella cumpagnia della giuventüna da sia vschinaunclia, sotet e s'alle-
gret duos uras cun quella, muntet allura sül grand vde e la damaun zieva eir'
el saun e salv in sieu lö nella caserna dad Amsterdam.
11 corv el pluogl.
30. Sül pass da Bernina s'inscuntrettan ün corv ed ün pluogl, „Inua
voust Tu ir?" dumandet il corv. „Eau vegn in Vuclinn!" respuondet il
pluogl ; in Engiadina nun poss eau pü tegner our, las altschivas vegnan fattas
memma suvenz e memma fermas, usclie ch' ün nun chatta pü niaunch' üna foda
sgüra. E Tu, inua vest Tu!" ,,Eau vegn in Engiadina!" dschel il corv.
„Ils Vuclinasls maglian uossa svessa ils castörs , uschö ch' eau cuainl nun
chatt' ünguotta da maglier e stuess bain bod perir dalla fam."
Severa imnatscha.
31. In üna pitschna vschinaucha eiran ils frequaintaduors della basclgia
poch attents audituors durante cha '1 capuziner tgnaiva sia piedgia in ru-
mauntsch, Schi alchüns giuvnatschs s'approsmaivan perfm als baunchs dellas
giuvnas e faivan adascus spass cun quellas. Da que s' inasprit il capuziner e
dämmet vehementamaing : „Ussa caloi da murar, schiglioc vegn jou er giu a
murar !"
Noscha prommzia.
32. Ün sacerdot our d' üna vschinauncha italiauna predget scu giast in
üna vschinauncha tudas-cha; ma ils audituors ariaivan conlinuedamaing durante
la funcziun. Gnand our d' baselgia dschet il sacerdot al Signur Sopraslant
dcl lö , chi 1' accompagnaiva : „Vossa baselgieda pera dad esser bei e bain
svarlassa. In baselgia nun stuess ün ir be per arir." „Ch' EI parduna Signur
Reverendo, respuondet il Soprastant, predgiand dalla sencha baselgia ho El
saimper pronunzio il pled ,, Kirche" scu scha füss il discuors d' ün früt da
bos-cha (Kirsche) e que nun ais üsito tiers nus." „Ha!" exclammet uossa il
sacerdot ; — dunque sono io la bestia !"
Güui I\fachet Colani e P Inglais.
33. Seh' ün avaunt ün mcz secul ed auncha pü bod discurriva in olras
contredgias Grischunas dal Engiadina, schi nun podaiva que guerra dvantcr,
sainza ch'ün oda a menlover ün dels noms: Vicari Planta, Landanuua Tai)ac
u Gian Marchet Colani. Quaist ultim eira ün chatscheder da chaniuolschs
per excellenza ; ma eir uschigliö giovaiv' el vi e no quAlchc tour, chi daiva
da discuorrer e bgers crajaivan, ch' el dispuona da forzas supranaliirelas.
Da que udit eir ün Inglais e's resolvet, da melier Colani, chi faiva gu-
gcnt dalla voutas ün pö d' sbraga, sülla prouva, El gnil liers Colani c dschel.
1^8 (.. CAVIK/KL,
eil' el liejjia U'licii, cli' cI ^apclui fcr ;,'iiir il <li;ivi.-l , c sianil cli' cl nun lie^ia
aunclia nie af^icii 1' onur, da vair (juaist fjranil Sifjnur, sclii clia «jue al füss
da jjrand intcress, da fer cofjnuschenlsclia personela cun <jucl. Per ün p6r
fjüvras sterlinfjas da pü u da main nun vögl' el guarder taunt, per stigl, be
clia la cumparsa reuschesclia inandret. Colani postcl 1' Iniais per la saira
alias ündcsch e mcz in sia chamincda, inua el avaiva üna linchüglia da farer
ed otras üsaglias, siand ch'el solaiva fer svessa la granda pari della lavur vi a
sias armas da chatscha. Cur clia 1' Inglais gnit, il postct el in mcz la chamincda
dasper la linchüglia , tret allura intuorn «luel ed intuorn se svessa multifaris
circuls cun crid' alva e leget our d' ün cudesch rumaunlsch cun granda sma-
nia chosas tuottafalla inclegiblas per 1' Inglais, infm cha ballet la dodesch.
Allura det el cu'l marle grand Irais ferms cuolps süUa linchüglia c prcsclianlcl
al Inglais üna tremenla buorsa, scu cha 'Is pasluors Bergamascs soulan vender
c dschet: „Signur, cuaint ais uoss' il diavel; ch' El guarda pur aint!" L' In-
glais guardet ainl per la buorsa c dschet: „Ma cu? cuaint nuo vez eau ün-
guotta!" — „Güslaniaing! respondel, Gian Marchet, bain que co ais il diavel,
üna buorsa usche granda ed ünguoUa loaint. Ün pü grand diavel nun he
neir eau nie vis."
Colani e 1' Inglais dessan avair bavieu insembel quella not pü cu ün
magöl surainl la sait.
Colani e'l Bergamasc.
34. In ün chod di d' Avuost , cha Colani eira poch dalöntsch dell' alp
Ola in Val Roseg e speltaiva las munlanellas, vzet el a gnir il Bergamasc
our d' chaschina ed ir sül bas tet da plaltas da quela, inua el as terret gio
comodamaing cu'l vainter vers las plattas e '1 döss vers il solagl. Zieva üna
pezzetta Collani nun podet s' artegner, da 's approsmer al Bergamasc e d' al
metter ün lochet d' es-cha invideda sün la pü lamma pari da sicu corp volvida
vers il solagl, s' allontanaud allura bain spert ed as zoppand bain bain.
Appaina füt el arrivo davous ün peidra, schi vzet el il Bergamasc a der
ün cuolp cu'l maun vers il lö, inua el avaiva miss 1' es-cha ed allura saglir
dabot in peis e fügir in chaschina.
La saira gnit Colani nella chaschina tiers il Bergamasc e discurril üna
pezzetta cun el. Allura dschet el scu per cas : „Hoz ais que tuottüna sto im
terribel chod ed a me ais inscuntro ün inudieu spass. Eau eira zuppo davous
üna peidra, per spetter üna muntanella, chi non vulet me gnir our. Puolvra
sül schluppet avaiv eau natürelmaing miss da bella prüma e serro inandret la
plattina. (Ouella vouta daiva que be schluppets cun peidra da fö). Co dan-
dettamaing as scharg' il schluppet sainza ch' üngün il tuocha : il solagl avaiva
s-chodo la puolvra da tel maniera, ch' ella clappet fö e 'm fet perder la mun-
tanella." E scu discurrind be per se, mettet el auncha tiers: „Maladett' istoria
quaista! Chosa simila nun m' ais auncha me inscuntreda!"
Uossa gnit eir il Bergamasc our cu'l discuors. ,,Corpo di Bacco, dschet
el, na per ünguotta! A me ho il solagl ars our dallas chotschas üna foura
granda scu'n cruschun, intaunt ch'eau da mezdi dormit ün pö sün tet. Vus
avessas agieu da vair, che sagl ch' eau he do !"
,,Eir inudieu !" dschet Gian Marchet tuot seriusamaing, ma s' allonlanet
bain dabot.
SPASS E TOUKS EIC 139
// Vicart Planta,
35. 11 Vicari Gaudenz Planta da Samedan, 1' usche dit Uors d'Engia-
dina, eira da sieu temp l'hom, chi giodaiva la pü granda influenza in tuot
il chantun Grischun u scu ch' ün dschaiva quella vouta „nel pajais dellas
cumönas trais lias." El eira ün hom da granda simplicited e giaiva svessa
sün Bernina per' sieu vin, cha vitürins da Puschlev mnaivan fin allö. E que
vain perfin requinto, ch' el nun as contentaiva ogni vouta da piglier part be
passiva vi alias barufFas, chi gnivan fattas suvenz in quaistas occasiuns. Sün
ün da quaists viedis incuntret Planta in Champagna traunter Poutraschina e
Samedan ün giuven novamaing intro famagl d' ün marchadaunt da vin da Pon-
traschina e'l dämmet, da metter our d' via. Quaist, ün ferm Partenser, chi
nun cognuoschaiva Planta personelmaing, dschet: „Mett' our tu, uschigliö at
güdaregia bain our!" Siand cha Planta nun demusset üngüna vöglia da fer
que, il tschüffet il Partenser cun ferms bratschs ed il schlantschet ün töch our
per la naiv. AUura büttet el chavagl e chargia da Planta our d' via^e passet.
Cur ch' el arrivet a Pontraschina tiers sieu patrun , requintet el da sieu ave-
nimaint cu'l vitürin Engiadinais, chi saja passo avaunt üna pezza. II patrun
nun lüt poch surprais da quaist requint e dschet: Corpo del Malam! Tu hest
sgür bütto il Vicari Planta aint per la naiv ! Vainst Tu dalla China, cha Tu
non il cognuoschast auncha? Sül momaint vo our a Samedan e dumanda '1
per pardun!" II famagl fet que zuond ividis , ma stuet tuottüna as retolver
lotiers, seh' el non vulet perder la plazza occupeda be da pochs dis inno.
A Samedan gnit el modestamaing avaunt il Vicari e fet sias s-chüsas,
scu cha sieu patrun l'avaiva cummando, II Vicari nun dschet niaunch' ün
pled, pigliet la clev d' ün murütsch e fet tschegn al famagl , da gnir cun el.
In murütsch al mettet el avaunt paun e ferm chaschöl vegl e tret our d' ün
butschin ün grand boccal vin Schimmel (viii ch' ais squasi alv dal vegl), mettet
sü duos magöls , fet imprinchas cu'l famagl e '1 dschet : „T' inserva 't pulit,
ma guarda da nun requinter ad üngün ün pled da que , ch' ais inscuntru
traunter nus duos. II vin ais bun, nu '1 spargner!" 11 famagl chattet eir el,
cha '1 vin eira exellent, bavet bain c bandunct allura il Vicari piain d' entu-
siasmus per medem. Ma scu cha quaist avaiva previs , eira il vin pü ferm
cu'l Partenser, chi fet bain diversas cupirolas aint per la naiv, aunz cu arriver
a Pontraschina.
// Nicari Planta e la Regenza della trais lias raticas.
36. Alla Regenza a Coira scrivet Planta üna vouta la seguainta charla:
Wohlweise Herren !
Weil Ew. Sendschreiben vom i. d. M. mit dem Siegel des Gottcshaus-
bundes versehen war, wurde es von mir eröffnet.
Weil mir kein anderer gesetzmäfsiger Weg bekannt ist, um beigeschlossene
Aeusserungi an die h. Oberherrlichkeit der chrs. R.Hthc und Gemeinden ge-
* Üna cuorta exposiziun dellas radschuns, jicrche ch' el giaviisch.» ed
hegia externo verbelmaing vers Napoleon Bonaparte, il genercl in capo liels
Franzes in Italia superiura , cha la Vuclina vegna incorporcda scu quarta lia
nel stedi dellas trais lias Grischunas.
140 G. CAVIEZEL,
liin^cn /.u lassen, als diiK li ImuIj, woiiiiii itli liiciiiiil (^c/.icniend anfjesucht
lialjcn will, wird l'^w. Stlircihcii ilaliiii bcaiilwrjrlcl, ilafs ich weder dermalen
nach Chur, noch nachher als Staiidesdcpulierler nach Mailand jachen werde.'
Ich enlhallc mich lüich die Gründe meiner Weij^'eriinj,' an/,u;,'eljen, weil
ich tauben Ohren nicht j^crne predifjc.
Die hei Anlafs meiner letzten, auf Kuren Hefehl erfuljjle, Churer Reise
{gehabten Spesen sind aus meinem Seckel bezahlt. Wollet ihr mich durch
ileren Vorenthalten necken, oder mich um ihre Ablra^un^^ anzuhalten verleiten,
oder wollet Ihr mir dermalen durch deren Uebernahnie etwas Angenehmes
erweisen, so habt Ihr in allen drei Fällen Kuren Zweck verfehlt.
Ich verharre mit unbef^renzler Hochachtung und I<>jjcbenheil der hohen
Oberherrlichkeit, aber nicht der Kurige, ergebenster Bundesgenosse.
Samaden, den 3. September 1798.
G. Planta.
Eir hun.
yj. Da pü bod giaivan ogni launt cramers da maschdinas per il pajais
intuorn c vendaivan pitschnas clochinas cun aint öli da scurpiuns öli d' or-
bejas cd otcrs ölis, chi guarivan tuottas malatias cun o sainz' agüd della mort.
Kir in Stussavgia gnit ün da quaists cramers e vendet quaista vouta
clochinas cun aint ün fluid cunter ils püleschs. Ad üna duonna, cb' and vu-
laiva cumprer, gnit que tuottüna in testa, da dumander, cu cha 1' ova hegia
da gnir applicheda, ed il cramer det la seguainta instrucziun: ,,Cur ch' avais
clappo ün pülesch, schi tgc '1 pal culöz traunter duos daunts, ch' el saja sforzo
dad avrir ün p6 la buocha. AUura svöde '1 aint ün pitschen guot da quaist'
ova, schi sarö '1 sül momaint mort."
„O bella! Cur cha nus avains ün pülesch traunter duos daunts, schi
gnins nus bain da '1 mazzer sainza voss'ova!" dschet la duonna e demunstret
al cramer 1' operaziun.
„Eir bun, eir bun !" dschet quaist e get per sia via.
Medeh.
38. Quels da Medels eiran necessitos, da fer sü da növ il talvo e la
stalla dasper üna chesa della vschinauncha, siand cha 1' albierg vegl eira crudo
aint. Eis avaivan eir fingio mno notiers la granda part della laina, cur cha
gnit in testa ad ün dad eis, cha quaista lavur füss ida pü facilmaing, sch'and
avessan il prüni ül aint bain la laina cun painch. Quaist' idea dvantet sül
momaint clera a sieus cunvschins. Cun extrema stainta transportettan eis
darcho la laina nel god, recurrittan insembel tuot il painch, ch' eis podettan
survgnir in tuot il cumon ed undschettan aint ils palauntschs, chavrets e tols
etc., cha glüschivan da tuottas varts. II tramsport da medems füt quaista
vouta a lur granda satisfacziun ün bun po pü liger.
1 Per tratter cun Napoleon Bonaparte, cha'l favurisaiva e coguoschaiva
personelmaing supra la Vuchina. Planta savaiva , cha 1' instrucziun, ch' el
avaiva da survgir, eira contraria a sias ideas.
SPASS E TOURS ETC. I4I
39. And avains fingiö requinto , cu cha quels da Medels faivan buns
afters cun quels da Coira, e que nun sarö uossa ünguotta surprendent, seh' eis
continuettan a ster in bunas lelaziuns mercantilas cu'ls Signuors della cha-
pitela.
Quels da Medels avaivan fabricho üna baselgia nouva e conveniainta-
maing stuettan eis procurer per medemma eir Senchs nouvs. Eis s'adres-
settan perque darcho a quels da Coira e quaists als tramettettan cunter mu-
naida contante diversas chaschas, cun aint tavauns (Hummel), declarand,
ch' ellas contegnan ils desideros Senchs , ed als laschand auncha dir, ch' eis
dessan avrir las chaschas pur cur cha medemmas sajan in baselgia, schi ch'al-
lura ils Senchs giaron bain svessa sün lur lös. Quaista vouta savettan eis
bain d'as artegner, da nun avrir las chaschas memma bod, taunt pü cha da
quels da Coira eis savaivan, d'as podair fider, nun siand da medems me stos
ingianos.
Cur cha las chaschas fiittan in baselgia , dschet il Signur Lahdamma :
„Nella vestimainta nun sus-chains nus artschaiver ils Senchs, que füss memma
profan ; per 1' onur della chosa ans stuains nus schnüder." Tuots ohedittan
ed allura las chaschas gnittan aviertas. Ma ils tavauns , chi gnittan our da
quellas pizchettan melamaing quels da Medels in lur custüm adamit e quaists
cumanzettan a sbragir da tuottas varts: ,,0 chers Senchs! o chers Senchs!
izan sü pals mürs, izan sü pals mürs !"
// spavent.
40. Amur u qualche oter motiv avaiva indüt ün ed üna — tuots duos
da bunas famiglias della valleda della Moesa — d'as imprometter e da fer
allura las nozzas. Zieva las festiviteds ecliastiacas, convenziunelas e culinarias
mettet ün famus bal nella chesa del spus sü la curuna al grand di. Vers
mezzanot u pü tard s' allontanet nos giuven per e get vers üna dellas staun-
zas, sittuedas pü ot, ch'als dovaiva da (piinder innavaunt servir per lur abita-
ziun matrimuniela.
Ün da quels ambulants tretschers da Flond avaiva da bgers dis inno
lavuro in chesa e giodieu allö allogi e spaisa natürelmaing eir dis da dumengias
e festas ed eira ieu pü bod a let, ma avaiva per causa d' ün bsögn stuvieu
alvcr, per as render in quel lö , inua eir 1' imperatur vo a pe. F.l eira güst
in prozinzte dad ir darcho vers sieu let, cur cha clarited e vuschs-giosom la
s-chela il laschettan presumer, cha qualchün s'approsma. In ]irecipeda pre-
scha vo el vers il pü ardaint üsch, 1' evra ed aintra. Vair ün grand butschin
südret, saglir in niedem e's sgober gio, ais il üit d'ün momaint. E que eira
eir ura, perche in quel momaint intret il nuov per in quell' istessa staunza.
Our dals discuors, chi seyuittan etc. conchulit el, ch' ün' öglieda sülla scena
stuess esser interessanta. El as ozet ün pö per vair sur our il butschin, ma
quaist perdet cotres 1' equiliber e's cupichet ed ün sgrischus fracasch dallas
nuschs, chi eiran in quel e currittan uossa vi pal jialintscliicu, spavcntel il
giuven per usche, ch' el fügit. In costüm lieh cxtraordinari intret (picl in
tuotta prescha nella sela in mez ils sutunzs e las sutunzas. Desperaziun, illi-
miteda surpraisa, sgrischus' intschertezza dal fal seguieu dominaiva la situaziun.
Ma al curagius güda Dicu! iln as resolvit, d.i fer rclschcrchas cun chandai-
las consacredas e non consarrcdas, pei f^Miir al der, da chi u da du- cha '1
1^2 O. CAVIE/.RF-, SPASS K TOURS.
stri.l^;!. cusii .Icrivess. Ma il mclspiert , u |..r -lir der. il Irclscher, avaiva
/.icva la fügia dcl nouv p6i fcslino, .1' as rctrer in sia staiin/.a , inua la r.in.la
il chattet in profuond sön.
Ma cur ch' cl daspü <nulla voula. saja },'ian.l in «iorneda, ii saja per ras
alla prüma ciUed al Khein (Ilan/.), re(|uintaiva sieu avenimaint da (|uella vouta.
sclii stuaiv' cl hi sfor/.cr ils pleds nur traunter ils daints. perch«: il ßranf del
:uir il suriirendaiva aunclia saimpcr.
(ilAN ( ;AVIK/KL.
Zum G-irart de Eossilho.
Die Auffindung einer deutschen Übersetzung des XIV. Jahr-
hunderts ist ein merkwürdiges Zeugnis für die Einwirkung proven-
zalischer Poesie in einer so späten Zeit. Ein Doppelblatt einer
Pergaraenthandschrift, zwischen welchem, wie die Vergleichung mit
dem Original ergiebt, ebenfalls ein Doppelblatt fehlt, entdeckte
E. Jacobs in dem Stadtarchiv zu Stolberg. Dasselbe ist abgedruckt
in der Zeitschrift für deutsches Altertum 30, 76 — 82. Steinmeyer
hat bereits die Zugehörigkeit zum Girart erkannt und aus P. Meyers
Übersetzung (1884) die betreffenden Stücke des Originals beigefügt.
Da dies jedoch für den Eingang unvollständig geschehen und da
die Gegenüberstellung mit dem provenzalischen Texte nicht un-
wichtig ist für die Kritik des letzteren und für die Bestimmung der
Vorlage, so wiederhole ich hier den deutschen Text, dem ich den
provenzalischen nach der Oxforder Handschrift, unter Hinzuziehung
der Pariser zur Seite stelle. Dadurch wird auch ersichtlich werden,
wo der Übersetzer seine Vorlage erweitert oder verkürzt hat.
(15J) angest hebben unde ' ewichlike
pin liden. Neman ne verlüte sik
uppe sine juget; denic junghen
manne mach wol ungeluchke sccn.
Neman erhefl'e sik clorch sine macht,
got is sin wcliliger wan gi alle unde
makit aller walt ende also he wil.
Homot is gode let, imde de sik ötmo-
digit scal van rechte gnade vinden.
Geiart «ndc I^'ulkc sokit gnade mit
otmodichcyt ; sc cnbcdit in bi nie,
9416 (8384 P.)
Ja ne se facent cointe li vaintador
ne danzel galauber perjurador,
(ju'an damledeu m'en fi lo cieator
qu'ancui verra orguel jazer sotror
e sainle humilitat tote sobror 20
blanche resplendissant d'unc rolor.
ja contre Ini n'aurez caslel nc lor.
A toz vos mandcFolchc el consGirarz,
de l(ir aver deiant carga/. vint rharz
* VII, i<o)i }>iir in unde ihirchi^äni^ii:; auff^rlöst.
9416 si cointe uaintador O. \~ per iKiidor C'. l<) /(■//// F. l\ J\lilt P.
144
K. HAK'JSCH,
dal sc lo • l)clciinj4c ilf>i( li f^rxU's ere
undc iiiwe, eren vnlinliii iimle ifi-
wen to gnaden
willit negenleyn chlicdifjc bflwcn mit
unsenic lüde.
men scal ere beleringe fjcinp nemcn,
wante se it willichliken döt.
Do quCmen de f;rcven j^ande ovcr velt
barvot linde mit cn ere vrunt, wol
teyn düsent edelc herren ire marje
nnde* ire man.
dö se quemen dar de koning was, do
untstunden se alle
untdechkit de greven ere hovit unde
gingen beyde vor den koning.
Gerart dede deme keysere sin swcrt
bi deme knöpe in sine hant
unde bogede sin hüvit uppe sine vute.
Fulke dede dat silve, unde alle de
mit en wären sochten des keysers
gnude.
De otniodicheyt was gode lef unde
deme keysere annäme.
den edelen lüden van söteme Herten
erbarmeden se,
de homOdigen van süreme herten had-
dcn CS hat unde torn.
iedocli so ne was nen man so cun-
dich dar de ove le don dorste^: it
was al wol gedän.
De koning vel uppe Gerarde unde
custe^ en , unde sint Fulken , des
vromicheyt he wol bekande.
Se worden sine man unde deden eme
hulde.
per mosters reslaiirar qui furenl arz 23
e d'alos quites franz qu'anl de lor parz
ferunl vint abcies pei nos esgarz.
I)er Ics armes del paircs qu'ogisles
charz,
qui furenl mort a glaives c a fers darz.
a cesl jilait deil rerchar ti plus gai-
gnarz. 30
Breu sermon vos fcrai de Verität;
divai vos que deus fail en magestat :
orguel liesse e catcn humilitat.'
atant virent les contcs venir per prat,
e furent niil de lonc e cenl de lat, 35
baron, conte e contor e riu chasat,
e vienent tot a pie e descalcat.
cum furent pres de lor, sunt tot restat:
Folche e Girarz denant lor cap clenat
il sunt andoi premicrs aa rei annat. 40
Girarz li rcnt s'espade per pum daurat,
e puis li a son cors al pie plaissat.
[vgl. 9439]
[vgl. 9433]
li franc noble baron ont pietat
e felon orguelloz en sunt irat;
e per oc non i a un tant osat 45
qui lai desist orguel ne estragat.
e li reis Ten levet qui l'a baisat,
e puis apres Folcon, qu'il sat senat,
e fant li omenages e feeltat,
to S/.. fehlt.
un Hs.
don. ofte Hs.
* vu cul custe.
9425 mostres O. 27 abies O. 29 fers fehlt O. 30 gaillarz O,
guaignars P. 35 loing O. 39 clenat P, celat O. 41 ben P.
42 plassat O.
ZUM GIRART DE ROSSILHO.
M5
de koning let en ere len unde eren
erven unde bekande en des open-
bäre.
Sint söchten se gnade
to des ' hertogen Tyderikes niägen,
den deden se manscap unde sworen
eren willen to dönde sunder arge
'ist unde ire'-' gebot.
Also de pävis gebot,
boreden se alle ere hande up
unde vertegen manlic uppe den an-
deren.
de pävis dede se alle to banne,
de jeniger unminne mer gedächte
umme de dinch de dar versonit we-
ren.
De päves sprac 'Karl,
din eldervader Karl dede vele oue-
les, so hevestu gedän an diner thit:
dar umme bistu Carl Hamer ge-
beten.
de name wil ich dat nu ende hebbe:
Du scalt nu vortmer heten Carl de
Cale. unde sint di got vrede unde
vele vrunt und diner barone gensce
gegevit hevit, minne got unde vrede
unde soke gnade wo du gode bo-
test unde sine hulde behaldest.'
Carl de volgede deme pävesse siner
güden lere
unde bewisede och manige rike ebbc-
dige.
el reis lor rent lor feus en iretat.
apres se sunt premiers humiliat
vers les Teuri d'Escane, la parentat,
senz mal engant lor funt lor voluntat
e homenages taut cum lor fu engrat.
e l'apestoiles a tot devisat 55
per nom de penitance e comandat
que les mans e les braz unt tot levat
par nom de paz tener e d'acordat.
altre mot a ichelz ad deveat
e toz partiz da deu e desevrat 60
per cui sera jamais renovelat.
L'apostoiles parlet com hom leiaus
'enquer, reis, se tu vuelz, seras bien
saus.
Carles Martels tes aives fest molt granz
maus,
e tu de ton vivent fus altretaus: 65
per qu'ogist nom Martels.
eis nuns fu faus :
er deiz mais nom aver Carles li Caus.
or es ris de barons e d'amis claus;
or aime deu e paz e pren repaus.'
e lo reis lo fait bien qui'n creit son
laus 70
e fest puis ne sai quans mosters reiaus.
Ce dient li danzel tot cntresach
'non ert mais d'iste gerre baslil agach
ni chevalers feruz ni escuz fraich.
vil en serunt tengut qui'n ont mal
trach : 75
' to den Hs.
* ire] iv Jh.
9452 les] Ic O, lo /'. la /<■//// O. 55 trestot O. 57 un tot 0.
59 puis a cclui mal dih c devedat P. 60 tot partit /'. 64 si fo mais
maus /'. 65 joven /*. 60 per aquo aguist nom mar(l)el ses faus P. 67.
6b fehle» P. 71 modcstes O.
Zeltsobr. f. rorn. Fhll. X. 10
146
K. I'.AKISCH,
l'iillic nt- runde slncr vromichcyt
niclu vcrfjclcn , lic sprac In riOrardc
linde to Carle
'lubbil r'it
mit iüwen baronen,
wß gi de armen riddere, de des or-
loges sik begingen unde nu iC-nes
unde güdes los unde gare unberädcn
sin, also beräden, dat sunder rof
se sik mögen began, unde dwingit
ere herren dat se en gut don. Den
quaden argen nemit dat gfit unde
gevit it den güden, wante bchalden
unde verloren gut ne is nicht kolis
wert.'
Karl dede gerne dat eme Fulke ret
unde nam it vor gut.
De sprac to den baronen , dat eme
Fulke hadde geraden.
'Edelen barone', sprac Karl,
' hebbit de riddere levev den golt oftc
silver ofte ienich gut
unde iuwe len nach iuwen staden unde
des landes legenode.
Swe so hulpe bedarf,
ich wil eme des mines so vele geven
dat men min bot gelesten möge, so
dat ridderlich so vele to sime beder-
ve hebbe also it der ridderscape ge-
vöge. So mögen se iv unde uns
helpen. Sokit uns de heydenen, mit
riddere hulpe möge wi en uns untseg-
ghen. Wat doch koningrikc unde her-
scap, se ne hebbc dise were.' De dit
mais en serunl .inial li duc de placli.'
'ja jjcr ait 0 ', disi l<"o!chc, 'im non
s'emach :
prou niaiigar c- vcstir, se nielz nes
pach,
lor dnnrai volcntiers c de granl grach.'
Folchc parle a Türart e a Carlon 80
' ere prennez conseil cum cascnn don
e li conte el demaine el ric baron
a pabres chevalers lor garison
c ques amenaz toz a mostreison
si cum fu establit en la reion 85
por defendre l'onor, s'on l'an semon ;
e s'i at ric avar a cor felon
ki ne vuelle sofTrir comluil ne don,
un li toille l'onor e dunst l'a bon,
car tressaurs estojaz ne vaut char-
bon.' qo
Carlcr ticnt lo consel Folcon valent:
'a toz lo die, barun, qui es mancnt,
amaz melz chevalers qu'aur ne argent
e lencz an segunt son chasement,
quc cascun ac de mei , qui vint , qui
Cent, 95
qui tant , qui plus , qui mains sun co
que tent.
ki sofirir ne porat, eu li ement
c donrai volenters del men sovent,
e aviza^ les toz a mostrement,
que cascuns ait cheval e garniment.
9500
ne nos truis desgarnis paiane gent;
que r6ames que vaut qui nes defent?
' vere Hs.
9479 grant /^//// /'. 81 prennent O. 86 l'an] la O, len P. 95 "it O,
XX. P. ^b fehlt P. 9501 uos O. 9502 rcials om es pcrdutz /'. no^r /". ne 6*.
ZUM GIRART DE ROSSILHO.
147
gerne tlot, cleme wil ich Ionen unile
helpen; de is nicht ne dot, de scal
mit rechte sin len vorlesen unde
mine hnhie.
Alle 1 de herren de dar weren , de
volgeden Carle sines willen unde wart
aldus gesät unde gestedigit mit
eden also dar be . . .
e cel qui s'en feindra a son vivent,
li toudrai sa honor per jugement
e donrai l'a meillor e mei garent.' 5
e li conte l'otreient tot ensement ;
issi unt affermat aicest covent
que fait en unt fiances e segrement.
9508
[2a] dat se it node dön sculde.'
'Wetet dat, herre', sprac de scalk
'dat it war 2 is.'
'Ic ne wille', sprac Gerart, 'dat du
icht seggest des du nemogest nicht
vullencomen.'ä
' ne mach ik es in nicht bewisen ',
sprac de scalk, 'dat gi it seet mit
iüwen oughen, so bin ich sculdich,
unde is recht dat ik sterve swelkes
dages gi willit.'
do dat Gerart horde, dat dede eme*
van herten we ; he ne horde ne mere
de eme so we deden,
unde noch ne dranch noch ne at noch
ne slep.
Des morgens ville vro was de grcve
uppe unde ret ilende to lande, hc
sprac dar he allene ret
'Eyä edele grevinne, leve vrowe, sote
herte unde Iriiwe lif, hovisch^ unde
to rechte wis, und tnnvc rat to alle
que eu me merveil molt , s'ainc sou
penset.' 9646
'Segner, sobre un romi a mes son
sort :
la nuil s'en vait od lui quant la ganz
dort
aval soz le castel u sont li ort.'
non vucl de mon servent novcs m'a-
port 50
que, se vient au provar, dunt se des-
cort.'
's'eu nel tc puis mostrar,
dunt ai eu tort,
c si en dei murir de male mort.'
e li cons quant l'aui, pesal tanl fort
qu'ains mais noves n'aui sil descon-
ort. 55
qu'i! ne manga lo jorn ne la nuil dort.
Maliii levet Girarz, c'ainc ne fu Icn^,
quant chevauchet e dist entre ses
deni;:
' ai contessc amic, bons cors c gen^
huniils amoros dolc e convinen^ 60
e adreiz c corteiz esapien^^
' Aide Hs.
^ wat Hs.
^ wllencomen Hs.
* dat de me eme Hs.
'•" honisch Hs.
9503 cel fehlt O. 4 ieu Ihi toldrai sa terra P. 8 scngrcnunt O.
9650 — 51 fi'hlen P. 52 se ieu non pucs proar T'. e\\ fr/ilt O. !;3 Al)nnz
en dciz O. 54 pesa O, peset P. 55 dcsconcort O. 50 m. la nuit puis
uen c dort O. 58 quainc O. si dilz P. 60, 61 umffestfl/t O. humiles
amors dolccs O, luiniils c amoros e dids P. Ol i adrchs cors corles /'.
10*
148
K. MAklSCH,
iiiincn iiöden , nn (,'rr>teiiic arl)ey(Ic
unil an lanfjeme armöilc, an initlic-
lem angesle
hcvcsl du dinc jutjeiil vc•l^lL•len dorch
mi,
dat ik ne sulker dinge an di wart gc-
ware oft di aldus is misseschcn.
IlCrre got, we was <li, iinde du sote
gol, war umme woldest du es der
giidcn vrowen verhengen ?'
Aldus jamerde sik de greve undc
sprac 'nummer ne mote der rät
werden , ile gfide IC-ve vrunt mengit
unde nemclike under man unde wif,
de wol over C-n dragit.'
Endicas was wis unde verstendich, he
merkede wol dat des greven gelät
gewandelit was van der bodescap.
he sprac ' herre, wat is di gesehen
dat din gelat alsus gewandelit is?'
Sege Bedelune unde me dinen danken
unde lät di rfulen.'
'Gi herren, wat nu unde nimmer'',
sprac Gerart, 'aldus ovele is me
gesehen.' 'Herre', sprac Bedelün,
'din herte is alto licht unde hevest
ichtes wanne junges mannes sin,
dat du eme quäden scalke van eme
SU güdeme bederven wive trüwen
scalt umme ere laster unde scande.
here, ich wil dich ene mere segen,
de ich hörde des ne is nich lanc.
D6 de keyser van ("onstantinopole
sente Sophien monstcr büwen dcde.
en (|iia] iraliail esteil li liens jovcn^
e cn giant |iau))retat per mei lonc
ten^.
ains ne me reprocaz tos ris paren^,
ains nie fus consellers e bons sir-
venv- ('S
de paubrelal me Iraisl li tons porpen^
e lornat en honor tos cscien^.
e s'anc lo le penscsl, u fu tcs sen^?
ja dcus nen ait marcct jl'icclcs gcni^-,
qui mesclcnt bnns amis c hicn voil-
Icn^. 70
gartz, tun pertlras les ols, sc tu n'en
pen^.'
Andicas l'apclct qii'cst sapiejif :
'segner, dunt est vengut aiciz tor-
mcn9,
que la caire t'est troble cum aire-
men^.
apele Bedelon e tos paren^ 75
qui t'unt a conseillar se tu consen^.
'segner, ke vos dirie? ja sui sof-
fren^.'
'Segner cons', dist Bedeles, 'mentir
non quer :
trop as senz de jovent e cor leger,
quant tu creiz a garson
de ta muillier. 80
dirai vos
que contet ele l'autrer.
quant de sainte Sufie fist reis moster,
' dat dön ic nimmer?
9663 feh/t P. 65 conselleis O, cosselhiers P. bons e O. 70 que me
son enamic e malvolens P. 71 gartz] que O. tu perdras la testa se tu i
mens P. 74 ta]ca O. Ta chara es negresida P. 78 Senher ditz Bedelos P.
9683 si defendie O, defendet a P.
ZUM GIKART DE ROSSILHO.
149
he vorbüt alle den de an sineme
rike wären,
dat neman dar lö cost noch arbeyt
ne dede. he dachte dat he mit si-
ner cost an deme werke godes lön
allene behalden scolde.
D6 was en arm vvif, de anders nicht
ne hedde mer also se mit spinnende
unde mit negende und mit ander-
nie ' hantwerke armelike gewinnen
mochte , dat se mit rechteme ar-
beyde gewan, dat gaf se umme heu,
und also de somere , de to deme
werke drögen, ene wile roweden
nach der last in deme scede so gaf
se en dat heu to etene.
und des nachtes, so it neman ne sach,
drüch se en dat waler uppe irme
rucke unde gut il uppe dat werck,
dar se hadde gemerkit des dages
dar it vromede unde nutte were.
Dö cundigede gel bi sime bodcn de-
me keysere dat, dat des armen wi-
ves lön mer were wan "■' sin , de alle
de andere groie kost daran gelegit
hadde.
Dese mere ', sprac Bedelün , ' hcvii
min vrowe gehört unde hevit daran
eren sin gekerit.
Sünle Sophien munster hebbe ik sil-
ven gcseen , unde is dat sconesle
unde dat rikesle dat ieman sach.
wante Sophia dal is got silve.'
Do dise mere ende hadde,
dö släperden greven.
he slep
eme drömede en dröm , den scge-
de he
defendie la gent de son enper
e de Costantinoble, a toz lor quer
<juc uns nen i mesest vaillant dener. 85
mais une paubre femme n'a desier,
de son paubre gaaing qu'a dreiturer
de cosdre e de lilar de son mester
en comprave de l'erbe
que li sommer
manjavent quant s'estavent
desoz l'ombrer. go
la nuit quant gent durmie a son
bocler
aportave del' aigue sobrel morter.
quant mosters fu basliz e li clocer
el reis ot mes aveir grant e jilener,
si demandet a deu lo Verlader, 95
quäl gueredon n'aurie e cum sobrer.
e deus CO li mandat per messagier,
quel paubre femme aura major loger
que lo reis por lo don de son or mer.
e en ico mi donne a consier. 9700
Eu ai veu moster sainte Sufie,
c ne quit qu'anc taus fust ne jamais
sie:
aicü est nuns tle deu, u oni sc fie.'
quant ot dit la paraulc, il l'unl oie,
e lo cons a somel quant fu fcnic, 3
e descent e durmit en l'erbe Iric,
e songet que contet quant sc rassic.
• anderma lls.
' van lls.
<:)b%\ fehlt P. 86 pauble O. 87, 88 vertauscht Ü. 91 cn son iasier /'.
92 sobre el morier O, sobrel niusticr /'. e ipianl fon tot/, baslil/. c li empor J\
()\ fehlt P. 95 la V. O. 96 naurie cum (>, nauria c ipian /'. 99 de son
aver P. 9700 a] son P. I E ai O. 2 eu ne i), e no J'. 3 el lo cons aO,
lo coms si ac /'. 6 Discendct e dormil cn laberi.i /'. 7 aqui somjct un
somi cjuant /'.
150 K. I5AKI.SCU,
nioiitcl tl palcfrci, disl lor '])iir vie ! '
tlcn sincn Iwen j^cvcrdcn.' ' Faiz vus cnanl', dis cl , ' iiii dui a-
iiiin.
'nie drömedc ', spiac lic, dirai vos (ju'ai songat ices't maliii, lo
'dal de j^revinne <iueme to nie que la contesse cra soz un vcrl pin,
in encni hliandc mit cnic sölcn inUe, si vcslirnenl tut blanc cum parche-
min
e plus covc-rl de llors d'un aube C!5|)in,
cnen kelic liadde se in erer hant van o tenic un calice de mer or lin,
},'oldc, dar af j,'af se nie drinken des a cjuei manvcs m' aheura
bilven wines, d'aquel saint vin 15
den f^ot üt watete niakede.' (]ue dex fest d'aigue as noces Arche-
leclin.'
'llcrre', sprac Endicas, 'de iliuni is 'segner, aico est biens, co te devin,
gilt dat is dat de grevinne reyne grant joi te naist de li, deus t'o dcs-
is aller boselieyt unde dat se di tin.' 9718
den rät scal geven, dar du . . .
Ich habe bei der Aufstelhing des provenzalischen Textes O zu
Grunde gelclegt, und bin nur da abgewichen , wo derselbe ent-
schieden Fehlerhaftes bietet oder wo das niederdeutsche Bruch-
stück auf eine andere Lesart führt. Denn die Vorlage desselben
nach M(")glichkeit herzustellen, mufste hier die Aufgabe sein. Diese
Vorlage stimmte im wesentlichen mit O überein in der Zahl der
Verse. Eine Anzahl Verse, die O hat, die aber in P fehlen, wer-
den durch D (so wollen wir der Kürze wegen die deutsche Be-
arbeitung nennen) bestätigt: so 9419, dem orgiiel an dieser Stelle
spricht hornöt in D; ferner 9467 — 68, 9650- — 51, 9663, 9684, wo
allein Cosiantinob/e genannt ist, woraus D de keyser vo?i Constanii-
nopolc entnommen hat. 9694 in den von D übergegangenen Ver-
sen (s. nachher); dafs dieselben und unter ihnen auch der in P
fehlende Vers 9694 in der Vorlage von D standen, ergiebt die Über-
einstimmung von gröle kost daran gelegit hadde D mit ol nies aveir grant
O. Nur ein Vers, den O vor P voraus hat, wird nicht durch D
bestätigt: 9421, aber hier hat D auch den folgenden Vers nicht
wiedergegeben.
Nicht wiedergegeben ist der provenzalische Text an folgenden
Stellen. 9421 — 22, 9425, 9429. Die Verse 9431 — 2i- sind an
dieser Stelle deswegen nicht wiedergegeben, weil sie ihrem Inhalt
nach schon in 9419 enthalten waren. Dagegen ganz fehlt die
Tirade 9472 — 79. Die Verse 9483 — 86 scheint D mifsverstanden
zu haben, sie entsprechen im Gedanken nicht. 9647 — 49 werden
ihrem Inhalt nach in D natürlich nicht übergangen worden sein,
' gewerden Hs.
9609 Fai vos enant O, Sai vos traetz P. 11 era P, ui O. 15 a quei
niabeura manures O, ab aquel mabeuraua P. 16 a nossas P. 18 deus tu O,
ieu to P.
ZUM GIRAKT DE KOSSILHO. 151
sondern waren wahrscheinlich schon bei 9642 wiedergegeben. Da-
gegen fehlen wieder 9666 — 67 und 9671. Sehr auffallend ist das
Fehlen von 9693 — 96, die zu wichtig für den Zusammenhang sind
als dafs ein absichtliches Auslassen denkbar wäre. Ich glaube
daher dafs hier durch den Schreiber erst die Lücke in D ver-
schuldet ist, der fehlende Satz begann vait Z>o = [gna/i/ gög;^), das
Auge des Schreibers irrte von einem Do auf das nächste ab, viel-
leicht schlofs der ausgefallene Satz mit iCcre, was dann den Aus-
fall noch leichter erklärt.
Den Weglassungen stehen einzelne Zusätze gegenüber: so sind
die V. 9416, 17 erweitert, ebenso 9461, wo vielleicht die Vorlage eine
Zeile mehr hatte; das gleiche vermute ich 9480. Auch 9500 ist
der Ausdruck erweitert und beruht vielleicht auf interpoliertem
Texte. Die nach der Übersetzung von 9502 folgenden Worte c/e
dit gerne döt , deine 7uil ich lönen unde hclpen könnten etwa einem
Verse cel qtiil fai volunters serai garent entsprochen haben. Eine Er-
weiterung ferner nach 9568, wo die ganze Übersetzung etwas frei ist.
Ausführung ist wohl nur vorhanden bei 9572; nach 9585 könnte
man einen ausgefallenen Vers mit dem Reimwort logiiier {lo den lo-
guier?) vermuten, der gut in den Zusammenhang passen würde.
Auch nach 9592 ist ein kleiner Zusatz.
Die einzelnen Lesarten betreffend , stellt sich D ebenso wie
im Versbestande meist zu O, aber manchmal bestätigt es Lesarten
von P. 9459 könnte man schwanken, ob die Vorlage von D die
Lesart von O, oder die von P gehabt habe, indes der Ausdruck
dede se to banne kann auch aus 9460 entnommen sein, dann wäre
9459 unübersetzt. 9464 fest molt granz tnaus O wird durch dede
vcle ovcles D bestätigt ; ebenso 9465 vivcnt, gegen joven P, D hat thU,
was 'Lebenszeit, Leben' bedeutet. 9466 stimmt D mit O; da-
gegen 9481 mit P {prenez) gegen O [prenmiii). 9489 kann man
wieder schwanken zwischen t'onor O und sa terra P, dat gut D
entspricht mehr letzterem Ausdruck; vgl. 9504 wo derselbe Unter-
schied zwischen O und P, hier hat D sin Im. 9502 stimmt D
mit Ü gegen P; 9652 ncl te O = es tu nicht D, P hat nur non.
9653 dagegen bestätigt D die Lesart von P. 9654 habe ich eine
aus P und O kombinierte Lesart angenommen: pcsa persönlich
kann nicht gesagt werden, anderseits ist ersichtlich, dafs P (// comti.
gesetzt hat, um die freie Konstruktion zu vermeiden; es ist eine
Art Attraktion durch den Nebensatz. 9656 schliefst sich D mehr
an P als an 0 an. 9658 quant in P ist richtig, aber si braucht
man deswegen nicht zu schreiben; e leitet den Nachsatz ein, wo-
für P das häufigere j/ setzt. 9660, 61 standen in der Vorlage von
D in der Reihenfolge von P. Das zweimalige cors in P ist wohl
nicht richtig, auch D hat nur einmal lif (= 9659). 9670 las D
wie O. 9678 scheint senhcr in P dem hnre von D genauer zu
entsprechen als segner cons in ( ), auch /iedelos besser dem liede/iin
von D, aber es ist ersichtlich, dafs P hier die vom Obl. abweicliende
Nominativforni />ede/es beseitigt hat. 9681 stimmt a mi in P
152 K. HARISCH,
vi<;ll«ichl genauer als de () inil I). '^687, 88 wird di(^ V(,TSslclliing
in r durch T) gegen O beslätigl. 9691 liegt ein Mifsverständnis
von m son bocUr () vor, wofür in J^ uf>pt: irnu rucke, der Über-
setzer dachte; an /nukr/; aber eben dies Mifsverständnis bestätigt
die Lesart von (). 9602 las D viorter = O, denn es ist durch
dal werk wiedergegeben. 9697 cu = O, nicht si = P, las D, denn
es hat t/(i/, 9698 zeigt </ci/ in D, dafs in der Vorlage = O ein
Satz mit i/ur, nicht direkte Rede (= V) stand. 9701 Fu ai = hcbbe
ik D, bestätigt die Lesart von P; ebenso 9702 e ne = P {tu ne O),
denn D hat unde. 9707 <fue cofilel = O, D den seghcde he. Der
Nom. in 97 1 1 P wird durch D bestätigt.
Der Text von D ist im ganzen sorgfällig überliefert. Fehler-
haft scheint mir neu ?nan so cundich in der Übersetzung von 9445
un tanl osat; ich vermute so cimlich. Auffallend ist bewisede 9471,
vielleicht ursprünglich J>cwidcm€de 'stattete aus', r'ike ist daim die
Wirkung.
Mehrfach begegen in D Reime, genaue; und ungenaue, so
gnaden : räde 9427, wo die Worte 7nil unseme rdde nichts c-nt-
sprechcndes im Original haben, waren : gnade in einer Erweiterung
nach 9442. gnade : mdgen 9751 — 52. nöden : arnode gbÖ2. ge-
höril : gekeril 9700, erweiterter Text. Vielleicht auch hade : grdvcn
9704, 5. Es wäre nicht undenkbar, dafs D aus einem älteren
Gedichte, und dann wohl des XIL Jahrb., aufgelöst wäre.
K. Bartsch.
Die zwei provenzalischen Gedichte, das Glaubens- und das
Beichtsbekenntnis der Pariser Hs. fonds lat. 11312.
Im Grundrifs der provenzalischen Litteratur § i i bezeichnet
Bartsch die von P. Meyer in seinen Anciennes Poesies religieuses aus
Hs. suppl. lat. 1743 (jetzt fonds lat. 113 12) der Pariser National-
bibliothek Bl. I2 2v''ff. veröffentlichten Gedichte (ein Glaubens- und
ein Beichtbekenntnis) als „in Versen von ungleichem Mafse" ge-
dichtet. Hiermit wird aber das wirkliche Versmafs nicht deutlich genug
festgestellt. Meyer drückt sich in seiner Vorbemerkung zwar pril-
ziser aus, seine Worte decken sich jedoch nicht völlig mit der
metrischen Konstruktion seiner Ausgabe (die Hs. überliefert den
Text wie Prosa und setzt nur nach den Strophen schliefsenden ent
aber auch hier nicht konsequent Punkte) und auch nicht mit dem
metrischen Gebilde, wie es nach meiner Ansicht aus des Dichters
Hand hervorging. Meyer sa'gt: „Ce sont deux hynmes (oti peut-ttre
un seul en deux pai'ties); le premier commenct par im acte de foi et
finit par une prüre: c'est un recit vif et anivie des principales cir-
constances de la vie et de la passton du Christ; le second est une sorte
d'ade de contrition tm peu vague et mi peu long. Du reste il faut
reconnaitre dans cette piece (ou ces pihesj wie grande habilete de versi-
fication. Sauf les quatre pretniers vers de douze pieds qui sont comme
la preface du poeme, ce sont de petits vers disposes par sirophes de
trois vers dotit le dernier est constamnient U7i e n t. Ces strophes sont
de deux espkes : Pune de trois vers de six syllabes, Vautre de deux
vers de quatre et d'u7i de six ou parfois huit syllabes, ces strophes
n'etant point alternees, tnais disposees par series de plusieurs strophes de
meme nature. Celle en vers inegaux a un rhythme leger et sautillanl
d^un effet assez joli, mais que vient heureusement rcmplacer, dans hs
endroits oü le ton du recit s^eleve, le rhythme plus grave de la strophe
en vers de six syllabes."
Meyer spricht dann noch über die Verwendung einer ähn-
lichen Strophenform bei Ciiraud de Cabreira und Giraud de Cahin-
son. Über diese Schweifrcimstrophe hat seitdem ausführlich SucluCr
in der Einleitung zur Reimpredigt: Grant mal fist .\dam gehaiuicll.
Sonst ist mir nicht bekannt, dafs über den T^au unseres Gedichtes
eine weitere Äufserung gethan wäre, abgi-seiien von der Wii-tler-
gabe des Meyer'schen Textes von II Str. i — 27 in l^aiisih's Chresto-
mathie prov.'* Sp. 19 tr.
154 E- SIKNGEL,
Oa i(jli (l(;ii 'l'cxl mir vor ciiHf^'tüi jahri;ii von iiciiciii al)g<-si:lirii;-
licii haltu, in der Al)si(:lil c;inc incitK^r fraiiz<).sisch<rn analog«; Sainin-
lung der ;ilLc.slcn provenzalischcn Spraclidcnkiuälur zu vcranstallcn,
zu derselben aber noch nicht sobald kommen werde, gebe ich hier
dt:ii Text nach meiner den Mcyer'schen Abdruck hier und da be-
ricliligenden Abschrift, jedoch gleich in der metrischen Form, die ich
für die richtige halle und mit den dadurch bedingten IJesseruiigen.
In sprachlicher Ik-ziehung lasse ich den Text so ziemlich unan-
getastet, da in eine sprachliche Untersuchung desselben einzutreten,
zur Zeit aufser meiner Absicht liegt. Ich schicke noch einige das
JMetrum klarstellende und die eingeführten Änderungen rechtferti-
gende Bemerkungen vorauf.
I.
Betrachten wir zunächst tlas erste Gedicht oder Zeile i — 113.
Wir haben in ihm lauter zweireimige SlrojjlKMi aus drei Zeilen an-
zunehmen. Der zweite Reim begegnet immer in der letzten Zeile
und geht durch das ganze Gedicht (sogar auch durch das zweite
Gedicht) hindurch auf eni aus.
Der erste Reim verknüpft die zwei ersten Zeilen und wechselt
von Strophe zu Strophe, nur zufällig kehrt derselbe Reim in meh-
reren aufeinander folgenden wieder. Der Reim ist meist rüännlich.
An Stelle des Reimes begegnen einige IMale Assonanzen.
Die dritte die Strophe abschliefsende Verszeile ist durchweg
ein Sechsilbner, die ersten beiden sind meist auch Sechssilbner, in
Strophe i — 4 sind es jedoch Dreisilbner. . Sonst haben wir noch
Strophe 8—14, 20 — 25 und 27 — 28 in Zeile i, 2 Viersilbner.
Vielleicht ist nun die entbehrliche Strophe 26 erst später ein-
geschoben und liefsen sich durch ihre Ausscheidung 2 Absätze
von 4. und 6. Silbnerstrophen herstellen, zwischen welche 5 reine
Sechsilbnerstrophen geschoben wären, ebenso wie ihnen 3 solche
voraufgehen und 12 nachfolgen. Dieser Auffassung des metrischen
Gebildes stehen nur folgende Bedenken entgegen.
I. Die Strophen i- — 5 scheinen nur 5 einfache Langzeilen zu
sein. Es sind jedoch nur geringfügige Änderungen erforderlich um
cireizeilige Stroj)hen herzustellen. Strophe 5, welche Meyer ohne das
handschriftliche Verweisungszeichen zu beachten, als Eingangszeile
druckte, darf man schwerlich als vierzeilige Strophe auffassen, deren
erste drei Verse auf a reimten, da Reime auf unbetonten Vokal
unseren Dichter fremd sind. 2. Strophe 15 — 17 bilden der Über-
lieferung nach nur 2 Strophen von 4 und 5 Zeilen. Die vorgenommene
Änderung dürfte auf keinen Widerspruch stofsen. — 3. Meyer läfst
für die Schlufszeile der Strophen auch den Achtsilbner zu. Die
Überlieferung zeigt aber nur vier solcher Strophen, nämlich a) 21
bis 23. Die beiden ersten Zeilen sind hier Viersilbner, da nun
unmittelbar vorher i und unmittelbar nachher 2 regelrechte Vier-
und Sechssilbnerstrophen gehen, so wird man diese einzigen drei
Achtsilbner in Sechssilbner kürzen dürfen, was, wie mein Text zeigt,
leicht möglich ist. b) Strophe ^i^, wo sicher eine analoge Kürzung
DIE ZWEI PRO V. GEDICHTE. I55
vorzunehmen ist. — 4. Zwischen Strophe 38 und 39 steht eine über-
schüssig Zeile. Ich betrachte sie als Interpolation , da sie völlig
überflüssig erscheint.
II.
Ich wende mich zum zweiten Gedicht. Dieses scheint mir
durchaus in dreizeiligen Sechssilbnerstrophen abgefafst, allerdings
mufs zugegeben werden, dafs aufser einigen Textkorruptionen, auch
offenbar eine Anzahl beabsichtigter Änderungen von dem Redaktor
des erhaltenen Textes vorgenommen sind, wodurch neue Strophen-
forraen und darunter eine, welche den Reim noch mehr ins Ohr
fallen liefs, entstanden. Das Bestreben nach gröfserem Reimreichtum
bekundete sich schon bei dem ursprünglichen Dichter, durch öftere
Einführimg des Binnenreims. Im ersten Gedicht zeigt sich dieser
nur einmal in der dritten Strophenzeile (Str. ig), im vorliegenden
tritt er viel häufiger auf (vgl. ib, 2a, 6a, lob, 15a, 2ia, 24a, 27a,
b) und der Überarbeiter hat sich 27a b verleiten lassen, ihn noch
durch eine Reihe, allerdings nichtssagender Zusätze zu vermehren.
(Hier wie im Beginn des Gedichts hat Meyer das strophische Ge-
bilde völlig verkannt. Zu ic hat er irrigerweise die erste Hälfte
von 2a und demnach die zweite Hälfte zu 2c gezogen). Sonst
hat er die Strophe noch umgebildet zu einer aus 3 x\chtsilbnern (5)
aus 2 Vier- und einem Sechssilbner (6, 7, 2^) aus 2 Sieben- und
i Sechssilbner (43), aus 2 Sechs- und i Achtsilbner (42), mit Unter-
drückung t'iner Zeile zu einer aus 2 Drei- und i Sechssilbner (10)
und mit Hinzufägung einer Zeile aus 4 Sechssilbnern (ig). Jeden-
falls fehlerhafte Einzelverse sind: (la, c, 28a, b, 2ga, 30c, 32a, 36b
(falscher Reimvokal), 36c.
I. 5 Sia ela beneeila
1 Damrideu Que de lui fo escinla
Aor eu, Ta gloriosanient,
Lo pair'oninipolent, l 6 Nol coseub a deleil, 5
2 Qui creet Ni ac dolor a leit, 6
Terra e cel Ni sos cors naframenl ; 7
E quant es de neient. 2 7 A la nativilal 8
3 E aor De sa virginilat 9
So fil bo Per lui 110 pert neent. lü
Jesu Christ esament 3
4 Qui naissia 8 Aquest cre eu II
De Maria Omenadeu, 12
Per nostre salvamenl. 4 Lui cn tia a {jarcnt ; 13
lab Eu aor damrideu. 2b Cel e terra. 3b So bo fil. 3c ih'u
von Meyer, wie fast allgemein , fälschlich Jhesu aufgelöst, zu esament vgl.
If 29c. 4a nasquet. 5a-c Vom A'o/>isten am oberen Rande nachgetragen,
aber durch Verweisungszeichen als nach 4c gehörig kenntlich gemacht.
5a Ela sia 5b esenla. sid. 6b Meyer: Ni n'ac. 7l> Afeyer: virjjinat ; 7c
Meyer: pari.
15^^
') Ou'cl nie llhl^lllLt
K ni'aspirt-l
ICiii rircnis liiiiiiiliiii Ml.
lu OiKiiit Ulf Loiiiprcl,
N(J iii';iL;iiilel
De Im ;uir ni ir.irj^ciil,
I I Ou'aiis (lonet sc
Non antra re
Per ina vida jjarcnl.
12 D'u de SOS driixlz
El fo vcndul/.
Trcnla diners d'aryciU.
13 Nul dcsfiet,
Quant lo baict,
Cum veng al tra'i'nient.
14 Reccub l'avcr
Ret Deu lo ver
A la malvasa gent.
15 Donc fo pres e liatz
E cum laire jutgatz
A mor e a torment, 35
16 E aisi despolaiz 36
Cum de maire fo nalz, 37
E batutz malament.
17 E per nostres pecatz 38
E la cros fo Icvatz 39
On el fetz plaguament 40
18 De SOS omes a Deu 41
— D'aquels, sei plaz, si'eu
C'aiso cre fermament — . 43
19 Clavellero el fust 44
Las mas de l'ome just 45
Es pes apres fortment. 46
E. SIENGEL,
>4
22 Moslral bos om,
53
"S
Que ailal fasa om
S4
i<>
D'aulrui uialinenamenl.
55
'7
23 Si con ac sei
5^^
!8
Kel e azet
57
19
Li mcsquuro la gent.
58
20
24 Scs fo amar
59
21
Volc en gustar
60
n •>
Per noslre salvamcnt;
<>i
23
25 E e derrer
(>2
24
D'un cavaler
''3
25
Fo plagalz morlahiient.
64
26
26 (Canl la lansal ferit
65
-7
Sanc e aiga'n isit
hb
28
Tot aveüdamcnt.)
67
29
27 So fo lo prest
68
30
Que fo proferls
69
31
Pel meu delivrauient;
70
28 E el fo morst
71
32
Per los mcus tortst
72
34
E mes el monument.
•73
20 Nos rancuret,
47
Qu'ans perdonet
48
A la malvasa gent.
49
21 Prega sa jus
50
Lo paire sus
51
Fasa perdonament.
52
79
80
81
82
29 Cum paubres om fo morz 74
E resor cum Deus forz 75
AI ters jorn, verament. 76
30 Pols als seus aparcc, 77
Ab eis manget e bec 78
E conortet los gens.
42 31 E poiel en cl cel
ü estau sei fiel
Tro ven'al jutjament,
52 Que metra bos en gloria 83
El mal remanrau foras 84
A pena e a torment. 85
33 Spiritus sancs aor 86
E prec lo de s'amor 87
Fasam cosolament. 88
34 El es vers consolaire, 89
Qu'es del iil e del paire 90
Ambedos egalment. 91
13a Meyer deffiet; b Meyer baiset. i^s. folgt: Batutz e malmenatz
vgl. \6c, welches in der Handschrift fehlt. 17c el von Meyer ergänzt.
2ib Lo pair de sus ; 21c Que lor fasa p. 22c Se autre fa m. 23c Li mes-
quero mescladament 24h gostar mit iiberschriebenen u ; goustar Meyer.
28a el von Meyer ergänzt; b Meyer torts. 30b Abbels. 31a — Bl. 123%'°
31b esian Meyer, seis. 33c Quel me fasa c. 34a Quel v. c, Meyer liest:
Aquel.
DIE ZWEI PROV. GEDICHTE.
157
92
93
94
95
96
97
35 E aor trinitat
E una deitat
Aisi perfectament.
36 Aiso es nia creensa
Secun ma conoisensa
Atrasaiadament
37 Quant Deus per mi fo morts 98
De m'anma e de mo cors 99
Li fas bo garniment. 100
38 Per la golat me ren, loi
Mas mas juntas t'esten, 102
E! bos Sener, tum pren! 103
39 Dot me per totas fes, 105
Qua ja mai mala res 106
No i aia raisnament. 107
40 E gurpis lo diable, 108
L'enjenios el mudable, 109
E cant a lui apen. 11 0
41 E seni'n mo carah in
Aquel que tu m'as faih 1 1 2
En aquel covinent. 113
In nomine patris et tilii et
Spiritus sancti amen.
II.
1 Damrideus receb me, 1 1 4
Que eume ret a te 115
E cofes e penent 116
2 Des pecaz que ai f;ü'z
E diz e cosiratz 1 1 7
E del(s) mesprendement 118
3 De Tora que fui naz 1 1 9
E e fons babtizats 120
Tro en est jorn present. 121
4 Tu est vers prestre e Dcus, 122
Eu pecaire sei teus 123
Cofes membradrament, 124
5 Pos fui naz de ma maire,
Comensei mal a faire 126
Contra teu mandament. 127
6 E eul fis e eul dis. 128 — 9
El diables l'escris 130
Pel meu acusament. 131
7 So qu'el mes en escrit, 132
Tot l'as tu tost delit 133
E tornat a neient. 134
8 De ma longa malesa, 135
De ma laia oreesa 136
Te fas cofesament, 137
9 De tantas guisas laias 138
Ai orreesas faitas. 139
Las, pecaire dolent! 140
10 De mos pecaz taut orz
Ei eu dol e mo cor 141
E ira e marriment. 142
1 1 Eu mesis m'en acus, 143
Que anc om no'n fes plus,
Ni ac mos cors entent. 145
12 E d'aiso, so cofes, 146
Mensungas die ades, 147
E ment mo sagrament. 148
'3 Q"^ jur ti e ta maire, 149
E tot lo teu afaire 150
D'aso don sei que ment. 151
14 Engans e laironias, 152
Traisos e bausias 153
Ei fait mon esient. 154
15 E ve'ir e hauvir, 155
E baiar e sentir 156
Ai mespres mot soent. 157
144
37c bo von Meyer ergänzt. 38c folg-t die überschüssige Zeile \0\:
Queu tem do ses tot calumnament. i\\'A. ■=■ bekreuzige davor mein Gesicfil,
Meyer las: E s'e ran mo c, was ufiverstnndlich bleibt, und auch paläogra-
phisch unzulässig ist, vgl. ra in carah, in delivrament 70, mostral 53 etc.
la Deus r. me ; ib so Hs. Q'eu Meyer, der dann auch noch ändert:
eu m'ret; ic V. fehlt. 2a qu'ai Meyer; 2c del 2^ fever, der Schreiber wollte
wohl eigentlich mesprendements schreiben, wie er auch \c erst penens schrieb.
4a Tu si est V, pr. e (et Meyer) vers D.; 4b E eu p. qui s. t. ; 4c A lim c. m.
5a Pos Bartsch, Mos Jfs. 6a E eu {scheint in tu gel>essert zu sein) lo f. c
eu lo d. 7a qu'el escris ; 7b E tu delis; 7c E torna. 8b laia malesa,
zum Ersatz von male ist aber ore übergeschrieben , also oresa überliefert,
oreesa Meyer. 9b oreezas Meyer. loa fehlt in der //s.\ 10 en. 1 ic so
Rcors, Meyer so cors. 14b traisins Meyer. 15a E. v. nii.:^(//// sehen und
im hören), Meyer c\. 15b cc. 15c K\ mit üliergeschriebenem a: snct, Meyer
soe[n]i.
15«
R. STENGE!,,
16 Sc rc vci (|iif m';if,'ral, 158
K\ mala volonlat, 159
K (l'aiso sim rcpen. 160
17 De lf)t aisom pcncl 161
E a mersct ni'cn iit }(>2
Qu'en fasas to talcnt. 163
18 I"\ait ci pccatz mortals, 164
Dif^ncs soi de toz mals, 165
Se ti pictat no'n pren. 106
19 Des mals e des dcleits 167
Me(n) feri en est peils 169
Mia colpa dizen. 170
20 Mia colpa'n die eu, 171
E si la'n fas vas Den 172
'E ma colpa'n enlen. 173
21 Jesus bos, Jesus douz, 174
Mercet quer per tnts noms 175
E ver castiament. 175
22 Mercet quer per ta maire 177
A ti e a to paire 1 78
Del mal contenement 179
23 Que ei ades tegut, 180
Et ei vas vos ajjut l8l
Ades e mo jovent. 182
24 Kais me merce tuh tres, 183
Que al diable pes 184
Del mcu melurament! 185
25 Jesu, per ta bontat 186
Garam de lait pecat, 187
De blasme e d'auniment! 188
26 E d'aquels que ei fait, 189
D'aquels i a asat, 190
Fai me perdonament! 191
27 Bos Deus, paubr'es ma fes 192-3
E res estre merces 197-8
Nom mena a salvament. 199
28 l*,l aqiicla merces 20ü
(J\ie fjueri ja los tres 201
De la fornaz ardent 202
29 El'estena, set plats, 203
Las Ilamas des pecatz 204
E mo cor esmament, 205
30 Em salve em },'overn 206
De las penas d'efern 207
E de tot mal torment. 208
31 Deus gardam de vergona 209
E de m'autra bcsona 210
Fai m'en socorrement! 211
32 Deus de mos enamics 212
Des paubres e des rics, 213
Fai m'en mantenement! 214
33 E tots cels que m'atano 215
Que bem volo ni m'amo 21 0
Gardam d'afolament! 217
34 Free te per ta pietat 218
E per ta voluntat, 218
Set plaz privadament, 2-20
35 Quem cosentas amor 221
Quem sal e quem conort 222
Mo cors membradament, 223
36 E quem fasas saber 224
Ma fi, set plaz, a te 225
O quer fortismament. 226
37 E prec te per tas piagas, 227
Que de mi merce aias 228
AI teu aveniment, 229
38 E prec te per ta crost 230
E per ta sancta vots 221
Que disit umilment, 232
39 Quant abellest Eli 233
El cap tenguist ecli 234
AI paire omnipoten, 235
l6a Se re (Bl. 123VO) vei. 17c talant mit übergeschriebenem e. 18 apecat.
19a deleit folgt: 168 Qu'ai Hut {Meyer fai) pes teus despeis). 19c peit.
2la Tl/d-y^r Jhesus. 21b tot. 22b E {Meyer [A) ti e a ta maire {ein ähnlicher
Fehler ist üb von Schreiber selbst gebessert). 22c De. 23 a ades fehlt, ten-
gut Meyer; 23b & Meyer e, vas \o^ fehlt. 26b D'aquel, Meyer D'aquel[s].
27a-c Bos Deus, so ves, 193 Paubres m'a fes 194 Paucs es mos bes 195 El
mas es grän {Meyer) El mal gran es) 196 Que e mi es; 197 E nula res 198
Estre merces 199 Menar nom {Meyer non) pot a salvament. Der Meyer' sehe
Text ist sonst abgesehen von der Zeileneinteilung und der fälschest JVort-
tremiung in Z. 193 von der Hs. überliefert. 28a ¥A fehlt; 28b gueri stres,
Meyer gueris [los] tres. 29a El' fehlt. 29a pecat, Meyer del pecat. 29c,
vgl. I 3c. 30a Cel me s.; 30c; de von Meyer ergänzt. 32a Deus gardam de
m. c. 33a De. 34a pieta, Meyer pieta[t]. 35b Que, Meyer Que[m'], conorts.
36b plaz t'o quer {Schon der voknlisch unzulässige Reim nötigt zu einer
Änderung). 36c O quer fehlt.
ZWEI PROV. GEDICHTE.
159
40 Quem tolas de senestre 236
Em metas al las dextre 237
AI teu sanc jutgament. 238
41 E pecats criminals 239
Ni negus aiitrc mals 240
Nom si'a damnament. 241
42 Perdonam per ta mort 242
Ta ira don a tort 243
Non fas emendament ! 244
43 Per ta resurrexio 245
Aunis ma oraso: 246
Dens meus amen! 247
44 E pel teu nom mirable 248
Defen me de diable, 249
D'efern e del torment, 250
45 E met m'e paradis 25 1
On om no velesis 252
Ni no mor ni no ment, 253
46 Mi e mos bevolents 254
E mos propris parenz 255
Totas tas autras autras gens ! 256
(Que eu die pater noster pel seu
entendemen.)
41a = Bl. I24r'' pecat criminal; 41b mal. 41c Meyer sia. 42b mal.
42b ai t.; 42c Que non posc far e. 43a E per; 43b E s'auuis. 45b Meyer
novelesis {ce Tcrbe, Poppose de velhesir ii'ex/ pas dnns Raynnuard). 46 be-
volent.
E. Stengel.
^T T S C E L L K N.
T. n a 11 (1 s c li r i f t I i r li 0 s.
Peire Espagnol's Alba.
Boi meiner Auseinandersetzung über den PLntwicklungsgang
der provenzalischen Alba (Ztschr. f. rom. Ph. IX 407 fl".)' fehlte mir,
ebenso wie Rtmier, aufser einer Alba Serveri's auch die (wie Römer
richtig vermutet hatte) religiöse Alba von Peire Espagnol (Ci. B.
342, i). Ihr Text, teilweise ins Französische umgeschrieben, liegt
mir nun in einer mir freundlichst von O. Klein besorgten Kopie
vor. Ich füge dem Text von C 350V" die Varianten von R qqv**
bei, und stelle ihm einen gereinigten Text zur Seite, Unklar bleiben
mir Z. 24 und 35 und lückenhaft Z. ;^^.
Formal steht unsere Alba der von Bemart de Venzac
am nächsten, auch inhaltlich tritt sie ihr sehr nahe und scheint
ihr Vorbild gewesen zu sein, während sie selbst offenbar durch
Folquet's de Marseilla Alba stark beeinflufst worden ist, wie das
eine Reihe von wörtlichen Anklängen darthun.
I.
Or leuetz | sus francha corteza gäs.| Ar levatz sus, francha corteza genz,
Leuetz leuetz trop auetz | demoret. Levatz, levatz! Irop avetz demorat;
Ouapropchalz | ses lo iors clers e lu- Qu'apropchatz s'es lo jorns clars e
zans. liizenz,
Que I lo DOS a la dossalba menet. Que lo nos a la dolz' alba amenat.
5 Res ccpchal doncx chascus letz e ' Recepchal doncx chascus letz e jau-
iauzant. zenz
E nieta fors de si tot | escurtet. E meta fors de se tot' oscurtat!
Perouejatz qiuilses | loiorsni lalba.j Pero veiatz quals es lo jorns ni l'alba.
I cortoiza. 5 reseual. 7 quieus . . . lauba.
1 Die Annahme (S. 410), dafs das Gedicht Esteve's (461, 3) als eine freie
Nachbildung der Alba anzusehen sei, dürfte noch dadurch unterstützt werden,
dafs Esteve's Strophenform a,^ag'a,[b^b^ar' oiTenbar nur eine Modifikation der
schon von Guill. IX verwandten Form a^agagb^agb^ ist.
E. STENGEL, PEIRE ESPAGNOL'S ALBA. l6l
n.
Lo iors est dieus liautz om|nipo- Lo jorns es dieus, lo autz omnipotenz
tans.
Que neue en cliam|don al mon al- Qui uenc en charn don al mon allum-
humnct. nat,
lo & alba I est don ses iors fu nas Et alba es, don eist jorns fo naissenz,
iquet.
La I reyna mairc de piatet. La reina maire de pietat.
Ben den | cstre fjrazit son ric pro- Be deu esser grazitz sos ricx prezenz
zant.
E I ia sia qnil nos a prezentet. Et atressi qnil nos a prezentat.
Pres es del iorn quc ylli ab si Pres es del jorn qui a ab se est'alba.
est alba.|
in.
15 A cum er seih astrucx ricx c ma| A! com er eil astrucx, ricx e manenz
nans.
Qua tal dompna pnira serjuir de Qu'a tal dompna poira servir de grat;
gret.
Quar trop ual pus | estre de Heys Quar trop ual plus esser di lieis sir-
sii' uans. venz,
Que con|querir emperi ni regnet. Que conquerir emperi ni regnat;
Quelh I est als sieus say garda e Qu'ell' es als sieus ^ai garda e gui-
guirät I renz
20 E les mantien si que no son du; E los mante, si que no son dampnat,
pnet.
Ni nols pren nuetz tan lur | es Ni nols pren nuoitz, quan lor es pres
pres est alba.| est' alba.
IV.
Chascus sia de si eys souinans. | Chascus sia de se eis sovinenz,
Que non demor en lescur del | pe- Que no demor en roscur del pcchat.
chet.
Espleytel iors or entrel | chcrs Espleital jorns, ar entral cars prezenz,
prezans.
25 Anz que la mort | li tuella la dar- Anz que la mortz li tuoilla la clartat ;
lel.
Quar yferns | est si escurs e pauant. Quar cnferns es si ocurs e pudcnz,
Que ia | layns li chaitif mal fadet. Quc ja laenz li chaitiv mal fadat
No« I auran mais lum ni clartet
ni I alba.[ Non auran mais lum ni clartat ni alba.
9 charn dow le (so immer in R slatt lo) mo«d alumct. 1 1 biaudet
etra(?). 14 <\ui a ab sos scst auba. 15 r\c\ Je/i/f. H> a grot 17 mot
u. p. 20 si quanc. 21 can . . . scst.
Zoltachr. f. roiii. Phil. X. 1 1
102 MISCICI.I.KN. I. IIANIJSCHKU' ll.ICHKS.
V.
Mas ia ne;,'iis (jiic sia \ |)cna(laiis Mas ja iiej;us (jin; sia pcnedcnz
30 Nos (Icsespcr si tot sa | mal ohrel Nos dcsespcr, sitot a mal obrat,
Abqiic scn laysc ses|fors de 1 cmans Ah (pie s'cn lais c s'esfors dels cmcnz
E sia clcrs c si a [escwr eslet E sia clars, si a osciir cstat ;
Car dels dos fis sf)is] | metant Quar dels dos fis . , . melcn/.
Miellis aculliit (|iiaiic | ac son sen Meilz acoilli/, <|iian ac son sen ram-
c;nii},'el jat.
35 Doiux (];(■/ iiiC I taut |ms (|iicl scv Doiux iiui nun tan jiois f|u'i.l scr
pre<,'iic lalha. jircf^ue l'alha.
VI.
Scsta dama onron totz humiljlct. Ccsta dompna onron tuil humilat ;
Quar ellia es de lotz bcs | fnns & Quav clla es de totz bes fonz & alba,
alba.
2q nuls homs. 31 s. let. 32 — 33 it? C ts/ keine I.ürke nvqcileiitet .
.1. cliers sia escur cslct . car dels dwS fis sois metaz/s. 35 pres ycu.
E» Stengel.
II. T (^ X t k r i 1 i s c li 0 s.
1. Zu Joinville.
Seit Herr N. de Wailly im Jahr 1868 von Joinville für die
Societc de l'histoire de France eine Ausgabe veranstaltet hat, die
damals wohl den endgültigen Text zu geben scheinen mochte, liat
er mehrfach, namentlich durch (>. Paris veranlafst, weitere xVndc-
rungen am Texte vollzogen, denen man selten seine Billigung ver-
sagen wird , und die sich auch in dem meines Wissens letzten
Drucke (von 1882) wieder finden.' Immer aber bleibt noch, wie
^ Nicht unbedenklich scheint mir die § 25, 62, 670 (= l6b, 42e, 45od
= 7, 19, 212 Michel) eingeführte Änderung hui le jour für überliefertes liiii
et le jour, in dem ich das sehr übliche parenthetische hui est li j'ours er-
kenne. Vergl. Mais li Jeables plus ettchauce, Hui est li j'ors, les a)xeves-
ques Et les abez et les evesques Et le clergie que Vautre geiit, Barb. u. M.
I 304, 1049; Que sage povre, hui est li jors, l'ieiit on por fol en totes cors,
Guill. d'A. 103; Et eil qui tienent les granz corz Devieiiejit cop, hui est li
jorz, Ren. 9700 (Martin I 50); Li riches ri'iert ja si lors Ne iant avules ne
sors, K^il ne soit, hui est li jorz, Gracieus, Bartsch, Chr.'' 338,23. — In §193
(= 128c = 161 M.) ist Mau von cop zu trennen. — §229 (=i52d) ist gram-
matisch unrichtig touz vor coste a coste eingeführt; Michel hat hier S. 52
noch das Richtige. Falsch ist dagegen § 230 unllektiertes gj-artt vor levez, wo
1868 richtig gratis (152 f) geschrieben war. — § 21 steht jetzt qi4e que tu le
gouvernasses, während 12 f sich nur ein que findet; erstere Lesung hat auch
Michel S. 6, aber Joinvilles Gebrauch ist sonst entweder einfaches qiie oder
qiie ce qur (wie 21 ob, 418g).
A. TOBLEK, ZU JOINVILLE. 1 63
mir scheint, mehr demi eine Stelle, die der Besserimg bedarf, und
für eine möchte ich mir erlauben hier eine Änderung vorzuschlagen.
§ 23 (== 14c, S. 6 Michel) erzählt der Verfasser, der König habe ihn
gefragt, warum er den Wein ungemischt trinke, und fährt fort:
et je li diz qiie ce me fesoienl li phisicieii, qui nie disoient qiie favoie
une grosse teste et une froide fourcelle et qiie je iieti avoie pooir de
enyvrer. Dafs ein grofser Kopf und ein „kalter Magen" die Mög-
lichkeit betrunken zu werden ausschliefsen sollen, ist mir durch-
aus nicht glaublich, und ebenso wenig, dafs man das im 13. Jahr-
hundert gemeint habe. Wohl aber mag man angenommen haben,
wer eines Kopfes und eines Magens von den bezeichneten Be-
schaffenheiten sich erfreue, laufe weniger Gefahr unvermerkt be-
trunken zu werden, vertrage mehr als andere. So halte ich denn
für wahrscheinlich, dafs Joinville nicht pooir, sondern poour ge-
schrieben hat. avoir poour heifst nämlich nicht blofs „Furcht em-
pfinden", sondern auch (gerade wie avoir garde) „zu fürchten haben".
S. II ad tant la bisse aproscee, Ben sout u ele s'est viuscee ; Si la bisse
ne fust ignele, O'ie mst dure niwele; Del qtiir perdre öust graut pöur,
SGile 1863; Paor de inori en eve avra (ein Kind, das in der Nacht
geboren ist, cj^ der Mond ins erste Viertel tritt), Meon I 360,61;
il n\i paor de mort, Tatfl con il le (den Schild) port en l'estor, Fer-
gus 115, 25; Tant con 0 aus serotit, n'aront paour Que nus vers aus
ost maintenir estoiir, Auberon 1182; ür as tu paour de la gent. De
chaz e de chiens ensement (sagt die Landmaus zur Stadtmaus), MFce
II 93; Si n'avras pas paor quil muse A famie, Rose 2719; A fes-
couter che son poet on savoir briement Que li hons qui le sotme a moult
le coer dolent. Paour a de morir (auch hier schwerlich Furcht, vielmehr
Grund zur Furcht), Bast. 6099. So verstehe ich auch, wenn es in
Bartschs prov. Chrest.-* 336, 34 von der Schwalbe heifst non a paor
d^auzel de cassa und 338, 4 d'aquel idre(s) a paor la cocodrilla, das
aver paor „zu fürchten haben". Von avoir garde „zu fürchten
haben" hat Perle in dieser Zeitschrift II 8 gehandelt, wo er auch
Belege für den Gebrauch des Ausdrucks ohne die von Brinkmann
so seltsam verkannte Negation hätte beibringen dürfen, wie de totes
bestes a garde, Ren. 11970 (Martin I 2216); Ai ge donc garde de ma
vie? Chastoiem. IX 50; avrai jo garde, sui jou asseure? Gh. d'Ant. I
43; Con eil ki point ne s" asseure Et ki a garde de son cors, Gh. II
esp. 319. Gleichen Sinn hat avoir dote; so je vos creant Que vous
n\wis inais 7iule dote, Percev. 9251; si t'aseure Que tu n'as doute de
uulc ame, Meon II 170,503; Ke neit meis dtite de nul home De perdre
fo k'il eu unt, SGile 3394; und avoir dotance \n Cow/nent qu'el fl'yauej
enviroji batist, Li feus n\i doutance qu il inoille, G Guiart I 3687; Si
rcvint soujorner en France, Qu'il n'i quida avoir doutance, Mousk. 15081.
Damit dürfte denn hinlänglich gerechtfertigt sein, dafs ich hinter
dem i (ohne Punkt) von pooir die zweite Hälfte eines u einschalte.
Wer weifs, ob nicht das Richtige bereits in einer Handschrift sti-ht.
Auoi.F Tom. KR.
164 MISCELLKN. I . I KX I Kkl IISCHRS.
2. Zu den Lais der Mario de France.
Wanikcs sorgfältiger Ausgabe der I.ais der Marie de France
hat im Lilcraturhlatl f. germ. u. rom. Phil. 1885 Sp. 497 fT. Mussafia
c;ine Besprechung gewidmet, der ich in allem WesentiiclK^n nur
beipllichten kann. Ich würde, was die von dem Herausgeber
befolgten (irundsätze angeht, allerdings noch mit gnifserer ]üil-
schiedenheit als er mich gegen die Durchführung v()lliger Korrektheit
der Nominalll(!.\ion ausgesprochen haben für Texte, die nach anderer
Richtung, z. B. bezüglich des (jebrauchs der 'J"emj)ora, zu voller
grammatischer Reinheit zu bringen doch nicht angeht, würde auch
Bedenken ausgedrückt haben hinsichtlich der Aufrechtcrhaltung von
Hiaten in gewissen Fällen, wo sie in hohem Grade anstofsig und
durch Einstimmigkeit der Überlieferung keineswegs geschützt sind.
Darauf einzutreten lockt aber einstweilen wenig, so lang nicht alles
zu übersehen ist, worauf die endgültige Entscheidung derartiger
Fragen sich wird zu stützen haben. Möge Mall das lang Ver-
heifsene recht bald vorlegen. Hier nur einige Nachträge zu Mus-
safias Bemerkungen.
Pr, 17 ff. scheint eingreifender Änderung bedürftig, wenn ein
annehmbarer Sinn sich ergeben und nicht grammatisch völlig Un-
haltbares stehen bleiben soll. Z. 19 mufs das Verbum im Kondi-
tional stehen , vielleicht tnspassereii de tens oder auch i passereicnt
tetis (Sing.); Z. 22 kann mit ceo ki ert a trespasser doch unmöglich
„die Sünde" gemeint sein, wie W, annimmt; man wird schreiben
müssen De ceo k'i ert, a trespasser „das was (an guten Lehren) darin
(in der Schrift der Alten) war, zu überschreiten (oder zu über-
gehen, d. h. unbemerkt zu lassen?). — (r 50 doue verlangt die
Grammatik und verbietet die Hiatuspraxis der Dichterin nicht; s.
S. XXV. — gg cheval wird aus charnal (Fleisch) verderbt sein. —
136 Von volar at abzugehen ist keinerlei Veranlassung (s. E. Webers
Dissertation über voloir u. s. w. S. 24). — 2t,t, tut vor Adverbien zu
flektieren ist nicht gestattet, s. Ztschr. II 402. Den gleichen Fehler hat
Warnke in Z. 340 eingeführt, ferner in V T,b^, ^-]2, Chv 72 ; dagegen
El 2b2 das falsche tut stehen lassen. — 253 htwie ne feintne sämt-
licher Handschriften hätte ich mir zu ändern nicht getraut, gerade
diese Verbindung begegnet in Accusativfonn als Subjekt gar nicht
selten, s. Ztschr. VIII 483. Übrigens ist wohl nach 25 1 ein Punkt
zu setzen. — 2^"] les plus bas membres ist eine seltsame Bezeich-
nung; erinnern wir uns wenigstens, dafs der Bari. u. Jos. 183,4 die
nämlichen Teile les biax m. nennt; sollten an unserer Stelle wirk-
lich alle Hss. bas haben? — 265 ensemble od (auch Eq 214) ist
einer der mir besonders bedenklichen Hiate. — 316 Am Schlüsse
der Zeile hat sicher das Adverbium jeui zu stehen, von dem Suchier
Ztschr. I 431 gesprochen hat. — }f22 Die Hs. S hat das richtige
si ora, woraus si iura leicht entstehen konnte; orer ist der stehende
Ausdruck für „anwünschen"; vgl. Le ??ialdist et si prie et eure, Atre
per. 4276; Puis la viaiaiist et si ora Que . . ., MFce II 167. — 324
A. rOBLEk, ZU DEN LAIS DER MARIE DE FRANCE. 165
Der Anfang und der Fortgang der Erzählung zeigen gleichmäfsig,
dafs 7necine „Arznei" statt meschine zu setzen ist. — 362 Auch hier
ist 6" im Rechte; gewifs stellt sich der Kranke nicht „im Bett" auf,
sondern steht vom Bett auf. — 392 sun quer ist Subjekt. — Nach
402 ist ein Fragezeichen zu setzen. — 416 dougors in P ist das Rich-
tige. — 432 L. AI semblant a aperc'eu De sa dame. — 436 L. jV/
Vawie. — 463 poiit ist grammatisch unmöglich; i. ptiet. — 512 L.
7ie7i. — 550 Das zweifellos Ursprüngliche hat wieder P. — 713
Nach dieser Zeile ist die Interpunktion zu setzen statt nach der
nächsten, — 750 Die richtige Lesart ist die von P. — 803 I-. si.
Eq 48 L. Va en la cimlree e chacierl — 65 Auch mir genügt
der Vers nicht; doch möchte ich Ali /Vj///^/ vorschlagen. — 92 a
// von 6" genügt vollkommen; partir heifst „Anteil haben". — Nach
136 ist ein Punkt zu setzen. Was folgt, ist gänzlich ohne Sinn,
und ich vermag nicht zu erkennen, wie darin liegen kann, was
Warnke herausliest. Es ist qiiidenez zu schreiben, und zu über-
setzen: „weil ihr ein mächtiger König seid, mein Gatte euer Lehns-
mann ist, würdet ihr, vermute ich, meinen über meine Liebe ver-
fügen zu können." — 181 \\'er den Unterschied kennt, der zwischen
parier od und parier a jederzeit bestanden hat, wird hier a vor-
ziehen. — Warum ist 69 nicht qucls, 144 nicht _§';-<7z«fl';Y eingeführt?
F 34 und 98 Abermals schwer annehmbare Hiate. — 43 L.
Va mu/t; vgl. 393. — 61 Der Vers lautete wohl ursprünglich Sa
prüde femme en enhäi (vgl. G 480); dafs das eine e7i verloren ging, ist
leicht zu begreifen. — 1 14 L. /'/. — 154 Von H hier abzugehen
that nicht not. — 182 Der Plural chandeiles ist schwer zu ent-
behren. — 294 H scheint bessere Lesart zu geben. — 359) 458
Warum Le Fraisne im Nominativ? — 369 Der Plural unt von H
ist besser, da es sich um einen vereinbarten Tag handelt. — 388
L. Tant qite ele. — 395 Auch INIussafia nimmt hier Anstofs. Viel-
leicht Sa mattiere e qiiels ele fust, Ja pur sa filte ne perdist (so wäre
sie um ihrer Tochter willen nicht zu Schaden gekommen). — 447
L. le nie. ■ — 524 Dafs cuviue Zusammenkunft heifse, wird kaum
zu erweisen sein. Ich zweifle nicht, dafs Marie convive (convivium)
geschrieben hat. Das Wort ist oft verkannt worden, so Barb. u.
I\L I 318, 1460, wo der Reim es hätte retten sollen, eb. 341, 2166,
wieder bei (jCoinsy in Ztschr. VI 325, 25, wo der Reim ebenfalls
es nicht geschützt hat; (}ir. Ross. 1 20, wo R.Köhler (Jahrb. XIV 4)
ihm zu seinem Rechte verholfen hat. An allen diesen Stellen ist
das zweite v mit 71 vertauscht. Anderwärts sind übrigens dem
Worte Verunstaltungen erspart geblieben.
B 40 L. querrez'i — 58 Der Vers bedarf i-ingreifender Än-
derung ; etwa Nel creit, ai/iz Va a gab le/iu ? — 1 00 L. E/i t7uiinl. —
119 L. E el li fall (nämlich fumcc). — Nach 121, 254 wird man
auch 27 Que lesen müssen. — 242 Die vorgenommene Änderung
scheint mir durch das S. XXVI Vorgt^braclitr nicht gi-rechtferligt. —
244 ah' ist einzig annehmbar. „KeintT ist, der ihn nicht lange
beobaclilt't hätte und nicht oft in si'iiu" Nähe gckoninien wäre." —
l66 MISCELLliN. H. IKXIKKI I ISCIIKS.
265 Dafs liuit . . . <■ 'U;ils . . . teils' licilsi;, ist wedt.T (erwiesen, noch
vvahrsclKMiilicIi. Es wird zu .sclircüjcn sein E lanl cn <^ranl dcslresce
niise Qtic.
L 2T^2 Litin/hihi ;ils Accusuliv iniifs hcfremdun in einem Text,
in dem \v<j1i1 hezeiigU; l""lexioiisfclilcr im lihrigen so ängstlich weg-
emendierl sind.
Da 6 1. reciiil; das Präsens rccuill ist dem Sinne des Wortes
nach ebensowenig angemessen, wie der Zeitform nach. — 15 Eine
nahe liegende Änderung für den verderbten Vers scheint mir De
ses Pislreis. — 63 E zur Einführung des Verses ist unschön ; 1.
aatna. — 143 Es ist unwahrscheinlich, dafs tyfr;/r/ir ' stärken ' heifse;
•S' hat aiforcic. — 147 Ein Imj)erfectum Conjunct. pafst zu dem
Futurum des Hauptsatzes ganz und gar nicht — 151 und 152
werden umzustellen sein. — 164 L. Qui. — 244 L. Aiissi.
Y 17 Der Vers hat, wie ihn der Herausgeber lauten läfsl,
keinen Sinn. — 112 Auch hier unerträgliche Verbindung von Zeit-
formen; nicht minder 121 (und Milun 219), wo inua zu lesen sein
wird und 239, 240. — 127 Der Vers mufs stärkere Interpunktion
vor sich, ein Komma nach sich haben. — 206 Wenn sonst nirgend
wo, so ist doch gewifs hier der Flexionsfehler der Dichterin wohl
bezeugt.
L dreisilbige Aussprache des Wortes Laustic scheint mir besser
bezeugt oder mit geringfügigeren Änderungen durchführbar als
zweisilbige. — 27 Ein en vor /// darf nicht fehlen. — 142 Eher
als li wird part fehlen dürfen.
M 46 ü ist wohl mit ele zu vertauschen. — 64 L. ^ s'i odi.T
Si lal — 171 Auch hier hat der Ausdruck durch Beseitigung des
überlieferten Flexionsfehlers an Natürlichkeit keinesfalls gewonnen. —
Ti2,2 Sicher iVorwr. — 407 Nur s'i ist möglich. — 449 L. aama
wie Da t2,. — 511 L. /V. — 525 und 526 Auch hier wird der
Text sich besser ai-i .S' anschliefsen: «'/ »landercnl pareni : Itit' allre
geni.
Ch 20 ff. Die schwer geschädigte Stelle dürfte etwa so zu ge-
stalten sein: Tutes /es dames rPime Zerre Vendreit muH mielz d\7inor
reqiierre Que mi fol de Itir pan toltr; Kar eil s'i vtiell arrier fcrir.
Se dorne fait a iuz lur gre, De tuz a bone roknte ; Piirqiiaiü u. s. w.;
endlich Z. 2^2 s\'?i efüremisi e nuit e jur. „Allen Damen eines Landes
würde es besser frommen um Liebe zu bitten, als einen Narren
von ihrem Schofs abzuschütteln; denn er stürzt sich immer wieder
darauf. Wenn eine Dame allen nach ihren Wünschen thut, so hat
sie Wohlwollen von allen zu erwarten; immerhin, wenn sie nicht auf
sie hören will, soll sie sie wenigstens nicht kränken. Die Dame,
von der ich erzählen will, und die um ihrer Schönheit und Treff-
lichkeit willen so sehr um Liebe angegangen wurde, liefs sich dies
jederzeit angelegen sein."
48 Es liegt nahe zu schreiben des alires esp/ei/ost, wofür aufser
der Logik auch Z. 62 spricht. Doch begegnen auch anderwärts
Beispiele davon, dafs im Widerspruch mit der strengen Folgerich-
A. TOÜLEK, ZU DEN LAIS DER MARIE DE FRANCE. 167
tigkuil der Gedanken ein untergeordneter Salz die Negation auf-
nimmt, weil der übergeordnete negiert ist. Hier nur ein Beispiel:
Per vo pilie ne voiUics consantir, M'airme ne soll pirie ne diwipmie.
Ich komme anderwärts darauf zurück. — 125 L. fem. — 134
Warum ist von dem überlieferten Ics allres ne dulerent abgegangen ?
— 158 Die richtige Ergänzung für den zu kurzen Vers ist nie^i
vor puis. — 213 L. En la.
Chv 2 1 Besser en merveilliez mit S. — 50 Wer weifs, dafs roule
„Schaar, Zug" heifst, wird im Anschhifs an S lesen Qiie la rote passer
deveit.
El 2^ Nach dem Verse soll kein Punkt stehen; zu est avemi
ist üaventnre Subjekt. Das prädikative Participium braucht, weil
es voransteht, nicht zu kongruieren ; s. Ztschr. VIII 483. — 39 L.
// osast. — 62 Vermutlich charuier „Pflugknecht". — 118 Dem
überlieferten qtiant steht avant „weiterhin" näher. — 140 Die vor-
gefafste Meinung, die Dichterin handhabe die Nominalllexion völlig
fehlerlos, hat auch hier eine Änderung herbeigeführt, aber eine
wenig glückliche; / tritt erst spät bedeutungslos zum unpersön-
lichen avoir, wenn dasselbe eine Ortsbestimmung bereits bei sich
hat, wie hier el hure. Mufs durchaus geändert sein, so ersetzt
irozwt oder aveil das überlieferte erent besser. Aus dem eben an-
geführten Grunde ist / 166 neben ici nicht zu dulden und mufs
mit il vertauscht werden. — 174 A.n risiei ist schwer zu glauben;
ein fustei neben einem hois befriedigt auch wenig; ich möchte ro-
sei vorschlagen. — 216 L. rut e departi. — 21g taut ist sicher
falsch; nach 222 wird man zu schreiben haben E bien Irente oder
liä trentisme de Chevaliers. Auch 220 kann ich mir nicht gefallen
lassen ; es wird heifsen müssen Tuz les chargent „sie übergeben
dieselben sämtlich ihren Knappen". — Ob die Änderungen in 224
durch das S. XXIX Vorgetragene genügend gerechtfertigt sind,
wird sich später ausweisen. — 357 Der Hiatus würde durch ein
vor ceinttire gesetztes // leicht zu beseitigen sein; 511 könnte cein-
lureie eingeführt werden. — 393 L. n'i. — 466 grani fügt sich
übel zw prünn; besser stünde es bei _/>■/(:««. — 468 Auch Mus-
safia nimmt an diiler Anstofs ; das Richtige scheint mir osler. —
Nach 486 darf kein Punkt stehen, und 488 ist vor direil ein ki
einzuschalten. Der König spielt mit einem französischen Ritter,
der seiner Tochter Lehrer ist. — 525 Hier ist en vor ai einzu-
schalten. — 560 L. (Jitanl. — 567 L. rafianee oder la ßanee. —
581 Auch hier hat der Ausdruck durch die Beseitigung des Fiexions-
fehlers nicht gewonnen. — 597 E si fiiulct man nie anders als
vor dem Verl)uni ; 1. etwa J'J ai oder PJ s'ai, wenn si (sie) sein ;'
einbüfsen kann. — 604 Will man den (bedanken richtig ausdrücken,
den Warnke hii-r im Sinne hat, so mufs man deiis tilgen und sagen
Cum ci a dur deparfenient; ohne ei ist der Ausruf unm(')glich. Man
könnte auch schreiben Deus, tanl dut (= doui, fünlite idi) k de-
partement! — 672 Lii^ber als e zu Anfang würde ich Ires vor tuz
hinzufügen. - Ö74 1,. aßonee'i — =- Ö97 L. ol (audil) de lui la grani
l68 MISCKLLKN. II. llCXlKKITlSCUliS.
anmr. — 789 L. onl. — 842 Diu von Rotjuefi^rl versuchte Ergänzung
des Verses ist sicher nicht die richtige. Vielleicht A poi (Virc loz
iCes7narrisn — Nach 846 scheint etwas zu fehlen. — 1176 \..thcs-
cune con/orl ul.
Zum Glossar sei bemerkt: sei afoler L 416 heifst „sich ein Leides
anthun". hroches V 290 sind „Spitzen, Zinken". Dafs herscrez G 86
„Köcher" heifsc, ist mindestens sehr ungewifs. chief Y 121 dürfte
etwas weniger zuversichtHch mit „Stück" übersetzt sein, cu „Hahn-
rei" ist eine Form von unsicherer Existenz; es sind das Femininum
coiipe, das Verbum acoupi}- zu bedenken, des i qiie (in der Hand-
schrift hier immer de si gne) scheint mir noch heute eine bedenk-
Hche Zerlegung, s. Ztschr. IV 162. dossa/ G 366 keime ich nur als
„Rückenwand" eines liettes, auch eines Altars, empeirier Kl 44 ist
nicht „übel behandeln", sondern „anschwärzen." sei etitresoisir Kq 185
ist nicht „einander fassen", sondern „einander in Besitz setzen".
esbäiz Y 77 ist im Glossar nicht erwähnt; es heifst an dieser Stelle
„Laffe". escloi G 95 darf man nicht so ohne weiteres = eselo setzen,
und, weil letzteres „Spur" heifst, mit „Huf" übersetzen, hoge dient
in den Büchern der Könige zur Übersetzung von (utuuhts; dafs es
„Höhle" heifse, lehren auch die Yonecstellen nicht, sei Ukr G 426
„zufrieden sein" wie neufranz. a peine G 363 heifst „mühsam",
nicht „kaum", piain in de piain eslais ist plenus, nicht planus; der
Hinweis auf galop tmi ist deswegen nicht zutreffend, weil galop eine
Gangart, eslais nur das Losgehen einer Bewegung ist; bei jenem
hat die Angabe, dafs er ebenmäfsig sei, guten Sinn (bezieht sich
übrigens durchaus nicht auf die Schnelligkeit), von diesem läfst sich
gleichmäfsiger Fortgang gar nicht aussagen, wohl aber Völligkeit,
Rückhaltlosigkeit, refreindre heifst überhaupt meines Wissens nie
„wiederhallen", und „ich werde meinen Schmerz wiederhallen lassen"
El 950 liegt zudem, wie mir scheint, jenseits der stilistischen Mög-
lichkeiten für einen altfranzösischen Dichter. Das Wort heifst „zur
Ruhe kommen, still werden, sich legen", wenn es intransitiv ist.
röe ist mit „mit Füttern besetzt" nicht ganz zutreffend übersetzt;
es mufs sich auf Färbung mit radf()rmigem Muster beziehen;
daher denn auch die öfter begegnende targe röee ; face röee, das
im Gaufrey mehrmals begegnet, ist ein rundes Gesicht, soldeur
El 246 halte ich für eine unmögliche Bildung, sofern es „Söldner"
heifsen soll ; es wird die Lesart der einzigen Handschrift in soldeier
abzuändern sein, sujfrance in DA 75 ist nicht „Leiden" sondern
„Sichgedulden, Harren" (sei suffrir). surjur L 206 heifst „Ver-
pflegung"; der deslrie?- sejorne ist ein wohlgepflegtes Rofs. tant
El 475 ist nicht gleicher Art wie Lst 27; es heifst wie laniiiin „nur,
blofs" ; vgl. Neieiit laut a la gent Est asiiagement, Mais a irestute rien
Faii la nuit tincor bicn, Phil. Thaon Comp. 297. tenir bien (mal)
heifst „jemandem nützen, (schaden), zu jemandes Gunsten (Un-
gunsten) wirken"; ebenso sagte man tenir pro, porfit, damage. Für
se tenir war sei tenir zu setzen, tiser graul peine kann schwerlich
heifsen „Pein erdulden", wie für Gh 2 1 2 angenommen ist, le siecle,
F. SETTEGAST, ZU DEN ÄLTESIEN FRZ. SPRACHDENKMÄLERN. l6g
la vte, son aage u. dgl. ist neben iistr nie Accusativ der Zeitdauer,
sondern Objektsaccusativ, und usci- heifst in dieser Verbindung „hin-
bringen, verbrauchen"; so ist es auch hier, man hat blofs das vor
suffreient stehende en vor la grant peine zu stellen.
Zu den vielen Kleinigkeiten noch ein paar grammatische:
S. XXVII wird aus Aniafs von El 3g gelehrt, le brauche, wenn es
nach dem Infinitiv stehe, sein e vor vokalischem Anlaut nicht zu
verlieren. Dazu ist zu bemerken, dafs in einer Verbindung wie
amtredire h osast das le keineswegs enklitisch zum Infinitiv, sondern
proklitisch zum Verbum finitum gehört, gerade wie bei umgekehrter
Stellung (courez le armer) es enklitisch zu coiircz und ja nicht zu
armer gehört, wie aus courez le tost armer ersichtlich wird. Das
proklitische le aber verliert sein e vor Vokal durchaus. Darum mufs
an jener Stelle // eingeführt werden. — - Eine Annahme, die ich
durchaus nicht gut heifsen kann, ist die S. XXXIII gewagte, dafs
Marie bisweilen das Participium des reflexiven Verbums nach estre
in den Accusativ gesetzt, im übrigen aber die prädikative Bestim-
mung zu estre durchaus nach älterem Brauche' im Nominativ ge-
geben habe. Nichts giebt, so viel ich sehe, ein Recht zu glauben,
dafs nach estre das Particip früher in den Accusativ getreten sei,
wenn jenem ein Reflexivpronomen voranging, als sonst. Die Stelle,
die zu dieser Annahme gebracht hat, und die zweite, die auf Grund
derselben (wenig glücklich dem Gedanken nach) geändert worden
ist, lehren eben blofs, dafs bei Marie die Verwendung der Kasus-
formen nicht die gleiche ist, wie sie bei sorgsamen alten Dichtern
des Kontinents entgegen tritt; gleiches zeigt der durch den Reim
gesicherte Subjektskasus Octovian L 85, der S. XXXV in § 4 nicht
fehlen sollte, und so andere Stellen in nicht geringer Zahl. Doch
darauf sollte ja hier gar nicht eingegangen werden.
A. TOHLER.
3. Zu den ältesten französischen Sprachdenkmälern.
I. Zu den Eiden.
Von denjenigen , welche bisher von den Eiden gehandelt
haben (und ihre Zahl ist bekanntlich nicht gering) hat meines
Wissens niemand an einer Stelle Anstofs genommen, die nach
meiner Ansicht verderbt ist. Es ist die folgende : . . . si salvarai
eo eist meo7i fradrc Karlo et in aiudha et in cadhuna eosa . . . Zu-
nächst ist ahstöfsig die Wendung sahar in aiudha „in Hilfe schützen".
Eine solche zum mindesten pleonastische Wendung wird sich gc-
wifs in keinem französischen Denkmal auOindcn lassen. Noch auf-
nUliger aber ist die Verknüpfung der beiden Begrifle aiudha und
cadhuna cosa durch et — et. „jemanden sowohl in Hilfe als auch
in allen Dingen schützen" ist eine so unklare, ja unlogische .Vus-
drucksweise, dafs man sie selbst in einc>m Schrifistück nicht voraus-
setzen darf, dafs einer Zeit angeh()rt, wo die Sprache noch mit dem
IJO MISCÜLLKN. 111. KIYMOLOGI.SCIIES.
Ausdruck riiiyt. Die licsscruug wird uns durch i-iuc ändert- Sielle
desselben Textes nahe /gelegt: in milla oiiidha cunlro Lodfiiavi^ nun
ü iv er oder, wie statt dessen jetzt gelesen wird: . . . min hii ür.
liier haben wir die auch sonst (s. Godefroy) begegnende ailfranz.
Wendung tstn cn aiude „unterstützen" vor uns, und wir brauchen
dieselbe nur in der fehlerhaften St-lle einzusetzen, um den Sinn
durchaus tadellos zu gestalten. Es ist also zu lesen : . . . . cl in
aiudha er in codluoia cosa. Die Form er neben der eben genannten
ier ist nicht auflallender als fazet {\'eii. facial) neben conservat, fradrc
neben fradra in demselben Denkmal. Dafs ein nachläfsiger Ab-
schreiber er mit cl vertauschte (wofür ein zweiter di(; Abkürzung iS:
einsetzte) ist bei der Ähnlichkeit der Buchstaben / und r leicht er-
klärlich ; die gleiche Verwechselung hat bei Entstehung des Fehlers
loslanit statt lo fraini in demselben Denkmal mitgewirkt. (Nach-
träglich sehe ich, dafs schon Bonamy und, ihm folgend Roquefort,
Glossaire I, p. XXI, ero statt cl einsetzen , doch ohne jegliche Be-
gründung; vgl. dazu Heidelbergische Jahrb. der Lit. für Phil. etc.
2. Jahrg. I. Band S.' 316).
II. Zum Saint Leger.
I. In der 8. Strophe des Saint Leger bietet die Hs.: ^"0 gralia
li pcrdojtal El hunc lamhien que il cn ßsl De Hoshdtin tvcsque cn fisl.
Schon Diez („Zwei altrom. Gedichte") änderte hwic in fumc , ein
Wort, das sich auch in der 27. und 31. Strophe dieses Denkmals
findet, und zwar in der Bedeutung des ital. anche („auch"). In-
dessen ist dadurch die Schwierigkeit, welche diese Stelle bietet,
keineswegs beseitigt. Wie schon G. Paris in seiner Ausgabe des
Saint Leger (Rom. I 305) angedeutet hat, ist zunächst das mit sich
selbst gebundene fisl in hohem INIafse auffallig (beide ]Male gehl
demselben cn voran), in höherem als in Str. 12 lajn bicn en fisl : con-
silier fisl; ferner, und dies ist noch wichtiger, bleibt der Sinn dunkel,
wie sich sofort herausstellt, wenn man die Stelle übersetzen will.
G. Paris hat diesen Schwierigkeiten durch eine Änderung abzuhelfen
gesucht. Er liest : El anc lattl bien que il enl fisl De Ostedim evesque
cn Crisl.^ Aber die W^endung evesque en Crisl dürfte kaum alt-
französisch sein ; jedenfalls raüfste sie erst durch Beispiele belegt
werden. Ich schlage vor, das Wort hunc (unc) = unquam beizu-
behalten und folgendermafsen zu lesen: El hunc hiiinc lam (lonl) bicn
jic fisl („Und nie tliat er einem Menschen so viel gutes", erg.: wie
ihm, Leger). Dafs ein Abschreiber nach hutic das graphisch sehr
ähnliche huiue- ausliefs, ist nicht auffallend. Die Partikel 7ic (non)
des Originals hielt der provenzalische Abschreiber für den Ab-
kömmling des lat. inde und setzte dafür das in seiner Sprache
' Lücking (Mundarten 23) schlägt, wie ich nachträglich sehe, vor: Et
doncques il tant bien eiit fist. Aber il , das doch auch im vorhergehenden
Verse fehlt, scheint hier durchaus nicht am Platze zu sein.
■■' u für gemeinfrz. o uuch z. B. Str. i,f.: cantutnps.
W. MEYER, ROMANISCHE ETYMOLOGIEN. I7I
gleichbedeutende 67/ ein : an diese Versehen schloTs sicii die weitere
Verderbnis des Verses an.
2. 37, c Hs.: Ciel bictis qiCd fist cilli pesal. G. Paris liest eil
(ecce ille) U, mit unerträglicher Wiederholung des Demonstrativ-
pronomens ; ich schlage vor : si li : si (sie) nach dem Subjekt wie
Passion 64, c Et el viedeps si prcs sa er uz.
F. Settegast.
III. Etymologisches.
1. Romanische Etymologien.
I . abbiaeeare.
Caix Studi di et. rom. nr. 128 führt dieses {)islojcsische Wort
an und leitet es von "^flaccare ab. Allein der Übergang von / in
b ist unmöglich, er wird durch zwei oder drei andere zweifelhafte
Etymologien keineswegs gesichert. Näher liegt Annahme von Um-
stellung des ?■ = tosk. abbaeehiarc = *?ih\)7s.\.\\\\i\XQ von *abbattere.
Das chianajuolische abaehiio statt abbachieto zeigt auffälligen Kon-
jugationswechsel, der aber leicht erklärlich ist, da der Zusammen-
hang mit dem Primitivum völlig vergessen war.
2. bcffa.
Die Herleitung der zum Stamme beff gehörenden romanischen
Wörter, die Diez V> 6o,f. verzeichnet, aus dem Ciermanischen weist Baist
Rom. Forsch. I i 1 1 ab, allein das von ihm vorgeschlagene bifidus
erregt schwere lautliche wie begriffliche Bedenken. Lautliche: das
ff des Italienischen, das / des S{)anischen verlangen als Grundlage
ff, nicht /, ein allfälliges *biffus am *bifdus ist nach allen Seiten
hin bedenklich. Für die * sard. Wörter: beffa beffarc beffulanu im-
beffarc müfste man Entlehnung aus dem Italienischen annehmen.
Sodann die Bedeutung: bifidus „gespalten" soll zuerst von der
Unterlippe des Pferdes beim Fressen gesagt worden sein, und sich
dann weiter ausgebildet haben. Allein das Verbum kann seiner
Bedeutung nach nur von bcffa abgeleitet sein, dies wiederum nicht
von befo umgebildet, da auf solche Weise nicht Abstracta gebildet
werden. Gehen wir aus von da Redensart far bcffc ,.die Lippen
gegen einen zuspitzen", so ergiebt sich leicht, dafs dieses /'<•//" nichts
anderes ist als eine Onomatopoeie : es drückt den Schall aus, der
ertönt, wenn die Lippen in diesen Stellung treten. Von hier aus
ergeben sich die weiteren Entwickelungen ohne Schwierigkeiten.
Nur span. bcfo säbelbeinig vermag ich nicht damit, aber ebenso
wenig mit bifuius zu vermitteln. Bei Aiuiahnie einer onomattipoie-
tisclien Bildung, bei der mehr Gewicht auf dic> Konsonanten als
auf den Vokal gelegt wird, finden dann auch die l'ormen mit </
statt c, die Diez anführt, ilnr Erklärung. llnuMi iii^e ich noch it.
172 MISCKLLKN. 111. KlVMOLfXJISCHES.
Ihijj' hei; wr^^cii tlcr l'x.-diiiUin;^ mag man dciilsch, dialrklisdi schnauz
= schmirrharl, liehen „schnauze" vergleichen.
3. span. csconzado.
Diez Ilh s. V. gieht kein Etymon, Baist Zeitschr. V 551 rät auf
*excumare. Uhergang von / zu z ist im Spanischen umrrhörl,
corzo Reh stellt Diez zwar zu caprea, aber schon deshalb mit un-
recht, weil pr nicht zu ur wird. Von amplus geordnet konnte ein
*excompliare aus der Ordnung bringen gebildet werden, das dem
spanischen Worte nach Laut und Form völlig gerecht wird. Das
entsprechende ital, sconciare ist auf das moralische Gebiet beschränkt.
4. *i^raulus, a die Krähe.
Frz. grolle \Vb. 11^, gracida „wiewohl das Suffix aciil regel-
recht nur zu aille oder all wird." Ital. dialektisch (piemont.) und
vc\x\^^. grol seien aus dem Französischen entlehnt. Desgleichen hält
Cihac 1 1 1 1 graculus für das Et) mon des rum, graur. Beides ist
unhaltbar, als Grundform ist *graulus, *gravulus anzusetzen, vgl.
frz. parole : parabula, piem. iola : tabula ; rum. ?iour : *tiubuhim (rtubilum).
Ob nun dieses Diminutiv von raims grau oder ravis heiser 'sei, ob
das g von gi-acula stamme und das nebeneinander von *ravulus und
graviihis auch ein gianucula zu *ra7iucula erzeugte, oder ob es
in beiden Wörtern anderswoher stammt, mag unentschieden bleiben.
Nach Miklosicli Rum. Lautlehre Vok. 111 4 steht tuiur für *nuor vgl.
istr. niioru doch fordert das nicht *grdor. Nach dem Gesetze,
dafs der tonlose Vokal der Paenultima dieselbe Klangfarbe hat,
wie der entsprechende betonte, dafs also da, wo ü von 0 getrennt
ist , auch tonloses u nicht zu 0 wird, erwarten' wir nthir. Natur-
gemäfs klingen tonlose Vokale dunkler als betonte (nament-
lich wenn Tiktin Stud. z. rum. Phil. 1 4 mit Recht lehrt: 0 und 11
unterscheiden sich durch die Intensität der Artikulation der die
Enge bildenden Organe); wo nun beide Nuancen unmittelbar zu-
sammentreffen, prägen sie sich stärker aus.
5. span. jeja.
Span.y^y'rt eine Art Weizen aus sasia, eines der wenigen kel-
tischen Wörter, die, soviel ich sehe, auf spanisches Gebiet be-
schränkt sind, genaue Nachforschungen in Dialektwörterbüchern
dürften es immerhin auch anderswo auftauchen machen, secale
Taurini sub alpibus asiani vocant Plin. XVII 40 ist in sasiam zu
bessern, vgl. skr. sasya abaktr. hahya, cymr. haidd und Stokes bei
Rhys Lectures on welsh filol.- 8.
6. ital. sciupare.
■ D'Ovidio Arch. Gl. IV 151 Anm. 3 bestreitet mit Recht Flechia's
supare ebenda II 341 und stellt exsnpare auf. Allein der Vokal
macht Schwierigkeit. Zu Grunde mufs ein Stamm mit ü oder au
W. MSYER, ROMANISCHE ETYMOLOGIEN. 173
liegen, den das gemi. saup-an bibere gewährt. Wie stark dieser in
Italien verbreitet ist, ersieht man aus Caix Studi nr. 667. Neap.
iizuppare bedeutet „infondere", *exsatipare, dessen Gegenteil : „aus-
giefsen", kann leicht zur Bedeutung „verderben" kommen, scipare
= lat. exsipare hat ebenso den Vokal der endungsbetonten Formen
verallgemeinert.
7. *sciippirc speien.
Ein Wort, das aufser im Ital. log. überall vorkommt, vgl.
Diez I s. V. escupir. Im Rumänischen wurde saippio zu * sciäpo,
dann fand Übertritt in die «-Konj. statt. Der Stamm ist wie
spucken u. dgl. onomatopoietisch. Cornus exconspuere Rom. IX 130
scheitert an der Existenz des rumänisches Wortes. Die angesetzte
Grundlage könnte sich kaum daraus entwickelt haben, bei einem
vulglat. *exscupire aus excosp- ist der tonlose Laut im Span. Port.
Frz. unerklärt. Die Annahme das die verschiedenen Gebiete un-
abhängig aus ^.v cotispuere zu ihren Formen gelangt seien, ist, da
die geforderte Dissimilation nicht zu den häufigen Erscheinungen
gehört, nicht w'ahrscheinlich zu machen.
8. Ital. sdrajarsi.
Diez iia s. v. : wahrscheinlich got. slraujan. Allein st wird nicht
sd, sdrucciolare ist, wie Ascoli Arch. Gl. VII 516 n. i. mit recht be-
merkt, '^disroteolare; Diez selbst hatte sdriicire aus * exresuere her-
geleitet. So ist wohl auch sdrajcve ein gutlateinisches Wort: *dis-
radiare j, vor dem Tone regelmäfsig aus di entstanden, wird ver-
allgemeinert.
9. *sisa.
Diez IIb s. V. denkt an lat. censa, desgleichen Cornu Rom. XIII
305, mit richtiger Deutung des / statt e. Vergleicht man taglia
Steuer mit tagliare, so hat *sc~isa = sclssa ebenso viel Anrecht; pg.
scisar abschneiden, zurückbehalten spricht eher dafür. Die Er-
klärung des / statt / bleibt dieselbe.
10. Span, tohillo.
Die Diezsche Erklärung IIc s.v. ist von Baist Zcitschr. VII 123
mit Unrecht durch eine andere ersetzt worden; ein Deminutiv \ou
lüba pafst begrifflich schlo(-ht. tohillo geht auf *tnhillum zurück,
das sich zu tiiber verhält wie agti/us zu ager u. s. w. Das meint
wohl Diez, wenn er sagt: „unmittelbar aus tuber abgeleitet."
1 1. vouge.
Das Wort ist von allen Etymologen übergangen. Den W'rg
weist \>xo\.vezoig Bartsch Chr.* 52,31= lat. vidnviiim, in grierli. lat.
Glossaren (SixtXXa übersetzend. Nachtoniges />y wird frz. stets ■,■
(vgl. Arch. f. lat. Lex. II 434), />////< gehl mit ital. />i(>ggt(i auf vulgl.
*pb>j(i zurück.
174 MISCELLEN. I. i;i YMOLOüISCHES.
I 2. lui il ki.
\\\v lat. illius-==iUe ((ien.)-}-"'-^ (('en. von is) entstanden ist, so
l)ilflett; dir Vulgärsprache einen Dativ ill(i-\-ei = illoi, woraus illui,
wie quoi aii, ebenso l'"eni. illne-\-ei = *i//et, dazu (ien. illdus =
prov, leis. — So 'Iliomas Komania XII ^^^l. (legen Tohlers JCrklärung
wcüidet er nur ein, dafs er selbst eine andere wisse. Ob diese
andere auch eine besscjre ist? Meunier-Havets Erklärung von Uhus
wird m. VV. in Deutschland von den wenigsten angenommen,
J. Schmidt und Corfsen sprechen sich thatsächlich dagegen aus.
Da ferner hujus Jude jed(Milalls nicht wie, sondern nach cujus cui
gebildet sein können, — denn der Übergang von h zu ü ist be-
dingt und begründet im u von qti, eine Bedingung die bei hujus
hui fehlt, — so bleibt für das vulgärlat. iliui eben auch nichts
anderes übrig. Ist nun für die betonte Form des Femininums im
Vulgärlat. ilhic eingetreten, so konnte dies, meine ich, sehr wohl
vom Masc. sein / bekommen : ilU>i\ auch im Gen. Sg. die Geschlechter
unterscheiden zu können, mag das e von hier aus in den Cien.
Sg. Fem. gekommen sein. Aber alle diese Formen sind jünger
(und das ist mir das wcse.;thchste) als die geschlechtslosen klassi-
schen. Damit bleibt Toblers Deutung von bä zurecht bestehen,
nur möchte ich die Analogie von huic, vor allem aber des (Jen.
iUuius hinzufügen; dafs der letztere existierte, ist durch das mehr-
fach belegte ipsujus durchaus wahrscheinlich. Den richtigen Weg
hat schon Schuchardt gewiesen, l'homas scheint ihn nicht recht
verstanden zu haben,
W. Meyek.
2. Ital. anzi, frz. ains.
Der Verfasser der hier, Bd. VI 25O ft". gedruckten Abhandlung
über die afrz. Adverbien der Zeit, hatte bei Besprechung von afrz.
ainz (S. 260) das von Diez, Kt. W'b. I auzi, bevorzugte ante-|— s" ad-
verbiale als Grundlage der frz. Partikel anerkannt, ohne sich die
Schwierigkeiten zu vergegenwärtigen, die sowohl das ital. -zi wie
der Diphthong ai und das auslautende z des frz. Wortes dieser
Herleitung bereiten. Ich änderte, darauf hinweisend, die betreffende
Stelle bei der Korrektur der Abhandlung und fügte zur Begründung
dieser Änderung eine Anmerkung des Sinnes bei, dafs man versucht
sei für anzi und ainz einen Typus *anie-\-i, etwa ante id (vgl. lat.
ante id tempus) vorauszusetzen, nicht das in der schriftlichen Über-
lieferung belegte anteo (für antea), das im Ital. ^«00 geworden wäre.
Hieran anknüpfend tritt neuerdings, Romania XIII 572, Herr Tho-
mas für das von Diez abgelehnte Etymon Menages *antius ein,
und giebt mir zu bedenken, dafs ich, indem ich bei der Bestim-
mung der gemeinsamen Grundlage von anzi und ainz von anzi aus-
ginge, einen wesentlichen Punkt vergessen hätte, mich nämlich zu
vergewissern, ob diese Grundlage solid und anzi nicht vielmehr an
G. GRÖJJER, ITAI. ANZI, FRZ. AINZ. 175
Stelle eines anzo getreten sei. In der That hat Herr Th. a7izu
gefunden; freilich in Texten, die erst nach Veröftentlichung meiner
Anmerkung (1882) ans Licht gezogen worden sind, im Ugu^on
da Laodho (1884) und in dem von Ulrich, Romania 1884, heraus-
gegebenen Recueil d'exemples, sodafs mich sein Vorwurf gar nicht
trifft. Denn Herr Th. citiert nur jene Texte, aus denen Tobler
und Ulrich anzo selbst schon hervorhoben ; er nimmt freilich nicht
Anstand diese Beispiele als quelques exeinples au Hasard darzu-
bieten, und zu behaupten, dafs atizo sich souvetit datis /es anciens
lexies Italiens finde. Pour ne pas multipJier /es ciiaüojis führt er, um noch
ein Übriges zu thun, das von Levi in der lateinisch-italienischen
Urkunde vom Jahre 1 193 (Giornale di fil. rom. 1) als da oggi in-
nanzi gedeutete adoietiajitio an. Er erweckt so die Meinung, dafs
ich ein o f t in alten italienischen Texten begegnendes Wort un-
beachtet gelassen und gar unvorsichtig bei Abfassung meiner
Note zu Werke gegangen sei. Ich hätte sonst, wie er, anzi aus
anzo und dieses aus dem supponierten Komparativ *antius ziehen
müssen. Es thut mir nun leid, Herrn Th. einer unvorsichtigen Be-
hauptung zeihen und nicht nur die Mahnung bei Folgerungen
die Solidität der Grundlagen nicht aufser Acht zu lassen, zu eigner
Nachachtung an ihn zurückgehen lassen, sondern im Hinblick
auf seine weiteren etymologischen Versuche in demselben Heft der
Romania (altfranzösisch aticeis ebenfalls von antfus, foi'ceis von for-
tf US u. dgl.), ihm empfehlen zu müssen, sich von den lateinischen
Accentverhältnissen eine genauere Vorstellung und vom Vulgär-
lateinischen und von den Grundsätzen etymologischer Forschung
eine klarere Ansicht zu verschaffen.
Was A. Mussafia (Monumenti antichi) zu Giacomino bereits
1864 bemerkte: quanto aUe vocali, vuo/si anzi iutto avvertire que//a
partico/aritä die fo7'7na la nota distiniiva dei moimmenli die qui
puh/ic/iiamo, i/ miäamenio doi dell'e del/a desinejiza in 0 . . . la famo
(favie), la ley(,:o (/ex), ^ento (genie), naco fnacquej, entendro ^=
-dre) dondo (donde), incontinento (= -lej . . ., wozu sich im
Glossar: enanyo = ijmanzi, davanyo und davatizi i^ieWt, und noch
hervorgehoben wird: neg/i a/iri monumenti antichi de/P Ita/ia sellentrionale
questo trajuutamento di voca/e fion ha /uogo che la/amente (nur
so = sej, war mir wohl gegenwärtig, indem ich von einer Deutung
des anzi aus *anzo (und *antius) absah, das übrigens auch Mus-
safias Texte nicht kannten und kein weiterer vor 1882 gedruckter
Text hat. JOs war mir aufserdem geläufig, dafs Barsegape neben
davanzi '. davan(0 und für anzi, mnanzi'.ange inan^e bietet, dafs
Bonvesin : iiianzi inanze, denanze, anzi anze anz, Mussafias Ka-
Iharinenleben neben undo fände) auch davanz schreibt, und die
lombardisch - emilianischen Mundarten entsprechend heute inanz
inans sagen, aber weder inanzo noch anzo, dafs also 0 hv\ i\c\\
Produkten aus ante sekundär ist! ]"'.s stellt sich nur in jenen
Minidartcni und nur da ein, wo 0 auch sonst für auslaulendi'u Palatal-
vokal geschrieben wird, oder wo der l'alalalvok.il heule und im
176 MISCELLEN. III. ETYMOLOGISCHES.
MilUlaltcr felilcu durltc, iiiclit ;il)i.T in iMillel- und Süditalien, wo nur
anzi, inuanzi besteht, und niclit in den übrigen nordital. Mundarten.
Herr Th., hielt die Maske für ein ehrliches (iesicht, wenn er auf das
ango des Norditalicners Uguron aus Loch', der auch anz (197, 292,
407), häufiger t/wf/ (125, 452) und neben cnatifi (182 1): davanz
(352) und diuanli (83) schreibt, und auf den norditalienischen
Rcciuil sein unbczeugtes *antius gründete, das gewifs nicht zu Me-
nages schlechtesten Jünfäiien gehört, aber als Grundlage für ital.
anzi afrz. ainz und gleichzeitig afrz. aitigois ' mit dem Beweis-
material, das Th. beibringt, heute Niemand glaubhaft gemacht
werden kann.^
• Nicht Foerster oder Koscliwitz fanden, wie es S. 575 htifst, das
Etymon *antius, sondern schon Die/ (Ilf) zof; es nach Menafjc wieder in Er-
wä^'unj;.
'^ Als Parallele zur Entwickchinj; eines ante -|- Vokal (abgesehen von a)
zu ainz, gegenüber che- ance =*cadenlia , sei auf den Ortsnamen Sancoins
(Cher) aus Tinrontium (Longnon , Atlas S. 21) bei ilieser Gelegenheit hin-
gewiesen.
G. Gröber.
Verbesserung.
S. 74, Z. 30 1. Dino's verbessert oder erweitert.
über das Boccaccio zugeschriebene kürzere Danteleben.
Um das Ansehen des im Jahre 1302 aus Florenz vertriebenen
Dante herzustellen, der, ohne dafs er seine Vaterstadt jemals w: • Ir
betreten konnte, in Ravenna beigesetzt worden war, schrieb Boc-
caccio eine Biographie dieses von ihm hochverehrten Dichters.
Von dieser sind uns zwei Fassungen überliefert, deren Verhältnis
zu Boccaccio schon vielfach Gegenstand der Untersuchung ge-
wesen ist und es auch in dieser Arbeit sein soll. Die über diese
Materie schon vor Witte gemachten Forschungen sind, soweit sie
Bedeutung haben, von dem erwähnten Altmeister der Dantephilo-
logie selbst oder von späteren Gelehrten, SchefTer-Boichorst und
Scartazzini kommentiert und verwertet worden, sodafs eine Angabe
der Ergebnisse dieser 3 Forscher genügen wird, um den Stand-
{)unkt zu bezeichnen , zu dem diese Frage augenblicklich ge-
langt ist.'
Die ausführlichere Biographie will ich Vita I, die andere Vita II
nennen,2 Es handelt sich im Folgenden darum, festzustellen , ob
Vita II auch ein Werk Boccaccios ist oder nicht. ^'
Witte läfst die Frage offen. Auf p. 115 seiner Danteforsch-
ungen Bd. II sagt er : Pur non mancano argomenti cnpaci a far ap-
parir prohabih Popiniotie che Boccaccio stesso si'a Paiäori di qtul ri-
facimento della Vila; er begründet diese Möglichkeit mit der Ver-
mutung, dafs die vielfachen Streichungen in Vita II auf Konto der
Dankbarkeitsgefühle Boccaccios gegen die Florentiner für die ihm
erwiesenen Ehri>n zu setzen wären und dafs die Ilinzufügung von
snilitnenli di divozione e di fede catiolica ihren Grund in der 1361
erfolgten Bekehrung Boccaccios haben könnten. Auf p. 116 ibid.
sagt er aber: Malgrado queste apparenze credo dover rigc/Zdrc Vopi-
nione per la qjiaU sembrano milUarc. Tax dieser Ansicht gelangt
* Über die Resultate der früheren Untersuchnni;en efr. Witte, Dante-
lorschiinj;en II p. 113, 114.
"^ Vita I habe ich nach der Ausjjabe des Gactano Mihmesi : II Commento
di Giovanno Boccaccio sopra la Commedia , Fircnze 1863, Vita II nach iler
Ausgabe der „Divina Commedia di Dante" von Padua 1822 citicrt.
•* Dafs Viia I von Boccaccio herrührt, ist allgemein anerkannt nn.l unter-
liegt keinem Zweifel.
Zeitschr. f. rom. IMiil. IX. 1 2
IjH M. KUHI'IISS,
Witte durch <lie Art, in der die W'itHlcraiilliiidiing der ersten 7
(iesänge des Inferno erz;ihll wird, dur( h den Umstand, dafs einige
Li(;l)esverhältnisse Dantes hinzugefügt werden, scnvie endlich durch
(h'c von Boccaccios Stile abweichende Diktion in Vita II.
Schefler-Boichorst kommt nach einer läng(;ren Beweisführung
in seinem Werke „Aus Dantes Verbannung p. 193 — 224" zu dem
Resultat, Vita II rühre auch von Boccaccio her.' .\uf flie (Irünfle,
die er für seine Behauptung anführt, kcnnme ich in meiner Ab-
handlung zurück.
Scartazzini endlich verwirft die Annahme Scheffer - Boichorsts
(Dante in Germania p. 270 ff.), weil Boccaccio im Kommentar zur
Göttl. Com. nur eine Biographie von sich über Dante erwähnt, weil
Leonardo Bruni nur eine und jedenfalls nicht die gekürzte Fassung
ke!:..t und weil Filippo Villani und Gianozzo Manetti sich nur auf
Vita I beziehen und kein Anzeichen sich findet, dafs sie Vita II
kannten. In der Anmerkung hierzu sagt Scartazzini (p. 270): Qtiesla
appendice fu detlata neW antunno de/ 1882. Xe/ segtiente inverno siii-
diammo la Vita, scrUta dal Cerlaldese, dt proposito, curando il volume :
La Vita di Dante di Giovanni Boccaccio. Riveduta, confrojitata nei
diie testi ed ilhistrata — vohime al quäle ponemmo rultima fndno poche
settimane sono e che darenio qiianto prima alle stampe. II lungo et
faticoso lavoro ci condusse a risultati alqiianto piii favorevoli per il
Boccaccio, fna in pari tempo rese evidetite che il testo abbreviato ?ion e
roba sua. V Appendice essendo giä composta la lasciamo quäle fu
scritta, aggiungendo la dove sembra yiecessario, qualche nota in mar-
gitie, e pregando il lettore a pazientarsi fino a tanto che vedrd la luce
il covipiuto nostro lavoro testi citato.
Was Scartazzini hier verspricht, hat er nur in sehr geringem
Mafse gehalten. Seine Veröffentlichungen im Giornale storico
della letteratura Italiana Bd. I p. 274 über diesen Gegenstand
bringen wenig Neues. Nach Korrektur eines Versehens von Seiten
Scheffer-Boichorsts in seiner Untersuchung sagt Scartazzini: . . . ci
contentiayno di dire semplicemente che a nostro awiso B (Vita II) e una
compilazione il cui autore non e il Boccaccio. Ma l'esporre gli argo-
meriti sui quali questa opinione si fonda, essendo cosa troppo liinga, non
pub essere di questo luogo. Osserviamo soltanto che secondo il pro/.
Scheffer-Boichorst A. fu scritta verso il 1359 non prima, B prima deW
octobre 1373. In dem Reste, dem gröfseren Teile des Abschnittes
mit der Überschrift: /(/ Vita di Dante del Boccaccio beschäftigt sich
Scartazzini nur noch mit der Behandlung der Frage nach der
Glaubwürdigkeit Boccaccios als Geschichtsschreiber.
Ich habe es nun versucht, Licht in das über dieser Frage
* Vergl. die Recension dieses Werkes durch Körting im ,, Literaturblatt
f. germ. und rom. Phil. 1882, 310 — 319", und ibid. 443 — 446 die Erwiderung
Scheffer-Boichorsts, femer Toblers Recension in der Deutschen Literatur-
zeitung 1882, p. 1753.
II^ER DAS HOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEHEN. 179
schwebende Dunkel zu bringen : erstens durch eine Untersuchung
des Verhältnisses, in welchem der im Jahre 1373 von Boccaccio
bei Gelegenheit seiner Vorlesungen über die Göttl. Com. begonnene
Kommentar dieses Gedichtes zu den beiden Fassungen steht.
Aufserdem habe ich nicht unterlassen, die Gründe, welche bisher
gegen die Richtigkeit des von mir gefundenen Resultats geltend
gemacht sind, zu widerlegen und habe ich diese Polemik an ge-
eigneten Stellen mit eingeflochten.
Da die beiden Biographien an vielen Stellen fast wörtlich über-
einstimmen, so ereignet es sich häufig, dafs aus dem Vergleiche
der Ausführungen in den Biographien mit denen im Kommentar
über denselben Gegenstand ein Schlufs nicht zu ziehen ist, ähnlich
wie eine Folgerungsunmöglichkeit sich auch dann ergiebt, wenn die
in Anordnung der Gedanken wie auch im Ausdruck verschiedenen
Ausführungen derselben Themata in den beiden Viten im Kom-
mentar eine weit ausführlichere oder aber ganz kurze Parallelstello
haben, die keine Anlehnung an eine der beiden Biographien er-
kennen läfst. Diese zahlreichen Fälle aufzuzählen habe ich unter-
lassen und gehe ich nach diesen Vorbemerkungen zu meiner Unter-
suchung über.
Als ersten Punkt werde ich die Stellung beleuchten, die die
Autoren den Florentinern gegenüber einnehmen. Witte • hat diesen
Punkt für die Ansicht, dafs Vita II von Boccaccio herrühren könnte,
mit folgendem Raisonnement geltend gemacht: Seit dem Jahre 1354
beauftragte die llorentinische Republik Boccaccio mit ehrenvollen
und auszeichnenden Staatsgeschäften, so wurde er drei INIal an die
Spitze einer Gesandtschaft an den Papst gestellt, es wurde ihm
anheimgegeben, Petrarca zur Rückkehr in die Heimat zu bewegen,
und endlich wurde er im August 1373 berufen, in Florenz die
Göttl. Com. zu interpretieren gegen eine jährliche Entschädigung
von 100 Goldgulden, einer Summe, die in Anbetracht der schlechten
Verhrdtnisse, in denen sich Boccaccio damals befand, sehr hoch
genannt werden kann; alles Dinge, die ihn bewegen müfsten, sich
für das W'ohlwollen seiner Mitbürger dankl)ar zu zeigen, und dies
hätte er gethan, indem er die in Vita 1 in reichem INIafse gegen
die Florentiner geschleuderten Vorwürfe in Vita II abschwächte
oder gänzlich unterdrückte.
Allerdings ist in Vita II alles, was für die Florentiner ver-
letzend sein konnte, geändert; so findet sich in der Einleitung in
Vita I p. 2 — 4 eine tadelnde Kritik des Verhaltens der FlorentincT.
indem Boccaccio auf der einen Seite die vorzüglichen Liüstungen
Dantes in das günstigste Licht stellt, auf der andern Si>ite die
krasse Undankbarkeit der Florentiner gegen diesen Mann lu')chst
unvorteilhaft und wenig schmeichelhaft beleuchtet, ein Passus, iler
die Tendenz der Vita vorzüglich kennzeichnet. .\n Stelle dieser
* D;intefoiscluinj,'cii II 115.
12»
l8ü M. KUHFITSS,
langen Stralrrdc; l)ringt Vila II nur dm folgenden abgeschwächUsn
Auszug, der sich an die Wahrnelimung anschliersl, dals der richti-
gen Würdigung der Verdienste ilirer Bürger viele Staaten ihre
(xrörsc verdanken:
II I Le Testig ie Je' quali non solamen'.e da' successori presenh', e
nuissimamenie <lii miei Fiorentitii sonn tnal seguile, ma inlanle s'^ Jis-
viaio da esse che ogni preniio di virtii possiede Pam/iizione. II che, se
ogrii cosa occultasse, non laset ra nascondere resilio ingiiislamfnte dato
<il chiarissimo iioino Dante Alighieri, uomu di sanguc nobile raggtiar-
devole per iscienzia e per opcrazione laudevole e degno di glorioso ouorf.
Intorno alla quäle Opera pessimamente fatta non ^ la presente tnia in-
tetizione di voler ins ist er e con debile riprensioni, ma piuttosto quella
parle . . . emendare.
Als Boccaccio Vita 1 p. 22 die Verbannung Dantes erzählt,
kann er sich nicht enthalten, hieran anknüpfend, eine Reihe von
Vorwürfen den Florentinern zu machen. Kr zeigt, wie undankbar
seine Landsleute gegen Dante gewesen, der, obgleich er alle seine
Kräfte in den Dienst des Staates gestellt habe, mit solcher Be-
handlung belohnt worden sei. Diese schwungvolle Verteidigung
findet in II einen matten Abglanz in folgendem Satze:
Vita II 15 Questo fine ebbe la gloriosa 7?iaggioranza di Dante e
de' suoi ciltadini e le sue pietose fatiche questo merito riportarono.
Und endlich schliefst Boccaccio die Erzählung von Dantes
letztem Aufenthalt in Ravenna und seiner Beisetzung dortselbst mit
einer Betrachtung, die seiner unendlichen Verehrung für Dante als
auch seinem Unwillen darüber, dafs seine Landsleute ihn sogar in
fremder Erde ruhen liefsen, warmen Ausdruck verleiht. Dieser
wirkungsvolle und packende Exkurs, der in der Milanesischen Aus-
gabe 6 Seiten (p. 31 — 36) umfafst, ist in Vita II in folgendes ebenso
kurze wie kühle Excerpt zusammengeschrumpft:
Vita II ig: Vostinala malivolenza de' suoi cittadmi nella sua ri-
gidezza stelle ferma; tiiuna compassione ne mostro alciino ; nitina pubblica
lagrima gli fu concedtita, nl alcimo ufficio fiinebre fatto. Xella quäl
pertinacia assai nianifestamente si dimostro : i Fiorentini taiito essere
dal conosciftiento della scietizia rimoti, che fra loro niuna distinzion fosse
da un vilissimo calzolajo ad uno solenne poeta. Also hat Witte mit
seiner Annahme wohl Recht, dafs nach dieser Art der Veränderung
zu urteilen, Vita II das Werk des ausgesöhnten Boccaccio sein
könnte? Die folgenden Betrachtungen werden darüber Aufschlufs
geben.
Einmal, sollte Boccaccio Vita U erst nach seiner Berufung zur
Interpretation der Göttl. Com. verfafst haben, so müfste er die Um-
arbeitung zwischen dem ii. August, dem Tage seiner Berufung,
und dem 2;^. Oktober, dem Eröffnungstage seiner Vorlesungen, vor-
genommen haben, denn im Anfange seiner Vorlesungen erwähnt
Boccaccio bereits die Biographie. Diese Annahme erscheint mir
aus den folgenden Gründen unmöglich. Erstens hatte Boccaccio
mit den Vorbereitungen für seine Vorlesungen jedenfalls hinreichend
ÜBER DAS KOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE ÜANTELEP.EN. l8l
ZU thun, als dafs er seine Zeit noch zu einer Umarbeitung seiner
Vita hätte benutzen sollen, und zweitens ist es mir nicht erklärlich,
wie eine Arbeit, die am i i . August begonnen , bei den damaligen
Schwierigkeiten der Verbreitung bereits am 2^. Oktober in den
Händen seiner gewifs sehr verschiedenartig zusammengesetzten Zu-
hörerschaft vorausgesetzt werden konnte. Witte scheint dies ja
auch nach einer anderen Stelle ^ nicht angenommen zu haben, wo
er sagt : c/ie V rifacimenio del lihro daii degli ultimi mmi dcl Certaldese,
che sia fatta per avve?i/ura conu tnlioduzwne alla kthira siilla
Commedia.
Hatte aber Boccaccio diese Redaktion vor dem 1 1 . August
1373 vorgenommen, so ist doch gar kein Grund ersichtlich, wes-
halb er die Vorwürfe zurücknehmen sollte, die er den Florentinern
wegen ihres Verhaltens gegen Dante macht, wie überhaupt die Zu-
mutung, Boccaccio habe je nach dem Grade seiner Anerkennung
und Würdigung von Seiten seiner Landsleute die in seinen Schrif-
ten vertretenen Ansichten geändert , einen sehr starken Vorwurf
involviert.
Wenn wir nun aber annehmen, dafs Boccaccio die Biographie
vor der Errichtung des Lehrstuhles umgeändert hat, so sind wir
zweitens vor die Notwendigkeit gestellt, zu glauben, dafs Boccaccio
sein eigenes Werk verstümmelt habe ; denn durch die erwähnten
Änderungen in Vita II verliert die Biographie vollständig ihren ur-
sprünglichen Charakter, sie ist nicht mehr das, was sie sein soll,
nämlich, wie Boccaccio im Commentar I 89 selbst sagt : un trata-
tello in laude di Dante ; und drittens ist doch wohl zu erwarten,
dafs Boccaccio die Rücksicht, die er aus Dankbarkeitsgefühlen
gegen seine Landsleute in Vita II nimmt, auch noch in d nn kurz
nach dem Erscheinen von Vita II verfafsten Commentar sollte wallen
lassen. Doch weit entfernt. Der Commentar ist voll von Beschul-
digungen und Vorwürfen gegen die Florentiner. Einige Proben im
Folgenden mögen diese Behauptung illustrieren.
Comm. II p. 411 nennt Boccaccio die Florentiner avarissimi ne'
/or Processi, wirft er ihnen Betrügereien im Handel, Wucher in Ver-
leihung kirchlicher Stellen und andere Unehrlichkeiten vor, die
alli! aufzuführen, wie er selbst p. 415 sagt, zu weil führen würde.
Die Eigenschaften des Neides, des Ilochnuites legi er ihnen kurz
darauf bei, und mit Dante in Übereinstimmung nennt er Florenz
ein Nest der Bosheit.
Comm. II p. 82 (T. beschuldigt er sie der Schwelgerei im Essen
und Trinken in einer längeren Auseinandersi^lzung, fügt aber gleich
im Anfang hinzu, tlafs er nicht, wie es sich gehören würde, diese
Schäden ganz aufdecken wolle. Man vergleiche weiu-r die Slelk-n
II 7, 14, S2 iL, 115 tr., 413 IT. u. s. w.
Diese Betrachtung zeigt, dafs Wille nnl der VerwerUnig dii-ser
Änderungen als Argument für die .\nsichl, dafs \'ila II Boccaccio zu-
' Dantcforscluiiij'fii II 1 1().
iSz M. KlIIIl'USS,
zusclireibfii wäre, niclil Keclil hat, dafs «ücmt l'iiiikl vicjlnu-lir liir
di(,' (;!il}(c;^enges{;tzto Ansichl spricht; diese HclracliUiiig lälsl weiter
vcnnulen, dafs der Autor vnii Vita 11 entweder ein Fioreiiliiier '
oder ein den Florentinern günstig (Gesinnter war, oder dafs diese
Umarbeitung aus einer Zeit stammt, wo Dante bereits wieder zu
Kliren gekommen war. — Zu einem ähnlichen Resultat wird eine
Betrachtung der Stellung führen, welche flie Autoren den l-'rauen
gegenüber einnelimen.
Hei der Betrachtung des lunllusses, den die so früh dahin-
geschiedene Beatrice auf Dante ausgeübt haben mag, fniden sich
in den Viten 1 u\i(\ II Beiträge zu diesem Kapitel, die, wenn sie
auch im Commentar keine Parallelstelle haben, hier vorerst be-
rücksicht werden mögen.
Während Vita II p. g unverhüllt ausspricht, dafs die Liebe zu
Beatrice Dante so Cirofsartiges in poetischer Beziehung habe voll-
bringen lassen, dafs er alh.' seint; Vorgänger bei Weitem überflügelt
hätte und von den kommenden Geschlechtt;rn wohl kaum erreicht
werden könnte, vermag Vita I nicht ein so uneingeschränktes reines
Lob der Einwirkung einer Frau zu zollen ; se tanio aniore, so sagt
Vita 1 p. 13 e si hnigo poth i7 ciho, i sonnt e ciascurf altra quiele im-
pcdire, quanto si dee potere esliniare Im essere stato avversario alli sacri
studi ed aWingcgiio ? Cerü) non poco ; coinecche inolti vog/iano , lui essere
slato incitalorc di qiiello ; argomento a ein prende)ido dalle cose hggiadra-
mcnle nel fiorentino idioma e in rima e in lande della donna amala . . . giii
falle da lui ; ma certo io nol consenlo, se io non volessi gia affermare,
Vornato parlare essere sonimissima park d'ogni scienza ; che non e
vero. Spricht schon die lautere Anerkennung in Vita II gegenüber
diesem zweifelhaften Lobe in Vita I dafür, dafs Vita II nicht vom
Verfasser des Corbaccio herrühren möchte, so werden wir in dieser
Vermutung noch mehr durch die hieran in Vita II sich anschliefsen-
den Ausführungen , die in Vita I fehlen, bestärkt. Vita II giebt
nämlich einige Mitteilungen über Liebesverhältnisse Dantes; II 10:
Nl fii solo da qtieslo aniore passionato il fioslro poela, anzi inchitievole
mollo a qtieslo accidenle, per allri oggetti in piii malura etä troviam lui
sovente aver sospiräto, e massimamenle dopo il suo esilio, dimorando in
Liccca, per una giovane, la quäle egli nomina Pargoleita ; et oltre a cid
vicino al strejuo di sua vita, neW Alpe di Casentino per una Alpigina,
la quäle, se mentilo non m\ quatunqut bei viso avesse, era gozzuta.
Dieser Zusatz ist offenbar nicht von Boccaccio ; die darin er-
zählten Märchen zirkulierten sicherlich auch schon zu Dantes Leb-
zeiten und Boccaccio, der sie dann sicher auch kannte, würde
keinen Anstand genommen haben, dieselben in seine ursprüngliche
Vita mit aufzunehmen, wenn er sie der Überlieferung für wert ge-
' In der Annahme, dafs der Epitomator ein Florentiner ist, werden wir
durch folgende Stellen bestärkt, in denen sich der Verfasser als Florentiner
geriert : di quella citta son cittadiiio. oder quello che la nostra citta doveva . .
Operare. - — i?itendo di far iu . . . cfr. Witte, p. 112 in seinen Danteforscli.
Band II.
UBEK DAS bOCC. ZUGESCHKIEBENE Kl'KZEKE DANTELEBEN. 183
halten hätte.' Nachricht von diesen verraeintUchen Verhältnissen
Dantes giebt schon der im Jahre 1333 — 1334 verfafste Ottimo Com-
raento. Purg. XXXI 55. E die e, che ne quella giovane, la i/uale elli
nellc sue rime ehiavib Pargoletta, ne qiiella Ltse/hi, ni qiieWallra montanimi,
ne quella ne queWallra li dovevano gravare le penne . . . Weiter schreibt
Francesco da Buti 2 in seinem gegen Ende des 14. Jahrhunderts
verfafsten Coramentar, Purg. XXIV 37: cioe. c/ielli dovta essere con-
finato di Firense a Liicca, e quivi si dovea innatnorare d^una gentil
donna, che sarebbe nominaia GenUicca e cos) era avvemito tnna?iti che
rautorc scrivesse qiiesla parte, che Fautore, essendo a Liicca non po-
iendo siare in Fiorensa, ptiose amore ad una geniil donna chiamaia
madonna Gentucca . . . Ähnlich berichtet auch der Comraentar des
Anonimo Fiorentino zu Inf. II 104, der wahrscheinlich im An-
fang des 15. Jahrh. entstanden ist: Moria Beatrice, a?no una giovane
da Liicca, ch'egli chiatna Pargoletta . . . ., l'altra et l' ultima fii una
giovane da Pratovccchio poi cK egli fu cacciato da Firenze .... An
einer anderen Stelle zu Purg. XXIV 43 berichtet derselbe Commen-
tator auch von der donna di Casentino u. s. w.
Keiner der Commentatoren indes zur Göttl. Com., ebensowenig
wie die Biographen, die überhaupt von diesen Verhältnissen Dantes
keine Nachricht geben, berichtet, dafs die donna di Casentino einen
Kropf gehabt habe, bis auf Corbinelli.'* Jacopo Corbinelli erzählt
in seiner 1577 entstandenen Vita di Dante, die sich am Knde seiner
Ausgabe von Dantes „De vulgari eloquentia" befindet, che Dante
nelle Alpi di Casentino, fu amante di una femmina, che avea il gozzo.
Die schon So früh auftretenden mangelhaften Angaben dieser
Danteanekdoten , sowie deren häufige gänzliche Unterdrückung
macht den Eindruck, als ob diese INJärchen, vielleicht durch die
Lektüre der Göttl. Com. entstanden, im Volksmund lebten, aber
von den Gebildeten, als das, was sie sind, genommen wurden, und
entweder lückenhaft oder garnicht verwertet wurden, welchen letztern
Standpunkt auch Boccaccio vertreten haben wird.
Nach dieser Einschaltung spricht Vita II p. 10 von der Schäd-
lichkeit der Liebe für die heiligen Stutlien, die Philosophie und die
Dichtkunst, von ihrer Macht über ein einmal besiegtes Wesen und
schliefst diese Betrachtung mit dem Satze: si nianifesto mi pare,
che superßuo stimo sarebbe il mcttervi tenipo a pii/ chiarirlo. Dieser
Passus fehlt ebenfalls in Vita I. Ist es schon wunderbar, dafs Boc-
caccio einen Ideengang anticipieren sollte, Jen er in allen seinen
Phasen späterhin in weitschweifiger Weise wiederholt, so ist es doch
ganz unerklärlich, dafs I^occaccio einen solchen Schkils hinzugefügt
haben sollte, der seint' sp;itercii Ausführungen sogar inkonseiiuenl
* Cfr. Witte, Danlefürschunj^en 11 167.
^ Scavt.u/.iiii, Comm. zur Göttl. Comötlii.' rui)^. XXIV 33.
^ Die Vita ili Dante von Corbinelli ist mir niilit /.ii<,'.inj;licli ;^e\vescn
und liabe ich obijje Stelle aus Giuseppe l'elli : ..Menioiii- ili D.mie Alliijlieii"
p. 77 entlehnt.
184 M. KUIIKUSS,
tjrschuiiiun liUsl. Diust- SluUc kann mir ein iiii;uifin«;rk.samtjr J-lpito-
laialor gcscliricbcii haben, der sein Vorbild nicht genau kannte —
wie dies zu öfteren Mahn sich zeigt ' — und der bei der späteren
Reproduktion dieses Gedankens, bei der Transskrij)tion von Vor-
hige I, sich dieses Schlufssatzes nicht mehr erinnerte. — Im Com-
menlar I p. 437 fT. hat Boccaccio eine Schmähsclirift 'l'heophrasts
auf die Frauen fast wörtlich übers(;tzt, dit; Boccacci(j bei den Sclirif-
ten des heihgen I-Jyi;ronimus i^i'-gcn Jovinianus in lateinischer Über-
setzung fand.- Zu dieser Übersetzung finden sich in den beiden
15i()graphien Parallelstellen. Das Endresultat aller drei Exkurse ist
dasselbe, der Weise solle nicht heiraten. Die Viten I und II gehen
vielfach in der Argumentation zusammen; sie klagen, dafs die geist-
reiche Unterhaltung der Gelehrten mit Philosoi)hen, Fürsten einem
langweiligen Geplauder mit den Frauen Platz machen mufs, dafs
ein Zurückziehen von der Menge zu stillen tiefen Selbstbetrach-
lungen unmöglich wird, sie klagen über die unendlichen .Aus-
gaben, die die (Gewohnheiten der Frauen erheischen, über die un-
ausbleibliche Eifersucht, über den häufigen Umschlag von gegen-
seitigem Ärgernis in Hafs u. s. w. Im Allgemeinen ist Vita II die
kürzere Fassung, indem besonders die 3 letzten Punkte nur je mit
einem nackten Satze abgefunden werden: Vita II 12: Lascio h lur
costiwii gravi a sostenere c la spesa incstimabile, che negli loro or>ia-
maiii richieggono , tutte cose quanto esse?- possono , nvverse <?' conlem"
plativi ptnsüri; che diro se gelosia vintervicTie, che se cruccio, che per
lunghczsa si converte in odio?\ doch finden sich auch in Vita II P>-
weiterungen von Vita I. So giebt Vita II den Satz : Vita I 1 6 :
cogV imperadori, co' re e con quahmque altri aliissifni priticipi ragio-
nava in folgender Erweiterung II 12: Ni fia, che non avvenga, quando
vorrä, che gV iviperatori eccelsi e poientissimi re e priticipi gloriosi con liii
Hella sua so/iludifie no7i si convegnano, e con liii ragionino de governamcnli
pubblici, delP arli, delle guerre, t- dei rmdatnenti della foriima, und den
Satz in jVita I 16: disputava co' fi/osoß, t co' piactvolissimi poeti,
si diletiava in folgender Fassung II 1 1 : talvolta ncllo splendido con-
cisloro de' fi/osoß, mischiatosi col pensiero con Aristotile, con Socrate e
con Plalone, dispiäera della veriiä di alctina conclusiotie acutissivianmiie
e spesse fiaie con sottilissima mcditazione se 7ie enlrerä soito la co?-teccia
d alcuna poetica finzione, e con grandissimo suo piacere ragguardera
quanto sia diverso lo intrinseco della crosle.
Da der Commentar nicht alle Gedanken von Vita I resp. Vita
II enthält, so m(')gen hier nur diejenigen zur Untersuchung heran-
gezogen werden, die in einer der beiden Biographien oder in bei-
den eine Parallelstelle haben.
Auf pag. 438 des Comm. II findet die Klage gegen die Frauen
wegen ihrer vielen Ansprüche folgenden Ausdruck: Oltre a qiiesio
' So z. B. hat Vita II, als die Städte aufgez.ihlt werden, in denen Dante
sich aufgehalten hat, inkonsequenter Weise Lucca nicht erwähnt, obwohl, wie
oben gezeigt von dem Verhältnis mit der Luccheserin berichtet wird.
"■^ Eusebii Hyeronimi opera ed. Migne p. 276 — 78.
ÜBER DAS BüCC. ZUGESCHRIEHENE KCK/ERE DANTELEBEN. I 85
e cerio che ??iolie cose sono opporlunc ag/i usi dclle donne, siccome sono
i vestinmili preziosi, Voro, le gemmc, le scrvc c gli arnesi delle camere.
Auf p. 17, I ciot', ondc vcngatio i vcslimenii, gli oniamenli e ie camere
pihie di superfliie dilicalizze, le qtiali le donne si fanno a crcdere essere
al ben vivere opporlunc; onde vengano li servi, le serve, le ntitrici, le
camer tere.
Auf pag. 1 2 V. Vita II : Lasciu li lor costumi gravi a soslenere e
la spesa inestimabile, che negli loro ornamenli richieggono. Den Ge-
danken, dafs der Mann nicht nach freier Wahl sich seine Lebens-
gefährtin suchen kann, sondern dafs die Natur sie ihm bestimmt,
formuhert der Comm. II 43g: E aggingni, . . ., che delle mogli non
si pud fare alcuna elezione, mn lale chente la forluna la ti manda, iale
le la conviene avere.
Vita I IQ A ciascuno che la prenda, la conviene avere non lale
quäle egli la vorebbe, tna quäle la forluna gliele concede.
In Vita II fehlt dieser Gedanke.
Den Grund zu der obigen Behauptung giebt der Comm. II
43Q in folgender Weise an: E non prima che falte le nozze polrai
disccrnere^ se ella e besliale, se ella e sozza , se ella e felida 0 se ella
ha allro vizio. II cavallo, l'asino . . . si provan prima e provati si
comperano. Sola la tnoglie non e moslrata, acciocche ella non dispiccia,
prima che ella sia menala. Ganz ähnlich findet sich in Vita I 19:
Chi non sa che lulle le allrc cose si pruovano prima che coliii, da cui
debbotio esser comperale , le prenda, se non la moglie acciocche prima
non dispiaccia, che sia menala.
In Vita II findet sich auch hierzu keine Parallelstelle.
Dafs eine schöne Frau von Vielen bi^gehrt und angebetet
wird, dafs sie öfter der Verführung erliegt, (.>nthalteii folgende
Worte im Comm. II 440: fiinna cosa < sicura, che sia da tutli i de-
sideri del popolo desiderala ; perciocche alcuno a doverla possedere si
Sforza di dover piacere con la sua bellezza, alcuno allro col suo ingegno
e alcuno coti la piacevolezza de' suoi coslumi, e certi sono che con la
loro liberalitä la sollecilano ; e alcuna volla t presa quella cosa la quäle
d'ogni parle e cofuballuta. In Vita I 1 8 sagt Boccaccio : ^SV bella ßa
reputata, chi dubita ch'essa subilamente non abbia molti amadori, de' quali
alcuno colla sua bellezza, allri colla sua nobilla, e tale con maravigliose
lusinghe, e chi con doni, e quäle con piacevolezza infeslissimamenle com-
bailera il non s labile animo? E quell 0 che molti desiderano malagcvol-
mente da alcuno si difende cd alla pudicizia delle donne non bisogna
d'' essere presa piu che una volta , a fare sc infame, e' marili dolorosi
in perpetuo. Vita II 1 2 enthält nur ganz kurz hierüber: sc gelosia
v* interviene.
Die vielfachen Übereinstimmungen sowohl der 'riialsacluii als
auch der Art der Ausführung von Vita I mit tlem Commentar be-
weist, dafs Boccaccio bei Abfassung von Vila I bereils die Selirifl
des Theoi)hrast kamite, dafs i-r dii" SehniälisclniÜ im l'ommenlar
i86
M. KUMKUSS,
\v()rllicli auriialmi, hcwciTsl, dafs tr sciuf .Mciimii;,' in «IIcmmu l'unkte
iiiclil ^n;;iiidi;rl liatlf. Wie ist es mm imlcr diesen Umständen zu
(1 klaren, dafs Boccaccio bei iler vermeintlichen Abfassung von
Vita II diese; ihm gehcirigen Anschauungen unterdrückt und andere
Ausführungen an deren Stelle gesetzt haben sollte, die ihm nicht
einmal so eigen zu sein scheinen, dafs er nie bei seinen weitschwei-
figen Ausführungen im Commenlar beizubringen der Mühe für wert
hielt. Das Rätsel löst sich, wemi wir Hoccaccio nicht als Verfasser
annehmen, l'ls könnte nun Jemand einwenden, dafs Kürzungen nicht
ben;chtigten, Vita II Boccaccio abzusprechen. Ks kömiten ja durch
ein Prinzip der Kürzung, das Boccaccio bei Abfassung von Vita II
geleitet, diese und andere Stellen unterdrückt oder eingeschränkt
sein. Darauf ist indes zu erwidern, dafs Boccaccio doch sicherlich
nach irgend einem Gesichtspunkt die Kürzungen vorgenommen
haben wird. Denn, dafs Boccaccio, rein um zu kürzen, sein Werk
so verändert habe, ist ebenso unglaublich wie unerklärlich, ent-
spricht auch nicht dem thatsächlichen Sachverhalt, wie die bei
diesem Kapitel eingefügten Erweiterungen beweisen, wie dies auch
Witte, Danteforschungen II p. 109 zeigt, und wie dies auch aus den
Einschaltungen z.B. in Vita II p. ,14 — 15 von c//e qiiesta g-loria —
vogliono, p. 1 7 von che diranno qui coloro — fosse il gomito riposalo,
P- 30 — 3' \"'i similirnentc — simigUaiiti deutlich hervorgeht. Es
mufste also diesem Kürzungsprinzip ein anderer Gesichtspunkt zu
Grunde gelegen haben, und da erscheint mir nur einer stichhaltig,
dafs Boccaccio aus seiner Vita alles hätte ausmerzen wollen, was
nicht spezifisch biographisch wäre. Diese Absicht hat offenbar auch
nicht vorgeherrscht, wenigstens wäre sie dann von Boccaccio mit
einer ihm sonst nicht nachzuweisenden Inkonsequenz durchgeführt
worden, denn in diesem Zusammenhang, in dem Exkurse über die
Frauen, sehen wir ja, dafs der Verfasser nicht nur diese Abhand-
lung zum Teil reproduziert, sondern sogar, dafs er noch Er-
weiterungen hinzufügt. Ähnliches sehen wir bei den Exkursen über
die Poesie, über deren Verhältnis zur Theologie, die mit Dantes
Biographie doch nichts zu thun haben. Da nun dieses einzig
denkbare Prinzip nicht obgewaltet hat, glaube ich ein Anrecht zu
haben, jeden Gedanken, den Vita II unterdrückt, den aber Boc-
caccio in ähnlicher Weise in Vita I wie im Commentar entwickelt,
als einen Anhaltspunkt zur Erhärtung der Hypothese zu benutzen,
dafs Vita II nicht von dem Certaldesen herrühre.
Einen weiteren Punkt der Untersuchung m()gen die Abschnitte
über die Entstehung der Poesie und ihr Verhältnis zur Theologie
bilden. Boccaccio hat bei diesen Ausführungen einen Brief Petrar-
cas an seinen Bruder Gerhard' benutzt, wie er in seinem Com-
mentar I 124 selbst angiebt.
' Das in Vita II P^ehlende werde ich bei Vita I in Klammer schliefsen,
was Vita II zusetzt oder ändert, in Anführungsstriche bei der belrelfenden
Stelle bei Vita I zufügen.
IIJER DAS BOCC. ZUGliSCHKIEHENE KIJKZKKE UANIELEBEN. 187
Ich erlaube mir, die Anfänge der drei Texte des Ikiefes Pe-
trarcas und der Vitae I und II nebeneinanderzustellen ', um bei
dieser Gelegenheit gleich ein Bild zu geben, in welcher sklavischen
Weise sich der Verfasser von Vita II vielfach an den Text von
Vita I lehnt, und in welcher unerklärlich willkürlichen Weise er
diesen häufig kürzt und erweitert.
Petrarca.
Quaesitum enim est unde poetae
nomen dcscendat; et quamquam varia
feranlur, illa tauien clarior seiilentia
est, quod cum olim rüdes homincs
sed noscendi veri praecipueque vesli-
gandae divinitalis studio
quod naturaliter inest honiini,
flagrantes, cogitare coepissent esse su-
perioreni aliquani ])utestatein
per quam mortaliu regerentur;
dignum rati sunt, illam omni plus-
quam humano obsequio et cultu au-
gustiore veiierari.
Itaque ut aedes amplissimas medilati
sunt,
quas templa dixerunt,
et ministros sacros
quos sacerdoles diel placuil
Vita I, II.
La prima gente ne' primi secoli
comecche rozzissima c inculta fosse,
ardentissima fu di conoscere ilvero con
istudio. siccome noi vcggiamo an-
cora naturalmente desiderare a cia-
scuno: la quäle veggendo il cielo muo-
versi con ordinata legge continuo e
le cose terrene avere certo ordine e
diverse operazioni in diversi tempi
pensavono di necessilä dover essere al-
cuna cosa , dalla quäle tutte queste
cose procedessero e che tutte le allre
ordinasse siccome superiore potenza
da niun' altva potenziata. E questa
investigazione seco diligentemeiite avu-
ta, s'immaginarono quella, la quäle di-
vinita ovvero deitä [noniinavonu] „ap-
j)ellarono" con ogni coltivazione con
ogni onore e con piü che umano
servigio essere da venerare ; e perciö
ordinarono a reverenza del nome di
cpiesta suprema potenza, ampissime ed
egregie case, le quali ancora estima-
rono fussero da separare cosi di nome
come di fortuna sepavati erano da
(piclle che generalmente (ler gl! uo-
miiii si abitavano e nominaroule
,,Templi". E similemente avvisarono
ccrti minislri, H quali fussero sacri, e
da ogni allra mondana solleciludine
rimoti, solamenlc a' diviiii seivigi vac-
assert) pei matuiitä. pei et.'i e per
ahito i>iü che gli allii uomini revc-
icudi; li quali appellarono sacenKili.
' Cfr. Eracassetti: Eiaucisi l'etiaicat cpi>tulac de icl)u> l.imil. et vaiiac
II 8;:. i802.
i88
M. KUHFUSb,
et magnificas statuas et vasa aurea u-t
marmorcasmensaselpurpureosamictus;
Sic ne mutus bonos lieret,
Visum est et verbis allisonis divinitu-
tem placare
et procul ab omni plebejo ac publico
loquendi stilo sacras superis inferre
blanditias,
numerib insuper adhibitis, quibus et
amoenitas inesset et taedia pellerentur.
Id
sane non vulgari forma sed artiticiosa
quadam et exquisita et nova fieri
oportuit: quae quoniam graeco ser-
mone poetices dicta est;
eos quoque, qui hac utebantur, poetas
dixerunt.
Kd oltrc a questo, in r.ippresenlamento
(h.lla iniiiiaginata e^senza divina, fe-
cioiio in varie forme magnificlic Statue
c a' servijji di i|uella vasellanienti
d'oro e mense marmoree e purpurei
veslimenti, c altri assai api>arati pert-
encnti a' sacrifici (per loro stabilili)
„stabili". Ed acciocclie a (jucsta co-
tale potenza tacito onorc e quasi mu-
lolo non si faccsse, parve loro che con
))ar()lc di alto suono essa „deita"
fiissc da umiliare e alle loro necessilä
rendere propizia. E cosi come essi
stimavano questa eccedere ciascuna
altra cosa di nobilita, cosi vollono
che di lungi da ogni altro plebeo o
pubblico stilo di parlare, si trovasseru
])arole degne di ragionare dinanzi alla
divinitä , nclle quali le si porgessero
sacrate lusinghe. Ed oltre ä questa
acciocclie queste parole paressero avere
piii di efficacia, voUero che fussero
sotto legge di certi numeri „corrispon-
denti per brevitä e per lunghezza a
certi tempi ordinati" composte , per
le quali alcuna dolcezza si sentisse e
cacciasseci il rincrescimento e la noja.
E certo questo non in vulgare forma
o usitata „comme dicemmo" ma con
arlificiosa , esquisita [e nuova] „di
modi e di vocaboli" convenne che si
facesse ; la quäle forma „cioe di par-
lare esquisito" appcllarono i Greci
Poetes; laonde nacque che quello
„parlare" che in cotale forma [modo]
fatto fusse , si appellasse Poesis. E
(juelli che ciö faccssero o cotale modo
ili parlare usassero si chiamassero
Poeli. Questa adunque fu la prima
origine [del nome della poesia] „della
poesia e del suo nome" e per consue-
gente de' poeti ; comecche altri [ne]
„vi" assegnino [ancora] altre ragioni
forse buone, ma questa piace piü.
„Adunque" Questa buone e lau-
davole intenzione della rozza etä mosse
molli a diverse invenzioui nel monde
nuiltiplicante per apparare ; e dove i
ÜBER DAS BOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. iSq
primi una [sola] deitä [onoravono]
„adoravano",,stoltamente"monstrarano
[i] ,,a' seguenti molte esserne, comec-
che quella una dicessono oltro ad
ogni altra ottenere il principato. [Le
quali molti vollero, che fussero] „Fra
le quali molte monstrarono essere" il
Sole, la Luna, Satumo, Giove [e cia-
scuno degli altri de' sette planati,
dagli loro effetti dando argomenlo
alla loro deitä] ,,e qualunque altro pia-
neta, la loro erronea dimostrazione
roborando da' loro effetti" e da questi
vennero a mostrare ogni cosa utile
agli uomini, quantunque terrena fusse,
[deitä essere] „in se occulta deitä
conservare" [siccome il fuoco, l'acqua,
la terra e simiglianti], alle quali tutte
e versi e onori e sacrifici si ordina-
rono u. s. w.
Diese Zusammenstellung zeigt, dafs der Verfasser von Vita I
sich an den betreflenden Brief sehr stark angelehnt hat. In Bezug
auf den Teil, welcher über die Entwickelung der Poesie handelt,
woraus die obigen Abschnitte entnommen sind, ist Vita I anfangs
nur eine Übersetzung Petrarcas mit Erläuterungen; Vita II hat nicht
den Brief direkt benutzt, sondern Vita I übernommen, wovon die
Streichung von 7mova sowie die häufigeren Zusätze an Stellen, wo
Vita 1 den Brief wörtlich übersetzte, Zeugnis geben. Aus der Ver-
gleichung der Abschnitte, die über das Verhältnis der Poesie zur
Theologie handeln, ergiebt sich, dafs Vita I bedeutende Einschal-
tungen in die Übersetzung des Briefes machte und erst am Schlufs
seiner Ausführung wieder genauer mit Petrarca übereinstimmt;
Vita II hingegen differiert in diesem Teil vollständig vom Briefe,
hat denn auch den Schlufs von Vita I durch einen andern ersetzt.
Der Comraentar endlich hat den .Brief offenbar nicht benutzt,
obgleich man dieses hi Folge des Hinweises an dieser Stelle auf
denselben gerade erwarten sollte. Der Commentar hat sich aber auch
an keine der Biographien angeschlossen; es erklärt sich dies wohl
folgendermafsen. Boccaccio hatte sich gerade über diese Kapitil
bereits häufig verbreitet, so unter anderem auch ausführlich in den
Göttergenealogien Kap. XIV; es ist wohl anzunehmen, dafs er münd-
lich auch zu öfteren Malen über diesen Gegenstand diskutiert hat,
sodafs ihm diese Materie sehr geläufig war. Es würde daher zu
verwundcim sein, wenn Boccaccio eine seiner früheren Schriften als
Vorlage benutzt hätte, und es ist sehr erklärlich, dafs (T aus dem
Gedächtnis die ihm gi'rade gegenwärtigen Gesichtspunkte nieder-
schrieb.
igO M. KI'IIFIISS,
So bcniutzc ich (Icnii auch <Ue Üben^iiistimmuiig zwischitii ck-ni
Commeiilar und Vita I in der Anführung des aristotelischen Satzes
// poeli essire statt li primi tcoloi^izzanti nicht, um daraus den Schlufs
zu ziehen, Boccaccio habe Vita 1 l)ei Abfassung sttiruis Comnientars
vor Augen gehabt ; ich stinnne abi:r auch Scherf(;r-Hoichorst nicht
bei, der der Meinung Ausdruck gieht, Boccaccio habe t)ei Nieder-
schreibung jenes Satzes an die G()tterg(^neal<)gi(;n gedacht. Ich
w(nfs nicht, warum er gerade diese im Oedächtnis gehabt haben
sollte, nicht seine früheren Schriften oder Petrarcas Brief. Auf der
andern Seite, glaube ich, sind auch folgende Übereinstimmungen
zwischen Clommentar und Vita II ohne- weitere Bedeutung. In dem
Kapitel über das Verhältnis der Poesie zur Theologie finden sich
nämlich in den verschiedenen Schriften Apologien für die Praxis
der Dichter, ihre Gedanken oft, ja fast immer in Dunkelheit ein-
zuhüllen. Unter Anderem sagt bei dieser Gelegenheit Vita II 28:
Se lo Spiriio Santo i da commendare d'avere i suoi santi misleri dati
sotlo coverta, acciocchl le gran cose non venissero in vilipensionc, pcrchr
saranno da hiasimare i poeti?
Dieser Gedanke, dafs durch offene Darlegung von Thatsachen,
diese leicht in Mifsachtung kommen kcmnten, fehlt in Vita I, wohl
aber findet er sich im ("ommentar 1 151: <juelle cose che essi estima-
vano piii degne sotto favoloso parlare nascondendo, acciocchl dove caris-
sime sono, non divenissero vili, ad ogni uomo aperte lasciafidok.
Es war dieses Argument zur Verteidigung des Gebrauches,
Ideen in Fabeln zu kleiden, ein vielfach angeführtes und nahe-
liegendes. Poccaccio selbst citiert im Commentar I 151 bei dieser
Gelegenheit hierüber eine Stelle aus Macrobius desselben Inhalts,
er selbst führt es unter anderen auch in diesem Zusammenhang in
den ( jöttergenealogien XIV Kap. XII an ; und so ist es wohl glaub-
lich, dafs dieses Moment auch geistiges Eigentum des Verfassers
von Vita II war und es ihm bei diesen Ausführungen, wo er ganz
frei und unabhängig von Vita I schrieb, in die Feder flofs.i
Ich würde mit diesen Retrachtungen mich begnügend dieses
Kapitel verlassen, wenn ich nicht noch durch einige Äufserungen
Wittes, Danteforschungen II 1 10, sowie Scheffer - Boichorsts : „Aus
Dantes Verbannung p. 202",. die zu diesem Gegenstand eine ge-
wisse Beziehung haben, insofern als sie sich mit den religiösen An-
sichten der Verfasser von Vita I und II beschäftigen, mich zu
Widerlegungen bewogen fühlte.
Es ist ursprünglich Wittes Ansicht, dafs es Tendenz der Il.Vita
gewesen sei, geflissentlich sentimenti di divozione cattolica einzuflechtcn,
und zwar führt Witte 2 Stellen als Belege seiner Behauptung an.
Boccaccio wäre hierzu durch die im Jahre 1361 erfolgte Bekehrung
durch Giacchino Ciani veranlafst worden. Schefi'er-Boichorst be-
nutzte diese Gesichtspunkte, um die Richtigkeit seiner Hypothese
1 Über die andere Möglichkeit, wie dieser Gedanke in Vita II einge-
drungen sein könnte cfr. p. 197.
ÜBER DAS HOCC. ZUGESCHRIEBENE KI'tRZERE DANTELEBEN. IQI
ZU erhärten und fügte den wenig beweiskräftigen Beispielen Wittes
zwei ebenfalls nicht beweisende hinzu.
Es ist von dem Unterschied des Stoffes der Theologie und
der Poesie die Rede. Die Theologie enthalte nur Wahres, die
Poesie aber oft Unwahres und der christlichen Wahrheit \\'ider-
sprechendes. Die betreffenden Stellen lauten :
Vita I 49. Vita II 26.
E certo se piii non se ne dicesse che Assai adunque per le cose dette
quello ch'e detto, assai si dovrebbe credo che e chiaro, \a teologia e !n
comprendere la teolo^la e la poesia poesia nel modo del nascondere i suoi
convenirsi quanto nella forma dell' o- concetti con simile passo procedere, e
perare, ma nel subjetto, io dico quelle perciö potersi dire simigliante. £ il
non solamente essere molto diverse, vero che il subjetto della sacra teo-
ma ancora avverse in alcuna parte; logia e quello dei poeti gentili e
perciocche il subjetto della sagra teo- molto diverso;
logia e la divina veritä; que^^o dell'
antica poesia sono gl'Iddii de' gen-
tili e gli uomini.
Avverse sono, in quanto la teologia ni- perciocche quella nulla altra cosa na-
una cosa presupponc se non vera ; la scondc che vera, ove questa assai er-
poesia ne presupponc alcune per verc, ronee e contrarie alla christiana reli-
le quali sono falsissiqie ed erronee e gione ne descrive ;
contra la christiana religione
ne e di cio maravjgliarsi molto, per-
ciocche quella fu detto dallo spirito —
il quäle e tutta verita, — e questa fu
trovata dagli ingegni degli uomini
Dieser letzte Satz von Vita II von ;/t t d/ cio — degli uomini
ist es, den Witte als erste Stütze seiner Behauptung anführt.
Abgesehen davon, dafs dieser Passus nur als kompensierend
für die kurz vorher unterdrückte Stelle in Vita 1 von perciocche il
subjetto — gli uomini aufgefafst werden könnte, findet sich der In-
halt des Satzes percioccM quella (sc. sacra teologia) fu detta dallo
spirito in folgender in demselben Zusammenhang in Vita I vor-
kommenden Stelle wieder p. 4g :
Guardino adunque questi cotali le visioni di Daniello, quelle d'Jsaia,
quelle di Ezechiello e degli altri del Vecchio Testamento con divina penna
descritte, e da Colui mostrate al quäle non fu prineipio ne sara /Ine.
Es findet sich ferner das Attribut, welches dem Heiligen Geist
vindiciert wurde, // quak t' tutta verita Vita I p. 4g in folgender
Form wieder : quello Spirito, il quäle niuna altra cosa e che via, vita e
veritä; und endlich braucht wohl für d'\c Thatsache, dafs la poesia
dei poeti gentili fu trovata dagli ingegni degli uomini keine Parallel-
stelle aus Vita I angeführt zu werden, da sie kein besonderer .\us-
druck einer streng religiösen Gesinnung ist.
Als zweites Argument fühn>n Witte und Schener-Hoi<lu)rst fol-
gende Abweichungen zwischen di-n \'iten I und 11 an:
11)2 M. KUHFUSS,
Vila 1 74. Vita II 43.
„La cometlia e semplicc ö imnui- La commedia esser sem|)licc e
labile verilä, la quäle non solanienlc immulai)ilc veritä iu)n di },'enlili/.io
coriu/.ioiiu nonpuo ricevere, ma(|uanl(> |)U/.zo spiaccvole, ma odorifera di cri-
piii si riccica, majjßiorc odoic dtlla sliana soaviti et in niuna cosa dalla
sua incornittiliiic soavitä porj^'c a' ri- relij^ione di «juella scordantc.
fjuardanti.
W;ihrciid Vita I den Vergleich in sadigcmäfser Weise durch-
lülirl, hat Vita II noch die Hetnerkniig hineiiigi;nochten, dafs die
('()in(")(lie (hirchaus nicht heidnisclu; sondern entscliicden christMclic
Gesinninig enthalte. Hätte der Epitomator wirklich ein Zc^ugnis
seines religiösen Eifers abzulegen beabsichtigt, wie erklärt es sich
dann, dafs er diesen selben Gedanken, der ganz unverhüllt Vita I
p. 5Q : Aveva composti seile canti mirabilmnile fitigendo, e non mico
cnme genli/e, ma come chrislianissiino poclando (cosa solle t/neslo lilo/o
vuii avanli 7ion fatla) ausgesj)rochen ist, unterdrückt?
Scheffer-Boichorst fügt diesen Belegen Wittes erstens noch
hinzu, dafs, während, Vita I 45 im Anfang der Ausführung über
das Verhältnis der Poesie zur Theologie einfach enthält: vu piace
brevemente qttella (sc. la poesid) esser e ieologia ditnoslrare Vita II p. 23
noch hinzufügt : 0, piu propriamenk parlando, quanto piü pico simiglianle
di qtiella.
Dieser Zusatz, dessen orthodoxen Zug ich übrigens nicht zu
erkennen vermag, ist ganz überflüssig und verrät wiederum einmal
dafs der Verfasser von Vita II seine Vorlage wenig aufmerksam las
und nicht den Zusammenhang des Ganzen erfafst hatte. Denn
erstens wird hier die angegriffene Poesie verteidigt und im Gegen-
satz zu der Insinuation, dafs sie nichts Anderes, als ein Sprechen
in Fabeln wäre, hervorgehoben, dafs sie auch eine Theologie sei,
sodafs al:o der Zusatz von Vita II hier nur störend ist und
den g Avünschten Gegensatz schwächt ; zweitens zeigt aber I im
Laufe einer sich über etwa 6 Seiten hinziehenden Untersuchung
ganz genau, welches das Verhältnis der Poesie zur Theologie sei
und dafs seine oben erwähnte Aussage nur beschränkt Recht habe;
so sagt Vita I p. 4g z. B. assai si dovrebbe comprendere la Ieologia e la
poesia convenirsi quanlo tiella forma deW operarc, ma nel subjello . . molto
esser-e — avverse, wodurch doch offenbar jedes IMifsverständnis für
einen aufmerksamen Leser beseitigt wird.
Als zweites Argument fügt Scheffer-Boichorst folgendes hinzu ' :
„\\'ic Jeder merkt war Boccaccio mit dem Legaten, der zu ewiger
Schande und Schmach die Gebeine Dantes verbrennen wollte, in keiner
Weise einverstanden ; jetzt ist wohl noch von der Wut des Kar-
dinals die Rede, aber Boccaccio unterwirft sich : se giuslamente 0 no,
Iddio il sa. Diese Stelle, die also Scheffer-Boichorst für die An-
sicht, dafs Vita II von Boccaccio herrühre, geltend macht, möchte
* Aus Dantes Verbannung p. 203.
ÜBER DAS BOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. IQ3
ich gerade, als das Gegenteil beweisend, in die Wagschale werfen.
Denn wenn der Sinn, den er in diese Worte legen will, wirklich
darin läge, so würde dies doch in letzter Instanz heifsen, Boccaccio
hätte sich mit der ev. Verdammung und Verbrennung Dantes ein-
verstanden erklärt. Das spricht doch aber der ganzen Verehrung,
die Bocc. für Dante hegte, Hohn. l\Ian bedenke, dafs Bocc, der das
Ansehen des so schändlich behandelten Dante wiederherzustellen ver-
suchte, der in einer begeisterten Schrift die Verdienste Dantes um
Staat und Poesie und die Undankbarkeit und niedrige Handlungs-
weise der Florentiner kontrastieren Hefs , nach Verlauf von nur
wenigen Jahren, in denen er durch seine eifrigen Dantestudien
doch nur noch mehr für den Sänger der Göttl. Comödie enthu-
siasmiert sein konnte, nur, um nebenbei ein Zeichen seiner religiö-
sen Gesinnung zu geben, es habe fertig bringen sollen, die beab-
sichtigte Verbrennung der Gebeine Dantes möglicher Weise als
berechtigt gelten zu lassen. Ich möchte fast sagen, dafs dieser
eine Satz nach der AulYassung Scheffer-Boichorsts die Annahme,
dafs Vita II ein Werk Boccaccios wäre, unmöglich macht.
Es ergiebt sich somit aus der Betrachtung der von Witte und
Scheffer-Boichorst angeführten Stellen, dafs sie die Hypothese, dafs
Vita II auch von Boccaccio herrühre, in keiner Weise zu stützen
vermögen, dafs sie vielmehr teilweise für das Gegenteil sprechen.
Eine weitere Begründung der Richtigkeit seiner Annahme findet
Schefter-Boichorst in der Schreibweise von Vita IL Die Diktion
der Abweichungen in Vita II von Vita I, mögen sie nun in Um-
formung der Gedanken, die auch in Vita I schon enthalten sind,
oder in Hinzufügungen neuer Gesichtspunkte bestehen, spricht aber
auch gerade gegen seine Hypothese.
Ich kann mich in diesem Kardinalpunkte auf Beobachtungen
Wittes stützen und werde dessen Resultate zugleich mit einer Be-
leuchtung der Art und Weise, wie Scheffer-Boichorst dieselben für
seine Zwecke gestaltete, anführen. In seinen Danteforschungen II
p. 1 1 1 sagt Witte:
Giä ü Certaldese trova piacere, come in altri suoi scrüii, di ador-
nar la sua prosa con citazioni di auiori 0 di eroi dcW atitichitä. Qual-
che volta repitomalore fa anche inaggiore sfoggio di c/assica erudizumc.
Cosi, dove ifi qiiella Itmga diceria sul pericolo dcWammogliarsi r origi-
nale dice: Egli . . . qua nie volle a grado gli era dispulava co filosofi",
il co?7ipendio amplifica: talvolta nello spendido concistoro de' filosofi mi-,
schiatosi col pe7isiero con Arislotile, con Socrate e coti Platonc dispti-
ierä della verilä di a/cuna conclusione actilissimamaite." In niodc con-
simile nel giä mentovaio paragone della Comedia con im paono, non
contenla di spiegare (I 73) // mutamenlo del paslore in paone colla
„poslerila" del poeta, la quäle commecchc nelT altre apere sine stea, soni-
7namenle vive nella sua Commedia", la vita rifatla dice: „Inlendersi
dee, che depo la rnorte di ciascuno, a servare il nomc stio appo i fuiuri,
surgono Vopere sue. E percib in luogo d'Alessandro Macedonico , di
Zcitsclir. r. ruin. Phil. X. 12
ig4 ^'- Kiiiiri'ss,
Jiuhi Maccahio, di Scipioiic Aßricano, ahbiamu Ic Zur vitluric e Vallrc
nuii^nifuhe opcre. Jn luo^o (i'Arislotik, di Sohmc e dtVirgilio, abbiatno
le Zur libri, ie loro coiiiposizionc, eterne corissrvahici de nomi e della
presenzia loro nel cospelto de quc che vivono. E cos} in luogo di J Jaule
abbiatno la stia Commedia, la qualc otlimatnente si puu conformare ad
un paonc. Und weiter findet sich ibid. p. 117 bei Aufzählung der
Ciründe, die Witte gegen (h'e Autorschaft Boccaccios von Vita II
geltend macht, folgender wichtiger Passus: Finabnenle direi che anche
la diltalura dei passi apparlitigotio al solo epilomatore mi sembrano al-
lonlatiarsi non poco dai modi boccaccevoli.
Scheffer-Boichorst übernimmt p. ig8 „Aus Dantes Verbannung"
die erste von Witte angeführte Stelle und fährt dami folgender-
mafsen fort: „Die Erweiterung ist also ganz in der Art Boccaccios,
und wenigstens an diese kann Witte nicht gedacht haben, als er
gegen die einen Augenblick auch von ihm gehegte Vermutung,
dafs Vita II ebenso von Boccaccio herrühre wie Vita I, den Ein-
wand erhob, die Zuthaten des Epitomators schienen doch um etwas
verschieden zu sein. Vielmehr berechtigen die von Witte selbst
erbrachten, soeben mitgeteilten Beispiele dazu, die Behauptung auf-
zustellen: Wenn der Bearbeiter nicht Boccaccio selbst war, dann
hat sich derselbe wunderbar gut in die Schreibweise Boccaccios
eingelebt. Ich denke, wir streichen das „Wenn"."
Zugegeben, dafs Witte, als er die zweite oben angeführte Stelle
schrieb, die angeführten Erweiterungen nicht in das dort gefällte
Urteil mit eingeschlossen wissen wollte, so ist man doch deswegen
noch nicht berechtigt, die Bedeutung der Witteschen allgemeinen
Beobachtung von der Inkongruenz der Schreibweise von Vita I und
11 vollständig zu ignorieren. Wenn es schon gewagt ist, aus dem
Umstände, dafs ein kleiner Bruchteil sämtlicher Erweiterungen in
Vita II mit Boccaccios Stilart übereinstimmt, den Schlufs ziehen zu
wollen, dafs nun auch Vita II ein Werk Boccaccios sein müsse —
da noch dazu die hier in Betracht kommenden Interpolationen
keinen individuellen Charakter tragen und leicht auch einem Andern
eigen sein konnten — so ist diese Schlufsfolgerung hier falsch zu
nennen, wo die sämtlichen übrigen Änderungen nicht dem Stile
Boccaccios entsprechen.' Es läfst sich vielmehr aus der Witte-
schen Angabe der sichere Schlufs ziehen, dafs Vita II nicht von
Boccaccio herrühren kann.''^
^ Der Umstand, dafs Scheffer-Boichorst das Wittesche Urteil: allon-
tanarsi 7ion poco dai modi boccaccevoli mit dem geschwächten Ausdruck: „um
Einiges verschieden sein" übersetzte, zeigt, wie es ihm schwer wird, diese
Thatsache mit seiner Hypothese zu vereinigen.
2 Bei dieser Gelegenheit möchte ich mir folgende Einschaltung erlauben.
Scheffer-Boichorst weist p. 196 „Aus Dantes Verbannung" darauf hin, dafs
Boccaccio einen Brief Dantes benutzte (Amico fiorentino: Raccolta DantescaV
p. 254 ff"., Opere latine di Dante ed. Giuliani IT 32), in welchem er es ablehnt
unter den angegebenen schimpflichen Bedingungen in die Heimat zurückzu-
kehren „Hier", so fährt Schefler-Boichorst fort, „steht Vita II der gemeinsamen
Ouelle nälier als Vita I; und da die Priorität von Vita I anderweitig bewiesen
ÜBER DAS BOCC. ZUGESCHRIKHENE KÜRZERE DANTELEBEN. ig5
Ein ungemein wichtiger Umstand für die Entscheidung der
vorliegenden Frage ist der, dafs Boccaccio in seinem Kommentar I
p. 8q nur eine Fassung seiner Vita erwähnt: scrissi in sua laude
un Tratatello.
Möchte im Allgemeinen eine solche Ungenauigkeit oder Nach-
lässigkeit bei der damaligen Praxis nichts Auffölliges enthalten, so
ist doch unter den in diesem Falle obwaltenden Umständen diese
Ausdrucksweise sehr verdächtig. Es hätte doch Boccaccio daran
liegen müssen, bekannt zu machen, dafs die in seiner ersten Vita
di Dante vertretenen Ansichten seinen jetzigen nicht mehr ent-
sprächen, und wie hätte er wohl seine revidierte Biographie besser
empfehlen und verbreiten können als dadurch, dafs er sie bei seinen
Vorlesungen vor einer Gesellschaft von Dantestudierenden er-
wähnte.'
Die folgenden Untersuchungen werden neben der Befestigung
des bisher gefundenen Resultats, dafs Vita II nicht von Boccaccio
herrührt, zugleich teilweise Indizien für die Entstehungszeit von
Vita II sein.
Es wird zunächst sich zeigen, dafs Vita II nach Entstehung
des Commentars verfafst ist. Ich schliefse das erstens aus der ähn-
lichen Formulierung eines Teiles der Begründung, warum Dante
die Göttl. Comödie in italienischer Sprache abgefafst habe. Da ich
auch später noch auf diese Stellen zurückkommen mufs, werde ich
sie soweit nötig hier wiedergeben.
Vita I 65 vedendo egli i liberaH studi del tutto abbandonati e massi-
mamenti da' principi e dagli altri grandi uoniini, a' quali si solevano le poeti-
che fatiche intitolare, e per questo e le divine opere di Vergilio e degli altri
solenni poeti non solamente essere in poco pregio divenute, ma quasi da'piü
disprezzate avendo egli incominciato, secondoche l'altezza della maleria richie-
deva, in questa guisa:
wäre, so müfste man annehmen, dafs der Epitomator von Vita II noch einmal
auf die ursprüngliche Quelle zurückgegangen sei, mithin zugleich ein Revisor
war. Die Annahme wäre höchst künstlich und unwahrscheinlich , wenn man
im Verfasser einerseits und im Epitomator und Revisor andererseits zwei ver-
schiedene Personen erblickte. Sie gewönne an Glaublichkeil, sobald man sicli
den revidierenden Bearbeiter mit dem Autor in einer Person verbunden denkt."
Das Raisonnement ist sehr richtig, nur hat sich Scheffer-Boichorst in der
Thätsache, die ihm zur Voraussetzung dient, geirrt. Er hat übersehen, dafs
die Worte, che alcuno nel seno della filosofia allevato e cresciuto in Vita IT,
in Dantes Brief ,,viro philosopliiae domestico" auch in Vita I p. 54 nomo nel
grembü della filosofia iiutricato, allerdings durch einige Zeilen von dem Thema
getrennt, sich finden. Auf diese vermutete Gewissenhaftigkeit von Vita II
schien Schcfler-Boichorst viel Wert zu legen, da er dieselbe auch in seiner
Erwiderung auf Koertings Recension im Litteralurblatt für germ. u. rom. l'hil.
ins Eeld führte. Cfr. hierzu Scartazzini, Giornale storico della letteratura ila-
liana Bd. I.
* Die Berechtigung ob dieses Unistandcs Boccaccio Vita II abzusprechen,
wird noch durch das Verhalten der folgenden l>;\nlebiographcn erhöht, wo-
rauf später noch eingegangen werden wird.
«3*
igÖ M- KUIIFUSS,
Ultima rc^na canani, lliiido conlc.imiiia iiuindo,
Spiritil)us quac lata i)atent, quae praemia solvunt
l'ro meritis cuicunuiuc suis, etc.
11 lascio Stare; — , in istilc atlo a' moderni sensi licomcnciö la sua opera e
proseguilla in volyarc.
Vita II 36 Avea Dante la sua opera cominciata per versi in questa guisa:
Folgen die beiden obigen Hexameter, nebst dem durch das Ht;ini-
stichon: data lege ionan/is „vervollständigten dritten", und fährt fort:
Ma veggendo egli li liherali sludi del tullo cssere abbandonati, e massi-
mamente da' principi, a' quali si soleano le poetiche operc intitolare, e che
soleano cssere promolori di quelle; e oltre ciö, veggendo le divine operc di
Virgilio e quelle degli altri solenni poeti venute in non calere e quasi rifiu-
tate da tutti, estimando meglio non dover avvenirne della sua, mutö consiglio c
prese partito di farla corrispondente, quanto alla prima apparcn/a, agl' ingegni
de' principi odierni ; e lasciati stare i versi, ne' ritmi la fece che noi veggiamo.
Coinmentar II 102 Comincib il presente libro in versi lalini cosl :
folgen die 3 Hexameter nach Vita I :
E gi;\ era alquanto procedulo avanti, quando gli parve da mutare stilo:
e il consiglio che il mosse, fu manifestamente conoscere i liberali studi e' filosofici
tssere del tulto abbandonati da' principi e da' signori e dagli cccellenti uo-
mini, i quali solevano onorare e rcndere famosi i poeti e le loro opere : e
perö veggendo quasi abbandonato Virgilio e gli altri, o esserc nelle mani
d'uomini plebei e di bassa condizione, estimö cosi al suo lavorio dovere
addivenire, e per conseguente non seguirnegli quello, per che alla fatica si
sommettea. Di che gli parve dovere il suo poema fare conforme , almeno
nella corteccia di fuori, agl' ingegni de' presenti signori; de' quali se alcuno
n' e che alcuno libro voglia vedere, e esso sia in latino, . . ., e percio, lasciati
i versi latini, in ritmi volgari scrisse, come veggiamo.
Wenngleich die 3 Texte in diesen Ausführungen ungemein
ähnlich sind, so ist doch nicht zu verkennen, dafs eine gröfsere
Übereinstimmung zwischen dem Commentar und Vita II denn I
besteht ; es geht dies hervor aus der Stelle in Vita II von estimando
meglio — che noi veggiamo und der entsprechenden im Commentar
von estimb cosi — come veggiamo, welche mich zu der Vermutung
geführt hat, dafs Vita II den Commentar benutzt habe.
Scheffer-Boichorst ' hat auf diese auffallende Kongruenz schon
hingewiesen und diesen Punkt natürlich für seine Hypothese be-
nutzt. Er sagt p. igg: „Wie man sieht ist der Gedankengang
immer derselbe, nur der Wortlaut ist verschieden; will nun Jemand
annehmen, Vita II habe den sonst befolgten Text von Vita I ver-
lassen, nicht um etwa neue Gedanken aus dem Dantecommentar
zu entlehnen, sondern nur eine andere Fassung für die gleichen
Gedanken? Schwerlich, vielmehr wird jeder mit mir behaupten,
dafs Boccaccio seinen eigenen etwas umgearbeiteten Text der Vita
Aus Dantes Verbannung p. 198.
ÜBER DAS P.OCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. I97
di Dante vor Augen hatte, als er sein letztes Werk, den Dante-
commentar, schrieb."
Ersten': möchte ich darauf erwidern , ist der Gedankengang
nicht immer derselbe, denn in Vita I feh't der die Kongruenz so
auftällig machende Gedanke estimando meglio non dover avvenirne della
Sita nach Vita II imd estimä cosi al suo lavorio dovere addivenire nach
Fassung des Commentars, zweitens hat der Verfasser von II durch-
aus nicht immer den Text von Vita I befolgt. Vieles ist Eigentum
des Epitomators und im Folgenden wird eine Stelle angeführt
werden, wo der Revisor sich in noch auffälligerer Weise an den
Commentar angeschlossen hat i ; und drittens beweist uns die Ver-
vollständigung des 3. Hexameters durch data lege totiantis, dafs der
Epitomator den Commentar sogar noch vervollständigt hat. Der
von Scheffer-Boichorst gegen die Benutzung dieses letzten Um-
standes geltend gemachte Grund 2, dafs der vervollständigte Hexa-
meter sich wohl nur in der Handschriftenklasse findet, auf welche
der erste Druck, die Quelle aller späteren zurückgeht, bedarf erst
des Beweises, und der zweite dagegen geltend gemachte Grund,
nämlich die Annahme, dafs das betreffende Hemistichon schon in
das Exemplar eingeschmuggelt sei, auf welches die vorhandenen
Überlieferungen zurückgehen, ist doch auch immer nur eine Ver-
mutung. Die zweite, schon vorhin erwähnte Stelle, die mich ver-
anlafst die P^ntstehung von Vita II nach der Abfassung des Com-
mentars anzusetzen, da sie gleichfalls durch Benutzung des Com-
mentars entstanden ist, findet sich Vita II 3g — 40. Boccaccio führt
die Ansicht einiger Naturphilosophen und Astrologen an, dafs die
höheren Körper von Einflufs auf die niederen wären, dafs sie sie
erzeugen und leiten, dafs weiter — das ist der. Grundgedanke, den
Vita II des weiteren ausführt, — jeder Körper genau dieselben
nützlichen resp. schädlichen Kräfte und Anlagen besitze, die dem
ihn leitenden höheren Körper eigen wären. Diese philosophische
Anschauung ist in Vita I p. 70 in kurzen \\'orten zum Ausdruck
gebracht; Vita II führt aber den Gedanken von der angeborenen
Beanlagung für irgend etwas in weitschweifiger Weise aus und be-
rührt sich dabei häufig mit dem Commentar, der diese Materie
I 227, II 63, II 66, 70 I 222 und besonders ausführlich in der hier
in Betracht kommenden Stelle I 152 ff. behandelt. Besonders ver-
dächtig und ein die Annahme einer gegenseitigen Beeinllussung
sehr befürwortendes Moment ist, dafs Vita II sowohl wie der Com-
mentar dieselbe Stelle aus der Göttl. Comödie eitleren:
Un ci nasce Solone, et altio Serse ;
Altii Atclchiscdech et allii quello
Che, volando per l'acre, il figlio pcisc.
' Man könnte vielleicht aucli annehmen , dafs durch die Lektüre des
Commentars der auf p. 190 erwähnte Gesichtspunkt, den Vita II vor Vita I vor-
aus hat, in Vita IL Eingang gefunden habe.
- Aus Dantes Verbannung p. 199 — 200.
igS M. KIIIKUSS,
Dafs iiiiii Vil.i II (Ich Commentar hciuitzt hat luid niclil iiin-
gc'kclirl folgt auch, aligesdicii davon, dafs iiacli dem Vorlicr-
gcheiidcn eine solche Möglichkeit ausge.sclilossen ist, noch aus dem
folgenden (Gesichtspunkte. Im Commentar pJlegt Boccaccio jeden
Gedanken nach allen Seiten liin zu entwickeln ; es entspricht dies
einmal dem Charakter eines Commontars, dann ist aber wohl auch
diese oft ermüdende Breite und Zerdehnung die Folge des hohen
Alters des Autors. So zeigt sich denn auch, dafs B(jccaccio alle
Gesichtspunkte, die er in der Vita schon besprochen hatte, — ab-
gesehen von den biographischen Notizen — im Commentar min-
destens ebenso auslührlich, meistens aber ausführlicher behandelte.
In diesem einen Falle wäre nun Boccaccio von seiner Praxis ab-
gewichen und hätte die keineswegs unschönen Ausführungen von
Vita II in einige wenige Sätze abgekürzt. Ich glaube eher an-
nehmen zu dürfen, dafs der Verfasser von Vita 11 sich diesen einen
Gesichtspunkt von den vielen, mit denen Boccaccio im Commentar
diese philosophische Anschauung beleuchtete, herausgegriffen und
in einer ihm eigentümlichen Weise erweitert hat.
Ehe ich zu dem zweiten Teile der Untersuchung betreffend
das Verhältnis der frühesten Biographien Dantes zu den hier be-
handelten übergehe, will ich noch die Beziehung des Commentars
zur Göttlichen Com()die von Benvenuto Da Imola zu unseren Bio-
graphen ciarlegen. Benvenuto da Imola ein Schüler und Ver-
ehrer Boccacios, — er nennt ihn, veritis biicca atirea, vaterabiUs
pracceptor mens diligaitissimus ' — verfafste seinen Commentar kurze
Zeit nach Boccaccios Tode im Jahre 1379.- Hierin benutzte Ben-
venuto eine Vita di Dante von Boccaccio, wie er selbst (Mur. 1045)
angiebt, „sicul scribil apertc Boccatius de Cerhildo in suo libello: de Vita
et I\foribtis Daniis.'' Wenn es schon verdächtig ist, dafs Benvenuto
nur eine Vita di Dante erwähnt, so ist doch wohl sicher anzu-
nehmen, dafs die, welche er benutzte, mit jener identisch ist, die
Boccaccio 1373 bei F.röffnimg seiner Vorlesung erwähnte, denn
dafs Benvenuto als Schüler Boccaccios und neben diesem einer
der bedeutendsten Danteforscher seiner Zeit die revidierte Vita ge-
kannt haben müfste, ist wohl zweifellos; hätte aber Benvenuto aus
irgend welchem Grunde die erste Vita benutzt, so hätte er doch
wohl sicherlich, falls eine zweite existiert hätte, seine Leser davon
in Kenntnis gesetzt. Es wird sich nun aber zeigen, dafs die von
Benvenuto erwähnte Fassung die erste ist und es dürfte die That-
sache ein neues gewichtiges Argument sein für die Hypothese,
Vita II Boccaccio abzusprechen.
INIur, I 1037 schreibt Benvenuto: Aucior videns liberal ia stiidia,
polissijne poeiica, esse deser/a a principibns et nobilihus, qiii principaliter
* Dieser lateinisch abgefafste Commentar des Benvenuto ist als excerpta
historica von Muratori , in seine ,,Antiquitales Italicae" I p. 1034 — 1298 auf-
genommen ^s•orden.
'^ Cfr. Hegel : Über den historischen Wert der ältesten Dante-Commen-
tarc \). 40.
ÜBER DAS BOCC, ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. ICjg
solcbant in Poeticis deleclari, et . . . quibus opera poeiica solebanl olim
mlHielari et opera aliorum exceUentiiim poctarum jacere ?ieglecta et despecta,
cautiiis et pnidcjitnis se rcduxit ad stüum vulgarem, cum jam Utcraliter
incepisset sie.
Folgen die 3 Flexameter wie in Vita L' Wenngleich die Fas-
sungen von Vita I und Vita II sowie des Commentars sich in diesen
Ausführungen nicht wesentHch unterscheiden, so scheint es mir
doch, als ob Bcnvenuto hier Vital vor Augen gehabt habe, da
seine Ausführung eigentlich nur die Übersetzung von Vita I ist.
Noch deutlicher ersieht man die Anlehnung Benvenutos an
Vita I aus der Frzählung von der Wiederauffindung der ersten 7
Gesänge des Inferno. Die beiden Biographien erzählen diesen Her-
gang in sehr ähnlicher Weise. Die einzigen wesentlichen Unter-
schiede sind erstens, dafs Vita I die Gesänge von irgend Jemand,
Vita II hingegen von einem Verwandten finden läfst. Benvenuto
läfst den Finder wie Vita I unbestimmt
Vita I 60 avvenne che alcuno — cercando.
Vita II 33 avvenne — che parente di lui.
Mur. I 1042 Accidit ergo quod cum quidam riniavetur.
und zweitens, dafs Vita II am Schlüsse seiner Erzählung der Mei-
nung Ausdruck giebt, Dante hätte wohl ohne Mühe die frühere
Phantasie sich in das Gedächtnis zurückgerufen, während Vita I
und mit ihm Benvenuto vom Gegenteil überzeugt sind:
Vita II 34 Creder si dce Uli senza fatica aver la intralasciata fantasia riliovata.
Vita I 61 E reassunta, non senza fatica, dopo alquanto tempo hi fantasia la-
sciata, segui.
Mur. I 1042 Non sine magno hibore conatus rcsumcre allani fantasiam, quam
omiserat.*
' Cfr. p. 196.
- Hegel in seiner vor/.ügliclien Schrift über den liistorischen Wert der
ältesten Dantecommentare p. 43 — 44 ist der Meinung, dafs Benvenuto sowohl
bei der Erläuterung der Gründe, warum Dante die ("omödie ilalieniscli ge-
schrieben liabe, als auch bei dem letztbesprochenen Kapitel Boccaccios Dante-
commentar benutzt habe. Dafs ich betreffs des ersten Punktes anderer An-
sicht bin, liabe ich schon oben gezeigt; auch bei dem letzteren Punkte liegt
eine Benutzung des Commentars nicht vor. Die Ausführungen im Commentar
Benvenutos haben mit denen im Commentar Boccaccios nichts gemein als den
Grundgetlanken, die Form difleriert; Benvenuto hat aber mit den Biographien
zum gröfsten Teil auch die Formulierung der Gedanken gemeinsam, wie schon
aus den obigen Beispielen ersichtlich ist. — Bei dieser Gelegenheit möchte
ich gleich einige Worte über das Verhältnis des Commentars zu den beiden
Vitae in Betreff der Erzählung von der Wieilerauftlndung der 7 Gesänge sagen.
Nach meiner Meinung hat Boccaccio die betreffende Stelle im Commentar aus
dem Gedächtnis geschrieben; der Commentar unterscheidet sich in vielen Hin-
sichten von den Biographien, die aber hier nicht sämtlich erörtert zu werden
brauchen, da ein Fortschritt in der Untersuchung dadurch nicht herbeigeführt
würde ; nur ein l^unkt, der schon verschiedentlich Gegenstand der Diskussion
gewesen ist, möge hier in Betracht gezogen werden. Vital läfst alcuno,
Vita II alcuno parente di Dante, und der Commentar entweder einen Neflen
Dantes oder einen gewissen Dino Perini, der sich familiäre e amico di Dante
nannte, den Fund thun. Die Widersprüche, die diese Angaben in sich bergen
würden, wenn man Boccaccio als Autor von Vita II betrachtete, hat schon
200 M. KUHFUSS,
Kine cIrilU; Stelle in IJenveiiulos Cunurnntar macht die lU:-
mitzung von ViUi I unzweiftrlliaft ; es ist die einzige, wo er auf seinen
Gewährsmann Boccaccio, wovon ol)en schon die Rede gewesen ist,
hinweist (cfr. p. 198).
Der betreffende Passus liandelt von der poh'tischen Stellung
Dantes und entspricht in Vita 1 den Ausführungen auf S. 55, wäh-
rend in Vita II eine Paralielsteile fehlt.
Mur. 1044 — 1045 Nota, quod Dantes fuit Giiclfus, et ex Guelfis paren-
tibus, — Dantes non fuisset Florentiac in niajjno statu et in 1300 unus de
regentibus et regnantibus, si fuisset Gibellinus nobilis quum jain per tot tem-
pora ante Gibellini essent expulsi de I<"lorentia.
Vita I 55 li maggiori di Dante per Guelfi da' Ghlbcllini furono due volte
cacciati de casa loro, ed egli sotto tilolo di Guelfo, tenne i freni della repub-
blica in Firenze.
Diese Übereinstimmung zwischen dem Commentar und Vita 1
dürfte die Benutzung von Vita I von Seiten Benvenutos da Imola
erwiesen haben.
Die nächste Nachricht von ]^)üccaccios Vita di Dante findet
sich in Filippo Villanis „De vita el inorihus Daniis insignis ' comict",
enthalten in dessen gröfserem lateinisch abgefafsten Werke: „De
origine civitatis Florentiae et ejiisdetn famosis civibus", lib. II ' F. Vil-
lani hat dieses Werk begonnen zwischen 1375 und 1380, denn er
erwähnt Boccaccio als gestorben und Francesco Cieco als noch
lebend."^ Seine Vita di Dante wird auf der Grenze des XIV. und
XV. jahrh. entstanden sein.-*
Filippo Villani hat die Biographie Dantes von Boccaccio ge-
kannt und vielfach benutzt; am Ende seiner kurzen Lebensbeschrei-
bung erwähnt er sie sogar: Sileo fahilosum matris somniiim, cujus
mentionem Joannes Boccaccius fecit in eo corpore quod ipsc ccmposuit
„de vita poeiae'\ tibi propemodum ephemeridas ejtis explicuit, quo loci
rccurrat qni ampliora desidcret de poeta cognosccrc.
Er verwertet Boccaccio meistens sehr frei, sodafs es schwierig
ist herauszufinden, welche Vita er mit der oben erwähnten meint;
eine Stelle jedoch zeigt uns, dafs er die erste Fassung kannte.
Witte Dantefoischungeu II 116 auseinandergesetzt, der in Folge davon auch
die Vita II Boccaccio abzusprechen geneigt war. Scheffei-Boichorst hat in
einer gekünstelten Weise auch diese Widersprüche zu beseitigen gesucht (Aus
Dantes Verbannung p. 201). Dafs sich Boccaccio von den von ihm angeführten
Gesichtspunkten hätte leiten lassen können, wäre schliefslich nicht unmöglich,
aber sehr unwahrscheinlich. Klar und verständlich werden diese Angaben
erst, wenn man annimmt, dafs ein Epitomator nach Boccaccios Tode die Re-
daktion vornahm, der vielleicht die Angaben der beiden Versionen des Com-
mentars, tiepote und familiäre et amico vermischte und daraus alcuno parente
machte.
» Ed, Galetti, Florenz 1847.
2 Cfr. Giammaria Mazzucheli, in „Le vite d'uomini illustri Fiorentini da
Filippo Villani p. IX."
3 Scartazzini in „Dante Allighieri" setzt sie in den Anfang des 15. Jahr-
hunderts.
ÜBER DAS KOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. 201
Es ist von Dantes Sitten und Gewohnheiten die Rede; Vital
p. 38 und Vita II p. 20 enthalten Nel cibo e nel poio fu modesiissimo
und Vita I fährt fort sl in pre?iderlo alPore ordinale e si in tion tra-
passare il segno della necessitä quel prendendo ; — / dilicati lodava, e
iL piii si pasceva dtf grossi. Diese Angaben fehlen in Vita II, sind
aber bei Villani ' zu finden : cibi potusque pafcissimus, lautae dcli-
cataeque laudator vitae, cum ipse in acairaiiom permaxima cibis grossi-
oribiis uierctur. In demselben Zusammenhange erzählen Vita I und
Vita II Sommamente si diletto in siioni e in canii nella sua giovanezza,
Vita I fährt fort : e a ciascuno che a que* iempi era oltitno cantatore
0 sonatore fti amico ed ebbe sua nsanza, dafür schreibt Vita II e per
vaghezza di qucgli di quasi iiii/i i cantatori e siionalori famosi suoi
contemporanci fu domestico und endlich hat Vita I noch folgenden
Zusatz : ed assai cose da questo diletto liralo compose, le quali di pia-
ccvole e macslrevole nola a questi cotali facea rivestere. Fihppo Villani
berichtet diese Details gleichfalls und bringt auch den Inhalt des
letzten Satzes, der in Vita II fehlt, in ganz ähnlicher Form, sodafs
wir wohl seine Benutzung von Vita I anzunehmen berechtigt sind.
Seine Worte sind 2 : Deleclabalur lyra musicoque concentu et hujus
disciplinae doctiores praedilexit, eorumque usus familiarilale, pulchcrrima
phira diclavil, quae Uli modulalionibus adhibilis suavi melodia insonuerini.
Im Jahre 1436 verfafste Lionardo Bruni aus Arezzo : „Le vite
di Dante e del Petrarca"; in der Einleitung erzählt er, was ihn
bewogen hätte, diese Vita zu schreiben, führt eine Vita di Dante
von Boccaccio an, erwähnt deren Mängel und charakterisiert da-
durch zugleich seine eigene Arbeit. Seine Worte lauten '^ : Cercando
adtinque con questo proposito mi vciine alle mani utC operetta del Boc-
caccio intitolata „Della vita, costumi e stiidii del chiarissimo Poeta Dante",
la quäle opera benche da rne ultra volta fusse statu diligentissimaiucnte
letta, pur al presente esuvmiata di nuovo, mi parvc cK il nostro Boc-
cüccio dolcissimo e soavissimo uo?no cosl scrivesse la vita e costumi di
tanto sublime poeta, come se a scrivere avesse il Filocolo, 0 il Filostrato,
0 il Fiammctta . . . lo adunque mi posi in cuore per mio spasso scrivere
di nuovo la vita di Dante con maggior notizia dclle cose estimabili ; ne
questo faccio per derogare al Boccaccio; ma pocM lo scriver mio sia
quasi in supplimento alle scrivere di lui. Es ist fast unmöglich, aus
der nun folgenden ziemlich umfangreichen Vita herauszufinden, ob
der Verfasser mit der erwähnten Vila von Boccaccio die erste oder
die zweite Fassung gemeint hat. Lionardo Bruni giebt eben wirk-
lich ein ergänzendes Lebensbild von Dante zu den Zügen, die uns
Boccaccio überliefert hat, er schildert uns Dante in seiner politi-
schen Bedeutung und berichtet geschichtliche Thatsachen aus seinem
Leben. Verschiedene Male citiert er Boccaccio, so p. 46 der vor-
1 Ed. Galclli 11.
2 Filippo Villani, cd. GalcUi II 12.
•' Lo vite di Dante c del rctiatia siiiltc da Lionardo Hiiini cd. Giovanni
Cinclli Florenz 1847.
202 M. KUIIFUSS,
hin erwähiiliiii Ausgabe, wo er die Angabe wii.-derhoit, dafs Dante
im Alter von y Jahren Liebe zur Heatrice gefafst liabe; die.ses l>e-
richten indes beide Fassungen. Ferner citiert er Boccaccios Aufse-
rung p. 46: Lc mo^lic esser contra/ ic alli s/ik/i. Diese Behauptung
findet sich gleichfalls in beiden Biographien, wenn auch in Vita 1
lebhafter ausgedrückt als in Vita II; indes dürfte sich hieraus kein
Schlufs ziehen hissen. l'Lbenso wenig vermag die dritte Stelle, wo
Lionardo Bruni Boccaccio erwähnt ibid. 47: üra la cagiofie dt sua
cacciata voglio parikolarmente raccoiüare, perocch^ e cosa nolabile, ed il
Boccaccio se ne passa con piede asciulto, che forse non g/i cra cosi nota,
coine a noi per cagiom dclla sloria, che abhiamo scril/a uns Aufklärung
zu verschaffen. lunzig könnte die Charakteristik, die I.ionardo
Bruni in seiner Einleitung von der Vita des Boccaccio giebt, der
Vergleich mit den übrigen Liebesromanen des Certaldesen, uns be-
rechtigen, Vita I eher als Vita II für die von ihm gekannte und
benutzte Vita zu halten.
Um dieselbe Zeit, in welcher Bruni seine Vita Dantes ver-
fafste, vollendete bald nach 1433 ' Siccus Tolentonus sein Werk
„De scriptoribus latinae linguae ad Polydorum filiura", in dessen
viertem Buche sich eine Biographie Dantes befindet. Die Vita
ist kurz und unbedeutend. Die wenigen Angaben sind wahr-
scheinUch Boccaccio entnommen. Ein Abdruck davon findet sich
in INIehus Ausgabe von „Dantis Petrarchae ac Boccaccii vitae ab
Jannotio Manetto" p. 61.
Weit wichtiger für unsere Frage ist die von Mehus heraus-
gegebene Vita Dantes von Gianozzo Manetti, die in lateinischer
Sprache abgefafst, zwischen 1436, dem Erscheinen der Biographie
Dantes von Lionardo Bruni, welche er benutzte, und 1459, dem
Todesjahr des Verfassers, verfafst ist.'-
Manettis Vita ist fast nur eine Kompilation der Angaben, die
die früheren Biographen Boccaccios machen. Dafs er sie gekannt
hat, giebt er selbst p. 69 (ed. Galetti) an:
— Piimum Dantis vitam ab Joanne Boccaccio, viro eruditissimo materno
sermonc cditani, et a Leonardo poslen Arrelino, omnium nostii tempoiis elo-
qucntissirao , ejusdem poetae simul , atque Petrarchae gesta Florentino idio-
male elegantius conscripta fiiisse fateor. Quamquam etiam Philippus Villanus
intcr lios duos ciudilissimos viros temporibus interjectus nonnulla de Floren-
tinis illuslribus viiis laünis literis in opuscuhmi quoddam redegerit.
Uns interessiert hier nur, dafs Manetti mit der oben erwähnten
Vita Dantes von Boccaccio die von uns als allein Boccaccio ge-
* Vergl. Melius Einleitung zu seiner Ausgabe von ,, Dantis Petrarcae et
Boccaccii vitae ab Jannotio Manetto" p. 65.
^ Cfr. hierüber Mehus, Einleitung zu dem oben citiertcn Werke des Ma-
nettus p. 60. — Witte, Dantes AUighierii „de Monarchia" 2. Ausgabe, Pro-
legomena p. 53 setzt die Vita des Gianozzo um 1436 an. — Giuseppe Pelli,
Memoric di Dante Alighieri p. 7 setzt sie circa 1450 an.
ÜBER DAS BOCC. ZUGESCHRIEBENE KÜRZERE DANTELEBEN. 203
hörig bezeichnete gemeint hat. Es zeigt sich dies aus folgenden
Vergleichen :
Vita I 38 Nel cibo e nel poto fu modestissimo . . . i dilicati lodava, e il püi
si pasceva de' grossi, oltromodo biäsimando coloro, li quali gran parte del
loro studio pongono e in avere le cose elette e quelle fare con somma
diligenza apparecchiare; affermando, questi cotali non mangiare per vivere ma
piuttosto vivere per mangiare.
Manetti p. 79 Cibi quoque, potusque parcissimus erat: delicatos laudare
solebat: grossioribus plurimum vescebatur. Ventri deditos — vehementer
objurgabat. Etenim ex illa veteris cujusdam sapientis sentenlia eos qui talia
agerent potius vivere ut essent, quam esse ut viverent, diclitare consueverat.
Vita II 29 Nel cibo e nel poto fu modestissimo. Die weiteren
Angaben fehlen in Vita 11. Ähnlich ist das Verhältnis der Viten I
und II zu der Vita des INIanetti betreffend die Anekdote, die sich
an Dantes vorübergehenden Aufenthalt in Siena knüpft. Vita 11
erzählt dieselbe nicht, während Vita I und Manetti sie sehr ähnlich
enthalten, sodafs eine Benutzung von Vita I, allein nach diesen
beiden Beispielen ihrer Übereinstimmung zu urteilen, unzweifel-
haft ist.i
Vita I 39 erzählt den Hergang in Siena folgendermafsen :
egli essendo una volla tra le altre in Siena, e avvenutosi per accidente
alla stazone d' uno speziale, e quivi stateglie recato uno libretto . . . ne da lui
giammai stato veduto .... quelle cupidissimamente cominciö a vedere; e co-
mecche poco appresso in quella contrada stessa, e dinanzi da lui, per alcuna
general fesla de' Sanesi si cominciasse da' gentili giovani e facessesi una grande
armeggiata, e con quella grandissimi rumori da' circostanti (siccome in cotali
casi con islromenti varj e con voci applaudenti suol farsi) . . . . ; mai non fu
akuno che muovere quindi il vedesse, ne alcuna volta levare gli occhi dal
libro . . .; aflermando poi ad alcuni, che'l domandavano come s'era potuto
teuere di riguardave a cosi bella fesla come davanti a lui si era fatta, se nientc
avcrnc sentito ; per lo che alla prima maraviglia, non indebitamente la seconda
b'aggiunse a' dimandanti.
Manetti 8o Nam cum ei libellus quidam non antea a sc visus Scnis prope
cujusdam opeficis tabcrnam forte oblatus esset, ita cupide et attente leclitavit,
ut suavissimi vaiiiquc multiplicium instrumentorum soni ab ejus perpctua Icc-
tione vel paulisper dimovere nunquam potueruut , quin totum legendo pcr-
curreret, tamclsi co tempore forte dies festus pro more civitatis universo Po-
puli concursu omni cum consonantium instrumentorum gcnerc prope eum locum,
uhi legebalur, speciosissimc celebrarelur. Est quod mirabilius vidcri dobct :
interrogatus cnim quonam modo se unquam coulincre polucril, quin tarn cclcbrc
et tam solemne Eestum prae oculis celcbratum aliquinlispcr saltcm non con-
spexisset, nihil se audissc sane respondisse fcrtur.
' In den Biographien des Villani, Sicco und Leonardo ßiuni fuulct sich
diese Anekdote nicht, sodafs Boccaccio als einzige (Juclle übrig bleibt.
20| M, KUHFUSS, ÜHEK DAS MOCC. ZUGRSCHK. KÜRZliKK DAN I KLEBEN
Um das Jahr 146.8 vcrfaCstc endlich Giovan Mario Filelfo
eine Vita Dantes. In der I'.inleilung zu der Ausgal^e von Dantes
Munarchia p. 54 c;liarakterisiert Witte dieselbe Irenend: Manus
J'/n/t/p/iiis in Vita Dantis circa anmitn 1468 composita, fimre suo arro-
ganlia inßalum, mcndaciorum<]ite pcrifissimu/n se exhibcl.
Filelfo hat Hoccaccios Dantebiographie gekannt, erwähnt aber
aufser dieser nur noch die des Lionardo l^ruin'. In dem Briefe
ad gcnerosum civem Veronmscm Petrum Alitrcnim Dantis ' sagt er
p. 4 1 Joannes cnim Bocchacius Jlorcntinus, vir sua tempcstale doctissimits,
cl Leonardas Arretinus vir twstris diebiis nnice docius ac e/oquens, inanem
hac in re vua sententia lahorem assnmpsertint. Die von ilim erwähnte
Dantebiographie Boccaccios scheint auch die erste Fassung zu sein ;
es ist dies schwer festzustellen, da eine direkte Anlehnung an den
Text Boccaccios nirgends zu erkennen ist.2
Das Resultat des letzten Teiles meiner Untersuchung, dafs
nämlich keiner der Dantebiographen, die doch teils Zeitgenossen
Boccaccios waren, teils in einer Zeit lebten, aus der uns Hand-
schriften von Vita II überliefert sind •', wenn sie von Boccaccios Vita
di Dante sprechen, Vita II erwähnt, ist wiederum gegen die sup-
ponierte Autorschaft Boccaccios von Vita II entscheidend.
Wann die zweite Fassung entstanden ist, habe ich nicht zu
ermitteln vermocht. Sie ist nach Abfassung von Boccaccios Com-
mentar zur Göttl. Comödie und vor dem Jahre 1433, aus welchem
Jahre uns bereits eine Handschrift erhalten ist, entstanden. Der
Umstand , dafs sie nirgends unter den Dantebiographien der er-
wähnten Commentatoren und Biographen Dantes verzeichnet ist,
berechtigt uns, sie so spät als möglich anzusetzen.«
Es ist mir ein Bedürfnis, an dieser Stelle nochmals Herrn
Prof. Dr. Such i er für die Einführung in die einschlägige Litteratur
sowie für wertvollem Anregungen herzlichst zu danken.
o'o'-
1 Vita Dantis Aligherii a Mario Philelpho Florenz 1828.
2 Das negative Indiciiim, das man bei den übrigen Vitae Dantes für die
Nichtbenutzung von Vita II anführen kann, dafs sie nämlich keine Angaben
über die in Vita II erzälilten Liebesverhältnisse Dantes enthalten, hat bei Fi-
lelfo nicht so viel Gewicht. Er würde diesen Anekdoten doch keinen Glauben
geschenkt haben, da er sogar Beatrice mit Maria Biscioni für ein l'hantasie-
gebilde Dantes hielt.
^ Witte, Danteforschungen II 89.
* Trotz der auffallenden Übereinstimmung zwischen Vita II und dem
Commentar des Anonimo Fiorentino, worauf schon oben hingedeutet ist,
p. 17 (cfr. bes. Anon. Fior. Purg. XXIV 43) bin ich nicht geneigt, eine gegen-
seitige Beeinflussung, die als Zeitkriterium dienen konnte, anzunehmen, sondern
bin der Meinung, dafs beide aus der mündlichen Tradition geschöpft haben.
M. KUHFÜSS.
Aus einem Katalog des Fulvius Ursinus.
Durch Studien über die Geschichte des provenzalischen Lieder-
buchs Vat. 5232 lernte ich einen kleinen Kodex kennen, der einen,
von F. Ursinus selbst verfafsten und von ihm unterschriebenen Katalog
seiner Handschriften und Bücher enthält. Ich wollte denselben,
da er noch nicht publiziert ist, und über Fragen der Litteratur-
geschichte wichtige Aufschlüsse bietet, ganz herausgegeben; da ich
aber nachträglich • erfahren habe , dafs Herr P. de Nolhac dies
schon seit Jahren beabsichtigt, so beschränke ich mich auf den ver-
hältnismäfsig kleinen aber sehr interessanten Teil, der die romani-
sche Philologie betrifft, und beschreibe jede einzelne Handschrift
unter Beifügung einiger Bemerkungen über ihre Herkunft.^ Ich
hoffe und wünsche, das es Herrn de Nolhac, der sich die Er-
forschung der Geschichte dieser Bibliothek zur speziellen Aufgabe
gewählt hat, gelingen wird, meine diesbezüglichen Notizen zu ver-
vollständigen, und wo es Not thut, zu berichtigen.
Der Katalog des F. Ursinus ist mit zwei andern weniger wich-
tigen ^ in einem kleinen Quartband von rotem Leder zusammen-
gebunden, der die Bezeichnung Vat. 7205 auf dem Rücken trägt.
Er besteht aus 52 Blättern Papier, von denen jedoch mehrere un-
beschrieben sind. f. I — 14 enthält das Verzeichnis der griechischen
Handschriften, f. 15 — 20 das der griechischen Drucke, f. 25 — 41
' Aus Cian, U71 decennio della viia di M. Pietro Bembo (1521 — 1531)
etc. Torino, Ermantio Löscher 1885 passim. Obwohl ich dieses gewissenhaft
gearbeitete Buch erst benutzen konnte, naclulem ich meine Studien ziemlicli
abgeschlossen halle, halte ich es doch für meine Ptlicht zu erklären , dafs es
mir manche Mühe erspart hätte.
2 Ich glaube so am besten eine unnütze Konkurrenz zu vermeiden. Herr
de Nolhac dürfte schwerlich die Zeit gefunden haben, sich mit den einzelnen
romanischen Handschriften so eingehend zu beschäftigen, wie sie es ver-
dienen.
3 Der Inventario di Libri e robbe di fra Onofrio Panvinio veronese,
der aufser einem Verzeichnis wesentlich lateinischer Klassiker und i^hiloso-
])hischer Schriften, wie Aristoteles, Averroes, auch (f. 87 — 04) ein ziemlich aus-
führliches Kassabuch aus dem Jahre 1556 cntliält, und einen Index librorum
Rmi. et 111. mi D. Episcopi Faventini, clcr zumeist aus griechischen Klassikern
besteht. Übrigens scheinen diese Kataloge nicht zufällig zusammengebunden
zu sein , sondern eine Reihe von Büchern des Ursinus scheinen vorher im
Besitze des berühmten Anticpiars l'anvinio gewesen zu sein. Ich halte nicht
Zeit, die Sache weiter zu verfolgen.
206 A. PAKStllKK,
das (k-r lateiiiiscln ii IlaiKlscluiUcii, f. 42 — 48 das der lateinischen
Drucke, f. 49 — 51 das der ilalieiiischcn, pnjvc^nzalischcn iintl alt-
französischen Handschriften. Auf f. 52 fol^nii noch I{cn)(;rkung(;n
über V('rschiedene Papiere, die sich im sludio/o Ji Germatiia be-
finden, und dann die Unterschrift E^o Fiilvius L'rsimis subscripi
nimm mea und ein Siegel.
Die Nota de /ihn' vuli;ari scrilti in (sie) pcnna umfafst folgernde
33 Nummern :
I. Petrarca Ic canzonc et sonclti scrilti di mano sua in carta
pcrgamena in foglio et ligato di ucllulo paonazo.
Vat. 3if)7.' 2. Petrarca li sonetli , canzone et capitoli scritli di mano sua
in papiro con molte mutationi in foglio et ligato in uelluto rosino.
Vat. 3199. 3. Dante le poesie, scritto di mano del Boccaccio con una epi-
stola sua in ucrso latino diretta al Petrarca, con la mano d'esso
Petrarca in alcuni luoghi, in foglio et ligato in uelluto cremisino.
Vdt. 3204. 4. l'oesie di cento uenti poeli Prouenzali tocco nelle margini
di mano del Petrarca et del Bembo in pergamena in foglio, et
ligato in uelluto cremisino,
Vat. 3203. 5. Brunetto Latini scritto in liugua Prouenzale tocco di'mano
del Petrarca nelle margini , in pergamena in foglio, et ligato in
uelluto cremisino.
Vat. 3196. 6. Tutte le poesie di Dante et del Petrarca scritto in papiro di
mano del Bembo in foglio et ligato in [f. 49^] uelluto cremisino.
Vat. 3210. 7. Bembo le prose scritte in papiro di mano sua in foglio et
ligato in uelluto cremisino.
Vat.yiw. 8. Michel Angelo Buonarroti le poesie scritte di mano sua
con alcune let^tfre^ in papiro, in foglio et ligato in uelluto ucrdc.
Vat. 3212. 9. Poesie di uarij Poeti del tempo del Petrarca in pergamena,
in 4" coperto di broccato.
Vat. 3214. 10. Un libro de poeti antichi del tempo di Dante et sopra;
le cento nouelle antiche in papiro in 4" tocco di mano del
Bembo et ligato in cartone bianco.
fa^. 3213. II. Varii poeti antichi in papiro in foglio et ligato in tauole.
Vat. 3218. 12. Lorenzo de Medici le poesie col suo commento scritto
in carta pergamena, et coperto di corame lionato.
13. Poesie del xa^äesimo col commento, con alcune corretioni
in papiro in foglio coperto di carta pecora.
' Es braucht kaum gesagt zu werden , dafs diese Nummern nicht von
dem Schreiber des Katalogs, der übrigens nicht F. Ursinus selbst ist, sondern
von einer späteren Hand, wahrscheinlich der eines Angestellten der Vaticana,
herrühren. Derselbe hat sich jedoch verschiedene Irrtümer imd Auslassungen
zu Schulden kommen lassen; so mufs es hier No. 3196, bei No. 6 3197, bei
No. 12 3219 heifsen; No. 13 ist gleich Vat. 3218, No. 14 Vat. 3201,
No. 18 Vat. 3216, No. 21 Vat. 3209, No. 17, 28 und 29 scheinen nicht in
die Vaticana gekommen zu sein; vielleicht, dafs Freunde, denen Ursino diese
Bücher geliehen hatte, vergessen haben, sie ihm wiederzugeben.
2 Wo ich, wie hier, unzweifelhafte Abkürzungen aufgelöst habe, sind
die betreffenden Buchstaben in Cursiv gesetzt.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 207
14. Dante con molti commenti in foglio reale et coperto di co-
rame lionato.
Vi(. 3200. 15. Dante scrilto in pergamena in foglio con la uita [f. SOi"]
scritta dal suo figliolo Pietio, ligalo in corame lionato.
Vat. 3215. 16. Vaiie cose di diuersi autori, et in essa (sie) una epistola
longa del Boccaccio e la uita di Dante, et del Petrarca, scritta
in prosa da leonardo Arctino in papiro in foglio, et coperto di
corame rosso.
17. Stefano Porcaro le \eiiere et alcune cose di Brunelto
Latini et d'altri in papiro in foglio et ligato in corame.
18. Brunetto Latini di uarie poesie con la traduttione dell'
Ethica d'Aristotele in foglio, et senza coperta.
Tat. 3198. 19. Petrarca le poesie con alcune canzone et sonetti di Dante
con le lor uite scritte da leonardo Aretino, in pergamena in 4"
et coperto di corame nero.
Vat. 3220. 20. Brunetto Latini il tesoretto con la uita del Petrarca e del
Bembo , scritte da ludouico Beccadello in pergamena in 4" et
coperto di seta torchina.
21. Un libro de rime francese in pergamena in 4" tutto figurato
senza coperta. [f. 50 '^J.
Vat. 3208. 22. Poesie prouenzali di diuersi con la grammatica di Leonardo
prouenzale in pergamena in foglio et coperto di tauole.
^/. 3207. 23. Rime prouenzali antiche con alcune espositioni in perga-
meno in 4" et senza coperta.
yat. 3206. 24. Rime prouenzali di molti pocti in pergamena in 8" et co-
perto di cartone.
Fat. 3205. 25. Rime prouenzali in papiro in foglio tocchc dal Colotio co-
perte di carta pecora.
Vat. 3223. 26. Guido ludice delle Colonne delle cose di Troia in perga-
mena in foglio et senza coperta.
Fat. 3221. 27. Longo le cose pastorali, scrittore greco, tradotte in lingua
uolgare dal Caro, in papiro in 4" et coperto di carta pecora.
28. Vite di molli homini illustri che uissero nel tempo di Eu-
genio IV et Nicola V in papiro in 4" senza coperta.
29. Rime nelle quali si contiene il compendio del tesoro di
papiro in 4" et senza coperta.
F(i/. 3217. 30. Un libro per ordinc d'alfabeto di tultc le parole [f. S^'']
usate dal l'etrarca, et altri poeti antichi, scritlo di mano del
Colotio in papiro in ioglio coperto di carta pecora.
Vat. 3222. 31. Quintiliano le declamationi tradotte per Antonio lusco in
papiro in 4" et senza coperta.
32. Polybio la castramclationc tradotla in uulgare da Giov.
Lascari in pcrgameno in foglio senza coperla.
208 A. PAKSCHEK,
F«/. 3202. 33. Saiinazaro l'Arcatlia scrilla <li niano sua projjria in foglio
lonj^o in Carla bambacina.
Gleich No. I zeigt die aufserordeiitliche Ucdeutung des Kata-
logs, denn mit Hülfe desselben ist es mir gelungen, ein Autograph
Petrarca wiederzufinden, das seit Jahrhunderten für verloren galt.
Zum ersten Male wird dasselbe in der Aldinischen Ausgabe
des Canzonicre vom Jahre 1501 erwähnt, indem Aldo am Schlüsse
derselben erklärt, sie sei gemacht worden nach einem scrillo dt niaiio
medesima dcl poeia haviilo da m. Pielro Bembo.^ Diese Versicherung,
die er noch einmal in einem besondern Nachwort"^ wiederholte,
ist es wahrscheinlich gewesen, die seiner Ausgabe den Vorrang
vor den anderen verschaffte. Den Wert dersell.)en haben gegen-
über dem Bestreben späterer Herausgeber, in ihren Editionen durch
]}euutzung von Lesarten möglichst vieler Codices zu glänzen, in
unserem Jahrhundert Marsand und neuerdings Carducci hervor-
gehoben und dadurch die Versicherung Aldos hinsichtlich des
Autographs indirekt bestätigt. Alles dies konnte jedoch nicht ver-
hindern, dafs dieselbe in Zweifel gezogen, und von A. Borgognoni
in einem offenen Brief mit dem Titel Se Monsignor P. Bembo abbia
inai avuio un codice auiografo del Canzoniere del Petrarca"^ geradezu
als Lüge bezeichnet wurde. Das Hauptargument Borgognonis,
neben einigen andern, die mehr scharfsinnig als stichhaltig sind,
ist, dafs nachdem in Briefen Bembos noch im Jahre 1544 mehrfach
von diesem Ms. die Rede gewesen sei, man nach dieser Zeit nie
wieder etwas von demselben gehört habe. Man wisse ziemlich
genau, dafs die Bibliothek P. Bembos in die Vaticana gelangt sei.
Niemandem aber sei es gelungen, dort das genannte Autograph
Petrarcas aufzufinden.
Dieses ist in der That richtig."* Auf der Vaticana geniefst bis
heute nur ein italienischer Kodex den Ruf, von Petrarcas Hand
geschrieben zu sein und daher die Ehre, in einem Glasschrank
verwahrt zu werden, so dafs es nicht ganz leicht ist, ihn zu er-
halten. Dies ist der Vat. 3196, von dem Ubaldini im Jahre 1642
eine diplomatische Ausgabe veranstaltet hat.^ Aber, wie schon von
' Da ich die Aldinische Ausgabe von 1501 nicht habe erhalten können,
mufs ich diese "Worte nach Carducci's vortrefflichen Buche Rirne dt Fr. Pe-
trarca etc., Livorno 1876, eitleren, wo sie auf S. X der Einleitung stehen.
2 1. c. XI.
3 Lettera a T. L. Ravenna, tip. Lavagna 1871 edizione di soll 60 esem-
plari fuori di commercio.
* 1. c. p. 2 .
ä Le Rime di M. Francesco Petrarca estratte da un siio originale. II
Trattato delle virtu inorali di Roberto di Gerusalemme. II Tesoretto di Scr
Brunetto Latini. Con quattro Catizoni di Bindo Bonichi da Siena. In Roma,
nella stamperia del Grignatii MDCXLII. Con licenza de' siiperiori. Eüi
sehr selten gewordenes Buch, das selbst in Rom schwer aufzutreiben ist. Ein
wenig brauchbarer Nachdruck dieser Ausgabe ist in Turin unter demselben
Titel in der stamperia reale im Jahre 1750 in 8° erschienen.
6 Auf der zweiten Seite seiner nicht paginierten Einleitung sagt Ubal-
dini: non per tanto non mi persuado , che qiiesta fosse V ultima copia , che
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINÜS. 20g
Verschiedenen bemerkt worden ist, sind dies nur Fragmente; auf
diese pafste also Aldos Angabe nicht, dafs seine Ausgabe nach
dem Autograph /ei/ra per lettra gemacht worden sei. Den voll-
ständigen Kodex scheint schon Ubaldini nicht mehr gekannt zu
haben, denn in seiner Vorrede, wo er auf diesen Gegenstand zu
sprechen kommt'', erwähnt er ihn mit keinem Worte. Nicht viel
später wurden Wagenseil von dem damaligen Bibliothekar Leo Al-
latius zwar die Fragmente , worauf ich noch zu sprechen komme,
aber kein vollständiges Ms. des Canzoniere gezeigt. Und Bluhme,
der die Vaticana im Jahre 1823 besucht hat, schreibt': „Das Auto-
graphum des Petrarca ist jedoch später vergeblich in der Vaticana
gesucht worden 2 : und dies hat kürzlich einem Ritter Arrighi in
Petersburg Gelegenheit gegeben , sich der Wiederauffindung jener
Handschrift zu rühmen. ^ In Italien aber hat man bisher, und wohl
mit Recht, diesem angeblichen Funde nicht recht trauen wollen." ^
Zuletzt hat Vitt. Cian in seinem schon erwähnten Buche über
Bembo ^ diesen Gegenstand behandelt und sich um die Klarstellung
desselben redlich bemüht, auch manches nützliche Material bei-
gebracht, aber merkwürdigerweise die Lösung des Problems nicht
gefunden, trotzdem er nach seiner eigenen Angabe den Inhalt des
Orsinischen Katalogs aus de Nolhacs Mitteilungen kannte. Dieser
Katalog gab auf seine Frage 6: Esiste oggi, e dove, questo prezioso
codice del Canzoniere, che ü Bembo e molti suoi nel 1501 e piü tardi
credettero in buona fede e assai probabilmente con plansibili ragioni,
scriito di viano del Petrarca? eine klare Antwort. Der gesuchte;
Kodex ist No. i unseres Katalogs , hat also sicher F. Ursinus ge-
hört und es war daher von vornherein wahrscheinlich, dafs er in
egli ne facesse. Daraus geht unmittelbar hervor, dafs weder er noch sein
Freund Allatius eine solche Reinschrift kannten.
1 Iter Italicum, 1824. Berlin. Stettin, Teil III, p. 183.
^ Dazu bemerkt Bluhme: ,,der Cod. Vat. 3195 [mufs 3196 heifsen], den
Fedcrico Ubaldini im Jahre 1642 herausgab, ist liei Weitem dürftiger."
^ Die Schrift, in der Arrighi von seiner Entdeckung eine vorläufige An-
zeige macht, führt den Titel : Illustrazione al codice autografo di messer Pe-
trarca stato occulto alla repubblica letteräria fino daW anno 1501, epoca in
cui fu posseduto dal chiarissinio messer Pietro Bembo. 8". 5. Pietroburgo,
nella stamperia del dipartimento dell' istruzione pubblica 1825 (Sono carte 15).
Es ist mir nicht möglich gewesen, diese Schrift zu erlangen, den Titel habe
ich dem Giornale Arcadico Vol. XXVIII 277 entnommen.
* Wahrscheinlich meint Bluhme den soeben citierten Artikel des Giorn.
Are. In demselben heifst es jedoch nur : sappiamo per questa Illustrazione
che il preziossimo manuscritto e stato ultimamente trovato dal sig. cav.-Ar-
righi, il quäle promette di giovarne quanto prima i ciiltori della italtana
poesia (dieses Versprechen ist meines Wissens nie erfüllt worden). Noi non
vogliamo giudicare se esso veramente sia qnello die possedevasi dal Bembo
e che tiiito [F] era scritto di mano del Petrarca : perche sarebbe mestieri il
far prima i piit accurati confronti. Der Artikel schliefst mit der Angabe
einiger Stellen, an denen der Text des angeblichen Autographs von den be-
kannten Handschriften abweiche.
'' Un decennio della vita di P. B. etc. p. 90 — 98.
" 1. c. p. 98 Anm.
Zeitschr. f. rom. Pliil. X. \a
2IO A. l'AKSCIIKK,
die Valicana gelangt sei. iJals h(;i No. i die Niiiuiiier dieser
I^il)li(jlhek f(;hll, konnte nichts div^rircn l)ewrisen, da der die ZiOiTn
beisetzende Hcianile, wie schon gt;sagt, se)ir nacliiässig verfahren
ist. Um di(i Nuninnr aufzufinden, l)edurfl(; es nur einer ein-
lachen Überlegung. Die oben verzeichneten Handschriften des IJr-
sino haben, entsprechentl der leicht zu erkennenden sachlichen
Anordnung des Katalogs, aufeinanderfolgende Nummern erhallen;
No. 2, eine Petrarca Ils., trug No. 3196, fulglicli kaini No. i, wenn
das Ms. überhaupt in die Vaticana gelangt war, nur No. 3195 sein.
So kam das lange gesuchte Ms. sozusagen mit dem ersten Griffe
in meine Hände.
Die Identifizierung von Vat. 3195 mit No. i macht iiei den
genauen Angaben über dit^ letztere im Katalog keine Schwierig-
keit: Vat. 3195 enthält in der That nur die Sonette und Canzonen,
nicht die Trionfi ; ist in Folioformat und von Pergament und ist
noch heute in Sammt gebunden, auf den jedoch nur die IJezeichnung
cremisino, nicht paonazzo, anwendbar ist; vermutlich licigt hier ein
Versehen des Schreibers vor.
F. Ursinus hat dies Ms. wahrscheinlich wie die Fragmente (s.
unt(;n) von Torquato Kembo erworben. Wann und wo aber dessen
Vater, P. Bembo, es gekauft hat, darüber belehren uns zwei seiner
Briefe aus dem Jahre 1544, die es unnötig wäre, hierher zu setzen,
wenn sie nicht Borgognoni ' als Stützen für seine Ansicht anführte,
und zwar gebe ich den ersten ganz, damit man sich überzeuge,
dafs auch nicht das geringste Moment darin zu seinen Gunsten
spricht. Sie lauten 2;
A M. Girolanio Ouirino.
A Bologna.
11 Petrarca, che veduto ^ avete per incominciare a scrivervi da questa
parte, dope tanto di ciie io scritto non v'ho, polrebbe essere il vero liliro che
io cerco. Perciö che quello era copcrlo di cuojo bianco, e non avea tilolo
M. c. p. 2 .
2 Opere del Cardinale Pietro Bembo, Milano 1809, vol. VI 340 — 34 T.
^ Wie sich aus dem Folgenden ergiebt, hatte der Freund über zwei an-
gebliche Autographen Petrarcas geschrieben und ihm von dem einen zur Probe
ein Blatt übersandt. Bembo antwortet ihm, dafs nicht dies letztere, sondern
dasjenige, das Quivino nur gesehen habe, ihm das Ms. zu sein scheine, das
er suche. Das Autograph der Bucolica, das Bembo ihm zur Vergleichung
mitschickt, ist gleichfalls in den Besitz des F. Ursinus (Katalog f. 32^^ und
von da in die Vaticana übergegangen, wo es die Nummer 3358 trägt. Es ist
wie ich hier nur kurz bemerken will, auch Pergament in velluto paonazzo
gebunden, i5'/.2Cm hoch und 11 cm breit. In der Mitte ist noch der Rest
eines ehemaligen Silberbeschlages zu bemerken. Auf dem recto des ersten
Deckblatts sind eine Reihe lateinischer Verse von der Hand Bernardo Bembo's
eingetragen, so dafs der Kardinal Bembo diese Hs. von seinem Vater geerbt
haben wird. Auf f. 4^ beginnt das Gedicht mit der Überschrift: Becolicü
Carmen meü incipit. egloge p'me | titl' parthenias | Collocuto'es Silvi' monic'.
Der Cod. zählt, aufser 3 Deckblättern vorn und 2 hinten, 48 Blätter d.h.
6 Quaternionen zu je 8 Blatt, und ist ganz von Petrarcas Hand geschrieben.
Auf f. 46a findet sich die Bemerkung von ihm ; Bucolicü carmen meü explic".
Ouoil Ipe [ipse] qui an [ante] anos dictauerä scripsi manu 4)p'a [propria]
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 2 I I
veruno, che egli dimostrasse essere stato del Petrarca. Vero e, che '1 cuojo
era rovescio, e parca molto vecchio, come ragionevolmente parer dovea, ed
era forse della grandezza del foglio che mandato m'avete, se non che a me
parea, che egli fosse men lungo di quel foglio. Ma in ciö io posso agevol-
mente inganarmi. Avea quel libro quattro brocche di rame ne' canti delle
due tavole sopra il cuojo per una, e una quinta nel mcsso del cuojo e della
tavola, schielte e ritondette e coppolute, larghe nel fondo quanto un soldo,
delle quali non mi ricordo se ne mancasse alcuna. Era stato il libro per
tanto tempo assai ben tenuto, e leggevasi agevolmente. Questi sono gl' indizj,
che ve ne posso dare io. Ma perche non abbiate a dubitare sopra esse, vi
mando la Bucolica del medesimo Petrarca scritta di mano sua pure in carta
pecora come era quello , nella quäl Bucolica egli si scrive nel titolo e piii
manifestamente nel fine del libretto. Quello ' non avea se non i Sonetti e le
canzoni tutte. I trionfi non v'erano. Potrele da questo libretto comparandolo
a quello raccertarvi, se quello fie il vero. Quello- non e scritto di cosi for-
mata e bella lettera in tutto, come questo e della sua Bucolica. II Petrarca
vero non avea postilla alcuna, come scrivete, in tutto lui. II che mi fa piii
credere che egli possa esser quello che avele veduto. Ne sopra ciö vi diro
altro. State sanissimi e lietissimi tutti.
A' 23. d'Agosto 1544. Di Roma.
Von dem zweiten Briefe, den Bembo am 20. September 1544
an denselben Freund nach Venedig gerichtet hat, brauche ich nur
die Hälfte mitzuteilen, da der Rest gar keine Beziehungen auf unser
Ms. enthält:
Ho avuto il Petrarca quando meno Io credea avere , vedendo hi cosa
essersi ridotta a Padova. Ma 1' amorevole prudenzia vostra ha potulo e sa-
puto piii che altri questa volta. E quelli zecchini sono stati 1' amo , che ha
tratto questo pesce fuori dell' acqua. Siane ringraziata Vostra Magnificenzia
senza fine. Non vi potrei dire quanto l'ho caro. Se l'amico me desse ora
Cinquecento zecchini appresso a quelli non gliele darei. K di mano dell' autor
suo senza nessun dubbio. Ne avemo jeri M. Carlo cd io veduto piii d'un
segno e piü d'una infallibile certezza. Rendetene infinite grazie al buono e
e dolto Ramberti della fatica, che egli ha presa per me. Non son per dimen-
ticarlami giammai.
Aus diesen beiden Briefen geht unzweifelhaft hervor, nicht nur
dafs Bembo im Jahre 1544 ein Autograph des Canzoniere gekauft
hat, sondern dafs dasselbe mit dem Vat. 3195 identisch ist. Denn
die Beschreibung, die Bembo von dem seinigen giebt, pafst in
apd' Mediolanü aiio hui' etatis uUie 1357. Dann folgen noch auf f. 46^ — 48r
2 Nachträge zur 10. Eclogc gleichfalls von P., aber aus späterer Zeit. Eine
Kopie dieses Autographs ist der erste Teil des Barbcrinianus XXIX 180;
doch hat der Kopist sinnloser Weise auch die Schlufsbemcrkung Petrarcas
unverändert hinübergenommen.
* Nämlich che io cerco.
'^ Hier mufs quello sich im Gegensatz zu il Petrarca vero auf das Blatt
beziehen, das ihm Quirino geschiclct hat. Dieses i s l nicht so schön geschrie-
ben, wie die Bucolica, dagegen der Petrarca, den er früher gekannt luit und
von dem er jetzt nur aus der Erinnerung sprechen kann. !> a 1 1 e keine An-
merkungen etc.
14*
2 12 A. I'AKSCIIKR,
allen I'iiiikliii aiil das gcnaiiiilr Ms., al)g<;solien davon, dals Hcmhfi
sflbsl oder Ursiniis dassi;ll)0 hat neu einbinden lassen, weil das
Led(jr des alten Jünbandes bf^reits rovescio war und parca molto
vecchio. Was Rorgognoni an dem ersten liriofe so auffallend (indet,
dafs nämlich Bembo nichts davon erwähnt, dafs er nach diesem
Autograph die Ausgabe von 1501 besorgt habe, hat darin seine
einfache Erklärung, dafs dieser Brief schon eintMi anderen oder ein
Gesj)räch, voraussetzt, in welchem B. seinen Freund bittet, die IIs,
für ihn zu suchen. Der gegenwärtige Brief ergänzt nur frühere
Angaben , unter denen sich die von IJorgognoni vermifste befunden
haben wird, wenn der Thatbestand dem Freunde nicht ohnedies
bekannt war. Bei dem zweiten Brief nimmt Borgognoni wieder an
den Worten Anstofs ; i dt ?>iano dell'atilor suo senza riessun duhbio
Wenn Bembo schon im Jahre 1501 gewulst habe, dafs das betreffende
Ms. ein Autograph Petrarcas sei, was brauche er sich dessen zu
vergewissern. Darauf läfst sich erwiedern : Damals hat es Bembo
nur der Tradition gemäfs geglaubt; inzwischen waren die Buco-
lica und wie wir sehen werden, auch die Fragmente in seinen Be-
sitz gekommen, und mit philologischer Gewissenhaftigkeit nimmt er,
zur gröfscren Sicherheit unter Hinzuziehung seines Freundes Carlo
[Gualteruzzi?], eine paläographische Vergleichung der verschiedenen
Handschriften vor, findet dabei mehr als eine Bestätigung der Echt-
heit und hat nun alles Recht auszurufen: Jetzt bin ich ganz sicher,
dafs dies Buch wirklich von Petrarca selbst geschrieben ist.
Weim somit die bona fides Bembos in dieser Hinsicht be-
wiesen ist ', so bleibt allerdings noch immer die Frage bestehen,
ob das Ms., das Bembo besessen hat, d. h. der Vat, 3195 wirklich
von Petrarcas Hand geschrieben ist oder ob er sich getäuscht hat.
Bembos Überzeugung ist für uns nicht ohne Weiteres mafsgebend,
sondern wir müssen erkunden, was ihm als piü d\in segno c piu
d'uiia hifal/ibik certezza gegolten haben kann und den Wert dieser
Indizien prüfen. Damit gelangen wir zur Beschreibung der Hand-
schrift 3195.
Dieselbe ist schon von Narducci in seinem Katalog der iu
Rom befindlichen Petrarcahandschriften 2 kurz beschrieben werden ;
aber obwohl dieser die uns hier beschäftigende Frage sicher ge-
kannt hat und selbst diese Hs. ins 14. Jahrhundert setzt, hat er
doch nicht einmal die Vermutung ausgesprochen , dafs sie von
Petrarcas Hand sein könnte. Sie ist 27 cm hoch, 20 cm breit,
Pergament wie ich schon sagte, in hellroten Sammet gebunden und
sehr gut erhalten. Auf den Deckel folgt ein Schutzblatt aus Per-
gament auf dem nur Vat. lat. 3195 steht. Der Kodex selbst besteht
• Dafs er dies Ms. im Jahre 1501 zu seiner Edition benutzt hat, wird
durch No. 6 nachgewiesen werden.
* Catalogo dei Codici Petrarcheschi delle hiblioteche Baiherira, Chig'iana,
Corsiniana, ValliceUiana e V^aticana e delle edizioni Petrarchesche esisteiiti
nelle bibliotcche pubbliche di Roma compilato da Enrico Narducci, Bibliotecario
della Alessandrina, Roma Ermanno Loescher 1874, p. 38.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 213
aus 72 niimerierten Blättern, denen zwei unnumerierte vorangehen.
Das Recto des ersten derselben ist leer, abgesehen von dem Stempel
der Vaticana ; die andern drei Seiten enthalten ein alphabetisches
Register der Gedichte, das jedoch innerhalb jedes Buchstabens
nach den Seitenzahlen geordnet ist. Es beginnt folgendermafsen :
A pie de colli I
A qualunque animal III
Amor piangeua V
Apollo sancor VIII
Amor CO sue promesse XVIII
Die Zift'ern sind in roter Schrift und ebenso befindet sich an
der Spitze jedes Buchstabens ein rotes zweimal gestrichenes c. Die
Canzonen sind durch ein vorgesetztes Cany (in roter Schrift) be-
zeichnet und zu ihnen sind auch Sestinen und Balladen gerechnet.
Am Ende jedes Buchstabens sind die Gedichte desselben zusammen-
gezählt; z. B. fangen mit A 32, mit B 4, mit C 15 Gedichte an.
Auf f. i'' beginnen die Sonette mit der Überschrift Francisci
pelrarche laurcati pocie. Renan vulgarium /ragmaiia. Diese ist in
roter Farbe ausgeführt, nur das F vorn ist blau. Das V des ersten
Sonettes Voi chascoUak ist mit reichem Blätterschmuck in ver-
schiedenen Farben geziert. F.ine genau entsprechende Initiale, in
derselben verhältnismäfsig prächtigen Weise gemalt, begegnet uns
wieder auf f. 53'" oben, und schon hieraus ergiebt sich, dafs der
Kodex aus zwei ursprünglich getrennten Heften bestand.
Es sind immer 2 Verse, durch einen Punkt getrennt, in eine
Linie geschrieben, ohne freien Raum dazwischen', so dafs das
Ganze den Eindruck von Prosa macht. Nur die Sestinen sind in
zwei Kolonnen und nach Art von Versen geschrieben. Jedes Sonett
bildet einen Absatz und die Initialen sind abwechselnd in Blau
und Rot ausgeführt. Durch die sparsame Raumbenutzung konnten
je vier Sonette auf einer Seite Platz finden.
Die Schrift ist gotische Minuskel des 14. Jahrhunderts, zeigt
wenig Abkürzungen und ist sehr gleichmäfsig und kalligraphisch, rührt
aber von 2 Händen her. Die erste schrieb f. i — 36, f. 37 mit Aus-
nahme eines Sonetts, fol. 38'" und das erste Sonett von 38''; die
zweite, welche schon das eine Sonett auf 37'' geschrieben hatte,
ersetzte den andern Schreiber auf f. 38'*' bis f. 49'", f. 49^', 50, 51,
52 sind leer.
Mit f. 53 beginnt das zweite Heft und wiederum die Thätig-
keit des erstc;n Schreibers, die von f. 62'' Mitte durch den zweiten
fortgesetzt wird. Er endet auf f. 72' mit dem Schlufs der Can-
zone Vi'fginc hello.
In der zweiten Hand sehe ich tue Petrarcas und behaupte,
dafs die ganze Handschrift unter seiner Aufsicht ausgeführt wor-
den ist.
' (1. h. bei dem Icil, den die erste Hand fjeschrieben bat ; Petrarca da-
gegen hat auch die Soiielle in 2 regelmäfsigen Kolonnen geschrieben.
2 14 ^- l'AKSCHKK,
Was mich liicrzu Ijercchtigt, ist zuiiäclisl die paläograpliisclir
Ühcrcinslimnuiiig des von der zweiten Hand geschriebenen mit dem
Autograph der Fragmente (Vat. 3196), die sich hei einer sorgfältigen
Vcrglcicliung mit aller Deutlichkeit (srgah. iJie N^tztere Handschrift
(B), die das Unreine darstellt, gewährt den Vorteil, dafs sich in
ihr dieselben (ledichtc wiederfinden, wie in der Reinschrift 3195
(A), und wenn man dieselben, z. B. das auf f. i^ von B stehende
Sonett / <// mici neben dasjenige auf f. 62 von A hält, so erhält
man die volle Gewifsheit, dafs Beides von einer Hand geschrieben
ist. Ich hoffe binnen Kurzem eine Ausgabe des Canzoniere nach
dieser Originalhs. veranstalten zu können und werde derselben dann
die Facsimiles beider Handschriften beigeben, sodafs Jeder den
Vergleich selbst anstellen kann. Inzwischen mufs diese Versiche-
rung genügen.
Aber es fehlt auch keineswegs an Beweisen anderer Art. hn
Unreinen (B) befinden sich xiämlich am Rande Bemerkungen wie
trascript. tr. tr. p. me, die Ubaldini bei seinem Abdruck über die
betreffenden (Gedichte gesetzt hat. Jedesmal nun, wo es im Un-
reinen heifst, Irascriptum per me, finden wir im Reinen die zweite
Hand, die ich als die Petrarcas bezeichnet habe z. B.:
B f. II' Mai non vcdranno gleich 2. llaiul in A. f. 62^'
I V I dl miei 62r
„ Sicome eterna vita 38^
21' Stiamo amore 38^
,, Pasco la mente 38^ u. s.f.
Wo dagegen nur gesagt ist trascripiitni, findet sich die erste
Hund, z. B.
f. y Due gran nemiche A. f. 59^
,, Quandio mi volgo f. 59^'
,, Valle che de lamenti 6or
,, Leuommi il mio penser 60^
alles von der ersten Hand. Und das einzige Mal, wo es heifst ir. p.
Jo., ist das danebenstehende Sonett von dem ersten Schreiber in
A (f. 38') eingetragen, so dafs wir auf diese VV'eise erfahren, dafs
sein Namen mit Jo begann.!
' Dieser Johannes , wie diese beiden Buchstaben sicherlich zu ergänzen
sind, dürfte der eigene Sohn Petrarcas sein. Für denselben hat der Dichter
bekanntlich nicht viel väterliche Liebe empfunden, und er hat ihn, da ihm
sein ganzes Wesen zuwider war, möglichst aufser dem Hause zu halten ge-
gesucht. Aber 1354 war derselbe gezwungen, nachdem er sein Kanonikat
verloren hatte , in das väterliche Haus zurückzukehren und er verweilte da-
selbst bis zum Jahre 1358 (s. Fracassetti, Lett. fam. VIII 17, nebst Note und
XIII 2). Die Reinschrift wurde aber gerade, wie wir noch sehen werden, im
Jahre 1356 begonnen, und der Teil, den Jo. geschrieben, flillt wahrscheinlich
in die Jahre 1356 — 1358. Und vielleicht ist gerade der Umstand, dafs Jo. bei
Petrarca unbeschäftigt weilte , für P. die Veranlassung gewesen , die Rein-
schrift vorzunehmen. Aus einem Briefe P.'s an den Erzbischof von Genua
(v. J. 1358, Lett. fam. XIX 17) kann man wenigstens soviel entnehmen, dafs er
AUS EINEM KATALOG DES F. UKSINUS. 215
Diese Angaben bezeugen zugleich ausdrücklich die Existenz
einer solchen Reinschrift, wie es A ist ; denn es heifst nicht nur
irascriphim und tr.p.me sondern auch an anderen Stellen (f. 7'', 11'',
I P', 12^) /;■. m ordviem und (f. 15'') transcripsi'^ in ordinem memhranis
(und 3195 ist Pergament).
Schliefslich läfst sich auch eine Stelle aus einem Briefe Petrar-
cas hier herbeiziehen. 2 Als nämlich Petrarca (am 4. Jan. 1373) also
ein Jahr vor seinem Tode dem Pandalfo Malatesta eine Abschrift
seiner Gedichte überschickt, bemerkt er : Resfanrni ancora molte altre
di questc cose volgari in Schede lacere e constinie per modo che non si
ieggon che a stenio, e sc di quando in quando ho qualche giorno di ozio,
mi vado diveriendo a raccozzarle. lila bcn di rado i che io il possa.
Per quesio orditiai che alla fine di amhedue i volumi si lasciasse
della curla in bianco: e se m'avcrrä di mettcre insieme qualche altra
cosa, la rnatiderö chiusa m fogli separali al mio dolcissimo etc.
Wenn also P. in der Reinschrift für Malatesta, die gleichfalls
aus zwei getrennten Heften bestand, am Ende der beiden für
später einzutragende Gedichte leeren Raum gelassen hat, so hat er
dies sicherlich in seinem eigenen Exemplar gethan. Dies die Er-
klärung warum im Vat. 3195 die Blätter 49^' — 52 leer gelassen sind.-'
Dafs also dieses Ms. zum Teil Autograph Petrarcas zum anderen
unter seiner Aufsicht geschrieben ist, scheint mir nach diesen Dar-
legungen unzweifelhaft.4
den Sohn durch Bitten, Drohungen und sogar Prügel zu allerhand litterari-
schen Arbeiten gezwungen habe. Zu diesen, durch welche der Vater ihn
nach seiner A'rt zu schriftstellerischer Thätigkeit heranzubilden suchte , mag
auch die erwähnte Abschrift gehört haben, wobei der Dichter ihm wahrschein-
lich die Bedeutung jeder einzelnen Variante (vgl. den Brief an Boccaccio Lett,
faiii. XXII 2) weilliiuhg auseinandergesetzt haben wird. Aber, klagt P., die
sinnliche, den Vergnügungen ergebene Natur sei stärker gewesen. Dafs er
an dem, was dem Vater für hoch und heilig galt, nichts hat wissen wollen,
scheint mir vollkonunen ausreichend , um zu erklären , warum er ihn schliefs-
lich (1358) aus dem Hause jagte; man braucht dem armen Johann nicht ilcs-
wegen, wie man gethan hat, Diebstahl und andere Missethaten anzudiclitcn.
' Die dabeistehende Canzone ^1?« mi credea findet sich in der That,
von der zweiten Iland geschrieben, auf f. 41 von A.
^ Lettere varie IX. Fracass. V 229 der italienischen Übersetzung. Die
lateinische Ausgabe ist mir nicht zur Hand.
^ Vielleicht be^^nden sich am Ende von 3195 ursprünglich auch leere
Pergamentblätter , die aber später zu anderem Gebrauche abgeschnitten wor-
den sind.
* Alles Vorstehende und ein Teil des Nachfolgenden war genau wie
hier niedergeschrieben, als ich (am I.Juni) von der Existenz eines Scluifl-
chens des Herrn de Nolhac hörte , das die Petrarcahs. behandle. Ich habe
dasselbe auch bei einem Bekannten einige Minuten gesellen , aber niclil
erhalten können. Ich habe Grunil anzunehmen, dafs der Umstand, dafs ich
der hiesigen Accademia dci Lincei eine Abhandlung SiilP orii^iuale del Can-
zoniere del Petrarca eingereicht habe, es ins Leben gerufen hat. Wenngleich
ich wufste, wie schon oben gesagt, dafs sich Herr de Nolhac mit einigen der
ca. 500 Handschriften des Katalogs beschäftigt hatte, so mufste der Ibn-
stand , dafs dies vor 2 Jahren geschehen ist, und seitdem von einer l'",nt-
deckung des Autt)graph.s nichts verlautet wai, mich in der Annahme he-
2l6 A. PAKSCHEK,
Im VorhcrgcVionden lial)C ich l)ur('its wirderlioli, von dem
V:tt. 3Iq6, No. 2 nn.ser(!s K;llal(>;,^s sprechen niüssc-n, jetzt ist es
iKtlwendiy, ihn zu l)es(hreihi'n und zu en'irtern, was ich l)isliiT als
leslsteliend angenommen hal)e, oh es wirkh'ch ein Aulograpli Pe-
trarcas ist.
Das genannte Ms. ist 30 cm hocli, 22 '/.j ^'i' '»reil und Ijc-
steht aus steilem l'apier von verschiedener Qualität. Seinen ur-
sprünglichen Sammteinliand hat es nicht, wie No. i, hehalten, son-
dern es ist von der Verwaltung der Vaticana in rotes Lcder um-
gebunden worden, und zwar, da das Wappen, das es vorn auf
stärken, dafs N. sich mit ilieser IIs. niclit ein^'chend bescliäflif,'! hatte. Denn
wenn man eine so bedeutende Enldeckunj,' {gemacht hat , als welche dem
Schiiftchen nach Herrn N. die Auftindunj,' des Petrarcakodex erscheint,
und derselben sicher ist, d. h. nicht blofs die Worte des Ursinus oder Bembo
wiederholen will, so wartet man doch nicht eine so geraume Zeit, bevor man
sie ausspricht und begründet. Die Andeutung in der Revue crilique, von
<lcr ich auch erst am I.Juni Kunde erhielt, hatte ich übersehen, wiewohl
manche Andere, und habe sie noch bis zu diesem Augenblick nicht gelesen.
Diese persönliche Mitteilung mache ich nicht , um in einen jeilenfalls
überHüssigen Prioritätsstreit einzutreten , noch weniger, aus Animosiläl gegen
die Vcröflentlichung des Herrn de Nolhac; es ist mir vielmehr eine Ge-
nuglhuung, in dem Resultate mit einem anderen Gelehrten, übcrein-
zustinmien. Ich bin jedoch dazu genötigt zur Sicherstellung meiner wissen-
schaftlichen Ehre , die ich vor frivoler Verdächtigung jeder Art zu wahren,
in die Lage gekommen bin. Für meine vollkommene Selbständigkeit bez. aller
bis hierher mitgeteilten Beobachtungen, sowohl über Vat. 3195 wie über die
übrigen Autographen Petrarcas gegenüber Herrn de N. nehme ich auch aus
diesem Grunde keinen Anstand, mich das auf Zeugnis des Herrn Prof. Monaci
zu berufen , den ich von jedem Stadium meiner Entdeckung, wenn auch nur
summarisch, sofort in Kenntnis gesetzt hatte. Dabei verdient noch Erwähnung,
dafs , als ich diesem gegen Anfang Februar d. J. von dem Kataloge des
F. Ursinus (dessen Vorhandensein mir aus einem Artikel des Comm. Giamb.
de Rossi, Studi e documenti di Storia e Diritto, Anno V, fasc. 4 p. 358 be-
kannt geworden war), zum ersten Male sprach , er mir erwiderte , er habe
selbst den Katalog schon in Händen gehabt, sei aber verhindert worden, ihn
zu studieren, weil er sich auf die Nummer des Cod. nicht mehr habe besinnen
können. Er machte mich gleichzeitig auf Cians Buch aufmerksam, das mir
aber erst geraume Zeit später zugänglich wurde.
Den Vat. 3195 betreffenden Teil des vorliegenden Berichtes nunmehr
nicht einfach zu streichen, veranlafst mich die Beweisführung N.'s, die eine
andere ist, als die meine, die der unentbehrlichen Beweisstücke mehr ent-
hält , und der Umstand , dafs ich meiner Ausführungen für die anderen,
welche 3196 betrifit, bedarf, wie ja überhaupt die ersten 6 Nummern von den
aufgeführten in engem Konnex stehen. Erst das Studium von 3196 führt in
den Kern der sich an die Autographen knüpfenden Fragen ein, und auch die
Beurteilung der Authenticität von 3195 ist davon abhängig, wie man über
3196 denkt. Bembos Zeugnis nützt hier sehr wenig, denn seine paläogra-
phischen Kenntnisse sind für uns keine genügende Gründe. Nach seinem
Brief zu schlielsen, hat er den Unterschied zwischen den beiden
Schriftgattungen in Vat. 3195 garnicht wahrgenommen, vielmehr diejenige,
in welcher der gröfste Teil dieses Ms. geschrieben ist, mit deijenigen der Bu-
cloica, die ihr nur ähnlich ist, aber entschieden von einer andern Hand her-
rührt, identifiziert. Übereinstimmend sind nur die Nachträge der Bucolica
mit der zweiten Hand von 3195; ich habe, wie gesagt, de N.'s Schrift zu
llüchtig gesehen, um zu wissen, ob er dies behauptet. Wenn nicht, so hätte
gerade der Vergleich mit der B. den lebhaftesten Zweifel an der Authencität
von 3195 in ihm erregen müssen.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 2 1"]
dem Deckel trägt, das Gregor XVI. ist ', während der Re-
gierungszeit desselben (1831 — 1846). Auf den Deckel folgt vorn
und hinten je ein Schutzblatt aus rotem Atlas, dann je 2 andere
von Papier und 2 von Pergament. Die Hs. selbst besteht gegen-
wärtig aus i8 Blättern, die i — 16 und ig und 20 numeriert sind,
f. 17 und 18 fehlen. Augenscheinlich bestand dieser Kodex ur-
sprünglich aus losen Bogen, und obwohl dieselbe» beim Einbinden
durch zahlreiche Papierstreifen mit einander verbunden und ver-
klebt worden sind, so glaube ich doch nach der Verschiedenheit
des Papiers folgende Teile unterscheiden zu können :
f. I und 2, 3 — 6, 7/8, q/io, II — 14, 15 und 16, ig und 20.
Die Schrift ist sehr verschieden. Einen ungefähren Begriff von
dem Aussehen des ganz merkwürdigen Manuskriptes gewährt die
mehrerwähnte Ausgabe Ubaldinis, eine für ihre Zeit sehr aner-
kennenswerte Leistung. Ubaldini hat versucht, die verschiedenen
Schriftcharaktere durch verschiedene Typen wiederzugeben, aber er
hat z. B. das fremden Dichtern Gehörige so bezeichnet wie eine
Galtung der Gedichte Petrarcas. Ferner hat er viele Bemerkungen,
die am Rande stehen, in die Mitte gerückt, und so das Bild ver-
ihidert; was schlimmer ist, sie falsch bezogen und aufserdem auch
manchen Lesefehler begangen. Nach meiner Überzeugung ist es
überhaupt nicht möglich, ein so kompliziertes Ms. durch den Druck
zu veranschaulichen ; hier mufs die Photographie eintreten und ich
b*n im Stande, die erfreuliche Mitteilung zu machen, dafs der ver-
ehrte und unermüdliche Prof. Monaci bereits das ganze Ms. hat
photographieren lassen und es demnächst in seinem Paläographi-
schen Archiv publizieren wird. Aber nicht einmal dann wird es
möglich sein, einzelne Fragen ohne Ansicht der Hs. zu beantworten,
da manchmal die Verschiedenheit der Tinte in Betracht zu ziehen
ist, und manche Buchstaben im Ms. selbst schon so verblafst sind,
dafs ich sie nur mit Hilfe der Lupe habe enträtseln können. Durch
die besondere Freundlichkeit des Bibliothekars Monsign. Ciccolini ist
es mir gestattet gewesen, dies Ms., das sonst mit Argusaugen gt'hütot
wird, mi'hrere Wochen hindurch zu studieren. Ich halte es daher
für angebracht, meine Beobachtungen im Detail mitzuteilen.
Die erste Wahrnehmung, die sich Einem sofort aufdrängt, ist
die, dafs die Blätter falsch eingebunden worden sind. Die Daten,
die sie hier und da tragen, erlauben uns im Verein mit der er-
wähnten Verschiedenheit des Papiers, die ursprüngliche (Ordnung
in folgender Weise wiederherzustellen :
II — 14-; 15 — 16; 7 — 10; 3 — 0; I — 2; ig — jo.
Das älteste Datum das uns in dem .Ms. begegnet, befinilel
' Diese Auskunfl gab mir bereitwillig auf meine l''rage iler oben
naiiiUe Bibliollickar Monsign. Ciccolini.
- Doch sind nichl säiiiUiche Seilen dieses Bogcns /,ii gleicher /eil
schrieben.
2l8 A. I'AKSCHKK,
sich auf f. ()■■. l)irsr, SuiU- hcgiiml mit der Bemerkung (j. Nov. 1336
nma/Ji hie scrihctc. Das Sonett, das claln;i steht und di<; Oher-
schiift tr;igt rcsponsio tnea ad iiiium missuin de I\uisiis, „Pia volle
il di Uli /(> ver/iiii^lio e fuseo"' hat l'elrarca in dieser Fassung nicht
in (H(; Reinschrift aufgencjrunien, wie sicli schon aus der Bemerkung
im Unreinen ergiebt: vide tarnen adhtic und daraus, dafs der Ver-
merk Iraiiser. fehlt.
Mit dem Datum 13. l-ehr. 1337 ' ist das ftjlgende Sonett Per-
chio tabbia giiardata versehen. Dasselbe Datum gilt wahrscheinlich
auch für das folgende Oedicht Pen sapea io.
Darauf folgt (f. y') die Bemerkung 1342 Aug. 2Z hora 6 und
darüber ist nachträglich hinzugefügt eaepltim trascribere el incepltun
ab hoc loco.
f. 10 enthält kein Datum, trotzdem dürfen wir annehmen, dafs
diese Gedichte um dieselbe Zeit entstanden sind, wie die von f. 9;
denn im Reinen folgt Solo e pensoso von f. 10 unmittelbar auf Apollo
sancor von f. g.
Noch etwas älter als die Blätter 9 und 10 scheint f. 1 1"^ zu sein.
Es enthält den ersten, f. 1 1 ^' den zweiten Teil der Canzonc Nel
dolce tcmpo de la prvna etade. Die Überschrift auf ii' lautet: tras-
cript. in ordinem post inultos et imdtos annos quibusdam mutatis 1356
Jonis Vesper is 10. Novcmb. i\Iedio![ano]. Damit gewinnen wir ein
festes Datum dafür, wann die Anlegung der Reinschrift begonnen
hat. Denn da sich die Canzone auf f. 4 derselben befindet, so
sind die vorhergehenden Blätter entweder gleichzeitig oder wenig-
stens kurz vorher, also jedenfalls noch im Jahre 1356 geschrieben
worden.
Die Entstehung des ersten Teils der genannten Canzone wird
1335 oder 1336 zu setzen sein, denn einerseits sagt Petrarca aus-
ch^ücklich am Schlüsse dieses Gedichts (f. 1 1 ^' unten) est de primis
inventionibiis uostris, andererseits verbietet cier Inhalt des Gedichts,
es noch weiter hinauf zu datieren. Vor 1335 konnte Petrarca
kaum sagen:
Jo dico che dal di chel primo assalto
]Mi diede amor, moltanni erano passati,
wenn wir auch die Versicherung des Dichters, dafs von der Ge-
schichte seiner Liebe alle Thäler wiederhallten und sie von tausend
Federn beschrieben sei, in das Gebiet der rhetorischen Phrase ver-
weisen wollten. 2 Und wenn von der Abfassung des Gedichtes bis
zur Reinschrift mehr als 20 Jahre vergangen waren, so ist der Aus-
druck post multos et midtos annos berechtigt. Mit dem primis ifi-
' Das folgende Wort scheint C(on)c(e)pt(um) zu sein. Jedenfiills geht
das Datum auf die Abfassung.
2 Man erwäge jedoch, dafs gerade damals (Brief vom 21. Dec. 1336,
Lett. fam. II 9) ihm sein Freund Giacomo Colonna den Vorwurf gemacht
hatte, er habe die Person seiner Geliebten erfunden, um sich berühmt zu
machen. Es ist nicht ausgeschlossen , dafs ihn dieser Brief geradezu zu der
AUS EINEM KATALOG DES F. UKSINUS. 2 IQ
ventionibus will P. vielleicht betonen, dafs es die erste Canzone war,
die er gedichtet hat.
Dagegen ist der zweite Teil der Canzone später entstanden,
1350 und 1351 korrigiert und 1356 zusammen mit dem ersten
Teile ins Reine geschrieben worden. Die chronologischen Notizen
sind nämlich folgendermafsen zu lesen:
Posl inultos annos. Dies steht für sich, hat mit dem Übrigen
nichts zu thun, und bezieht sich darauf, dafs die Abfassung dieses
Teils, wie gesagt, eine spätere war, als die des ersten. Dann folgt:
1350 (nicht 1340, wie Üb. falsch gelesen hat) April 3 mane q . . .
tndiio exacto mstiti ad siiprcmam manum v/g .... ne diutius (nicht
diulriiis) inter varias curas distrahar . visum est cl haue transcribere,
sed pritis hie ex alijs papiris elicitum scribere. Die folgenden Verse
Ma perchel tempo e corto
La penna al buon voler non po gir presso
Onde piu cose nela mente scritte ecc.
sind stilistisch interessant. Wenn man die ganze Canzone liest, so
glaubt man, der Dichter habe hier mit einer traditionellen Wendung
abbrechen oder vielmehr durch dieselbe verhüten wollen, dafs
den Leser die Länge des Gedichtes ungeduldig mache. Statt
dessen ist es in der That ein neuer Anfang und die citierten Verse
sind gcwissermafsen eine freie Übersetzung von nc diutius inter varias
curas distrahar. Aber wie geschickt weifs der Dichter den Ge-
danken so zu modeln , dafs er sich vor den Leuten zeigen kann !
Diese Proben oder vielmehr Andeutungen mögen vorläufig
genügen, bis sich zu einer abschliefsenden Chronologie sämtlicher
Gedichte die Gelegenheit bietet. Aber einige Punkte müssen hier
noch besprochen werden.
Ich habe schon gesagt, dafs die Schrift des Ms. sehr ver-
schieden ist. Man hat nicht weniger als vier Gattungen derselben
zu beschreiben :
I. Die erste ist am deutlichsten auf f. i ir ausgeprägt. Die
einstufigen Buchstaben sind ziemlich klein und aneinander gedrängt,
so dafs je drei Verse der Canzone neben einander in einer Zeile
Platz finden konnten, die dann natürlich die Blattiläche grmzlich
ausfüllen. Das Wesentliche aber ist, dafs die doppelstufigen Minuskel-
buchstaben stark verschnörkelt sind und nach oben und unlen in
gebogene Linien auslaufen :
Canzone angeregt habe. Im- wollte solclien .Vii^eluiKlii^imL^cii giL^eiiiibi 1 gi
naucn .Vufsclilufs über seine Kvlebnissc geben :
Canlero CDniii) iiissi in li!)erlaile,
Menlrc aniüv nel niio albergo a silegni) sebbe ;
l'oi segtiiio si eonie a Uli nencrebbe ece.
220 A. FAKSCIIKK,
Die M;iju.skfll)uclistal)CTi sind nin goliscli iukI /,ci;^iii gl«;icli-
(alls fiiicii KcicliUim an gc.-bogciic n i-inicn; einzelne wie A und N
im Jiincrn 2 kleine (^lurstriclie.
A ßd a& t njj Ol 0
2. Hei der zweiten ScliriHgaltung, in der z. I>. f. ir ganz ge-
gesclirieben ist, sind die Schn()rkel gänzlich in Wegfall gekommen
((), 1, li, (', r etc.) und die einstufigen Huclistahen l)(;deutend gnifser
geworden. Diese Schrift entspricht dem 'I ypus der gotischen Minuskel
des 14. Jahrh. ziemlich genau. Die Majuskelhuchstabcn sind jetzt
zum gröfsten Teil der römischen Kapitalschrift entnommen :
A, M, N, S
daneben aber begegnen noch einzelne gotische Majuskeln. Dabei
sind die Verse jetzt ausnahmslos in zwei KoJonnen geschrieben.
3. Die dritte Gattung, weicht von der vorigen dadurch ab,
dafs an die Stelle der eckigen runde Formen traten (bei den ein-
stufigen sowohl, wie in dem unteren Teile der mehrstufigen) und
dafs die Buchstaben wieder kleiner und schmäler werden. Daher
messen die Sonette dieser Gattung, welche gleichfalls in 2 Ko-
lonnen geschrieben sind, wie z. B. / di miei, E qucsio il tudo, Poslo
kl mcnte, je nach der Verschiedenheit der einzelnen Verse 12 — 14 cm
in der Breite, während die der zweiten Gattung iJMai nott uedranno,
Almo so/ U.S.W.) durchschnittlich etwa einen Raum von 17 cm
Breite einnehmen.' Die Majuskelbuchstaben sind durchweg roma-
nisch. Diese Schrift ist aufserordentlich schön und gleichmäfsig
und sie sieht der späteren Renaissanceschrift sehr ähnlich.
4. Zu dieser Minuskelschrift tritt noch eine Cursivschrift, in
der sämtliche chronologische Bemerkungen unci ein Teil der
Korrekturen geschrieben ist.
Wer das Ms. 3196 ohne auf seinen Inhalt Rücksieht zu nehmen,
prüft, wird wahrscheinlich dazu kommen, vier oder doch drei Schrei-
ber desselben anzunehmen, da einem derselben ja auch die Cursiv
angehören kann. Doch kann diese Annahme, die sich scheinbar
so sehr empfiehlt, bei einigem Nachdenken nicht Stich halten. Das
ganze Ms. mufs von Petrarca geschrieben sein, aus folgenden Er-
wägungen :
I. Die dritte Gattung ist von P. geschrieben, weil, wie wir
schon oben gesehen haben, es dieselbe Hand war, welche die So-
nette / dl miei etc. in Vat. 3195 und 3196 schrieb und ausdrück-
lich dabei steht //-. /> me, ir. j> »le in mcmbranis.
' Dasselbe Verhältnis läfst sich bei dem Autograph der Bucolica kon-
statieren. Dadurch dafs die Nachträge zu Ecloge 10 mit kleinen und zier-
licheren Buchstaben geschrieben sind, bleibt am Rande ein gleicher Raum frei
und die Verse werden sofort als solche sichtbar, was im Texte nicht der
Fall ist.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 221
2. Die zweite Gattung mufs von P. herrühren, da sie dieselbe
ist wie die der BucoHca, für welche wir wieder das eigene Zeugnis
des Dichters besitzen.
3. Die Cursiv mufs, sobald man nur einige der in ihr ge-
schriebenen Bemerkungen gelesen hat, P. zugeschrieben werden.
Denn abgesehen davon, dafs der Dichter in denselben sehr häufig
in erster Person spricht: /;'. p mc , responsio niea, hoc dedi Jacobo,
hoc duos viisi Thomasw ; tandcm surgo occurit, sed vocor ad cenam, ist
es geradezu lächerlich anzunehmen, dafs P. Bemerkungen, besonders
wie die letzten, einem Schreiber diktiert habe.
4. Am ehesten könnte man das Eigentum Petrarcas an der
ersten Schriftgattung bestreiten. Denn während die zweite und
dritte trotz mancher Verschiedenheit auch viele Verwandtschaft
zeigen und der Unterschied mehr, wenn ich so sagen darf, in der
Quantität, als in der Qualität der Buchstaben besteht, scheint die
erste durch eine Kluft von den beiden andern getrennt zu sein.
Scheint, sage ich, denn die Blätter ii^ — 14 und, wo dies noch
deutlicher hervortritt, 15 und 16, sind durchweg mit einer Schrift
bedeckt, die unzweifelhaft den Übergang zwischen dieser ersten
(Gattung und der Cursive bilden. Die gotischen Majuskeln finden
sich hier genau in derselben Gestalt wieder, ebenso eine Reihe von
Minuskelbuchstaben, unter denen besonders das f charakteristisch
ist, das in zwei Zügen, von oben nach unten und dann wieder
hinauf, ausgeführt ist, und in gleicher Form auf f ii"" und in
sJuntlichen Cursivbemcrkungen der Hs. wiederkehrt. Diese Über-
gangsschrift kann schon deswegen nicht von einem Schreiber her-
rühren, weil sich ein solcher unmöglich einer so flüchtigen, kaum
lesbaren Schrift bedienen durfte. Aufserdem aber zeigen die mitten
in den Text eingeflickten Korrekturen, von denen der Dichter zum
Überflufs (z. B. auf f. n ^) bezeugt, dafs er sie selbst geschrieben
habe, sich nicht im Geringsten von demselben verschieden. Wenn
man dazu bedenkt, dafs f. 11', wie ich oben nachgewiesen habe,
zu einer Zeit geschrieben ist, wo Petrarca noch als junger Mensch
in Avignon, und keineswegs in glänzenden Verhältnissen lebte,
sondern selbst im Dienste des Kardinals Colonna stand ; vor Allem
noch kein einziges Buch verfafst hatte: wozu hätte er sich damals
einen Abschreiber halten sollen? Unwillkürlich wird man beim An-
blick dieser so sorgsam verzierten und verschnörkelten Buchstaben
daran erinnert, wie Goethe in „Wahrheit und Dichtung" erzählt,
dafs sein Freund Behrisch ihn davon abgehalten habe, seine ersten
Gedichte drucken zu lassen, aber ihm dafür dieselben recht kalli-
graphisch abgeschrieben und den Dichter damit sehr erfreut habe.
Petrarca, der über keinen so hülfsbereiten G(>f;ihrten zu verfügen
halte, schrieb selbst mit gleicher kalligraphischer Sorgfalt seine
ersten Gedichte zu seiner eigmien Erquickung auf dieses rauhe
Papier; denn damals war ihm dies die Reinschrift und er konnte
noch nicht wissen, dafs eine Zeit konunen werde, wo seine Ge-
dichte ein bejirehrcnswerter Artikel für Andere sein würde und er
222 A. I'AKSC IIKK,
dalnr in dii; I.ji^m- koninicii k()iinl<-, dicsL'lben nochmals zu korri-
gi(!r(;ii uiul VL-rsdiic^Iciic Al).scliriri<-ii von ihnen anziifrrligi-n fxli-r
anlerLif^en zu lasscMiJ
Dil,' IlypoÜicse, die ich auf (irun«! cUescr Thatsachcn aulzu-
sU^llen, ich sage nicht Ix-rechtigt, sondern geniHigt bin, ist die, dafs
die Sclirift Petrarcas verschiedene Phasen der J'^ntwickUnig durch-
gemacht habe. Ich wciifs, thils ich damit lür Ahuichen eine Un-
geheuerlichkeit ausspreche, \v(mI meine Beliauptung Allem, was über
mittelalterliche Paläographie gelehrt wird, zuwiderläuft. Und ich
räume ein, es giebt Menschen, und das mag sogar die grofse Mehr-
zahl sein, die in ihrem siebzigsten Jahre genau so schreiben, wie
in ihrem zwanzigsten; wie es Schriflsti'ller giebt, die ihren Stil 2,
wie es Millionen von Menschen giebt, di(! ihre Ansichten während
ihres ganzen Lebens wenig verändern. Aber daneben hat es nicht
an Ausnahmen gefehlt, nennen wir sie immerhin so, die, besonders
unter dem Einflüsse verschiedener Verhältnisse , so verschiedene
Produkte hervorgebracht haben, wie den „Werther" und die „Rö-
mischen Elegieen", und eine gleiche Wandlung kann auch die
Schrift erleiden, von der man in neuerer Zeit nicht mit Unrecht
behauptet hat, dafs auch sie den Charakter eines Menschen bis zu
einem gewissen Grade widerspiegele. Und was die Mittelalterlichkeit
anbetriflt, so ist Petrarca, wie besonders Geiger treffend hervorgehoben
hat, eh\ moderner Mensch; er schreibt nicht, wie die meisten
Schreiber des Mittelalters für ein Kloster und hat nicht bestimmte
Schulvorschriften zu befolgen, sondern kann jederzeit diejenigen
Änderungen vornehmen, die ihm gut scheinen. Ich werde also
dem vorauszusehenden Vorwurfe, dafs meine I^ehauptung der bis-
herigen Erfahrung nicht entspreche, keine Rechnung tragen, sondern
berufe mich auf die angeführten Thatsachen.
Nach denselben zu schliefsen, hat sich die jugendschrift Pe-
trarcas, wie ich die dritte Gattung bezeichnen will, nach dem Muster
derjenigen gebildet, die damals in Mittelitalien, wo der Dichter
bekanntlich seine Kinderzeit zugebracht und wo er wahrscheinlich
schreiben gelernt hat, und in Südfrankreich, wo er während der
Abfassung seiner ersten Gedichte gelebt hat, üblich war.'* Die
zweite Gattung, die Mannesschrift, dagegen scheint aus der Nach-
' Vgl. das Sonett:
S'io avessi pensato che si care
Fossil! le voci de' sospir miei in rima etc.
2 So zeigen die Briefe von Berthold an Jakob Auerbach (herausgegeben
von Friedr. Spielhagen), die sich über mehr als 50 Jahre erstrecken, von An-
fang bis zu Ende fast überall den gleichen Stil und die gleiche Ausdrucks-
weise.
* Für Mittelitalien bin ich im Stande, auf ein Dokument hinzuweisen,
das in Florenz im Jahre 1302, also in derselben Gegend und um dieselbe
Zeit, in der Petrarca geboren wurde, geschrieben ist, nämlich das Verbannungs-
urteil Dantes, von dem der erste Band des Jahrbuchs der deutschen Dante-
gesellschaft ein Facsimile enthält. Die südfranzösische Schrift dieser Zeit ist
aus zahlreichen Hss. genügend bekannt.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 2 23
ahmung lateinischer Handschriften entstanden zu sein. Sobald
Petrarca alte Handschriften Ciceros zu kopieren begann, mufste
ihn, der schon ohnehin alles, was römisch und klassisch war,
schwärmerisch verehrte, der ohne Zweifel elegantere Schriftcharakter
derselben zur Nachahmung reizen. Und es ist nur natürlich, dafs
er diese veränderte Schrift auch später bei seinen c^'genen Werken
anwandte. Wann der Dichter sich zuerst dieser Schrift bedient
hat, weifs ich nicht anzugeben, jedenfalls nicht später als 1357,
denn aus diesem Jahre rührt das carmefi bucolicum her ', das diesen
Schriftcharakter zeigt.
Die erste Gattung, die Altersschrift, welche nur eine Verfeinerung
und Durchbildung der vorigen ist, hat sich naturgemäfs allmählich
aus ihr entwickelt, indem der Dichter anfangs bei aller Nachahmung
noch einige Schreibgewohnheiten seiner Jugend beibehalten hatte,
die aber, je länger er sich mit lateinischen Handschriften beschäftigte,
immer mehr verschwanden, so dafs der römische Charakter nun-
mehr überall rein zur Geltung kommt. Die Kleinheit der Buch-
staben mag wohl durch seine Kurzsichtigkeit veranlafst worden sein,
die mit den Jahren immermehr zunahm ; wenigstens habe ich als
einen Krfahrungssatz versichern hören , dafs Kurzsichtige und be-
sonders Greise sich kleiner, aber sehr deutlicher I5uchstaben zu
bedienen pflegen. Die datierten Sonette dieser Schriftgattung haben
die Jahreszahl 1368. Hierzu tritt als Bestätigung ein anderes Auto-
graph hinzu: Vat. 3359, De sui ipsius et aliorum ignorivitia, das
diese Alterschrift zeigt und am Ende den Vermerk von Petrarcas
eigener Pland: Hunc Jibellum ante biennium diclahan et alibi scriptum
a vie ipso, scripsi hie itertim manu viea et perduxi ad exitutn Arquatc
inter colles euganeos 1370 ju7iii 25 vergente ad occasum die."^
Die Cursiv schliefslich ist, wie aber schon gezeigt worden ist,
nichts anderes als einc^ Deterioriorung der Jugentlschrift infolge
des GeschwiiKlschreibers. Besonders deutlich sieht man dies an
Stellen, wie f. 7'' ol)c'n, wo die Randbemerkungen in Cursiv aus
dem Jahre 1357 neben dem Texte in Jugendsehrift stehen. In
Cursiv ist auch ein angebliches Autograph Petrarcas geschrieben:
Vat. 3357, welches Manuskript de vita solitaria und das itimrarium
syriacum enthält; aber trotz der Note B. Bembos, in welcher er
versichert pctrarcac ipsc quam vidcs manus indubia est, ist mir ili(>
Authencitität dieses Autographs höchst zweifelhaft.-'
Noch ein Ausweg bkubt übrig, um meinen Folgerungen zu
entgehen : anzunehpnen, dafs der Val. 3 1 q6 gefälscht sei. Dieser
Gedanke ist mir nicht etwa beim Anl)li(-k tles Manuskripts ge-
kommen, sondern ich habe ihn erst, als sich die Schwierigkeiten
h;iuftcn, als M()glichkeit in Erwägung ziehen müssen, um ihn aber
* S. S. 210 Anm.
'^ S. Navducci, catalofjo ecc, p. 62 uml 58 (für 33S7).
•' V.s ):jenii^c der Iliiiwcis, dafs aiil f. 24'" die suhscriptin der eitlen der
beiden Schriften kein Datum enthält, was wie wir gesellen haben, mit den
Gewohnheiten des Diehlers niclit übereinstimmt.
224 ^- l'AKSCHRk,
bald definitiv zu verabschieden, lun Fälscher hätte seine Absicht
ganiiclit ungeschickter ins Werk setzen können, wenn es ein solcher
gewesen wäre, l'.r hätte irgend eine Üljerschrifl an den Anfang
oder Schhifs gesetzt, welche die Autorschaft Petrarcas bekundete,
und er hätte sicherlich eine einheitliche Schrift gewählt. l''erner
bezwcille ich stark, dafs man am Anfang des i6. Jahrhunderts, wo
dieses Ms. zuerst auftaucht ', soviel paläographische Kenntnis besafs,
um die Schrift des 14. Jahrhunderts richtig nachzuahmen. Vor
Allem aber hätte er, um die chronologischen Bemerkungen hinzu-
zufügen, denen durch das, was wir sonst von Petrarca wissen, nie-
mals widersprochen wird, mit des Dichters Leben sehr vertraut
sein und aufserdem, um zu den definitiven Lesarten der Gedichte
andere hinzuzufinden, aus denen sich diese organisch entwickeln
konnten, ein Genie ersten Ranges sein müssen. So schHefst schon
das Studium dieses Ms. jede entfernte Möglichkeit einer Fälschung
aus; dazu kommt aber noch, dafs es, wie gezeigt, zu mehreren
anderen Autographen in engster Beziehung steht und der Peweis
ihrer Authenticität zum guten Teile auf den gegenseitigen J-'.nt-
sprcchungcn liegt: diese müfsten also eventuell sämtlich für Fäl-
schungen erklärt werden, wozu nicht der mindeste Grund' vorliegt."^
' Die Nachricht Ltidovico Becadelli's in seinem Leben Bembos dürfte
die früheste zulässige sein ; ich setze die ganze interessante Stelle nach dem
Vat. 3220 (f. 62 v) hierher:
Haveua di molti bei libri antichi, fra quali io ho ueduto un Terentio
{jetzt Vatic. 3226)/ che diceua esso credere esser certo esser scritto sino a'
tempi di Cicerone tanta maesta di lettere e di antichiti\ mostraua et alcuni
libri di Virgilio ( Fiz/. 3225 ti)id 3252); miniati in uarij hioghi con iigurc
che mostrauano cose fatte dagli antichi in altra maniera dalle nostre, oltre
questo haueva parecchi fogli di mano istessa del Petrarca delle sue rime
con diuersi concieri pur di mano dell'Autore. Lascio i libri Prouenzali
{über diese wird noch später zu sprechen sein) da ms Pietro cercati et stu-
diati con diligenza et molti altri libri e scritture, perche qui non intendo ri-
portar l'indice delle sue belle cose {wie sehr mufs man es bedauern , dafs
Bec. dies für überflüssig gehalten hat!) che troppo lunga sarebbe lo matcria,
ma ho ricordato queste, perche s' intenda parte degli ornamenti del suo studio,
e di trattenimenti di belli ingegni che lo corteggiauano, che come ho detto,
erano molti et a tutti faceua carezze.
Diese Erinnerungen rühren aus dem Jahre 1530 her, wo Becadclli in
Padua studierte.
2 Meine Behauptung von den vier Schriftarten Petrarcas wird ein gut
Teil des Befremdlichen verlieren , wenn ich auf einen Vorgang aufmerksam
mache , welcher vor unsern Augen stattgefunden hat und noch stattfindet,
welcher aber aufserhalb Deutschlands wohl wenig bekannt ist. Eine Anzahl
Deutscher, besonders Gelehrte, hat einen ähnlichen Wandel, wie ich ihn für
Petrarca annehme, thatsächlich vollzogen, indem sie von der sog. gotischen
zur lateinischen Schrift übergegangen sind. Da diese meistens aufserdem zu
flüchtigen Bemerkungen eine Currentschrift anwenden und bei Vielen von
ihnen sich die Schrift des Alters von der früheren merklich unterscheiden
wird, so hätten wir auch hier vier Schriftgattungen. Und wenn ein Nach-
komme einen Haufen Briefe und Aufzeichnungen fände, die alle von demselben
Manne herrühren , so würde er zu einer Zeit , wo möglicherweise auch in
Deutschland die lateinische Schrift in ausschliefslichem Gebrauch sein wird,
sicherlich grofse Bedenken tragen, sie derselben Hand zuzuschreiben.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 22^
Und die beiden ausgerissenen Blätter 17 und i8, seit wann
fehlen dieselben? Ich habe dies nicht feststellen können. Ubaldini
kennt sie noch, denn er hat den Cap. III des Trionfo d'Amore
(v. 70 bis Schlufs), den sie enthielten, auf S. XXXIII— XXXVI ab-
gedruckt. Von Wagenseil ', der nicht viel später von dem Biblio-
thekar Leo AUatius in der Vaticana umhergeführt wurde, ist dies
zweifelhaft. Er giebt eine ausführliche Beschreibung des Manu-
scriptums „etlicher Carminum", sagt aber nicht, aus wieviel Blättern
es bestand. Merkwürdig ist, dafs er als „Beyspiel für den Fleifs,
den Petrarcha in Verfertigung seiner Gedichte gebrauchet" gerade
eine der ausgerissenen Seiten (f. I7r) nach einem Exemplar der
Ubaldinischen Ausgabe, das er sich sofort in Rom gekauft hat 2,
völlig abgedruckt „weilen es (dieses Buch) in Teutschland , soviel
ich bishero sehen können , unbekannt." Aber dieses Beispiel ist
allerdings besonders lehrreich. Dabei erfahren wir, dafs es Allatius
gewesen- ist, der Ubaldini zu seiner Ausgabe veranlafst hat, und
zwar, „so nemlich, wie sie an sich selbsten seyen, jedoch dafs das
von den (sie!) Petrarcha ausgemusterte mit absonderlichen kleinen
Buchstaben von dem, was er gelten lassen, bemercket werde."'' Der
ursprüngliche Sammeteinband, der, wie wir gesehen haben, bis zum
Anfang unseres Jahrhunderts erhalten blieb, besafs wohl nicht die
genügende Festigkeit, sodafs sich die ursprünglich einzelnen Blätter
leicht loslösen konnten — eine Gefahr, die selbst der heutige Leder-
band nicht ganz ausschliefst.
Den Vat. 3195 scheinen, wie oben gesagt, weder Ubaldini
noch Wagenseil gekannt zu haben. Denn man darf voraussetzen,
dafs sie die Gelegenheit benutzt hätten, wenigstens ein Wort von
dieser so kostbaren Handschrift zu sagen. Wenn aber Allatius
nicht lange vorher in dem Verzeichnis von Petrarcahs. des Vaticans,
das er dem Tomasini sandte, auch dieses Autograph aulführt-*, so
mufs er diese Liste aus einem Kataloge mechanisch abgeschrieben
und sich, in Folge seiner vielen anderen Geschäfte (mufste er doch
gerade um diese Zeit zur Übernahme der Palatina nach Ileidt'I-
berg reisen) nicht weiter um das Autograph gekümmert habt>n.
Wie hätte sonst die Kenntnis desselben auf dem Vatican so spur-
los verloren gehen können ?
Damit wenden wir uns zu No. 3 des Katalogs. Diese Dante-
' yok. Cliristopiteri IVagenseilii De Sacri Rom. Inipcrü Libcra Civitatc
Noribergensi Com7nentatio. Accedit de Germaniae Plionascoruin. l'on der
Afeister- Singer Origine, praestantiix, utilitate, et instiiutio, Sermone verna-
ciilo Über. Altdor/i Noricorum. Typis iinpcnsisque jfodoci Willielnti KoJihsii.
1697. ^'^'^ habe dieses ziemlich seltene Buch in der niusilialischcn IMhliolhek
der Accademia di St. Cecilia zu Kom <,'efundcn, welche von <\^:\\\ Bibliollukar
l'rof. Berwin in mustcrhafler Ordnun«,' und Kcicldialli^lceil erliaUen wird.
^ Ks ist vielleicht dasselbe, das j,'ei^cn\värli^' die Wiener 1 lol bibliolhek
besitzt, — das cinzij^e, das meines Wissens auf deutsclicm Boden existiert.
Übrigens ist das Buch auch in Italien selten ■^'eworilcn.
^ 1. c. p. 480 und 481.
* Tomasini, Petrarca rcdivivus, l'adua KijS p. 31) und 40.
Zoitsühr. f. roui. l'UU. X. I5
2 26 A. PAKSCHEK,
hs. ist eine; von den vieren, welche Witte seiner grofsen Ausgabe
der Divina Commedia ' zu Orunde g<'legt hat. De Batines 2 giebt
von ihr eine ausführhche Ik'sclireibung, bei der die Ik;merkung,
die dann von Mehreren als feststehende Thatsache wiederliolt wird,
zu berichtigen ist: fu lascialo alla Valicaua da Afigelo Colucci. Wie
der Katalog erweist, hat F. Ursinus sie dieser Bibliothek vermacht,
und, wie wir sehen werden, ist sie vorher im Besitze von Bernardo
und Pietro Bembo gewesen. Ihre frühere Geschichte ist noch
dunkel. Der Tradition nach, der auch unser Katalog folgt, ist sie
nämlich von Boccaccios eigener Hand geschrieben ; hat sie der-
selbe 1359 dem Petrarca geschenkt und dieser sie mit Randnoten
versehen. Gegenwärtig sind die Ansichten über diese Punkte ge-
teilt; denn Witte behauptet zuviel, wenn er sagt ^: Btnche al giornn
d^oggi tutii quasi siaiio d'accordo che quel testo Vaticano .... noii sia
?ü scritto dal Boccaccio nl posliUato dal Petrarca.^
Aus der überaus reichen Litteratur^ will ich nur einige wich-
tigere Stimmen anführen. Salvatore Betti scheint der Erste ge-
wesen zu sein, der dem Glauben, dafs wir hier ein Autograph Boc-
caccios vor uns haben, entgegentrat. In einer Recension.der römi-
schen Danteausgabe vom jähre 1820, welcher dieses INIs. zu Grunde
liegt, sagt er**: Si crede comunemente esser stalo scritto di jnano del
Boccaccio, per certa rassomigliaftza di carättere che VOrsino vi aveva
riconosciuia. lo pcrb, che ne ho Jatto i piii scropulosi confronti, sono
d^alira opinione: 71011 parefidomi il Boccaccio, uorno cosi versalo nelle
cose di Dante, dovesse leggere in molii liioghi con manifesto errore il
divi7io poeina. Cid iion toglie perb che il codice, siccome jiitido ed anti-
chissimo, non siä talora di venerabile autoritä. Witte ist, wie wir ge-
sehen haben, sow'eit gegangen zu bestreiten, dafs auch Petrarca
der erste Besitzer gewesen und folglich, dafs von ihm Marginal-
noten der Hs. herrühiten.
De Batines'' spricht sich nicht entschieden aus, aber Boccaccio
als Schreiber möchte auch er nicht annehmen: Le ragioni allegate
' La divina commedia , ricorretta supra quattro dei piii autorevoli testi
a penna da Carlo Witte. Berlin, Decker 1862.
^ De Batines, bibliografia dantesca II 165 — 168.
3 1. c. LXXVII der Einleitung.
* Wenn er dann in den beiden Anmerkungen auf derselben Seite hin-
zufügt: Che questo codice sia stato possediito dal Card. Betnho, semhra piut-
tosto congettura che fatto storico. Quel che ne safpiamo di certo si e che
fii lasciato alla Vaticana da Angela Colucci, morto nel 15^9 und dann sogar
von der antica favola relativa alle scrittore ed al primo possessore del
manoscritto \ Petrarca'] spricht, so zeigt er sich weniger gut unterrichtet, als
man von ihm erwarten dürfte. Wie wir sehen werden , hätte er sich eine
richtigere Ansicht verschaft'en können und jedenfalls hätte er, wo er keine
eigenen Forschungen angestellt zu haben scheint, sich nicht so bestimmt
äufsern dürfen.
5 Die man bei Carducci, Studi letterari, Livorno 1880, p. 319 Anm. zu-
sammengestellt findet.
^ Giornale Arcadico X 395.
" 1. c. p. 167 und Anm.
AUS EINEM KATALOG DES F. UR SINUS. 227
per sostenere tale affermativa sono la sotnigliaiiza del caratlere di quesio
codice con un facsimile del Boccaccio . . . . Se ü facsimile e quello del
Terenzio della Laurenziana di Firenze unito a quesio codice, confesso di
non esser rimasio convinto della medesimezza del caratlere. Carducci, auf
den ich weiter unten zurückkomme, verhält sich entschieden ne-
gativ in Bezug auf das Autograph, hält es jedoch für wahrscheinlich
oder mindestens gut möglich , dafs dieser Kodex ein Geschenk
Boccaccios an Petrarca gewesen ist.
Unter den Neueren, die die sämtlichen obengenannten Fragen in
positivem Sinne beantwortet haben, verdient besonders der gründ-
liche Petrarcaforscher Fracassetti, dem ich selbst ein gut Teil von
allem Biographischen, das ich von diesem Dichter kenne, verdanke,
gehört zu werden. Ich werde mich daher mit ihm auseinander-
setzen, indem ich nach einander folgende Punkte erwägen will:
I. Ob überhaupt Boccaccio dem Petrarca eine Hs. der Div. Com.
gesandt hat; — 2. Ob diese mit dem gegenwärtigen Vat. 3199
identisch ist; — 3. Ob Boccaccio diesen Kodex mit eigener Hand
geschrieben hat; — 4. Von wem die Randbemerkungen herrühren.
Den ersten Punkt ist es Fracassetti in der langen Note zu
dem Briefe Petrarcas ', mit welchem dieser sich von dem Ver-
dachte reinigt, au Dante neidisch zu sein, unzweifelhaft gelungen
zu erweisen.
Den zweiten Punkt hat er wenigstens wahrscheinlich gemacht
und daher wird sein Resultat von dem scharfsinnigen und ruhig
abwägenden Carducci mit folgenden Worten acceptiert 2 : Condotlo
SU larghi fogli di hella perganmia, di lettera studiatissima , con le
inizmli colorite a ogni ierzina e fregiate d^oro e d'azzurro in cinia
dei canti , con mtniata nella prima caria d'ogni caniica uiia in-
segna nella quäle il Baldelli e il signor Fracassetli riconobhero la
sternnia gefililizio del Petrarca'^, Vesemplare vaticano parrehhc vcraincntc
fatlo a uso di donativo. Die Bedenken, die Carducci daran knüpft,
wird er vermutlich fallen lassen, wenn ihm mein Nachweis, dafs
einige Randnoten von Petrarcas Hand herrühren, genügend er-
scheinen sollte.
Bei dem dritten Punkte halte ich es für zweckmäfsitrer und
* Fracassetti, Letlere di Fr. Petr. delle cose familiari ecc. Firenze 1S66,
Libro XXI, Lelt. XV.
■■^ Carducci, Sludi leltcrari ecc, p. 319 ff.
3 Die Anj^aben Fracassettis in Bezug auf dasselbe sind niclit rjanz genau.
Im ursprünglichen Zustande bcrmdct sich das Wappen ansclieinend nur auf
f. 27, auf welchem das Purgatorio beginnt, liier schliefst es auf dem rechten
Rande der Vorderseite den Kranz der Arabesken ab und besteht aus einem
blauen Schilde mit einem goldenen Querbalken , und einem goldenen Sterne
in der rechten obern Ecke. Dagegen befindet es sich auf la und 53, dem
Anfang des Inferno und des L'aradiso, in der Mitte des unteren Randes und
das Schild wird an erster Stelle von 2 Amoretten getragen , an der zweiten
ist es von Kinderköpfen umgeben, bciile Male aber ist es mit (loldfarbe in
roher Weise überpinselt, sodafs nur der QuerbalUcn durch sein intensiveres
Gold zu unterscheiden ist.
228 A. J'AKSCHEK,
kürzer, bevor ich auf Fra.'s Darlegungen eingehe, einiges That-
sächliche festzustellen, das ihm nicht bekannt war.
Manche von denen, welche die Hs. gesehen haben, haben
bereits mehr oder weniger bestimmt geäufsert, dafs die Schrift der-
selben der des Boccaccio nicht ähnlich sei. Aber mit solchen
allgemeinen Urteilen über Ähnlichkeit und Unähnlichkeit kann man
eine derartige Frage nicht zum Abschlufs bringen ; man hätte zur
Analyse des Einzelnen fortschreiten müssen und hätte dann schon
nach sehr kurzem Studium folgendes entscheidende Factum ge-
funden : Währeftd Boccaccio in sämtlichen sicher von ih?n herrührenden
Schriften i aus schlief slich dieselbe Form des kleinen a mit dem Haken
darüber, wie die heutige lateinische Druckschrift (a) anwendet, zeigt der
Text der Div. Com. ausschliefslich jene andere Form ohne Haken,
welche der des heutigen deutschen Druck-Alphabets zunächst steht (a).
Bekanntlich befinden sich das 14. und 15. Jahrhundert in Be-
zug auf diese beiden Formen in einem Übergangsstadiura. Während
die vorhergehenden Jahrhunderte nur das a mit Haken kannten, das
in der Zeit der Renaissance wieder von der Druckschrift auf-
genommen wurde, waren damals beide Formen neben einander
üblich. Nach meiner geringen paläographischen Erfahrung läfst
sich daher nicht etwa aus dem Gebrauch des a schliefsen, dafs
diese IIs. jünger sei, als Alles, was wir von Boccaccios Hand be-
sitzen; wohl aber scheint es mir unzweifelhaft, dafs der Vat. 3199
(in seinem Hauptbestandteile) nicht von derselben herrühren kann,
da sich unter den Tausenden von a, nicht ein einziges Mal — ich
glaube dies versichern zu dürfen — diejenige Form findet, welche
dem Certaldesen während seines ganzen Lebens geläufig war.
Neben diesem Factum scheint es mir durchaus überflüssig, auf Ver-
schiedenheiten, die andere Buchstaben zeigen, einzugehen.
Was ich soeben gesagt habe, gilt jedoch nur für den Text
der Divina Commedia, nicht von dem was der Kodex sonst noch
enthält, d. h. aufser den Noten, dem lateinischen Gedichte Bocc's,
mit welchem er seine Sendung begleitete.2 Über dasselbe gestehe
ich ein sicheres Urteil bisher nicht gewonnen zu haben, nur aus
Wahrscheinlichkeitsgründen neige ich zu der Annahme, dafs es von
Bocc's Hand herrühre. Der Schriftcharakter der Wid. ist weder der
gewöhnliche Bocc's, denn dieser pflegt sonst nicht seine Schriftzüge
derartig zu verschnörkeln, wie hier, und noch viel weniger der des
1 Zur Vergleichnng hat mir in erster Linie der Vat. 3362 gedient, der
auch einst F. Ursinus und vorher B. Bembo gehört hat, und des Boetius
Schrift de consolatione philosophiae enthält, von Boccaccios Hand geschrieben,
wie E. Narducci in seiner Abhandhing Intorno all' autenticitä di un codice
Vaticano contenente il trattato de Boetio de consolatioae philosophiae etc.
Rom 1882 (Auszug aus den Abhandlungen der Accademia dei Lincei) in völlig
ausreichender Weise bewiesen hat. Daneben benutzte ich die der ebenge-
nannten Schrift beigegebenen Facsimiles von Autographen auf der Laurenzia-
nischen und Ambrosianischen Bibliothek.
2 Ich werde dasselbe im Folgenden der Kürze halber mit Wid(mung)
bezeichnen.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 2 2g
Textes. Die Wid. zeigt nämlich gotische Minuskeln und überwiegend
lat. Majuskeln, der Text in seinen Minuskeln einen Charakter, der
mit dem, den man im lateinischen Druck als Cursive bezeichnet(also
kleinere, gerundete Buchstaben) verwandt, dabei aber durch allerhand
Schlangenlinien verziert ist, während die Majuskeln durchweg gotisch
sind. Die Annahme, dafs wir es mit einer manierierten Handschrift
zu thun haben, mit welcher Fracassetti im Bezug auf die ganze
Hs. allzu freigebig ist, könnte bei der Wid. ihre ausnahmsweise
Berechtigung haben; und zwar aus folgenden Gründen:
1. Zu dem sehr unwahrscheinlichen Ausweg, dafs sich Bocc.
zum Schreiben der Wid. eines besonderen Schreibers bedient habe,
wird man sich nur im äufsersten Notfalle entschliefsen.
2. Der Kopist des Textes hatte nicht die geringste Veranlassung,
seine Schrift bei der Wid. irgendwie zu verändern, und es lag gar-
nicht in dem Bestreben dieser Schreibsklaven, irgendwelchen indi-
viduellen Neigungen zu folgen. Der Dichter dagegen konnte sehr
wohl einerseits den Wunsch hegen, sein eigenes Gedicht an Pe-
trarca auch selbst zu schreiben — ja, das Gegenteil wäre unnatür-
lich — andrerseits aber dasselbe nicht zu sehr von dem gegen-
überstehenden Texte abstechen zu lassen. Und deswegen wäre es
begreiflich, dafs er die künstlich verzierten Buchstaben des Ko-
pisten teilweise nachzuahmen versucht habe.
3. Die Schrift der Wid. zeigt in der That ein solches Misch-
verhältnis zwischen Bocc.'s gewöhnlicher Schrift und den Buch-
staben des Textes. Am klarsten ist dies, abgesehen von dem, was
ich schon oben angeführt habe, daran zu sehen, dafs sich hier die
beiden Formen des kleinen a, mit und ohne Haken, finden. Das
numerische Verhältnis dieser beiden Formen habe ich festzustellen
unterlassen, weil dasselbe völlig irrelevant wäre, aber es ist zu be-
merken, dafs gegen das Ende, wo die Aufmerksamkeit des Schrei-
benden nachgelassen hat und seine Gewohnheit daher wieder zum
Diirchl)ruch kommt, das a häufiger ist als vorher.
Geradezu mich zu der Ansicht zu bekennen, dafs Bocc. die
Wid. geschrieben habe, hält mich — wenigstens vorläufig — der
Ausspruch einer so gewichtigen Autorität, wie Carducci, ab: a///h-n
g/i esamelri i quali prccedono il pocma non possono esscre scrilti di iiuin
del Boccaccio, E impossibi/c che rgli, Vautore, manomctkssc cosi i<^^/h>-
ranteincnte Vopera sua. E badate, che la kzione ncl fondo ? buona c
gcmiina : ma il copisia , non sapendo , 0 poco, di latino , e forsc non
leggendo franco nell^ originale, fha conlaminala di sproposili plebei, ben
diversi da quelli che allora commettevano scrivcndo anche i /eltcratiJ
Vielleicht finde ich später Gelegenheit, auch diesen Punkt in nälu-re
Erwägung zu ziehen.
Was Fracassetti zu Gunsten seiner .\nsichl anlulnl. tlafs auch
der Text der Div. Com. von Bocc.'s Hand sei, erledigt sich «.huch
diese Ausführungen zum grofsen Teil. Bocc. habe auch schon
* Carducci, Studi Ictlcraii p. 320.
230 A. PAKSCHKR,
früher einige kleine Schriften von Cicero und Varro für Petrarca
abgeschrieben, wie dieser in seinem Briefe (Kam. XVIII 4) bezeuge:
accessit ad libri grafiam quod manu tua scriptus erat: aber gerade
das Fehlen einer solchen Bemerkung in unserem Briefe ist ein
starker Beweis gegen l''racassctti's Ansicht. Denn wenn Petrarca
schon bei dem kleinen Büchelchcn diesen Umstand besonders
hervorhebt , mit welchen überströmenden Worten hätte er dem
Freunde danken müssen, dafs er sich der Mühe unterzogen habe,
einen Kodex von solchem Umfange eigenhändig für ihn zu schreiben.
Ja, das Fehlen eines jeden Dankes in dem Briefe Petrarcas macht
es mir zweifelhaft, ob man überhaupt von einem (Jeschenk reden
darf, wie auch Bocc. in seinem Gedichte nicht das Wort donum
gebraucht, sondern nur sagt : nimm es und studir' es [suscipe, Junge
Ulis, lauda, perlege). Wenn ferner Frac. meint, wenn ein Kopist den
Text der Div. Comm. geschrieben hätte, so wäre derselbe unmög-
lich, cosi niiido insieme e cosi corretto, so berufe ich mich auf das
in dieser Beziehung höchst kompetente Urteil Witte's ', dafs nach
den Lesarten zu schliefsen, der Schreiber zwar eine gule Vorlage
gehabt, sie aber durch einige Schnitzer entstellt habe. Schliefslich
irrt Fr. auch da, wo er behauptet, che ü Boccaccio non avrebbe vo-
luto ?natidare Vopera di Dante alP atnico, senza prima rivederla e farvi
quelle correzioni, di cui fiel Codice non si vede traccia veruna, denn,
wie wir sogleich sehen werden, trägt der Kodex in der That einige
Korrekturen Bocc.'s, die nicht mit der Hs. des Textes überein-
stimmen. Dieser Umstand allein wäre schon hinreichend , die
Frage, ob der ganze Vat. 3199 ein Autograph Bocc.'s ist 2, negativ
zu entscheiden.
4. Damit komme ich zum letzten und wichtigsten Punkte, der
Beurteilung der Marginalnoten, und wenn ich mich gerade hier für
besser unterrichtet halten mufs, als meine sämtlichen Vorgänger,
so bin ich mir völlig bewufst, dafs mein Verdienst dabei ein sehr
geringes ist, indem ich durch die hier dargelegten Studien dazu
gekommen bin, die Handschriften Petrarcas, Boccaccios, Bernardo
und Pietro Bembo's aus unzweifelhaften Originalen kennen zu lernen.
Da aber speziell die folgende Aussage über die Bemerkungen Pe-
trarcas wahrscheinlich zur Basis weiterer Untersuchungen gemacht
werden wird, so halte ich es nicht für überflüssig zu erklären, dafs
ich dieselbe nach bestem Wissen und Gewissen gemacht habe, und
ferner, dafs ich glaube, mit den Schriftzügen dieses Dichters gegen-
wärtig so vertraut zu sein, um auch über vereinzelt vorkommende
Wörter und Buchstaben mir ein sicheres Urteil erlauben zu dürfen.
Die von mir bemerkten Marginalnoten sind die folgenden:
' 1. c. LXXVII der Einleitung.
'^ Da aber F. Ursinus behauptet, di mano del Boccaccio, wobei er sich
vermutlich auf die Ansicht von Zeitgenossen stützte, so sieht man von Neuem
(vgl. S. 2i6Anm.), dafs die paläographischen Ansicht endes 16. Jahrh. uns nicht
mehr mafsgebend, sondern nur eine Veranlassung zur Neuprüfung sein können.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 23 I
1. c. I D 1 ZU Inf. 2,24 U siedel successor del tnaggior piero: sie. 2,24
fmed' et 'f. e. 7. I. fi. von Petrarcas Hand.2
2. c. 5 C zu Inf. 7,66 non poterebbe fame posar üna hat Pietro Bembo
die hier wiedergegebenen Striche und Punkte gemacht
und an den Rand geschrieben : Non ne und pur una.
3. c. 12B Inf. 16,105 hat Bernardo Bembo la Itngiia offesa des
Textes durch lorecchia am Rande verbessert.
4. c. 18 A Inf. 24,11g 0 uendecta didio : potentia von P. Bembo's
Hand.
5. c. 28 B Purg. 3,5 senza lui iwlto : corso von B. Bembo ge-
schrieben.
6. c. 36 D Purg. 14,42 paiira : pastura von Petr.
7. c. 38 D Purg. 16,138 de/ buon currado 7iii//a senta : Gherardo
Petrarca.''
8. c. 40 C Purg. 19,36 Irouiayn la p orta P la quäl: Boccaccio hat
al'laperto ^ an den Rand und über das a von la ein o
geschrieben,
g. c. 42 B Purg 21,61 De la vionditia soluer st /a proua : el sol
uoler. Bern. B.
10. c. 47 C Purg. 28,91 -Lo somino ben ke sol a se place : bene che
solo. B. B.
11. c. 49 D Purg. 31,24 Dl qua dal quäl nomc ache saspiri : di la.
Boccaccio.
12. c. 50 D Purg. 32,55 /assl : fansi Bocc.
13. c. 50 D Purg. 32,67 pinton : tor Bocc.
14 c. 65 D hat B. B. vor (Parad. 17,133) Qticsto luo grido ein
Zeichen gemacht und an den untern Rand der Seite
die Verse 130 — 132 geschrieben, welche der Kopist
ausgelassen hatte :
Ctie se la uoce tua sara molesta
Nel primo gusto uital nutrimento
quando Lasciera poi cli la scra digesta.^
' Der Vat. 3199 ist in 2 Kolonnen geschrieben; niil A uiul B l)e/,eiclinc
ich die des recto, mit C und D die des verso.
'-' Das zweite Citat ist sicher Johannis Evangelium; man sollte danach
erwarten, dafs auch das erste auf eine Stelle der Bibel oder auf die eines
Kirchenschriflstellers verweist; es ist mir aber nicht gelungen, sie auslindig
zu machen.
^ jNIan beachte, dafs die beiden Verbesserungen Petrarcas den richtigen
Text darstellen. Vorher (V. 124) hat übrigens der Schreiber selbst gherardo
geschrieben.
* Trotz des auffälligen Apostrophs glaube ich mich auch liier in der
Autorschaft Boccaccios nicht zu irren.
* Von diesen Noten erwähnt die Ellcmeris lelteria di Ktuua VI 155, nur
die Noten 2 und 3; aufserdem fügt sie hinzu : Inf. 17,123 non ludiii davanti:
ud), wo der Text allerdings ludia bietet, aber ohne jegliche Bemerkung ; und
Inf. 22,142 schermidor : sc/urniilor, wo der Schreiber selbst nachträglich ilas
Wort in sghermidor verbessert hat. Verbesserungen dieser Art habe ich
nicht notiert.
232 A. T'AKSCHER,
Mein Urttil lilicr diese IIs. fasse ich dahin zusammen, dafs
dieselbe sicher diejenige ist, welche B(jcc. an l'elrarca gesandt hat,
dafs die Widmung vielleicht, der Text unzweifelhaft nicht von
seiner Hand herrührt. Da Uocc. einerseits eine gute Vorlage ge-
wählt haben wird, andererseits sich begnügt hat die Schnitzer des
Schreibers, unter denen sich so sinnlose wie pinlon befinden, auf
wenigen Seiten zu korrigieren, so kann die kritische Würdigung
dieser Tis. keine Schwierigkeiten bereiten.
Von der Reihenfolge des Katalogs abgehend, lasse ich die
Besprechung von Vat. 3197 folgen, weil dieselbe eine Kopie von
No. I und No. 3 von P. Bembos Hand ist. Auch dies ist un-
glaublicher Weise in Frage gezogen worden, wie überhaupt — es
mufs dies gesagt werden — in Bezug auf Dante und Petrarca eine
ganze Reihe von Dingen behauptet und bestritten worden sind,
wo ein aufmerksames Betrachten der Hs. jede Diskussion über-
flüssig gemacht hätte. Die l^eschreibungen der Vat. 3197 bei De
Batines und Narducci sind unzureichend. Dieselbe ist eine Papier-
hs., 2 1 I/o cm breit, 30 cm hoch und in rotem Sammet gebunden.
Vorgebunden sind eine Notiz über den gegenwärtigen Zustand
der Div. Commedia 1 und eine Nachricht über den Tod Petrarcas.
Die Letztere schliefst El testo [d. i. di questa fiotd\ ho copiato da una
cronica vecchissima ei cadiica de uerbo ad iierbum, finge?ido Ic letiere come
le trouatia scritie et iiulla vmtando a uostra signoria sempre mi racco-
mando. P. Capo de Vacca.
Das nächste Blatt trägt den Vermerk Tulte le potsie dcl Petrarca
e del Dante, scritto (sie) iti papiro di mano del Befnho in foglio FtiL
UrsX Es folgt noch ein weiteres Blatt und dann beginnt der
eigentliche Kodex, der in zwei Teile zerfällt, die ihre besondere
Paginierung haben. Der erste hat auf f. ir den Titel Le cose vol-
gari di Messer Francesco Petrarca, und auf f. l v Sonetti et Canzoni etc.
und dazu in Vita di Madonna Laura diese Gedichte in Vita gehen
bis 8g v; das letzte ist Cantai; hör piango. f. 90^ ist leer, f. gor^ö«.
et Canzoni etc. Ln Morte di Madonna Laura, gir beginnt diese
Abteilung mit der Canzone L'' uo pemando'^ und geht bis I42r, auf
der Vergine bella schliefst. Die Reihenfolge ist bis hierher dieselbe
wie in Vat. 3195 und auch die Zweiteilung ist beibehalten, nur dafs
sich Bembo die Zusätze in vita und ifi tnorte erlaubt hat.
f. 142V ist leer. f. I43r beginnen die Trionfi und gehen bis
1781-. Dieser Teil des Kodex zählt 178 Blätter.
1 Über diese s. später.
'^ Bemerkungen dieser Art finden sich in sämtlichen Büchern , welche
F. Ursinus der Vaticana vermacht hat, sie rühren aber nicht von seiner Hand,
sondern wahrscheinlich von der eines Bibliotheks-Beamten her.
3 Bcmbo hat anfangs dieselbe erst mit Aime il bei vivo (f. gy) beginnen
lassen wollen, denn er hat über dieses Gedicht geschrieben AHa Pars hie in-
cipit ab alia separate . hie est mortis, dann aber diese Bemerkung wieder aus-
gestrichen.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 2^;^
Der zweite, auf f. ir als Le Terze Rime dt Dante bezeichnet,
zeigt auf derselben Seite das Datum Sexto Jul. 1501I und auf der
Rückseite UOnferJio (sie) eH Purgatorio el Paradiso di Dante Ala-
ghieri. Das Übrige gebe ich mit den Worten der vorgehefteten Notiz :
Nella Copia della Divina Commedia di mano del Bembo le carte sono
168 registrate regolarmente benche nella copia vi sieno salti e lacune.
Dalla carta 2 fino all 80 retro vi sono tutti i Canti delP Inferno sino all'
ultimo C. 34 che arriva solo al v. 93 inclus.
Dalla carta 81 comincia il C. 20 del Paradiso dal suo principio tino al
Paradiso C. 22 v. 66 inclus. e arriva alla carta 86 retro.
La carta 87 principia col Paradiso C. 16 dal v. 49 incl. fino al Parad.
C. 19 verso 90 incl. etc.
Alba carta 103 vi e la fine del Purgatorio C. 16 dal v. 125 incl. etc.
termina alla carta 145.
La carta 146 comincia col C. i del Paradiso etc. etc.
Mancano :
Neil' Inferno dal C. 34 verso 94 fino al termine della prima Cantica.
Nel Purgatorio dal C. I fino al C. 16 verso 123 incl. Nel Paradiso dal C. 3,7
al C. 16,49; dal C. 19,90 fino al termine del Canto, dal C. 22,66 fino al V. 126
stesso Canto, dal C. 26,13 ^^o al V. 73 dello stesso Canto. **
Wer die Daten dieser Hs. gelesen hat ■', und weifs, dafs der
Druck der Aldinischen Dante-Ausgabe noch im Juli 1502 beendigt
wurde, wer auf jeder der ersten Seite des Inferno Lonferno als Über-
schrift gelesen hat; wer gesehen hat, wie Bembo jedes im Texte
irgendwie undeutlich geschriebene Wort am Rand in derselben Form,
aber deutlicher wiederholt, konnte nicht zweifeln, dafs diese Kopie
Bembos wirklich als Manuskript für den Druck gedient habe. Wer
ferner bedenkt, in welcher Weise diese Blätter verstellt sind und
welche Lücken dieser Kodex aufweist, mufs notwendig auf denselben
Gedanken kommen, den Witte auf S. XIII ausspricht, aber nur teil-
' Ebenso am Schlufs (auf f. 268'" ) Finittcs in Recafio rure Hercidis
Strozzj miei Sept. Kl Aug. MDII. Vorher hatte Bembo 26. Jul. MD II ge-
schrieben, dann es aber durchgestrichen und vorgezogen, sich lateinisch aus-
zudrücken. De Batines liat sich begnügt, das Schlufsdatum zu geben.
'^ Unter dieser Notiz bermdet sicli der Stempel der Vaticuna , sie rührt
also von einen Angestellten derselben her. Ich habe tlasjenige wiedergegeben,
was mir von Belang scliien ; das Übrige , der Raumersparnis halber, weg-
gelassen.
^ Cian hat sich, im Gegensatz zu seiner sonstigen Genauigkeit mit dem
Schlufsdatum begnügt, das er wahrscheinlich bei De Battines gefunden Iiat,
und sie);, dadurch zu der peremptorischen, aber darum niclu minder falschen
Erkläru'Vg verleiten lassen (I. c. 90 Anm.): Ma iina bona ragione fra le vtolte
[welche?] per non credere che questo codice 3197 nbbia potuto servire all\'di-
zione del 1501 sta nel fatto die esso comc abbiamo veditto porta la data 1502,
cioc li una copia eseguita dal Bembo posteriamente aW edizione aldina. Cian
spricht hier vom Petrarcateil und hätte sich sagen ilürfen (abgesehen ihwon,
dafs er bei Witte auch das Datum 1501 gefunden hätte), dafs wenn ein um-
fangreicher Kodex 1502 beendigt wurde, deswegen immer der erste Teil des-
selben früher geschrieben sein kann und sogar wahrscheinlich früher ge-
schrieben ist.
234 A. PAKSCHER,
woisc ])egründet, dafs nämlich die einzelnen Bogen der Abschrift
von der Villa der Strozzi, auf der sich Bembo befand, sofort in
die Druckerei gewandert seien, und füge ich hinzu, dafs später
diejenigen, die nicht auf diesem Wege verloren gegangen waren,
ohne Ordnung zusaramengelieflet wurden. Wenn aber Witte 1. c.
gegen die Ansicht Manzi's, der Vat. 3197 sei eine genaue Kopie
des Vat. 3199, bemerkt: liasta amfrontare qualche dozzina di versi
per conoscere che fra VAldina e il cod. detto del Boccaccio vi h vera-
viente un' af finita' grande, via che pure gli esempj di disscnso non sono
7ii rari, ni di poco rilievo, so kann ich ihm nicht beistimmen. Mit
diesen Worten will Witte, der nach LXXVIll Anm. überhaupt nicht
glaubt, dafs Be. jemals im Besitze des Vat. 3199 gewesen sei, nicht
nur die Genauigkeit der Kopie bestreiten, sondern dafs es über-
haupt Kopie desselben sei, obwohl er dies nicht deutlich sagt. Nun
kann aber über diesen Punkt nach dem, was ich oben über die
Noten P. Bembos mitgeteilt habe, ein Zweifel garnicht mehr be-
stehen. Und es sind auch sämtliche Verbesserungen des Vat. 3 1 99
in diese Kopie aufgenommen. Aber auch der Abdruck Manzi's
cssatta copia hat eine gewisse Berechtigung, denn ich habe nur
autographische und metrische Varianten gefunden, von der Art,
wie wir sie gleich bei Petrarca kennen lernen werden.
Bei dem ersten Teile des Kodex, welcher Petrarca enthält,
liegen die Verhältnisse nicht minder klar. Es ist wirklich merk-
würdig zu nennen, dafs von den Vielen, die sich speziell mit den
Petrarcamanuskripten beschäftigt haben, soviel ich weifs. Keiner bis-
her auf Randnoten folgender Art geachtet hat:
f. 2v Text secur Rand P securo
4r „ colonna ,, P columna
4V „ für „ P fuor
8i' „ scritto „ P scripto.
Ich glaube, es hätte dann nicht besonderen Scharfsinns be-
durft, um zu vermuten, dafs P Petrarca bedeute und dafs die
Varianten der Vorlage Bembos entstammten, besonders da die
Versicherung Aldos bekannt war, dafs die Ausgabe nach einem
Autographen Petrarcas gemacht sei. Abgesehen davon, dafs auch
dieses selbst für denjenigen, der die ältere Petrarca-Litteratur ein
wenig kannte, nicht schwer zu finden war.
Und diese Bemerkungen sind keineswegs selten, sondern wir
begegnen ihnen ebenso auf 8v, gv, lor, 131- etc. Da sie bis
f. I4ir gehen, d. h. bis zur letzten Canzone, bei den Trionfi aber
ffänzlich fehlen, so kann man schon hieraus ersehen, dafb, Bembo
für diese kein Autograph benutzt hat.i
Wer etwa jetzt noch zweifelte, dafs Bembo das vollständige
Autograph (Vat. 3195) schon i. J. 1501 gekannt habe, den kann
man auch noch darauf verweisen, dafs er auf eines der Schlufs-
• Auf diesen Punkt werde ich noch an anderem Orle zurückkommen.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 235
blätter des Petrarcateils von 3197 den vollen Titel von 3195 ge-
setzt hat [Francisci peirarche laureafi poete. Rertim vulgarmm frag-
mentci), wahrscheinlich um sich denselben für den späteren Ankauf
zu merken.
No. 4 unseres Katalogs gehört zu denjenigen Handschriften,
welche wie Vat. 3199, 3202 u. A. von den Franzosen nach Paris
entführt wurden, ist aber nicht wie diese i. J. 18 15 dem Vatikan
wiedererstattet worden, sondern befindet sich noch heute in der
Pariser Nationalbibliothek, wo sie die Nummer 12473 (früher suppl.
fr. 2032) trägt. Es ist mir daher nicht möglich, eine Beschreibung
derselben zu geben, dagegen vermag ich Einiges über ihre Ge-
schichte mitzuteilen.
Von ihr ist nämlich in einer Notiz die Rede, welche sich auf
dem Deckblatt des Canzoniere Vat. 5232 (A) befindet. 1 Es werden
daselbst zwei provenzaüsche Liedersammlungen mit einander ver-
glichen von denen die eine Aldo, die andere Mocenigo, oder das
war von vornherein nicht ganz klar, F. Ursinus gehört habe. Nach
den Angaben der Notiz mufste sich mein Augenmerk besonders
auf die Hss. richten , welche Bartsch mit A, J und K bezeichnet ;
welche aber von diesen Aldo gehört habe und welche die mit
dieser verglichene war, mufste auf anderem Wege gefunden werden.
Meine Bemühungen über den Bestand der Bibliothek der Aldos
etwas zu erfahren, bheben fruchtlos; dagegen fand ich mit Hülfe
des oben citierten Aufsatzes des Comm. Giamb. de Rossi den hier
besprochenen handschriftlichen Katalog. Aus diesem ging hervor,
dafs K einst dem F. Ursinus gehört habe, es blieb aber noch die
Frage, ob nicht auch J, auf den die Angaben der Notiz ebenso ge-
pafst hätten, sich einmal im Besitze des F. Ursinus befunden habe.
Dieser Zweifel wurde durch den bekannten Zibaldone der Ambro-
sianischen Bibliothek D 465 inf. gelöst, welcher das folgende Ver-
zeichnis 2 enthält :
f. 28öi" Tauola tlclli auttoii l'ioucnjzali con li principij delle j loro puesic
che sono nel libro del Mag'" Ahiise | Moccnifjo.
Item la tauola delli suddilti aulori | per uia d'Alpliahcto.^
f. 287'' Aqui son escvij,' li nom dclz trobadors qiie son eii acpiosl liuic
que ont Irobadas las chansüiis luns apres lautre.*
* Den Wortlaut derselben hat Grützmacher im Archiv für das Studium
der neueren Sprache etc. 1863 p. 141 gegeben.
- Da aufser der Beschreibung auch ein Inhaltsverliällnis von Iv fehlt,
dessen Mangel z. B. Gröber, Liedersannnlungen iler Troubadours in Roman.
Stud. 1511.11465 beklagt, so dürfte das folgende, das sich auf ilas Ni>twen-
digste beschränkt, erwünscht sein. Eine Kontrolle desselben durch das Pa-
riser Original wird nun holVcntlich nicht mehr auf sich warten lassen. Ich
benutze die Gelegenheit, um Herrn Prof. Xovati in Mailand auch hier für
die mir gütigst gesandte Abschrift meinen Dank zu sagen.
■' Eine spätere Hand hat hinzugefügt: nella Jine n\' una canzona di
it II nie ms de Saint Leidier.
* Die vor den Dichtern stehende Zahl bedeutet die der in diesen\ Kodex
enthaltenen Gedichte; hinter der Eolioangabe von K habe ich zur Vcr-
2^6 A. PAKSCHER,
VII Peire clalucrno cli. i [1. i i]
VII Peire Koj^iers eh. 2 [f. 12]
XLVIII GirauU de Borncill eh. 4 [f. 14]
XXXIII Bernartz de Venladorn ch, 15 [f. 26]
XXIV Gauselnis Faiditz ch. 22 [f. 33]
XXXI Peire Vidals ch. 27 [f. 39]
XII Arnautz de Menioill ch. 33 [f. 46]
Dieses Verzeichnis geht in 2 Kolonnen weiter bis
f. 288'' I Peire de corbiac ch. 135 [f. 149]
Dann folgen die Tenzonendichter :
A qui son escrig li non delz Irobadors que
son en aquest liure que ant trobadas
las tenzos lun apres lautre.
Sauarics de malleon et en Gauselms
faidit et nugo de la bacalaria ch. 138 [f. 152]
bis Den sordels e den bertrans ch. 146 [f. 160?]
Schliefslich folgen die Sirventcsdichter auf
f. 288V Peire Cardinal ch. 149 [f. 164]
Bertrans de Born ch. 160 [f. 174]
bis Naimeric de piguilan ch. 183 [f. 198]
Damit ist das Dichterverzeichnis zu Ende und es beginnt auf
f. 2891" das Verzeichnis der einzelnen Gedichte, das bis f. 298^
geht.' Aus diesem hebe ich diejenigen heraus, bei welchen sich
K von J unterscheidet. Nach den mir gewordenen INIitteilungen
zu schliefsen, sind es die folgenden:
J hat mehr :
1. f. 149 Peire de Corbiac; Dauinen sap enganar e Irair
2. f. 149 Peire d'Aragon; Peire Saluatz en greu pensar
3. f. 149 Peire Saluage: Totz reis qu'en amoratz par
4. f. 150 Lo Co ms de Fois: Mas qui a flor se uol mesclar
5. f. 150 Peire d'Aragon: Saluatz, tuit auzem cantar
6. f. 150 LoComsdeFois: Frances, cal mon de gran cur non a par
Dazu kamen noch die von Gröber 1. c. p. 466 aufgeführten 2;
7. f. 109 Blacassetz: Ben uolgra
8. f. 109 Blacassetz: Sim fai amors
9. f. 124 Sordels: Si com estai
10. f. 163 Montan: Eu veing
gleichung die von J nach dem Catalogue des ms. frau<^ais (1867) I 119 ff.
hinzugesetzt.
* Der Abschreiber [Pinelli] hat auch noch ein alphabetisches Register
sämtlicher Troubadours hinzugefügt, von denen sich Gedichte im Buche des
Magnfo Mocenigo befanden. Die Summe derselben betr.Hgt 121, also 1 mehr,
als F. Ursinus angiebt. Dieser- stand mit Pinelli in vertrautem Vekehr.
2 Teilweise sagt dies schon Raynouard, Choix des troubadours 11,
p. CLVIII.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 237
K dagegen hat mehr, aufser 3 Gedichte Marcabruns, die sich
früher auch in J befanden und jetzt nur durch Ausreifsen des be-
treffenden Blattes fehlen :
1. Bonifa ci Calvo: AI deus s'a cor
2. Anonym : AI uos que sabetz
3. „ La beutat,
4. „ Dreg e razos;
deren Folii ich jedoch nicht genau zu bezeichnen vermag.
Sonach hat K im Laufe der Zeit folgende Besitzer gehabt :
Petrarca ', vermutlich Bernardo Bembo, P. Bembo, AI. IMocenigo
F. Ursinus, die Vaticana und schliefslich die Pariser Nationalbibho-
thek. Als die Vergleichung vorgenommen wurde, gehörte K noch
Mocenigo, denn es heifst il Sor Aluise Mocenigo st niosse a uolerlo
uedere et confet-ire col suo und nachher noch einmal al suo und er
ist es, auf dessen Wunsch der Notar diese Bescheinigung ausstellt,
die ihm vielleicht für den Verkauf dienen sollte. Das dabeistehende
che hora si trotia in potere del Sor Fuhiio Orst'no, bedeutet welches
sich augenblicklich [leihweise] in den Händen des F. Urs. befindet 2,
nicht etwa wie es Grüzmacher verstanden hat, „welches gegenw'ärtig
F. U. gehört". Denn ein Notar würde sich niemals so unklar aus-
gedrückt, sondern etwa gesagt haben col libro del F. Ursino , che
era prima posseduto da lui. Das che hora etc. kann auch nicht ein
nachträglicher Zusatz sein, denn die Urkunde ist unmittelbar nach
dem Vergleich ausgestellt und kann nur einen bestimmten Zeitpunkt
festhalten.^
' Wie es mit den Noten Petrarcas und Bembos steht, habe ich nicht
erfahren können. Ich habe deswegen bei einem Pariser Bekannten angefragt, da
derselbe aber nicht paläographisch geschult ist, keine befriedigende Antwort
erhalten.
^ Einer ähnlichen Ausdrucksweise hat sich auch Aldo bei seiner Petrarca-
ausgabe vom Jahre 1501 bedient: tolto . . . tiii//o scritto di »lano medesima
del poeta Jiavuto da m. Pietro Bembo, und dies lia-vuto hatte Borgognoni als
Ausgangspunkt für seine Beweisführung gedient (p. 3 seiner oben ciliertcn
Schrift), indem er behauptete, haviito könne auf gut Italienisch nur soviel
wie posseduto bedeuten. Cian hat ihn jedoch schon (auf j). 95) widerlegt.
Auch Lorenzo di Pavia, der am 26. Juli 1501 an die berühmte Isabella Gonzaga
über diese Angelegenheit berichtet, bedient sich des Ausdrucks E se avxito
el P. da uno . . . also im Sinne von aviito in prestito. Man kann auch hin-
zufügen, dafs Aldo resp. Bembo ein Interesse daran hatte, sich nicht all/.u-
deutlich auszudrücken, und den damaligen Besitzer nicht, wie es Borgognoni
verlangt, zu nennen. Denn Bembo wollte den Cod. kaufen, sobald er zu Geldc
gekommen wäre (was er auch später gcthan hat); er mufste es also vermeiilcn,
sich selbst Konkurrenten zu schaiTen.
* Grüzmacher hat sich vielleicht auch dadurch , dafs sich auf dem
Deckblatt von A eine Notiz befand, welche einen Canzonicre höher stellte als
den andern, ohne Weiteres zu der Annahme verleiten lassen, dafs der mehr
gerühmte A sein müsse , ohne sich auch zu fragen , wer die Notiz auf das
betr. Blatt aufgeklebt habe. Dafs mir dieser Umstand zu einenr Schlüsse
nicht ausreichend erschien , hat meine Benutzung des Katalogs uml diese
Studien zu Folge gehabt.
238 A. PAKSCHEK,
Merkwürdig ist, dafs \välin;nd vir so die Geschichte von K
ziemlich genau verfolgen ki'uinen ', wir ül)er die der Hs. J, welche
wegen der nahen Verwandtschaft mit ihr wahrscheinlich am selben
Orte entstanden ist, bisher noch nichts wissen, Ks wäre sehr
wünschenswert, dafs Jemand, dem sie zugänglich ist, uns bald hier-
über aufklärte.
Wenn demnach das eine der verglichenen Hücher, das des
Mocenigo, identisch mit K ist, so spricht Vieles dafür, dafs das
Buch des Aldo A sei. Denn dann hat es mit den sämtlichen An-
gaben seine Richtigkeit. A und K enthalten beide aufser einer
grofsen Anzahl von provenzalischen Gedichten mit roter Tinte ge-
schriebene Biographien, K von den ersteren eine gröfsere Anzahl
als A, in K sind die letzteren ausführlicher als in A. Das Format
von A ist sehr grofses Folio und diese Hs. ist sicher in Italien
geschrieben.
Verstärkt werden diese Argumente noch durch die Angaben,
welche der Coram. Giamb. de Rossi die (iüte hatte, mir mündlich
zu machen. Derselbe sagte mir von der Nummer 5232, deren
Heraustreten aus der der übrigen provenzalischen Hss. der Vaticana
(3204 — 8) meine Aufmerksamkeit erregt hatte, dafs sie zu der Serie
der Aldinischen Bücher gehöre, indem Manuskripte, welche die
unmittelbar vorgehenden und unmittelbar nachfolgenden Zahlen
erhalten hätten, zweifellos aus dem Besitze des jüngeren Aldo
stammten. Ferner in Bezug auf die italienische Notiz, welche sich
sofort als Kopie zu erkennen giebt, dafs sie von der Hand eines
Beamten der Vaticanischen Bibliothek herrühre, dessen Namen er
mir nicht zu nennen wüfste, dessen Schrift aber häufig in den Ur-
kunden der Bibliothek aus dem Ende des 16. und Anfang des
17. jahrh. anzutreffen sei. Nun ist Aldus Manutius der Jüngere
1597 in Rom gestorben. Seine Bibliothek hatte er zwar, wie einst
Petrarca, der Republik Venedig geschenkt, aber da er, der seit
1590 Leiter der Vatikanischen Druckerei gewesen war, viele Schul-
den gegen die päpstliche Kammer hatte, so belegte diese seine
Bücher mit Beschlag und erklärte die Schenkungsurkunde für un-
giltig.2
Die frühere Geschichte des Vat. 5232 werde ich an einem
anderen Orte darzulegen haben.
No. 5 (Vat. 3203) ist in Pergament 31 cm hoch, Z2 cm breit.
Sie ist in weifses Leder gebunden , trägt auf dem Rücken die
Nummer und hat zunächst zwei Deckblätter, auf deren zweitem sich
^ K hat sich auch in den Händen des G. M. Barbieri befunden ; Indicicn
dafür werde ich an anderem Orte geben.
- Morelli, Operette I 53. Ein damaliger Beamter der Vaticana konnte
also mit Bestimmtheit wissen, welche Bücher aus der Aldinischen Sammlung
stammten, imd zum Zeichen klebte er vorn auf das erste Blatt die Abschrift
eines Dokumentes, das er wahrscheinlich unter den Papieren des F. Ursinus
gefunden hatte, und das mit den Worten begann // libro del Sor Aldo.
AUS EINEM KATALOG DES F, URSINUS. 23g
die Aufschrift befindet Brunetio Latini, scritio in lingua Prouenzale
tocco di mano del Petrarca neue margini in perg."* iti folio. Ful. i 'rs.
Darunter steht von anderer Hand:
jE" scritto in Lingtia Francese antica, e non Provenzak. Ln testo
siviile e a Turino. In qiiesta lingua lo scrisse Ser Brunetio. Dabei
der Stempel der Vaticana. Unten noch ricuperato ai 14 ^bre 181 5
Ginnosi und Dalla Bihlioteca parigina | Angeloni Frusinate.
Der Kodex zählt i52Foha also 19 Quadernionen und aufserdem
8 Vorderblätter, welche mit Bleistift und mit römischen Zahlen nu-
meriert sind.
Auf I finden wir eine wichtige Bemerkung, welche anscheinend
über die Herkunft der Hs. deutliche Auskunft giebt:
+ 1472 —
Questo libro e de mi (sie) Ber7iardo Bemho chiamato el Thesoro e lo
comparai ^ S N in Guascogna. Die Zahl 1472 dürfte das Jahr
bezeichnen, in welchem der Ankauf geschah. Die Blätter II — IV r
sind leer, IVv — VUIr enthalten das Register der Kapitel des Te-
soro. Ich will jedoch gleich bemerken, dafs dies Register mit dem
Texte nicht stimmt, indem einzelne im Register verzeichnete Ka-
pitel sich im Texte nicht vorfinden, was nicht etwa durch die An-
nahme gröfserer Lücken in demselben erklärt werden kann, da
umgekehrt auch wieder der Text Kapitel bietet, die in jenen nicht
verzeichnet sind. Es mufs also das Register, das überdies andere
Wortformen zeigt als der Text, von einer anderen Vorlage ab-
geschrieben sein als dieser, und da auch die Schrift desselben von
der der beiden Schreiber des Ms. verschieden ist, so hat der das
Register enthaltende Quaternio ursprünglich wahrscheinlich garnicht
zu unserein Ms. geluirt.
Wie das Register ist der Text in 2 Kolonnen geschrieben.
Derselbe ist mit einer Reihe von Miniaturbildern geschmückt, deren
Wert allerdings mehr in der Mannigfaltigkeit der Gegenstände und
in dem Reichtume an Personen, als in der künstlerischen Aus-
führung zu suchen ist. Auch die Im'tialen sind mehrfarbig, wobei
das Gold nicht gespart ist. Die Kapitelüberschriften sind mit roter
Tinte geschrieben. Die Schrift rührt von 2 Händen her. Der
erste Schreiber, der vielleicht noch dem Ende des 13. jahrh. an-
gehört, schrieb f. i — 112, wo, wie das Stichwort zeigt, gerade ein
Quaternio zu Ende ist, also im Ganzen 14 Quaternionen ; der zweite
Schreiber, den ich in die zweite Hälfte des 14. Jahrhunderts setzen
möchte, den Rest f. 113''— 151^, f. 152 ist leer.
Was nun die Randl)eraerkungen anbetrifft, so halxMi diesi^lben
mit Petrarca nicht das Mindeste zu thun. Sie bestehen aufser
einigen unwesentlichen aUfranzr)sischen Zusätzen aus Hinweisen auf
besonders beachtenswerte Stellen. Zu diesem Zwecke ist neben
dem Handzeichen das ^^'(■)rt(•luMl ;/(' [nota] benutzt, das auf ein-
zelnen Seiten, wie f. gp und ()2', wo Aussjjrüche von St. Bern-
hard, Augustin, Seneca u. s. w. citiirl werden, sich Dutzend(> von
240 A. PAKSCHEK,
Malen wiederholt ; und aulsertlcin die Abbreviatur i\x"' [exemplum],
um auf J^ibelstellcn aufmerksam y,u machen, welche sich als (Gleich-
nisse in einer Predigt verwerten liefscn z. B. auf f. 103V, wo von
JCva und David und Bethsaba die Rede ist. Schon die Art
dieser Bemerkungen macht es nicht gerade wahrscheinlich, dafs sie
von Petrarca herrühren, aber entscheidend ist, dafs der Schrift-
charakter nicht die geringste Ähnlichkeit mit dem seinigen hat.
Wie ist dann aber die betrefTende Bemerkung im Kataloge
des F. Ursinus zu erklären? Dafs derselbe sie erfunden habe,
daran ist nicht zu denken; was er versichert, daran glaubte er
sicherlich. Sondern er stützte sich vermutlich bei dieser Nummer,
wie bei den vorhergehenden des Katalogs, auf eine dahinlautende
Notiz, die er in den Briefen Bembos gefunden hatte. Nur ist die
Frage, ob er nicht bei dem Ankauf des Ms. getäuscht worden ist,
ob sich dasselbe nämlich jemals im Besitze B. Bembos befunden
habe. Dafs der mit römischen Ziffern versehene Quaternio, der
sowohl ]kmbos Ursprungsattest als das Register enthält, einmal
nicht zu dem Kodex gehört hat, glaube ich oben erwiesen zu haben;
dafür aber, dafs die Verbindung erst im 16. Jahrh. stattgefunden
habe, spricht Folgendes. Auf den Kodex folgen hinten ebenfalls
noch 2 Schutzblätter, auf deren erstem sich der Name Simone di
Simoncino Squarcialupi in fiorenze befindet, sicher der eines Be-
sitzers der Hs. Die Schrift dieser Notiz wage ich in einer Zeit, in
welcher das Erwachen des individuellen Bewufstseins auch in der
Differenzierung des Schriftcharakters zum Ausdruck kommt, nicht
bestimmt zu datieren. Ist sie, wie es den Anschein hat, aus dem
Ende des 15. Jahrh., so ist die Frage entschieden: denn wenn sich
die Hs. zu dieser Zeit in Florenz befunden hat, so kann sie
B. Bembo nicht zu derselben in Südfrankreich gekauft haben. Ist sie
aus dem 16. Jahrhundert, so könnte die Hs. zwar aus dem Besitze
B. Bembos, jedoch schwerlich vor seinem Tode (15 19), in den
Squarcialupi's übergegangen und von diesem, vielleicht nach
mehreren Zwischenbesitzern, in die Hände des F. Ursinus gelangt
sein. Aber wie dann dieser zu seiner Versicherung hinsichtlich
des Ursprungs der Noten gekommen sein soll, bliebe ganz unerklärt.
Aufserdem unterstützt der Umstand, dafs sich die Notiz nicht
auf dem letzten leeren Folio des Kodex selbst, sondern auf einem
der beiden angehängten Schutzblätter befindet, die Annahme, dafs
Squarcialupi den Kodex habe neu einbinden lassen und dafs bei
dieser Gelegenheit der vordere Quaternio hinzugekommen ist —
wenn nicht geradezu der Zweck des Einbindens die Verbindung
dieser beiden heterogenen Elemente war, indem das Ursprungs-
attest Bembos dem Kodex einen höheren Wert verleihen sollte. 1
' Vielleicht , doch ist dies weniger wahrscheinlich , hat der blofse Um-
stand, dafs dieser Kodex angeblich sich einmal im Besitze des B. Bembo be-
funden hat, in den allerdings ein Teil der Petrarcaschen Bibliothek gelangt
war, F. Ursinus zu dem Schlüsse verleitet, dafs die Noten von Petrarca her-
rühren müfsten. Dieser Glaube war jedenfalls für ihn die Hauptveranlassung,
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS. 24 I
Zur Entscheidung dieser Frage könnte, abgesehen davon, dafs
vielleicht ein erfahrenerer Paläograph als ich doch im Stande ist,
die Schrift bestimmt zu datieren, die Feststellung der Persönlichkeit
des Simone di Simoncino Squarcialupi führen, welche mir bis jetzt
nicht gelungen ist. Zwar bin ich auf p. 372 der mehrfach citierten
Studi letterari Carducci's einem Antonio Squarcialupi begegnet, der
in der zweiten Hälfte des 15. Jahrh. Organist an der Santa Maria
di Fiore in Florenz war und an der angeführten Stelle als Besitzer
eines wertvollen italienischen Canzoniere genannt wird, aber in
welchem verwandtschaftlichen Verhältnis Simone di Simoncino zu
Antonio gestanden, ob er gleichzeitig oder später als dieser ge-
lebt hat, weifs ich nicht. Vielleicht gelingt es mir, es demnächst
in Florenz zu erfahren.
Auf die Untersuchung, welche Bedeutung dieses Ms. für die
Textkritik Brunetto Latinis habe, wollte ich nicht eingehen, weil
mich diese Untersuchung zu weit geführt hätte. Wer sich später
damit beschäftigt, wird auch auf die Numerierung der einzelnen
Kaj)itel zu achten haben, bei der das Verfahren ein in den ein-
zelnen Teilen des Kodex verschiedenes ist, indem sie bald mit
römischen und arabischen Ziffern, bald mit letzteren erfolgt; bald
jedes einzelne Kapitel bezeichnet ist und dann wieder nur die
Hauptabschnitte. Berichtigen will ich bei dieser Gelegenheit einen
Irrtum Cians. Derselbe behauptet ^ Ubaldini spreche in der Vor-
die Hs. zu kaufen , denn von dem „provenzalischen" Text scheint er sehr
wenig verstanden zu halben. In seinem Katalog spielt das tocco di inaiio ifun
dotto eine grofse Rolle, ja die Anordnung desselben ist z. T. von diesem Ge-
sichtspunkt geleitet. Das gemeinsame Band, das No. i — 5 umsclilingt , sind
die ihm teueren Schriftzüge Petrarcas. Wie steht es aber in Wirklichkeit
(himit? No. I, das F. Urs. ganz von dem Dichter geschrieben glaubt, ist es
nur zum geringeren Teile ; bei No. 2 haben ihm die verschiedenen Schriftarten
wenig Kopfschmerzen gemacht, clenn seine an sich richtige Behauptung, dafs
sie von Petrarca geschrieben sei, kann nicht als das Resultat einer cingelienden
l'rüfung betrachtet werden ; bei No. 3 ist es auch sehr zweifeliiaft, ob F. Ur-
sinus in Bezug auf die einzelnen Noten das Richtige vermutet habe ; von No. 4
habe ich es nicht konstatieren können; bei No. 5 '^e hliefslich besteht nicht ein-
mal eine entfernte Ähnlichkeit zwischen den Randnoten und tlen Schriftzügen
Petrarcas. Ursinus besafs mehrere unzweifelhafte Autographen Petrarcas unil
hat dies nicht konstatieren können! Er besafs den Vat. 3362 und hält den
'iext von Vat. 3199 für von Boccaccio geschrieben! Wir sind dem Biblio-
jihilcn F. Ursinus zu gröfstem Danke verpflichtet, dafs er diese kostbaren Hss.
gesammelt und der allgemeinen Benutzung zugänglich gemacht hat; aber seine
Kompetenz ist sicher auf jetlem amlern Felde eher zu suchen, als auf dem
der l'aläographie. Ich hebe dies deshalb wiederholt hervor, weil ich bei vielen
litterarisch gebildeten Männern , besonders Italienern , der Meinung begegnet
bin, de Nolhac's und meine Mühe seien, nachdem einmal Ihs. Katalog be-
kannt sei, gänzlich überllüssig. In dreister Weise hat dies (liovanni Bcltrani
behauptet, der vor Kurzen den Katalog mit seinen sämtlichen Fehlern und
Lücken abgedruckt hat (I Libri di Fidvio Orsino nella Ribliolheca Vatican.i
]<.oma 1886, Tiiiografia l^'ratelli ("enterari). De Nolhac's scharfe Rccension
dieses wertlosen Büchleins in der No. 23 der Kew er. d. |. ist daher ganz
gerechtfertigt.
' 1. c. p. 86 Anm.
Zeitsclir. f. rom. I'liil. X. l6
242 A. l'AKSCHF.K,
redt; zu srim-r iiKjliirach cilicrtcii Ausgabe v. J. 1642, welche aucli
den TesuretU) dt;s Hruiielto Latiiii eiitliäll, von einem anüchissimo
codicc desselben und da er den Val. 3 2 20, die einzige Ms. des
Tesoretto, welche che Valicana besitzt, nicht für antichissimo ge-
halten haben könne, während sie aus dem 16. Jahrh. stammt, so
ruft er pathetisch aus: Ptirlroppo (■ probahile che onche qui si tralli
ili iino dei tanli codici amhUi perduli. Nun sagt aber Ubaldini gar
nicht, was ihn Cian sagen läfst, sondern Tcsoro si chiama tin libro
di Ser Brututto cumposlo in Franccse, si cuvie si le^ge 7iel Tesoretto,
e vedesi ticir esemplare antichissimo delhi Valicana, che giä ßi di Messer
Bernardo Betnbo, padre dcl Cardinal Pictro. Ubaldini spricht also
nicht von einer Hs. des Tesoretto, sondern d(;s Tc;soro und diese
ist nicht verloren gegangen, sondern idenliscli mit Vat. 3203.'
(Forlsetzung folgt.)
Nachtrag.'
Die auf S. 2i6Anm. erwähnte Notiz in der Revue -critique
vom 4. Jan. d. J. lautet: Je dirais bien quelqiie chose ä ce sujet (d. h.
über die Existenz der Autographs), si je ne craignais de niettre
en cmoi les petrarchisants? Cependant, pour rassurer pleinemen'
M. Cian sur rhonneteie liiteraire de Bembo, 07i ne peut resister au
plaisir de lui apprejidre que le prccieux autographe pourrait bien repa-
raitre au jour. Quelqu^un de mes amis ina confie avoir mis la
main sur le nianuscrit ; sa decotwerte, ä ce quil me semble, ne res-
semblera point ä la juistification de 182^. II ne peut encore livrer
au public le resultai de ses recher ches, inais il m'a promis de ne
point empörter son secret dans la tombe. Über diese Bemerkung meint
das Gutachten, das die Accademia dei Lincei, infolge der von mir
bei ihr eingereichten Abhandlung, in dieser Angelegenheit zu er-
statten hatte •*, dafs aus derselben wohl zu schliefsen sei , dafs
de Nolhac damals schon im Vat. 3195 das gesuchte Autograph
Petrarcas gesehen habe, aber dafs il tenore sibilino di tali parolc,
limgi dal dar lume, poteva soltanto esser buono a disviare altri da si-
mile ricerca, menlre poi il catalogo deWOrsini bastava a guidare aiiche
un bambino sopra il Cod. Vat. 3195. Im übrigen erklärt die zur
Prüfung meiner Abhandlung von der Accademia berufene Kom-
mission sich für ül)erzeugt, dafs dieselbe von dem Werkchen völlig
1 Die bei Verscliiedenen hervortretende Neigung, eine Hs. für verloren
zu erklären, bevor man umfangreiche Nachforschungen nach ihr in den Biblio-
theken angestellt hat, scheint mir wenig empfehlenswert ; man verharrt sich so
selbst den Weg zur richtigen Erkenntnis.
2 De Nolhac's Schriftchen habe ich bei den römischen Buchhändlern
nicht auftreiben können, und dasselbe mir aus Paris kommen lassen müssen ;
deswegen bin ich zu diesem Nachtrag genötigt.
3 Die hier gesperrt gedruckten Worte sind es im Original nicht.
'' Atti dell'Accademia dei Lincei, Seduta 20 giugno 1886.
AUS EINEM KATALOG DES F. URSINUS, 243
unabhängig ist, ja sie fügt hinzu : sebhene Popuscolo del si'g. De Xol-
hac rechi la semplice data inai 1886 senza indicazione di
giorno, iuitavia dai resoconli della Accade??iia dclle iscrizioni, pubblicata
jiella Revue crilique f^l886, /. 460 7111m. 2}^) risulla che la sua coviu-
nicazione fu fatta 7iella tornata del 28 maggio, e perciu non mefto
di dodici giorni piii tardi di quella del Di-. Pakscher.
Damit ist die Sache vorläufig für mich erledigt, denn Herr
de Nolhac wird nicht die Lächerlichkeit begehen, Männer wie Prof.
d'Ancona und Prof. Monaci der Parteilichkeit zu beschuldigen, und
am wenigsten wegen dieses Gutachtens, das in jeder Zeile von
der strengsten Gerechtigkeitsliebe derselben Zeugnis ablegt. Ich
hofte vielmehr, dafs er den einzigen Weg einschlagen wird, der
einem anständigen Menschen übrig bleibt, der sich übereilt hat,
nämlich einzugestehen, dafs er mir schweres Unrecht gethan habe,
indem er wiederholt bei einen grofsen Kreise italienischer Zeitungs-
leser, welchen eine wirkliche Einsicht in diese Dinge nicht möglich
war, meine Wahrheitsliebe durch mifsbräuchliche Anwendung des
Datums des 4. Januar verdächtigt hat, wozu ich ihm nicht die ge-
ringste Veranlassung gegeben hatte.
Ich gehe nunmehr zu einer kurzen Besprechung von de Nol-
hac's Schrift! über, welche derselbe von mir zu verlangen be-
rechtigt ist.
Die drei Punkte, die sich de Nolhac vorgenommen hatte, zu
erweisen :
1. Dafs das Ms. Aldos existiert habe,
2. Dafs es zuerst Bembo, dann F. Ursinus gehört habe,
3. Dafs es mit dem Vat. 3195 identisch sei,
hat er unzweifelhaft in völlig ausreichender Weise erwiesen, aber
ich habe dies genau ebenso gethan und meine Memoria, die ich
selbstverständlich seit der Einreichung nicht wieder zu sehen be-
kommen habe und die gegenwärtig im Archive der Acc. dei Lincei
aufbewahrt wird 2, zeigt sogar eine gröfsere Ähnlichkeit in dem
Gange der Beweisführung mit der seinigen, als dieser Aufsatz. Dies
wird Herrn de Nolhac wahrscheinlich sehr überraschen, aber keinen
andern (ielehrten, der weifs, dafs zwei methodisch arbeitenden
Forschern bei der Untersuchung desselben Gegenstandes häufig ein
bestimmter Weg vorgeschrieben ist. Unter den Möglichkeiten, dafs
der Andere unabhängig von ihm zu demselben Resultate gekommen
sei, weil dies eben wahr ist und sich notwendig ergeben mufste ;
und derjenigen, dafs er diese Unabhängigkeit walirheitswidrig be-
haupte, wird Jemand, dc-r nicht blofs seiner Kenntnis halber zur
Klasse der Philosophen d. h. der Wahrheilsfreunde geln)ren will,
' Le canzoniere aulofjrapht; de l'cliaique , coiminicatüm falte ;i l'Aca-
tlemic des Insciiplions cl Belles-LcUics jiar l'ieire de Noliiac. l'aiis,
Klincksieck 1886.
'^ Ich habe auf die Drucklej,'unj,' derselben , nachdem icli mich enl-
shlnssen hatte, den Gejjensland in erweiterter Voxm /.u behandebi, verzichtet,
dca CS mir widerstrebte, dieselbe Sadie /weiinal (biuUen /.n hissen.
10*
244 ^- ''AKSCIIKK,
(Vu: {!r.sU;re wähh^ii, solange iiichl B(;w(ris(; des Gegenteils vorliegen.
Und es wird für iliii nur von psycliologiscliem und nKdliodisclieni
Interesse sein, zu erfahren, wieso der I\litforscli(!r dazu gekommen
ist, denselben Weg zu wandeln. Herr de Nolliac ist anderer .An-
sicht. Ferner hat er wiederholt gezeigt, dafs es ihm .schwer fällt,
den elementaren Satz der Logik, dafs pos/ hoc nicht zu dem Schlüsse
berechtige propter hoc, zu begreifen, und deswegen möchte ich ihm
denselben an einem naheliegend(;n Beispiele klar machen.
Wenn ich jetzt die Angabe, dafs sich im Vat. 31Q5 auf f. 72
[setzen wir hinzu verso'\ die J3emerkung 38 cum (hiahus f/ue sunt in
papiro fmdet — die einzige, .soviel ich .sehe, welche seine Beschreibung
des Ms. mehr enthält, als die meinjge — hierhersetzen wollte,
nachdem ich sie auf p. 28 seines Büchleins gelesen, so würde noch
nicht daraus folgen, dafs ich sie nicht vorher gekannt hätte. Ich
habe das Prinzip, nicht rohes Material zu bieten, wo ich im Stande
zu sein glaube, dasselbe zu verarbeiten. Nun ist die Zahl 38 die
Summe der einzelnen Nummern , welche I^ctrarca an den Rand
einer Reihe von CJedichlen dieses Ms. geschrieben hat, und hinigt
ferner mit gewissen Eigentümlichkeiten des Vat. 3198 zusammen.
Um einen regelrechten Schlufs zu ziehen, fehlen mir noch ein oder
einige Mittelglieder, aber da ich noch hoffe, di trovarne il bandolo
wie der Italiener sagt, so gehe ich auf die Einzelheiten vorläufig
hier nicht ein. Von alledem scheint de Nolhac nichts bemerkt zu
haben, obwohl er den Anspruch erhebt, die Petrarcahandschriften
des Orsini studiert zu haben. Sonst hätte er nicht die ganz ge-
dankenlose Vermutung ausgesprochen, dafs die Zahl 38 sich auf
die Canzonen beziehe: Petrarca hat überhaupt nur 30 Canzonen
gedichtet. Wenn de Nolhac dies nicht wufste, so hätte er es sich
doch leicht zusammenrechnen können.
Ferner hat de Nolhac den Kern der Frage, das worauf es
uns heute in erster Linie ankommt, ob nämlich der Vat. 3195 wirk-
lich von Petrarcas Hand herrührt, gewissermafsen in einem Anhange
zu seinem Vortrage auf einer Oktavseite kaum gestreift. Seine
wenigen Bemerkungen enthalten in ihrer Unbestimmtheit ungefähr
soviel Wahrheit wie das darunterstehende Datum mai 1886. Man
vergleiche seine Behauptung, die Schrift der zweiten Hand des
Vat. 3195 sei hi meine ccriture qite le 3358 et le 3359, mit meinen
obigen Darlegungen. Aufserdem stammen diese Aphorismen nicht
einmal von ihm selbst, sondern wie er ausdrücklich bemerkt (p. 29
Anm.) von seinem Freunde Langlois, der sich gegenwärtig in Rom
befindet. Jetzt erst bin ich zu der Auffassung berechtigt, dafs in
der citierten Notiz der Rev. er. un de mes amis wirklich zu über-
setzen ist mit „einer meiner Freunde" und dafs dies Herr Langlois
ist, während ich vorher bei der „sibyllinischen" Ausdrucksweise des
ganzen Passus nach den Regeln philologischer Kritik annehmen
mufste, dafs es nur eine Umschreibung sei, in welche sich de N.'s
Bescheidenheit hüllte. Danach hat also der „Entdecker" des
Vat. 3195 denselben bei seinem langen Aufenthalte in Rom, der
AUS EINEM KATALOG DES F. UKSINUS. 245
speziell zur Erforschung der Orsinischen Bücher bestimral war,
vermutlich keines Blickes gewürdigt! Er halte sonst in wenigen
Minuten die elementaren Thatsachen sehen müssen, zu deren
Kenntnis er sich der Hülfe seines Ereundes bedient hat.
Das graziöse Hinweggleiten über das, worauf es ankommt, ist
in keiner Sprache so leicht, wie in der Talleyrand's, und manch-
mal im Stande, ein ästhetisches Interesse zu erregen; aber für
wissenschaftliche Zwecke scheint mir etwas weniger Grazie und mehr
Exaktheit dienlicher.
A. Pakscher.
Der Vocalismus des Rumänischen.
VorlM.'incr ku u<^.
Eine ausfülirlichc iMiileitung soll nach Vollendung des (laiizeii
folgen. Bis dahin sei auf das Sind. z. mm. Phil. I i IT. Gesagte ver-
wiesen. An Slelle der zur Darsti^ilung der zwei gulluralen Vokale
von mir gewählten schwer zu beschaffenden Zeichen setze ich hier
(/, /, betont (f, f .
I. Vokal a.
a) I^etont.'
1. Ob a (betont und unbetont) im f.ateinischen lang oder
kurz war, ist für die Behandlung desselben im Rumänischen (wie
bekaiinllich auch in den Schwestersprachen) gleichgültig. Vergl.
z. B. päce päci'm mit täcc täcet, impdca m impäcämus mit Idct'in tä-
cemus.
2. Vorrumän., zum Teil gemeinroman., sind die Veränderungen
das a in: *}ner mär mälum (Arch. glott. IV 147 Anm. i); grcü gravis
nach levis; cir-es ceräseus (daselbst II 129), neben mhterlü 'Griff'
manuärium (?) w'ohl der einzige Fall von Attraktion im Rumän.; hinöt
näto und hnnH Adv. 'schwimmend' nätum (Diez Wb.); *f6me. fdäme
fämcs (Einllufs der labialen Umgebung, s. Arch. glott. IV 1 18 Anm. 2).
descül( ' barfufs ', das auch im Rätorom. und Friaul. vorhanden (das.
I 545 mid Schuchardt Vok, III 45), neben inc(i/( cälceo scheint auf
*disculceus zurückzugehen; vgl. Corssen I' 314.
3. Lat. n vor gedecktem vi wird /: f mbl ambo, ci'mp campus etc.
Anch vor jüngerem ?n in sln'mb sträbus (Diez Wb.), si ?nbdlu sab-
batum (vgl. frz. samedi, ahd. sambaztac, ksl. sqbata).^ niti scheint
vorhergehendes a (wie e und 0, s. später) nicht zu alterieren: scämn
sbb. mac, sonst scdun, scamnura; ebenso ?nm (wie ;/;/, s. 4): 7ndmd,
woneben freilich auch nuhnd, manmia, vielleicht auch fldmurd 'Stan-
darte' Wbb. mlat. flammula.
» Vorp;änge , welche sich ohne jede Rücksicht auf die Betonung voll-
ziehen, werden hier und in der Folge unter 'Betont' besprochen.
^ Das hohe Alter dieses Lautübergangs wird bezeugt durch Kii.ißu
Aoyyov d. i. Ctmpu-hingu a. 1013 bei G. Cedrenus ed. Bonn 1838 II 457.
Dagegen ist Zumbuthel a. 1231 bei Teutsch und Firnhaber, Urkundenbuch z.
Gesch. Siebb. I 50 nicht Simbetde (Lanibrior), sondern magy. Szombathely
(häuliger Ortsname, aus szombat 'Sonnabend' und hely 'Ort').
DEK VOCALISMÜS DES KUMÄNISCHEN. 247
Hingegen bleibt a vor m in offener Silbe, wie ardnie, jünger
ardmdy aerämen, sciimä squäma, rdimira räraus, deslrdma *distrHmat
V. träma, die Impf. -Endung -dtn -bämus und das altrurq. mac. Suffix
-d77ie -amen (nachgewiesen Col. 1. Tr. 1882 S. 480 und 570) un-
zweifelhaft bezeugen. Um so auflallender mufs es erscheinen, dafs
die Endung der i. Plur. Präs. und Perf. 1. Conj. -d 711 (Perf. jetzt
analogisch -drd77i) lautet. Lambrior bemüht sich Rom. IX 366 ver-
gebens, ein entsprechendes Lautgesetz zu formulieren und die
Wörter, welche -<//«- aufweisen, als Entlehnungen hinzustellen. Auch
W. Meyer's ohnehin sehr bedenkliche Aufstellung -ävimus *-;immu
*-a mmu*-ä'mu (Ztschr. IX 225) läfst das Präs. unberücksichtigt. Sicher
scheint nur so viel, dafs hier, wie in dem -ämus ebenfalls anomal
reflektierenden Franz. (-omes -om -ons), ;« der Trübungsfaktor ist.
Ich vermute folgendes. Die Trübung mochte sich in irgend einem
Dialekte auch auf a vor ungedecktem /// erstreckt haben und
fand dann von da aus auch anderwärts Eingang, erhielt sich je-
doch nur in jenen Fällen, wo sie an der Analogie eine Stütze
fand. Daher cmtd'771 cantämus : d 7itd = vedem : vede, fdcevi \ fdce\
cf ntd/H cantävimus : c77itd (s. 6) = Idcüi/i : Idcü, dor77iivi : do7-m).
4. Lat. a vor ii wird ebenfalls /, auch in offener Silbe: //«</
läna, i7iger angelus, bli /id blandus u. s. w. Auch vor jüngerem «:
a7/ie7ii7i( f. -711 7il (s. sub '/') *minacio. « ist früher ausgefallen in
/nds mansus, später (dial. noch vorhanden) in calci' lü calcäneum,
ci t quantus, g7fü gränum u. a. «« schützt betontes a in d7i annus
(nicht aber unbetontes: i7iel *annellus).
in f. a7i steht auch in einigen Lehnwörtern ältester Aufnahme:
spi 71 mgr. düiavoa, mtngflu 'tröste' (jayytcvirco); jupf 71 ksl. zupanu,
si7Ü7itf 7id *süm(^tana, jA//)/ // stopanü, sii 7id stanii. Vgl. auch F/i/ic
'Franke', ksl. frj^gü. Sonst bleibt a; so besonders in der Suffixen
'd7i, -idti (ksl. -anü, -cnü), -d7id/u (mgr.?), -»uiti (türk.?): bdcld/i v.
bdidl, sdlähi V. sdi, copih'uidrii v. copil, ho(o7iidn v. hol u. s. w.^ Da-
her mufs i/tgi7i 'spreche, äff"e nach' = it. inganno u. s. w. vlat., nicht
ahd. Ursprungs sein.
Wie d vor 77i-{-\Lyi\)\. und // zu /, so w-erden e, 0 in gleicher
Stellung zu /, u, s. später. Also Lautgesetz : Ofl'ener Tonvokal vor
7« + Expl. und // macht geschlossenem Platz. Zwischen a, e, 0 und
ihren heutigen Reflexen ist eine Stufe d (nicht 0, wie Lambrior
meint), e, o, anzusetzen; s. 'e wird /'. Die Quelle des Wandels
dürfte in vorzeitiger Ausführung der zur Artikulation des folgenden
Nasals gehörigen Verengerung des Mundkanals liegen. Dies gilt
auch von *d / aus a; denn wird bei der (/-Artikulation der INlund-
kanal nicht gehörig weit geöfiuet, so mufs zwischen Zunge untl
' Hieraus erfahren wir, tiafs die licsictlelung der JJinder nördlicii der
Donau durch Rumänen erst nach der teihveisen Slavisierunj; ihrer Sprache
erfolj,'t sein kann. Denn überall treffen wir in den hculijjen Sit/.en der Nord-
rumänen Ortsnamen auf -an, -dna, -dnl, sowie auf -<dii. -idnu, -rm (aller
-ediri, s. 9 a) an. Wo bleibt da die Konünuilälsllieorie ?
24^ "• IIKTIN,
weichem Gaum<n eine l'"nge bleiben, also ein guUiiral<T Vokal ent-
stehen. Doch darf hier billigerweise auch das Moment der zur
Nasalarlikulation erforderlichen Senkung d(!s (laumens(;gels in An-
schlag gebracht werden, wodurch ebenfalls gutturale Enge ge-
schafTen wird; vgl, 'ett wird <in\
Auch auf anderen (Gebieten wirkt Nasal auf vorhergehenden
Vokal spezifisch. So z. H. im Franz.: faim fames, main raanus, rat-
sin racemus, vem'n venenura, Jio;/i nomen, /)on bonus gegenüber eher
carus, /oi/e tela, J7eiir florem.
5. Sonst erscheint / für (i nur noch in dem verdächtigen m/r-
ced 'marcido' Pol., sowie in ban. mn mägis Picot Doc. 16, sonst mal.
6. Ausl. lat. a wird unter dem Tone zu n in da dat und da,
j/(/.stat, sta'i i.*shi' (s. 'Epithese') sta, /(i fac, ahrum. vd' vade, /u'
lavat und lava, sowie in der Endung der 3. Sg. Perf.: e/nia' can-
tävit.' Dagegen bleibt a im Ausl. der unbet. ea quam, a ad, /u
'zu' (illäc ad?), -a weibl. Affix-Artikel illam, wal. a (sonst (7/7) Auxi-
liar habet und habent, sowie der nebentonigen med mea, /d tua,
sä sua. Wo sonst noch lat. a im Auslaut erhalten, wird es. in der
Periode der Trübung von -d vermutlich noch im Inlaut gestanden
haben, wie in der 3. Impf.: c/n/d cantäbat (ganz analog catal. ean-
tava cantäbat nb. canid cantävit) und im gekürzten Inf.: cmtä nb.
clntdre, oder unbot. gewesen sein, wie in den Wörtern und Formen,
die ehemals auf -ea ausgingen: r'ed rea, sttd Stella, veded videbat
(s. ' ea wurd ?rt').-
Die Trübung des ausl. a scheint durch dessen Kürze, auf die
wir nach it. dammi, vanne, levossi u. s. w. schliefsen dürfen, veran-
lafst zu sein. Beachtung verdient, dafs auch manche rätorroman.
^lundarten einer Veränderung des ausl. bet. a — hier nach 0 hin —
zuneigen, Gärtner Gr. 34.
Jungen Ursprungs, doch darum nicht minder dunkel, ist d im
Auslaut männlicher Substt. des Mac: amira ngr. a^iiQäa, edpldma
türk. kaplama, ?ndsedrd' türk. maskarä, mdgdzd' türk. magazä, mästrapa'
ngr. ^aOxQaJiäq; dazu vgl. hdedln Kav. türk. bakäl. Dagegen nordr.
mascard (weibl.).
' chita mit Lambrior Rom. X 346 wegen it. sp. cantö, port. cantou aus
*catitd hervorgehen zu lassen erscheint insolange bedenklich, als kein sicheres
Analogon nachgewiesen wird, cd quod, mac. //« nos, vä vos sind Atona,
-du = magy. -ö kann auch anders erklärt werden, s. 'o'. Ein entschiedener
Mifsgriff war es jedenfalls, wenn L. auch die übrigen -«' aus ö zu deuten
versucht hat. Eher verdient W. Meyer's unmittelbare Herleitung aus *can-
tdnt (Ztschr. IX 224) Berücksichtigung; du habent, Idü lavo u. s. w. ständen
wenigstens nicht im Wege, da ihr u in jener Periode ja sicherlich noch ple-
nison war.
2 Damit soll nicht gesagt sein , dafs zu jener Zeit unbet. a die regel-
mäfsige Schwächung zu « (s. 17) überhaupt noch nicht erfahren habe. Viel-
mehr mögen rea mit a und cdsd mit d eine Zeitlang — bis zur Verschleifung
von ea — nebeneinander bestanden haben, indem rea sich der Schwächung,
infolge welcher es unfehlbar zu /v hätte werden müssen (s. '« wird ^' und V«?
wird <?'), sehr wohl widersetzt haben konnte.
DER VOC ALISMUS DES RUMÄNISCHEN. 249
7. Durch Analogiewirkung hervorgerufen ist <i (wofür nach
Palatin e, s. Sf) für a:
a) regelraäfsig im Plural auf -1 und -url der paroxytonen Fe-
minina : scä>-d scala — sca ri, 7?idre mare — md ri, a?(j?nd aeramen
— ardmurl, cdrne carnem — cd rynirl ; tredba ksl. treba (s. ' e') —
trebi und treburi, ghld(d gläcies — ghe{t, *vredme vr eme (s. g)
ksl. vrem§ — vrenü und vremuri, *pecdte pecete ksl. pecati — pe-
ce{z; sdpcd ksl. sapüka — ^d pci und sepä (s. 'ff wird ^'), jdle ksl.
zali — ja It und ye'/?. ' Ausnahmen sind frdgd fraga — ffdgl, vdcd
vacca — vdcl, sowie die Feminina der Adj. und Pron.: rudrl, pre-
mdrl, tdrt, cdrl, cutdri.
Der Vorgang fällt in historische Zeit. Der Cod. Vor. hat noch
durchweg den organischen Laut: ceiafile, tntrebari, caile u. s. w. Ver-
einzelt findet sich letzterer bis in die Mitte des 17. jahrh.; Belege
Cip. Princ. 122 und 363.
In den proparoxytonen Femininen ist d für a erst in
neuerer Zeit eingetreten und noch nicht durchgedrungen. INIan
hört je nach der Gegend Idturi oder id iiirl, d^chi'i oder d'^chii, Id-
crdnil oder hi crdml.
Der Wechsel von a und d [e) geschieht nach dem Vorbilde
der zahlreichen Nomina, welche, wie prddd praeda — prd zl, sedra
sera — serl, Idrbd herba — erbi und erbiiri, *ledge lege (s. 9a) le-
gem — legi, *muidre muere mulierem — niuert, im Sg. sekun-
däres a haben, s. V wird ea\ Daher bewahren die Masc. das a:
frdte — frd(l \x. 1,. Vf. cdldre 'zu Pferde' *caballarius lautet merk-
würdigerweise in beiden Plur. cdld ri; daneben das alte, Cip. Princ.
123 nachgewiesene Subst. cdldriü 'Reiter', Plur. cdldrl. inddidd ri
{nh. ä\t. mdduldre), Plur. v. mdduldrit7 'Glied' *medullarium, gehört
wohl ursprünglich zu dem seltenen Sg. fem. mdduldre (z. B. Dos.
VS. Dech. 234b, Cant. Scris. Mold. 324).
b) öfters in der i. und 2. Sg. Präs. von paroxytonen Verben
I. Conj., dial. (bes. mold.) auch in der 3. Conjunct. Präs. derselben
Verba'^: i destrd m *disträmo, 2 destrd'ml, 7 destrdmc, dial. destrd me\
I chem (cyrill. chim, s. 7a Anm.) clFimo, 2 chäm {chimJ), 7 eherne
(chwne). Dagegen 3 destrdmd, chtdmd. F^benso addp adäquo, in-
cdidrdm v. catardmd (dunkel), mcheg v, chuig coägulum, iti/gheb v.
jghidb ksl. zlebü, mghef v. ghJd(d gläcies (daher die Subst. i>ighc'( desghef
mit e), sowie die etymologisch dunkeln inlrd m, add st, des/dl; dial.
auch sd p, sd'r, scdp, acd ( agd' (, defdlm, decld r, recld m (letztere beide
Neoll.), sonst sdp u. s. w. Nach Labialen steht hi i </, in 2 und 7
aber e: i tnfd^ v. yi/^r« fascia, 2 in/efi, 3 hi/d^-ii, 7 /n/e.y, i i>ifd(
V. /(//,/ facies, 2 inßp, 3 infd(d, 7 tn/e(e.
Vorbild waren Präsentia mit e als' ursprünglichem Vokal, wie
* Das aus a über d entwickelte e ist natürlich geschlossen, daher cy-
rillisch vr{mi, pec{fi; anders das direkt aus a hervorgegangene (s. 9): vr'J^me,
pecete.
'^ Die Indikalivformen bezeicline ich mit i — 6, die abweichende Kon-
junktivform (3. Sg. und PI.) mit 7.
250 II. iiK UN,
I prad pniL-dor, 2 pra zt, 3 prudd, 7 priidi, i\'ni\. fird' dt ; i in/ur,
*inl(;rr(), 2 Inf ini, 3 in/idrd, 7 hifii're; i hivd' ( vilio, 2 invc(l,
3 invd(d 7 inv'(f\ s. V wird. ^v/'.
lüguntüinlich ist ncumokl. i A/V laxo, 2 /</|/, 3 /<«v/, 7 A'jf,
sonst durchweg mit </.
c) mold. in der 1. und 2. Sg. Turf. J. Conj. im Anschlufs an
die 3. Sg. (s. 6): dntd lii cantfivi, cinla ^1 cantästi, nach chitä canlävil,
sonst chtUutt, chitdsi, cinid .
8. Kinzehie Fälle von </ aus <;. cd' rui, id'rii, cd' rar, (i.-D. von
(V/'/v (jiialis, scheinen durch Anbildung an i'inui, dltiii u. s. w. aus
den seltneren endunj^sheton ten Formen cdrül u. s. w. hervor-
gegangen ; danach ctitd rui u. s. w. von culäre eccum-talis. Accent-
regression ist anzunehmen in den Derivaten von fdsd fascia: /«-
fd'^ur, s/d ^lü, fd'xi'e, s, 'Accent'. In dial. dl nb. dl iWwva, dst nh. dst
istum und deren Flexionsformen (nur ä, dsld haben stets, die, dsle
meist a) i'iir schriftrum. accl ccl, accsl ccsl ' ist a der ältere Laut,
wie der Artikel al und das Compositum dstfcllu zeigen, welche
nirgends mit (/ gesprochen werden; s. 'e wird a\ Ich vermute
Anähnlichung an den lautgesetzlichen Wechsel von e und a in der
Flexion von acil, acest, s. 'e wird ea\
9. a geht in (•, d. i. offenes c, über :
a) nordrum. nach Palatin, wenn der Vokal der folgenden Silbe
palatal (e, i) ist oder ihm Palatin vorangeht (partielle Assimilation
an die palatalc Umgebung -): chee clavis, esle ksl. jasli, boerlü bol-
jarinü, pcccte pecati, vrcmc vrem^; mold., wo ^, J als Palatine wirken,
y,//i? ksl. zali , co^crln , sirdjerm (Suff, -driü), pld e^ (Suff. -d() gegen-
über \\'a.\. jdle u. s. w. So 'auch in der Flexion: sdt'edti (ksl. Suff,
-eninfl), V\\\x. sdtän, o-?,/«/,; türk. ganta, V\\xx. gmte\ .wVnz ksl. satirö,
Plur. mold. sctre, wal. sdt7-e. Wo ^' auf älteres e zurückgeht , hat
zwischen beiden einst eine Stufe ca {li) bestanden: lege legem, esic
est, c cre quaerit, gerne gemit berulien zunächst auf Icdge, idste, cdre,
gdme, s. '■e wird 'ca\
Die offene Aussprache des ^ herrscht gegenwärtig nur noch in
Siebenbürgen und den angrenzenden Gebieten Rumäniens, während
im Osten c schon im vorigen Jahrhundert mit e zusammengefallen
ist ; s. hierüber Stud. I 79 ff. In manchen Slavismen findet sich
geschlossenes e (cyrill. f) für c vor / (nicht auch vor e) schon in
alten Texten : cltiii ksl. klej ; doch schwankt die Schreibung (Be-
lege s. a. O. 18).
Der Wandel des 0 zu ^ ist vorlitterarisch, trotz der scheinbar
entgegenstehenden cyrillischen Orthographie, welche t^ durch 1\ (/A),
7^' durch m (a), also mit den Zeichen von ea, la wiedergiebt ; Nä-
heres a. O. 79 ff
* dst fin^let sich auch im Schriftriimänischen, jedoch nur in bestimmten
Verbindungen , wie dstfetni, dstdscara, dstddatd u. s. w.
- Die von Lambrior Rom. VIII 86 gegebene Erklärung des Vorgangs
habe ich Stud. I 90 zurückgewiesen.
DEK VOCALISMUS DES RUMÄNISCHEN. 25 I
Wo wir in der Sprache der Gegenwart 1^ (östl. t) für bei. a
auch vor (; antreffen, da ist der postone Guttural jüngerer (dial.)
Verlreter eines e\ neumold. tinertfa, cämqa aus ^lincraite *ti}U'rt'(e
*teneritiae, ^cdmeäse (s. 'd wird e') cäme^e caraisia.
Der Wirkung dieses Lautgesetzes sind natürlich diejenigen Wörter
entrückt, in denen der dem a vorangehende Palatin schon in einer
älteren Periode geschwunden w-ar. Daher wal. sdse, slujä^te, prdde
aus *sedse sex, *slujedsle -iscit, *predde *praedet (s. V wird d'<7');
vgl. dagegen f cte nicht fdte, Plur. v.fdld feta, weiches mithin zu
jener Zeit noch *f'cdtd gelautet haben mufs. S. hierüber 'e wird d\
a erhält sich ausnahmsweise auch zwischen Palatinen :
d) schriftTum. und wal. in den Conjugationsendungen, also in
den Verben auf -ui: tauip taleätis, taldiü taleävi, tdidlc laleätac,
sowie in den Impf, aller Conj.: tdhn idid(i, vededi vededfi, fugcdi
fuged(i u. s. w. Der Charaktervokal — der I. Conj. dort, des Impf,
hier — wurde festgehalten. Dagegen lassen die ungekürzten, in
der Regel als Subst. fungierenden Infinitive den Wandel zu: Idere,
ved ere aus *hüdi-e, *vededre (dieses aus *vedcre, s. 'c wird ea). Im
Wold. steht durchweg ^' : tdc'^i, tdei, vedci u. s. w. (vgl. auch b).
^ wal. vor f, y-f-Päl" stred§md sl. stresina, pdldjen ksl. pa-
ankü. Der postone Palatal war in der Periode unseres Laut-
gesetzes guttural, wie noch heute in der östlichen Walachei {sind-
^ind, pduijdn, s. ' e, i wird d, /'). Ebenso erklärt sich z. H. wal.
cdmd^e camlsia aus der Reihe *C(uni.fa *cdiiu-dsd cdmd^d (so ostwal.),
s. 'ü, / wird e, i\ Dagegen mold. slri-^ind, cdme^e, jetzt sire^ind,
cdf/u'-Kd.
y) vereinzelt in neuwal. clidtin, r'aisiiii nb. c/tiiii, rc'zi/ii, all luid
sonst cldtin. rdziin (dunkel).
Ferner bleibt a in Neologismen und deren Flexion: oz'idtic ;
zidr, Plur. z'idrc.
Im Mac. ist a nach dem übereinslimmenden Zeugnisse der
Quellen erhalten: sidte, chydle = nordrura. scte sitis, p~i ele pellis. Die
wenigen abweichenden Wörter bei Kav. {ovQtxXXi-, i/JTorQtte =
nordrum. ///■ dvV/t' auricula, hur i'tc boletus) und Leake (ö(lers) scheinen
falsch gehört oder transkribiert. Das Istr. stimmt bis auf einen
Punkt — s. c) — mit dem ]Mac. überein : idzcr, mlydre, l'dU =;
nordrum. tze7- ksl. jezero, mlere mel, cele eccum-illae.
b) mold., auch siebb., nach Palatin (auch ^-j /, s. a), obzwar
kein palatiner Laut nachfolgt:
d) stets im Auslaut (progressive partielle Assimilation): slj:,
id t', bocci, furi^e für stcä Stella, Idiä taleare, hoccl-ä türk. bogi-a, /«-
ri^ä Vb. I. Conj. {y. furi:^).
ß) in allen Conjugationsendungen, die nicht sclion nacli a)
oder b) a) das a palatalisieren, also I. Conj. /dt'm, id ädm, /d <■/,
id etd u. s. w. für Ididm u. s. w., furi^ im u. s. w. für furqdm u. s. w.,
II. — IV. Conj. Impf, ved em, doruüm für vedi-dm, dormcdm -bämus. S.\\-
bildung an /(/6\ /«/-/^■f\z'tv/(Miach* b) rt), vieüeicht auch an A/.'//, /(///,
tdi sein u. s. w. nach a).
252 H. TIKIIN,
In Mr/AU'^ auf Auss|)r;iclir iind Schrciluiiif,' <,Mlt auch hier das
milcr a) (Jcsaglc.
c) istr. stets in (li;r (;ru|>i)(; ;■</, wo sie ihr ])alatales Element
nicht sclion vorher verkjren : y i'/<i aus feta *faitä, aber uipa aus
equa *uäp<f, röcc aus recens *r<ike (s. 'ca wird a ').
10. Nach Analogie der zalilreichen Feminina, in deren Flexion
sekundäres a lautgesetzlich mit f', ( alterniert, wie in fiild ff-ta —
fi'le, Viirgd virga — vcrgt (s. 'c'), erscheint im Nordrumänischen
häufig im weibl. Plur. ^ vor e, e vor i für ursprüngl. a, dem Labial
vorangeht : y^'/^, y'r'fi' ', v etre, b erze, bettle, scov irde, pov etne, speie,
(nb. spüle; meist nur im Plur. gebraucht), Imzl, lopell, sfizl, Flur,
von fd(d facies, fd^a fascia, vdlrd ksl. vatra, bdrzd vgl. alb. bard,
bdnld vgl. ahd. bant, scovdrdd ksl. scovrada, povdrtid ksl. povarinja,
spdlä spatha, Hvddä ksl. livada, lopdld ksl. lopata, sfddd ksl. süvada.
Aber bdhd — habe, bdrbd — bdrbe und bd rbi u. s. w. Auch ctomdg
türk. hat Plur. dorn ege (wonach?). Im Mac. richtig y<//^, fd^e, vdtre,
clomddzl (die übrigen W^Jirtcr teils nicht vorhanden, teils mir nicht
vorgekommen).
Die stammbetonten Formen von mcslec mastico, firniec nb«
fdrniec *pharmäco, bl eslem nb. bldslem blasphemo, ledpäd nb. siebb.
Idpdd lapido scheinen den endungsbetonten angeglichen, in
denen a über d zu e {meslecd) wurde, s. 'ä wurde e\ Ebenso ist
wohl auch r Ipede rapidus aus seiner Ableitung repezi zu erklären.
Aussprache und Schreibung des ^ wie ga angegeben.
1 1 . Der Moldauer spricht gegenwärtig depdn, ingemdn, legdn,
lipdd, pleptdn für dedpdn, i. Sg. Präs. von a depdnä, u. s. w., nach der
Proportion :
1 dcpdTi : 2 dipem, 3 dedpdnd, 7 dt'pene = l Ug : 2 legt, 3 ledgd,
7 f^'ge-
12. Nach ;-, /, / steht ea für a in bredsld ksl. bratistvo, siebb.
hredsl Wbb. hvrastu, slredtig zu nhd. sträng, Iredmpd zu türk. trampa ;
sledh vgl. poln. szlach, sleahtä poln. szlachta; ^tiv'ie ß. ksl. Stavije,
petedlä ngr. mxäXi, calapeledzmd ngr. xaxcmiraöna, siebb. stedmp zu
nhd. stampfe, ^ledngd B. zu nhd. Stange. Ferner mundartlich in
stredjd, gew. slrdjd, ksl. straza, slredf Cih., sonst .c/r^, zu nhd. strafe,
neuwal. reäzim, sonst raziiti (dunkel); mold. cledmpd nb. wal. cldn(d
vgl. nsl. klampa, poln. klamka u. s. w., mold. hlcdsttir nb. wal. bldslru
ngr. nJiXüöXQi, neuwal. clcdtin, sonst f/c/V/« (dunkel); mold. ?nusledld
nb. w-al. musld(d *mustacia (gr. fivOTaß). Dazu noch mehrere Wörter
aus dem Mac: brtdlu Dan. nb. brdtii Kav., gruisu Dan., grtdiu Kav.,
pridgit Kav. = nordrum. ^/'i?'/ brachium, ^ra'j' crassus, grdiü ksl. graj,
/>rff^ ksl. pragü, sowie lidhricu Kav. ^a/?()«| (doch auch alb. Ijäbrik).
Wegen biestern, ledpad und r tpede s. 10.
' Das üblichere fdse hat die Erhaltung des a wohl besonders walachi-
schem Einflufs zu verdanken ; vgl. 9 a) /9).
DER VOCALISMUS DES RUMÄNISCHEN. 253
13. Lat. ae, oe, betont oder unbetont, gilt e: ciriü caelum
(coelum), äi haedus (hoedus), negil *naevellus, prepime praeponere,
ci'ise casae.
14. Lat. rt« bleibt intakt und bildet keinen Diphthong: <iur
aurum ist zwei-, läudä laudat dreisilbig; aber äü aut, weil im Aus-
laut (s. '« wird ü'). So auch in Lehnwörtern: Äusir'ia mit pleni-
sonem u. Auf dem u betont sind die stammbetonten Formen von
a auzi: aiiz audio, ferner Aüstru nb. Ätistiu austrum (Lehnwort?).
ao steht in addoge adauget und rdpdos *repausum (dazu Vb. a
rdpdosä, jetzt rdposä); dial. auch in caot, sonst cdul, 'suche' (von
cautus?) und Idore Cip. Anal. 56, sonst iduj-, taurus. 0 in * c6dd
cdddd cauda ist vorrura.
b) Unbetont.
15. Lat. protones an wird hi: mhicä manducäre, mgi'ist an-
gustus, */«// inel *annellus; dazu auch minie (\vovon Vb. yiünui)
fiavia, mingiiü 'tröste, liebkose' (iayyavi%co und auflfallenderweise
auch diüdrtü türk. kantar. Doch indtii nc mandöco, cdn'mt canötus,
grdi'm( *granuncium (?). Vgl. 4. Dagegen ist atn regelrecht (s. 3)
erhalten in a?ndr amärus.
Vor anderen Kons, erscheint / für a in iirziu tardivus, clrndt
carnätus, cistig 'gewinne' castlgo, ridiche radlcüla, ridic 'hebe' era-
flTco, Jüriie ngr. y^aQXL, idsipl ksl. rasy[)ati.
16. e für postones a steht in gdlben galbänus (doch auch
-Tnus), *pdlten pdltin platSnus, Jdrmec pharmäcum, c iierd cithära
(schon App. ad Probum: cithara non citera), ci'nepd cannäbis,
vielleicht auch m. p eiec 'Fleck' *plttäcum (? vgl. plttScium).
17. Aufser in vorstehenden Fällen wird a im In- und Auslaut
regelraäfsig zu a (nach Palatin zu e, s. '</ wird e), während anlau-
tendes a sich erhält.
A. Lat. und nicht gelehrte ksl. Themen folgen der Regel
ausnahmslos, die übrigen um so seltener, je später sie aufgenom-
men sind.
a) Proton : bdrbdt barbätus, grddina ksl. gradina, Idcd^ Ji^i^o}'«
laküs, vulrgdrUdflü ngr. iiaQyaQixäQi, neben hlagoslovinie ksl., copoi
vgl. russ. kapotü u. s. w., siebb. bar^ön magy. barsony, trandafir ngr.
XQavrä(px'Xlov, cafed türk. kahve u. s. w. Aber amdr amärus, a
(proklit.) ad u. s. w. Schwierig sind die Procliticae lo 'zu' illäc
(? vielleicht illäc ad?) und ca 'wie' quam.
Nur scheinbar tritt uns ursprüngl. prot. a entgegen in mold.
barbdt, lacd^ u. s. w., s. 'a wird (/'.
b) Poston im Lilaut: pdsdre vlat. passärera (Schuch. Vok. I 2oö)
für -rrem, mac. ödrfdnu OQCfaröc., Ldzar AdC,((QOQ, cdmdtd ksl. ka-
mata, /dcdt magy. lakat, iwfdr mgr. vovffftQn, i'f^rnvffaQ, zdh,ir ngr.
C«;f«()/, neben prislav ks\., pdgiin vt-rgl. serb. pogan u. s.w., gtd/fibti^
türk. "iambaz. Neben ddsed/ fV/d/aixrt/loc lindel sich aufh diisrii/.
254 "• "KlIN,
mirsiiv iib. m/r^d?.' Usl. mriisavii, zii}(rav ksl. zu^radi {C,<ijy(>u(/u^) und
die mit dem Suffix -dv neugcbildcten Adj., wie hö/rtav iib. boliuiv v.
ksl. boliiiii, iiu')j,M-n ohcmals den 'Ion allgemein auf dem a gebal)t
bab(Mi.
c) l'oslon im Auslaut: biirhd barba, <//v/ ara (-t, -nt), di'icd
ducat (-nt).'
I'). In Stamm- und Wortbildung wird betontes nicht an-
lautcindcs a, so oft es proton wird, zu ä \ die Herkunft des Grund-
w()rti3s ist hierbei ohne jeden Kinflufs : grds — grdxime, nid r cd —
märcülä ; fdc — fäciil, relrdg — rctrdgidm. Aber anlaut.: dsprti —
asprhne ; dr — aräin. Nur in der Flexion neologer Verba I. Konj.
wird (7 nachlässigerweise beil)ehalten: constdt — conslalii tu.
iMgentüralich ist a in statöniic ' standhaft ', wohl aus *statvrtü
Adj. verb. von a stä (jetzt shildlörtü), und äalöriü 'schuldig', da/ör-
nic 'Schuldner', anscheinend *debiiorius, dann mit *dali>riu Adj. verb.
von a da (jetzt ddtdiöriu) zusammengefallen.
Nur scheinbare Ausnahmen, weil schon fertig aufgenommen,
sind die mit türk. Suflixen gebildeten Wörter, wie sacagiu {sacä),
cra'ili'c [crdiü), parali' ü [para) u. s. w.
Wird a (wie vorstehend oder nach 7) zu d, so erfahren auch
die vorangehenden oder folgenden nicht anlautenden a stets den
gleichen Wandel: papagdl — pdpdgdlesc, parä — pdrdlii(d, giamati-
ddn — genumddnd^ (vgl. dagg. anlaut.: amdr — amart , ardp —
ardpi'sc); parddd — päräzi, faldngd — fdlaiigl, harabä — dial. hd-
rdbd'ti (vgl. dag. anlaut. ardnui — ard'vü, ara /nun).
Steht jedoch zwischen vorangehendem a und dem aus a her-
vorgegangenen (/ ein Vokal anderer Natur, so erhält sich ersteres:
dragorndn — dragomdnie, samovdr — saviovä7-ds u. s. w.
In mold. las — lasä — Idsajn, pacdl — päcdtös u. s. w. beruht
die Alternierung von a und d auf anderem Grunde, s. '(/wird a\
Dem Übergange des unbetonten a in </ liegt eine durch die
Tonlosigkeit veranlafste Schwächung der Artikulation zu Grunde,
die auch auf anderen Gebieten (im Franz. und Port., in ital. und
rätoroman. Diall., u. s. w.) zur Modifikation des vom Accente nicht
geschützten a geführt hat. Die Trübung trat im Anlaute nicht ein,
weil die gröfsere Schwierigkeit, die Artikulation schon bei ihrem
* Lambrior Carle de cet. XI ff. will post. a nur vor m zu d werden
lassen, während im lat. Auslaut e entstehen soll, wofür carte charta , viespe
vespa, v'ipeie (ich meinesteils kenne nur v'ipera) vTpera, ferner die G.-D.-Form
der Feminina auf -ä {pälme, nach L. = palma), der Plur. der Neutra {lemtie
ligna, timpurJ, alt timpure tempöra) und die Eigennamen auf -e {Cöste, Flore,
Negre, nach L. aus *Cösta u. s. w.) als Belege angeführt werden. Aber ab-
gesehen davon, dafs auslaut. m im Lat. schon im 3. Jahrh. völlig geschwunden
war (Corssen I' 113, II- 224 und sonst), also an eine Beeinflussung des a durch
den Nasal gar nicht zu denken ist, beweisen die Konjugationsformen auf -a
(drä = ara, arat, arant, diicd = ducat, ducant), wie Nädejde Gr. 34 richtig
einwirft, sowie /ara foras, cdtrd contra u. s. w. , dafs -« unter allen Um-
ständen zu d wird. Die von L. berührten Erscheinungen, welche dem ent-
gegenzustehen scheinen, sind mithin auf andere Weise zu erklären.
DER VOCALISMUS DES RUMÄNISCHEN. 255
Beginne bezüglich ihrer Intensität zu kontroheren, hier im Gegen-
teil zu einer Steigerung derselben zu leiten pllegt ; vgl. ' anlaut. ^
wird a '.
Dem hier dargestellten Gesetze folgen auch das Alb. und das
Ncubulg.: alb. kämi.sä camisia, neubulg. grädinä ksl. gradina; vgl.
IMikl. Alb. Forsch. II 73 und Vergl. Gr. I"'^ 369.
18. Lat. au wird 0, woraus regelrecht u, in ciirechm caullcfilus,
ureche auricQla. ascült ausculto hat Einflufs von as- =^ ex- erfahren.
Vgl. auch 19.
19. Lat. anl. a ist abgefallen in i'mclüü avuncülus (nicht Kon-
traktion von a-u, wie ital. unchio zeigt), mtii agnellus, nddteti anno-
tmus, Pri'er Aprilis, jüngeres a in mac. rdina nb. ardmä (wie sonst)
aeramen nach Boj. Gr.i 214 (angef. Mikl. Beiträge Voc. I 31); lat.
au in toAmnä autumna.
20. Hiatus, a-a wird kontrahiert: cdl caballus, chiia cantäbat,
lättiri *lavaturae. — a-e ergiebt a in alüna aveliäna und den atonen
Auxiliaren am habemus, atl habetis ; e in trcce trajicere, *pementu
pdmi'nt (vgl. iHtr. pe mint und altrum. Vocat./t7«/«/t', T)en\. pcmiiiitdii)
pavimentum. Aber vuusliu magistrum. — a-u erscheint als 0 (wohl
über dl?) in s6c sabücus. — Vgl. auch 'Epenthese'.
H. TlKllN.
über Ganelon und die Verräter iu der Karlssage.
Die folgenden Bemerkungen schliefscn sich vornehmlicli an
einen Artikel über die Schwanensage von Müller (Germania I 418 ff.)
an. In demselben wird ausgeführt, dafs die böse Schwiegermutter
in der Schwanensage, Matabrunc, eigentlich die Muttor der sieben
Kinder selbst ist, die böse Seite der Mutter, deren gütiges Wesen
auf eine andere Person übertragen ist. Die Mutter selbst tötet ihre
Kinder, und da dieser mythische Gedanke später nicht mehr ver-
sländlich war, so suchte man durch die erwähnte Übertragung sich
mit der Wahrscheinlichkeit einigermafsen abzufinden. „In der my-
thischen Denkweise hat jede Person einen festen, und unwandel-
baren Charakter; ändert sich dieser, so schafft die Phantasie ein
zweites dem ersten gegenüberstehendes feindliches Wesen. Man
wird diese mythische Form Dualismus nennen k()nnen" (422). Durch
eine Reihe von Beispielen, besonders aus Märchen, wird dann weiter
bewiesen, dafs für die Mutter in ähnlichen Fällen nicht nur die
Schwiegermutter, sondern auch andere Verwandte substituiert wer-
den. So verwandelt der Fluch des Vaters sieben Söhne in Raben
(425). Ein Vater schwört seine zwölf Söhne zu töten, wenn das
dreizehnte Kind ein Mädchen wird. Diese Schwester bricht
dann zwölf Lilien im Walde und bewirkt dadurch, dafs die früher
vor dem Vater geschützten Brüder iu Raben verwandelt werden.
Dieselben Wirkungen haben der Fluch der Mutter und der Stief-
mutter (426).
Im zweiten Teile der genannten Abhandlung werden Fälle
angeführt, die dieselbe Sache von einer anderen Seite darstellen,
nämlich die Umgarnungen treuer Gattinnen durch Nebenbuhler
ihrer Männer, die also später feindliche Stiefväter der Kinder erster
Ehe werden würden (431). Diese Nebenbuhler, bezw. Verleumder,
(Genovefa) sind oft die Brüder des ersten Mannes (437, 438).
Auch die rechte Frau hat Nebenbuhlerinnen, wie Bertha, Karls
Mutter (438). Es erhellt schon aus dem Angeführten, dafs Müller
auf dem Boden der Forschungen von Grimm und Simrock steht.
Geht man mit diesen aus der Lohengrinsage und den Mär-
chen gewonnenen Anschauungen an die Lektüre der afrz. Karls-
sage, so wird man kaum bezweifeln, dafs die sogenannten „typi-
schen Verräter" nichts anderes sind als Dämonen der Finsternis
und des Winters, vielleicht auch schon im figürlichen Sinne Dämonen
ÜBER GANEI.ON UND DIE VERRÄTER IN DER KARLSSAGE. 2.57
der sittlichen Verworfenheit, die den Lichtijöttern, den Helden,
die Herrschaft streitig machen. Der Gegenstand des Streites ist
ein die Erdgöttin repräsentierendes weibhches Wesen bezw. deren
Kinder, die Verjüngungen der Lichtdämonen. In vielen Fällen ist
mit dem Besitz einer solchen Frau der besseren Motivierung wegen
der Besitz eines Reiches verbunden worden. Man wird vonvorn-
herein erwarten können, dafs die Dichter schon um mehr Abwechse-
lung zu bieten, bald den einen oder anderen Dämon, bald die
umstrittene Frau, bald die Kinder zum ^littelpunkt ihrer Erzäh-
lungen machen. Der Gang der Beweisführung für das Gesagte
wird folgender sein. Es wird zunächst die Identität der Verräter
des cycle des croisades unter sich, sodann mit denen der späteren
Epen der Karlssage, endlich mit Ganelon selbst nachgewiesen. Der
letzte Nachweis ist etwas schwerer als die anderen. Der Ausdruck
des Oxforder Textes ist überaus knapp und läfst besonders in der
Charakteristik der Personen vieles nur ahnen. Es geht ein ernster
tief christlicher Hauch durch das Gedicht, der der Volkssagc w'enig
günstig war. Der Redaktor ist ein Zeitgenosse Gregors des Sie-
benten, der bewufst wohl kaum etwas Unchrislliches aufnahm, der
aber zeitlich dem Heidentume näher stehend auch besser als spätere
Sänger im Stande war Heidnisches und Christliches zu unterscheiden.
Er war ferner nicht nur selbst ein ernster, gebildeter, frommer
Mann (Rajna, origini deW epopea francese, 200: non era un iioino vul-
gare 7ic p7-ivo di collurd), sondern er schrieb auch für die Aristo-
kratie der Geburt wie des Geistes. In diesem Kreise haben sich
aber die Sagen bekanntlich keiner grofsen Gunst zu erfreuen ge-
habt. Ich vermute daher, dafs der Verfasser des Oxforder Textes
bei der Kürze seines Werkes nicht nur manches von dem ursprüng-
lichen Sagenstoffe weglassen mufste, sondern dafs er auch manches
übergehen wollte, und ziehe im Anschlufs an den Lohengrinkreis
zunächst seine redseligeren Nachfolger zu Rate, zu denen ich aber
hier nicht die Verfasser der remaniefiienls rechne.
Im Lohengrinkreise erscheint Matabruue als ein wahrhaft
dämonisches Wesen der Finsternis (Chevalier au cygne, 6d. Hip-
peau). Sie übergiebt ihre Enkel dem Tode und wünscht auch
ihre Schwiegertochter zu verbrennen. Am liebsten würde sie wie
Mephisto die ganze Welt vernichten (234g IT.). Der Dichter ver-
gleicht sie immer wieder mit dem Teufel, dem sie auch schliefslich
anlieimfällt (42, iio, 1017, 2381). Auch ihre Diener gehörendem
Teufel an (1539, 1793). Kurz vor ihrem Tode verwünscht sie
noch ihre Umgebung (2381 ff.). Man vergesse nicht, dafs die ganze
Bildung des volkstümlichen Begriffes vom Teufel sich mit Hülfe
der germanischen Götter- und Dämonensage vollzogen hat (Cirimm,
d. Myth. c. XXXIII).
Der in demselben Cyclus im Baudouin de Sebourc (Vak-n-
ciennes 1841) auftretende Gaulroi de Frise ist ein Verräter der
alle wesentlichen Züge der Malabrune hat. Freilich ist zu beachten,
dafs er als Ritter und Fürst sich in weit ausgetlehnlcren Sphären,
/.eitsolir. f. nun. I'lill. X. 17
258 (;. OSlKkllAGK,
incnschliclicr Thiltigkcit l)c\v(>gl, und das Hösc in ihm also weniger
abstrakt erscheint. Kein alrz. Dichter kommt dem Verfasser des
H. de Sel)ourc in der Beherrschung seines Stofles und (iewandtiieit
der DarsteMung gleich. Diese l''.igensc;haft hat ihn, wie es scheint,
dazu geführt seinem Verräter alles anzuflichten, was in den chan-
sons de geste nur irgendwo einem solchen beigelegt wird. Ander-
seits geht er über das Gegel)ene und noch uns Vorhegende nie-
mals hinaus : um so interessanter ist es zu sehen, wie ein geist-
voller Schriftsteller des Mittelalters die Figuren seiner Vorgänger
auffafstc. Sein Verräter — Gaufroi de Frise — tritt vor allem
in seintT Rolle als Stiefvater hervor, wenngleich er auch schon
vorher Verrat spinnt. Diese Auflassung des bösen Dämons ist über-
haupt wohl die einfachste und natürlichste, den J*>fahrungen des
Lebens am meisten entsprechende. Gaufroi also sucht seines
Freundes und Lehnsherren Frau zu verlocken (I 4), er möchte den
Gemahl vergiften, die Kinder töten (6, 13). Er wird Renegat, ver-
rät seinen Herrn den Sarazenen gegen ungeheure Schätze (15, 16,
19), gewinnt durch reiche Spenden die Frau seines Fürsten und
die Vasallen (26 ft.) und lebt in steter sich durch das ga'nze Epos
hinziehender Feindschaft mit seinen Stiefkindern (31 ff"., 107, 186,
226, 234, II 326, 337, 350, 382, 388). Er besitzt nur eine einzige
gute Eigenschaft, eine aufserordentliche Tapferkeit (I 10 1 u. oft).
Ein Trofs von Verrätern umgiebt ihn, die ebenso mordsüchtig,
geldgierig und üppig sind (1 30, 46 etc.). Die auri sacra fames
wird vom Dichter besonders hervorgehoben; namentlich verstehen
sich die Verräter darauf Steuern aller Art zu erfinden (I i8ö, 226 0".).
Mit dem gewonnenen Gelde bestechen sie dann den König von
Frankreich (11118 0"., 160, 216, 311) und den Legaten des Papstes
(11 312 ß".). Von der Beichte hält Gaufroi nichts (II 349), die Ver-
geltung im Jenseits schreckt ihn nicht (I 107). Wie der Antichrist
hofft er Herr der Welt zu werden (11 337), seine Seele übergiebt
er dem Teufel (11 326, 350, 382). Augenscheinlich ist in dieser
Charakteristik manches Beobachtung und wirkliches Eigentum des
Dichters, wie die satirischen Ausfälle, aber im Ganzen ist sie doch
eine Reproduzierung der Matabrune oder eines gemeinsamen Typus
der -bald männlich bald weiblich gedacht wurde.
Von den mit der Karlssage mehr oder weniger eng ver-
bundenen Gedichten • betrachten wir zuerst den Buovo d'Antona.
Der „Verräter" Doon de Maganza tötet mit Hilfe der treulosen
Frau deren ersten Gemahl und will dann auch den jungen Buovo
umbringen, der ihm durch die Flucht entkommt und später seinen
Vater rächt. Wir haben also wieder die Fabel des Baudouin de
Sebourc. Nur die Untreue der Frau ist neu, und zwar scheint sie
ihr Dasein einer Vermengung der beiden Grundtypen zu verdanken,
von denen Müller redet. Hier will die Frau ihr eigenes Kind töten,
nicht nur der böse Stiefvater. Das Wollen ist aber in diesen Sagen
immer der spätere Ausdruck für das was ursprünglich als ausgeführt
gedacht wurde (422). — Nicht gerade einen Stiefvater aber einen
ÜBER GANELON UND DIE VERRATEK IN DER KARLSSAGE. 259
verräterischen Freier und Verleumder der Frau sowie Mörder der
Kinder haben wir in der Person des Erchembaut im Doon de
Maience vor uns. Der Tod des ersten guten Gemahls und Vaters
ist hier symbolisch durch sein Einsiedlerleben im Walde vorgestellt.
Symbolisch für den Tod der Gattin ist hier die Einkerkerung der-
selben und die Verurteilung zum Tode auf dem .Scheiterhaufen.
Es sind hier wieder zwei einfachere Verhältnisse vermischt. Der
Tod. des Grafen ist das Hinscheiden des Lichtgottes; die Werbung
des Erchembaut bedeutet die Herrschaft des Dämons der Finsternis.
Die Verfolgung der treuen Frau durch den Verräter aber setzt
eine ursprüngliche glückliche Ehe voraus (Sommer), die durch die
Entzweiung der beiden Gatten (Winter) unterbrochen wird. Der
Dichter hat die von ihm nicht mehr verstandenen Elemente der
Sage so gut es ging menschlich zu motivieren gesucht. Das Auf-
treten des jungen Doon symbolisiert wiederum die Herrschaft des
Lichtgottes. Darum tragen auch sein Freunde, die der eingekerkerten
Frau zu helfen suchen, grüne Zweige am Helme (954), angeblich
allerdings um sich besser zu erkennen im Kampfe, in Wirklichkeit
wohl als Vorboten des Sommers. Auf Zweigen ruht auch D. im
Schiffe (1370). Es verschlägt nichts, wenn der Verräter hier nicht,
wie er möchte, Stiefvater der Kinder wird, da in diesem Reste des
Mythos das Wollen ein ursprüngliches Vollbringen ersetzt hat (Müller,
a. a. O. 422). Eine böse Mutter als Stiefmutter finden wir, ab-
gesehen von der schon erwähnten Blandoia in Buovo, im Gaufrey
(1058 1 ff.). Sie will den Sohn erster Ehe, Ogier, dem Tode preis-
geben , um ihre und ihres Mannes ehreizigen Phhie auszufüren.
Des Dichters Vorlage wird sie wohl deutlicher gekennzeichnet haben;
darauf deutet auch noch der Ausdruck sa trh male inoiillier (10639)
hin. Zu den b(')sen Eltern mag hier auch noch Herenger in Parise
la duchesse gezählt werden als schlimmer Schwiegervater. Frei-
lich sind wieder verschiedene Versionen durcheinandergeworfen.
Wie in der chanson Berte au grand pied wird hier die rechtmäfsige
Gemahlin des Plerzogs Raymond durch eine falsche verdrängt, deren
Vater, eben jener Berenger, die erste Frau verleumdet und zum
Tode auf dem Scheiterhaufen verurteilen läfst.
Die Schaar der Verleumder, auch der bösen Brüder und
Schwäger, die in den späteren Epen auftreten , berührt den vor-
liegenden Gegenstand direkt nicht und kann daher übergangen
werden. Nur Amis und Amiles und Gaydon seien noch kurz er-
wähnt. Die ziemlich ausführliche professio fidei der Verräter im
Amis (löiöfl., 1625 fr.) zeigt wie sehr der Sprecher Hardre dem
Gaufroi de Frise und der INhitabrune gleicht. In Bezug auf die
Bedeutung der Verräter bedarf es auch hier i-inigcr Mühe um die
Fäden zu entwirren, die mit ganz eigenartigen Sagenstollen ver-
woben sind. Es scheinen ursprünglich zwei glückliche Ehen ge-
stört worden zu sein, die eine durch einen Verräter, die andere durch
die Krankheit des Mannes. In der uns vorliegenden Fassung ist
die Sachlage in der Weise modifiziert, dafs die noch nicht zur Ehe
ZbO G. OSTEKHAGE,
gewordene Verbindung der Kaisertochter mit dem Arailes von dem
hafserfülltcn I lardre getrübt \vird, und anderseits der Zwiespalt in
der V.hc. des Amis und der Lubias von vornherein dadurch moti-
viert wird, dafs die Lubias zu der l'amih'e der Verräter gehJirt.
Auch Gaydon enthält eine vielleicht noch mehr l)el(hrr-nde
professio der Verräter (6438 fl'.). Sonst schliefst sich diese ehanson
an das Rolandslied an und bietet in Beziehung auf den Sagenstoff
wenig unmittelbar Verständliches.
Was nun (ianelon selbst angeht, so scheint mir ziemlich klar
zu sein, dafs der Verfasser des Oxforder Textes den Verrat nicht
im Rahmen des (iedichtes hinreichend motiviert, sondern seinen
Charakter als einen gegebenen, typischen aus seiner Vorlage ent-
nahm. Das scheint schon der erste Vers anzudeuten in welchem
Ganelon erwähnt wird (178 Gumes i vt'nl, ki la iraisun fisl). Auch
aus den folgenden Reden Rolands und seines Stiefvaters lese ich
heraus, dafs der Gegensatz zwischen beiden längst kein Geheimnis
mehr war (220, 228, 256, 277, 286 f., 297, 302, 304, 306, 315,
323). Der Dichter, der mehr Talent beweist als die meisten seiner
Nachfolger, hat die natürliche IMifsstiramung zwischen einem Stief-
sohn wie Roland und einem leicht reizbaren Stiefvater wie Ganelon
mit Glück zur Grundlage des Koniliktes gemacht und man könnte
auf jede weitere Forschung verzichten, wenn nicht einzelne Über-
schwänglichkeitcn des Ausdruckes doch verrieten , dafs Ganelon
mit den durch Matabrune repräsentierten Typen verwandt ist.
Dahin gehören die Drohungen in den Versen 290 f., 300 f.,
305, T,2Tf^., ferner das durch das Vorhergehende noch nicht
motivierte Fallen des Handschuhes und die böse Ahnung der
Ritter 333 ff. — Ich glaube nicht, da(s es Widerspruch finden
wird, wenn man behauptet, dafs der Dichter den Umstand, dafs
Ganelon der böse Stiefvater ist, hinreichend hervorgehoben
hat. Eher könnte man versucht sein zu glauben, dafs Rolands
Vorschlag allein den tötlichen Hafs seines Stiefvaters begründet,
und es seien darüber noch einige Worte gestattet. Das eine Bei-
spiel der verunglückten Botschaft des Basilies genügte allein noch
nicht um die unbedingte Gefahr des Auftrages zu beweisen, auch
subjektiv vom Standpunkte Ganelons nicht. Man darf doch auch
nicht vergessen, dafs die Mission eine ehrenvolle war; ihr Träger
mufs ein weiser Mann sein. Aufserdem durfte Ganelon, wenn seine
Antecedentien vollkommen intakt waren, über einen etwas gefähr-
lichen Auftrag nicht in eine solche Wut geraten, nachdem die ersten
und vornehmsten Paladine , unter ihnen Roland selbst, sich zur
Übernahme erboten hatten. — Auch aus dem Rolandsliede läfst
sich also der Kern eines Mythos, der den Stiefsohn verfolgende
und tötende Stiefvater, herausschälen, und ich gelange auch hier
zu dem Resultat, dafs der Verräter ein den Lichtgott tötender
Dämon der Finsternis und des Winters ist. — Auch den
Namen Ganelon glaube ich mit Hülfe von Angaben Quitzmanns
(Rt^ligion der Baiwaren 13) auf dit^ gc^rmanische Mythologie zurück-
ÜBER GANELON UND DIE VERKÄIER IN DER KAKLSSAGE. 26 1
führen zu können. Der genannte sehr sorgfäItiy;(; und vorsichtige
Forscher führt den Namen Wcnilo, von dem er neun Beispiele
anführt, auf den Stamm Wan zurück, von dem die Wanengottheiten
ihre Bezeichnung führen. Es wäre nicht schwer einzelne Züge
anzuführen, welche die Wanen mit den Verrätern gemeinsam haben,
doch würde die Ähnlichkeit immer nur auf sehr subjektiver An-
schauung beruhen. Es ist auch vollkommen gestattet eine Depra-
vierung des Götternamens anzunehmen : konnten edle Gottheiten
zu Unholden und Teufeln werden, waram nicht auch zu Ver-
rätern ?
G. OrSERHAGE.
über einige romanische Wörter deutscher Herkunft.
Alöci go it. allsj)., iisj). pg. albtrgue, prov, alhtic, afrz. hci Lire, des-
gleichen fem. jjrov. albcrga, afrz. hcrberge, nfrz. aubcrgc, sowie die
Verben it, albergare, sp. prov. albergar, fr. heberger, allfr. hebergier,
herbergier werden vom ahd. heriberga (f.), altn. herber gi (n.) ab-
geleitet.
Die romanischen Formen wie albergo etc. wären hiernach dem
frz. herberge gegenüber in zweierlei Hinsicht bemerkenswert. Einmal
dafs sich in ihnen das r, wie allerdings öfters, in / umgesetzt hätte.
Sodann, weil sie mit ihrem a in erster Silbe einen älteren Laut-
bestand aufweisen würden (cfr. A. de jubainville, Romania 140 1872
und Walteniath, Die fränk. Elemente i. d. frz. Sprache p. 60), während
herbere wegen des zu e umgelauteten hari frühestens um das ]ahr
800 aufgenommen sein kann, um welche Zeit der /-Umlaut des a
sich zuerst im Fränkischen bemerkbar macht.
Fragen wir nun, warum nicht auch das Altfranzösische schon
das Wort mit einem älteren Lautbestand bewahrt hat, so könnte
man anführen, dafs wenn das deutsche Wort in der Form hari-berg
in das Französische aufgenommen worden wäre mit einer gleichen
Umsetzung des r in / wie in den Schwestersprachen, dann es laut-
lich mit dem aus dem Deutschen halspirc , halspirga abgeleiteten
halbere, hauberc, aiiberc, nfrz. hauberi, dim. hauber geoti (it. usber go, os-
bergo, prov. ausbere, Panzerhemd) hätte zusammenfallen können, was
in den andern Sprachen, die bei letzterem Worte das s erhielten,
nicht der Fall war. Was hätte aber auf der andern Seite gehindert,
ein har-berc oder arberc, wie es im ml. arberg, arberga erscheint,
aufzunehmen, ebenso wie ein ar-bon entsprechend einem fränkischen
hari-band im Franz()sischen sich findet ?
Bei Ducange lesen wir: Vocem alb:rga ab Oecilanis accepimus ;
quod enini nostri procurationevi aut gistum vocabant, ii alber-
gam diclitare soliii. Hieraus ist zu entnehmen, dafs bei den Fran-
zosen dasjenige, was bei den andern romanischen Völkern mit al-
berga benannt wurde, gistum hiefs, frz. g'ik, was im Feudalrecht das
Recht bezeichnete, einen Tag und eine Nacht im Jahre von Jemand
beherbergt und beköstigt zu werden (s. Sachs). Im Französischen
gab es also für denselben Begriff ein anderes Wort und damit
würde sich das Fehlen des Wortes der anderen roman. Sprachen
im Französischen erklären.
ÜBER EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HERKUNFT. 263
Ducange giebt zu albcrga, — gum, — gia giiim, — albergala
an : Ins gisti ac prociiralionis, scii divcrtaidi in donmm vassalli et in
ea hospiiandi, vel praeslätio qiiae pro eiusmodi prociiralionibus domino
exsolvitiir, und dementsprechend zu albergare : hospitari, diver tere,
procurationem exigere. Hier ist bestimmt von dem Rechte eines
Höheren gegenüber dem Vasallen die Rede, bei ihm einkehren
und wohnen zu dürfen und sich bewirten zu lassen.
An einem anderen Orte und zwar unter adalberga erwähnt
Ducange aus dem Testamentura Adalaidis (apud Märten, tom. i,
Anecd. col. 97): Alia »ledietas de fructu remanent Raymondo archi-
berga et adalberga. Ducange weifs mit diesen Worten nichts an-
zufangen. Er sagt: Hand scio an Archiberga et Adalberga idem sit
i/iii dominus Alber gae, cid competat ins gisti seu Jus quibusdam in prae-
diis habitandi. Die Urkunde stammt aus dem Jahre 978, während
das früheste Citat, wo alberga oder eine Ableitung erwähnt wird,
aus dem Jahre 1081 (und zwar steht hier albercaria, bei dem
sich eine frühere Verkürzung des Stammes adal zu al aus dem
Rücken des Tones erklären liefsc), die anderen ' meist aus dem
1 3. Jahrb., also alle aus späterer Zeit stammen. Was hindert uns
anzunehmen, dafs uns in der Form adalberga die älteste
Form des späteren alberga erhalten ist, dafs uns also in
letzterem Worte keine Ableitung aus hart vorliegt, sondern aus adal,
ahd. adal, athal, adhal, edles Geschlecht, as. adhal, zumal da, wie
wir gesehen, alberga ein Recht des Höheren bezeichnet?
Die Abkürzung des Stammes adal im Romanischen hat erst in
späterer Zeit stattgefunden und zwar speziell im Franz. sicher erst
nach der fränkischen Periode, wie dies aus dem Unistande hervorgeht,
dafs die fränkischen Eigennamen aus dem 8. Jahrb., die wir bei
Waltemath finden, noch überall ungekürzte Form zeigen, so Adal-
ardus, das französ. Alart Allard, it. Alardo — Adalbcrt, frz. Albert
Aubert — Adalric, afrz. Alori (Enf. Ogier) — Adalbodus, afrz. Au-
boeuf — bis auf Alberga anno 787, das aber auch von alla, cfr.
griech. oXoq, abgeleitet werden kann.
Das ital. alberga etc., darf also mit Grund auf diesen Stamm
zurückgeführt werden. • Auch das afrz. helbere, welches Alexis 65
(in der Ausgabe Gessner's) vorkommt, ist vielleicht derselben Her-
kunft mit demselben Rechte wie das afrz. elin, prov. adelenc, auf ahd.
adalinc, cdiling zurückgeführt wird. Das // kann eben tlurch die
Ähnlichkeit der Bedeutung von herbere sich eingeschlichen haben,
oder es ist an der erwähnten Stelle ein Fehler des Schreibers'-,
der bald darauf Alexis 1 1 6 Herberge gebraucht.
' Ebenso dürfen viellciclU auch \\\\. allen, welches Ducange mit ve.xillum
regale ciiäuterl und atbenda, das er neben benda, zu dem it. pr. benda, lomb.
binda, sjian. venda, fr/, bände geluiren, auHiilirt, in dem TlRiiia adal ihre Er-
klärung finden. Untl ebenso altspan. alcuna, altval. alcunya, ))ort. alcunha =
ahd. adalkntDii, da durch span. alberi^o und p<,'. älbergue die Verwenduiifj des
germ. adal auch in diesen romanischen Sjjraclien erhärlct ist.
^ Bartsch schrii!)l liier aucli herbere in seiner riirestuiualhie I
264 '"• HKAÜNK,
iiislicr lial)t.' ich iiocli ein Moment nicht angcliilirt, W(;l(:lirs für
den vcrschiedcnon Ursprinif^ di;r romanischen Uilduiif^cn spriclit.
Das afrz. herbere bewahrt oft, namentlich in epischen Werken, iKJch
che seiner Herkunft entsprechende Hedeutung 'Kriegslager'. Die/-
führt als Beispiel Hrt. II 160 an: ses herberges et ses foillies Zelte
und Hütten des Meeres. Hrt. p. 163: les herberges de l'osl. Ich
füge dazu Ch. de R(j1. 668: (hienes li quens est venu as herberi^es,
2488. Joinville 245 : Quant iious venimes ä la Iieberge, noiis tmu-
vames que li Sarrazin ä pic tenoient les cordes d'unc tente. Joinv. 172,
427. Inbetrefif herbergier vgl. man Ch. de Rol. 2482, 701; : Franc
se herbergetit par tute la contree. 2794: Desur la rive sunt Franccis
herbergiet.
In den übrigen romanischen Bildungen wie albergo tritt dieser
Sinn nicht hervor. Allerdings hat sich auch die Bedeutung von
diesen abgewandc;!!, wie denn ml. alberga und albergaria soviel wie
hospitium , alber giim — familia domus , alber gus — hospitium,
dovius vel ejus incola bezeichnete, und ebenso das Verb alber gare
bald diver lere hdi\& hospitio excipere bedeutete; und dementsprechend
auch die Wörter der romanischen Sprachen.'
Mit der Bildung alberga etc. wurde, wie oben gesagt, eine
Institution bezeichnet, und zwar war dies eine Institution, die nur
den romanischen Völkern bekannt war und die aus dem bei ihnen
erst nach dem Eindringen der deutschen Stämme entwickelten
Lehnswesen entsprungen war.
Daher findet sich im Deutschen dieses Wort nicht, wie ja auch
das bei Ducange erwähnte Adelscalc anderseits im Deutschen sich
nicht nachweisen läfst, obwohl andere Zusammensetzungen mit adal
wie adalerbi, adalerbo, adalfrouiua, adalkunni, adalsangheri u. s. w.
die Leichtigkeit der Komj)Osition darthun.2 Die Deutschen
kannten eben diese Institution nicht, und sie entstand erst, als
sie mit den romanischen Völkern in Berührung gekommen waren,
als durch die Kämpfe und nach Unterwerfung dieser sich das
Lehnswesen entwickelte. Im Französischen wurde das gemein-
romanische Wort alberga durch eine eigene Bildung vom \dX. jacere
ersetzt. Man könnte daraus auch schliefsen , dafs nur die Ger-
manen, die nach Süden gingen und bis nach der iberischen Halb-
* Daneben allerdings finden wir bei Ducange auch arberg, arbergamen-
tum, arbergaria, arberjare, welche direkt wie frz. herbere auf /lari zurückzu-
leiten sind. Dafs dies aber selbständige neben alberga etc. bestehende Bil-
dungen sind und alberga etc. nicht erst aus ihnen entstanden ist, beweist
der Umstand, dafs ein grofser Teil der Urkunden, in denen alberga etc. vor-
kommt, älter ist wie die mit arberg. Zudem deuten diese Kompositionen mit
hart auf ein Unterbringen der Truppen des Volkes, wie dies aus den Wor-
ten: acquirebant tnansos etc., in quibus liomines suos similiter arberjabant
hervorgeht.
^ Dafs auch der zweite Bestandteil von lierberge und albergo mit Leich-
tigkeit zu Zusammensetzungen diente , zeigen die fränkischen Eigennamen
Amel-berga, Asinde-berga, Chioberga, Chroberga, Trastberga, ja selbst Adel-
perga findet sich anno 788 in einem Briefe des Papstes Hadrian.
ÜKEK EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HEKKUNFT. 265
inscl drangen, Erfinder des roman. allergo waren. Das nfrz. auhcrge
wäre also vielleicht, wie ja auch Ducange angiebt, eine Entlehnung
von den Völkern des Südens, allerdings eine alte, wie die Umsetzung
des / in u zeigt. Übrigens tritt in den frz. Wörtern albei-geage, alber-
gement noch deutlich die ursprüngliche Bedeutung hervor ; denn
das erstere bezeichnet das Herbergsrecht eines Feudalherren, das
zweite Erbpacht, ebenso wie alber ger neben beherbergen — auf
Erbpacht geben bedeutet. Die Erhaltung des / deutet aber auf
Entlehnung als mots savants im Gegensatze zu auberge, und zwar bei
albergeage auf direkte Entlehnung aus dem ml. Terminus alber giagiiwi.
Was nun noch das frz. herbere anbelangt, so ist es, wie gesagt,
frühestens um das Jahr 800 in die Sprache aufgenommen worden,
wie der Umlaut des a in dem Thema hari beweist. Auf spätere
Entlehnung deutet auch die Erhaltung des h, das sich in ar-ban,
dessen Aufnahme schon wegen seines a auf frühere Zeit anzu-
setzen ist, nicht findet. Wir werden daraus vielleicht nicht ohne
Grund schliefsen können, dafs arban noch auf eine geraeinroma-
nische Zeit zurückgeht, während herbere erst die Schöpfung einer
Zeit ist, wo die romanischen Sprachen schon jede ihren eigenen
Weg genommen hatten [? Red.].
Durch unsere Erörterung des ml. alberga, ital. albergo etc., zu
dem wir in der Lage waren, eine ältere Form adalberga anführen
zu können, wodurch die Ableitung vom Stamm adal sicher gestellt
wurde, waren wir darauf geführt, auch in anderen Worten wie
alben, albenda (neben benda), altspan. aleuna eine Zusammensetzung
mit demselben deutschen Thema zu finden. Wir hatten ferner ge-
sehen, dafs eine eigentümliche Institution der romanischen Völker
die Komposition mit dem Thema adal hervorgebracht hatte. Ich
sehe mich dadurch veranlafst, hier noch auf zwei andere Kom-
positionen aufmerksam zu machen und zwar zunächst auf das ital.
allogiare, herbergen, prov. alogar, afrz. alogier, dem ein frz. loger
zur Seite steht, sowie auf das frz. alogeynent, welches sich in einer
Urkunde des Jahres 1385 bei Ducange neben einfachem frz. loge-
meni findet. Sollten wir nicht auch hier eine Zusammensetzung
mit adal suchen dürfen und sollte diesen Ausdrücken nicht eben-
falls eine eigenartige Institution zu Grunde liegen? Dafs unsere
Vermutung begründet, beweist die Erklärung Ducange's zu dem
allogairmiium einer Urkunde des Jahres 1120: Hec sunt feoralis,
cetera scilicei placiium, guaittam, et albergariatn, et allogamentum, et
olera ctirti reddajitur, wo er angiebt: allogamentum = jus gisti, seu
divertendi m domum alicujus atquc iti ca hospitandi.
Ferner ergiebt sich auch aus der erwähnten französischen Ur-
kunde vom Jahre 1385: cn icellui prieure de Coincy genz d' armes out
ou temps passe fait, et de jour en j'our fönt leur a löge mens, dafs die
betreffenden ein Recht hatten, in der Priorei Wohnung zu nehmen.
In einer anderen vom Jahre 1409: item est apunctuatum (]uod quae-
libet provinciae mittant bona hora pro habenda alogiamentum pro Om-
nibus SUIS wird das Recht ucuen ein bestinnnU- Abtrabe eintjeräumt.
266 I II. r.KAUNK,
l'.hcMso wird in cimr All>i;^cii.scriirkiiii(lf anno 1.56 j dliii ii^mina
s/7'r ^ttilcs anno nun nostnic sa/ui/ac alol^eari Jacurtmus in con-
Viniibns el Ininix diiliW ci-'iltili f>ro/>ini/nis ausdrücklich ein Zugeständnis
in gleiclier 1 linsicht gemacht und nn't den Worten: el detiiijuc slifun-
diariis nosiris liberum Iransilnin il olln^ittntentuni cum victualibus honesto
prccio, (juoliens ex fhirlc nosira requisHi fuerinl, ein solches gefordert.
Und aus der Urkunde vom Jahre 1455: cl con/ii;ii uno seme/,
t/uod duo fi/ii domini de Roeda cum ccrtis aliis nobilihus essent allo-
ii^iati in cerla domo^ ersehen wir, dafs bestimmten Kdlen das
Recht zustand, in einem bestimmten Hause zu herbergen. Wir
dürfen somit mit Heranziehung dessen, was wir über alberga ge-
sagt, schhc'fscn, dafs mit den Ausdrücken alloi^ianunlum und nlln-
giare ursj)rüiigHch ein Recht der Vornehmen bezeichnet war, dafs
man aber auch dieselben gebrauchte, wo überhaupt das Recht zu
herbergen eingeräumt wurde und zwar gegen gewisse Bedingungen.
Vielleicht beruht auch gerade hierin der Unterschied, der zwischen
alberga und allogiamentum zu machen ist. Wo von der alberga die
Rede ist, wird niemals von irgend einer Entschädigung dessen,
der einen anderen beherbergt, gesprochen, während dies bei Er-
wähnung des allogiamentum die Regel ist. Das Recht, welches mit
alberga bezeichnet wurde, 'stand somit wohl dem Höheren gegen-
über dem Vasallen in seiner Eigenschaft als Herr von selbst zu,
weshalb sogar der Vasall, w^enn der Herr nicht davon Gebrauch
machte, dafür gewisse Abgaben entrichtete, während das allogia-
menlum zwar ein Recht war, das aber nur gegen gewisse Ent-
schädigung unter bestimmten Voraussetzungen eingeräumt wurde.
Die Edlen scheinen dies Recht nicht blofs für ihre eigene
Person beansprucht zu haben , sondern auch zur Unterbringung
ihrer Dienstleute. Denn anno 1454 heifst es: princeps nostcr suum
iransmisit exercitum ad allogiamenia terra rum suaruni. Daher kommt
es, dafs allogiafjietita, weil sie in festen Wohnungen, nicht in Zelten
bestanden, häufig die Bedeutung von festen Standquartieren oder,
wie Ducange erklärt, von stativa, sedes tnilitibus attribntae ad hiber-
nandum, annahmen.
Ein zweites Wort, auf das ich die Aufmerksamkeit richten
möchte, ist ital. allodio, span. a/odio, prov. alodi und aloe, alo, afrz.
alucd, frz. allen, welches freies Erblehen bedeutet. W^as den zweiten
Teil der Komposition anbelangt, so wird er von Grimm, Rechts-
altert, p. 493, 950 auf ein deutsches od zurückgeführt , während
iNIüllcnhoff zur Lex salica, wo das ml. alodis vorkommt, bei dem
W'orte lieber fremden Ursprung annehmen will, da dem ahd. ot
salisches aut entsprechen müfste. Dagegen erinnerte Diez, dafs die
Fonn alodis besser befriedigt als ein alaud, da dies regelrecht ein
' Cfr. anno 1380: ad domum thesaurariae regiae, tibi dominus cardi-
nalis d' Amtes erat alogiatus — ad tiostalariam Paoni , ubi dominus sene-
scalcits Carcassonae erat allogiatus.
ÜBER EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HERKUNFT. 267
prov. ahm [aläiic), afrz. a/oi ergeben hätte, und dafs die romanischen
Formen genau zur salischen stimmen.
Neben dem ahd. öt, das übrigens nur in der Zusammensetzung
olmahali und daneben in vielen Eigennamen vorkommt, findet sich
as. 6d^ ags. edd, Besitz, Gut, Reichtum, an. aiiJhr, Reichtum. Alle
diese Formen setzen ein goth. auds, auths voraus, das sich auch in
der Komposition almides in westgoth. Urkunden findet. Da nun
die ml. Form alodis, — die in den meisten Gesetzen und Kapitu-
larien auftritt und somit die gebräuchlichste Form repräsentiert,
während alodium und alaudum nur sporadisch auftreten — gleich-
falls ein s zeigt, so werden wir nicht fehlgehen, wenn wir sie auf
eine der goth. ähnliche Fonn zurückführen. Allerdings bleibt dann
der Umstand zu erklären, warum nicht eben diese Form, also ein
alaudis, Grundform für die Wörter der romanischen Sprachen ge-
worden ist. Dieses Bedenken hat schon Waltemath dadurch zu
heben versucht, dafs er einen frühen Übergang des Wortes in das
ralat. annimmt und sich das goth. au, welches auch für das Frank,
anzusetzen ist, nach Analogie des lat. au entwickeln läfst. Dies
läfst sich auch dadurch noch wahrscheinlich machen, dafs das Wort
ursprünglich der Natur der Sache nach wohl nur in Verträgen und
Urkunden, die ja lateinisch abgefafst wurden, sein Leben führte
und erst aus der lateinischen Form alodis oder alodium seinen Weg
in die einzelnen Sprachen fand [? Red.].
Was nun den ersten Bestandteil der Komposition angeht, so
leitete Grimm ihn vom deutschen al, goth. alls, as. al ab, indem er
al-öd, mit 'ganz eigen' erklärt.- Im Germanischen findet sich die
Komposition al-fki nicht. Wir werden daraus schliefsen dürfen,
dafs sie eine Schöpfung derjenigen deutschen Stämme war, welche
in die römischen Provinzen eindrangen und dafs das Wort erst
eigens für neugeschaffene Rechtsverhältnisse erfunden wurde.
Nach der Eroberung des Landes, sagt Weber, eigneten sich
die Sieger einen grofsen Teil desselben an. Der König nahm alle
Staatsgüter in Besitz und überliefs von dem übrigen Grund und
Boden seinen Kriegsgefährten einen Teil als freies Eigentum.-' Um
aber die sogenannten Freien enger an seinen Thron zu knüpfen,
vorlieh der König einem Teil von ihnen passende Stücke vofi
seinem Anteil zu lebenslänglichem Genufs. Dies nannte man /<■«-
dum, Lehen, während eben jenes freie Eigentum, das der Besitzer
verkaufen und verschenken konnte, allodis genannt wurde. Die
Besitzer von letzterem heifsen ml. allodiales oder alodarii, und dieser
Name bedeutet soviel wie nobiles. So heifst es in einer Urkunde
anno domini 1263 mense Febr. vencrunt inquisitorcs es parti di>»ii>ii
' Cfr. das as. Verbuni odun , das sich tun nocli im part. piaet. in der
Bedeutung gegeben, geschenkt, nachweisen läfst.
'^ Übrigens erwähnt Üucange schon, dafs llickesius ad caiccni Gram.
Theodiscae den ersten Bestandteil auf dieses Tlicma /.urückfüliri.
' Erat allodiuin praedium iion modo nb omni f^iaistotioiit- libeium. icd
dt a quolibet servitio reali et personnali immune. Cfr. Üucange.
268 IH. llKAUNIi,
(i. Pd/pliini — inlcrroi^ati si hominis il>siiis loci sunt taylliatiles, re-
xpoiidcruui, qtiod sie, cxctpiis al/odiii/iöus vcl uubililnis, seit aliis ijiiibiis
(lata est inde lihertas.
Wir ersehen hieraus wie aus den obigen Heraerkungen, dafs
nur Leute aus edlem Geschlecht ein allodis besitzen konnten.
W'arum sollten wir nun nicht auch in unserem Worte eine Zu-
sammensetzung mit dem Stamme adal suchen dürfen, wo dieser,
wie wir gesehen, zur Hezeichnung von ncugeschairenen Rechts-
verhältnissen mit Vorliebe benutzt wurde. Zudem ist die Institution
de?, feudum, wie denn dieses Wort selbst erst im Q. Jahrh. ge-
schafien zu sein scheint, jedenfalls eine jüngere' als die des alodis,
so dafs die Bedeutung 'ganz eigen' des rechten Gegensatzes ent-
behrte. Jedenfalls dürfte die Analogie von alberga und allogametitum
mehr für eine Zusammensetzung mit adal sprechen, als für eine
solche mit al, wozu uns keine Analogien zu Gebot stehen.
Bei unserer Auseinandersetzung waren wir auf das Wort fac-
dum gestofsen. Diez giebt über dessen Entstehung folgende An-
gaben: \\A.fio, prov. altcat./«/, ixz. fief (aus dem alten /«/), Lehn-
gut, Lehnzins; v\>. irz. ßeffer (aus dem alten fiever), \>x. affevar, zu
Lehen geben, stimmen zum longob.yf?^ in /"^^i^r-^«/«, väterliches Gut,
ahd. 7?//?^ fehl, Vieh, goi\\. faihu, Vermögen, altfries. /(?, Vieh und
Vermögen : h fiel aus, kurzes e in ßhu ward diphthongiert. „Aus
feu, so fährt Diez fort, ist ein hochwichtiges Wort des Mittt^Uateins,
das etwa im g. Jahrh. auftretende fciulum, feodum erwachsen : um
nämlich nicht fcu-nm sprechen zu müssen (denn man rechnete, wie
zumal die prov. und franz. Form beweist, u zum Stamme), schob
man ein euphonisches d dazwischen. — Provenzalische Urkunden
setzen dafür geradezu fetim, z. B. allode qiiod Grimaldiis habet a feo
Raimondo {attno 960)." Soweit Diez.
Man wird zugeben müssen, dafs eine solche Einschiebung
eines d, selbst wenn sie mit Beispielen aus dem Italienischen, wie
ladico = la'ieo und chiodo für ehio-o von Diez belegt wird, immerhin
für das Mittellat. eine singulare Erscheinung sein dürfte und der
näheren Begründung bedarf. INIan wird sich wundern müssen, dafs
das INIittellatein oder die romanischen Sprachen, denen doch so
viele Bildungssilben zu Gebote standen, zu einem so aufsergewöhn-
lichen Mittel gegriffen.
Was zunächst die von Diez angezogene Urkunde, worin nach
ihm feiim so viel wie feudum sein soll, anbelangt, so hat hier feiun
keineswegs diesen Sinn, wie der Gegensatz zu alodis ergiebt.
Wie wir wissen, war alodis ein von jeglichen persönlichen und
realen Lasten freies Eigentum, während feudum ein Lehen war,
an das bestimmte Dienstleistungen u. s. w. geknüpft waren, das
vor allen Dingen nicht veräufsert werden durfte. Wie könnte
nun an dieser Stelle von einem alodis die Rede sein, das aus
einem feudum herrührte? Das in der Urkunde erwähnte feum,
' Man vergleiche das folgende über feudum.
ÜBER EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HERKUNFT. 26g
welches übrigens in derselben Urkunde noch einmal vorkommt: et
alio alode, qiiod de Ponsione acqtäsivi, quod Bernardus de Nante habet
a Feo S. Salvatoris, mufs also wohl etwas anderes bedeuten, wie
feudum. Und was kann es anders sein, als das latinisierte goth.
faihu, ^(\. fihu selbst, mit einer seinem Ursprung entsprechenden
Bedeutung wie Vermögen, Besitz, Besitzstand, die sich auch
noch aus anderen Urkunden ergiebt, wie rem laiidavit Teudo de Nmi-
tolio, de cujus Feo decima esse dinoscitiir [ivino i 1 65)? Neben diesem
feu7n kommen noch andere Formen vor, so feiis, ferner fevum, fevis,
fevium, fevus, fivum, fefum (frz. fief) ', alle mit derselben Bedeutung.
Ich führe zum Beweise noch folgende Stellen aus Urkunden an:
Dono et feus, quod dicitur de Callialdo et omnia qiiae ad ipstim feus
pertinent, videlicet cum mansis, campis etc. — Redemi o?niies fevos mi-
litum quos i?i Bisuhhinciisi confinio S. iSIaria habebat (atino 1078).
Dafs die erwähnten Ausdrücke zunächst nicht dasselbe be-
deuten wie fetidum, ersieht man namentlich aus Stellen wie: Berar-
dus quidam miles de Pertgeda fevium quod habebat de Comite, dedit
S. Mai'iae ; — - Ebrardus pcUiciarius et filiiis eins dederimt dtmidiam
appendiariam de feve et de alode (i2. saec). Wie hätten die Be-
treffenden ihr Lehnsgut hingeben können, da doch das feudum un-
veräufserlich war? Und dafs feum den Besitzstand nicht nur der
Landesfürsten bezeichnete, sondern überhaupt jeden, geht aus den
oben angeführten Urkunden aus den Jahren 960 und 1078, sowie
aus anderen zur Genüge hervor.
Was nun den Ausdruck fetidum, feudus anbelangt, so kommen
als Varianten daneben nicht blofs feodum, feodium, feoudium, fodus,
sondern auch fevudus, fevodium, ja feaudjis"^ vor. Wie wollte man,
ganz abgesehen von dem Einschub eines euphonischen d, den
Diphthong au in letzterer Form erklären? Mufs man nicht suchen,
auch diese mit den anderen in Einklang zu bringen ? Und da
drängt sich einem unwillkürlich die Analogie der Nebenformen zu
alodis etc., nämlich von dem alaudes der wcstgothischen Urkunden,
sowie von a/audis und alaudum auf. Wir sahen oben, dafs diese
der gothischen Gestalt des germanischen dt entsprachen. Sollten
wir nun nicht durch das Nebenhergehen eines feaudus neben feo-
dus auf die Vermutung geführt werden, dafs auch in diesem Worte
ebenso wie bei jenem eine Zusammensetzung mit demselben ger-
manischen Thema vorliegt? Auch das erwähnte fevodus scheint da-
für zu sj)rcchen. Es läge uns also in dem Worte eine Analogie-
bildung zu al/odis allodum etc. vor. Darnach wäre frrodus urspr.
wohl ein öt, das zu einem feum, d. h. zu dem Besitzstande eines
' Hierzu die Verben : feare : Obtuli omnia propria quae posside-bam ex-
ceptis casamcntis, unde meos liomincs feavciam, — feoff'are, fefaic (=1 Jirß'i-r,
dare ä feil) und die Substantiva feoffaiiwntutu ftffamtntum, afiz. ftoßtmeut,
fieffement ; fevator, feoffator, -a^x/.. ficffcur : fe%<atiis, 7<S\/..fitJ)'t'; ftviiliiiius,
fiTiifier.
■■' In ciTiiT (linvta A trli;inili:ilili Pur. l'oilxiiiiensis.
270 TH. HKAIINE,
aiidiriüi gehorli! (und auf dem iiifolgL-desscii die rechtliche Ver-
plliehtuiig /u gewissen Dienslen und Ahgaljen lag); wie denn in
einer Urkunde vom Jahre 12 16: (]ui>d ex alicjuo aliquis saisitus est
<k aliquo feodo per dominum feodi, dominus feudi 7ion debel alium
recipere in hominem de eodem feodo, qunmdiu ille (jui saisilus est de
feodo per dominum feodi, velil et pnnitiis sit jus fieere in curia do-
mini feodi et prosequi , immer von dem Herrn des feodum die
Rede ist.'
Das rnhit feudum ist niclit ohne Weiteres mit einsilbigem
Jiet (s. Ztschr. II 461) zu identifizieren; cfr. Chanson de Rol. : Demi
Espai^ne vus durrat il en fiet, in der Rede Ganelons, aber in glei-
chem Zusammenhange wird an einer anderen .Stelle : Demi Espaigtie
vus voelt en fieu dwier gesagt, so dafs die Bedeutung beider auf
dasselbe herausläuft. Sonst hat es sich nur in den mots savants :
feodiil, feudal, feodalement, feodaliser, feodalisme, feodaliste, feudiste, feu-
dataire, feodatite erhalten. Feal, welches im Mittelalter in kgl. Erlassen
und im Kanzleistil in der Bedeutung 'getreu' (auch vom gläubigen
Christen) gebräuchlich war und auch jetzt noch namentlich scherz-
haft für 'Vertrauter' gebraucht wird, ist allerdings, wie 'Littrc an-
giebt, vom lat. fidelis ableitbar, kann aber auch von ml . fealis, fe-
valis, fevoalis, welches ursprünglich vassallus bedeutet, — ebenso
wie das Substantiv feaute stammen.
Der Ursprung des frz. Wortes hareng, afrz. härene, prov. arenc,
Span, arenque, ital. aringa, wal. hering wird von Diez, Etym. W(')rterb.
!•* 3 1 und anderen auf ahd. harinc, ags. hering, mhd. herinc zurück-
geführt. Diez bemerkt dazu, das ahd. Wort werde gewöhnlich aus
lat. halec, alec erklärt, wie auch Schade, Althochd. Wörterbuch, an-
giebt. Der Grund, warum man auf das ahd. Wort, und mit Recht
zurückging, lag wohl darin zumeist, dafs sich im franz. hareng das
// erhalten hat, während es sonst in aus dem lat. abgeleiteten
W()rtern bis auf geringe Spuren geschwunden ist. Was aber die
Ableitung des deutschen hari?ic aus dem lat. halec anbetrifft, die
nur durch Analogiebildung zu anderen Fischnamen auf ing zu er-
klären wäre, so sprechen verschiedene Gründe dagegen? Einmal
dafs das lat. Wort und seine Ableitungen schon im Lat. früh ihr //
abgelegt haben. So lesen wir bei Floraz, Martial, Plinius und Co-
lumella nur alec. Wie wäre die Erhaltung des h in dem deutschen
Worte auf überzeugende Weise zu rechtfertigen? Ferner ist bekannt,
dafs dieser Fisch sich nur an den Küsten der Nord- und Ostsee
findet (s. I^eunis, Synopsis der Gesch. des Thierreichs), und dafs
die deutschen Stämme an den Küsten von Alters her den Fang
betrieben. W^ie sollten sie nicht selbst einen Namen für den be-
treffenden Fisch gehabt haben und ihn erst von Völkern, die ihn
nicht kannten, von den Römern bekommen haben ? Zudem würde
1 Sollte etwa das alod soviel wie Stammgut, feod soviel wie Nebengut
sein? Man vergleiche Ebrardus — - et filius — dederinit diinidiam appeu-
diariam de feve et de alode !
ÜBER EINIGE ROM. WOR IKR DEUTSCHER HERKUNFf. 27 I
der Name gcmäfs seiner Ableitung von hake, welches Fischlake
bedeuten soll, ohne Berechtigung bei nicht eingesalzenen Fischen
gewesen sein. Rom. de Renart lesen wir : harenz fres orent a pletiie,
que bise avoil anques vetite — el bons poissons d'autre maniere. Hier
ist von frischen, d. h. guten Fischen, wie die Vergleichung mit
dem folgenden bons poissons d'aiifre maniere ergiebt, die Rede. Bei
gesalzenen und gepöckelten scheint man einen ausdrücklichen Zu-
satz verlangt zu haben, wie sich aus halecins sorrus , welches Du-
cange mit harengus infuniatus übersetzt, ergiebt, wie denn auch
heute noch bei präparierten Fischen dieser Art ein Zusatz im
Franz. verlangt wird. Überdies steht es noch gar nicht fest, dafs
die Kunst, Häringe einzusalzen , so früh bekannt war. Denn erst
aus dem Jahre 1273 w-ird ausdrücklich berichtet, dafs die Eng-
länder diese Kunst verstanden, wie auch der Name Böckelhäring
erst von Beukles, dem Verbesserer der Methode im 15. Jahrh. in
Holland, stammt'
Es ist also der Ursprung des ahd. Wortes haring aus dem lat.
sehr zweifelhaft, und wir werden vielmehr versuchen müssen, den
Ursprung des Namens im Deutschen selbst zu suchen, und dafür
sprechen mehrere Analogien. So heifst ein Fisch im mhd. stiche-
ling, stichling, vom ahd. siichil, mhd. stichel Stachel, wegen der
Stacheln, die er auf dem Rücken hat; ein anderer im mhd. md.
7üilinc, nhd. Weifsling. Neben mhd. sm'erle, smerl (Gründling) finden
wir sm'erlinc -, neben ahd. gruiidila, mhd. gründete, gründel (Gründ-
ling) 1425 grundelingh. Hierher gehört auch der ndl. Name spüring'-^,
nhd. spierling, der im Französ. als eperlan wiederkehrt.-* Stammi-n
diese Kompositionen auch aus einer späteren Periode als das ahd.
harinc, so sind sie doch dafür beweiskräftig, dafs harinc aus alec
nicht durch Analogiebildung zu den Namen anderer Fische ent-
standen ist, dafs vielmehr erst nach Analogie von harinc jene andern
gebildet sind.
' Übrigens scheint es noch von Belang, darauf aufmerksam zu machen,
dafs bei Ducange mit allec, al{l)eciu»t, al(l)ectium überhaupt ein piscicuhis
ad salsa?nenta idoneus bezeichnet wird, oder, wie die Erklärung zu alcciitm
angiebt: quae vox tres pisciculoritm , qui sale condiuntur, species complccti
solet ; nempe Ilarengos, Sardinas et Lycostomos , ist damit nicht nur iler
hareng, sondern auch andere Fische gemeint. Das Wort war also ein Sam-
melname für mehrere Fische, die sich zu der Zubereitung eigneten.
2 Vom mhd. smere, ahd. srncro , Fett, Schmeer, fettige Unreinigkeil,
Schmutz, weil er sich im Grunde, im Schmutz aufhält.
•* Weigand und Diez leiten ihn vom lat. spira, Windung ab; er ist aber
wohl aus dem germ. Thema spini, Speer (altfiies. spiri) zu erklären , was zu
der Eigentümlichkeit des Fisches pufst, dafs seine Aflerllosse mit 17 Strahlen
versehen ist, abgesclicn davon, dafs es ein ilünner h'isch ist, der woJiI mit
einem Speer veiglichcn werden ki)niUc. Man vergleiche die Namen IMeil-
hecht, LanzetUisch.
* Man könnte noch viele andere Namen , die mit iing zusammongotzt
scheinen, anfüliren , in denen aber ilas / unorganisch nach Analogie anderer
Worte, die mit ahd. -<;/, -//, -11/, znsammcngesel/l sind, eingclreUii ist. ("fr.
Weigand zur Endung /i'ng.
272 m. HKAUNE,
Wir werden nach diesen J'Torlerungeii darauf ^^efülirl, dafs uns
in harinc eine Zusaninu-nselzun«,' mit der Ableitungssilbe ine, die
ursprünglich an Substantive antrat, vf^rliegt, einer Ableitungssilbe,
die zunächst den lUgriff der Abstammung, der Verwandtschaft oder
Zugeh()rigkeit hat, der auch im Romanischen in vielen ursprünglich
deutschen Wörtern haften geblieben ist. Man vergl. ahd. edilin^,
prov. adelenc, afrz. elvi; ahd. Lodan'ng, ital. Loderingo, pr. Lvairenc,
afrz. Lorrenc, nfrz. Lorrain; Vlcuming, ital. Fiammingo, sj)an. L^la-
vienco, \t\. L'lamenc, Flamand ; -ähd. vrisking, ^Sx/.. fraisscnguc.^ Dies«;
Endung ist angehängt an har, welches auf das gennan. hari, goth.
harjis, ags. //tvV führt, welches 'versammelte Volksmenge, Schaar,
Volk, Meer, überwältigende Menge' (cfr. Schade) bedeutet. Der
Name harinc bezeichnet also 'einen, der zur Schaar, zur Menge
gehört.'^ Konnte es eine trefTendere Bezeichnung für einen Fisch
geben, der gerade dadurch vor anderen sich bemerkbar macht,
dafs er in Schaaren von Millionen an der Küste plötzlich auftaucht?
Allerdings läfst sich das Wort in dem obenbezeichneten Sinne
nicht mehr in primitiver Bedeutung nachweisen. Dieselbe leuchtet
aber in deutschen Eigennamen wie LIaring — Häring , LL-
ring — ostfries. Harringa, LLeringa (cfr. Heintze, Die deutschen
Familiennamen) noch genügend durch. Und dafs diese Eigen-
namen und ebensowenig der franz. Familiennamen Hareng nicht
erst von dem Namen des Fisches entlehnt sind, dafür spricht einer-
seits die vielfache Verwendung des Thema hari zur Bildung von
Eigennamen, die ja überhaupt in ältester Zeit bei den Deutschen
ein heldenhaftes, kriegerisches Gepräge an sich tragen und von
^^'^affen und Krieg, Kampf und Sieg wiederklingen. Cfr. LJari-be-
raht mit dem Patron)mikum ILaberding, Haritnan mit Harmcning,
die Diminutive LLarilo mit LLar/ing, LLaricho mit Herking? Ander-
seits sprechen dafür die vielen deutschen Namen auf ing, von
denen ich als analoge Fälle zu haring nur Fölling und ostfries.
Fockenga vom Thema Jtilk, ahd. _/<?/<:, folch, Volk, Kriegsvolk, und
ostfries. Thedinga von ihiud, goth. thiiida, ahd. diot, Volk anführe.
Fragen wir nach dem Grunde, warum haring im primitiven
Sinne uns nicht erhalten geblieben, so fällt der Umstand ins Ge-
wicht, dafs das Wort, nachdem man es zur Bezeichnung des Fisches
gewählt, einen unangenehmen Nebensinn erhalten hatte, und dafs
man es lieber durch gleichbedeutende oder ähnliche Kompositionen
des Thema hari ersetzte, von denen eine gröfsere Menge zu Ge-
bote stand, oder die bei der Leichtigkeit der Wortkoraposition im
Deutschen leicht zu Schäften waren , wie ahd. hariman , heremati,
* Cfr. auch ags. vtcing, pirata v. Stamm wig, Kampf; ahd. Charluig-,
kunning etc.
2 Nachträglich sehe ich , dafs in den Verh. der Berliner Ges. für An-
throp. 1883 p. 523 Henning, indessen ohne Gründe anzugeben, die gleiche
Vermutung aufgestellt hat.
^ Man könnte auch anführen , dafs der fries. Name Narringa auf ein
höheres Alter deute als Iwring, da das gevman. Themata hari sich im altfries.
nur noch als hcrc hiri heir, also mit umgelautelcm a wiederfindet.
ÜHEK EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HERKUNFT. 273
Krieger (woraus sich der Eigenname Herman, analog dem Eigen-
namen Hartng bildete), ahd. heridegafi, Kriegsheld, Krieger, here-
chneht, Kriegsknecht, Soldat, mhd. heregeverie, Heergefährte, Kriegs-
kamerad, ahd. hej-igtseUo, Kriegsgefährte, Waffenbruder, mhd. her-
stratige, Kämpfer; oder auch as. herirtnc, ags. he7-erinc (von heriro
herro, Herr), Kriegsmann, Krieger.
Eine ähnliche Übertragung eines ursprünglich von Menschen
gebrauchten Wortes auf Tiere zeigt sich öfters bei allen Völkern
und zu allen Zeiten, so beim ahd. sniirrinc, mhd. snürrinc, welches
sowohl einen scurra, schnurrigen Kerl, als ein grofses Wasserhuhn,
ochropiis magmts bezeichnet, afrz. tisserenc, nfrz. tisserand, welches
Leineweber und Spinnmilbe, im Plural auch Familie der Weber-
vögel bedeutet.
Aringo ital. Rednerplatz, Tummelplatz, Rennbahn, fem. ital.
armga, sp. pg. aretiga, prov. arengua, frz. harangue, das vor einem
Versammlungskreise vorgetragene, öffentliche Rede, mit den Verben
ital. aringare, span. pg. arengare, prov. arenguar, frz. haranguer, eine
öffentliche Rede halten; ferner ital. ariyighiera (neben ringhierd).
Rednerplatz, Rednersluhl — werden von ahd. hring hrinc (ring
rinc) Ring, Kreis, Versammlung, Raum in einer solchen Vers., her-
geleitet. Das a, welches alle obigen Worte vor dem r zeigen, er-
klärt man wie im afrz. hanap (auch he?iap), prov. enap, ital. ariappo,
(riappo) aus ahd. hnapf — afrz. herupe aus ags. hriopan, — norm.
harousse aus ahd. altn. hros. Ein Zusammentreffen, das sich auf
alle romanischen Sprachen erstreckt, wäre aber in diesem Falle
eine singulare Erscheinung und liefse sich nur so erklären, dafs
ein Volk von dem andern erst das Wort übernommen hätte. Aber
noch ein anderer Punkt giebt zum Nachdenken Veranlassung. Neben
dem prov. renc und rengar, dem frz. rang und rajiger entsprechen,
und die ebenfalls von hrinc hergeleitet werden, existiert noch prov.
ar-renc (mlat. arreiigum, arengum = convenius publicus, auch forum
publicum cfr. Raimbaut de Vaqueiras bei Bartsch p. 130, 34) so-
wie prov. arregar (Ludus Sancti Jacobi, ib. p. 40g, 26) afrz. ar-
rengier (Guillaume Machaut, ib. p. 407, 36) und frz. arranger mit
einem doppelten r, und ebenso findet sich bei Ducange in einör
ital. Urkunde vom Jahre 1350 arringeria (man vergl. auch das er-
wähnte arrengiwi) = ital. aringhiera, neben dem ja auch ringhiera
vorkommt. Sollte dieses doppelte r nur auf Willkür beruhen, oder
haben wir darin ein älteres Merkmal zu suchen, zumal da neben
diesen Formen auch einfachere vorkommen wie renc elc? Sollten
wir nicht auf Grund dieser beiden Beobachtungen versuchen nach-
zuforschen, ob nicht hier auch zwei verschiedene Worte zu Cirunde
liegen?
In der oben angeführten Stelle aus Raimbaut heilst es: Jm
ciuial se vana de far ost en arrenc. Es ist hier also von kriegeri-
schen Vorbereitungen die Rede. Ebenso bedeutet das mlat. arran-
cata eine expedilio mililaris, vel rapttis, direplio. renc zeigt diesen
Nebensinn niemals, sondern hat einfach die Bedeutung Reihe. Was
Zeitschr. f. 10111. Pili .X. l8
274 ■'"• HKAUNK,
liefet iiiin ii;ili(;r, du 7t)ic seihst, wie hckaiiiil, vDin (leiitsclicu /iiiiii;
li(!rziilciten ist, auch in dem ersten Bestandteil eine deutsche \Vur7,<l
zu suchen? Die Analogie von afrz. ar-lum (cfr. nfrz. arrurc-ban,
Aufgebot zum Kriegsdir;iist, was entstellt oder umgedeutet ist aus
frk. hiui-lhind, ahd. hari-han, Heerbann), neben dem ein einfaches
hau l'.ekannlmachung Ijestand, führt uns auf denselben Stamm wie
in arlhvi, auf hari, den wir auch in haren^ gcfuiuhüi.
renc und rimg bezeichnet einfach den King, Kreis, Reihe, wie
dies aus Ch. de RoI. 2\()2: Par uii > uii i ad pris hs hanuis. A
P Arcevesque en est vctiuz atut : si 'j ///// cn rcng dcdevant ses ^enuilz,
Ch. de Rol. 264, Girarl de Rossilho bei Bartsch, p. 35, 8, ib. 45,
6 hervorgeht, wo von einer Versammlung einzelner Ritter die
Rede ist, nicht aber von einer Versammlung der ganzen Mengi',
des ganzen Heeres (cfr. mlat. arrcn^um = cotiveti/us puhlüiis), wofür
ursprünglich die Komposition mit dem Stamme hari bestimmt ge-
wesen sein dürfte.' Was die von der letzteren abgeleiteten Verbcm
anbetrifft, so bedeuteten sie zunächst 'das Heer oder das V\jlk im
Kreise aufstellen', dann überhaupt 'ordnen.' Nach dem heutigen
Sprachgebrauch wird ranger und arranger so unterschieden: ranger
signifie mcilre les choses ä leur place, arranger, les placer suivant tm
ordre qu'on a diiermine. Auch hierin kann man noch ein Mt^rkmal
der Verschiedenheit, die in alter Zeit ursprünglich bestanden,
finden. Wenn man das Heer oder Volk im Kreise versammelte,
dann stellte man es in einer vorher bestimmten Ordnung auf und
zwar doch wohl so, dafs die, welche durch ihre Tüchtigkeit sich
auszeichneten oder einen bestimmten Rang bekleideten, besonders
gestellt wurden.
Von dem ursprünglich deutschen Worte har-ring oder vielmehr
ml. arengum, leitete man durch Diflerenzierung in der Endung ein
neues ab, welches sich im Mittellat. als harangiia harenga arraiga
arengua findet, und auf dieses gehen die zu Beginne unserer Aus-
einandersetzung angeführten Worte zurück, welche 'öfientliche Rede'
bedeuten.
Da in einem Heeresringe, d. h. der Versammlung der Menge,
die in jenen alten Zeiten, wo das Volk ein Volk in Waffen war,
allerdings wohl meist aus Kriegern bestand, Beratungen gepflogen
wurden und wie es bei Accursius (f 1260 in Bologna) de Legibus
et Plebiscitis heifst : populus pulsahatur ami campana ter 'Ad Haran-
gam. Ad Harangam ', so nehmen jene Worte, ebenso wie die davon
abgeleiteten Verben die Bedeutung 'öffentliche Rede' und 'eine
öffentliche Rede halten' an. Diese Bedeutung ergab sich aus der
ursprünglichen ebenso wie bei dem lat. concio, das zunächst 'Ver-
sammlung' und dann im weiteren Sinne' 'Rede vor derselben' be-
zeichnet, worauf schon Diez aufmerksam macht. Zunächst scheint
' Vielleicht darf man hier die Vermutung aussprechen, dafs auch das
norm, harousse neben frz. rosse durch eine Zusammensetzung mit hari ent-
standen, und dafs es urspr. ein kräftiges Streitrofs bezeichnete.
ÜBER EINIGE ROM. WÖRTER DEUTSCHER HERKUNFT. 275
man mit dem Worte nur, um mit dem Breviloquus zu reden, die
apta ei Concors verboru7n sentcntia, qtiae ponHur post sahitatiouem in
privilegiis arduorum negolioru/n, oder die oratio ad proponendtan con-
silium 171 conventu bezeichnet zu haben.
Allerdings kann man auch zu ital. arengo , prov. arrenc das
deutsche Stammwort im Deutschen nicht mehr nachweisen, aber
das deutsche Volk war eben schöpferisch in dergleichen Zusammen-
setzungen, wie die Worte hari-7iiimft neben numft, hari-reiia neben
reiia, harisliz neben sliz, herebrant neben brant, heregisello, deren
Zahl sich verdreifachen oder vervierfachen läfst, beweisen, und sie
wurden es noch mehr, als sie als Eroberer in die römischen Pro-
vinzen eindrangen. Besonders möchte ich noch zur Sache auf
hervride aufmerksam machen, das im altfries. 'Friede bei Volks-
zusammenkünften ' bedeutet, und auf mhd. hergesidele ' Vorrichtung
zum Sitzen für ein Heer, eine grofse Volksmenge.'
Was nun die äufsere Form der obenerwähnten französischen
Wörter angeht, so führt arrengier, nfrz. ar rayiger unmittelbar auf
ein fränk. hj-ing zurück, während die gutturale Aussprache des g
in nfrz. haratigue und haranguer auf spätere Entlehnung deutet,
ebenso wie herbergier älter ist als emberguer, geai, der Häher, älter
als gai bunt, froh, cfr. Waltemath, Die fränk. Elemente i. d. franz.
Sprache. Ja harangue scheint erst viel später in dieser Form auf-
getreten zu sein und direkt aus dem mlat. harenga, harangua, auf-
genommen zu sein. Wenigstens lesen wir bei Froissart im 14. Jahrh.
Cotnrnent a utig souper ce Phelippe arengci a ses capitaines, et comment
Hz conclurent efisetnbk, nicht haranguer sondern arenger; dies scheint
also die volkstümliche von arengua abgeleitete Form zu sein, wäh-
rend harajtgiier ein mot savant ist.
Eine ähnliche Doppelbildung wie bei prov. ar-renc neben renc,
frz. ar-ranger neben rangcr, ital. aringhicra neben ringhiera liegt
uns noch vor im afrz. arroi, Zurüstung, Gerät, Putz (cfr. nfrz. d,'-
sarroi, Unordnung) und arroier arreer, zurüsten, ital. arredo und
arredare, span. arreo und arrear, pg. arreio und arreiar, pr. arei
und arredar, arrezar, neben afrz.ro/', Ordnung, ital. redo, auf welches
noch ital. corredo, span. correo, cat. correu, afrz. conroi, pr. conrei, so-
wie afrz. desroi derroi, pr. desroi zurückgehen.
Diez macht nur gelegentlich bei Erwähnung des spanischen
Adverbs arreo 'nach der Ordnung, hintereinander' den Versuch,
den ersten Bestandteil der Zusammensetzung zu erklären, indem er
es in a reo zerlegt. Wie kommt es aber, dafs die obengenannten
Composita in allen Sprachen glcichmäfsig Gemination des /■ zeigen?
Ich sehe in diesen Wörtern ebenfalls eine Zusammensetzung
mit dem germanischen Thema hari. Dafür sprechen einerseits die
bei Ducange aus der Lex ripuaria angeführten mlat. Formen hari-
reda und harroida, die beide die Aspiration zeigen und von denen
wenigstens die erstere noch das / erhalten hat. Antleri-rseils ist
der Umstand von Bedeutung, dafs sowohl frz. arroy, mlat. arrdia,
ferner frz. arreer, mlat. arraiare, mlat. arravamentiim, arraiatio, arraia-
18*
276 TM. IIKAUNK,
lor, (ir/dizux, /laraühis, haraiihim und hariraida, ühi.-r dt^rcii Diphthong
(// wir noch weiterhin zu sprechen haben werden, noch vielfach
den HegrifT der kric^gerisclicn Zurüstung enthalten.' So heifst es
anno 1325: aliis arcdihus ad proclium et excniinm opporluuis. anno
1338: Cent um homines — eligatis, trittis et arraietis etc. gentes sii/fi-
cienter munitas et arraüitas. anno 1 3 1 3 : aliqtievi coviitcm duxisse piil-
crain mullUudinem hominwn in equis sie bene arraiatortim. anno 1322:
vobis inandainus ut congregari et araiari facias ad resistendum dictis
inimicis nostris. anno 1346: le roy fist arraier ses batailles beals et
grosses, anno 1 348 : cominiins sera tenuz a nous seuigre un jour —
arreez souffisainent chascims sehn son es tat. — Puis feit le roy de
France son arroy et prit avcc lui toiis ses hauts hommcs. anno 1370:
7nandamus omnes homines defensabiles partium vestrarum arraiari et in
arraialione (dSxz. arreanchc) tcneri faciatis. anno 1322: assignavimus
ipsum comiteni — et superiorem arraiatorem {= arraiour, marechal de
camp, praefectus castrorum DC) — taju hotninwn ad arfna quam pe-
dilum. Ferner in litteris regis Edwardi JI anno 1326: le roy as tous
arraiour s et mesnoiirs des gents d' armes et de pic.
Was den zweiten Bestandteil der Zusammensetzung anbetrifft,
so entscheidet sich Diez nicht endgültig. Er trägt Bedenken, ital.
redo, afrz. roi von goth. raidjan, bestimmen, anordnen, ags. geraedian,
mhd. gereiten , bereit machen, anordnen, die allerdings mit ihren
Bedeutungen trefflich zu den romanischen Wörtern stimmen würden,
abzuleiten. Denn raidjan würde nach der Strenge der Regel ein
romanisches radare erzeugt haben, während das ital. e in arredo,
prov. arrei, afrz. arroi als gemeinsame Grundlage gebieterisch ein
langes e verlangen. Aber es giebt noch ein anderes germanisches
Thema, dessen Begriff ebenfalls vortrefflich pafst und das obiger
Forderung entspricht; dies ist rdda, dessen Bedeutung ursprüng-
lich (s. Schade) 'Vorrat oder Mittel zu sorglicher Hilfe, hilfreiche
Geneigtheit, Hilfreichheit', ist. Dieses Thema ergab die Substantiva
ahd. rät, Rat, Beratung, Vorsorge, Beihülfe, Vorrat, Gerät, as. rdd,
ags. raed, afries. red, an. rddh und die Verben ahd. rätati raten, mut-
mafsen, auffordern, in sorglicher Absicht bereiten, ns. rädan, ags.
racdan, an. rädha, got. -redan, sorgend bedacht sein, bestimmen, ver-
schaffen in den Compositis garedan, auf etwas bedacht sein, Sorge
tragen, faüragaredan, urredan, undreda7i. Schon Waltemath ent-
scheidet sich a. a. O. p. 82, was das Französische anlangt, für die
Ableitung aus einem fränkischen red, das dem ahd. rät entspricht.
Dieses red zeigt sich in fränkischen Eigennamen bis in das 7. Jahrb.,
ja selbst noch zweimal am Ende des 7. Jahrb., während statt dessen
seit ungefähr 680 meist räd auftritt (Waltemath p. 49 — 50). Geht
nun das frz. roi auf ein solches fränk. red zurück 2, wie wir es an-
' Man vgl. übrigens Hergewaede bei DC, was mit militaris suppel-
lectilis und arma bellica erklärt wird.
2 Man beachte auch die Bedeutung von roi in der Wendung savoir son
roi, sich zu helfen wissen, cig. Rat wissen.
UUEK EINIGE ROM. WOKTEK ÜKUi SCHER HERKUNFT. 277
nehmen dürfen nach den Lautgesetzen, dann raufs es noch vor
der Zeit, wo 7-cd zu rdd wurde, in die Sprache aufgenommen sein.
Und für dieses Alter spricht auch der Umstand, dafs das Thema
hari in der Zusammensetzung arroi noch nicht den Umlaut er-
duldet, der ja erst in der Mitte des 8. Jahrh. und Anfang des 9.
zur vollständigen Herrschaft gelangte (Waltemath p. 48), sowie dafs
arroi ohne h erscheint (cfr. ar-ban).
Was den Diphthong ai in den im mlat. überlieferten Formen
wie arraiare anbetrifft, so ist es die angelsächsische Form des
normannischen ei\ norm, arreicr ergab ags. im 1 2. Jahrh. arraier und
latinisiert arraiare, was auch dadurch erhärtet wird, dafs sich diese
Wörter nur in angelsächsischen Urkunden finden.
Inbezug auf die Formen der übrigen romanischen Sprachen
wies schon Diez darauf hin, dafs das Wort von Frankreich aus
möglicherweise Verbreitung gefunden, zumal da es auf diesem Ge-
biete in gröfserer Entfaltung erscheine. £s wäre aber auch nicht
undenkbar, dafs es durch Vermittelung der gothischen Fomi, die
ja ebenfalls 'e zeigt, Eingang gefunden.
In der Chanson de Rol. findet sich algier, algeir. Diez er-
innert bei diesem Worte an das ahd. azger, ags. älg(h% altn. algetrr.
Dies scheint die Herausgeber, wie Leon Gautier, bestimmt zu haben,
dafür überhaupt atgier einzusetzen. Sehen wir uns die Stellen an,
in denen sich das Wort findet:
V. 442 li roi Marsilies ad la culur muee
de sun algeir ad la hanste crollee
V. 438 li reis Marsilies en fut mult esfreez:
iin algier tint ki d'or fut cnpenez
V. 2074 il lancent lur e lances e espiez
wigres e darz e museraz e algiers.
In den beiden ersten Stellen trägt der König Marsilie die
Waffe, und zwar in einer Versammlung, wo der König auf dem
Throne sitzt. Sollten wir dadurch nicht bestimmt werden, in dem
algier ein Attribut seiner Würde zu sehen , das nur dem Edlen
ursprünglich zukam? Was die dritte Stelle anbelangt, so könnte
der Umstand, dafs eine ganze Reihe von Waflbn erwähnt wird, die
Wahl des Ausdrucks algier entschuldigen. Auf jeden Fall wäre es
gewagt, da in jenen beiden Stellen wenigstens das Wort mit / über-
liefert ist, algeir einzusetzen, und wir entscheiden uns deshalb für
eine Zusammensetzung mit dem germanischen adal.
Th. Hkaunk.
M I S C E L J. K N.
I. H .a II (1 s c li r i f 1 1 i 0 h e s.
1. Elf neue Handschriften der prosaischen Brut-Chroniken.
Eine eben erschienene Publikation von J. Koch Li rci Je Eitgh-
terre, über welche ich in der Deutschen Litteraturzeitung i886 n" 28
berichtet habe, veranlafst mich ergänzend auf den von Koch über-
sehenen Artikel P. Meyer's in dem Bulletin rU; la Soc. des Anc.
Textes Fran<;ais 1878 zurückzukrmmen.
I. Paul Meyer führt in demselben zunächst auf: Le Brut
d^Angleter?'c abrege, beg.: Escotez beau scigttours, enthalten in Hs. Gg
I I der Cambridger Universitätsbibl. Ich glaube, dafs dieses Werk
in engem Zusammenhang mit den beiden bei IMeyer folgenden steht
und verweise dafür auf S. 107 Absatz 2 und S. i i i Absatz i.
IL Hinsichtlich des Livere des Rois de Bretagne und des Brut
d\Angleterre par Raouf de Boün hält P. Meyer wohl mit Recht das
letztere Werk für eine Überarbeitung des ersteren. Von dem letzteren
ist bisher nur eine Hs. bekannt: Hs. Harl. 902. Sehr zahlreich sind
dagegen die Hss. des ersteren Werkes, allerdings weichen auch sie
nicht unbedeutend von einander ab. P. Me}er führt das von Glo-
ver 1 865 in Le livere de rois de Britlanie e le livere de reis de Engle-
terre für die Master-of-the-RoÜ-Series abgedruckte MS. Trinity Coli.
Cambridge R. 14. 7 an, sowie ein nicht näher bezeichnetes vatika-
nisches, aus welchem Glover Varianten als Fufsnoten mitteilte,
aufserdem die Hs. Tanner 195 f. 129 der Bodleiana, eine Hs. des
Record Office in London, und ein Ms. Old Royal 20 C. VI des
Brittischen Museum. John Koch druckte , den Text von neuem
nach einer Cotton Hs. Caligula A IX, welche auch Chardry's Werke
enthält und die einleitenden Abschnitte, die vom Trojanischen
Kriege anheben, nicht kennt. Genau so verhält es sich mit einer
noch unbekannten zweiten Cotton Hs. Galba E III, welche beginnt:
Jadis al ietis des Engleis sohlt Eiiglelerre estre en eine partis. Aufser-
dem sind mir noch 4 Hss. bekannt, welche denselben Geschichts-
auszug bieten, nämlich :
I. die Hs. Clxford Douce 115 Bl. 67 — 70. Hier reicht der
Text bis 1272. Dem Text vorauf gehen darin 6 Verse, von denen
die ersten 4 die Eingangsverse zu W'aces Brut sind : Qui voet oir
E. STENGEL, ELF NEUE HSS. ETC. 27g
et voel SiiiicT De rej en rey de hei?- en heir Dont il sotii et ,doiint il
vyndrent Ceux qiie Engleierre Ijtidretit cj purra oir et veer Et breue-
ment sanz mentir. Dann beginnt die Chronik: Deiiant la natiiiite
no'üire seignwx iesu cnst Mill et CC aiinz vjnt Brutus le filz Cisilius
etCoriniiis son frere eti Etigleterre. Sie schliefst mit den Worten: Apxes
li regna son filz le roi Hetiry le tierz L VI aunz et /// symeignes, molt
pxodome en dien et gist a Westmoustier, En son iemps feust la destrudion
du chastiel de Bedeford et la bataille de Levoes et la bataüle de Euesha.m
et la sege de Kelingivorth\ Y.% folgen dann noch einige lat. Worte
über Eduard I.
2. die Hs. Oxford Seid supra 74 Bl. 122 c — 125^. Der Text dieser
Hs. bricht in der Regierung Eduard 1 ab. Er beginnt : Deuant la
natiuite jtoslre seignur mit et deus cent aunz vint brutus le fitz silmius
en engletere si fist la vile de Lundres und schliefst : Et ceste rei Ed-
%vard fist sun fiz Edivard prince de Waleis, Et en swi tens fu Robert
de Winchilse erceueske de Kanterbure accuse al apostoille Clement ....
kar li apostoille prist le spirituale e le rei le temperaine.
3. die Hs. Oxford Rawlinson D (Mise. 32g Bl. 123 — 130. Der
Bericht dieser Hs. reicht bis I2g6 Anfang: Auaunt la incarnacioti
mil CC aunz im tres vaillaunt chiualer qe feust appelle brutus fiz si-
luius du lignage de troye vietit par tief . . . si ariua en une terre qiie
feust appelle albion. Sc\\\u^^: Le roi dengleterre edivard la terre descoce
forfete pour le trespas le roi iohan resceut en sa fiiain et par dreit
jugement johan bailliol du roialme descoce ousta pour touz Jours.
4. die Hs. Arundel XIV des Herald Coli. Bl. 148—50, derent-
wegen ich auf Madden: Lai d'Havelock 1828 S. XXIV verweise.
Der Text weicht stark ab: La liuguee des Bretons et des En-
gleis Brut et Cornelius furent cheualers chacez de la bataille
de Troie MCCCVLI anz deuant qe dieus nasquit et vindrent en Engle-
ierre, en Corneivail'e et riens ne fut trouee en la terre forsqe gcanz,
Gcomagog, Hastripohlius, Ruscalhundy et plusurs autres geanz.
111. Die dritte Chronik, welche P. Meyer bespricht, und welche
die weiteste Verbreitung gefunden hat, zerfällt nach ihm in 2 Re-
daktionen, welche jede wieder in 2 Fassungen vorliegen. Wegen des
Alters dieser Chronik, verweise ich noch auf „Notes and Queries"
1856 I I — 4. Die älteste Fassung der ersten Redaktion reprä-
sentiert nach Meyer die Pariser Hs. f. fr. 14640, sie führt die Y.x-
zählung nur bis 1272. Ob der eigentlichen Chronik auch hier wie
bei den nächsten Hss. ein poetischer Prolog voraufgeht, oder nicht,
läfst sich aus Meyers Angaben (S. 115 vgl. S. 122 n" 3) nicht fest-
stellen. Für die 2. Fassung führt Meyer (S. 116) 10 Hss. auf und
im Ajjpcndix (S. 132 und 140) noch 2 hierher gehörige sowie Bul.
letin 1879 S. gS eine dreizehnte. Ich vermag diese Zahl noch um
4 weitere Hss. zu vermehren, nämlich durch die 3 oxtorder Hss.
Wood 8, Rawlinson D (.Mise.) 32g, Douce 128 und die Hs. Arundel
3 1 des College of Arms in London.
I. Die Hs. Wood 8 (^Hodl. 85gö) beginnt ohne jegliclien
Proloi»- mit der Kanilrl-ÜlRTschrirt: Di la nessauncc lUui et de sa
28o MISCKLLKN. I. IIANUSCH KlKl I.ICH KS.
venue m Eu^klerre. Ks f()l{,'en dir; Worte: Cili tji votidra sauer
comenl Ihtil viiit primes in En^lekrre et amtjtiisl tu terre cy puel il
sauer et oir und dann der gcwitlmliche Anfang : En la cilce Je
graunt Troye i atwit un chiualer fort et puissaunt et de graunt
poer (ji auoit a noun Eneas. (Auch die IIs. Cott. Dumilian AX ent-
behrt jedes Prologs, doch beginnt sie den Text mit einigen hiteini-
schcn Sätzen, welche anderwärts am Schlüsse des Prologs stehen).
Der Schlufs der IIs. fehlt, der Text bricht ab im lieginn der Re-
gierung Eduard I : Et tant com sire edivard demor(er)out en la terre
seinte son piere Ic roi hetiri se lessa niorir a loundres qtiant il auoit
regne hien noblejnent cinkaunte sis anz e dys et noef iours si ??iorust
le iour seint edmond larccuesque de canter[bury] et fuit cnterre
nohlcmcnt a ivestmouster le iour seint edmond roi et martir lan de
lincarnacion Jesu er ist mil deus centz seissante et duze de qui ahne diät
eyt merci amen (Vgl. Bullet. 1878 S. 1160.) Del bon roi edward.
Apres la viorl cesti henri le Herz rcgna son filz edward vn tresnoble
prince de la cristiafiite. kar unkes ne fuit roi Engleis de ses traytres
felons tant tetnptee ne de forte guerre tant ocupe com il estoit a tut son
viuaunt pur son droit inaintenir. Kar le primer an de son coronement le
comcnca lewlyn de galis coufitredire son homage et sa reute a qua li
meismes se fuist oblige el temps son piere hetiri et que en preiudice de
lui auxi com de son seigfiur lige se vousist sanz son conge marier. Mais
cell roi edward par vertu de guerre le confundi Jnaintcttaunt si le mist
derechef a noueale rancon et lui fist prendre femme de son don. En
qetc temps de guerre se Ha au roi edivard parson escript tesmoignaunt
a son parlement vcnir tiorne . . . Die Dubliner Hs. Trinity Coli. E. 2,
33, aus welcher Meyer die entsprechende Stelle mitteilt, weicht
ganz ab und weist einen bedeutend erweiterten Text auf, ebenso
wohl auch die übrigen von Meyer angeführten Handschriften. Der
Text von Wood steht vielleicht dem der Cheltenhamer Hs. 8141
(I. c. S. 117) am nächsten.
2. Die Hs. Rawlinson D (Mise.) 32g schickt wie die Mehrzahl
der Hss., welche die zweite Fassung der ersten Redaktion bieten,
einen poetischen Prolog voraus, doch schreibt auch sie, ebenso wie
die übrigen densel[)en wie Prosa. Das Gedicht ist nur in einer Hs.
(Cott. Cleop. D IX Bl. 67-') selbständig und vollständig überliefert und
danach nicht nur von Jubinal im Nouveau recueil II 354 ff., sondern
auch und zwar sorgfältiger von F. Michel im Appendix der Geste
Regum Brittaniae London 1862 für die Camden Society. Ich besitze
eine neue Abschrift nebst vollständiger Kollation des Rawlinson
und Douce 128-Textes, sowie teilweiser der Texte in Cott. Cleop.
D VII, Additional Hs. 18462, Harleian 200, und Arundel 31 und
INIeyer teilt Eingang und Schlufs nach der Dubliner Hs. mit. Dar-
aus geht hervor, dafs alle Chronik-Hss. im Prologtexte gegen Cleop.
D IX im wesentlichen übereinstimmen, namentlich hinsichtlich der
Lücke von 52 Zeilen vor den Schlufsversen (Michel S. 912 f., Ju-
binal S. 370 f.), worüber Meyer hinsichtlich der Dubliner Hs. leider
nichts angiebt. Douc(^ 128 und Harl. 200 weichen gemeinsam am
K. Sl"KNGIi:r., ELF NEUK HSS. ETC. 2öl
meisten ab. Beide haben auch einen franz. Prosaabschlufs. Der
Arundel Hs. fehlen die ersten 139 Zeilen des Gedichtes und die
latein. Überleitungsformel zur Prosa-Chronik (Bullet. 1878 S. 123),
welche sich aber in Rawlinson, Additional, Cott. Cleop. D VII wie
in Cott. Dom. AX und Dublin findet. Das in 8 silbigen Reimpaaren
abgefafste Gedicht ist ganz in Prosa aufgelöst in der Hs. Corp.
Christ. 78 (Bullet. 1878 S. 133) und wie Meyer angiebt durch eine
Version in Alexandriner-Tiraden ersetzt in der Pariser Hs. 12 156,
während in Cott. Dom, AX, Wood 8 und Cheltenham 8 141 der
Prolog gänzlich fehlt, Douce 120 wie Corp. Christi Coli. Oxford 293
den Anfang verloren haben. Erwähnenswert erscheint es, dafs in der
Oxforder Hs. Wood i Bl. i sowie in den 4 Cotton Hss. Tit. AXIX
f. 103, Vespas. E X f. 390, Cleop. D VIII f. 3, Nero D VIII f. 186 eine
lat. Version des Gedichtes steht unter der Überschrift: De origine
giganhmi in Insula albion olivi habüanlhim et de nomine insule que turne
anglia dicitur. Hierauf folgt in den Cott. Hss. ein kurzer, in der
Oxforder Hs. fehlender, Absatz: Anglia modo dicia olim Albion dice-
baltir et habebat inhabiiatores giga?ites. Qualiter hoc nomen sibi inditiim
fiierat et qualiter tali genle inhabitata fnerat ja?n patebit. Dann folgt
der in allen 5 Hss. wesentlich übereinstimmende Text. Hs. Wood
I stammt aus dem 14. Jahrb., die Cott. Hss. sind jünger. An-
fang : Transcursis a mundi constitutione tribus milibus nongentis et LXX
annis fuit quidam rex grecie cunctis regibus potentior qui habebat de
conjuge sua regina XXX filias adinodum sponsas et grandes sicut erat
pater et mater earuvi fiominibus tum incognitis excepto nomine filie se-
nioris, que dicebatur albina et omnes filie sitnul erant nutrite omnesque
Jamosis regibus erant nupte . . . Schlufs: nam inter aduentum bru-
tonum in hanc terram et aduentum christi in mundtim mille centum et
XXXVI aimi fluxerunt ; porro ab aduentu dominarum hunc terram
primo inhabitantium usque ad aduentum lirjiii qui eam deleto nomine
Albion suo fecit nomine appellari Brittanniam CC et LX atini inter-
currerunt. Et hoc ntimero annorum terra hec que Anglia dicitur terra
gigantum et sie ueritas clarescit historie de primis habitatoribus huius
terre. Der lateinische Text schliefst also wie in Hs. Douce 128
und Harl. 200 vor der grofsen Lücke. — Die eigentliche Chronik
beginnt in der Rawlinson Handschrift auf Blatt 12: En la noeble
cite de troye il y aueit ini noble ehiualer fort et puissaunt de corps qe
aueit a noiin Eneas. E qaunt la cite de troie Just prise etc. Sie
schliefst auf Bl. 121 v": En cel iemps a la feste de seint fohan ante
portam latinam si feust vne feire a hadingtoun en les parties descoce
et illoqes vindrent vne compaignie des Engleis et oeeirent quaunt qil tra-
ue reut deiMunt et pr ist reut totes les bestes et touz auf res biens qe illoques
trouerent, Dieser Schlufs stimmt fast ganz genau zu iU>m der Du-
bliner Hs. (Pullet. 1878 S. 120 f.), dagegen weicht etwas mehr eine
Stelle auf Bl. 1 1 1 r" ab, welche vom Ende lüluard's 1. und von dem
Regierungsantritt l'xluard's 11. IxTichtct (vgl. I. c. S. i 18 f.): Cesti rot
Edivard gracious homme plein de merei et de pite qi par tut aueit la
victoire de ses enemis car vertu et vietoire lui aueit dien done pur sa g raunt
282 MI.SCELLKN, I. IIANUSLUKIFILICUKS.
loiauie. Ccsli bun roi vtorist le jour de /a Inmshttioiin seini Ihotnas
de Caunterbiris lau de xmi reirne XXXV et i^isl a Westm. de iji ahne
dieu eil merci. — Apres cesti bon rui edit'urd refi^nn son jiz edward
de Caernartum beux houie et fort de Corps vies si lost quil Cinnenea a
re^^uer vn <^raunt descord surdist cntre liii et /cuest/ue de cestre ivanler de
lange tonn jadis Iresorer son pere. Cesli roi edivard amast chierement
de qner ascunes persones <]e son piere souenl foiz li defendi de eiix cunu
vn sire picres de gauastoun et par les preres de la terre exille hors de
cest roiaume. mes cel exü ne durra gers ear tost opres mesme cel an
qil Jeust corone il fist remaunder le dil pieres encountre la defens son
piere et saunz assenl dcl barnage et lui fist counle de Corne'ivaille. Cesli
roi passa oiitre meer oue bele compaignie des chitialers et cuesqes et es-
posa dame lsabel etc. Die IIs. hat keine Kai)il(,-Ieinteilung, die Namen
der Kehlige sind aber ain Rande eingetragen. Zur Vergleichung
mit dem .Schlufs von Wood 8 stehe hier noch JJI. 102 r": Apres cesli
roi henri regna edward son fiz le plus renome chiualer du mound car
la grace de dieu eii lui es toi t, car touz ioiirs ou il es teil si aueit la
victoire de ses enemis et tost apres que le roi henri se Icssa morir il
vient a loundres oue bele compaigjiie des countes barons et oiie grant
chiualer ie et lern lui feseit graunt honour. , (102 v") . . Le primer an apres
que li roi .e. feust corounee Lewelin prince de Gates 7naunda en ffraunce
au counie de Mountfort quil par conseil de ses amis esposereit sa fille.
le counle se auisa sur cesie chose si lui remaunda et dist quil li enuoiereit
sa fille si la fist aparailler et son frere aymer si les ?nist en meer vers
gales. mes vn burgeis de bristut que vient od vins les ettcountra en
meer et les prist a force et les amena au roi edward en saue garde.
Et quant lewelin loit dire rancour lui prist au queor et pur surqui-
derie comcnca a guerrer le roi et fist multz de maux as engleis abatist
les chastels le roi et comenca forment a desirure les terres le roi et quant
noueles vient au roi de ceste chose il se tourna vers gales saunz pluis
delai et fist latent par son gracions poer quil enchaca leivelin a si
grant meschief quil de fin pour se roidi au roi et lui dona L ?nill
mars dargent pur sa pees auoir et prist la damoisele et son heritage et
fist vne Obligation au roi de venir a son parletnent deux foiz par an.
3. Die Hs. Douce 128, welche Kapitelüberschriften aufweist,
beginnt Bl. 63r0: En la noble eile de graunt troye jl i anoit vn
noble chiualer fort et puissauftt et de graunt poer quauoit a tioun Eneas
und bricht Bl. 163 ab mit den Worten: Ceste desco7ifiture fust le
Mescerdy proschein deuaunt le feste de Seint Laurence {== Rawlinson
Hs. Bl. i2Or0 Z. 2 v.u.). Sie stimmt wie schon oben gelegentlich des
poetischen Prologs hervorgehoben wurde, genau zu Harleian 200.
Ich teile als Probe daraus eine Stelle, welche Eduards 1. erstes Re-
gierungsjahr betrifft, mit. Bl. 151 : Del comcncement de son regne.
Le primer an que le bo7i roy edivard fust corone lewelyn prince de
gales matinda al counle fnountfort pur feare aliaunce du mariage entre
luy et sa fille et tut pur estre aide par aliaunce encountre le roy edivard.
Le counle se agrea et maunda sa fille vers Gales par mear. mais un
burgeis de bristut qui vicnl od vitts de bristut les encuntra en mear et
E. STENGEL, ELF NEUE HSS. ETC. 283
/is prisl a force et les amesna au roy edivard (vgl. Rawlinson, Ash-
iiiolc und Wood Hs.).
4. Die Hs. Arundel 3 1 des Herald College beginnt die Chro-
nik : En la noble die de iroie il y auoit un fori chiualer et ptiissaunl et
de grant poer qe aiieit a noun eneas. El qiianl la eile de Iroie estoil
gaste. Vgl. den nicht veröffentlichten Catalogue of Arundel MSS.
in the Libr. of the College of Arms 182g von Black und wegen
des poetischen Prologs oben S. 281. Weitere Notizen liegen mir
leider nicht vor.
HIB. Auch die zweite Redaktion der dritten Brut -Chronik
zerfällt nach Meyer in 2 Fassungen. Die erste Fassung vertritt die
Hs. Ee 1 20 der Cambridger Univ.-Bibl. Sie beginnt ohne Prolog
und schliefst mit dem Tode Eduard's I. Die zweite Fassung da-
gegen führt den Bericht bis 1333 fort und macht Meyer (I. c. S. 126)
5 Hss. derselben namhaft, dazu kommt als sechste Old Royal 20
A XVIII (1. c. S. 142). Mir sind noch 2 weitere Hss. bekannt: Old
roy. 20 DIU (alt ig CIX) in London und Ashmole 1804 in Oxford.
Von der ersteren habe ich mir nur notiert, dafs sie früher abbricht
als Ashmole und dafs sie den Prosaprolog der Mehrzahl der Hss.
dieser Redaktion bietet. — Die Ashmole Hs. beginnt Bl. 4g'' mit
diesem Prolog (vgl, 1. c. S. 12g den Anfang aus Cott. Cleop. DIU):
Ci poel komme oir cometil Engleterre fusl primes nommee Alhyoun et
par qui receusl cel noun. — En la noble terre de sirrie ert un
noble roi poestifs de Ires grant re?ioun que out a noun diodicias quc si
noblement et si bien se conlint par sa haute chiualerie quil conquist
totes les lerres enlour luy issint que totes les rois pur poy del mounde
fui etil a luy cntejulatitz. Auint issint que cesty diodicias esposa vne
gentil damoisele la fille de son vncle que out noun labana et luv ama
laut covie reson le volcil. si engendra de luy trent et treis filles dont la
cinesce ert nomee albyne et Celles damoyseles quant vindrent a age de-
uindrent si beals que a merueille par qui le roy diodicms lour piere
[pensa quil les feryl marier muH richement e] fist vn somouns par ses
briefs a tuz les rois quc tindrent de luy qtiils venissent a vn certcin
iour cn son brief contenuz a vne roiale feste a quel iour touz y vin-
drent et mestierent od eux admirals princes et ducs et noble chiualer ie . .
Der Prolog schliefst Bl. 4g'^: et des cojiceurent et puis enfauntirenl
gcauntz dont vjt fusl nomee gogmagog et vn autre lankherigan et issi
diuersement furent nomez et cn tiele maniere vindrent et nasquirent les
horribles gcauntz cn atbion et il habiterent en caues et en mountaignes
a lour voluntcc, et en auoycnt la terre de albyon a pleisir par my et
par tut tanl que bruit arina a cottenesse (?) en le isle de Albyon d la
conquist de les gcauntz auantditz. Ci finist le pr otogne de liste de albyon.
Die Chronik selb.st besteht aus 125 Kapiteln. Das erste hat fol-
gende Überschrift : Comcnl bruit fusl engendrce et comcnt il occist
primes sa miere et puis son piere et comcnt il conquist albyon quc bruit
puis noma brutaigne apres soun noun dcmcisnc quc orc est dit engleterre
apres le noun engist de sa.voignc. Der Tixt beginnt mit: PJn la
noble citee de grant troyc v out un fort chiuaLr . . lil. 8i'''I"o(.l Hein-
28) MISCKI.I.I'.N. 1. HANOStllKIl'll.ICIlK.S,
ricli 111.: Kl k roi cmlcmaiircs se hssa mtirrir a Wcslin. </ituni il out
regne cinqtumte et cmk ans et dis cl uoef scmeynes Ic iotir sanl td-
mimd lercescesquc de Cankrhyry ei fusl enkrree a Weslni. k iour sein/
F.dm. le roi lau de Uncarnncion ksii crisl MCCLXXll — Propheck
iMer/yn allere del roi henry filz k roi johan. Cap. 162 (fehlt wieder
in der ersten Ri.-daktiun und speziell in Douce 128, Wood 8, Rawl,
D 329; dagc!gc-n hat es auch die erste Fassung der zweiten Re-
daktion, vgl. Bullet. 1878 S. 125): De cesl roy henry prophetiz merlin
et dist (jue vn aigel vendrenl hors de Wyncestre Um de lincarnaiion viill
CC ei sesze od k'iires veriiahks et seintee en son coer escriples et
dist verilee Del roi ediuard filz k roi henry Cap. 163
Coment ydoine la filk kivelyn prince de gakz et sire aynier
frcre le coimie de I\f mit fort furent pris en la vier. Cap. 164 Le
primer an apres quc le roi Edward fusl coronee lewelin prince de
gales niaunde efi ßraunce al counie de niountfort quil par consayl de
ses amys espousast sa filk. Le counie soi auisa sur ceste chose et re-
tnaunda a leivelyn e dist quil enuoiereit pour sa filk et si mauttda
aymer son frere apres la damoysek. Et lewelyn aparailla nee/s pur
sa fille et pur sire aymer et pur Iour beale compaig?ie; mes il-fist torl
car il aueit eu couenaunt al roi edward quil ne dorreit sa fille a nully
sanz son consail. Illes un burgeis de bristuit que vinl od treis ?iee/s
de vins chargez ks enconlra en haute vier et ks prist a force si les
inesna al roi. (Vgl. Rawlinson, Douce und Wood IIs.) . . . .Bl. ^b":
De la mort le roi Edivard Cap. 187. Quant le roi Edward auoit
dauntee ses eneviies de escoce il sen lurna vcrs le suth le e7imaladie a
hiirgh vfi (?) Sandes e7i marche descoce et bien sauoit qui la jnorl ly
tiprocha si apella a ly sire hemy de hici counie de tiicole sire guy counte
zvarre sire amer de valence counte de pretibroche et sire Robert de clif-
ford baroun et ks pria sur la foi quils k furent tcnuz quils feissent sire
edivard de cainareuan son filz regner al plus tost quils poeient et quils
ne soeffrassent peres de Gauastone reuetiir en engktere pur son filz rioter.
Et ils le otroierent. I^e roi conie bon crist i en receust puis ces drei-
tures de seint esglisc et prins verrei repentaunt murrust illoeques, quant
il out regnee cyquanl et cink ans et a grant sokmpnike puis fusl il
enkrree a Westm. de que ahne dieu eil mcrci Amen. (Vgl. Bull. 1878
S. 125) Prophecies mcrlyn dcclaree del roi edward filz le roi henri
cap. 188 (Dies Kapitel fehlt in der Rawlinson Hs. und in der ganzen
ersten Redaktion) De ccsti roi edivard prophetiza merlyn et ly noma
dragon le seconde de les sys darreins res que serroieut a regner en
engkkrre et dist quil serreit melke de merci et de fierte . . Bl. 87''*: Et
del isle de Jl/otoun tan que a Marcilk firent les gentz grant doel pur
la mort le bon roi edward car ils vierent que le roi edivard irreit en
la terre seinte pur vengier soi des enemis dieu car ceo fust son souer-
eyn purpos lalme de qui soit en repos entre ks angles dieu. Amen. —
Del roi Edward, filz le roi Edward. Kap. 189: Apres cesti roi Ed-
ward regna sire Edward son filz quc nasquist en carnareuan. Cesti
edivard ala en fraunce et espousa isabella la fille al roi de france le
vint et quint jour de janeuer a jwstre dame de boloine lan de grace
W. LIST, BRUCHSTÜCK AUS DEM ROMAN DE TROIE DES BENOIT ETC. 285
MiUCCCVIP et k vintisme jour deffeuerer lau siuaunt apres ftist il
solempyiemcnt corotiee a Westvi. par leraucsquc robert de ivynchelsee de
cajiterbury, en la presse sire johati de bakwelle eri moerdri et rnort en
la presse, et si tost come le bon rot edward fust mort sire ediuard son
filz maunda pur peres de gauastoner hors de gaskone et tant ly ama
qtiil li appella son frere et maititenaunt ly dona le honur de Walhig-
ford . ne detnoura gaires quil nel dotia le coutite de Cortiewaille contre
la voleiitee de son barnage et si fist il mettre sire walter de latigetone
euesque de cestre en la prison de?iz la tour de loundres od deiix garsouns
solement pur ceo quil fust coruccz od lui car par son procuretnent fust
il 7?iys en la prison el temps de traillee bastone. Das letzte Kapitel
der Hs. bteht Bl. 102* und ist überschrieben: Content le roi Ediuard
acrocha a ly graciousement les hommages et les foialtez descoce dount il
es feit fr ose los par le consail sa miere et le counte de la Alarch. Cap. 22^.
Die Schlufsworte lauten Bl. 102'^: et cel houre attenderent les escos en
la biaunce qui les e7i a force scrroient occis ou fioiez.
Aus den mir vorliegenden Varianten ergiebt sich, dafs Addi-
tional 18462 und Old roy. 20 A. III einerseits, Cotton Cleop. Dill,
Old royal 20 D III und Ashmole 1804 andererseits eng zusammen
gehören. Schliefslich bemerke ich, dafs obige Mitteilungen aus Aus-
zügen entnommen sind, welche ich mir vor vielen Jahren anfertigte,
zu einer Zeit also, als P. Meyers Aufsatz noch nicht existierte.
E. Stengel.
2. Bruchstück aus dem ,, Roman de Troie des Benoit
de Sainte-More".
Das Fragment, welches in der Kaiser). Universitäts- und Landes-
bibliothek zu Strafsburg aufbewahrt wird, hat einer, wie es scheint,
bis jetzt noch unbekannten Handschrift des 13. Jahrh. angehört.
Es besteht aus 2 Pergament-Doppelblättcrn in Quart, die offen-
bar früher als Bücherumschläge gedient haben, worauf auch noch
einige Federproben späterer Hand (XV. s.) hindeuten. Jede Seite
ist zweispaltig, jede Spalte hatte ursprünglich 30 Zeilen, wie die
beiden ersten, vollständig erhaltenen Blätter noch zeigen, die beiden
letzten sind am Fufse stark beschnitten und zwar fehlen denselben
6 resp. 7 Zeilen. Das Ganze umfafst noch 429 paarweise gereimte
Achtsilbner und zwar die Verse 28581 — 28698 (Bl. i), 29219 bis
29342 (Bl. 2)', 29823—29845 (Bl. 3, Sp. a), 29853-29875 (Bl. 3,
Sp. b), 29883—29906 (Bl. 3, Sp. c), 29913—29935 (Bl. 3, Sp. d),
29943—29966 (Bl. 4, Sp. a), 29973—29996 (Bl. 4, Sp. b), 30003
bis 30026 (Bl. 4, Sp. c) und 30033 — 30058 (Bl. 4, Sp. d) der von
Joly besorgten Ausgabe. Die Verse 28637, 29227, 29269, 29321,
29913 und 29983 beginnen mit rot oder blau gefärbten Initialen.
Die Schrift ist klein und manchmal nicht gut lesbar; an einigen
Stellen ist sie abgerieben, sodafs die Buchstaben mitunter nur schwer
oder gar nicht zu erkennen sind. Die Ergänzungen sind in
• Zwischen J>1. 1 und 2 Ichltn 2 DuppclbläUci, ebenso zwischen iil. 2 u. 3.
286
Mist KM. KN. I. HANDSC IIKIl' II.ICHKS.
eckige Klaimiicrii ciiigcisclilfjsseii. l)H- Schrcilniiig wie die l'"eliler
des Manuskriptes sind l)cil)(;lialtf:n , aber die Abkürzungen sind
aufgelöst und kursiv gedruckt. Blofse Punkte zeigen feiilende
Verse an. Sprachlich erinnert unser Bruchstück, wie di(? meisten
Handschriften dieses Gedichtes, an den Dialekt der Ile-de-France.
l'.rwähnt wurde es schon von Stock in „Die Phonetik des Ro-
man de Troie" und der „C'hronique des ducs de Normanch'e" Strafs-
Inirg 1878. Diss. (Separat-Al)druck aus den Roman. Studien), der
aucli im Laufe seiner Arhcat 5 Stellen daraus anführt.
Immerhin dürfte aber der vollständige Abdruck desselbc^n
gerechtfertigt erscheinen, da unser Text nicht .selten von dem der
joly'schen Ausgabe abweichende Lesarten zeigt und auch noch
Verse enthält die Joly's Hs. nicht hatte. Es sind folgende: 28604'',
28604'', 28684.
28581 Ce dit et conle li actors la
Quel nauoient mie seignors
Mes li reperes des erranz
Que par mer ere«t trespassanz
28585 Je.di rois pr^nces ei dcmeines
Erent por eile en tie:c peines
Que miex • uosissent estre mort
Car el sauoient art et sort
A herbergier les cowuioient
28590 £t apres si les enchantoient
Que sempres ierent si sorp;«
£t de lor amor se ' espris
Quen eulz nauoit reson ne sen
Se 11 tresors • octeuien.
28595 Fust lor si lor donassewt il
Einst en ont serui bzVn mil
De partir deles ert noiant
Trop est greuex li lor torment
Cil qui en lors mains iert cheoit
2Ü600 Estoit souent a mort destroit
Car tant est deles embeuz
£t de lor amor deceuz
Quil ne pensast iames allors
Grieme«t ue«doie«t lor amors
28604a Legier estoit perir de mer
28604I' Enuers le lor a trespasser
28605 Tout deuoroient et prenoie«t
De rien uiuant merci nauoie«t
Maint riebe home et maiwt
mana«t
Fesoient poure et mendiant
O elles cochoient plusors ib
28610 Mes ce nestoil pas fine amors
Que traison et deceuance
Gries en estoit la dcsseurawce
Ice reconte . Hulixes.
Quawt il chai es meins circes
28615 Bz>n en auoit oi parier
Mes ce ne pot mie eschiuer
Et el de lui meint ior auoit
Quant de si grant baute leuoit
Pense quele le retendra
28620 James de lui ne parlira
Ses sorceries ses charaiz
A fet por lui et ses essais
Fort sont li art et li cowiure
Auque li torne a sa mesurc
28625 A lui se couche mölt li plest
Quil la ioisse et quil la best
Et si fet il cest ueritez
Einz que li mois fust tres-
passez
Fu el grosse de lui et plains
28630 Fors sol lores ne plus ne
mains
Not eile de nului enfant
Que len sache ce truis lisant
eist fu en fiere ore enge?7drez
£t en male ore refu nez
28635 B/Vn diron au definement
Com il erra ou et coment
Mes ici uous diron apres
Com fetement dant . Hu-
lixes.
1 e wie es scheint zu i korrigiert.
W. LIST, HRUCHSTÜCK AUS DEM ROMAN DE TROIE DES RENOIT ETC. 287
Se departi de la reine I c
28640 Qui damor ert uers lui acline
Sei sot des ars il en sot plus
Si que il en uint au desus
Ne li sot rien bastir ne fere
Puis que il uolt qtnl prz'sast
guere
28645 -^^s oieufes ses towiurasons
JSt ses charroiz et ses poisons
Ne li ualoient pas .II. aux
Sur lui reuertit li trauax
Et la grant paine ei la dolor
28650 Que li trai puis por lui mai«t
ior
De son auoir qui mout ert
prani
Ot il plus de .c. besant
El nen pot mie retenir
Puis quil li uint a so« plesir
28655 Lors cognut bi>n et uit . circes.
Que pot sot enuers . hulixcs.
Mestre a troue a sa mesure
Tel qui ne crei«t sort ne comure
De son auoir enporte assez
28660 Et si li lesse les costez
Je cuit tout plainz de uif en-
fant
Au departir en fist duel grani
Par maintes foiz lestut pasmer
Quant hulixes . en uit aler
28665 B?fn li cstut mout fu gueriz
Ou uolentiers ou a enuiz
Or a la fille la roine
Redemora .1. grant t<?;-niine
Cele li fist maint gicu parti i d
28670 Dont nierent pas sie« li choisi
Cele en fist auqw^s son uoloir
Car mout estoit de grant sauoir
O lui le tint et demora
G/fMit piece tant co/w li sewbla
28675 Cele li fist tant par ses sors
Que il uousist miex eslre mors
£t ne porq?/ant de cc aloit b/fn
Quo bele estoit sur loute rien
Mout fu ses solaz agrcablcs
28680 Jit trop fu ses cors delitables
Sei nel uendit trop richement
Nel poist pas fere autrement
Car itex estoit sauewture
Par grant enging a desmesure
28685 En reschapa danz . Hulixes.
One tel paour ce dit not mes
Comme de ce quele tenist
Neque iames ne sen partist
Car onc ne se sot tant pener
28690 Que il pout ses ars falser
Ne desfere sa paine non
Qua?it il fu hors de sa prison
Mout sen fist liez et fu ioieux
A un Oracle precieus
28695 Sainz u^rtueus et si sacrez
Que les deuines poestez
I donoient c^rtains respons
Hulixes. o ses conpaignons
A
29219 Las est daler par mer noant 2a
Et du torment que eu grünt
Qui ses niez li a perillies
£t fendues et despeciees
En une noa la deuant
En entra or mes eulz uoiant '
29225 De la mer lours et estordiz
Pour la laste sest endormiz
castus . mue la color
De mautalent t/vnble et
diror
El chicf li alumcnl li oil
29230 Iriez et fei et piain dorgueil
Onques plus hons aniereme;/l
Ne hai autre morlelment
Que . pirrus autretant nel hee
La cort et tint nue sespee
29235 De lui ocirre couuoitex
Vülenteif et desirrex
Thetis . estoit fille . acastus
Et fame espouse . peleus.
Ilec estoit a icel ior
29240 Venue qucrre son seignor
El sauoit b/t-n et dit li ere
• uoiant vcrblafst.
288
MISCKLLKN. I. H ANDstUKIK ll.lC MKS.
Qiic morl [osl]oienl' si dui frcre
Sei quc son perc ieil i;i f)ci.s
Lcue li cor aual le uis
20245 Client et cuide quo ia soii fet
Coli la lout droit et la cnuoit
Plore fornn-nt mout est marric
Q/<«nt eile uoit si li cscrie
Cuiucrt fei eile deffaez 2b
29250 La wostxc g/-anl malifjnitez
Vostre Ires cru[i]eus''' felenie
Vous fcra ia p^rdrc la nie
Li uostvc niez li biax . pirrus.
Vous . a ocis . Menalippus
29255 Et filislenes'. uous filz genz
En CO bois gisent mors sang-
lanz
En ceste granl forest oscurc
La uo^^re grant mesauenture
Ne uostre morl ne ueull chan-
gter
29260 De Mostre cors se ueult ue«-
chier *
29265 Vez le uenir ia est moul pres
C. Chevaliers . esliz et mes
Le suiuent prest de son hien
feire
Ja sera ci lor force meire
A castus . uoit son descow-
fort
29270 Voil quil ne puel guerir
de morl
Ot quil a perduz ses deus
filz
Faul 11 le euer li esperiz
Pasmez chai enmi la place
£t . Thetis . son neueu enbrace
29275 Les eulz li bese et le menton
Ne li pot dire o ne non
Qwant et le auise et el le uoit
Cc li esl uis qi/Vichilles seil
Tont aulrelel com il mcesme
2928(j De Ikarier fei semblant et esme
Mes' el ne pol q/z^nl len so-
uient
Elle lacole e le lienl
Si se i)asme si fet tel duei 2c
Quo lores fust mortc son ueil
29285 A chief de piece dire plaine
Parole a lui a mout grant
paine
Biax niez fet eile douz amis
Mes .II. frcres mauez ocis
Ne fetes or pas autresi
29290 De moM f pere aiez en m^rci
Ses .IL filz li auez toloiz
Si seroit hien reson et droiz
Que de lui fust pes et de nouz
Trop nous a este hainous
29295 Trop nous a fet mal et ennui
Toutes uoies sa fille sui
Sil nous a fet honte et tort
Ne doi porce uoloir sa morl
Peleus . ueil quil li pard^inl
29300 Mes que son regne li redoinl
Ce li a respondu . pirrus
Quel face uenir . peleus.
Et si orra le sien corage
To[st] i enuoienl »n niessage
29305 Venuz i esl merci li crie
[^i*]" dit nc ueult pas qui\
locie
Neque il en lui mete meins
[C]ar'' de sa char est si pro-
chiens
[Q]uc* lout li siecles qui loiroit
29310 [A] m^/'ueilles le li lendroit
Ne ueult que ia sen entremele
Sa bzVnuoUance li promete
' Ein grofser Teil des Q von Que und est von estoient abgerieben.
* Von dem eingeklammerten i nur wenig erhalten.
^ li in filistenes zweifelhaft.
'' Die Verse 29261 — 29264 der Joly'schen Ausgabe fehlen in unserem
Texte.
* Hs. Mal.
8 In der Handschrift ist der untere Teil des Abkürzungszeichens von
Et noch erhalten.
■^ Der untere Teil des C von Car ist abgerissen.
» Der Buchstabe Q fehlt.
W. LIST, BRUCHSTÜCK AUS DEM ROMAN DE TROIE DES BENOIT ETC. 28g
j. resLt
Si li pardoint por eulz sa
mort 2d
Et si soient mes dun acort
29315 Que« diroie lor uolente
Lor otroia toute et lor gre
Pardonnce est la maluollance
Fete est la pes et lacordance
Tuit troi se sont entrebetie"(so)
29320 Tresluit en plorent de pitie
\tiax\\. . acastuz . seuoit gue-
riz
£t set quil a perdu ses
filz
Viel et sanz hoir et sanz amiz
Si ueult sanz cowseil que« soit
prts
29325 Done a pirrus . sennor et rent
Et tout ice qua lui apent
Son hoir en fet el bois fuellu
Len a sesi et reuestu
Mon (so) par force mes par hon
gre
29330 Pirrus len a seu bo« gre
Et dit que ce sache il b/d»n
A g;-ant hennor sur toute rien
Le tendra chier et gardera
Touz les iors mes que il uiura
29335 Thetis . ot ioie et . peleus .
Ne sai que acowtasse plus
Vont sen ensemble baut et lie
En thesele sont reperie
La nouele fu tost seue
29340 Et par le paies espandue
Sempres le soot (so) toute la gent
Mande furent comunemewt
29823 Portoit en une lance enson 3a
Partout le mont le ürewt on
29825 Ja hom noisist de cel pais
Que il ne fust ou mort ou pris
Se desus lui ne fust trouez
Li signes dont il estoit nez
Itel auoit . Thelogonzüj^
29830 Passes auoit mil ans et plus
Quen sa t^rre not autre eu
Partout ' lauoient cogneu
Cil oirre qut point ne sesmoie
Tant que il uint droit en a-
qroie
29835 La enquist mout et demawda
Sauoir quel part il trouera
Hulixes que tant a c^rchie
Plusor le li ont enseignie
Cele part sest tost auoiez
.29840 Mout par sen fet ioiez et liez
Quant il en sot chose c^rtaine
Le premier ior de la semeine
Est la uenuz mes eil qw/1 ui-
rent
Isnelement li deftendirent
29845 Lenter del pont et del portal
ss . . . 1-'
29853 Moutenleuroie estre isracuz^3b
Car de mout loi;/g i sui uenuz
29855 Se ne mi lessiez entrer
.II. niois ai ie mis a lerrer
One nel ui nolui ne parle
Mes desor mes le conoistre
Si li serai amis et bons
29860 Si com il ert droiz et resons
Cil nel ueulent lessier entrer
Einz uoloient les huis ftrmer
Dient ia ni metra les piez
Thelogonwj . fu mout iriez
29865 Älout engoisse.\ et mout des-
troiz
Proie lor a par maiwtes foi/.
* Ut von Partout verblafst.
'^ Die Verse 29846 — 52 sind in vorliegendem Bruchstücke aiigcschniltcn ;
von einigen Buchslaben des ersten fehlenden Verses ist noch ilcr obere Tcii
erhalten.
^ Die Joly'sche Ausgabe hat die Verse 29853 und 20S54 unseres
Textes in umgekehrter Reihenfolge. Dies mag auch der Grund sein, weshalb
Stock in seiner oben genannten Arbeit meinte, dafs in unserem l?iuchsiückc
einmal 8 Verse fehlten.
Zeitsclir. f. roiii. Phil. X. lg
2 QO ,
MISCKI.I.KN. I. 1IANI>S( IIKII' I I.U lll'.S.
Ouil lacuellenl nc faccnl inic
Tel cruiiiule tcl feleiiic
Xcl fist oiic mcs nule {,'e//l ncc
29870 Oiia fil ilcucast cn lenlice
<Jui son pcrc uosisl besicr
joir acnlcr cnbracier
Diii ilc loiiif^ Ic fust ueniiz
<[t/crvc
Daulrc voiaunic (lautre U-rrc
29875 Cc ([it/\ lor tlisl nc montc ricn
. . [t et dirent? b/t-n] '
29883 Thelogonwj . formen[l] sirest 3c
JSt sachiez hien molt li desplest
29885 Sil eust un petit dapui
Volcntiers li feist ennui
El ne povquant ne pot muer
Ne plus soffrir ni enduvcr
Que o ceiilz mcllcc ne face
29890 Ne lov fist pas lowgue menace
Mes lun cn fiert si del poiwg
clos
Que tous li a froissiez les os
Mort le giele ius a ses piez
Puis sest des autres aprochiez
29895 .II. en seisi ses a boute
Pai' uiuc foice el g/'ant fosse
Icil nalcrent mainlena«t
Que ne porent auoiv gaiant
Grant noise i sort ei grani
mellee
29900 A bin deulz toli une espee
Tant est ia proz hardiz ef fors
Que .XV. deulz en a ia mors
Ne pot estre ne ic nel di
Ouil ne raient lui molt leidi^
29905 Munt diirciiienl si est mellez
Ne sai co;// lor est esclia|)cz^
Hulixcs . intendilcs ciiz 3d
Moul dureintnlt scst cs-
frniz
29915 Q"""l '1 (^'i tt il cntenl
Que;/ li ocisl cinsi sa gcnt
Guide . Thclcmac?/^ . le face
/ii ([i/tl si mortclmenl le liacc
Pour cc quil Ia fet enbuier
29920 Enprisoner en fer Her
Guide por uoir et ben est fis
Que il i ait celui tramis
Lui ocirre dcmaiwtenant
Prist vne lancc mout t/'/mcbant
29925 [R]oide ^ et forbie et accree
Que il auoit mai«t ior gardce
A Ia mellee uint lessjrx
De mautalent ue'/meil et chax
Le damoisel de loing choisist
29930 Ne sot quil li apertenist"
Voit ses homes quil li a mors
Dont a au euer gr^nz desfo;?-
fors
Guide quil ait euer et talant
Quil face de lui autretant
29^35 1^'^'' g'«nt ;^ii' li '^ lanciec
Gar e[n] son sanc [vdTJmcil 4a
se meullc*'
[Nc tre]uuc qu[i] en [pes] la-
cueille
29945 U-^^ lance a sai[sie] a .IL
m[ai]nz
1 Vers 29876 — 29882 abgeschnitten ; die oberen Teile einiger Buchstaben
des ersten abgeschnittenen Verses sind noch vorhanden ; deutlich zu erkennen
ist nur büft.
'^ It von molt ganz verblafst; von lei in leidi nur der obere Teil
vorhanden.
3 Von diesem Verse die untere Hälfte abgeschnitten.
* V. 29907 — 29912 abgeschnitten.
^ Das R in Roide ist in der Hs. nicht mehr zu erkennen.
•■' Die Verse 29930 — 29932 verblafst.
■^ V. 29936 — 29942 abgeschnitten.
** Im oberen Teil von Blatt 4a und 4b sind die Buchstaben ganz
oder teilweise abgerieben. Besonders sind die 4 ersten Verse ohne Loupe
nicht zu lesen. Die sehr stark beschädigten Buchstaben und Wörter sind
eingeklammert.
W. LIST, BRUCHSTÜCK AUS DEiM ROMAN 1>E TROIE DES P.ENOIT ETC. 29 1
Touz forsenez et diie plainz
Son pere fiert parmi le cors
Qui de mains perilz fu estois
Et de mainte bataille dure
20950 Mes itel estoit lauenture
Qen la t^rre chai enuers
Descolorez pales et pers
Voit QjiiX est mors molt est
haitiez
Et mout sen fet ioiex et licz
29955 ^^ ^^ '\^'^ ^^•'' tleuinemenz
Les songes les auguremenz
A enseignie et surmonte
Et c^iiX ne sont mie auere
Sur son chier fil Thelemac«<.r
29960 Nnle riens ne <\uex\o\\. il plus
Ne mes quil en lui newchaist
Par que son regne ne perdist
Joi a qwant de ce le sent sain
Et qz^ant autres i a mis main
29965 Desqz/^ einsi ert auenir
[II nia mes] q«^ del morir
1
Li tres sages le cognc[u] 4b
Qui maint grßnt bi>n a[ura]
cu
29975 L-^^] rnainte hennor et mainte
gloire
Mainte de[sir]re[e] victore
[Cöw?]me ueniz ci cnuair
BzV?n ten deust mesauenir
James nen ert dil et retrail
29980 Que nus hons tcx domage fet
Par nul home de ton aage
Trop a en toi gr^nt vasselage
Thelogonus . voit et entent
Quil a esploitie malement
29985 Son pere a ocis par pc-
chic
Mout par en a le euer irie
Plore des ielz et brait et rie (so)
Ce qwzert et ueult que le«
locie
Enmi la place chiet pasmez
29990 Onques nus hons de mere nez
Mes si dolerex duel ne fist
A hulixes . parla et dist
Sire doulz sire d chiers amis
En si male höre uous ai quis
29995 Qwant si mort et plaie \wus
voi
Porq;/oi ne part le euer de moi
30005
Yostrc lilz sui .Thelogonus 4c
Mes ie ne quter uiure plus
Car iames ior ioie naure
Puis que a mort \ous ai naure
De lisle dont il estoit nez
Les entresainz li a mostrez
Puis se repasme et chiet da-
denz
30010 Si quil nen ist aspiremenz
Hulixes sot ses filz estoit
Et que uoirs ert ce quil disoit
Tout recognut or set ilc ü
Que eil nauoient pas menti
30015 Qui les inte'/'pretacions
Les songes et les visions
Li auoient contez et diz
Toutes uoies la mort ses filz
Mout par en a le euer dolenl
30020 Mes ne pooit estre autrement
Icele estoit sa destinee
Ainz que lame sen soit alee
A molt ioi . Thelogonus
Et acole .c. foiz ou plus
Et cowforte molt bonement
Dist que sanz nul requeremc//t
30025
30035
Tout demenbrastThelogonuw 4d
Manois se por son pere non
Mes il en a fet lacordancc
Et la pes et la b/Vnvollancc
Lest/«nge duel desmesure
30040 Que fönt icil de son regne
' V. 29967 — 29972 abgeschnitten.
2 V. 29997 — 30002 abgeschnitten.
'^ V. 30027 — 30032 abgesclinilten.
* Die Verse 30037 und 30038 der Joly'!<chen Ausgabe hat der Sclireilier
in unserem Texte ausgelassen.
19'
2Q2
MISCKI.I.KN. II. TKX'IKKIIISCIIKS.
JOl .soll tliicr lil/ . 'riicloj;()ii//.s
Trois iois \ies<|///' cl noiaz/l
|)Ius
lünsi Dioriil cow wuus ocz
Moni ])ar csloil ^rax\\. scs acz
Miiiwt ior et maiwl an ol uescu
I'orq7/(;nt si ert de grawl v^/tii
/i'/ ile {jr«nl forcc encor au ior
Seueli fu par g/vnit lionnor
En acare len ont porte
30050 La lont enoint et enbasme
3004 S
La li fircnt .L Icl loribd
fjiic;/ loiil Ic mo/U nen <H si
i)el
A nu'Miuille iiil hautcmcnt
I'lainl et plore fu loiij,'uenie«l
30053 TliclL-inac«.f . relinl Icvnpire
Apres sa morl fu de lol sire
Coroncz fu a fjranl hautece
[fir</nt lienixir ol et {^/v/nt pro-
ece?]'
W. List.
II. T e X t kri t i s ch e s.
Zu Zeitschrift Bd. IX 571.
Eine unerwartet schnelle Antwort auf die Frage nach dem
aleche in Chiaro Davanzati's Lied: Assai m'era posato, bei D'Ancona,
vol. III p. 7 (no. 202, 47), bieten gewisse soeben in der Romania
XIV p. 471, no. XVIII, gedruckte lateinische Verse. Aleche ist eine
Wiedergabe des Nominativs Alec (von dessen Obliq. das italienische
alice kommt), welches mittellat. die Bedeutung „Häring" erhielt, s.
aufser Du Gange z. B. AI. Neckam, De Laud. Sap. 111 467. Aber
noch mehr; jene lateinischen Verse, die der altfranzösische Dichter
anführt, sind geradezu das Original für diejenigen Chiaro Davan-
zati's :
Talpe terra cibus, cameleon in aere vivit,
Alec unda fovet, flamme pascunt salamandram,
und Chiaro:
La talpa in terra ä bene,
Aleche in agua abenta,
Calameon di venia,
La salamandra in foco si mantene.
A. Gaspary.
HI. Etymologisches.
1. Franz. fois und fresaie.
I . Das f in afrz. feiz, nfrz. fois, prov. fes gegenüber dem v in
lat. vices, ital. vece erklärt sich durch Satzphonetik. Vices kam sehr
1 Von Vers 30058 das erste obere Drittel noch vorhanden.
^ Die Schlufsverse abgeschnitten.
G. GRÖHEK, FRANZ. PIAFFER. 293
häufig in enklitischer Stellung nach Zahlwörtern vor, die auf einen
stimmlosen Spiranten oder Verschlufslaut ausgingen, und hier wurde
dann v zu / assimiliert. Beispiele sind: deus (doiis), ireis, chic, six,
sei, oü, noef, dis, vinz, cent. Von solchen Verbindungen aus wurde
dann das f verallgemeinert und man sagte auch wie fetz etc. —
In ganz ähnlicher Weise ist in westfälischen Mundarten das iv
des Pers. pron. zotr in / übergegangen, vgl. Remscheider fin.r, ßr,
f9r, fr^ und Soester ftä, fi.- Umgekehrt wird im Russischen
das V der Präposition vü vor tonlosen Lauten zu /, so z. B. in
Fällen wie vü kotoromü (= fkatorom) und vü cetyre (= ftsc-
tyre) , vergl. Sweet, Russian pronunciation, in den Transactions of
the Philological Society 1879, S. 556 f.
2. Fresaie wird wohl richtig aus lat. praesaga abgeleitet, doch
ist der Übergang des p in / noch nicht erklärt. Sollte nicht auch
hier, wie in manchen andern Fällen, das Deutsche mit eingewirkt
haben? Fs liegt nahe, an dLh.d. forasaga 'prophetissa' zu denken,
das sich mit praesaga zu einem vulgärlateinischen *fresaga vereinigt
hätte.
F. HOLTHAUSEN.
2. Franz. piaffer
grofsthun; (vom Pferde) stolz mit dem Fufse scharren, stolzieren, ist
A. Tübler, Miscellanea di Filologia S. 72, geneigt von pie(d) herzu-
leiten, indem er mit Varnhagen, s. S. 298 für möglich hält, dafs,
wie bei fie(fe7- '. fief, fie(t), auch neben pic(d) ein *pief., mit / aus d,
bestanden habe, von dem *pie{fer und, mit Verdumpfung des e zu
(/, piaffer herzuleiten wäre. Diese Erklärung, gegen die auch von
Seiten der Bedeutung Bedenken geltend gemacht werden kininen,
steht, wie ich meine, namentlich die Zweisilbigkeit des ia in piaffer
und in andern Derivaten von piaffe, Grofsthuerei, entgegen. Littre
s. v. hat einen Beleg für zweisilbiges ia aus neuerer Zeit; ein
äl'.erer steht mir aus S. du Bartas, La Semaine V 827, zu Gebote,
der gleichzeitig für die Etymologie des Wortes von Wert ist.
Le p ;i o n estoillc niaynifiquemcnt brave,
Piafard arrogant, d'une desmarche grave,
Fait parade en rouant des clairs rais de ses yeux . . .
heifst es in der Schilderung der Erschaffung der Vögel. Einen ähi\-
lichen Ausdruck von gleichem Stamme />/'- gebraucht aber auch das
Norm, vom Truthahn: pi-anner; nach Delboulle (Gloss. du pat. de Ia
vall. d'Yeres): se dit pour exprinier le eri du dindon; in anderer Gegend
pi-atder; nach Decorde (Dict. du pat. norm.): se dit du glonssement
• Siehe meine Abliandlnng: „Die Rcmscheider Mundavl" in raul-nraunes
Reitr. X 420 und 5-; 3.
'^ \\\ meinem Hiulie: „Die Soesler Mundart", Norilen und l.eip^ij^ 1880,
§ 221,3^, S. 49 f.
294 iMISCliLLKN. IV. GKAMM.MISCHKS.
de la ilindon. AiidiTwürts (Melivicr, Dict. franco-ii(jniiaiicl) isl pi-cid
U; i/i i)ar l(N|ii(l Oll api)ullü les cliiuloniicaus (= engl, jn-acock,
Pfauliahn?) und in Sainlongc (s. jonain, Dict. du |)at. sainlon;^cais)
wird />i-ui selbst mit tlindon zur Hczcichnunj,' des Tliii;res {/>iot-tlin-
(ion) verbunden. Auch die Nachbildung des Schreis der jungt;n
Iliilmchen, piaii, im übertragenen Sinne; Lüge, woher piau-Ui lügen;
pi-ailUr pipen, kreischen, pi-asscr (Jauberl, Ciloss. du Centre: S(.- dit
du cli des petits poulets) zeigen den gleichen Stamm und verwandte
Bedeutung.
Soviel ich weifs, giebt es nun zwar piaxxc für pierre, aber kein
*chiaf aus chief und kein fuif neben fief und i)leibt ui aus ic in
allen Fällen einsili)ig. Daher mochte das von dem prunkenden
Pfau mit der anmafsenden Haltung und Miene und mit dem häfs-
lichen Schrei gebrauchte p'iajjard und das vom stolz stampfenden
Pferde gesagte piaffej- nebst pianncr und allen übrigen angeführten
Wörtern wohl seinen Ausgangspunkt in dem onomatopöietischen pi,
dem Schrei des Hühnervolkes, haben, der in verschiedener Suffixver-
bindung die Vorstellung von verschiedenen Eigenschaften der Hühner-
klassen zu erwecken dienen konnte. Pi-cot mit dem aus machi-cot
schlechter Kirchensänger (aus mächcr kauen), bekannten, Gering-
schJltzung ausdrückenden Suffix, ist eine für das kreischende Schreien
des prunkenden Truthahns wohl gewählte Bezeichnung; pi-ailler führt
das Suffix von cri-ailler, piau-ler das von 7in-au-kr, piajfcr das von
cro-ass-cr (krächzen), pi-ann-er das von ahaner oder von ähnlichen
Interjectionalverben ; pi-affer besitzt in Bildungen wie paffer von paf
(baff) wenigstens ein formelles Seitcnslück ; materielle bilden viel-
leicht aus den Lexicis nicht zu entnehmende Ausdrücke der Volks-
sprache mit einem interjectionalen af. Auf das stolze Gebahren
des Pferdes und der Menschen wurde das Wort erst vom Pfau
übertragen.
G. Gröber.
IV. 0 r a m in a t i s c li e s.
1. X = US in altfranzösischen Handschriften.
Die in altfranzösischen Handschriften übliche Verwendung des
.V zur Bezeichnung von auslautendem us zu erklären hat neuer-
dings Stürzinger Orthographia Gallica S. 48 versucht. Seine Deu-
tung ist von Suchier Literaturblatt 1885, 116 f zurückgewiesen
worden. Derselbe macht dabei auf die in der Handschrift des
Siunson de Nantuil auftretende Verbindung Ix aufmerksam, aus
welcher sich dann mit Wcglassung des / die Anwendung des .v für
US entwickelt habe. Nun bleibt zwar noch unerklärt, warum der
Kopist enfernalx, folx u. s. w. schrieb, — Suchier vermutet „eine
Ursache von rein paläographischer Bedeutung", — aber die Bei-
spiele zeigen, und das ist für den Deutungsversuch, den wir hier
A. FEIST, X == US IN AFKZ. HSS. 295
gebfii, wiciltig, dafs die in Frage stehende Verwendung des .v im
12. Jalirh. wenigsLens bei einem Schreiber wesentlich den Wörtern
zukommt, die im obl. sg. auf / auslauten, also auch der grofsen
Gruppe der -(7//j-Adjectiva. Das .r dieser Adjectiva ist im franzö-
sischen von Anfang an historisch berechtigt, zwar nicht auf dem
Gebiet, wo a zu e und / vor Konsonant zu u wurde, wohl aber dort
wo aus a : ei entstand und das / verstummte. Dort bedeutet tex nicht
kus, sondern leis, und dafs dies mit tex wiedergegeben wird, mag
weniger seinen Grund in der Entwicklung des .r zu is als in dem
Promiscue-Gebrauch beider Bezeichnungen in Wcirtern wie tixor-
oissor, exil-eisseü, exir-eissir haben. So ist ein noch bestimmter zu
umgränzendes Gebiet des nordöstlichen Frankreich bezeichnet, auf
dem das x wenigstens in einer Wortgruppc und sofern es zu
einer gewissen Zeit, nämlich nicht vor dem Schwund des / auftritt,
erklärbar ist. Aber die Anwendung des .v in /ex etc. blieb nicht auf
das genannte Gebiet beschränkt; vielmehr wurde sie auch in den
ül)rigen Sprachprovinzen Frankreichs gebräuchlich, nachdem sie durch
den litterarischen Verkehr dort eingefürt worden war; auch in Paris
und anderwärts, wo man nicht /e/s sprach, schrieb man nun /ex oder
/e/x wie der Kopist des Samson de Nantuil, der dann't die neue
Schreibweise zwar auch adoptierte, aber anderseits der Deutlichkeit
wegen doch ein / hinzusetzte. Nachdem es so aufserhalb der Heimat
der Schreibung /ex Mode geworden war, .v für us in einer gewissen
Wortklasse im Auslaut und nach Vokal anzuwenden, ging man
einen Schritt weiter und schrieb .v auch in andern Wörtern für
auslautendes ks nach Vokal, und es entstanden die Schreibweisen
?nax, gen/i'x, fox, diex, lox u. s. w. Diesen übertragenen und er-
weiterten gemeinfranzösischen Gebrauch nun nahm der ostfranzö-
sische Schreiber seinerseits an. Stützt sich die Hypothese von der
Wanderung des tex von Osten nach Westen auf den Umstand,
dafs tex nur im Osten erklärbar ist, so ist die Verbreitung des 7nax
von Westen nach Osten begründet in der Einwirkung der Haupt-
stadt auf die Provinzen. Wie weit dieser Einilufs im vorliegeiuUMi
Falle geht, läfst sich schwerlich konstatieren ; vielleicht sind ihm
auch die -r^7//>-Adjectiva unterworfen, sodafs in dem überlieferten
c)stfranz()sischen tex die autochthone Darstellung gar nicht zu i-r-
blicken wäre. Unter diesen Verhältnissen ist nicht zu erwarten,
dafs sich die hier skizzierte Verbreitung des x von einem gewissen
Teile h'rankreichs über das ganze Gebiet der langue il'oTl (oder
giebt es Gegenden, wo .v = /« nicht vorkommt?) an ilcr Hand
der erhaltenen Denkmäler, etwa gar von Urkunden nachweisen
liefse. Aber sie läfst sich auch nicht entschieden in .Vbrede stellen.
Denn selbst wenn das .v früher als die Verstumnnmg des / (von
der Vokalisation desselben zu geschweigen) aufträte, so wäre nur
der Kreis enger gezogen, in dem zuerst tex geschrieben wurde, und
die Handschrift die x = is neben lautendem / zeigt, wäre aufser-
halb dieses Kreises entstanden. Violleicht ist es eine einzige Schreib-
scluili\ von wi'lcher der Gebiaucli ausüinn- vielleicht sind es tue
2g6 MISCELLEN. I. GKAMMATISCHKS.
escn'va (/u,' xnn a jl/is, von tl(;iicii der Diclilcr «Icr KlaiiuiKii V 13 1 1
als von hosoiiders zahlrcicluMi oder llcifsigen odir tüchtigen sj>riclit.
Erst wunn b(;wiesen ist, dafs rnrgcnds / verstummt war, als hx zum
cTsttm Male auftrat, fällt unsere Hypothese. — Den ostfranzösischen
Handschriften ist noch eine Verwendung des .v eigentümlich, üi^er
welche Apfelstedt I.othr. Psalter S. XLII und Horning Latein, c
S. 50 sprechen; sie zeigen, dafs .v in den Fällen erscheint, in
welchen der heutige lothringische Dialekt einen dem spanischen /
ähnlichen Laut aufweist. Die Anwendung des .v kann auch hier
ihren (irund in dem Lautwert i's des Buchstabens haben. In vielen
der in Betracht kommenden Fälle entspricht dem x ein i's (mit
tonlosem oder tönendem s) der übrigen Dialekte; es finden sich
moxcner, luxe (luceat), fornaxe, oxialz,- maxons u. s. w., die also
nicht unbedingt als Belege für den ostfranzösischen Schwund des
/-Elements der Diphthonge anzuführen sind. Daneben tritt aber
auch moissener u. s. w. auf und häufig, in Folge einer Vermischung
beider Schreibweisen, moixeiier u. s. w., ähnlich dem Kompromifs
von iels und lex im Samson de Nantuii. Aus diesem Gebrauch
des ix für is mag sich denn der des x für s entwickelt haben,
wie ihn pliix, uxent, xueiit (sequuntur) u. a. zeigen.
A. Feist.
2. Altfranzösische Glossen in JElfric-IIandschriften.
Ich glaube nichts Überflüssiges zu thun, wenn ich hier eine
kleine Anzahl afrz. Glossen, die sich in gewissen Hss. von yElfric
finden, zusammenstelle. Dieselben liegen zwar bereits gedruckt
vor und noch dazu in einer leicht zugänglichen Publikation, aber
trotzdem so versteckt und zerstreut, dafs zu befürchten ist, sie
möchten dem Romanisten entgehen.
Drei der von Zupitza für seine Ausgabe von yElfrics Gram-
matik und Glossar (Berlin 1880) benutzten Hss. enthalten afrz.
Glossen, welche der Herausgeber in den umfangreichen Varianten-
apparat ebenfalls aufgenommen hat. Von diesen Hss. interessiert
hier in erster Linie die des Trinity College in Cambridge, von Z.
mit T bezeichnet. Dieselbe stammt — nach einer früheren brief-
lichen Mitteilung Z.'s — aus dem Anfange des 12. Jahrb., und die
Glossen scheinen vom Schreiber der Hs. selbst herzurühren. Die
letzten zehn der unten folgenden Glossen, ebenso legcric (vielleicht
auch das zweite ttmik) scheinen nämlich in den Text selbst geraten
zu sein, wenigstens notiert Z. hier nicht wie sonst „Gl." d. h. Glosse
oder „ü." d. h. über. Auch bemerkt Z. von einem Unterschiede
bezüglich der Schrift in Text und Glossen nichts, während er
doch sonst die verschiedenen Hände in d(^n einzelnen Hss. genau
von einander sondert.
Der Schreiber hat die frz. Glossen wahrscheinlich, schon in
seiner Vorlage gefunden. Man wird dies aus einer falschen Form
H. VARNHAGEN, AFRZ. GLOSSEN IN .^LFRIC-HSS.
J97
schlü^fscn dürfen, die sich am einfachsten durch Annahme eines Lese-
fehlers erklärt. Das lat. caligo glossiert er durch calä d. h. calun,
oder calum, aber die richtige Form ist calim oder - in. Er wird
in seiner Vorlage f«//»; (ohne /-Punkt) gefunden, dies aber fälsch-
lich als cahin gelesen haben.
Die Glossen stehen in der Regel nicht über dem lat., sondern
dem diesem folgenden altengl. Worte. Indessen führe ich, da die
altengl. Ausdrücke nicht jedem geläufig sind, stets die lat. an, jene
nur da beifügend, wo es aus einem besonderen Grunde wünschens-
wert erscheint. Die beigefügten Zahlen beziehen sich auf Zupitzas
.\usgabe und bezeichnen daselbst Seite und Zeile, wo das be-
treffende lat. Wort steht, während die frz. Glosse unter dem Texte
zu finden ist.
Die Hs. bietet die folgenden Glossen (wofern ich keine über-
sehen habe, was bei den 321 Halbseiten Varianten kein Ding der
Unmöglichkeit ist):
perier pirus 29,18
fier ficus (ae. fictreöw) 30,1
scüd scutum 31,8
calur cauma 33,12
mairie tliema (ae. antinibct) 33,12
imagine agalma 33,14
ceaire sedile 34,3
tuaile gausape 34,8 (zweimal)
espepe mucro 35,1
huccle umbo 35,2
fulliin fiillo 35,2
carbun carbo 35,2
calü caligo 37,4
luive/e caligo 37,4
ruih acrugo 37,5
ariinda irundo 37,7
grisil grando 37,7
limaciun tcstudo 37, 8
lieure lepus 58,11
leger ie lepor 58,11
bois nemus 59,8
filz pignus 59,9
porc sus 59,12
gelepe gelu 80, 10
lest testu 80, 1 1
celier penu 80, 1 1
hlecetiure labes (ae. äwyidnyss) 83,15
celier penum 84,1
filz liberi (ae. beaiu) 84,13
canup cani 84,13
spinas sentes 84,14
runces vepres 84,14
fil tiliim 86,14
Unsicher ob lat. oder frz. sind wegen des auslautenden a
statt e arumia und Spina ; das Fehleu des prothetischen c bei letz-
terem Worte beweist nichts (vgl. unten). — Das ae. hmrn, worüber
das zweite filz steht, kann Sing, untl l'lur. sein.
Für das Verständnis Schwierigkeit maclil nur h/ait^iirc, dessen
Bedeutung nach dem ae. Worte (das lat. lalns ist mehrdeutig) Be-
scliädigung, Zerstörung ist. Der Anlaut /// weist auf ein Venlerbnis
hin, antl ich vermute b/i'Ctt)urt' zu bitcin- beschädigen, obwt)hl das
Subst. sonst nicht belegt ist.
In lautlicher Beziehung bemerkenswert ist neben dem l''ehlen
des prothetischen e in send un(i vielleicht Spina (daneben aber <\v-
pi'pc), sowie 7V in niicWr nur der Übergang lIcs intervokalen und
MISCKI.r.KN. IV. (;K AMM MISCIIKS.
ii.K li Vokal ;ui>laiili'ii<lcn / /.ii /> in 'A/;,/y,, ii'/'l". />i<'.()i<rr iiimI
i.iniij/, \v()iu;l)fii aljcr stin/ iiicliL .siujj.^
• Ntbenljci huiiicrkl weist iliescs Ziii luri /• (sonst Meten >jcwissc
Ifss. unter fjleiclun Virliälliiisseii hekanntlitii il/i oder ///) mit der wünsclien-
wertcsten Deiitliiidieil daraul liin, dafs — was allj^eniein aiierkainit wohl noch
nicht ist — die iiilaiitciideii intervolvaien sowie die nacli Vokal ausl.mtenden
dentalen Explosivlaute auf ihrem \Vej,'e zur Verstunnnunj,' durch ilen dentalen
Spiranten hindurclij,'ej,'anfjen sind. Dies wird hcslälij^t — worauf ich schon
Anz. f. d. Alt. IX 179 hinwies — durch eine Anzahl von aus ilem Afrz. ins
Mittelen>,'l. mit l>, Ö, th ül)er;;efjun}^enen Wörtern, wie plenttTi, plentetlie : afrz.
plfiilct, feij\ fc'i(a, fcitk (noch ne. ßiil/i) : afrz. feid, ' feit, dainteth : afrz.
dcintct, inaugietli : afrz. maiigret u. a. ni. — Auf diese Weise erhält dann
auch — und damit wird jene Ansicht noch weiter },'estützt — eine bekannte
Grui)pe franz. Wörter ihre Erklärunj,', die statt und meistens neben dem ur-
spiüi) Jülich aushuitentlen Dental ein f zeigen (vj^l. Zlschr. II 459; Rom. V 327
und VIII 135; Ajjfelstedl, Lolh. Ps. XLV): soif, bief, Jief, aleuf. blef, Jan-
dfsliief, inoeul, iiif, pechief, dazu Eij;ennanien mit -bfuf ^= -bodo, wie Mür-
ben f etc. Gröbers Meinunj^, Ztschr. a. a. O., das f sei hier überall nur gra-
])liisch und sei nur vereinzelt aus der Schreibung in die Aussprache gedrungen,
kann ich nicht zustimmen. Warum vor allem, mufs man dagegen fragen, tritt
dieses / überall nur bei ursjjrünglich vorhandenem Dental uuf (denn bei dem
einzigen alevonf Rom. V I17 liegt die Annahme eines Schreib- oder Lese-
fehlers doch gar zu nahe).'' Es ist bekannt, dafs sich in den verschiedensten
Sprachen sjjoradisch ein Übergang des dentalen Spiralen zu / fmdet (vgl. die
von mir A. f. d. Alt. a. a. O. gegebenen Litteraturnachweise und füge betr. den
Übergang von germ. /'/ in y/ noch bei Ostlioll, J'aul-Braune VIII 146), und
dieser Übergang liegt physiologisch ja sehr nahe (vgl. Brücke, Grundz.^53;
Sicvers, Phonct." loi). So erkläre ich nun auch das y in jenen frz. Wörtern
aus älterem />. Ich setze also eine Entwicklungsreihe an
^ sei
sit-im : seit : seip^
^^ seif
und ebenso bei ilen übrigen Wörtern. Die neben den Formen mit verstumm-
tem Dental bestehenden, überhaupt nur seltenen Formen auf -/ haben sich
dann meistens verloren, haben aber vereinzelt die anderen verdrängt. — Es
ist nicht uninteressant an einem mittelengl. Worte afrz. Herkunft die Formen
mit /' und f neben einander bestehen zu sehen, sodafs man, wenn man noch
das ursprüngliche t der frz. Form hinzunimmt, alle drei Lautstufen t — /j — /
belegt vor sich hat. Von dem afrz. >naiigi-et existiert, wie erwähnt, me.wa?^-
gretli und daneben maugref (Hazlitt, Rem. I 171 V. 43 und 47; Leg. of Holy
Rood 1 1 1 V. 125). Nimmt man dazu noch die gewöhnliche me. Form maugre,
so hat man ein genaues Analogen zu dem obigen seit : seify : sei und seif. —
Zu diesen frz. Wörtern mit Dentalis: / rechne ich auch die agn. Präposition
0/ in St. Auban, also od : op (oft oth in agn. Hss., aber auch Leodegar): of.
Die Existenz der engl. Präposition of mag hierbei nicht ohne Einflufs ge-
wesen sein. G. Paris' Erklärung jenes of (Rom. VI 145) aus ovtiiic (apud
hoc) durch Annahme von Accentzurückziehung öviwc, Apokope der zweiten
Silbe und Verwandlung von v in f befriedigt nicht.
Wenn aber in einem Falle [scüd) die auslautende Dentalis durch d anstatt
f) oder 3' dargestellt wird, so sehe ich (falls nicht, wie ich vermuten möchte,
iler Accent über dem Worte durch Mifsverstäudnis aus dem Horizontalstriche
eines ö' entstanden ist und die Vorlage des Schreibers unserer Hs. scuti ge-
habt hat) darin nur eine ungenaue graphische Darstellung des Lautes />, und
ganz ebenso erkläre ich das in- und auslautende d, t sonstiger norm. Hss.
Man mochte eine gewisse Scheu haben, die Zeichen /> oder 9' in die frz. Hss.
aufzunehmen, — wofern man dieselben überhaupt kannte, was vielfach gewifs
jiicht der Fall war.
H. VAKNHAGEN, AFKZ. GLOSEEN IN .T^LFRIC-HSS. 2gg
In paläographischer Hinsicht ist zu crwähnoii das Vorkommen
des Doppelacccntes, der auch sonst aus agn. (norm.?) Ilss. be-
I'cannt ist. Derselbe steht über c vor lat. a, offenl)ar zur Darstellung
des sonst durch ch bezeichneten Lautes, in caliir, ccain, catbun,
calil, canup. In runccs steht er über lat. laminaren c.
Die zweite Hs. ist Faustina A X der Cottonschen Sammlung,
von Zupitza mit F bezeichnet. Dieselbe gehört nach dem Kataloge
dem 1 1 . Jahrh. an. Doch sind die afrz. Glossen nach Zupitzas An-
gaben von anderen Fländen eingetragen worden. Welcher Zeit
diese angeh()ren, sagt der Hrsg. nicht, nur in zwei Fällen spricht
er von einer Hand des 1 2. jahrh.
Es sind die folgenden Glossen :
mauiieis dcneger 32,10 io aiin amo, tu aimes amas, eil aiinet
nusclie Jor nionilc 34,6 aniat, niis amuns amamus, iius ainez
ostel as brebiz ovile 34,6 aniatis, cU aiment amanl (,,u. s. \v."
usiirie fenus 59,8 fü<;t Z. hinzu) 130,8
aliance v guai^e pignus 59,9 baller ae. gonian ^= lat. hiare) 137,3
criiel tiux 72,8 sereies tu ame aiiiareris 141,8
ione fixiix 73,3 sernnda lici[a]toiiinii 315.7
esquicle lanx 73,10 telere 1 (d. h. und) tt-s ae. wcbba ebd.
ttir arx 73,13 desuiiiJur conducta (ae. <;arnwinda)
//-«2 fiu;;;i 74,12 ebd.
Stalin stamcn ebd.
a
taul alibium (1. alibrum) ebd.
An einer Stelle 307,9 hat die Hs. einige weitere, aber schwer
lesbare und vom Hrsg. nicht mitgeteilte Glossen.
Mehrere der obigen Glossen geben zu einer Bemerkung Ver-
anlassung. Jone entspricht nicht dem VdL faiix. — Auch bei es-
(]uick-/aHX scheint ein Irrtum des Glossators vorzuliegen ; er hat
wohl csciiele , das lanx entsprechen wüi'de, mit esquiele [cschhlc)
Truj)penabteilung verwechselt. — Die Cilosse seranda und die bei ■
telere % tes
den folgenden stehen in der Hs. so: liciiorium ivebba seramia. Li-
ci\ii\loriwn, das durch ivebba übersetzt wird, wird also durch seranda
und daneben webha selbst noch einmal durch lehre l tes glossiert.
Hierin ist nun zunächst die W'^icdergabe von licialoriiim W'ebe-
baum durch ivehha unrichtig, denn dieses ae. Wort bedeutet Weber.
Es liegt hier wohl ein Versehen des Schreibers vor: er wollte 7t''/'-
beäni schreiben. Seranda ist mir so wie es dasteht unverständlich
unil wi(! ich vermuten möchte verderbt; es wird mit dem i-lymo-
logisch noch nicht genügend aufgeklärten (Diezens .Vnsicht s. EW.'
076) nfrz. seraneer hecheln zusammenhängen. — Mit telere (lat. */<-
lator) gleich dem sonst gebnuichlichen telier hat der Glossator t.lei\
Sinn von webba richtig getrotlen. Die an(.lerl^ Glosse les aber kann
ich nur = *texiini anstatt lextiim (vgl. miat. texns) Gewebe fassen;
der Glossator hat irrtümlich dem ivebba auch diese Hedoulung bei-
gelegt, indem er -.db/ia und 7('ebb (jceb) durch eiiiaiuler warf. — .Mit
300 Mise KI.I.KN. IV. (IKAMMAIISCIIKS.
(.liiiii \viig(;ri;t:lili'ii Striche; ül)ui ilt;iii / in sltiiin wt-ifs ich iiiclits aii-
zufaiigcn; vielleicht ist derselbe durch iMifsverständnis aus einem
Striche über / (/) entstanden. Das a/ statt a in demselben Worte
ist auf Rechnung des englischen Schreibers zu setzen. — Dir Icizt«;
((
Cilosse //// wäre c;igentlicli als iiitti/ atifzulr)sen ; indessen dürfte
Iren/ das richtige sein.
Die dritte Tis. gehört der Cambridger Universitätsbüjliothek.
Zupitzas ['. Ihre nähere Bezeichnung vermag ich jetzt nicht anzu-
geben, da mir Hradshavvs Katalog fehlt. Sie enthält nur — ebenso
wie die vorige 11s. — die Conjugalion von auicr 130,8 und aufser-
dem auient convenil, aueneit cvcuit 207,6.
II. Vaknhagkn.
]}eischrifl. Der Verf. will beweisen, dafs f aus zwischen-
vokalischera d, i eine kontinentalfranzcjsische Lautentwickelung sei.
Dazu wären nötig: i. Belege der im Englischen vorgefundenen
Übergangsstufe von sekundären -d- zu p in kontinental- franz.
Texten, und 2. eine Erklärung der Sonderentwickelung des -voraus-
gesetzten p zu f in soif u. s. w. neben dem die Lautregel dar-
stellenden Wegfall des auslautend, -d- [foi, venu u. dgl.). Die kon-
tinentalen Belege des Verf. sind aber Wörter eines Textes des
1 4. Jahrh. (Lothr. Psalter), der f für d- auch in pechie (peccatura) :
pcchief setzt, und solche, die ich z. T. aus Werken (Ztschr. II 459 ff.)
älterer Zeit nachwies, und immer Wörter, die in vorausliegenden
Denkmälern schon ohne Dental geschrieben auftreten, zur Zeit, wo
auch die Wörter mit auslaut. y ohne f {tref, griej u. dgl.) erscheinen.
Eine Erklärung dafür, welchem Umstände soif u. s. w., die reguläre
Fortentwicklung des d zu / und ein lautes f zu danken habe, wäh-
rend in der unendlichen Mehrzahl der Fälle diese Entwickelung
unterblieb, oder das entwickelte y gleichwie das reguläre auslaut./
verstummte {stuf u. dgl., s. Thurot, Prononciation II 136 ff.) versucht
Verf. nicht. Denn die Hinweisung auf „sporadischen Übergang"
eines Dentals zu f in anderen Sprachen ist in sofern keine Er-
klärung, als eine Dunkelheit nicht durch eine Dunkelheit an andern
Orten aufgehellt wird. Etwas für sporadisch erklären heifst auf die Er-
klärung des Individuellen aus individuellen Ursachen verzichten oder
vom Unbegriffenen die Unbegreiflichkeit behaupten. Die Schreibung
/// für-/-, -d-, und engl,_/a/'//^ (fidem) bezeugen die Vertretung des -d-
zu th zwar für England und lassen -d- als noch nicht geschwunden im
Kontinentalfranz, um die Mitte des 11. Jahrh. ansehen. Sie können
aber nur denjenigen, der auf bequeme Weise des isolierten engX.faith
(neben p/enly u. dgl.) sich entledigen will, und die notwendig indi-
viduelle Ursache der Sonderstellung eines einzelnen Wortes (J'aüh)
aufzusuchen die Mühe scheut, bewegen einen unbeweisbaren Laut-
vorgang in fremder Sprache vorauszusetzen. Ich wiederhole : soi
(sitim) reimt nur mit soil (sit) und soi (se), nie mit 7ioif (nivem)
oder dgl.; die Schreibung soif folgt auf soi und tritt erst nach Ire
GR., BEISCHRIFT. 3OI
{tref), regoi l^regoif) auf. Ich verweise weiterhin auf die Unsicher-
heit der Grammatiker des i6. und 17. Jahrh. hinsichtlich der Aus-
sprache des ausl.y (Thurot a. a. O.), die zwischen iiioeu 7)iceuf und
moeud schwanken, auch nichts gegen bleu/ [bleu) tnoyeuf ^= moy.u(l)
(modiolus) einzuwenden haben, die Aussprache neu und neuf an-
erkennen, und bei soif durch gleichlautiges soit (sit) und soi (se)
bewogen werden konnten sich im Interesse der Deutlichkeit der
Rede für „schwachlautendes _/" (s, Thurot II 137) und später für
lautes f zu entscheiden. Dafs f nur einträte, wo im Latein, ein
Dental stand, gilt durchaus nicht allgemein, sondern nur für die
Mehrzalil der Fälle (s. o. bleuf etc.). Es erklärt sich aber dar-
aus , dafs der in den Auslaut rückende einfache Labial selbst f
wurde (tref trabem), die Wörter auf Guttural ( feu focus) und auf
Diphthong [deu = Deus) selten sind und f, das naturgemäfs ur-
sprünglich nur den Sinn eines Unterscheidungszeichens hatte, wo
es etymologisch nicht begründet war {soi-f neben soit soi; wie suif
neben altem sui = sebum, wegen je sui), vornehmlich bei W^örtem
gleichen Ausgangs sich analogisch einstellen mufste. Als Fälle
der Bestimmung der Aussprache durch die Schrift sei u. a. auf senj
moeurj, our.y, menejtrel, jou^i,-^ (Littre), auf Mont<7/gne, La Rochefou-
cau/d verwiesen, wo natürlich verschiedene Gründe für die Aus-
sprache stummer Buchstaben mafsgebend wurden. Gr.
RF.CENSrONKN UND ANZEIGEN.
Oeuvres poetiques de Philippe de Remi, Sire de Beaumanoir p. p.
H. Suchier (Soc. des anc. texles). 2 Bde., Paris l<'584 und 85.
Die Gesamtausgabe der poetischen Werke Be.iumanoirs von Suchier
wird allerseits mit Freuden begrüfst werden, waren doch die beiden Romane
seither in den für zwei englische Gesellschaften veranstalteten Ausgaben fast
nur auf Bibliotheken zugänglich und die eine von Le Roux de Lincy besorgte
in sehr schlechtem Text , während der von Bordier besorgte Abdruck der
kleineren Gedichte auch Mancherlei zu wünschen übrig liefs. Jetzt kann man
die gesamten poetischen Worte Beaumanoirs in sorgfältig emendierten Texten
lesen, wobei eine ausführliche Einleitung über das Leben und die Werke
des Autors auf das Genaueste orientiert, und Wörterverzeichnisse am Schlüsse
des II. Bandes die Lektüre erleichtern.
Die Einleitung giebt zunächst eine Darstellung des Lebens Beau-
manoirs nach den erhaltenen Dokumenten, die hier etwas reichlicher vor-
handen sind, als bei den meisten altfranz. Poeten. Die Geburt des Dichters
setzt d. H. etwas später an als Bordier (gegen 1250 statt Ende 1246 oder An-
fang 1247); vielleicht liegt auch hier die Wahrheit in der Mitte. Der II. Ab-
schnitt beschreibt das einzige erhaltene Manuskript, der III. bespricht die
Abfassungszeit der Werke und nennt die Litteratur über Beaumanoirs
poetische Werke.
S. setzt die poetische Thätigkeit Beaumanoirs in die Jahre 1270 — 1280.
Das scheint mir zu eng gegriffen. Ich hatte in meiner von Suchier erwähnten
Dissertation (Rom. Stud.IV367 ff.) angenommen, dafs der Name Jehan de Dam-
martin kein fingierter sei, sondern der des späteren Grafen (1274 — c. 1298),
welcher zur Zeit der Abfassung des Romans noch Junker gewesen und für
welchen der Roman überhaupt gedichtet worden sei. Der 'bons rois' Lud-
wig desselben Romans wäre dann der damalige König von Frankreich ge-
wesen, welcher 1226 — 70 regierte, dem damit auch eine Huldigung von B.
dargebracht worden wäre. Demnach wäre also der zweite Roman Jehan de
Dam. vor 1270 verfafst worden. Eine andere hohe Persönlichkeit des ersten
Romans der Papst führt den Namen Urbain. Es liegt nahe zu denken,
dafs B. den Namen des damaligen Papstes, Urbans IV. (1261 — 64) genommen
habe, um so mehr als dieser geborener Franzose war. Ich schlofs daraus,
dafs der erste Roman, die Manekine , vor 1264 gedichtet sei. Wenn man
etwa 1248 als das Geburtsjahr annimmt, so wäre der Dichter bei Abfassung
H. SUCHIEK, OKUVRES DE PHILIPPE DE REMf, SIRE DE BEAUM. 3O3
eines ersten poetischen Werkes {mout petit sai de clergie , Ne onques
7nais rifne ne fis Man. 32 f.) etwa 16 Jahre all gewesen, was wohl nicht un-
wahrscheinlich ist. Suchier spricht sich über diese Vermutung nicht aus.
Das Ave Maria möchte S. seiner Verwandtschaft halber mit dem Gebet des
Königs von Schottland in der Man. in dieselbe Zeit, wie den Roman setzen,
wofür mir auch die von mir (p. 408 f.) hervorgehobenen oft wörtlichen Überein-
stimmungen zu sprechen scheinen. Aus der Beziehung des Conte de la Folie
Largesse zu einer Stelle der Coütnmes scheut sich S. auf eine spätere Ab-
fassungszeit dieses Werkes zu schliefsen. Mir schien diese Beziehung von
durchschlagender Natur, zumal da eine ganze Zeile der Coütumes sich fast
wörtlich, wie ich gezeigt habe (S. 405), in dem Conte wiederfindet und der
unvermittelte Anfang : De fole larguece casti Tous ciaus qui en sont aati mir
auf eine an ihn ergangene Interpellation inbetreft" dieser Stelle der Coütumes
hinzuweisen schien, welche er durch den Conte de la Fole Larguece beant-
wortete. Ich möchte also doch annehmen, dafs derselbe etwa 1283 (dem Jahre
der Vollendung des Coiitumcs) verfafst worden sei. Der erste Salut d'amors
mit dem Namen ' Philippes de Beaumanoir' ist, wie auch S. annimmt, gegen
1280 anzusetzen, in welchem Jahre Philippe zuerst als 'Sire de Beaumanoir'
erwähnt wird. Auch ist derselbe jedenfalls durch den zweiten Teil des Rosen-
romans beeinflufst, also nach 1275 verfafst. Die beiden 'Fatrasies', betrachtet
S. jedenfalls mit Recht als das Werk eines reiferen Alters; die anderen
kleineren Stücke, lauter Liebesgedichte, mögen in die Jahre 1270 — 80 zwischen
Jeh. de Dam. und den I. Salut d'amors gehören.
In dem Abschnitte IV bespricht d. H. die Manekinesage ' an der
Hand eines reichen Materials, das mit grofser Kunst gruppiert ist, und ver-
folgt die Sage von der ältesten erhalten Fassung der Vita Offae I bis zu den
modernen Volksmärchen.
In den Abschnitten V — VII werden die Umformungen der Mänekine in
eine Chanson de geste, ein Mirakel und schliefslich die Prosaauflösung durch
Wauquelin besprochen.
Abschnitt VIII beschäftigt sich mit dem Stoff von Jeh an und Blonde.
Suchier sieht in dem Roman de Hörn den Keim, aus welchem sich die Volks-
erzählung des 13. Jahrh. entwickelte, die sich in einer Fassung in den Gesta
Romanorum, in anderer in Jeh. de Dam. findet. In Abschnitt IX wird der
Roman mit dem Roman Jehan de Paris verglichen, in dem sich derselbe Stoff
wiederfindet; S. zeigt durch eine Vergleichung beider, dafs der letzte eine
Bearbeitung des ersteren ist. Im X. Abschnitt werden die kleineren Dich-
tungen nach Form und Inhalt besprochen.
Der Abschnitt XI giebt eine ausführliche Darstellung der Sprache des
Dichters nach den Reimen, aus welcher hervorgeht, dafs derselbe neben
seinem heimischen Dialekt (v. Beauvoisis) auch Formen des französischen
Dialekts gebrauchte.
' Suchier ist der Ansicht, dafs Beaumanoir ilen Namen der Heldin:
Man ek ine, den ihr der König von Schottland, da er ihren wirklichen Namen
nicht kennt, beilegt, wie Waucpiclin mit dem lal. niauca in Verbindung bringe.
Mir schienen (Rom. Stud. IV 355, Anm. I) die Verse 7247 IV. wahrscheinlich
zu machen , dafs der Dichter den Namen als »uiin ii\i k'uiii- deutele (cfr.
V. 1339 Menekine).
304 RKCKNSIONKN UND AN/KKJKN. I.. SCHWAN,
Ahsclinill XII iiiuiih It vom Versbau. JJic ein/einen Vc'rsarlen , von
wciclun nalüiliili (kr Arlilsilher am liäiitif,'slen jjehraiiclu isl, und die ver-
schiedenen Sliopiienformen , welche l)ci clen lyrisclicn Sliickcn zur Verwen-
ilun;,' kommen, werden besprochen. InbelrefT des Verses, welcher im Lai
d'amours und in «ler I. Falrasie zur Vcrwendunjj konmit, niufs ich mich an-
derer Meinung,', als (1. II. erklären. Dieser sieht in dem zu (Irundc lie^jenden
Vers der Ellsilbiici, welcher von dem Dichter mil j^rofser Freiheil behandelt
sei, sodafs-er sich erlaubt, </(■ rcinplacer assez souvent le premier tnembre du
vers, qui devraü avoir, en cas de chtite masculine de la ccsiire, sept syllabes,
et en cas de chute fthninine huit, pur un inembre de huit syllabes ä
chute tnasculine ou de iieuf ä chute fthninine. Diese Verse, welche
bei weitem am häufigsten vorkommen, sind ganz regelmäfsig gebaute Zwölf-
silbner und dies ist meiner Ansicht nach der von B. gebrauchte Vers. Im
Lai finden sich von solchen Zwölfsilbnern mit Cäsur nach der achten Siibe
139 Verse unter 152. Davon sind 112 Zwölfsilbner mit männlicher Cäsur nach
der achten Silbe*, 7 Zwölfsilbner (10,43, ^i, 98, 103, 118, 119) mit epischer
Cäsur (einer überflüssigen Silbe nach der betonten achten) und 20 mit lyri-
scher Cäsur nach der neunten (18, 19, 30, 39, 46, 49, 57, 59, 60, 63, 65,
70, 72, 74, 110, 112, 121, 132, 140, 141). Von den 13 Elfsilbnern haben 8
männliche Cäsur nach der siebenten Silbe, 2 lyrische Cäsur nach der achten
und 3 epische Cäsur nach der siebenten. Sie finden sich mit Ausnahme von
2 Versen zu Anfang des Gedichtes: l — 6, 9, 11, 15, 17 und 53, 152. Die
beiden letzten Verse können auch anders aufgefafst werden ; V. 53 Bele \ A-
niotirs a vous m' envoie : ^ pour Dieu merci ist ein Zwölfsilbner mit epischer
Cäsur, wenn man den Hiatus nach Bele infolge der nach dieser Anrede statt-
findenden Pause für zulässig hält.^ Der letzte Vers des Gedichtes, V. 152:
y'atendrai iant merchi, || dame, qu'il vous plaira kann auch als Zwölfsilbner
mit männlicher Cäsur nach der sechsten Silbe (Alexandriner) aufgefafst werden,
der die übrigen Zwölfsilbner wirkungsvoll abschliefst. Diese Auffassung wird
dadurch bestätigt , dafs , während sonst die Cäsur mit dem vorhergehenden
Versschlufs reimt, bei diesem Vers der Versschlufs mit dem letzten Vers-
schlufs reimt. So betrachtet macht das Gedicht den Eindruck , als ob der
Dichter aus dem ihm nicht geläufigen Versmafs des Elfsilbners mehrere Male
(7, 8, 10, 12 — 14, 16) herausgefallen sei und dann von V. 18 an durch-
gehends den Zwölfsilbner angewandt habe; das Ganze schlofs er durch
einen Alexandriner ab.
Auch hinsichtlich der I. Fatrasie bin ich der Meinung, dafs hier der
Zwölfsilbner zu Grunde liege; die überwiegende Mehrzahl bilden auch 61
regelmäfsig gebaute Zwölfsilbner (unter 75 Versen) mit männlicher Cäsur nach
der vierten und achten Silbe. Dazu kommen 2 Zwölfsilbner (5, 10) mit dop-
pelter lyrischer Cäsur nach der fünften und neunten unbetonten Silbe und i
Zwölfsilbner (43) mit einfacher lyrischer Cäsur nach der neunten (unbetonten)
Silbe. Ferner ein Zwölfsilbner (9) mit doppelter epischer Cäsur nach der
vierten und achten (betonten) Sibe und i Zwölfsilbner mit einfacher epischer
' Bei 7 Versen wird auslautendes nachtoniges e vor vokalischem Anlaut
elidiert.
■■^ Sonst liefse sich auch korrigieren: Bele dame, Amours vous ?n'envoie.
H. SUCHIER, OEUVRES DE PHILIPPE DE REMI, SIRE DE BEAUM. 305
Cäsur nach der vierten (betonten) Silbe (bei der anderen Cäsur findet Elision
statt). 2 weitere Zwölfsilbner (25, 30) haben die (männliche) Cäsur nach der
fünften und achten Silbe:
25 Se ne vous gardes vous perdr^s tout vostre argent.
30 Je sai bien le cant d'Agolant et de Hiaumot.^
So bleiben nur 6 Verse (13,15, 47, 55, 62, 68), welche sich als korrekte Elfsilbner
auffassen liefsen ; bei vieren ist aber auch die Möglichkeit vorhanden, sie für
Zwölfsilbner zu halten, insofern die Elfsilbner 12 Silben zählen. Bei der Auf-
fassung als Zwölfsilbner hätten 2 Verse (15, 55) nach der vierten und neunten
(unbetonten) Silbe, ein weiterer (47) nach der vierten und achten (unbetonten),
der letzte (68) nach der dritten und achten (unbetonten) Silbe lyrische Cäsur
Doch scheinen mir diese Unregelmäfsigkeiten des Baues eine Emendation dieser
Verse, wie der 2 übrigbleibenden Elfsilbner (13, 62) zu rechtfertigen, wie ja
solche auch aus metrischen Gründen bei den anderen Werken haben vor-
genommen werden müssen. Ich würde die 6 Verse deshalb etwa folgender-
mafsen ändern :
15 [Tres] simple et coie mout m'i guerroie vostre amour,
55 [I]ceste poise decha plus poise que dela,
47 [Ma] douce amie, je vous prie pour dieu merci,
68 [He] sire maistre, estes vous prestre ? couroune aves,
13 [Ma] dame Aubree, ou est alee Marions,
62 [Li] quatre* vaille ! II ne te^ caille, se tu pers.
So erhielten wir einen Zwölfsilbner (68) mit männlicher Cäsur nach der
vierten und einfacher epischer Cäsur nach der achten Silbe, 2 (13, 62) mit
männlicher Cäsur nach der vierten und einfacher lyrischer Cäsur nach der
neunten, 2 (15, 55) mit epischer Cäsur nach der vierten und lyrischen nach der
neunten und einen (47) mit lyrischer Cäsur nach der fünften und epischer nach
der achten. Es ergäbe sich also für die Behandlung des Zwölfsilbern bei
Beaumanoir, dafs derselbe am häufigsten Zwölfsilbner mit männlicher Cäsur
gebraucht und bei denen mit weiblicher Cäsur die lyrische und, wenn auch
weniger häufig, die epische Cäsur anwendet. Bei den Zwölfsilbnern des I. Fat.,
welche eine doppelte Cäsur haben, können sogar lyrische und epische Cäsur
in einem Vers zusammen vorkommen.
Im XIV. Abschnitt ist die Behandlung der Texte dargelegt, bei welchen
d. H. mit Recht der Handschrift hinsichtlich des Dialekts und der Sprache
gefolgt ist. Dann folgen die Texte, im l. Band die Manekine und die Prosa-
auflösung von Wauquelin, im II. Band die übrigen Werke und als Anhang
3 Versionen der mit Blonde d'üxf. verwandten Erzählung der Gesta Roma-
' Der erste von beiden liefse sich leicht zu einem regelrechten Zwölf-
silbner mit Cäsur nach der vierten und achten emendicren: S<; ne ^arJJs || vous
perderes || tout vostre argent ; bei dem zweiten sehe ich keine leichte Besse-
rung-
^ Als Würfeltouren haben die Zahlen den bestimmten Artikel. Vcrgl.
Veus tu geter por le troie Ou por le quatre, Bartsch, Chrest.* Sp. 361,42 f.
'^ Ich würde des Konjunktivs caille wegen le statt ilcs handsclHiriliciu'n
me setzen.
Zeitsclir. f. roiu. l'hil. X.
20
3o6 RECENSIONEN UNO ANZKIGEN. A. TORLER,
norum. Drei Wortverzeichnisse enden den Band. Über die Sauberkeit des
Textes, dessen Durchsicht nur {^crinf,'fü{,'ijies ergeben hat, ein Wort zu saften,
ist bei Herausfjebcrn, wie Suciiicr, iinil einem ' Commissaire responsable', wie
G. Paris unnöti{j.
K. Schwan.
C.-M. Robert, profcsseur de fran9ais i\ Amsterdam, Questions de gram-
maire et de langue fran9aises 61ucid(5es. Amsterdam, C.-L. Brink-
man (ohne Jahr). XI, 341 S. S«. (M. 2,50).
Der vorstehende Titel kennzeichnet das Buch, das ihn trägt, nicht ganz
zutreflend. Von den 23 in demselben vereinigten, unter einander nicht weiter
verbundenen Abschnitten, die teilweise früher in der Zeitschrift „Taalstudie"
veröffentlicht waren, versuchen einige allerdings über schwierigere Punkte der
französischen Grammatik Licht zu verbreiten, im Französischen waltende
Grundsätze oder Gesetze festzustellen, in deren Lichte betrachtet als natur-
gemäfs und folgerichtig erscheinen möchte, was für die erste Beobachtung
den Schein des Willkürlichen an sich hat. Es überwiegt aber bei weitem
das auf Erläuterung verzichtende Nachweisen von grammatischen und lexika-
lischen Thatsachen, die entweder noch nicht oder doch nicht in den ver-
breiteten Lehrbüchern und Wörterbüchern verzeichnet sind. Achtsames Lesen
namentlich neuester Erzeugnisse der Erzählerkunst und lange geübte Lehr-
thätigkeit (mit der in ihr liegenden Nötigung zu fortwährendem Vergleichen
der zu lehrenden und der dem Schüler geläufigen Sprache, sowie zum Prüfen
der Unterrichtsmittel auf ihre Zuverlässigkeit) haben zur Ansammlung eines
grofsen Vorrats von Beobachtungen geführt, die zu mustern recht anziehend,
von denen für die Sprachbeschreibung Kenntnis zu nehmen rätlich, und die zum
Ausgangspunkte weiterer, dem tiefsten Grunde zustrebender Untersuchung zu
machen Aufgabe der Wissenschaft ist. Es ist zu wünschen, dafs solche Art
der Beschäftigung mit dem Französischen auch in Deutschland bei Studie-
renden und bei weiterstrebenden Lehrern über der, von mir gewifs nicht
unterschätzten, Beschäftigung mit der älteren Geschichte desselben nicht ver-
absäumt werde. Sollten neue Lehrbücher für alle denkbaren und undenkbaren
Unterrichtsstufen auch etwas minder dicht aufeinanderfolgen, das würde zu
verschmerzen sein, wenn nur die spätem von den früheren sich durch Zu-
wachs an Ergebnissen eigner Beobachtung und durch besseres Verständnis des
Beobachteten unterschieden.
Die einzelnen Abschnitte des Robert'schen Buches sind nicht alle glei-
chen Wertes, einige hätten wohl ungedruckt bleiben dürfen, so der erste über
französische Aussprache, der nichts gewährt, was man in zahlreichen deutschen
Schulbüchern nicht besser geordnet und vollständiger fände, oder der letzte
über die Aussprache einer langen Reihe von Eigennamen, der neben den An-
gaben mancher Wörterbücher oder anderer, jedem zugänglicher Hülfsmittel
völlig überflüssig erscheint. Auch die beiden Aufsätze über ,,Doublets" und
,, Wörtersippen" sind, wenn sie auch anziehen mögen, wer von den besproche-
nen Dingen noch nie gehört hat, im ganzen doch recht unbedeutend und
C.-M. ROBERT, QUESTIONS DE GRAMM. ET DE LANGUE FRAN^. 307
lassen strengere Schulung vermissen ; im letzteren hätte namentlich nicht so
wüst durcheinander geworfen werden sollen , was uralter Überlieferung und
was gelehrter Herübernahme verdanktes lateinisches Sprachgut und was erst
französische, sei es volksmäfsige sei es gelehrte, Neubildung ist. Kaum gün-
stiger ist der Abschnitt über Vergleichungsgrade und Vergleichungssätze zu
beurteilen, in dem hie und da, aber nicht immer glücklich und offenbar nicht
auf Grund eigener Kenntnis auf das Altfranzösische Bezug genommen ist;
dafs es im Französischen einen Superlativ nicht und Komparative nur in sehr
bescheidenem Mafse giebt, bedurfte ausführlichen Beweises nicht mehr; und
was aufserdem hier noch geboten wird, ist geringfügig, nicht gut geordnet
(wie kommt z. B. die Erwähnung des seltsamen plus tot que plus tard ,,je
eher desto besser'' dahin, wo sie S. 108 sich findet?) und ohne Gründlichkeit
behandelt.
Nützlicher namentlich durch Vorführung fleifsig gesammelter Beispiele
sind die Abschnitte über den bestimmten Artikel (z. B. vor Ländernamen),
über den Plural der Familiennamen , über die Stellung des attributiven Ad-
jektivs; doch war auch hier gröfsere als die aufgewendete Anstrengung er-
forderlich, wenn es zu einer wirklichen „Aufklärung" kommen sollte ; es heifst
nicht aufklären , wenn man von dem sogenannten Teilungsartikel in on lui
rendait des dix francs et des quinze francs nichts zu sagen vermag als : il
ajoute une certaine energie ä Vexpression; und was die Stellung des Ad-
jektivs betriift , so würde auch mit der Gewinnung eines unfehlbaren Krite-
riums , nach welchem es attributiv hier vor, dort nach dem Substantiv zu
stehen hätte, die Aufgabe nicht gelöst sein, so lange nicht erkannt wäre, wa-
rum einem bestimmten Verhältnis zwischen Substantiv und Adjektiv die Vor-
anstellung, einem andern die Nachstellung des Adjektivs entspricht. Gewifs
ist gerade mit Bezug auf diese Schwierigkeit hier Mühe nicht gescheut ; doch
scheint mir das Entscheidende , das ich noch immer da finde , wo ich es
vor Jahren gefunden habe (Ztschr, f. Völkerpsych. 1868 S. 167) hier nicht
getroifen. Vieles was nicht zusammengehört, stellt der in mancher Hinsicht
lehrreiche Abschnitt über Adjectiva in adverbialer Funktion zusammen ; auch
ist hier wieder der Mangel an sprachgeschichtlicher Schulung spürbar und an
Selbständigkeit gegenüber unhaltbaren Aufstellungen Brachets; long kann
nicht lat. longe, sec nicht sicce sein ; über il ferait beau voir darf ich wohl
auf meine Verm, Beiträge 180 verweisen. Das Kapitel von den persönlichen
Fürwörtern giebt neben ganz Landläufigem (2 und 3) willkommene neue Bei-
spiele einer weniger allgemein bekannten Erscheinung, dazu auch eine be-
achtenswerte , blofs die Sache nicht völlig erschöpfende Erklärung ; nicht
minder bemerkenswert ist manches zur Lehre von den Possessiven und von
den übrigen Fürwörtern Beigebrachte, freilich auch hier läfst die Bestimmung
des Sinnes gewisser Wendungen, die Fassung der aufgestellten Regeln manches
zu wünschen , und die Erklärung der Thatsachen wird meist unversucht ge-
lassen. (Besonders sei aufmerksam gemacht auf autrui als Subjekt , auf die
eigentümliche Verwendung von quelconque, wovon S. 145 und S. 147 die Rede
ist). Auch die Bemerkungen , die dem Verbum gellen , bringen manche be-
achtenswerte Gallizismen zur Sprache ; die Mängel der Darstellung bleiben die
nämlichen, die schon oben zu rügen waren. Aus dem Übrigen hebe ich noch
hervor den Gebrauch von ä nume , den zu erklären nicht unmöglich, von
20*
308 RECENSIONEN UND ANZKIGEN. A. REDOLFI,
Robert nicht versucht ist; die nicht recht zutrcflende Bestimmung des Ge-
brauches von comme, puisque, parce que, wobei -so unklare Redensarten wie
cause ohjectivc und c. subjective nicht, oder doch nur nach bestimmter Dar-
legung des damit verbundenen Sinnes hätten gebraucht werden sollen, und
die reichlichen Beispiele vom Gebrauche einer Menge Interjektionen , wozu
auch viele kurze in die Rede eingeschaltete Imperativische, präpositionale Aus-
drücke gerechnet werden, deren Bedeutung in der Rede oft eben so schwer
genau zu bestimmen ist, wie es Mühe kostet ihre jetzige Funktion aus ihrem
eigentlichen Sinne zu erklären (allez! par exemple ! u. dgl.). Gänzlich aufser-
halb des Bereiches der Grammatik bewegt sich die reichhaltige Sammlung
volkstümlicher Vergleiche, die man wiederum etwas kommentiert wünschte, wo
es not thut. Manches zu den besten Wörterbüchern Nachzutragende mag man
auch in den langen Reihen adverbialer, mit Präpositionen gebildeter Redens-
arten fiuden , die den 21. Abschnitt füllen; aber der gröfsere Teil des Ge-
sammelten ist doch längst verzeichnet , und wahrhaft verdienstlich war eine
neue Zusammenstellung nur, wenn sie die Massen nach der Funktion der ver-
wendeten Präpositionen ordnete, und in dieser Hinsicht ist nicht genug gethan.
Erwähnt sei endlich die Zusammenstellung der Namen, die bei den Franzosen
im Laufe der letzten Jahrhunderle der Stutzer getragen hat, vom mignon bis
zum pschutteux.
A. TOBLER.
Drei bergellisehe Volkslieder von Prof. H. Morf herausgegeben in den
„Nachrichten von der königl. Gesellschaft der Wissenschaften und der Georg-
Augusts-Universität zu Göttingen". i8. Febr. 1886.
Das eine von diesen Liedern, die Maitineda von Roticcio, hat der ver-
storbene Prof. G. Maurizio in seiner Stria (Bergamo, 1875) .zum grofsen Teil
bereits abgedruckt, während die beiden übrigen (der Sang des Schmids in 20
und das Lied einer Heiratslustigen in 12 Versen) noch nie veröffentlicht
wurden und sicherlich nur sehr wenigen Bergellern bekannt sind. Ich selbst
habe in meiner frühen Jugendzeit jene Maitineda oft gesungen, hingegen von
einem andern Volkslied in bergellischer Mundart niemals etwas gehört. Es
ist für mich daher begreiflich, wenn es viele Mühe kostete, zwei ganz in Ver-
gessenheit geratene Lieder zusammenzubringen. Auf den Inhalt derselben
trete ich nicht ein , wohl aber auf die sie begleitende , ziemlich ausführliche
Formenlehre des Bergellischeu.
Herr Prof Morf hat seiner Zeit (Gott. gel. Anzeigen, 15. Okt. 1885) meine
an dieser Stelle (VIII 161 — 204) veröffentlichte Abhandlung über „die Laut-
verhällnisse des Bergellischen" einer mehr als abschätzigen Kritik unterworfen.
Er erhob sogar Zweifel an der Richtigkeit meiner Angaben und bezeichnete
unter Anderem den § 25 als rein phantastisch für das Oberbergellische. Gegen
eine solche Verdächtigung meiner Glaubwürdigkeit hätte ich sofort gern öffent-
lich protestiert, da ich durch Zeugen (cfr. Zeitschr. f. rom. Phil. VIII 162 n.)
den Beweis zu erbringen im Stande bin , dafs kein einziges Wort in meine
Arbeit Aufnahme fand , welches nicht von einem Einwohner des bezüglichen
H. MORF, DREI BERGELLISCHE VOLKSLIEDER. 30g
Dorfes für, in der mitgeteilten Form üblich erklärt wurde.' Die übrigen
zahlreichen Gegenbemerkungen , durch welche Herr Morf meine bescheidene
Arbeit teilweise nach Richtungen weiter ausführte , die zu verfolgen nicht
mein nächster Zweck war, glaubte ich mit Stillschweigen übergehen zu dürfen,
da von ihnen gilt: qui prouve trop ne prouve rien, und die eifrigen Verbeu-
gungen des Herrn Recensenten nach gewisser Seite hin erraten lassen, woher
die Wucht der Streiche gegen meine anspruchslose Erstlingsarbeit rühre.
Wenn ich nun bis jetzt schwieg, so geschah es, weil ich vernahm, Herr Morf
wolle selbst eine Schrift über das Bergellische publizieren. Alsdann dachte
ich, er werde wohl Gelegenheit nehmen, seine Behauptungen und Insinuationen
besser zu begründen. Er fand sich indessen nur veranlafst, nochmals zu be-
tonen, meine erwähnte Arbeit sei so ziemlich wertlos. Es wird mir daher
verstattet sein, an verkehrten Behauptungen in der Formenlehre des Bergelli-
schen von Herrn Morf zu zeigen, dafs er nicht berufen war, mir Vorwürfe zu
machen , wie die erwähnten. Denn seine Formenlehre entbehrt oft der Ge-
nauigkeit und zeigt, dafs Herr Morf sich gewaltig irren kann. Ich will dies
hier durch einige Beispiele bekräftigen.
Als Pluralreste auf a- (78,28) führt er neben la leha etc. auch la crpda
an, das aber gar kein Nomen ist, sondern ein Verbum mit seinem Personal-
Pronomen (= sie fällt, von crudä resp. crudär, vergl. meine Abhandlung
§§ 1", 117, 171 und Stria 3,24 etc.) Als Beispiel für den Plur. fem. werden
u. A. (78,30) laftt pina und lam matän genannt. Nun versichern mir die
Herren Sekundarlehrer Stampa in Borgonovo und Kaufmann Maurizio in Vi-
cosoprano, dafs ein Artikel lam im Oberbergell nirgends zu Hause sei.- Das
Nämliche kann ich für das Unterbergell wiederholen. Beim Personalpronomen
führt Herr Morf auf die Aussage des verdienten Prof. Maurizio für diel.Pers.
Sing, mi als allein in Bondo gebräuchlich (79 n.) an, während dort dafür Jeder-
mann i in Verbindung mit dem Verb (meine Abhandlung § 23, 124, 131) an-
wendet, dem freilich mi als Verstärkung vorangehen: mi i sum stac ; mi i
vöi quist e nn qu^l oder nachfolgen kann: i andrä dumän mi ; i sum stac
sü mi, ma ti no. In Stria 93,13 liest man allerdings: . . . ca mi quäl piida-
stä a da fä, was jedoch fehlerhaft ist, da es heifsen sollte: i a da fä. Un-
mittelbar nachher (Str. 93,15) hat Prof. Maurizio mi 'v al dig geschrieben,
wobei er mit dem Apostroph die Auslassung des i angedeutet zu haben
scheint. (Die weitere Stelle Str. 97,22 nun a santl ist ebenfalls inkorrekt und
wäre in nu i a santl abzuändern.) Als absolutes Personal-Pronomen (frz. moi)
wird freilich nur mi angewendet (Str. 117,29; 130,25). -^ Merkwürdigerweise will
dagegen Herr Morf allem Anscheine nach jenes Pronomen / den Sogliern zu-
schreiben (79,27), welche, sofern sie nicht der jüngeren Generation angehören,
* Ich gestehe zwar, dafs es bisweilen sciiwer fällt, ein Wort ganz genau
anzugeben, wie es von den meisten Leuten gebraucht wird. So safs ich
einmal in einer zahlreichen Gesellschaft von Bündnern, in der über das Wort
ciiram eifrig debattiert wurde. Einige sagten, cüram sei allein ricluig,
Antlere waren eher für coram. Tags darauf kommt ein alter Bondner
dazu, das Wort in meiner Gegenwart zu gebrauchen und spricht deutlicli cii-
ram aus. Dieses wählte ich nun , obwohl es festzustehen scheint , dafs ein-
zelne Leute von Bondo an dessen Statt coram anwenden.
2 Auch nicht vor labialen Wortanlaut? Red.
^ Es ist dies eine Eigentümlichkeit des Dialekts von Bondo.
3IO RECENSIONKN UNI) ANZKIGEN. A. GASPAKY,
sich immer noch mit einem deullichen f^e bthelfen. Kinen Ausdruck lial er
ferner {janz falsch transkribiert und ausj^elej^t. Man verfjleiche vfsa (80,7),
das sogar als Ausnahme angeführt wird und übersetzt durch „hätte ich" (sie!).
Dabei ist auf Str. 3,21 hingewiesen, wo aber deutlich zu lesen steht: Ah!
aisa vazza mai? Auf deutsch: Ach! was seheich denn? Von einem „hätte
ich" keine Spur. Anderswo (Str. 12,19 etc.) findet man wohl vfssa, doch
kein vesa. Zum Schlufs nur noch zwei Bemerkungen. Das Verb tsär (86,
12) in der Bedeutung von „öffnen" kennt, wie Herr Tierarzt Giovanoli mir
schreibt, kein Mensch in Soglio, wo Herr Morf sich eine Zeit lang aufgehalten
hat und es leicht erfahren konnte , hätte er mit der Genauigkeit gesammelt,
die er Andern abspricht. Desgleichen würde er wahrscheinlich die absurde
Note auf S. 87 sich erspart haben, wenn er meine Arbeit über das Bergelli-
sche (§ inn. 2) zu konsultieren nicht gescheut hätte. Er behauptet nämlich,
dafs in der Sprache der Bondner (sie!) die Endung -ar beim Inf. derlll.Konj.
(z. B. vent statt vendar, tont statt tpndar u. s. w.) oft weggelassen werde.
Das wäre am Ende ganz schön und recht lombardisch, allein bis zur Stunde
hat meines Wissens kein einziger Bondner je auf jene Endung verzichtet.
Herr Präsident Picenoni in Bondo teilte mir seiner Zeit mit, es komme nur
in Castasegna vor, dafs man pcttt statt pendar etc. sage.
A. Redolfi.
Giornale Storieo della Letteratura Italiana. Vol. VII (Anno IV)
fasc. 1—2. 1886.'
Fr. N o V a l i , Nuovi Studi su Alber tino Mussato. II. Nachdem in dem
ersten Abschnitte die wissenschaftlichen und litterarischen Verhältnisse in der
Marca skizzirt worden, aus denen Mussato hervorwuchs, beschäftigt sich dieser
zweite mit seiner Geburt und Familie. Novati acceptiert das Geburtsdatum
Gloria's (1262), zeigt aber, dafs Mussato nicht in S. Daniele d'Abano das
Licht erblickt hat , wie Gloria wollte , sondern in Padua , und beweist über-
zeugend (wennschon etwas breit), dafs die illegitime Geburt eine Fabel, und
Albertino nicht der Sohn Viviano del Musso's, sondern Giovanni Cavalerio's
war. Mussato war zuerst Beiname des Dichters, der erst dann auf die Fa-
milie überging. Novati vermutet schliefslich, dafs er ihn erhielt, weil Viviano
del Musso sein Pate gewesen sein wird, vielleicht auch, dafs er mit der Familie
del Musso verwandt war, woraus sich dann die Entstehung jener Tradition
über seine uneheliche Geburt erklären würde.
A. D'Ancona. // Teatro Mantovano nel Secolo XVI. Schlufs einer
umfangreichen Publikation von Dokumenten über Theater und Schauspieler
in Mantua unter den Gonzaga , deren Hof durch die besondere Liebhaberei
dieser Fürsten vom Ende des 15. bis in die zwanziger Jahre des 17. Jahrh.
den wahren Mittelpunkt der Schauspielkunst in Italien bildete. Die Doku-
' Wegen Mangel an Raum mufste in den vorangehenden Heften der
Zeitschrift die Berichterstattung über mehrere Hefte dieser und anderer roma-
nislischen Zeitschriften ausgesetzt werden. Red.
GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA. 3 I I
mente sind zumeist aus dem mantuaner Archive , welches seit den Arbeiten
Baschets fort und fort eine reiche Fundgrube interessanter Nachrichten für
Litteratur und Kunst geworden ist. Der vorliegende Abschnitt von D'An-
cona's Arbeit behandelt die lange Geschichte der Vorbereitung und Auf-
führung von Guarini's Pastor Fido, die nach vielen Verzögerungen 1598 zu
Stande kam.
B. Zumbini, Le Egloghe del Boccaccio, berichtigt eine Anzahl von
Fehlern in Hortis' Auffassung und Erklärung von Boccaccio's Eclogen und
fügt interessante und feine Bemerkungen über die Gedichte hinzu, über den
Geist, der sie erfüllt, über Entlehnungen und Anklänge an Virgil, Dante,
Petrarca. Die 7. und 9. Ecloge geben Gelegenheit zu einer Auseinander-
setzung über Boccaccio's politische Ansichten ; es wird gezeigt , wie er die
Sache des Kaisertums von der der deutschen in Italien dienenden Soldtruppen
völlig trennte, so dafs er sogar seinem Daphnis, d.i. Karl IV. die verächt-
lichsten Aufserungen über die letzteren in den Mund legt. Dieses bestärkt
Zumbini in der Überzeugung, dafs auch Petrarca in seiner Canzone Italia inia
nicht das Kaisertum angreifen wollte , wenn er sich gegen das Söldnerwesen
wendete. Eine Abhängigkeit der Ecloge von der Canzone scheint mir trotz
der Ähnlichkeiten nicht erwiesen, und diese sind auch durch die Gleichheit
des Gegenstandes allein erklärbar, so dafs wir auch für die Datierung von
Petrarca's Gedicht nichts mit Sicherheit schliefsen können. Übrigens glaube
ich immer noch, dafs, wenn auch Petrarca's Italia mia gegen die Söldner
geht, der nome vatio senza soggetto doch das Kaisertum sein kann, nicht als
Institution, sondern in seiner damaligen Entwürdigung und so wie es den
Söldnern , z. B. der grofsen Kompagnie Landau's als Aushängeschild diente.
In solchem Sinne hat ja Petrarca wirklich anderswo das Kaisertum einen
leeren Namen genannt; s. Ztschr. III 586, n. — Zumbini's Deutung von Ecloge
X, die er selbst allerdings nur als Vermutung giebt (p. 133), dürfte sich nicht
leicht mit Boccaccio's eigener Erklärung im Briefe an Frate Martino vereini-
gen lassen ; nach der letzteren ist Lycidas ein verstorbener Tyrann {quidatn
olim tyrannus), Dorilus ein Gefangener. In der Ecloge sagt Lycidas: per
Pana deum, non sordida läedunt Munera Plutarchi, quanttun mala tiota fu-
rentuni, Quos genui calanios inter ranasque palustres, d. h. die Qual der
Hölle peinige ihn weniger als der üble Ruf seiner tyrannischen Nachkommen
(was an Dante's Farinata erinnert); demnach sollte man doch glauben, dafs Poly-
pus Sohn des verstorbenen Lycidas ist, was zur Deutung des letzteren auf Midas
(Acciaiuoli) nicht pafst. Ein genauer Kenner der Zeitgeschichte würde wohl
diese Persönlichkeiten feststellen können. — Am Schlüsse vergleicht Zumbini
Boccaccio's und Petrarca's Eclogen bezüglich ihres künstlerischen Wertes,
und tadelt mit Recht Hortis, dafs er Boccaccio's Gedichte höher stellen wollte,
während sie die Fehler und fast nichts von den poetischen Schönheiten der
Bucolica Petrarca's haben.
E. Percopo, Laudi e Devozioni della Cittä di Aqiiila. Diese zum
Teil dramatischen Lauden sind enthalten in jenen ehedem von Monaci be-
kannt gemachten Ms. der Nationalbibliothek zu Neapel, aus welchem Percopo
kürzlich 4 religiöse Poeme publizierte. Den Abdruck der Lauden , den er
damals versprach, beginnt er hier mit drei Stücken.
3 I 2 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. A. TOBLER,
VARIETÄ : C. Canetta, / Testamenli dt Bonvicino da Riva, publi-
ziert die beiden Testamente des alten mailändischen Dichters, die, bereits 1872
von Caffi bekannt gemacht, dennoch gänzlich unbeachtet geblieben waren. Sie
sind von 1304 und 131 3, während man bis dahin kein jüngeres Datum über
Bonvesin als 1291 hatte; sie zeigen, dafs der Dichter wirklich dem dritten
Orden der Jlumiliali angehörte, wie die si^äterc Grabschrift sagt, dafs er (da
es ein Laienorden) zwei Mal verheiratet, und dafs er Magister war, ferner dafs
er sich in günstigen Vermögensverhältnissen befand. — A. Graf, Per la No-
vella 12«" del Decamerone. Dieser interessante Artikel klärt den lieferen Sinn
der Satire in der Novelle von Rinaldo von Asti auf, dem das Gebet zu S.
Julian, nach einem unglücklichen Abenteuer, nicht blofs gute Herberge, son-
dern auch Geld und eine schöne Freundin verschafft. An Stellen besonders
alter französischer Gedichte wird nachgewiesen, wie im Mittelalter der Aber-
glaube S. Julian zum Gewährer und Beschützer leichten Liebesglückes machte,
weil dieses nach der volkstümlichen Vorstellung mit zur guten Herberge ge-
hörte. — A. Luzio, Lettere di Amarilli Etrusca. Mitteilungen über die
Stegreifdichterin Teresa Bandettini aus Lucca (mit arkadischem Namen Ama-
rilli Etrusca), aus ihren Briefen an Bettinelli von 1794 — 1805. — G. Sforza,
Lettere Inedite di Giovanni Fantoni, tra gli Arcadi Labindo, 7 Briefe aus
den Jahren 1806 und 1807; Brief 2 und 3 enthalten Urteile über Alfieri. —
A. Neri, Un codice musicale del secolo XVI, Nachricht von einer Hs. der
Universitätsbibliothek in Genua.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA : E. Montet, Histoire Litteraire des
Vaudois du Piemotit (Renier). R. Sabbadini, Guarino Veronese e il suo episto-
lario (Novati, mit Nachrichten von einigen Codices, welche Briefe Guarino's
enthalten). F. G. De Winckels, Vita di Ugo Foscolo (Mestica, weist zahl-
reiche Irrtümer und Mängel nach).
BOLLETINO BIBLIOGRAFICO.
COMUNICAZIONI ED APPUNTI: E. Percopo, A proposito di una
lauda, zeigt, dafs das von Salvioni im Arch. Glott. IX 23 publizierte Gedicht
zum Teil mit einer Lauda Jacopone's identisch und aus dieser umgestaltet ist.
— R. Renier, Nota suUe bellezze della donna, giebt als Ergänzung zu des
Verfassers Buch II tipo estetico della donna einige andere Stellen mit Auf-
zählungen von Elementen der weiblichen Schönheit. — A. Neri, Le Me-
morie di Gerolamo Zanetti, teilt aus diesen Memoiren, die die Jahre 1742 und
1743 betreffen und jetzt im Archivio Veneto erscheinen, einige Notizen, be-
sonders über Litteratur und Musik mit. — R. Fornaciari, Risposta Per-
sonale, Entgegnung auf V. Bacci's Recension seines Buches La Letteratura
Ital. nei primi qiiattro secoli. Es folgt eine Replik Bacci's.
CRONACA. Zu Anfang ist aus der Nazione wiedergegeben eine Nach-
richt Bartoli's über eine Redaktion von Pietro Alighieri's Dante-Commentar
im Cod. Ashburnham 841, welche umfangreicher als die bekannte, und in
welcher an einer Stelle Beatrice ausdrücklich als eine Portinari bezeichnet ist.
Es wäre ein Zeugnis vor Boccaccio, wie man deren noch nicht besafs, wenn
man es nicht etwa, wie Bartoli bemerkt, hier mit Interpolationen aus späterer
Zeit zu thun hat.
A. Gaspary.
ROMANIA XV. 3 I 3
Romania XVe annee, 1886. Janvier.
I. G. Paris, Guinglain ou le bei inconnu. Von einer für den 30. Bd.
der Histoire litteraire bestimmten Abhandlung über die zum Cyclus der Tafel-
runde gehörenden Romane in Versen ist hier der auf den Guinglain bezügliche
Teil vorläufig veröffentlicht. Dieses Gedicht, das man um der wiederholten
Einschaltung persönlicher Ergüsse willen wie mit dem Partonopeus so auch
mit dem Joufroi zusammenstellen darf (und von dem eine verwendbare Aus-
gabe sehr erwünscht sein würde), wird sorgsam mit seinen Verwandten, dem
englischen „Beaus Desconus", dem italienischen Carduino, dem deutschen Wi-
galois verglichen und der Versuch mit Erfolg unternommen, den ältesten Be-
stand der Geschichte, sowie die Herkunft und die anderweitige Verwendung
ihrer Bestandteile festzustellen. Der Verfasser, dem auf das Zeugnis des Ro-
mans von Guillaume de Dole hin auch das bei Raynaud unter No. 1635 ver-
zeichnete Lied zugeeignet, und der dem Anfang des 13. Jahrh. zugewiesen
wird, wird als Angehöriger des Geschlechts betrachtet, das in der Person des
Guischart de Beaulieu schon vor der Mitte des 12. Jahrh. einen Pfleger fran-
zösischer Dichtkunst gestellt hat. — 25. A.Thomas, Les Proverbes de Guy-
lern de Cervera, poetne catalan Ju XllJe siede. Ein höchst dankenswerter
Anfang der manigfachen philologischen Arbeit, die der wichtige Text ver-
langt, ist hier gemacht. Das Gedicht liegt doch endlich in vollständigem
Abdrucke der einzigen Handschrift vor und zwar in einem Abdruck, der den
Eindruck grofser Zuverlässigkeit macht ; doch will ich nicht verhehlen , dafs
an einigen Stellen die zwei Freunde, denen ich eine Abschrift des nämlichen
Textes verdanke, mir besser gelesen zu haben scheinen, so um von Gleich-
gültigerem zu schweigen: 55a vols, 62d meron, yyd en un loc, 78c mets la
lengu^ ades, 91c Be ue hont, 145b lengns (lengues), l68d mal, 176a vists
poms dos, 2 IIb iovencieyl, 224a conceyls, l^^jZ. Quet, 262a Ja, 28od Not,
288d pots, 312c Ne a ta, 3I7d Car de tu fe Cas'a sos obs ; si bona Casa no
es, perts te, 418c Lengua, 419a nuada (frz. nouee), 423b, d jutgar, lapidar,
427d pus sasiracios (P), 438b JVi pes, 439c queus, 445c E si fas, 481a questia,
504 Ho, 520d repentirs terdats, 540d El foyls, ^^0^ descasga d.h. d'escassu
(Krüppel), 56od Dieu, car l'als, 585a pel; auf Strophe 585 folgen in der
Handschrift diejenigen, welche bei Herrn Thomas die Nummern 600 — 613
tragen; 632d punch mit einem 0 über u, 645c ab esfrey, 741c Si en, 838d
ses claror (1. Can l'olis fail, dese Pririceps es ses claror), 937a quel reys,
1019a desempare, I073d C\iu, 1150a S'Aristotils, 1154c vinens. Besonders
oft scheint die Handschrift dem Leser Zweifel zu lassen, ob er am Wortende
ein s oder blofs einen Schnörkel ohne Bedeutung vor sich hat ; auch y und
g mögen kaum zu unterscheiden sein. Übrigens ist die Handschrift nichts
weniger als sorgfältig, und der Text bedarf gar sehr der Verbesserung; die
hat ihm denn auch der Herausgeber oft mit viel Geschick und aut Grund
guter Kenntnis der Sprache angedeihen lassen, aber ich bin weit entfernt ihn
deswegen jetzt überall zu verstehen oder blofs an den wenigen Stellen dunkel
zu finden, wo ein sie oder ein Fragezeichen andeutet, dafs auch andere keinen
Rat wissen. Vielleicht hätte doch eine fortgesetzte Beschäftigung mit dem
Denkmal den Herausgeber noch auf weitere annehmbare Vorschläge oder
andere Auffassung des Überlieferten gebracht. Hier einige Einfälle meiner-
314 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. A. TOBLER,
seils: S^d dnu far, 85b tir'a, 120c /a lon^t^a, 148(1 lies, 195b En me casa m,
233a Con cuins, 362c Espers, 3961! Faras, 400c Äo« o/? C'aÄ z'«/ femn'a re-
paus, 412c (?Mi? j'rt^ respos selvatge Fa so, 419c aturada, 452a cutclia (be-
eilt sich), 453a pegat (=pa_if(it), 454(1 ^ro oder /rtJj», 469b a / lops a Vanyel,
483d das Komma nach stall vor en luy, 493c das Komma vor statt nach
ave, 496(1 L'ase, 55fia poblats, 570c wVw guabar Malparlier, 733b peits,
740c Cosseyl äut non as, 749c «/^w, 809b /<? jV« /or/, 823c prcchs, 856c
i?« /rt mout fort esterna (Weg), 892a Lo princeps, 91 id mit diesem Vers
schliefst die Rede (Ev. Joh. 20,15); dann Si tan ab, 950d Quels aon (von
aondar), 960b Guardal mort, qu^el s'en porta , .betrachte den Toten, was er
mit sich nimmt", 984a Savis es bos amichs E foyls no, nes pot far ; Ans te
dara d., 985c car Ion auria (je Pen avroie chier), 1004c es es Hom vils, ses
desonora, Ses femna morts, I0ü8 Barayl et apretura Händel und Gedräng,
1028b Be et adrechamens Et alt'gra(-mens), 1095a la naffra sana, Il20b
7not ,,Wort", \\2^ per san tornar ,,um wieder gesund zu werden", Il28d
don quecs se playn, 1140a De fanc e sperit fo Hom, et non er payats Del
tot, ne aura pro, Tro, II 68a servix. — Sehr viel bleibt auch noch für den
Nachweis der Geschichten zu thun, auf die der Dichter zur Bekräftigung
seiner Lehren hinweist; oft hindert die Kürze, deren er sich befleifst, ein
sofortiges Erkennen nicht (z. B. 1166 = Decam. III 3, vielleicht 689 == Decam.
III 2), oft aber läfst sie dem , der erraten möchte , gar zu viel Spielraum.
Nicht minder wird nach älteren Moralisten , deren Sprüche Guillem sich an-
geeignet hat, weiter zu suchen sein. Zweckmäfsig wäre es gewesen, die
Sprüche nicht so ganz ungesondert aufeinander folgen zu lassen; mehrere Ale-
xandrinerpaare pflegen jeweilen in engerem Zusammenhang unter sich zu stehen,
wie dies denn auch durch die von Herrn Thomas weggelassenen Inhalts-
angaben am Rande der Handschrift angedeutet ist. Sollten diese durchaus
unterdrückt werden, so hätte die Druckeinrichtung Ersatz dafür bieten können.
Auch der Index scheint nicht glücklich angelegt und ist in seinem lexikali-
schen Bestände etwas zu knapp. Möge der Herausgeber der Dichtung weitere
Arbeit zu widmen nicht müde werden , der Text auch das prüfende Auge
dessen auf sich ziehen, bei dem in novellengeschichtlichen Nöten schliefslich
immer Hülfe zu finden ist. — lii. E. Rolland, Uescriveto, chansonpopu-
laire du midi de la France. Weitere Versionen eines Volksliedes, mit dessen
Verbreitung sich schon Nigra (Rom. XIV 231 ff.) beschäftigt hatte. — 125.
L. Havel, Le decasyllabe roman. Derselbe wird hier aus dem iambischen
Trimeler mit paroxytonischem Schlufs des griechischen Mittelalters abgeleitet,
einem Verse , aus dem sehr wohl der französische hätte werden können , der
aber lateinisch müfste nachgewiesen werden.
126. Mussafia, Alcuni appunti sui „Proverbi volgari del 1200" ed.
Gloria. Wertvolle Berichtigungen zum Texte und zu den Deutungsversuchen.
129. P. M. , Un noiiveau fnanuscrit du roman de Jules Cesar par
jfacot de Forest. Handschrift in Ronen.
130. E. Pasquet, Quelques particularites gratnmaticales du dialecte
wallon au Xllle siede, les für lor (s. Verm. Beitr. S. 74 Anm.); erste Person
des Plurals im Perfeclum erster Konjugation auf -ons; -ins für imes, lange
hervorgehoben von H. Suchier, Zlschr. II 258 Anm. 2 ; s. auch aportans für
aportames BCond. 279, 310, was Scheler verkannt hat). A. Tobler,
ROMANIA XV. 315
134. J. Cornu, U adjectif possessif feminin en lyonnais. Das weder von
Flechtner noch von Philipon (wohl aber von Zacher Beitr. z. Lyoner Dial. S. 52)
erwähnte miti ist durch dem m im Silbenanlaut zu verdankende Nasalierung
aus mi entstanden, -ia wird regelmäfsig zu /. Sin (Zacher belegt auch si) ist
erst nach min gebildet, meina in der französischen Schweiz hat das a des
Feminins wieder bekommen. W. Meyer.
135. G. P. , La Poetique de Bandet Herenc. Letzteres ist die richtige
Lesung des Namens des Verfassers der bis jetzt kaum bekannten Poetik, die
sich in der vatik. Hs. Reg. 1468 findet. Herr Langlois hat sie abgeschrieben.
BESPRECHUNGEN: V. Henry, Contribution ä l'etude des origines
du decasyllabe roman (G. P.); La Chanson de Roland, ed. Cledat, mit zahl-
reichen wichtigen Bemerkungen zur Kritik des Textes (G. P.); Vising, Sur la
versification anglo-normande (P. M.). — Periodiques, Chronique.
A. TOBLER.
Erwiderung.
In den ,, Ausgaben und Abhandlungen", ed. Stengel, L findet sich als
Nachtrag eine längere Entgegnung von L. Roemer, die sich gegen meine Re-
cension seiner Arbeit über die volkstümlichen Dichtungsarten der altprovenz.
Lyrik (Ztschr. f. rom. Phil. IX 156 ff.) richten solH
Auf diese Entgegnung erwidere ich Folgendes :
Der ausdrücklichen „Absicht" weitschweifig zu sein habe ich Verfasser
nicht beschuldigt, da ich wohl verstehe, wie man in Ermangelung positiver
Resultate unwillkürlich dazu gelangt, den Stoff breit zu treten und allerhand
untergeordnetes Beiwerk zu bringen. Dafs dieses Beiwerk (Silbenzählen,
bibliogr. Notizen , Inhaltsangaben) — ,, formale Zusammenstellungen" — neu
sei, habe ich nicht bestritten, vielmehr anerkannt; ich hätte auch erwähnt,
dafs Verf. in dieser oder jener Einzelheit in einer Anmerkung und im Ex-
kurse Richtiges gegeben hat, wenn das nicht bei einer Schrift von 84 Para-
graphen selbstverständlich wäre; wenn aber Verf. daraus die Existenzberech-
tigung seiner Arbeit herleiten will und immer von ,, Untersuchungen" spricht,
so ist dies nach wie vor entschieden zurückzuweisen. Der Irrtum des
Verf. hängt mit seiner Vorstellung von ,,neu" zusammen , die eine äufserst
wandlungsbedürftige ist: Von ,,neu" kann nicht die Rede sein, wenn man
vage Hypothesen bringt, sondern nur, wenn man etwas bis dahin Unbekanntes
beweist, oder doch wahrscheinlich macht. Daher ist denn unverständlich, wo
das Neue in den Abschnitten über die Alba — Verf. giebt keine Resultate
an — über die Pastorela, von deren Volkstümlichkeit schon lange vorher ge-
fabelt worden ist, und über die anderen Dichtungsgattungen liegen soll. Die
Anmerkungen sind allerdings neu, aber sie sind auch zum gröfsten Teile dem
entsprechend. Da, wo Verfasser hätte Neues bringen können, indem er ein-
^ Der Wunsch des Herrn L. Römer, diese Entgegnung in der Rom.
Ztschr. veröffentlicht zu sehen, mufsc unerfüllt bleiben, weil ilic Entgegnung
die Vorhalte des Recenscnttn der Zcitsciuifi ilurch.uis nicht entkräftete. Red,
3 l6 O. SCHULZ,
schlägifjc un},'cdr iick le Lictler analysicrlc, isl niclils zu finden (s. § l6, p. 10**
p. 26 no. 27).
Im Einzelnen ist Folgendes zu sagen :
Meine Bemerkung zu der Esdemessa mag wohl stark sein, hat aber den
Vorzug, dem Sachverhalte zu entsprechen. Wenn Jemand über eine Lieder-
galtung etwas schreiben will, so mufs man verlangen, dafs er sich zuerst die
Bedeutung des Namens klar zu machen sucht, indem er in das Wörterbuch
sieht, oder auf die betreffenden Stellen in der Lektüre achtet. Das hat aber
Verf garnicht unternommen, sondern ist blindlings, ohne zu prüfen, Diez und
Bartsch gefolgt. Warum ich übrigens nicht ebenso gut als Levy die richtige
Deutung des Wortes gegeben haben soll, ist absolut unersichtlich ; nebenbei
gesagt, habe ich zuerst darauf aufmerksam gemacht, dafs die Esdemessa keine
.Liedergattung gewesen sei (s. L These zu meiner Dissertation vom 14. Febr.
1883).
Die Konjektur ,,Arnaldon" für ,,accalaon" ist und bleibt „unverständig".
Ich hätte darauf garnicht Gewicht gelegt, wenn der Fall nicht ganz charakte-
ristisch wäre. We nn Jemand, der methodisch arbeitet, eine Konjektur machen
will, so achtet er, abgesehen von andern Erfordernissen, vor Allem darauf,
ob die Stelle mit Einsetzung des konjizierten Wortes einen Sinn giebt; das
hat Verf. aber nicht gethan, es genügt ihm, dafs in der 2 Strophe „Arnaldon"
vorkommt. Was soll denn das heifsen :
l'autrier fui Arnaldon
e[n] un chastel bels e bon?
Da Verfasser kein Komma vor Arnaldon setzt, so meint er vielleicht „neu-
lich war ich, nämlich Arnaldon, in etc.", aber hat er denn nicht gleich ge-
sehen, dafs Arnaldon — das Gedicht ist keine Tenzone — in der 2 Strophe
angeredet wird? oder Verf. meint vielleicht „neulich war ich, o Arnaldon, in
etc.", aber dann hätte er es durch Setzung eines Kommns vor Arnaldon an-
zeigen müssen ; allein auch so ist es — abgesehen von der ganz unmotivierten
Anrede an dieser referierenden Stelle — syntaktisch kaum zu rechtfertigen.
Die Bemerkung des Verf. hinsichtlich des anonymen Gedichtes „l'autrier
cuidai aver druda" verstehe ich nicht. Es handelt sich doch darum, dafs
man nicht ein Lied, dessen Anfangszeile kein Urteil über seinen Inhalt ge-
stattet, — das „l'autrier ist natürlich ganz äufserlich, und berechtigt nicht
eine Beziehung zu konstatieren — ohne weiteres unter diese oder jene Gat-
tung rubrizieren soll. Dieses einfache methodologische Prinzip ist dem Verf.
verborgen geblieben. Der Umstand , dafs sich in diesem Falle seine Ver-
mutung bestätigte, könnte natürlich an dem Grundsatze nichts ändern; dafs
sie sich nicht bestätigt hat, würde ich — ohne es zu urgieren — durch Ab-
druck des fraglichen Gedichtes gezeigt haben, wenn nicht Herr Stengel selbst
die Freundlichkeit gehabt hätte, mich dessen zu überheben.
Was die auf die retroencha bezüglichen Stellen betrifft, so räume ich
gerne mein Versehen ein. Bei zwei Stellen hat mich der Umstand irre ge-
leitet, dafs Verf. nur auf dieselben verweist , während er die anderen voll-
ständig citiert.
Ich habe wohl gesehen , dafs Verf. die Glaubwürdigkeit der Trobador-
biographien in P bestreitet, er kann aber nicht verlangen, dafs man darauf
ERWIDERUNG. 3 I 7
etwas geben soll , bevor er es nicht begründet und bevor es ihm vor allem
nicht gelungen ist, das Glaubwürdige von dem Unglaubwürdigen in den betr.
Biographien zu sondern.
Es bleibt noch Einiges über die sogenannte Volkstümlichkeit in der
provenzalischen Lyrik zu bemerken:
Dafs Gelehrte wie Grimm, Diez, Ferdin. Wolf u. a. überall gerne volks-
tümliche Elemente entdeckten, ist ja bekannt: sie schlössen sich darin nur
der romantischen Richtung an. Wenn aber jetzt, nachdem man mit Recht
demgegenüber weit nüchterner und objektiver geworden ist, Verfasser kommt
und, ohne Anhaltspunkte zu haben, sich nicht genug thun kann im Wieder-
holen der abgestandenen Redensarten über den volkstümlichen Gesang, so ist
das in der That verdriefslich. Wir haben gar keine Beweise von dem Vor-
handensein eines provenz. Volksgesanges vor der lyrischen Kunstpoesie. Wenn
es in der Biographie des Cercalmon heifst , dafs er ,,pastorelas a la usanza
antiga" dichtete, so ist „antiga" natürlich vom Standpunkte des Biographen
gesagt; vermutlich glichen sie denen des Marcabrun, von welchen die späteren
Pastorelas, die nordfranz. Einflufs erfuhren, im Tone ziemlich stark abwichen.
Die Sache mit Otto von Moncada ist ja ganz zweifelhaft, und würde,
falls Otto wirklich so früh gelebt haben sollte, doch nur dafür sprechen, dafs
früher schon eine Kunstdichtung vorhanden gewesen sei, von der uns nichts
erhalten. Die Stelle, welche Verf. aus Guir. v. Borneil anführt, ist ja gerade
beweisend für meine Ansicht von der Entstehung der vermeintlichen Volks-
lieder: G. will eben, dafs sein einfaches leicht verständliches Lied ins Volk
dringe und von den Mädchen gesungen werde und das ist auch gewifs der
Fall gewesen , aber folgt denn daraus im Geringsten , dafs dieser „volkstüm-
liche Kunstgesang" sich ,,an die Lieder des Volkes angelehnt hat"?
Vollends merkwürdig aber ist es — und damit komme ich speziell zur Pa-
storela — , wenn Verf. die Stelle von Gui d'Uisel anzieht, wo der Dichter die
Schäfer singen hört „mort m'an semblan traidor"; oder glaubt Verfasser allen
Ernstes, dafs der Schäfer so gesungen hat.? Dafs die Hirten getanzt und
auf urprimitive Weise gesungen haben, kann wohl sein, aber was hat das in
aller Welt mit den uns vorliegenden Pastorelen zu thun ?
Vielmehr mufs doch jeder, der nicht den Fehler begeht, seine Empfind-
ungen und Fähigkeiten bei ganz ungebildeten Menschen vorauszusetzen , so-
gleich sehen, dafs die Pastorelas ganz spontan in höfischen Kreisen entstanden
sind — auch Marcabrun wendet sich wie alle Trobadors an die höfische Ge-
sellschaft — , um durch den Gegensalz dieselben zu belustigen. Gröber hat
dies hinsichtlich der altfranz. Pastourelle richtig betont, die, wenn man Leicht-
verständlichkeit und Naivetät Volkstümlichkeit nennen will, einen viel gröfscrn
Anspruch darauf machen kann, als die steife provenzal., und auch Bartsch hat
schliefslich die spontane Entstehung in höfischen Kreisen zugestanden (Alle
franz. Volkslieder p. XVI). Im Übrigen bieten ja ein treffliches Analogen die
modernen Dorfgeschichten, in denen den Bauern oder Arbeitern subtile Em-
pfindungen beigelegt werden, an die nur der Städter glauben kann, iler nie-
mals auf dem Lande gewesen ist, und nicht weifs, wie es dort zugeht.
Hinsichtlich der Tanzlieder brauche ich kaum zu sagen , dafs auch sie
meiner Meinung nach ihre Entstehung den Bedürfnissen der hölischen Gesell-
schaft verdanken; ihre Anonymität erklärt sicli , wie auch Verf. richtig be-
3i8 G. scrruLTz, rkwidekung.
merkt, aus dem Zwecke, dem sie dienten, dafs in ihnen natürlich ein anderer
Ton angeschlagen wird, als in den Canzonen, versteht sich von selbst; warum
sie nun aber wieder ,, Juwele lyrischer Volkspoesie" sein sollen, ist mir
unerfindlich. — Der Versuch, durch metrische Betrachtungen die Volkstüm-
lichkeit erweisen zu wollen, mufs deshalb stets als verfehlt bezeichnet werden,
weil wir viel zu wenig von der Herkunft der von den ersten Trobadors an-
gewendeten Metra wissen.
Wenn also einerseits nichts das Vorhandensein eines früheren provenz.
Volksgesanges beweist, andererseits aber die provenz. Lyrik eine Vorstufe ge-
habt haben mufs, so liegt es, ziemlich nahe, in der lat. Vagantendichtung die
Vorschule zu sehen, in der die ersten uns unbekannten Trobadors ihren Stil
geübt haben. Diese Ansicht läfst sich vorläufig durch nichts beweisen , und
ich habe daher auch nur vom Erwägen der Möglichkeit gesprochen.
Schliefslich sei bemerkt, dafs, wenn Herr Stengel sich erlaubt, in einer
Redaktionsbemerkung meine Kritik eine tendenziöse zu nennen, er insofern
nicht ganz Unrecht hat, als ihre Tendenz sich gegen den wissenschaftlichen
Dilettantismus richtet, von dessen wahrhaft erschreckendem Umsichgreifen
Römer's Schrift nur als ein Beispiel aus vielen Zeugnis ablegt.
O. Schultz,
NEUE BÜCHER UND SCHRIFTEN. 3 IQ
3^eue ^ücher und Schriften,
die bei der Redaktion der Romanischen Zeitschrift eingingen :
G. Körting, Encyclopädie und Methodologie der romanischen Philologie,
mit besonderer Berücksichtigung des Französischen und Italienischen.
3. Teik Die Encyclopädie der romanischen Einzelphilologien. Heilbronn
1886. Gebr. Henninger.. S«. XX 838 SS. Preis 10 Mark.
Internationale Zeitschrift für allge?neine Sprachwissenschaft herausgegeben
V. F. Tech m er. I. Band, 2 Hälfte. 2. Band, i. u. 2. Hälfte. Leipzig 1884-6.
A. Barth.
Daraus mögen hier folgende Abhandlungen hervorgehoben werden:
K. Brugmann, Zur Frage nach den Verwandtschaftsverhältnissen
der indogermanischen Sprachen, zeigt, dafs nur mit Hilfe einer grofsen Masse
von Übereinstimmungen in lautlichen, flexivischen, syntaktischen und lexikali-
schen Neuerungen der Beweis für nähere Gemeinschaft zweier oder mehrerer
Sprachen erbracht werden könne. In derselben Überzeugung ordnete I. Ascoli
die rhätorroman. Mundarten zusammen und schied das Frankoprovenzalische
vom Französ. und Provenz. aus. — N. Kruszewski, Principien der Sprach-
entwickelung, erläutert mit nicht ausreichender Klarheit die Arten und Ur-
sachen der Veränderungen in der Sprache. — A. Lundell, Sur l'etude des
patois ; beherzigenswerte Winke über die Anforderungen an Erhebungen über
lebende Volkssprache und Litteratur und Sitte des Volkes, die zu wissen-
schaftlicher Bearbeitung tauglich sein sollen. — F. Pott, Einleitung in die
allgemeine Sprachwissenschaft. Zur Litteratur der Sprachenhunde im All-
getneinen. Der Verf. begleitet die systematische Übersicht über die sprach-
wissenschaftliche Litteratur mit interessanten polemischen Exkursen, in denen
er gelegentlich auch Stellung zu den neueren Richtungen in der sprachphilo-
sophischen und sprachgeschichtlichen Forschung nimmt. Ein zweiter Abschnitt:
Zur Litteratur der Sprachenkunde im ■ Besonderen, I. Asien, fuhrt in ähn-
licher Weise die Litteratur über die Sprachen Asiens vor. — Techmer,
Grundzüge des allgemeineii Sprachtypus von W. v. Humboldt. Aus einer
ungedruckten Hs. Der mitgeteilte Abschnitt handelt vom Wortvorrat der
Sprachen, vom Gange der Wortbildung und Wortvermehrung einer Sprache,
vom Wort und bezeichneten Gegenstand, von den Wirkungen des gesprochenen
Wortes auf den Geist des Hörers u. s. w. — Ders., Sprachentwickelung,
Spracherlernung, Sprachbildung. Anweisung für das Spracheerlernen (der
Schriftsprache und fremde Sprache) auf induktivem Wege nach den Grund-
sätzen der psychologischen Pädagogik. — G. Michaelis, Ü^ber das mittlere
a, erklärt sich gegen die Beseitigung eines weder palatal noch labial gefärbten,
centralen (spezifischen) a-Lautes im Vokalsystem mit überzeugenden Gründen.
— F. Techmer, Bibliographie 1884, bespricht in lehrreicher Weise beson-
ders die neue lautphysiologische Litteratur.
A. Darmesteier, Le D^monstratif ille et le relatif qtii en roman ^Aus:
Mi^langes Renier, 1886). Wie Tobler das roman. lui = lat. illi aus dem
Dativ des correlativen Fragepronomens cui erklärte, so D. den Sgl. -Artikel
li des Altfranz., il, eil u. s. w., aus einem der Frage qui? lautlich sich
anpassenden */'///■ = lat. ille. Der Beweis ist voUUoinmen geführt und
von interessanten Nebenbemerkungen begleitet. Herr D., der meinen Aus-
320 NEUE m;CHEk UND SCHKIFIEN.
führiingen über ilal. e^/t = illi illc beipflichtet, irrt sich wohl, wenn er im
Hinweis darauf bemerkt, ich hätte rom. z7/z' = lat. ille durch Analogie von
ital. cret/t, crede, Imperativ 2. Sjjl. zu credu, erklärt. Wo wäre das ^it-
schchcn ?
M. Fuchs, Die Fabel von der Krähe, die sich mit fremden Federn schmükt,
Diss. Berl. 1886. Eine aufmerksame Verjjleichung alter, mittelalterlicher und
der Neuzeit angehöriger Bearbeitungen jener Aesopischen Fabeln. Das
Augenmerk ist dabei auf die bewufsten und mifsverständlichen Abänderungen,
der ältesten bekannten Darstellungen und auf die Angemessenheit der mit der
Fabel verbundenen Moral gerichtet. Die auf den letzten Punkt bezüglichen
Bemerkungen des Verf. sind z. T. anfechtbar.
P. Schlösser, Die Lautverhältnisse der Quatre Livres des Rois ; Bonn.
Diss. 1886. Der fleifsigen Arbeit liegt eine Vergleichung der Hs. mit der
Ausgabe zu Grunde. Die Darlegung der lautlichen Seite des Textes ist die
übliche: neben dem mundartlich oder chronologisch Bemerkenswerten auch
Angabe des gemein-altfranz. Lautstandes. Keine empfehlenswerte Neuerung
ist die Scheidung der vortonigen Vokale als nebentonige und unbetonte
(oder nach Schumann und Harseim : der nebentonigen und vortonigen Vok.).
Sie ist didaktisch verfehlt, weil sie die Übersicht nicht erleichtert, und
sachlich unbegründet, weil der sog. Nebenton und die Tonlosigkeit nicht
Bedingungen spezieller Lautbildung sind. Dazu kommt, dafs der Verfasser
französische Wortgebilde mit lateinischen Grundwörtern oft auf eine Linie
stellt. Bei Beachtung der Wortschichten würden reinlichere Resultate er-
zielt worden sein. Gar manche Auffassungen der behandelten lautlichen
Vorgänge sind bestreitbar, oder zu verwerfen. Zu genauer Datierung des
Textes führt die Arbeit nicht. Eine vor ca. 4 Jahren in Strafsburg appro-
bierte Untersuchung von Sprache und Text des Q. L., die aus mir unbekann-
ten Gründen noch nicht gedruckt ist, wird einiges zur Ergänzung des Spe-
cimens Seh. 's beizutragen vermögen.
W. Golther, Das Rolandslied des Pfaffen Konrad, seine poetische Technik
im Verhältnis zur franz. Chanson de Roland, wie sie in den Texten O
{Oxford) und V {Venedig) vorliegt. München. Diss. 1886. Eine Er-
ledigung der Frage nach K.'s Selbständigkeit gegenüber der franz. Quelle
wird durch unsere ungenügende Kenntnis der Grundlage K.'s erschwert.
Da die Stellung K.'s zur Überlieferung der Rolandsdichtung noch nicht
bestimmt ist, hätte der Verf. neben O und V* die anderen Redaktionen
mehr berücksichtigen müssen. Indessen vergleicht er nicht ohne kritische
Vorsicht und versteht seine Aufgabe. Das Dichterbild (S. 48), an dem K.
gemessen wird , ist aber subjektiv konstruiert , es dient auch kaum K. zu
heben. Der veränderten metrischen Form bei K. legt Verf. zuviel Gewicht
hinsichtlich ihres Einflusses auf die Umgestaltung der Grundlage bei, eben-
so der franz. Tirade bezw. ihres Einflusses auf die Darstellung im französ.
Epos. Die Frage nach den „Paralleltiraden" kann nicht so im Vorbei-
gehen (S. 39 f.), durch Hinweis auf ein paar sog. Analogien (S. 46) erledigt,
oder durch ein Kompromis unter den bestehenden Ansichten abgemacht,
vielmehr nur durch exakte Analyse der franz. Epen mit und ohne Parallel-
tiraden und aus der Geschichte der vaterländischen Epik Frankreichs zu
lösen gesucht werden. Gr.
Das Verhältnis der Handschriften des altfranz. G-regorius.
Von dei altfranzösischen Gregorius-Legende sind uns bis jetzt
5 Handschriften aus dern 12. bis 15. Jahrh, bekannt.
Die nachstehende Untersuchung soll sich nun mit der Frage
beschäftigen, in welcher Weise diese Handschriften mit einander
verwandt sind. Den Citaten werde ich im Allgemeinen die Aus-
gabe Luzarche's zu Grunde legen ; nur wo die mit „B" bezeichneten
Handschriften gänzlich von den mit „A" benannten abweichen, folge
ich deren Folionummer und Verszahl.
TEIL I.
CHARAKTERISTIK DER HANDSCHRIFTEN.
§ I. Die Handschrift von Tours (Aj).
Die Abfassung der Handschrift Aj verdanken wir einem Pro-
venzalen, ihre Entdeckung Victor Luzarche, der in der Einleitung zu
seinem Adam, drame anglo-normand du Xll't'me siecle, Tours 1854,
eine Beschreibung derselben giebt. Ausführlicher handelt hierüber
Delisle (Romania II gi f.).
Die Handschrift befindet sich in der Bibliotheque Communale
zu Tours und ist nach dem Urteile des Herausgebers in der ersten
Hälfte des 13. Jahrh. in einem Mischdialekte des Loirethals (dia-
lecte lig^rien) geschrieben. Sie führt in dem von Dorange heraus-
gegeben Kataloge die Nummer 927. Auf 229 Blättern aus Baum-
wollenpapier stehen 9 verschiedene Stücke, unter ihnen der von
Luzarche herausgegebene Adam. Unsere Legende finden wir auf
Fol. 109 — 185 zwischen „La Vie de Notro Dame" und „Les Di-
stiques de Caton". Im Jahre 1857 veröffentlichte sie Luzarche unter
dem Titel: Vie du pape Gr^goire le Grand, legende fran^aise, pu-
blice pour la prämiere fois par Victor Luzarche. Tours 1857. —
Die Herausgabe ist jedoch sehr mangelhaft, und Littr6 hat im Journal
des Savants 1858, wiederabgedruckt in seiner Histoire de. la langue
franv'aise, Bd. II 170 f, den Text an zahlreichen Stellen berichtigt.
Als von Littrc nicht berührte, aber auf Schuld des Herausgebers zu
setzende Fehler führe ich noch folgende an :
Zeitschr. f. roin. riiil. X. 21
322 W . MIKHI.K,
bersso'il für herssoil 2 1 , 1 8 ;
Reim deserU '. povrete f. e desi'rte : povi'rte 32, 2"^ — 24 ;
(jucrcni ä le esbaneier f. querent ah' esbaucier 42, iq;
grammairi'S es f. grammaire ses 48, 3 ;
celes ierent f. s'eles i er etil 70, 14;
coursoir f. soiirs o't'r 109, 20;
le verai f. leverai 1 14, 7;
W7>/ /'a f. 7nisl la 115, 13;
/^öw-v- omis avingevienl f. (^<?« soions au jugemcut i 1 8, 9 ;
<' / f. fÄ;' 1 18 1 1, wie \\ deutlich liest.
Das Manuskript zeigt eine gröfsere Lücke. Ks fehlt ein ganzes
Blatt, das nach der Ansicht Hugo BieHng's : „Ein Beitrag zur Über-
lieferung der Gregorlegende, Berlin 1874 p. 23, vielleicht durch die
Hand eines mönchischen Fanatikers absichtlich vernichtet worden
ist. Um diese Lücke auszufüllen, entlehnte der Herausgeber 64
Verse der Arsenal-Handschrift No. 325 (B.,), welche sich in seiner
Ausgabe p. 109,11 — 112,2 inkl., und nicht, wie er in der lünleitung
p. XXV angiebt, p. 109,20 — 112,3 exkl. finden. Demselben Manu-
skripte entnahm der Herausgeber die 6 Schlufsverse, die nach Zeug-
nis der mit Aj und A3 bezeichneten Handschriften als unursprüng-
lich sich erweisen.
Obgleich diese Handschrift den besten Text uns liefert, ist sie
nicht frei von mancherlei Versehen, Fehlern und Irrungen. Es
würde jedoch zuweit führen, alle diese Verderbnisse hier verzeichnen
zu wollen ; ich beschränke mich daher auf einige Beispiele.
Fehler sind aus folgenden Gründen in die Hand-
schrift hineingekommen:
L Buchstaben werden vertauscht.
e {. a =^ habet 8,1;
e f. a = ad 26,19; 44,5; 80,3; 83,7; 97,24; 102,7;
e f. 0 =^ apiid 18,17; 64>i'> 64,8; 66,9; 115,14;
e f. 0 = ubi 20,2; 34,14; 35'I2;
e — e f. 0 — 0 = aut — aiit 78,12;
a f. e 46,2; 74,12;
il f. el 20,6; 20,19; 30,20; 30,21; 114,2;
el f. il 40,23 ;
a reu f. ele e?i io,2i;
del f. ?i'el 12,12;
de f. 7ie 70,16;
de f. se 71,11; 77,9;
le f. ?ie 96,24; le f. del 56,9;
si f. li 18,10 ; 56,22 ;
yors f. /ors 18,24;
a des f. assez 21,11;
ades f. assez 92,3 ;
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 323
fust f. funl 21,14;
les f. des 2^,22; 6i,io;
gut f. /m 29,14;
sa f. /at/ 32,21;
/lues f. nej' 36,2 1;
k f. // 39,2 ; 49,9 ;
e/ f. es 48,4 ;
dwi/ f. /öj 54,1 ;
C2 a f. «'/ a 54,13 ;
se f. ne 57,17;
/ö/ ^/ f. par el 58,14;
por fer7neme7il f. iVor fin en erent, wie ich konjiziere 59,4;
un f. f« 59>ii; ont f. 0/// 63.20;
verrement f. serreement 59,18;
/V« f. «V« 60,17;
/V« f. leur 66,10;
nos f. wj 67,12 ;
vostre f. nostre 36,21; 106,10;
list f. »//>/ 70, 1 1;
Vit f. ^?/ 73,2;
par f. /»ö/- 67,12 ;
p07- f. /a/- 5,8; 79,21;
por f. /0;- 101,24;
^ je serai f. ^/^^ yV ferai 81,1 l ;
ö/ marinant f. a /?// crraul 85,23 ;
sor f. J02 86,14;
a«/?j f. aiitif 4,4 ;
^/-z.?/' f. ^;-/(?>f 92,12;
ü^/'i??^ f. bie7i g2,2l',
icel f. a cel 68, 1 5 ;
je f. «^ 103,21;
</^ het f. </^/ /ö/ 26,19.
II. IJuchstabcn sind ausgefallen.
e f. Va 12,22;
f/ f. cel 32,17; (7 f. <;/ 48,1;
e f. ^« 35,1; 83,2;
i f. j/ 41,10; veii f. veura 61,22;
/><?/- lor f. /»a/V /(^r/ 74,13;
demenos f. demenons 80,6;
verrez f. verreis 90,22;
/>ö/ f. plot 101,7.
III. Buchstaben werden hinzugesetzt.
// f. / 23,7; fust f. fiis 81,9; ///i'//v f. victt' 39,3;
/^j f. le 29,7; <?/ f. (/ 44,5;
veneuz f. ?.v;/«2 57il5» beeinllufst durch den \\c\\\\ iyuz 57,16;
ha<c f. hac 83,20, beeinllufst durch den Reim «//(/.y/«/ 83,19, welches
Wort der Schreiber als chaslie aullafste.
21*
324 W. MIKHr.K,
IV. Ähnlich gcschriel)eiu' odor älinlich klingende Wörter
werden vertauscht.
pechiere, pecheor, pecheors f. peschiere, pescheor, pescheors 37,24; 3(^,15;
42,5; 45.10; 45,18; 45,iy; 47,6; 89,17; 91,15.
mespris f. espris 8,2 ;
conrei f. secrei 55,12 ;
murent f. muerent 108,10;
baiser f. baiUer 32,7;
descovrir f. desconfire 37,2;
culverl f. crttel 90, 1 1 ;
veies f. vies 92,1 1;
feeh f. fels 41,11;
Cor f. par 34,15;
enore f. enuie 42,8 ;
.y«^r f. /"«^r 49,2 ;
vait f. _/az/ 59,19;
fait f. z'^iy 60,6 ;
chatel f. chantel 61,13;
Chevaliers f. chevals 67,17;
parlement f. payement 84,7;
pardon f. prodon 87,16;
jo/^r f. pover 89,1;
/oj/ f. /öJ 93,21;
enceintai f. engendrai "j^,"/',
ramente f. ra?nene ']^,2^.
V. Vorhergehende oder nachfolgende Wörter veranlassen,
dafs die richtigen verdrängt werden.
yV celerai f. y>/ nurrirai 20,23 wegen des folgenden recelee; a Va-
jorner f. ala juer ^2,1^ wegen des vorhergehenden matin, das
häufig in der Verbindung 7«^//« « Pajorner vorkommt. Die
Schreibung Luzarche's ala jonier, und die Erklärung für jor-
ner = passer un jour ist nicht stichhaltig.
VI. Wörter werden aus andern Versen herübergenommen.
getent f. querent 25,19 wegen getent 25,21; röw f. par ^^,2"^
wegen com 3,24; parlerai f. penserai ^^,1 wegen parier 54,24; biaus
f. <5f/ 20,8 aus 20,7.
Vn. Unverstandene Ausdrücke geben Anlafs
zu Änderungen.
So deviser ent \9>, 2. Daher richtiges cäöj'^ durch Ar/v verdrängt;
uns de Raaitis f. al daarraiji 32,3.
Vni. Reime sind fälschlich umgestellt.
aporle : aprestc f. apresie : aporie 21,21 — 22;
es/eil : giseii f. giseit : esteit 8,23 — 24.
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 325
IX. Das Metrum wird gestört:
1. durch Setzen eines Simplex für ein Compositum oder
umgekehrt.
trovee f. retrovee 95,23; donc f. adonc ig, 2 2; porle f. empörte
40,21; covimandement i. mandement 14,7; emplissent f. aemplissent 26,3.
2. durch Wechsel von Synonymen :
premereitietneni f. prcmierenmü 39,21; pale f. palie 75,8.
3. durch Vertretung längerer Formen durch kürzere:
gaing f. gaaifig 19,18.
4. durch Ausfall von Wörtern :
de vor ce 3,4; ^-6' vor descire 6,11; c hinter liii 10,2; e hinter
pais o->^3'> ^ ^^ Anfange 75,16; a vor di/ 2^,12; a hinter e 27,20;
la hinter en 76,17; tel vor marchaant 86,17; '^^ ^or / 93,12.
Neben diesen Auslassungen einzelner Wörter zeigt
die Handschrift auch solcher ganzer Verse. Diese Aus-
lassungen lassen sich nun dadurch erklären:
I. dafs wegen 2 gleicher oder ähnlicher Wörter in
2 verschiedenen Versen das Auge des Schreibers ab-
gelenkt wurde:
So vermifst man hinter v. 35,8 einen adversativen Satz, der
wegen des Ausfalles dreier Verse hinter 35,6 verloren gegangen
ist. Die Handschriften A, A3 lesen für 35,7 3 Verse :
35,6a si fort les coitoit le tormente
35,6b qu'il ne metent a el entente
35,6c fors seul a issir de la mer.
Wegen coitoit in 35,4 und 35,6a waren 35,6a-c ausgefallen,
somit aber ein Reim zu 35,8. Aus diesem Grunde schob Aj einen
Vers in der Gestalt des v. 35,7 ein.
Aus gleichem Grunde fehlen hinter 72,14 2 Verse, und 72,15
ist von A, geändert, weil durch den Ausfall dieser Verse ein Sub-
jekt verloren gegangen ist. Diese Verse 72,14a, b und 72,15 lauten
in den anderen Handschriften :
72,14a et la dame apres se Icva,
72,14b l'uis de la chambre vcrela,
72,15 a la privee chambre ala.
Wegen chambre in 72,14 und 72,14b fielen 72,14a uulI 1» aus.
Eine gleiche Lücke ist hinter 108,16, die A.,A3B2 nicht haben.
Sie lesen:
108,1 6a or ne volent plus dcmoicr
108, 1 6b icil qui l'en doivent niener.
Sie fehlen vielleicht wegen doivent 108,1 ob und donent 108,18.
3^6 w . Mii'.in.i:,
11. dals gl(-iclii! odtrr älmlicln; Versaiisgimjj»; das
Auge des Schreibers von tler riclitigen Zeile aljzogen:
So beweist das car in 42,13, dafs Verse ausgefallen sein
müssen. Die anderen Handschriften zeigen auch einen Einschub
zwischen 42,11 — 12. Da hier A.j das Ursprüngliche zu haben
scheint, citiere ich nach dieser I landschrift :
42,11a Puis nc fut pas cel plait celcz,
42,11b (jue a petit de mal talent
42,11c luy rcproucha moult laidemcnl
42,1 id la dame qu'il estoit Irouves,
42,12 et qu'il n'esfoit du pays n6s.
Wegen trouves in 42,11 und 42,1 id fielen alle dazwischen
liegenden Verse und 42,1 id selbst aus.
Aus gleichem Grunde ist wohl hinter 101,5 *^i"ß Lücke ge-
kommen, die schon Bieling bemerkte. Zwei Gründe sprechen für
die Annahme einer I>ücke. Erstens fehlt zu apareilererit ein (Objekt,
das in verloren gegangenen Versen zu suchen ist, oder wenigstens
müfste ein se vor apareile?-ent treten , da dieses Verbum keine re-
flexive Bedeutung hat. Zweitens kann v. 101,6 nicht ursprünglich
sein, da quereiit mit apareilerent unmöglich ursprünglich gereimt
worden ist. A2 A3 haben denn auch für 101,6 5 andere Verse.
Ich citiere nach A3 :
101,5a clercs qui pour luy y envoierent
101,5b o grant avoir que ilz porterent
101,5c par malus pays querre l'alerent
ioi,5d Partot que 11z oncques aloient,
ioi,5e ce qu'ilz queroient, demandolent
Die Verse 5d und e sind wohl Einschub von A.2A3, da sie
tautologisch zu 5c sind. Ist diese Annahme richtig, so sieht man
leicht, dafs der Blick des Schreibers wegen der 4 gleichen Reim-
endungen von apareilerent in 5 auf Valerent in 5c fiel, welcher Vers
später in die Gestalt des Verses 101,6 geändert wurde.
Ohne erkennbaren Grund fehlen in A, hinter 79,18
2 Verse, die sonst lauten :
79,1 8a mais or ay puls taut pechle fait
79,1 8b s'il me devolt estre retralt.
Neben diesen Auslassungen zeigt nun aber auch A,
nicht ursprüngliche Zusätze und Erweiterungen. So die
Verse 52,17 — 20, die eine unerträgliche Tautologie zu den Versen
52,14 — 16 sind; ferner die Verse 57,9 — 10, welche unnötig sind
wegen der Verse 56,14 und 56,17 — 18; endlich auch wohl die
Verse 26,9 — 10, die tautologisch zu 26,8 sind. Vielleicht steht frei-
lich, durch lonel 26,8 beeinflufst, ionelet für bersolet; doch selbst in
diesem Falle scheinen sie Einschub zu sein, da sie wegen ihres
ungeschickten Satzgefüges kaum aus der Feder des Dichters ge-
flossen sein können.
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFKZ. GREGORIUS. 327
Endlich erweisen sich als Fehler der Handschrift:
Umstellungen.
So die Verse 3,9 — 10 und 50,21 — 22. Letztere müssen vor
50,19 — 20 stehen, da sonst die Konstruktion gestört wird. Der
Sinn wird entstellt durch Vorschieben der Verse 38,15 — 16 vor
38,17 — 20, denn nicht den reichen, sondern den armen Fischer
hat der Abt schwören lassen, dafs er darüber schweigen solle, auf
welche Weise das Kind gefunden worden sei. Dies ergiebt sich
aus den Versen 45,23 — 46,2.
§ 2. Die Arsenalhandschrift No. 283 (A-^).
Die Handschrift Ao bildet einen Teil der unter dem Titel
„Legendes des Saints en vers" bekannten und berühmten Sammel-
handschrift der Arsenalbibliothek zu Paris Belles-Lettres franyaises
No. 283.
Beschrieben ist sie in Francisque Alichel's Lai d'Ignaures, Paris
1832 p. 35 ff., in dem Essai sur les fahles indiennes et sur leur
introduction en p]urope par A. Loiseleur Deslongchamps, Paris 1838
p. XXXIV if., und in den Melanges d'arch6ologie par Cahier et
Martin I 93, wonach sie in Beauvais abgefafst ist. Sie ist ein Per-
gament in fahlrotem Kalbslederband mit vielen, zum Teil auf Gold-
grund stehenden Miniaturen. Eine grofse Anzahl derselben ist
jedoch herausgeschnitten. So auch die vor unserer Legende. Ge-
schrieben im Jahre 1267 oder 1268 zeigte die Handschrift ur-
sprünglich 365 Folioseiten. Jetzt indessen fehlen 14 Blätter. Die
Folioseiten haben 3 oder 4 Kolumnen, deren jede gewöhnlich 50
Zeilen enthält. Titel und Kapitel sind durch rote Buchstaben an-
gezeigt. Am Anfange des Kodex steht ein Index der einzelnen
Stücke und deren Folios. Unsere Legende mit der Überschrift:
Or orres de saini Gregotre, füllt Fol. lOÖ'^ — 112''. Der Dialekt ist
der pikardische.
Verdorben ist der Text durch den Schreiber dieser
Handschrift:
I. weil er sich allerlei Schreibfehler hat zu Schulden
kommen lassen:
la f. // 6,6; le f. // 13,14; // f. Ic 15,24; Ics f. sts 27,15; or-
roieni f. odroimt 21,14; !/"'"' ^- '/"''"'' 28,4; k'tins f. // uns 38,5;
cotiice f. contree 38,10; pecheor f. pescheor 45,19; Just {. fisl 55,17;
vell f. Veit 80,17; l'<-^mi: f- d<-^>'^>: 81,21; ot f. or 85,15; k\ü f. //'(//
89,9; coragc f. orage 94,1; bicn disl f /inifiJis/ 62,6; on f. o/ti/ius
18,14.
II. weil er Wörter aus anderen Versen her überge-
nommen hat:
328 W. MIKHI.K,
l>ar f. ccst 3,24 wegen par ^,2^^; riai ;un Anfange zugesetzt
13,1 wegen des Schlufs -rien 12,24; eslre f. vimr 21,16 aus 21,15;
oire apareillier f. oirc avancier }p,äi, aus 29,24; honle f. f/tö/vA' 89, 1 4
aus 89,13 ; sept pies f. detts pies 104,8 in Anschlufs an sepl ans 104,3;
onor f. r////y;' 116,2 aus 11 6,1.
III. weil er durch selbständige Änderungen Tauto-
logien zu früheren Versen schafft:
anchois se fist amcr a tous 41,11 f. // nc fus pas fcls ni islous,
tautologisch zu 41,13 atner se fist sor lote rien.
IV. weil er Reime fälschlich umstellt:
norir : morir f. morir : norir 25,5 — 6.
V. weil er durch selbständige Änderungen die Reime
stört:
7ioise:acoili f. noise : acoile 9,9 — 10 wegen Änderung des v9,io zu:
quanl ses beaus frere l'ol acoile ;
moilliers : herber giez f. moillier '. herbergier 87,21 — 22 wegen Ände-
rung des V. 87,22 zu:
cjuc il sempres fu herbergiez;
pris : dist f. pris : quis 36,15 — 16 wegen Änderung des v. 36,16 zu:
11 uns re.spondi et dist.
VI. SO dafs er das Metrum verletzt:
1. durch Setzes eines Kompositums für ein Simplex:
raconta f. conta 86,6.
2. durch Ersatz kürzerer Formen durch Ijuigere:
desesperance f. dcsperaiice 3,5.
3. durch Auslassung von Wörtern :
le vor gart 6,17; ad vor aise 8,5; nul vor confort 21,8; que
hinter por ce 35,5; et hinter lire 41,16.
An diese Auslassungen einzelner Wörter schliefsen
sich die Auslassungen ganzer Verse.
Einzelne Verse können nur durch Unachtsamkeit und
mit Reimstörung ausgefallen sein. So v. 64,24.
Verspaare können ausgefallen sein:
1. wegen gleichen oder ähnlichen Versanfanges.
11,17 — 18 wegen des versanlautenden quaiit in 11,17 ^"^^
11,19; 62,15 — lö wegen bien in 62,15 und 17; 65,3 — 4 wegen
d'icel 65,3 und de cels 65,5; 84,1 — 2 wegen les nuz vestir 83,24
und 84,2; 96,21 — 24 wegen toz 96,21 und 97,2; 99,5 — 6 wegen
que 99,4 und 99,6; 111,19 — 20 wegen et 111,18 und 111,20;
114,16 und 114,18 (v. 16 wegen yb;- 15 und 16; v. 18 wegen der
Versschlüsse vie und enuie 17 und 18); 20,23 — 24 wegen que 22
und 24,
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 329
IL wegen gleichen oder ähnlichen Versschlusses:
53,11 — 12 wegen /akn/ 12 und 14; 60,3 — 4 wegen descort ■\
und desconj'orier 6; 62,7 — 8 wegen entrefierent 10 und entredoner 8;
71,8 — II wegen segnor 7 und 11; 114,9 — 10 wegen der 4 Reime
auf -ens 9 — 12, vielleicht auch wegen tens 10 und sens 12; 115,9
bis 10 wegen der 4 Reime auf -etit 7 — 10; 23,5 — 6 wegen petis 6
und ptiit 8; 21,23 — 22,4. Durch Umstellung sind nämlich 22,5 — 6
hinter 24,13 — 14 gekommen. Letztere zeigen aber den Reim duel
: bercuel. Hinter diesen hatte wohl eine Ao-Handschrift die Verse
21,23 — 22,24, die aber ausfielen, weil die Verse 22,3 — 4 auch den
Reim bercuel : duel hatten.
IlL wegen gleicher oder ähnlicher Wörter im Innern
verschiedener Verse:
37,21 — 22 wegen mars 20 und 22; 45,7 — 14 wegen dist rabes
in 45,7 und 45,15. (Der Schreiber hatte v, 7 mit ^//^«Z angefangen.
Von dem dist l'abes in v. 7 fiel aber der Blick auf d'isl rabes in
V. 15. So kam hinter den Anfang des v, 7 der Schlufs des v. 15).
Ferner 81,18 — 20 durch i Vers vertreten. Wegen conois in 17
und 19 war wohl 19 und 20 ausgefallen, wodurch später v. 18
geändert werden mufste zu :
que ja conoistre nel quesisse
Dann 82,5 — 8 wegen inesjail in 4 und meffais in 8 gemäls der
Lesart von A3 :
selonc nos mefFais le guierdon.
84,7 — 8 wegen bien und 7nal in 8 und 10; 115,4 "^''d 115,6.
Ersterer Vers wegen ferai und verai in 4 und 3, der andere wegen
de loi, das A2 in v. 5 für d'ici setzt, und de toi in v. 6.
Ohne plausiblen Grund fehlen:
5,9—12; 8,7—20; 10,9—16; 15,7—8; 16,17—18; 25,3—4;
28,23—24; 31,11 — 12; 41,5—8; 44,1—2; 44,19—20; 55,9—12;
60,9—10; 64,13—14; 78,19—22; 79,1—80,2; 80,7—8; 84,21—22;
87,1 — 2; 92,7 — 8; 92,11 — 14; 101,21 — 22; 108,5-6; 112,7 — 8»
weshalb 112,6 geändert werden mufste zu:
del siecle n'avoit gaires eure ;
113,23—24; 117,21 — 118,2.
Absichtlich scheinen gekürzt zu sein:
9,23 — 10,2 zu 2 Versen:
car or les quide avoir sospris,
et en ses mains lacies et mis;
75,9 — 12 ZU 2 Versen:
dites moi tost, ou il vos ticnt,
quant il vos jirist, n'en celes niciU ;
105,21 — 24 zu 2 Versen:
molt aves graul incrvcille dil,
• onques nus d'aus ainc iie ine vil;
33° W. MIKIII.K,
Andcrc^rscils zcigl A.^ viele I f in ziiriigungeii utnl Zer-
cl(;lmuiigeii,
18,3 — 4 zu 4 Versen czweitcrL:
eil fönt scurt6 al segnor,
s'il nc rcvienl de celc honor,
feront a sa soror homage
et tcnronl a jijrant scignorage ;
hinter 24,18 sind 2 Verse eingeschoben:
parfon dement vait sospirant,
et puis si a parle ilant;
2 Verse hinter 26,22:
quant la damc 01 la novele,
li cuers li bat sor la mamele;
2 Verse hinler 55,12:
dont fönt les lis apareillier,
lasse furent, et vont colchier;
2 Verse hinter 80,20:
dont aura il de nos merci,
ce sai je bien trestot de fi.
Der Schreiber hatte nicht gemerkt, dafs v. ig und 20 als
nähere Ikstimmung zum Vorhergehenden gehörten. Er glaubte,
mit V. IQ bgänne ein neuer Satz, dem der Hauptsatz fehlte. Einen
solchen schob er deshalb ein.
2 Verse hinter 87,4:
se li desagree forment
ce que eil li dist laidement;
2 Verse hintert 90,12:
dolante fu et tres pensde,
et de mal talent molt troblee ;
2 Verse hinter 107,10:
lie et joiant tant sojornerent
que alquens le resvigorerent;
2 Verse hinter 113,17:
proies lui que secors vos face,
et que il vos otreit sa grace ;
2 Verse hinter 116,24:
tos jors ert mais en memoire,
encor l'apele l'on Gregoire.
Endlich sind zu nennen Umstellungen:
7,g — 12 stehen in der Reihenfolge 12, 11, g, 10 mit der deut-
lich erkennbaren Absicht, durch Schaffung einer Anaphora kräftigere
Wirkung zu erzielen. g,5 — 6; 15,21 — 22 unter Beibehaltung der 2
Anfangswörter; 22,5 — 14 fälschlich hinter 24,14. Die Reihenfolge
ist folgende: Hinter 22,4 stehen 22,15 — 23, 4, und es folgen unter
Auslassung der Verse 23,5 — 6 die Verse 23,7 — 24,14. Es fehlen
DAS VERHÄL INIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 33 I
alsdann 21,23 — 22,4, und es folgen 22,5 — 10, 22,13 — 'M» 22,11 —
12. — Andere Umstellungen sind: 41, IQ — 20 hinter 41,24;
50,1—2; 53.5—6; 55.19—20; 59,9 — 10; 58,21 — 22 hinter 59,2;
60,11 — 12; 60,13—14; 60,15—16; 71,3—4; 86,3—4; 109,23 — 24;
117,7 — S ^^^^ geändert zu:
qui furent el ciel corone
por les grans biens c'orent ovre.
Zu erwähnen bleibt schliefslich eine von den andern Hand-
schriften abweichende Stelle, die freilich erst späteren Datums sein
mufs, da Handschrift B^, die sonst sicher auf A^ zurückgeht, hier
mit A1A3 übereinstimmt. Aus dieser Stelle erfahren wir nämlich, dafs
sowohl der Herzog als auch Gregor vor Beginn der Schlacht sich in
Schimpfreden ergehen, während in den andern Handschriften der
Herzog allein es thut. Diese Abweichung rührt her von dem Ausfall
der Verse 61, II — 15, wobei wohl cheval in 61,11 und chroalier in
61,15 iJ^ Spiele war. Deshalb mufsten Änderungen eintreten, und
zwar wurde 61,10 umgestaltet zu :
Gregoir lie crie erraument,
und V. 61,16 zu 4 Versen ausgesponnen:
tornes l'escu, vos est mestiers ;
avos le di, dans Chevaliers!
Et li dus li a respondu:
Mais vos estes li mal venu.
§ 3. Die Handschrift der Nationalbibliothek zu Paris
No. 1545 (A3).
Die Handschrift A;, ist im Catalogue des Manuscripts de la
Bibliotheque Imperiale a Paris, Bd. I 247 folgendermafsen beschrieben:
„Sur un feuillet de garde en velin, des comptes de redevances de
divers villages situ6s aux environs de Remiremont, de 1408. Papier.
XV. siecle (Anc. 75882, de la Mare 369)."
Unsere Legende steht in dieser Handschrift auf Fol. 121 — 136
und folgt auf „Le livre des Perses anciens" commen^ant par :
„Ayde, roy Jhesu-Chrisl,
Pere, Filz et Saint Esprit"
et finissant par :
„Et qui iX cellui regnier donne
les biens qu'en cest siecle lui donne.
Explicit Vita Patrum."
Die Handschrift liefert einen Text, mit dem man sehr willkür-
lich verfahren ist. Namentlich gilt dies in Bezug auf Verjüngung
der überlieferten Wortformen, wodurch sehr häufig sowohl Metrum
als Reim arg verletzt ist. Im I'.inzelnen ist zu bemerken:
L Schreibfehler haben sich in den Text einge-
schlichen;
^2 W. MIKHI.i:,
</i' Griffaij^tie f. d' Aqiiitaigtic 1,3; lornwnl f. citinanä 17,8; eslre
f. crre 18,16; doux f. dotizc a,\,\^\ saint Richicr \, sire chiirs 46,11;
soiidoiers f. soudoics 68,8 ; ouvra^c f. ora^c 35,5 ; a* verrons f. «/fj-
evrons 81,21; mestier f. maislre QQ, 1 2 ; premierement f. parvienent
116,13; viennenl f. w&t'«/ 117,18.
II. Benachbarte Wörter veranlassen, dafs riclilige
Wörter durch falsche verdrängt werden:
rnauh'aislii^ tnaulvaise f. vokntc maulvaisc 8,6.
III. Unverstandene Ausdrücke geben Anlafs zu Än-
derungen :
cl fälschlicli zu cl Ic aufgelöst 20,4 ; loc feie zu ioutes foiz ge-
ändert 71,19.
IV. Verse werden verdrängt durch Rekapitulation
anderer.
seile par toy 71 est avaneee 5,20 f. mar fu onques la lasse nee in
x\nschlufs an 5,8.
V. Das Metrum wird entstellt:
1 . durch Wechsel von Synonymen :
gabez f. engiJinez 10,16; le gelleren t f. l'enpeinslrent 2b, 12] mot
ne soiipira f. mot ne sona 44,3.
2. durch Auslassungen einzelner Wörter:
fut hinter ?noll 13,8; kons hinter genlilz 16, ig; en c/z/iy" hinter
de Chief 19,7; 0 hinter ensemble 49,7; boti hinter eust 58,18; dire
puis 11,9; et hinter riche 38,7; ja hinter que 107,17; molt tost hinter
fait ()i,2^', jel am Anfange 94,10.
Daneben ist A3 reich an Auslassungen ganzer Verse.
Aus Unachtsamkeit und mit Reimstörung fehlt 116,11.
Verspaare fehlen:
I. wegen gleichen oder ähnlichen Versanfanges:
47,3 — 4. Wegen car in 47,2 und 47,5 fielen 2 — 4 aus. Ein
anderer Abschreiber schuf zu 47,1 einen neuen Vers:
n'en ourras parier jamais;
64,19 — 20 wegen tornez 18 und /ö/v/t- 20; 65,17 — 20 wegen trestuit
dient in 17 und 2 1 .
II. wegen gleichen oder ähnlichen Versausganges:
18,18—19; 30,3—4; 33,20—34,1 wegen mer 33,20 und 34,2;
106,12 und 106,15, weil durch Umstellung die Verse 11, 12, 15,
16 zusammengekommen waren, und diese 4 den Reim auf e zeigen;
30,6 — 9, weil der Blick des Schreiber von enor in 30,5 auf seigtwr
in 30,10 fiel. Um Verständnis hineinzubringen, änderte nun ein
Abschreiber v. 10 in Reminiscenz an 19,2 in:
comme la fille leur seigneur.
IIL wegen gleicher oder ähnlicher Wörter im Innern
der Verse:
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 333
14,5 — 6 wegen molt' b und 4; 53,7 — 8 wegen horjois 7 und
g; 54,15 — 16 wegen prendre 16 und 18; 59,1 — 2 wegen oi hon
58,23 und ot bone 59,1; 101,7 — 8 wegen /ör 7 und 9.
Ohne erkennbaren Grund fehlen:
16,7—10; 31,7—10; 32,19—20; 33,13—14; 37,17—18;
38,1—2; 39,9—10; 51,1 — 2; 51,13—24; 52,13—14; 57,17—20;
58,19 — 10; 59,7—12; 60,15—18; 61,7—62,10; 63,13—18; 63,
13—18; 63,21—22; 64,9—10; 69,7—8; 78,9-10; 81,1—2;
84,15—16; 90,9—10; 91,11 — 12; 92,13—14; 93,13—16; 98,
23 — 99,2; 104,9 — 10; 109,5 — 6; 113,1 — 2; 114,19 — 20; 116,
1—4.
Absichtlich sind gekürzt:
29,4 — 6 zu 1 Vers :
hors de ce lict yus la poterent ;
29,19 — 22 ZU 2 Versen:
quant la nouvelle a entendue,
le Corps d'angoisse ly tressue ;
67,7 — 10 ZU 2 Versen:
ya soit ce que vous ne m'amez,
si vous dis ye que me prenez;
25,19 — 21 ZU 1 Vers:
s'il laissent aux ondes mener.
Es fehlt aber der hierauf reimende Vers.
Zusätze und Zerdehnungen:
2 Verse hinter 2,6:
et remambrance y veuilliez prendre,
a Dieu pourrez voz ames rendre ;
8,17 — 18 zu 4 Versen zerdehnt, indem für v. i8 3 Verse gesetzt
werden :
ce est deables, qui sa eure
a toute mise a eulx decoivre
que de pechie ne fussent severe ;
18,1 — 2 ZU 2 2 Versen:
adonc ses escripvains manda,
lectres fist faire, et seella.
Puis sont venuz les messagiers
a cui furent baillids les briefz.
Par la terre les envoya,
et partout ses barons manda
(ju'a luy viennent hastivenienl,
nel mectent en delaiemcnt.
Quant voient les briefs leur scignour,
a luy sont venuz par amovn-.
Quant sont venuz, niouströ leur ;\
que en Jherusalem ira,
mais avis vient de tonte l'oiiiioiir
334 W. MIKUI.K,
devant vous saisir ma serour.
Bjen scay quc Dieu a repanld-
de moy toule ma volentd* ;
faire de moy puet son plaisir,
ou de vivre ou de mourir.
Qiiel fju'aviengne ne quoy cjuc non,
vueil (|iie lout deviengne si hon.
Tuil l'octroient yoyeusement,
fers taiil que de lui sonl dolans.
IliiiUr 23,15 — 18, die in A;, lauten:
et eil chatel doint a l'enfant
l'or cl le paille reluisant
et ses tables qui sont d'ivoire,
ou est de ly escript l'istoiic,
sind 4 Verse eingeschoben :
pour Dieu requiert ceste dolante
qui tant est en doleur p'ntc,
que qui les tables trouvera,
et l'escript dedens entendra,
und V. ig und 20 zu 4 Versen ausgesponnen:
pour Dieu le garde itant de tcmps
que autant ait apris de sens
ly enft'es, qui moult est petit.
Dieu gardes le de tous perils;
24,7 — 8 zu 6 Versen zerdehnt:
le regarda ; puis dit itant :
Fils, n'est huy nulle mere vivanl
tant ait douleur ne esmaiance,
comme ye ai par la puissance
au diable, qui m'engina
tant que mon frere me coucha;
33,12 zu 3 Versen:
fu es ondes de mer getez,
et mis en mer en ung batel,
bien enclos dedens ung tonnel ;
36,3 — 6 zu 6 Versen:
il demanda que ce estoit
illec dedens, et que devoit
que ilz ne trayoient avant ;
et ly ung dit : ne vous est tant
de chose que dedans sachions,
car 11 n'y a, se moult peu non.
69,23 — 24 zu 4 Versen:
scavoir se ya nul lieu trovast
ou il secretement cachast
PAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 335
78,2 ZU 3 Versen:
90,17 zu 3 Versen
les tables, ou estoit escript
qui de luy la verite dit;
car mieulx voulsist moiir son veul
la comtesse que estre vive.
Plus devint verd que nen est cive ;
quant herbeigiez l'avez huy mais,
car le laisses estre en pais
ennuit mais en vostre maison ;
2 Verse hinter 95,24 :
quant ce ot fait, n'y demora,
entre en la nef, si s'en ala,
tautologisch zu v. 95,16, der in in A3 lautet:
retorner s'en vint en sa nef;
2 Verse hinter 97,10:
trestous les chrestiens du monde
en sa poeste toujours sont,
tautalogisch zu 97,11.
Umstel hingen:
28,5—6; 31,19 — 32,16 in der Reihenfolge: (32,3 — 6; 32,
13—16; 31,19—32,2; 32,7—12); 43,13 — 14 hinter 43,16; 43,
17—18; 75,17 — 18 hinter 75,20; 75,23—24; 96,19—20 liiiiter
96,24; 99,9 — 12 hinter 99,13 — 14; 100,5 — 6; 101,9 — ^o hinter
101,12 wegen der Auslassung der Verse 101,7 — ^J 106,9 — ^^ "^
der Reihenfolge: 13, 14, 9, 10, 11, lö (12 und 15 fehlen); II2,
7-8.
§ 4. Die Londoner Handschrift (B,).
Auf die Handschrift H, hat zuerst IJugo ßieling aufmerksam
gemacht in Herrig's Archiv 47,452, alsdann sich weiter über die-
selbe ausgelassen in seiner Schrift: „Ein Beitrag zur Überlieferung
der Gregor-Legende, Berlin 1874." Aufserdem findet man eine
Beschreibung bei Neuhaus: „Adgar's Marienlieder, Heilbronn i88ö"
(erschienen als Band IX von Förster's Altfranzösischer Bililiotlu'k).
Die Handschrift befindet sich im Britischen Museum zu Lon-
don und trägt die Bezeichnung Bibl. Eg. 612. Im Spezialkataloge
ist sie folgendermafsen beschrieben : „Contes dcvots consisting of
legendary stories, narratives of miracles and lives of saints in early
Anglo-Norman poetry; among them are the legends of S. Theofilie
and Gregorie. ün vellum. Written about 1300. Imperfect at tlio
beginning and end. Purchased at Sotheby's 183Ö. 1 lad jireviously
belonged to Wm. Bentham, Esq. of Gower St."
Sie ist eine schöne gut lesbare Pergamenlhandschrift und
nach Bieling's Annahme entweder Ende des 12. oder Anfang des
33^ W, MIKHI.K,
13. JalirliiiiidiTls gcscliricliüii. Das Manuskript, in I'.ngianfl vcrfafst,
ist in klein 4" und enthält auf jeder Seite dojipelte Kolumnen.
Unsere liegende steht auf Fol. 75c — g6a.
Die Fehler dieser Handschrift hahen darin ihren
(iru nd:
I. dafs sich der Kopist verschriehen hat:
serva f. servi 13,10; ka a f. ke n 16,24; <]ue Ronu f. qii'a mme
y4,22; as leis f. esleis 74,9; 7not f. ?>iaus 28,7; les f/uii/is f. /c mes
2<:),i; descrite f. deserle 32,23; de luinz f. de laienz Fol. 87c 9; pri-
siiii f. prisunicr Fol. 87^25.
II. dafs Wörter aus andern Versen wiederholt werden:
qiiidcnt f. putssefil 2,16 wegen quident 2,15; jo stii f. stii 51,24
aus Z2i\ ke f. ne am Anfange Fol. 85b 10 aus 85hg; vie f. die 9<'i
aus Fol. 90c 25.
III. Sic bewirken dafs das Metrum gestört wird:
1. wegen Vertauschung von Synonymen:
s'eurance f. s'eiirie 17,2; es gar der f. reg arder 89,17;
2. wegen Gebrauchs eines Simplex für ein Kompositum:
trovce f. retrovce Fol. 94^5.
3. wegen Ersatzes längerer Fonnen durch kürzere oder
umgekehrt:
espenir f. espeneir Fol. 92d6; marchani f. 7narchaaniYo\. (^\^\%;
pechur f. pecheur Fol. 91c 25; peschur f. pescheiir 41,19; Fol. 91c 15,
91J1, gi].^22, 94^19, 94C20, 95^24; /rum {. ferum 13,23; friint
i. fertmi 67,12; frai f. /erat 40,11, Fol. 78223; ore f. or 4,23;
13,5; 16,20; 38,11; 46,15; 71,19; Fol. 90b 24; Fol. 96^11; encore
f. encor Fol. 85c 22, 91b 14, 94^1.
4. wegen verjüngter Femininbildung :
queles noveles f. quels noveles 73,19.
5. wegen Auslassung einzelner Wörter:
€71 hinter ke 5,1; a hinter deit 6,18; de hinter et 10,24; ^^ ^'or
fort 17,9; i vor cimduirai 17,11; miilt vor tost 18,1; _/w/ hinter /;«///
Fol. 79d3.
Von einzelnen Versen fehlen:
21,17; l^^2\ 43.22.
Von Verspaaren fehlen:
44,3 — 4 und 75,17 — 18. Letztere, weil der Schreiber durch
diese Verse die ursprüngliche Lesart der Verse 73,9 — 10 verdrängte.
Umgestellt sind ohne Störung die Verse:
18,11 — 14 hinter 18,8, mit Störung die Verse Fol. 91^7 — 8.
§ 5. Die Arsenalhandschrift No. 325 (B^).
Wie auf A, so machte auch auf Bo Luzarche zuerst aufmerk-
sam. Sie befindet sich in der Arsenal -Bibliothek zu Paris und
bildet einen Teil der Handschriften-Sammluno; Belles-Lettres fran-
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 337
(^aises No. 325. Unsere Legende steht dort Fol. 155^ — lögd und
ist überschrieben:
C^est la vie Saint Gregoire
kl fu aposioiles de Ronie.
Die Handschrift ist an einigen Stellen teilweise verletzt, beklebt oder
befleckt. So: Fol. 156b 3g — 43; Fol. 156c 38 — 44; Fol. 161^18;
Fol. 161^38; Fol. i65d56; Fol. 162c 28 — 34; Fol, lögdy.
Der Dialekt ist der pikardische.
Die Quellen der Verderbnisse liegen:
I. in Verschreibungen:
tel f. tes Fol. 157^2; va f. veit 43,9; enbrasi f. esbrase 8,22;
fih {. fille i6ibi6; Ines L Jus l6lb22; s'atne f. s'ame l6lb43; ks
f. ses l6icg; cojisella f. conrea 161^40; si venrons L desevrons 81,21;
sahite f. s'anie 112,13; euer ialent f. cuej- dolent 167^1 2; k seneschal
et la eo7itesse 55,3 f. le seneschal a la contesse, bewiesen durch den
Relativsatz :
qui droit a 11 vos conduira.
IL darin, dafs Wörter aus andern Versen wiederholt
werden, oder verursachen, dafs ursprüngliche Wörter
eine unrichtige Gestalt bekommen:
fenime f. frere 45,11 aus 45,10; dire f. lire Fol. 165310 aus
16539; diex f. ciex 109,18 aus 109,17; sera morti.se racort\\\,\\
in Anschlufs an sera mort 111,13; <3ssez f. altre 2'],b aus 27,5;
parfui f. effui 15,20 wegen paro'i 15,19; reconf orter f. por conf orter
21,7 wegen reconte 21,6; par pcnitance Fol. 165c 47 f. a penttance
wegen par sa pitance Fol. 165c 46; content f. ainz ke Fol. 165c 59
wegen coment Fol. 165c 57.
IIL darin, dafs Wörter nicht verstanden wurden:
Daher maus fait fälschlich zu mesfait geändert 28,7.
IV. darin, dafs das Metrum gestört wird durch Aus-
lassung einzelner Wörter:
fils hinter haus 4,19; ne vor eust 59,16; // hinter // 63,6; 7ie
vor tire 73,15; // hinter dist Fol. i6ia32; a vor amhedeus Fol.
159c 14.
Zu diesen Auslassungen einzelner Wörter treten Aus-
lassungen ganzer Verse. Von einzelnen Versen fehlen:
7,8; 58,17; der Vers B, 89c 12 und i Vers hinter Fol. i67b27.
Fehlen Verspaare, so kann diesen Ausfall bewirkt
aben:
I. gleicher Versanfang:
B, 82^8 — 9 wegen et in 8 und 10; deshalb v. lo und 11 (H.^
Fol. 160^25 — 26) geändert, so dafs sie in die Konstruktion passen.
B^ liest:
e si acunta a sa gent
'ke de sa fille est veirement,
Zoltsclir. f. roin fliil. X. ->'>
33^ W. MIKIII.K,
Dafür K^:
si l'cnveia a <Ian abc
ke li (lonasl chrcsticnt«^.
et puis rcnvoienl hautisior
a (iant ab»; en son mouslier.
Dann fehlen die Verse li, 84«^ 24 — 25 wegen e/ 84^1 24 und
8521. Endlich sind ursprünglich ausgefallen die Verse 62,9 — 12
wegen (juan/ B, Sg-^g und 13. Da hierdurch eine Lücke entstand,
schob 13.2 (Fol. 164(1 8 — g) 2 Verse ein und ändert in 164^10 das
qtiarit la von Bj zu se li.
IL gleicher oder ähnlicher Versausgang:
So die Verse B, (g2<l 16 — 21 (in B.2 zwischen 166^144 und 45)
wegen veir [verum) g2di5 und veer [videre) 21.
III. gleiche Wörter im Innern der Verse:
So die Verse B, g2C7 — 8. Die Verse g2c6 und 10 enthalten
nämlich das Wort eve. Aus diesem (Jrunde fielen 7 — 10 aus. Da
hierdurch eine Lücke entstand, fügte später ein Abschreiber von
B2 2 Verse selbständig ein (Boiööf^ii — 12).
Ohne plausiblen Grund fehlen:
B, 7ga8— 9; B, 82a23— 24; B, god 14—15; B, 93'i 18— ig;
p. 109,7 — 8; die in A2 A3 enthaltenen Verse 109,14a und b, welche
dort lauten :
et quant il entra dedens Rome,
tous li clergies et li autre home ;
dann 8 Verse zwischen 111,4 und 5, die A2A3 aufweisen:
quant il ot receu l'onor
si con il plot al creator,
de dieu proier ne se targea,
mais plus en plus s'en effor^a,
et diex qui les siens pas n'oblie,
son bon sergeant n'oblia mie;
abandon li fist de son bien,
por lui salva maint crestien.
Endlich die Verse 114,19 — 22; ii5,g — 10; 116,17- — ^8; 116,
21 — 117,18,
Zahlreich wie diese Lücken sind nun anderseits Zu-
sätze:
2 Verse hinter 2)j^'-
Hui mais ores le grant dolor
que puis avint au pecheor;
2 Verse hinter 45,16 die tautologisch zu 45,17 — 18 sind:
li abes fu molt sages hom,
si quist celui en sa maison ;
2 Verse hinter 62,22 :
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 339
parmi l'escut paint a lion
li fait passer le gonfanon;
2 Verse hinter Bj 87b 25, die stören und Rekapitulation sind aus
64,9 — 10:
a vive force o mal talent
molt les menoient laidemeut;
2 Verse hinter 6187^21:
ensi s'en fait tost reporter
en son pa'is, por respasser;
2 Verse hinter 72,12:
car jou me vuel caens estier
tot solement, por deporter;
2 Verse hinter 72,24:
se damediex ne le tenist,
ja en son sens ne remansist ;
2 Verse hinter 73,20:
avois huce li escuiers,
ahi quel duel, frans Chevaliers !
2 Verse hinter 74,5:
mais Gregoires qui la dame aime,
et qui de li servir se paine
unter Änderung des v. 6 zu :
torne le cief de son ceval ;
2 Verse hinter Bj 90a 10:
de cest forfait orons la vie
dont l'estoire est chaens escrite;
2 Verse hinter B^ 90^ 18:
quant iceste corte leeche
nos revenra a grant tristeche ;
hinter Bj 93c 5 — 6, die in B, lauten:
unkes nuls hoem nel regarda,
neis li culvcrt qui l'ensera
2 Verse:
n'en souvint onques nule fois.
Or sachies bien que fu destrois.
Der Schreiber merkte nicht, dafs v. B, 93^6 auch von regordii
abhing. Er glaubte , mit juis begänne ein neuer Satz , dem das
Verbum fehlte.
2 Verse hinter 108,24:
devant la porte humlement
depria Dicu omnipotent,
die tautologisch zu 108,24 "'^^i 109,2 stehen, denn 109,1 — 2 liest W^'-
envers le ciel un regart fist,
depria Dieu, et se li dist;
2 Verse hinter 109,2:
22*
340 W. MIEHLE,
{jloricus (iiex qui me fesis,
el en mon cors ame mesis;
die Verse 109,19 — 20; 2 Verse hinter 113,22:
les pies li baise, et si l'acole,
or li piaist molt icele escole,
(erster Vers tautologisch zu 113,23:
cslroitemcnl les pies li baise);
2 Verse hinter 115,20:
por ses pechies espeneir,
juner, villier et peu dormir;
endlich die Verse 118,7 — 12.
An diese Zusätze schliefsen sich eine grofse Anzahl
Zerdühnungen.
43,10 — 12 zu 5 Versen:
se li commence a demander
qui i9ou li avoit mesfait.
II dist: Gregoires li a fait,
et cele molt tost si s'ecrie
a haute voiz con esmarie ;
59,3 — 4 zu 6 Versen :
cauces de fer molt biens ouvr6es,
et en ses jambes bien fremdes.
Li esporon furent a or,
en Egypte les fisent Mor.
Li bons abes se li dona,
quant a chevalier l'adouba ;
die Verse B, 89c 23 — Sgd 3 zu 8 Versen. B, liest:
sire, dist ele, dulce vie :
e dites ore a vostre amie
pur amur deu, le rei celestre,
ainz que jo muere, de vostre estre,
de quel pa'is fud vostre mere,
e quel lioem fud vostre pere.
Die Abweichung in Bj ist so zu erklären: Für amie hatte ein
Schreiber vie aus dem vorhergehenden Verse genommen. Dadurch
wurde die Konstruktion gestört. Ein zweiter Abschreiber änderte
ainz que jo muere zu car dites ore und verarbeitete den in den
Wörter ainz que jo muere enthaltenen Gedanken in 2 Versen, die
er hinter B, 89d 3 einschob :
me dites ore ainz que jo muire
vos le metes molt taisant cuire.
Bi 93'' 13 zu 3 Versen:
ens el sepulcre le poserent
molt gentement con lor signor,
con lor empereor pastor;
die Verse B, 94^9 — 10:
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 34 I
li clerc alerent tant querant
ke un matin yindrent errant
ZU 6 Versen :
par cel saintisme anoncement
que diex noncha en lor convent,
montent dui clerc de la cite;
en lor cemin en sont entre.
Un jor et autre quisent tant
c'un niatinet a l'ajornant.
Da aber die Handschrift den nächsten Vers wie B, liest, nämlich
en la maisun d'un pescheur,
fehlt das Verbum zu 167c 29.
Die Verse Bj 94^ 18 — 20:
un grant (i. e. poisson) lur ad devant porle,
e eil l'unt mult tost achete,
si Ten donent plus que le dreit
zu 5 Versen:
eil en quisent a acater.
II lor en fait un aporter,
qui molt par fu et bons et chiers,
et eil Ten donent volentiers
asses avant outre le droit;
die Verse B^ 94» 22 — 23 :
si unt prie le pescheur
k'il lur cunreit pur deu amur
ZU 4 Versen :
quant eslegie ont le poisson,
pus si deprient au baron
qu'il lor conroit par veritet
trestot le miex qu'il onques sei ;
die Verse B, 94^ 14 — 15:
eil surent bicn demaintenant
que cco crl eil (ju'il vunt querant
ZU 6 Versen :
si lost come li clerc le virent
trestot ensamble tres bien dirent
que cou ert eil qu'il vont querant,
et si en orent oi tant
le pescheor dire et conter
qu'il n'en vaurrent plus demander ;
1 13,24 zu 3 Versen:
por cou ke lieu en a et aaise;
onques li cors ne li apaise,
ce li semble que trop se taise ;'
1 14,14 ZU 3 Versen :
342 W. MIRHF.K,
quant damcdiex, qui m'a crid,
a ma joie m'a ramende
quc jou avoie entrouhU'e.
Umgestellt sind:
42, IQ — 20; 114,6—7; B, Fol. 83'i22— 23 uiid H, 87^22-
TEIL II.
GRUPPIERUNG DER HANDSCHRIFTEN.
§ I. Keine der Handschriften ist Original, oder war Vor-
lage der anderen.
A, hat allein die Lücken hinter 42,11 und 72,14; Aj allein
die Lücken 20,23 — 24; 45,7 — 14; 53,11 — 12; A3 allein die Lücken
37,17 — 18; 39,9 — 10; Bi allein die Lücke 44,3 — 4; Bj den A-
Handschriften gegenüber allein die Lücke 62,9 — 12, B, gegenüber
die Schilderung der Sühne der Mutter.
§ 2. Die Handschriften teilen sich in eine A- und B-Gruppe.
Inhaltlich sowohl, wie in formeller Beziehung zerfallen die uns
vorliegenden Handschriften in 2 scharf abgegrenzte Gruppen A und
B. Zu der ersten gehören die mit A, A.2 A3, zur zweiten die mit
Bj B.2 bezeichneten Handschriften. Berücksichtige ich an dieser
Stelle nur die formale Seite, so unterscheidet sich die B-Gruppe
von der A-Gruppe.
I. durch Kürzungen, die durchweg anzutreffen sind:
lBi76a2— 3;
3,17—20 entsprechen jß^ 156343—44;
B, 76b 19—10;
5,23—6,4 entspr. jg^ j^^b 40—41;
Bi 76c 14—15;
7,1—4 entspr. jg^ 156015-16;
JB, 77a 2 — 3 ;
8,17—20 entspr. |ß^ I56d8— 9;
|B, 77a 24 — 25;
9,21—24 entspr. jg^ i56d 30-31;
(B, 77c 6 — 11;
11,9 — 12,12 entspr. (62157317-22;
r. . )Bl 78a 2—3;
14,3-10 entspr. jg^ 157b 20— 21;
iBJ" 78a 18— 23;
15,3—14 entspr. Jb. 157b 42- 157C4;
IB, 78b 9— 22;
25,23—16,18 entspr. 162157013 — 26.
u. s. w.
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ, GREGORIUS. 343
n. durch Zusätze und Erweiterungen:
(B, 77C16 — 23
12,17-22 entspr. Jb, 157a 27-34 ;
iB| 7Qd 25 — 80a 7
24,5-10 entspr. ißi 158c 3-10;
(B, 84a 8— 10
46,20 entspr. JB., i6od 28-30 ;
„ \B. 84b 20 — 25
48,19-20 entspr. ,B.! i6ia 21-26;
(Bi 84di2— 85bi
50,15-51,2 entspr. (6,161022-1610;
iB, 85c 15 — 17
5^'-'^ ^"^^P^- iB.;i6id9_M;
jB, 86b 6— 8
54,23 entspr. |B., 162a 29-31;
(B, 86b 20— 25
59,9-12 entspr. Jb, 162a 43_i62b3.
u. s. \v.
III. durch gemeinsame Umstellungen:
7,17—18; 23,15—16; 38,15—16 hinter 38,20; 86,15—16
hinter 86,18.
§ 3. B2 eine Mischhandschrift.
Obgleich nun auch zum gröfsten Teil B.^ in ihren Lesarten
mit By übereinstimmt, so zeigt sie doch an mehreren Stellen die
Eigentümlichkeit, dafs sie B- und A-Lesarten vermischt, dafs also
der Schreiber neben einer B-Vorlage eine A-Vorlage benutzte. Am
deutlichsten sieht man dies in den einzelnen Teilen der Kampf-
scene, weshalb ich diese Scene auch zuerst betrachten will.
In den Versen 57,21 — 58,16 wird uns die Eröffnung des
Kampfes geschildert. B, (fol. 87a i — 6) kürzt diese Scene zu 6
Versen :
anceis que miedi fust passe
es vus l'assalt a la ch6.
Un riche ducs l'ad assegee,
ki lungement l'ad guerree,
Icels dedenz s'adubent tost
ki turneer s'en vont en l'ost.
B2 (fol. 162c 9 — 28) hingegen hat 20 mit den A-Handschriften gleich
lautende Verse.
Die V. 58,17 und 18 sind A und B gemeinsam. Die folgenden
Verse 58,19 — 60,4 ersetzt jedoch B, (fol. 8739 — 24) durch 16
selbständige Verse:
Gregorie fud mult cnginnus
e des membres bien vertuus.
344 ^^'- MIEHLR,
Dcvanl los altrcs esporone,
mult roistes cops i ficrt e dune.
De la lance que li ber porte
la banste fud e dreite e forte
k'il n*a consiut cel chevalier
ke li n'cstuce trebuchier.
Gregorie fud sajjes li ber,
e si fud mult bon chevalier
alkcs par sa grant sapience
c alkes par sa grant puissance,
se set si bien de tut garder
ke nuls nel poet de rien grever
ne pur ferir ne pur buter.
Tant se saveit bien demener.
R2 indessen Uifst die 4 ersten Verse von B, unberücksichtigt
und giebt dafür (fol. 162c 30 — 162^23) alle die Verse, welche A
aufweist. Dann kehrt sie zu ihrer B-Vorlage zurück und nimmt
(fol. 162^1 24 — 35) die 12 Verse auf, die B, (fol. 87a 13 — 24) zeigt.
Dadurch werden die Verse 58,23 und 59,22 — 2;^ zwei JMal ge-
bracht, einmal in der (iestalt, wie sie die A-Handschriften auf-
weisen, das zweite Mal, wie sie B, liest. So liest B., (162c 34)
gemäfs A:
hauberc ot bon et lance forte
und (fol. i62<-^24 — 25) gemäfs B:
et li lance que li bers porte,
fu si tres fors et rade et forte,
(die nur eine Verschlechterung der Lesart B, (87a 13 — 14) sind),
anderseits die v. 59,22 — 2^ gemäfs A (B., fol. 162 J 17 — 18):
pluisor en a fait trebuchier ;
eil cui consieut, a fait verser,
und (162^125 — 26) gemäfs B:
que 11 ne consieut chevalier
que 11 ne face trebuchier.
In den Versen 60,5 — 25 gehen nun Bj (fol. 87a 25 — 87b 9)
und B-i (fol. i62d36 — 43) zusammen. Gemeinschaftlich ändern sie
hierauf die Verse 61,1 — 2 zu:
quant Gregoire le mot entent,
l'escu embrace fierement,
und fügen hierhinter 4 Verse. Darauf weicht von 61,3 — 65,6 B,
(fol. 87b 16 — 2^) vollständig von A ab und liest 8 Verse:
Gregorie ad le duc feru
el descovert defors l'escu
si que par mi l'alberc blanc
li mist le fer al destre flanc.
Quant vers terre le veit verser,
si l'embrace par mi li ber.
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 345
Puis l'ad sach6 laenz si tost
ke unkes n'ot socurs del host.
B2 hingegen setzt in die Lesart von A mit v. 61,2 ein und
geht genau von Fol, 163^6 — 165c 20 mit diesen Handschriften. Vor
61,2 schiebt sie nur i Vers ein:
Gregoires a le duc veu,
der entweder für 61,1 steht und geändert ist, weil dieser Vers in
B schon vorher in der Gestalt:
quant Gregorie le mot entent
vorkommt, oder A2 aus v. 60,19 entlehnt ist. Dieses Verses wegen
werden die in B, (87b 4 — g) stehenden Verse:
Gregorie vit le duc mult fier,
si commen^a a demander,
ki pot ce estre as armes chieres
ki la conduist ces granz eschieles.
Li cumpaignun respunent tost;
Co est li ducs ki conduist Tost,
von B2 (i62d4o — 43) zu 4 Versen gekürzt und geändert, weil der
Schreiber eine Wiederholung vermeiden wollte:
Gregoires a le duc demande,
et on li a bien avise
qua 90U est eil as armes chieres
qui la conduisoit ces banieres.
Nachdem B.j den A-Handschriften bis v. 65,6 gefolgt ist, wendet
sie sich wieder zu ihrer B -Vorlage. Bj hat bis hierhin ganz kurz
den Kampf Gregors mit dem Herzoge erzählt, welcher damit endet,
dafs der Herzog gefangen genommen und in die Stadt geschleppt
wird. Von 87b 24 — 87c 6 werden nun die Folgen dieser Gefangen-
nahme berichtet. Mit Gregor sind die Bürger in die Stadt ge-
zogen und haben die Thore geschlossen. Die Feinde wollen durch
einen Sturm die Stadt nehmen, werden aber zurückgeschlagen.
Diese letzte Schilderung nimmt auch B.y auf, die vorher mit den
A-Handschriften ausführlich den Kampf Gregor's mit dem Herzoge
vor der Stadt, sowie einen an des letzteren Gefangennahme sich
anschliefsenden Strafsenkampf geschildert hat. Da sie aber auf
diese mit den A-Handschriften gemeinschaftliche Schilderung ohne
ein Bindeglied nicht gleich die Verse von B, (f. 87b 24 — 87c ö)
folgen lassen kann, schiebt sie hinter die Lesart von A (65,6) erst
6 Verse ein (fol. 163c 20 — 25):
Quant Gregoires les ol niis fors
de la cito par ses esfors,
et il les ot asses cachies
et abatus et detrenchies,
en la cit^ retorne ariere
ensamble sa compagne tiere,
imd geht dann (fol. 163^^ 26 — 35) gemeinsam mit H,:
34^ W. MIRHLR,
apres Grcpoire sont cntr6
loul li borgois de la cit<!;
[a vivc force, o mal lalent
molt les menoient laidement
(nur 1^2= 64,q— lo)],
el li Sergeant et li meisnie
si ont la porte verouillie;
et li grans bruis de toute Tost ;
les vont suivant apres molt tost;
s'escuidcnt prendre par asaut,
mais noient ne monte ne vaut.
Haben wir also in B, neben der Schilderung des Kampfes
zwischen Gregor und dem Herzoge vor der Stadt nur die eines
Angriffsversuches auf die Stadt, in A nur die eines Strafsenkampfes
so haben wir in Bj sowohl den Strafsenkampf als den Angriffs-
versuch der Feinde auf die Stadt.
In den Versen 65,7 — 8 gehen nun A und B zusammen; von
65,9 — 66,22 weichen jedoch B, (fol. 87c 8 — 24) und Bj (fol.iöjc
38 — i63dg) in ihren Lesarten gänzlich von A ab :
Cex de laiens treve ont mandee;
lors s'en revont en lor contree.
Le duc laissierent en prison,
bien ait Gregoire li preudon,
qui sa mere a si acuit^e,
et la guerre si tost fin6e.
Qui dont ve'ist les citouains
a Gregoire baisier les mains
et celes dames haut monter
por le baron a esgarder,
qui par son cors tant seulement
a pris un duc devant sa gent!
Trestot hucent, grand et petit:
Cestui prendes, dame, a marit !
Li dyables les fait parier,
qui Gregoire velt tormenter.
Es wird also geschildert, wie die Feinde um Frieden bitten,
abziehen und den Herzog in Gefangenschaft lassen, wie dann die
befreiten Bürger, erfreut über Gregor's Erfolge, ihrer Herrin zu-
jubeln, sie möge ihn zum Gemahl nehmen. — Nach dieser Schil-
derung wendet sich B., wieder zu ihrer A- Vorlage, setzt in v. 65,13
ein und schreibt (fol. i63d 10 — 41) sämtliche Verse bis 66,22. Da-
durch wird die Schilderung des Friedensschliefsens , des Abzuges
der Feinde und des Verlangens der Bürger, Gregor als den Ge-
mahl ihrer Gebieterin zu sehen, zwei Mal uns vorgeführt.
Endlich ersetzt Bj die Verse 66,23 — 67,4 durch 2 Verse
(87c 25— 87dl):
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 347
Le prisunier tost desarmerent,
a la dame le presenterent.
Bo (fol. 163^140 — 45) jedoch giebt 6 Verse, wie die A-Hand-
schriften.
Einen neuen Beweis liefern die Verse 42,13 — 43,8, in denen
der Anlafs geschildert wird, aus welchem die Frau des armen
Fischers dem zwölfjährigen Gregor vorwirft, dafs er als Findling in
das Land gekommen. . B, (83b 18 — 25) kürzt diese Erzählung zu
8 Versen unter Benutzung der Verse 42,13 — -16 und 43,5 — 8, in-
dem sie V. 42,16 und die Verse 43,5 — 8 selbständig ändert,
Sie liest :
II avint chose en cel temporie
ke de duze anz fud Gregorie
un matinet alat juer
sur le rivage de la mer,
e si feri le fiz celui
ke son luier aveit de lui ;
si avint que li emfant
vint a maisun tut plurant.
In den ersten 4 Versen schliefst sich B., (i6ot>3g — 42) an B,,
fügt hierhinter (i6ob43— 46) die in A (42,17 — 20) enthaltenen
4 Verse, zeigt dann inhaltlich wieder dieselbe Lesart wie Bj (83b
22 — ^25) und ändert nur die Form, wie es durch den Einschub
bedingt wird. So entsprechen den eben genannten 4 Versen von
B, in B2 die Verse 1 60b 47 — 50, welche lauten:
Par jeu Gregoires feru l'a,
et eil forment s'en core^a,
droit a sa mere vint corant,
se li a dit le convenant.
Inhaltlich weicht somit B.2 ebenso wie B, von A ab, als beide
Handschriften die Art des Spiels unbezeichnet lassen , durch das
die Entzweiung zwischen Gregor und dem Fischerssohne zu Stande
kommt.
Eine weitere Mischung scheint in B2 vorzuliegen in den Ver-
sen 53.3—4- ßi (f"l- 85^^14) "nd B2 (fol. i6ul 33) ändern v.53,3
selbständig in:
Gregorie ist fors de la barche.
Auf diesen läfst dann B, an Stelle von 53,4 drei ganz anders
lautende Verse folgen:
si vit le pais grant e large
dunt cuntesse esteit sa mere,
ki l'ot eu de son chier frere,
B2 hingegen liest einen den A-Handschriften gleichen Vers:
ot bon destrier et forte targe.
Doch will ich hierauf kein Gewicht legen. Es wäre ja mr>g-
lich, dafs in der Vorlage von B, v. 53,5 gefehlt, und dafs die da-
348 W. MIKHLE,
durch ciitstjiiulc.'ne I^ücke ein At)sclireil)er durch 3 Verse ausgefüllt
hälU;.
Deutlicher erscheint B.^ wieder als Mischhaudschrift in den
Versen 87,9 — 10. Gregcjr bittet den Fischer, welcher ihn später
an den Felsen schmiedete, um Obdach während der Nacht. Dieser
will es anfangs nicht gestatten, erklärt sich aber schliefslich auf Er-
suchen seiner Frau dazu bereit.
Die Stelle lautet in A (87,9 — 10):
quant por Dcu te fai le reclaim,
fai le gesir sor cel estraim.
ß, (92'i 15^ — 16) ändert diese Verse zu:
quanl pur deu ostel demanda,
en cel teitun culchum le la.
B.2 (fol. i66c 12 — 15) verbindet die Lesart von A mit der von
B,. Sie läfst die ersten 2 Verse, wie sie A hat, fügt dahinter die
Verse, welche B, aufweist, aber, wie es durch den Vorschub der
A-Verse nötig geworden, in veränderter Form. Sie liest deshalb
für die Verse von Bj:
en cel toitel la dehors soit
con fors pechieres que il soit.
Die Verse 84,19 — Z2 kürzt B, zu 2 Versen:
e si cum povres e chaitis
s'en fui hors del pa'is,
B.2 166a 42 — 45 aber hat 4 Verse wie A:
si c'a la loi de mendiant
s'en est fui a coc chantant
fors de la chambre le sien pere
e de rhonor qui fu sa tnere.
Eine weitere Mischung erscheint in den Versen 83,15 — 84,10,
wo B, 91^4 — 25) und B.2 (166^20 — 39) bedeutend von A ab-
weichen. In den ersten 8 Versen geht B.2 mit A, fügt dahinter
4 eigene Verse, läfst dann 2 Verse folgen, die B, zu Anfang dieser
Schilderung hat, kehrt wieder zu A zurück, liest die Verse 84,9 — 10,
die in B, nicht vorhanden sind und fügt dahinter 2 eigene Verse.
So erklärt sich auch die abweichende Lesart von B^ (164b
28 — T)'^ von der in B, (88^) 20 — 25). Gregor sucht einen Ort, wo
er seine Tafeln verbergen kann, vermag aber keinen zu finden :
desque ceo vint apres super
ke sul s'en entrat a celee
en une chambre mult privee.
Tant i entrat celeement
ke nul nel saveit de sa gent.
II regardat un poi ariere etc.
Von dieser B^ -Lesart behält B.2 nur den ersten und letzten
Vers, die andern ändert sie in Anschlufs an A (70,5 — 8) zu:
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIÜS. 34g
que le cambrelenc apiela ;
a le privde cambre ala.
Quant il ot fait la muserie
quant maint hom fait nesarie(?).
Diese Änderung hatte zur Folge, dafs die Verse B, (88c ^ — 8):
e veirement accustume ad
k'un sul jor ne trespasserad
qu'il ne venist regarder
celeement e tut sans per,
von B.2 {164b 38 — 43) umgestaltet wurden zu:
si que eil mie ne le vit
qui a la cambre l'ot servit.
Dont s'ätorne tout entresait;
onques nul jor ne l'entrelait
qu'il ne reviegne a l'ar^on
la ou les tables mises sont.
Durch die Verse in A (82,5 — 8) sind dann auch wohl die
Verse Bj (165^29 — ^2) veranlafst worden, die in Bj ohne jede
Störung hinter 90^25 fehlen:
la balance est forment cargie
ou si grant coupe iert coucie,
ne quid que soit contrepes^e
del grignor mont de la contree,
und so stammen auch wohl die in B, ohne Störung fehlenden
Verse 14,13 — 14; 69,1 — 2; 72,24 und 73,2; 89,21 — 22 aus A.
Auf den Umstand, dafs B2 Misch-Handschrift ist, möchte ich
auch den Ausfall der Verse 15,21 — 22 zurückführen, die in B^
hinter 15,2 zusammen mit 2 andern Versen stehen und lauten:
si en sospire molt forment,
et si en pleure tenrement.
Li gentius hom ot grant paor,
quant a ses pies voit son signor.
Die Verse 15,1 — 2 lauten nämlich in By B.^:
nes li frans hom ki ne set mie
que cele chose senefie.
Von diesen Versen wandte sich der Schreiber von B^ zu seiner
A-Vorlage, und wegen der 'Wort /rancs hom in 15,1 fiel sein Blick
auf francs hom in 15,19, weshalb er hinter 15,2 die Verse 15,21 —
22 folgen liefs. Bj und somit wohl auch die Vorlage von Bo hat
zwar auch die Verse 15,19 — 20. Hier kann aber das francs hom
in 15,19 nicht bewirkt haben, dafs von dem Schreiber von B.^ die
Verse 15,21 — 22 hinter 15,2 gestellt wurtlen, denn H, 1^^ haben
hinter 15,20 zwei Verse eingeschoben, mithiii wiiren iloch diese
hinter 15,2 gesetzt worden. Nachdem der Schreibor von ]^.2 diese
Verse k-i entlehnt und dann eigenmächtig noch 1 andere Verse
eingeschoben hatte, kehrte er wieder zu seiner H-X'orlage zurück
350 W. MIEHLK,
und setzte in v. 15,3 ein. I)i(' Verse 15,21 — 22 unterdrückte er
alsdann ahsiclilüc h, <I;i er sie; vorher zu dem l'.inschuhe benutzt
hatte.
J'.ndlich zeigt sich H.2 noch deutlich als Mischhandschrift in
der Schilderung der Reise (iregor's nach Rom. H, (95c 23 — 24)
und B2 (i68c 20 — 21) sind zusammengegangen bis zu den Versen:
es vus les clerc joyans e liez,
ignelcment saillent en piez.
Da bricht B.^ ab, setzt in die A, hinter 108,16 fehlenden Verse:
or n'i vaurront plus demorer
icil qui Ten doivent mener
ein und zeigt die ausführliche Reiseschilderung, wie sie in A bis
V. 111,20 steht. B, jedoch kürzt die Reiseschilderung zu 2 Versen:
tut dreit a Rume le menerent,
e l'apostoilite li donerent.
Hier endet in B, die Legende, und es folgt nur noch ein
Schlufs. Somit fehlt die in den andern Handschriften geschilderte
und nicht gut zu vermissende Sühnescene der Mutter. Dafs Bj
dieselbe hat, ist auffällig und führt, da die Handschrift sich als
Mischhandschrift erweist, zu dem Verdachte, dafs diese Scene aus
A geschöpft sei. Dieser Verdacht findet sich bestätigt. Stammte
diese Scene in K^ aus einer B-Redaktion, so müfste sich darin die
Eigentümlichkeit kund thun, welche die Fassung von B im Gegen-
satz zur originalen A zeigt, nämlich, dafs sich sichtliche Kürzungen
des Textes darbieten. Ist sie nicht original, und stammt sie aus
A, so mufs sie sich in ihrer Lesart an diejenige Handschrift an-
legen, die B2 neben einer B-Fassung benutzte.
Nun lassen sich keinerlei Kürzungen auffinden ; nur einige
Verse fehlen, die aber aus Versehen ausgefallen sein können. Da-
für aber lehnt sich B2 in dieser Scene genau an A2 an, wie in
den Partien, wo B2 deutlich sich als Mischhandschrift kund giebt,
worüber wir uns in § 5 näher verbreiten werden. Daraus folgt,
dafs die Sühnescene, wie sie B2 aufweist, nicht in einer originalen
B-Redaktion vorhanden gewesen ist, also vermutlich schon in der
Vorlage von B.^ gefehlt hat. Da aber auch Bj sie nicht hat,
ist es wahrscheinlich, dafs schon die gemeinschaftliche Vorlage von
Bi B2 sie nicht besafs. Doch damit ist noch nicht gesagt, dafs sie
der B-Redaktion überhaupt fremd gewesen wäre. Vielmehr scheint
mir, als ob die letzten FoUo-Seiten der gemeinschaftlichen Vorlage
durch irgend einen Zufall zerstört w-orden seien. Dafür sprechen
einmal der in Bj ganz von den A- Handschriften abweichende
Schlufs, während doch in der Einleitung A und B zusammen gehen,
anderseits aber auch der Umstand, dafs B, und die anderen Hand-
schriften in einem Punkte sich geradezu widersprechen. Nach den
Handschriften A, Aj A3 B2 ist Gregor entweder uns de ceauz oder
celut qui chant irova, in B^ heilst es aber:
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 35 I
Ceo ne fud eil Gregoires mie
qui fist les livres e les chanz,
ainz fud un altre si vaillanz.
Daraus möchte ich schliefsen: In der Vorlage von B, B.2 waren
Sühnescene und Schlufs zerstört, B2 schöpfte beides aus A; B^
fügte an das ihr in der Vorlage Gegebene einen eigenen Schlufs.
Ja es scheint mir sogar wahrscheinlich, dafs die Schlufsverse in der
Vorlage von Bj B2 die oben genannten gewesen wären :
Es vus les clercs joians e liez,
ignelement saillent en piez,
worauf B., das Fehlende aus A ergänzte , Bj aber vor der Hinzu-
fügung des Schlusses auch die 2 die Papstwahl Gregor's uns mit-
teilenden Verse:
Tut dreit a Rume le menerent.
e l'apostoilite li donerent,
eigenmächtig geschaffen hätte.
§ 4. Venvandschaft der A-Handschriften unter einander.
Gemeinsame Fehler in A2 A3 beweisen, dafs diese
Handschriften näher unter sich verwandt sind, als mit A^.
Ich führe folgende Beispiele an :
1. 48,3 — 4 liest A, :
amis, dist 11, grammaire ses,
e des lettres es doctrines,
während A2 A3 für grammaire : granvient resp. grandement schreiben.
2. 50,1 — 5 liest Aj:
sire, je trois ici escrit,
si c'est veirs que la letre dit,
d'un enfant enci faire chose
merveille est com om faire l'ose.
Für faire Vose schreiben A2 A3 dire l'ose, also sah der Schrei-
ber ihrer gemeinschaftlichen Vorlage in faire das Synonymum von
dire, während es hier in seiner gewöhnlichen Bedeutung steht.
3- 53.23—54,1 li^'st A,:
de guerre avons sovent liel fais
que estre ne poons en pais
Tos nos a a povrelö trais.
A2 A3 lassen in 54,1 ein a aus,
4. 66,1 1 — 12 liest A,:
leres fu deables angoisos,
quant ce 01, e molt joios.
Die Vorlage von A2 A3 zeigt Abneigung gegen künstliche
Wortstellungen und ersetzt sie gern durch natürliche. Dehalb linden
wir in Aj A3 für e molt Joios : molt fu joios, wodurch fälschlich der
352 W. MIKHI.K,
Satz: quant ce oi' zu nur 66,12 gezogen wird, wähnend er doh
notwendig auch zu 66,1 1 gehören mufs.
5. 67,3—4 littst A,:
quam li (lux fu dcvant la dame,
11 Ol el euer d'amor la flamc.
A., A;, schreiben für euer : cors.
6. 82,9 — 16 Hest A,:
tant avons fait que ne crei mie
que ja s'ert clerz qui ce nos die
qui ja poissons espeneir,
ne la penitence sofrir
del pechie dont somes colpable
par la poissance del deable,
se nos ensi fait l'eusson
qu'a escient le fe'isson.
Für fe'isson las die Vorlage von A2 A3, wohl beeinflufst durch
das vorhergehende escient, si'ussons. Dadurch entstand eine Tauto-
logie mit Sinnesstörung, die auch A.^ noch aufweist. Der Schreiber
von A3 bemerkte den Fehler und änderte qua escient zu que de-
vant ce.
7. Der Fischer verspricht Gregor, ihn zum Felsen bringen zu
wollen und ruft nach A, 94,5 — 6 aus :
Se dex me voll ma nef garir,
de mon cors ne poet faillir.
Sinn ist: Wenn Gott nur mein Schiff bewahrt, an mir soll es
nicht fehlen. Die Vorlage von A2 A3 hatte fälschlich ma nef und
mon cors vertauscht, wodurch den Sinn entstellt wird. Deshalb
änderte A3 nachträglich 94,6 zu :
et ma nef, n'y porrez faillir,
machte also sowohl ma nef als 7non cors abgängig von volt garir.
8. 42,5 — II lauten in A,:
li pescheres qui povres fu,
qui les dix mars aveit eu,
sa ferne Tot tant angoisse,
un jor en autre enuie
qu'il li deist ou il trova
les dix mars d'argent, qu'il conta
coment Gregoires fu troves.
Das qu'il conta 42,10 (aufzufassen als: s'il conta = unäi er er-
zählte) hatte der Schreiber der Vorlage von Aj A3 nicht verstanden
und geändert zu: que li dotta. Dann müfste doch aber notwendig
ein et vor coment 42,11 treten, da dieser Vers auch abhängig von
deist 42,9 wird.
9. 47,9—12 liest A,:
et des or m'a en veir promis
que a null ome que seit vis
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 353
par jue ne par rien que il face,
n'iert mais seu en nule place.
Für y«t' 47,11 lesen A.j A3 ha, was keinen Sinn giebt.
10. 48,1 — 2 lauten in Aj :
car tout ai en chevalerie
e mon euer torne e ma vie.
k-i A3 fehlt e am Anfange 48,2. Um den Vers metrisch
richtig zu stellen, wurde von A2 toryie zu ahme, von A3 e ma vie
zu toule mä vie geändert. Daneben aber lassen beide Handschriften
cors für ctier treten, wodurch der Sinn entstellt wird.
11. p. 78,12 — 14 liest A^:
s'il ot apr^s ou mal ou bien,
s'il vesqui a duel ou a honte,
s'il morut, je n'en tin conte.
K-i A3 fehlt apri'S. Dadurch wurde v. 1 2 sechssilbig. Diesen
Fehler suchten beide Handschriften auszumerzen. Sie schreiben für
s^il : se il. Dadurch wurde der Vers immer erst 7 -silbig, denn wenn
sie auch ot zu eust und demgemäfs vesquit und morut zu vesquist
und morust änderten, so mufs man eust doch einsilbig auffassen, da
es hier nicht Subjunktiv sein kann.
12. Nachdem Gregor seiner Mutter gesagt hat, wie sie Bufse
thun soll, fährt er Aj (84,11 — 12) fort:
je menrei autresi mon cors,
si m'en irai del regne hors.
A2 A3 haben für menrai : metrai.
Diese Resultate werden besätigt durch A.2 A3 allein
gemeinsame Zusätze und Auslassungen.
I. 20,17 — 22 liest A,:
quant la dame li ot ce dire,
cuida que le vosist ocire.
„Dame", fait el, ,,por deu le grant,
mi sire par est leaus tant
que ja n'iert conte ne plait
que omecides par lui seit fait."
Wie hier, leitet A, auch sonst direkte Reden gern direkt ein.
Dem Schreiber der Vorlage von A2 A3 und in noch gröfserem
Mafse dem von A2 gefiel dies ebensowenig, wie die in A] häufig
vorkommenden künstlichen Wortstellungen und Enjambements. So
wird auch hier die direkte Rede indirekt eingeleitet, indem für
20,17 — "S vier Verse gesetzt und v. ig — 20 geändert werden, da
fait el in 19 wegen dieser Änderung überflüssig geworden ist. So
lautet die Stelle z. B. in Aj :
quant la dame li o'i dire,
si ot al euer dolor et ire,
cuida que mordrir le volsist,
parla apres, et si li ilist :
Zeltsclir. f. roiii l'hil. X. 23
354 ^^'- M""-" '•''■.
France dame, i)()r dien nel dirc,
car lant loiax par est li sire clc.
2. 2 1,7 — 12 liest A,:
eil vint a li por conforlcr,
mais n'i pot nul confort trovcr,
Grant ire e grant dolor demeine,
de meinte maniere se peine.
Assez prient, mais poi lur vnut,
car de priere ne li chaut.
Ganz ohiu! Not schieben A.^ A;} hinter 2i,io zwei Verse ein :
savoir se ja porroit retrairc
son pens^ de folie faire.
Wird hier der Einschub eingeleitet durch ein savoir, so auch
3. liinter 108,2.
A, liest 108,1 — 2:
Gregoire les rova aler
la o sis liz fu, regarder.
Hierhinter haben A.2 A;, 4 Verse, deren Fehlen in A, das
Verständnis durchaus nicht stört:
savoir se ja fussent trovees
la ou il les ot obliees,
et li Ostes les i mena,
le lit Gregoire lor mostra.
4. 41,16 — 20 lauten in h.^:
de lui dient petit e grant
que molt iert ja bei enfant;
onques mais fils a pescheor
ne nasqui de si grant valor.
Auf diese Verse lassen A2 A3 ganz unnötig 2 Verse folgen :
cascun cuidoit qui le veoit
qu'il fust ses fiex ; mais non estoit.
5. Nicht nur nicht überflüssig, sondern sogar störend sind die
Verse, welche A.i A3 hinter 118,2 einschieben:
nos laist iceles oeuvres faire
qiie a hone fin puisson traire.
6. Unursprünglich und unnötig ist endlich die Zerdehnung
des V. 97,8 :
si parlerons de l'Apostoile
ZU :
si parlerons d'un Apostoile
qui a cel temps estoit a Rome.
Molt le tenoient a proudome,
wie A2 A3 lesen.
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORroS. 355
Von den Zusätzen wollen wir uns zu den A2 A3 ge-
meinsamen Auslassungen wenden.
r. 88,22 — 24 liest Alt
une bele toaille prist,
si l'estendi en un bei lue
bien pres de lui e pres del fue.
Die Verse 88,23 — 24, die durchaus nötig sind, fehlen A2A.{.
A3 bemerkte den Fehler und änderte y. 22 zu:
une nappe devant 11 mist.
2. Alsdann fehlen die Verse 30,21 — 22, deren Nichtvorhanden-
sein allerdings nur dann beweisend für die Zusammengehörigkeit
von Ao A3 sind, wenn sie ursprünglich, nicht etwa Einschub von
A, sind.
3. Endlich fehlen A2 A3 die Verse 50,21 — 22. Allerdings
scheinen sie in A, die Konstruktion zu stören, doch sie stehen an
falscher Stelle. Sie müssen vor 50,18 — ig gestellt werden. Dann
ist auch der Ausfall sehr leicht erklärlich, da 50,18 und 50,20 den
Versanfang et puis hatten.
Unseren Resultaten scheinen nur zwei Fälle zu wider-
sprechen:
1. die gemeinschaftliche Übereinstimmung von A, A^ 105,11:
n'aveit fors le euer e Ics os,
wo euer für cuir steht. Allein hier haben wir es mit einem Schreib-
fehler zu thun, den zwei Schreiber, unabhängig von einander, sich
zu Schulden kommen liefsen.
2. die gemeinschaftliche Übereinstimmung von A, A3 20,6 :
dame, fall il, un iiz avez,
wo il für el = illd steht. Doch, wie wir Teil I, § i gesehen haben,
sind die Fälle zahlreich, in denen A,, weil von einem provenza-
lischen Schreiber herrührend, // und el vertauscht.
§ 5. Verwandtschaft der B-Handschriften mit den A-Hand-
schriften.
I. Die Vorlage von B|B2ging auf eine A-Handschrift
zurück, welche der durch A2 A3 vertretenen Gruppe an-
gehörte.
Dies beweisen giincinschaftlichc Fehler in A.^ A j l^i \\.
I. 20,1 — 4 liest A,:
la clianibic fu molt serrcc
ou la danic s'est delivree,
onciues n'i ot autre al vciller
fors cjue la dame el clievalcr.
Für autre al veiller schreiben die 1 :in(l(^r(Mi I landschrifleii : au
travaillcr.
23*
350 W. MIRHLE,
2. (Jregor's Mutter fragt flcn I')Otcn, der ihr den Tod ihres
Bruders anzeigt, wann und auf welche Weise er krank wurde, und
an welchem Tage er starl). Der Bote antwortet (A|29,I2 — 15):
dame, fait il, en icele ore
que tu de lui te departis,
lui prist li maus qui l'a ocis,
c mors fu a une jornee.
A.2 A., B| B.2 lesen für: // ?>uius <jiii Pa ocis : hi niort qtii
i\i ocis.
3. Als das ausgesetzte Kind auf dem Meere umhertreibt, treflen
dasselbe zwei Fischer von denen es (A, 34,7 — 10) heifst :
li abes meismes sis cors
les ot la nuit envei^ hors
por peisson prendre en cele mer,
a tos ses meines conreer.
Sinn ist: Der Abt hat die Fischer zum Fischfang ausgesandt,
damit er mit der gewonnenen Beute seine Mönche versorgen könnte.
Für a los 34,10 schreiben die 4 anderen Handschriften ganz un-
sinnig iwec.
4. 23,15 — 20 lauten in A, :
ce chatel doins a l'enfant:
Tor et le paile reluisant.
Les tables gart qui sont d'ivoire
ou est escrit de lui l'estoire,
por deu le grant itant de tens
que apris ait auques de sens.
Der Schreiber der gemeinschaftlichen Vorlage von Aj A3 B, Bj
glaubte, die Worte les tahles müfsten auch abhängig sein von doins.
Deshalb liefs er in v. 17 gart aus und schrieb für les iahles : et les
tables. Ohne Berechtigung und ohne Verbindung steht somit itant
de tens in v. 20. Diese erste fehlerhafte Lesart zeigt auch noch A2.
Die anderen Handschriften merzten unabhängig von einander diesen
Fehler aus. A3 änderte deu le grand in v. 19 zu deu le garde.
BjBj stellen v. 15 und 16 um und lesen:
e le chier paile e l'or luisant
duinst a chatel a cel enfant,
ändern aber aufserdem v. 19 und 20 zu:
tres bien les gart pur deu le grant,
e puis si rende a cel enfant.
5. 1 1,10 — 12 liest A,:
quant il descendi as degres,
e li vasl^s venir le vit,
entre ses bras le recoillit.
Den Reim dit : recoillit ändern die andern Handschriften zu
voit : re(oit. Dadurch wurde v. 1 2 siebensilbig, wie ihn A.2 B, auch
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 357
noch habeil. B2 A3 merzten diesen Fehler aus, indem B.^ bei vor
Ic setzte, A3 deux zwischen ses bras einschob.
6. 74,1g — 22 lauten in Aj :
les joies durent longement
l'accler e rcmbracement
que la mere vers son fiz meine
de ci qu'a none tote pleine.
Wir finden in den ersten beiden Versen wieder eine künst-
liche Wortstellung. Diese behagte dem Schreiber der Vorlage der
anderen Handschriften nicht. Deshalb zerdehnte er diese 2 Verse
zu 4 :
SOS ciel n'a clerc qui peusl dire,
qui tant seust cunter ne lire
les joies, les embracemens,
l'acoler et les baisemens.
Im Anschlufs hieran führe ich ein Beispiel an, welches beweist,
dafs der Schreiber der Vorlage von A.^ A3 B, B2 auch kein En-
jambement litt. g,ig — 20 liest A,:
quar, vutile ou non, l'a violee
sis freres, e depucelee.
Dafür die andern Handschriften:
ou vueille ou non la bele nee,
si l'ad sis freres violee.
7. Daneben zeigt sich die Eigentümlichkeit, dafs die ursprüng-
liche Vorlage von A, A3 B, B2 Übergänge mit Hülfe von Zeit-
adverbien nicht für genügend erachtete. So liest Ai4g,2i — 2^^:
eil a fait ce qu'il li rova,
les letres list que il trova.
Lors a son parein regard6.
Die andern Handschriften verstärken den durch lors angezeigten
Übergang, indem sie in Anschlufs an 37,17 — 18 zwischen 4g, 2 2
und 22i zwei Verse einschieben:
et quant il ot les letres lites
qui es tables furent escrites,
nur hat vor diesen B2 noch 4 andere:
que qu'il les list, souspirc et pleure ;
li bons abes prie et aeure
que damediex le convertisse
si ke l'aglyse ne guerpisse.
8. 54,2 1 — 22 liest A,:
e se madame vos veeit,
molt volentiers vos retentircil.
Hierhinter haben A2 A3 B| B.^ zwei Verse, sow denen es frag-
lich ist, ob sie original, oder nur Einschub sind. Ich citiere
nach Aj:
35^ w. MiKur.K,
car molt samblds gentil baron
al vis, al cors, a le fa^on.
Sind sie nicht original, i-o sind sie ein weiterer lieweis für
die /iisatnmengeliorigkcit der 4 Handschriften,
II. Die Vorlage von B, B.^ war näher mit A^ als mit
A3 verwandt.
üb nun eine A.2- oder eine A;j-IIandschrift die Vorlage der
Handschrift war, aus der B, K^ entstammten, diese Frage ist schwer
zu beantworten, da den Beweisen, die für A.^ sprechen, doch nicht
ganz ungewichtige entgegen stehen, die B, B.^ näher mit A;, ver-
wandt erscheinen lassen. Allein auf Grund viel' r ganz auffällig mit
einander übereinstimmenden Lesarten und einiger gemeinsamen
Fehler wage ich A2 B, B.^ zusammen zu stellen.
1. Als der Abt die Tonne sieht, in der das Kind ruht, fragt
er die beiden Fischer, was in derselben enthalten sei. Sie ant-
worten nach A| A^ 36,5 — 6 :
II li Olli dit : de nos afaires,
sire, n'i ad de cliose guaires.
Sinn ist: Von dem was wir bringen sollten, giebt es darin
nichts. A2 B( B2 schreiben ganz sinnlos für de nos afaires : cesl
tios ajaircs.
2. 20, ig — 20 lesen A, A;j:
e tant en fu sis cors pensis
qu'onques n'i ot ne joi ne ris.
A2 B| B.2 schreiben für cors : cuers.
3- 75'i5 — 20 lauten in A, A3 :
ceste enfertez est si averse,
si lionie e si desperse
qu'en terre n'a cele racine
qui nie pöust faire niecine,
ne ja n'en avrai garison
ne par herbe, ne par poisson.
A., B| B2 haben für herbe : ?nire. B2 schreibt zwar 7?iie, doch
man sieht leicht, dafs dies ein blofser Schreibfehler für ?)üre ist.
4. Beweisend scheint mir auch der Zusatz zu sein, den A2
B| B2 allein hinter 17,2 haben:
et a tel home Commander
que bien le face honorer
de ci a tant que revenras
de cel voiage ou tu iras.
In den Handschriften Aj A3 fehlen diese Verse eben so gut,
ohne den Zusammenhang zu stören. '*•
Zu diesen Beispielen treten noch 2, wo zwar nur je eine B-
Handschrift mit Aj zusammengeht, wo es aber wahrscheinlicher ist,
dafs eine B-Handschrift gebessert, als dafs die andere, unabhängig
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIUS. 35g
von A2, mit dieser Handschrift zufällig denselben Fehler sich habe
zu Schulden kommen lassen.
5. 45,15 — 16 liest nämlich A,:
amis, dist Tabes, atendes
tant que les aie araisones.
Für atendes schreiben A2 Bj fälschlich : entendez.
6. 37,1 1 liest A,:
embedeus mains vers deu etent;
A.2B2 aber schreiben fälschlich entent für etent.
Diesem Resultate scheinen 3 Fälle zu widersprechen
und zwar sind es gemeinsame Zusätze in A;, B, B2. Dieselben
zwingen nicht zu der Annahme, dafs sie original wären; soll unsere
Hypothese aber richtig sein, so müssen dieselben auch in der Vor-
lage von A2 gestanden haben.
1. 19,16 — 18 lauten in A,:
e li promet tres bien e jure
que ja de rien n'iert descoverte
por nul grant gaaing ne por perte.
Hierhinter haben A3 B, Bj zwei Verse:
i8a ne ya de rien n'yert tant iree
1 8b que ya en soit depoepliee.
Der Ausfall dieser Verse in A2 ist jedoch sehr leicht erklär-
lich, da V. 17 und i8a zur gröfsten Hälfte gleichlauten:
2. Einen weiteren Zusatz haben A3 Bj B2 hinter 52,6:
6a et chascun jor dieu en deprie
6b que droite voie le conduie.
Nun beginnt aber 52,5 in A2 mit ^A ebenso auch 52,6a; des-
halb ist es nicht unwahrscheinlich, dafs dieser gleiche Versanfang
den Ausfall der Verse 52,6a und b veranlafst habe.
3. 6g, I — 2 lauten in Ajt
tant s'est deables enlremis
que la niere a son enfanl pris.
Diese Verse fehlen B,, dafür hat die Handschrift 2 Verse, die
B2 A3 nach diesen Versen aufweisen. So liest A;,:
2a qui oncques hommes ne fina
2b jusques a ce qu'ou lict les yousta,
wofür sich in B, B2 vier Verse fmdon :
2a tant que li diable ne hnat
2b de si qu'al lit les ajosta.
20 II fait Tun raltre aveir muH chier
2d pur Ic pechic bien ailucicr.
Dafs ilic beiden Verse, welche A;, M, [{2 aulwriseii, in ci.-r
Vorlage von A2 gefehlt hätten , ist um so unwahrscheinlicher als
B2 sich hier w'ieder als Mischhandschrifl kundgiebt , in solchen
Partien sich sonst aber ganz ohne Frage au .\2 anlehnt. Wie ist
360 VV. MIKIir.K,
nun aber der Ausfall zu erklären? Von l'j'nllurs könnte allerdings
(Icablc in 69,1 und 6g, 2a gtnvesen sein. Allein ein anderer (irinid
ist mir einleuchtender. Wie wir an einer anderen Stelle gesehen
haben, liebt A.^ die Anaphora. Nichts scheint mir natürlicher als
dafs eine solche eine frühcTe Aj-IIandschrift an dieser Stelle ge-
habt, also V. 69,2a vielleicht gelesen hätte: tanl li diahles tte fimi.
Da lag die Gefahr sehr nahe, dafs durch Abirren des Auges die
beiden Verse verloren gingen. — Auf das gemeinschaftliche Fehlen
der Verse 39,13 — 14 und 40,9 — 10 in A3 B, Bo, sowie auf das
der Verse 42,1 id !nid 12 in A, B, B, ist kein Gewicht zu legen,
da die B-Ilandschrift prinzipiell Verse auslassen, welche ohne Stö-
rung übergangen werden können, in Aj oder A3 die betreffenden
Verse aber aus Zufall übersehen sein könnten.
111. B^ hatte neben einer B- eine A2-Vorlage.
Ist die Abstammung der Vorlage von B, B2 aus einer A.,-
Ilandschrift wenig sicher, so zeigt es sich ganz deutlich, dafs in
den Partien, wo B2 sich als Mischhandschrift erweist, eine A^-
Handschrift benutzt wurde.
Zunächst sind einige Fälle zu nennen, aus denen es
sich ergiebt, dafs B.^ eine A-Handschrift zur Vorlage
hatte, die der durch Ao A3 vertetenen Gruppe näher stand,
als Aj.
1. 64,9 — II liest A,:
a dreite force, a mal talent,
molt les menoient malement.
Toz les destrenchoent a fais.
Für a fais schreiben A2 A3 B2 fälschlich a fall und ändern
deragemäfs plais in 64,12 zu plait.
2. Hinter 61,2 schieben Ao A3 B^ zwei Verse ein, die wegen
der Verse 61,4 — 5 unnötig sind:
porpense soi c'a lui ira,
et encontre lui jostera.
Zahlreicher sind die Fälle, wo A2 allein mit B2 zu-
sammen geht.
1. 89,20 — 22 liest A,:
Tu manjeroies tot le peisson
de Chief en chief jusqu'en l'areste
par les dous oilz de ceste teste.
Für Pareste in 89,21 schreiben A2 B^, durch 89,22 beeinflufst,
la teste.
2. Hinter 63,20 haben A2 Bo zwei Verse:
vers lui poignerent qui ains ains,
grant honte avint cel jor as mains.
Beeinflufst ist dieser Einschub dadurch, dafs der Schreiber ihrer
Vorlage nicht bemerkt hatte, dafs v. 21 — 22 in Parenthese zu
DAS VERHÄLTNIS DER HSS. DES ALTFRZ. GREGORIÜS. 36 1
schliefscn seien. Er glaubte v. 19 fehlte der Hauptsatz und schob
deshalb 2 Verse ein, während der Hauptsatz in v. 23 und 24 zu
suchen ist. Absichtlich liefs später ein Abschreiber von A2 v. 2;^
und 24 aus, während B., diese Verse noch aufweist.
3. Hinter 113,12 haben A.2 B2 einen Zusatz von 2 Versen:
a dame deu graces en rent,
si li conforte sagement.
Grund ist: Herstellung eines Überganges zur direkten Rede.
4. Einen unnötigen Zusatz haben ferner A2 B2 hinter 114,2:
car ore est plus bone eüree
que nule femme qui soll nee.
5. Endlich zeigen A2 B2 einen gröfseren Einschub hinter 1 14,18:
puis se porpense en son corage,
et dist: or ne sui jo pas sage;
mort desirier est grant folie,
micx doi jo desirier la vie,
et travaillier et moi pener
que a deu me puisse acorder.
Den letzten Vers zerdehnt B2 zu dreien:
que coroune puisse acater
o cheus ke diex velt coroner,
et en se gloire o lui poser.
Diese Verse sind veranlafst durch 114,21 — 22:
eil esteit liez, e deu loot
qui a bien faire la tornot.
Doch ist es nicht zwingend, die in A2B2 allein enthaltenen
Verse für original zu halten. Die Freude Gregor's über die Be-
kehrung seiner Mutter zum Guten kann man darauf beziehen, dafs
sie überhaupt nach Rom gekommen ist, um Bufse zu thun.
6. Gemeinschaftlich sind dann noch A.^B.^ die Lücken 115,
9 — 10, 84,17 — 18.
Diesem Resultate scheinen 2 Fälle zu widersprechen.
1. das Fehlen der in A2A3 hinter 118,2 eingeschobenen
Verse :
nos laist iceles oeuvres Hxire
que a bone fin puisson trairc.
Allein vielleicht hat der Schreiber sie absichtlich unterdrückt,
da sie an der Stelle störend wirken.
2. Auflällig aber bleibt das Vorhandensein der Verse 118,
5 — 6, die allein in A, B2 überliefert werden , während A2 A3 die
Legende mit 118,4 schliefsen. Sollte Luzarche sich etwa auch
hier wieder in den Zahlen geirrt und 8 statt 6 Verse am Schlüsse
B2 entlehnt haben?
302 W. MIlCMLi:, DAS VERHÄLTNIS UKK liSS. UliS ALTl'KZ. üRIiGOKlüS.
Schlufs.
l*'a.ss(!n wir das Resultat unserer Untersuchung zusammen, so
ist OS folgendes:
Ks liegen uns von der Legende zwei von einander stark ab-
weichende Redaktionen vor, eine A- und eine B-Redaktion. Von
den Handschriften der A-Redaktion sind A.2 A-, näher unter sich
verwandt, als mit A,. Die urs{)rünghche H-Rcdaktion ging auf
eine A.2-I landschrift zurück, während die Il^-Handschrift neljen
einer 15-Vorlage eine A.;,-! landschrift benutzte.
Nennen wir die Originalhandschrift O, die gemeinschaftliche
Quelle der vorhandenen fünf Handschriften x, die Vorlage von
A2 A3: Kx, die von B, B.,: B, so stellt sich die Klassifikation der
Handschriften folgendermafsen :
O
I
A.. A.
B., B,
W. MiEHLE.
Franko-italienische Studien. III.
(S. Zeitschrift X 22.)
Das Lied von Hector und Hercules.
Aus Gründen, die auseinanderzusetzen hier keinen Zweck hat,
lasse ich als Forlsetzung meiner Franko-ital. Studien (Ztschr. X 22 tl)
nicht die venezian. Aspremonthandschriften folgen, sondern greife
eine neue eigenartige Komposition heraus. Die bisherigen zeigten
uns, wie französische Vorlagen unter den -Händen italienischer
Schreiber und Diaskeuasten allmählig italianisiert werden, nach be-
stimmten, mehr und weniger konsequent durchgeführten Grund-
sätzen (vgl. namentlich vok.ukons.^^ ^ § 9 1 628, II 47), mitunter mit
Verkennung der französischen Form und daheriger umgekehrter
Schreibung. Je mehr ein solcher Text abgeschrieben, umgeschrieben,
überarbeitet wird, um so mehr entkleidet er sich des französischen
Gewandes. Das Gedicht, das ich jetzt behandle, dagegen hat
höchst wahrscheinlich kein französisches Vorbild, vielmehr weist
alles daraufhin, dafs der erste Verfasser ein Italiener ist, der sich
alle Mühe giebt, gut französisch zu dichten. Völlig gelingt es ihm
freilich nicht, und wenn auch die eine und andere italienische
Form auf Rechnung der Schreiber kommt, so bleibt doch des Un-
franz<")sischen genug, dafs man ohne Mühe den Ursprunges des
Gedichtes erkennen kann. Auf den ersten Blick fällt die Abwesen-
heit einer ganzen Reihe charakteristischer Züge des franko-venezia-
schen auf: nie wir vok. u kons, in/ umgeschrieben, fast nie die aus-
lautenden e \n a geändert, nie e, i, 0 eingesetzt; wenn die Flexion
völlig verwischt ist, so findet man doch keine Plurale auf /;
der Mangel des prothetischen Vokals vor s kons, ist verhältnismäfsig
selten; die Verwirrung in der Setzung von auslautendem /// und n
sucht man vergebens ; auch in der Anwendung des Diphthonges ie
zeigt sich gröfsere Regelmäfsigkeit, obschon gerade hier sich der
I'-inllufs der hybriden Texte auch auf unsern Verf. bemerklich macht.
Das ist ein wichtiger Punkt. Es ist selbstverständlich, dafs die Litteratur
sich nicht mit einer Sprache begnügen konnte, wie diejenige in der
Anseis oder Roland oder Aspremont geschrieben sind, dafs sie
vielmehr aus dieser Übergangssprache sobald als mi')glicij heraus-
treten mufste. Dafür gab es zwei Wege: entwetler das Italienische
gewinnt die Oberhand, der Dichter schreibt italienisch, borgt aber,
wenn er nicht ein bahnbrechender, alles alte abstreifender und
364 W. MEYliK,
ganz selbständig arbeitender Kopf ist — und das sind di(;se Leute
ja nicht — aus Keiniiiut, od(;r aus Mang(;l an passendem Stoff in
seiner Sprache oder aus andern (Gründen, vielleicht oft unwillkür-
lich, Formen und Formeln aus der ihm vorangehenden Litteratur :
über ein derartiges Werk (wir haben deren mehrere) wird einer
der nächsten Artikel handeln ; oder aber, der Dichter schreibt
französisch, handhabt die fremde Sprache mit etwelcher Sicherheit,
hat sie vielleicht in Frankreich selbst, oder wenigstens bei einem
Franzosen, oder aber nur aus der Lektüre französicher Texte ge-
gelernt: in allen Fällen aber hat er jedenfalls auch, vielleicht zu-
erst, die hybriden Texte gelesen, hat, da er beide Sprachen kennt,
mit richtigem (Gefühle die falschen Italinisierungen vermieden, er
italinisiert überhaupt nicht, greift aber falsche französische Formen
heraus, weil er Analoge im Französischen selbst findet. Vgl. j^ 2.
Das Studium eines derartigen Werkes ist von mehr als einem
Standpunkte aus interessant. Es zeigt, wie grofs bei Einzelnen die
Kenntnis des Französischen war, wie grofs die Fähigkeit, zwei doch
nahe verwandte Sprachen auseinanderzuhalten (denn auch diese
Fähigkeit die uns heute selbstverständlich scheint, mufste erst er-
lernt werden), es zeigt ferner, bis zu welchem Grade schon eine
normierte französische Schriftsprache existierte.
Das Lied von Hector ist uns in 5 Handschriften überliefert,
einer venezianischen, einer florentinischen, einer pariser, einer ox-
forder, einer londoner, vgl. P. Meyer, Rom. II 135. Die venezia-
nische Marc. gall. XVIII, die auch den Trojanerkrieg enthält, ist be-
schrieben und das Lied von Hector daraus publiziert von Bartoli
Arch. Veneto III 344 — 366. Der Schreiber nennt sich Da portniel
guiaumc, von Bartoli S. 343 und I primi due secoli S. 108 Anm. 4
wohl mit recht als Porio vecchio. Dorf bei Portogruaro (Venedig) ge-
deutet. Ich bezeichne die Handschrift mit a. Aus der zweiten,
Riccard. 2433 teilt ebenfalls Bartoli die ersten 50 Verse mit I primi
due secoli S. 108 Anm. 4. Mit a teilt sie s = t-\-s: 3 ardis, gratis,
4 puisans, 7 petis, ferner onb/e {hur?nlis) 25, mit ß (der gleich zu
nennenden pariser Handschrift) auslautend -/: niont 11, gratit 37;
S071 II, 36, 37; üiafii 32; Einzelheiten, wie chasament 40, vanchus
6. Eigentümlich ist die häufige Auflösung von u-ko>is. z= /; oltre
2, 19, volares 31, sogar oldir 31. fo=-ßni 3, 14, 17, 2i, 23,
25 u. s. w. [fti 21, 22) z für c\ Jorze asiza 34, ze 29, sesforze /\g,
auch saze = sage 5. plny {plus) 27, temus {cremus) 43. — Über
die oxforder berichtet P. Meyer, Docuraents manuscrits S. 159 f.
und teilt S. 245 — 246 Anfang und Schlufs mit. Der Schreiber
nennt sich: Se?ies, P. Meyer vermutet, dafs es derselbe sei, wie der-
jenige, der als Cetiat in der Einleitung des franko-venezianischen
Gui de Nanteuil genannt ist, vergl. P. Meyers Ausgabe S. XXXIII.
Eine Vergleichung der allerdings sehr wenig umfangreichen Proben
die aus beiden Handschriften gegeben werden (aus Gui S. 100),
spricht gegen diese Hypothese. Senes schreibt stets s, Cenat 2 für
i-^s, jener verwandelt l-kos. in u: outre 2, bewahrt den Diphthongen
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN, 365
at oder verwandelt ihn in ei: leissa; dieser dagegen bewahrt /:
oltre, calciez, civalga u. s. w., schwankt zwischen ai und a : lasiez (von
laissier) laissiez {xmaA.^, ai [habet) passeent [pascunf) S. andeus C. am-
dos, S. stets ie, C. häufig e. Noch stärker sind die Abweichungen,
die der von C. herrührende Prolog (ein Stück daraus bei Meyer
S. XXV) von den Schreibergewohnheiten von S. zeigen. Definitif
entscheiden läfst sich die Frage natürlich nur, wenn gröfsere Stücke
der beiden Schreiber verglichen werden können. — Über die lon-
doner Hs. vermag ich nichts mitzuteilen. — Die pariser trägt heute
die Bezeichnung fonds fran^. 821 anc. 720g Pergament XIV. Jahrh.
292 paginierte Blätter, in zwei Spalten zu 44 Zeilen. Format
35,1 cm und 25,6 cm. Die Handschrift stammt aus Italien, wie
einmal aus dem Duktus der Schrift erhellt; von Bl. I32d bis 155b
scheint ein anderer übrigens auch italienischer Schreiber eingetreten
zu sein. Sodann aber wird italienische Herkunft, und viel sicherer
als durch die Paläographie, durch die Sprache erwiesen und zwar
hat nicht etwa der Kompilator des Werkes alle die Italianismen
hineingetragen.
Das Lied von Hector steht Bl. i — 12c. — I2d — 15b folgt ein
Abschnitt aus der kürzlich von P. Meyer Rom. XIV 36 ff. bespro-
chenen Histoire ancienne jusqu'ä Cesar, und zwar, ganz passend,
die Geschichte von den Amazonen und Hercules. Die Rubriken
sind mit kleiner fast unlesbarer Schrift an den Rand geschrieben,
zum Teil beim Beschneiden verstümmelt. Die Inizialen fehlen. Ich
lasse hier den ersten Abschnitt folgen, man mag damit P. Meyer
S. 41 vergleichen.
Pres ce que Thebes fu destruite, bien V et LX anz ainz qua rome fust
comencie, nasqui une grant bataille e perileuse antre ciaus de grece et ciaus
d'athenes. La ot molt grant gent motte et por mer et por terre. Que vos iroie
contant de ceste bataille ne devinant(sic!) les noms de princes que l'estoirc
ne rementoit mie? Ce seroit pechiez e vilanie. Et que vos iroie ie contant
quantes nes eil de grece mistrent seur mer por envair ciaus d'atenes, quan»
angins il firent por destruire ? Long tans se combatirent. Äles molt an orent
eil de grece Ie meillor de la bataille si prislent assez des plus baus barons
de la cite d'athenes et de grece qui aidoient a ceus d'athenes. Et savez voz qu'il
fasoient des iovenciaus, quant il les avoient pris ? II les anvoioient an leur
contrees a un moustre qui avoit a nom mynotaurus, qui estoit la moitie homs
et la moitie toriaus, plus crueus que nus diables. A eist moustre livroient ciaus
de grece leur prisons a devorer. Et aus autres crevoient les iaulz et les autres
rotissoient. Ainsinc destruoient li uns les autres. Car il n'avoit an eus ni
pitie ni misericorde. Adonc aussi se combaloient li thesalonien a li phycien.
Et por Celle bataille furent il mult de gent oucise. Mas au deviser ne voil
geres demorer, ainz passerai briement. Car il Ie convient fere.
Der Abschnitt endet mit dem Tode des Hercules:
Ainz Ie prist une greveuse maladie. Car por sa grant lierle antra il an
un feu et s'arda toul et ausi feni sa vie.
So weit auch die andern Handschriften, nun aber folgt ein
Zusatz, der sich sonst nirgends fiiuU-t, luid lUr vom Kompilator
366 \V. MKYRK,
von 821 herrühren niiifs, da or auf das vorhorgehcndc Lied von
Hector Bezug nimmt.
Et aucuncs gcnl (iienl qu'il morul por la main le biien Hector de Troie,
qui sc combati a lui cors a cors davaiit une cito an pafagoine por vanger la
niort laumcdon son aiol. Ausi com csloit dcsus an rime.
Streng genommen braucht nur der letzte Satz von demjenigen
zu stammen, der die beiden Stücke vereinigte. Allein der .Mangel
einer Andeutung der zweiten Version in den andern Handschriften
(wenigstens den parisern) spricht wohl dafür, dafs die ganze Stelle
später zugefügt ist mit bestimmtem Hinblick auf unser Gedicht.
Da später noch mehrfach Stücke aus der Histoire in 821 ein-
getragen worden sind, so mag vorläufig die Bemerkung genügen,
dafs eine besonders enge Verwandtschaft mit den in Italien ge-
schriebenen Handschriften franc,-. 686 und 1386, die man wohl er-
warten möchte, nicht existiert.
Bl. 17a — 25c. Cato. Über Handschriften der altfranz. Cato-
übersetzungen vgl. P. Meyer Rom. I 209, VI 20. Die bekannteste
ist diejenige des Adam de Sucl. Auch der unsrigen liegt diese Be-
arbeitung zu Grunde, doch ist im Epilog der Name Adam durch
Mace de Troie ersetzt. Aber auch sonst finden sich nicht un-
wesentliche Abweichungen. Dem Prolog des Orginals gehen 16
Verse voran ; die Proverbia sind nicht durch ein blofses Distichon
übersetzt, vielmehr wird die moralische Betrachtung vielfach weiter
ausgesponnen. In der Übersetzung der Distichen dagegen ist die
Übereinstimmung vollkommen. In Folge der Erweiterung erhalten
die 53 Sprüche 414 französische Verse. Dreimal fehlt ein Vers,
die Zeile bleibt aber unbeschrieben ; da nicht anzunehmen ist, dafs
Schreiber und Verfasser eine Person seien, so liegt die Vermutung,
dafs die betreffenden Verse in der Vorlage fehlten oder undeutlich
geschrieben waren, am nächsten. Der Prolog und die Paraphrase
der ersten Sprüche mag eine Idee von der Art unseres Dichters
geben.
Ici comenza le romanz
De don chaton sages vailanz
Seignors se vos pleist escouter
Romanz qi bien fait a loer
5 Oez les di9 de cest livret
Qi est estraiz de catonet
Car ce est la sposition
Del sage livre de caton
Ensi com il est trestorne
10 De latin en romanz dite
Se a cest vers vollez antendre
De granz senz i porez aprendre
Car ce n'est pas romans de fable
Ainz est verais e raisonable.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 367
15 D'oir i alez entendiment
E ge dirai sanz targement
Mais ainz que ie comenz a espondre
De fran9ois au latin respondre
Vos voi deviser les seatences
20 Dont ure. mestre sont an tentes
Car li un dient e delivre
Icil caton qui fi?t cest livre
Fu un mestre molt senez
De la cite de rome nez
25 Et por ce q'il sot plus de nus
Ot nom caton censorinus
Li autre dient qe ce fu eil
Qi en Übe fu en eixil
Au tens qe cesar conquist rome
30 Que il devindrent tuit si home
eist fu caton uticensis
Qi tant fu sages e pensis
De garder sa nobilite
Qe en mantint une cite
35 Se eist cesar vousist ou non
Por ce ot uticensis non
Encor dient l'autre parlie
Qe eist ne eil ne fu il mie
Mes un mestre qi ot nom tulles
40 Qi tant fu prodom e entulles
Fist son livre apeller caton
Qi entre les autres fu prodon
Sages fu e bien anseignez
Prenez le qel qe vos volez
45 Q'1^ ^^ f^s*^ ^'°" P^''^ '^^ ovre
Car son senz nos moustre descovrc
Qe sages fu de ceste vie
Car a maveste nos envie
Par un suen filz qe il enseigne
50 En qel maniere il se conteigne
Varianten von 12581, fol. yj\d, mit welcker Handschrift 25426 tng
verwandt ist, während 12471 und 1555 nic/ir abweichen. 17 f. Seignor ainz
que ie vous comanz Kpontlre chalon en ronianz. 19 vous vueil. 20 tcnccs.
21 a delivre {so alle J/s.). 22 Que eil al/e J/ss. aufser 25462: ichil. 23 ^^\:
fu. Nach 24 in allen IJss. aufser 12471 noch 2 Ferse. 27 que fehlt.
28 essil. 30 Et, Que 401, 1555 — devinrent. 31 Cist, Che 401, 25462.
34 f. Car a utice unc cite conquist Cesar vossisl ou non. Das Richtij^e steht
25426 S'ochist statt conquist, alle andern haben den l'ers mifsver standen: am
nächsten steht 401 Oucist. 37 Encore dit. 38 eil ne eil; fu ce. 40 Qui no
fu ne fox ne antullcs, so alle aufser 1555 der enluUes nicht verstand und
änderte. 42 Pour ce que catons fu. 43 csccilez. 45 uevrc. 46 Qui, scns.
monstre, descuevre. 47 f. fehlt 22581 und 25426. 48 El a iiouncslc.
4<) lil (|IK'.
368 \\'- MEYRK,
Dcsor voil au contc vcnir
E vos panser dcl relenir
Les comandcmenz qe il a fail
A son filz por nos toz rctrail.
Ici fcnis Ic prolofjc de celui qui translala eist livre de latin en roinan.
Incipit prologus libri Catonis
Cum ego Cato — contingerent.
i;S Ce dit Calon qant ie vcoie
Les homes aler a male voie
Je porpensai qe mestiers crre
Com lor enseignast la maniere
Par q'il laissassent la folic
60 E il amendassent lor vie
Si qe li grant e li menor
Puissent vivre a honor
Nunc te fili carissime — est negligere.
Biaus chiers filz or te voil descrivre
E monstrer coment tu dois vivre
65 Mais garde qe tu lisse en tel guisc
Ca qe ma letre te devise
Qe tu antendes tot l'afaire
Car autretant seit despleit faire
Li home qe lit et rien n'entent
70 Com eil qe chace et rien ne prent.
Itaque deo supplica.
Primiers deis a deu supplier
E doucement merci crier
Qe il te gart de toz pechiez
75 E de totes aversitez
Apres ce doiz faire tiels ovres _
Que de son bien ne soies povres
Et tu deis metre ta esperance
Et ton corage e ta esmance
80 De croire bien si com il dit
El pere el fil el saint espirit
Trois personas en unite
Et un deu en trinite
Qi ce ne creit vanement erre
85 Qi aiment deu ce devient creire
E de bon euer a deu servir
Et honorar e obedir
Car eil qi a deu de bon euer sert
Bon guirdon vers lui suer sert.
53 faiz. 54 a faiz. Näher unserem Text, aber wohl ferner dem Ori-
ginal steht 401 qui a tez retrait und 12471 pour tout sont tout trait. 55 a
fehlt, aufser in 1555. Nach 56 sind zwei Verse übersprungen. 57 Ja me
pensai, iere. 59 Par quoi 1.; lor f.; la f auch 12471. 60 Et si. 62 a grant
h. 1555 Vivre peusseut a h., 12471 und 25426 Peussent vivre par h.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 30g
Schlufs Bl. 25c:
Mace de Troie qe se repouse
Seignor vos dit a la parclouse
Se il a parle feiblement
En maint leus oscurement
5 Ne vos en merveilliez mie
Car il a fait grant partie
Por garende de la matire
Qe se change en mainte maniere
Et ensement com caton fait
10 Vuelt il escusier son mesfait
Par la breute qe il ensolt
Qant un comandament acolt
En dos vers fait de plusors choses
Vos sabez bien qe toutes choses
15 Ne soront ia a dreit bien faites
Nulz n'est tant riches qe n'ait sofraites
Ne ma toutes bones urtez
Ne te puet nuls estre armez
Se n'i a ce a dreit mesfait
20 Ja ne li doit estre a mau retrait.
I 12581, 12471, 25426 Adans li clers qi, 1555 Adans vos dit, der
ganze Schlufs fehlt 40 1. 4 Et en ; leu. 5 mervilliez vos. 6 en a f. 7 a
labriete; matiere. 9 escuser. iibriefte; ensuit jo a«cA 25426; 1555 en queult
fehlt 12^11. 12 a quiust. 13 Et en, quatre glosses vielleicht hat die Vorlage
von 821 closes, vgl. 12471 clauses. 15 seront, dou tout bien f 16 si riches
n'ait, qui, das den Vers stört, auch 1555. — ■ 17 N'a eurlez. 18 nuls homs
estre aheurtez. 19 f. weichen überall ab ; 12471 hat 2 andere Verse, 1555
noch 4, von denen die beiden ersten fnit 12581 und 25426 iibereinstimtnen, in
den letzgenannten Uandschriften folge?i dann die zwei Verse, die den Schlufs
von 12471 bilden, endlich fügt 12581 noch eine Distichon an.
Mace de Troie ist, darüber kann wohl kaum ein Zweifel walten,
der Überarbeiter der Catoübersetzung Adams. Mit etwelchem Recht
hat er seinen Namen eingesetzt, denn seine Arbeit bei den Sprüchen
ist eine recht lobenswerte. Sie besteht übrigens nicht blofs in den
Erweiterungen. Adam hat nur 5 1 Sprüche, Mace dagegen 53, da-
runter 10, die Adam fehlen, umgekehrt hat Adam 6, für die Maco
keine Jüitsprechung bietet. Während aber ]\Iace sich nie wieder-
holt, kommt bei A. ulcre viriide zweimal vor: No. 41 und 45 und
ebenso Diligentiam aJhibr. 24 und 50.
titer e vir tute:
Pensse de bien a oeuvre mettre
Desque tu censes * cntremeltre
und
• Lies mit 12581 t'en ses.
Zcitschr. f. roin. l'liil. X. 2^
370
Mace :
W. MEYER,
Ja ])ar forcc nc die rien
Petit vault force sans engin.
Pense del bicn a ovrc metre
De ce (jue tu seis cntremetre.
Di/igenluitn adhibc
und
A ton preu faire met ta main
Volcntiers a soir et a main
Pais et aniour entre gens porte
Guerre te haine deshonorte
Ganz anders Mace:
Diligentiam serva
N'aler mie sovent muant
Ce qe tu penses de la iant
Was die Reihenfolge der Distichen betrifft, so hat sich Mace
mehr der Vulgata genähert, während Adam mit dem Vefoneser
(Schenk! Ztschr. f. ö. Gymn. 1875 S. 485 ff.) und dem Veneziani-
schen (Tobler Abhandl. d. Berl. Akad. 1883 S. 427 ff".) in engerem
Zusammenhange zu stehen scheint, vgl. die folgende Konkordanz:
Mace.
Adam.
Ver.
Vu'g.
Ven.
Mace.
Adam.
Ver.
Vulg.
Ven.
I
I
I
I
I
28
30
33
• 29
32
2
2
2
2
2
29
32
28
30
35
3
3
3
3
3
30
37
36
32
37
4
5
18
5
5
31
33
—
—
34
5
4
—
—
4
32
41.45
47
35
38
6
7
19
6
6
33
43
48
36
39
7
9
4
7
7
34
44
22
37
12
8
II
5
8
8
35
29
25
39
14
9
13
6
9
9
36
—
37
11
36
10
15
7
10
IG
37
—
27
41
40
II
17
8
1 1
II
38
39
—
—
42
12
19
9
12
16
39
36
46
42
41
13
21
10
13
17
40
—
—
—
43
14
—
—
—
—
4'
40
29
45
44
15
26
50
15
19
42
42
40
46
45
16
6
II
16
20
43
—
42
48
46
17
8
12
17
21
44
47
—
—
47
j8
10
13
18
22
45
44
50
48
19
12
—
—
23
46
38
38
34
33
20
14
14
20
—
47
46
41
47
—
21
16
15
21
24
48
—
45
51
49
22
18
16
22
25
49
—
35
52
50
23
20
•7
23
26
50
24,50
49
14
18
24
23
20
24
27
51
49
34
54
51
25
25
21
25
28
52
—
—
—
52
26
27
30
26
29
53
51
39
55
27
32
28
31
/. et.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 37 I
Es ist hier nicht der Ort und mir fehlen für jetzt Zeit und Mittel diese
Verhältnisse des genauem zu untersuchen. Gegenwärtig interessirt
mehr die Frage, wer, oder genauer von welcher Nationalität (denn
mehr läfst sich kaum ermitteln) war dieser INIace de Troie? Nicht
der Schreiber unserer Hs., das läfst sich ohne weiteres sagen: seine
dialektischen Eigenheiten finden sich nur in einem der vielen ver-
schiedenartigen Stücke, in der Passion, wieder; ein so unabhängiger
Kopf hätte aber gewifs auch anderswo Spuren seiner Thätigkeit
hinterlassen. Da nun aber der Kompilator bezw. dessen Kopist,
wie sich noch zeigen wird, am sprachlichen Charakter seiner Vor-
lagen nichts oder fast nichts geändert hat, so dürfen wir aus der
Sprache des Cato auf die Heimat des Verfassers schliefsen. Da
fällt die Möglichkeit, dafs wir es mit einem Landsmann eines andern
Catoübersetzers : Chretien's, zu thun hätten, ohne weiteres weg ; der
Mann kann nur ein Italiener gewesen sein. Ich finde nur einen
kleinen Ort Troi im Bellunesischen, da an die Insel Troia bei
Elba oder an Troia in Süditalien nicht zu denken ist. Dann wäre
wohl Mdce zu betonen = ital. Maso, Kosenamen für Tomas, Das
sind natürlich vage Möglichkeiten. Betrachten wir die Sprache,
und zwar zunächst die Reime. Da begegnen (ich erwähne nur die
im Französischen unregelmäfsigen) achatier : amploier; engager : dotier;
amer : porchacier : gaagner (3 Reime):
Que non ai soing de vos amer
Mes or i alez a porchacier
Et ce que porrez gaagner
soef : chief; eviploic : doiic ; mangier : parier läfst sich rechtfertigen :
Petit paroule a ton mangier
Car non est bon le trop parlier
parlier kann als substantivische Bildung mittelst ier gefafst werden.
Die anderen Handschriften haben die Verse, die bei M. folgen;
freilich aufser dem Reime ganz umgeändert:
Adam Mace
A tan mangier petit parole Nus a este en bone escole
Cou dois tu tenir de m'escole Qui trop en son mangier parole
Ebenso penser : chier:
Ne reccir ton fol pensier
Car mult remein de algun chier.
hoire : descovre, was wohl zum mindesten boivre voraussetzt, eine
Form die allerdings lautgesetztlich untadelhaft, nicht wie das echt
franz. Loire noch croire umgestaltet ist, die aber meines Wissens in
rein französischen Quellen nie zu belegen, daher liier italieni-
schem Einflufs zu verdanken ist, Der Reim oi : o kommt auch im
Ilektor vor. — deil : culramcil (= debet : intermittit); forlune : doue :
saluz : iuz:
2\*
372 W. MRYEK,
Receit graces et saluz
De deu et des homes tuz
Sodann ein hlofser Augenreim:
Que de mesdire te reponses
E di le bien se fere le ses.
Endlich erwähne ich noch zwei Verse, bei deren zweitem mir
das Reimwort unverständlich ist. Godefroy, der Hektor mehrfach
nach unserer Handschrift citiert (nach was für einer Auswahl, ist
übrigens nicht ersichtlich), bietet nichts anklingendes.
Aprent tes enfanz et enseigne
Coment chascuns d'els se conligne ;
Car se de bien ne sont norriz
Tant com il sont enfanz petiz
Dur est l'aprendre puis ce me cret
Car trop est dur buef en espret.
cret = crede aber espret?
Man sieht schon aus dem bisher angeführten, dafs Mace ei ==
ital. e franz. oi nicht scheut. Im Reime mit sich selbst findet' sich
noch : crett : espleit, dreit : endreit, guereie : foleie, vei : sei, tei : castei
neben zweimaligem avoir : pooir, avoir : savoir und einigen andern
Beispielen in den aus Adam übernommenen, daher weniger be-
weisenden Versen. Desgleichen im Versinnern: corteisie, despleit,
deis, dei, creit, creire, acreist, veis, acreisment, tei, seit (mehrmals), veies
(videas), sei, leis (lex), Acc. lei, deceit, dreit, das nicht streng bewei-
sende, weil auch in franz. zu erwartende 7nei7is ; sodann caler (cha-
loir). Daneben aber fehlt oi keineswegs, obschon es sehr in der
Minderzahl ist, croire imal, neben 2 maligem creire, dois 3 mal,
soies 2 mal, voi, voies, doit, toi und einige andere. — Von den
andern franko-italienischen Merkmalen begegnet honorar ; sodann
fast stets tiel, und sonst ie = frz. ie, während der Diphthong von o
häufiger fehlt, vergl. volt, meist bon, son, ton und den Reim povre :
ovre. — ra?n, vanement und das wegen der Tonlosigkeit des ersten
Bestandteiles etwas verschiedene rnantenir; sodann ei = ai: mau-
veisement, seis, seit (sapis sapit) pleist ; paes (pascis), wohl eine Konta-
mination aus ital. pasce und franz. pes; eine umgekehrte Schreibung
saiches (sapias) endlich, recht aufiallig, das prov. etiganaire. Wenn
es indessen richtig ist, dafs der Verfasser aus dem Bellunesischen-,
also aus rätischer Gegend stammt, so begreift sich die Form leicht :
seinem Dialekt gemäfs wäre engaii7iader oder engaiin^der. Auf die
vereinzelten venezianischen Nominative auf adro ist wohl weniger
Gewicht zu legen, da sie, wie noch anders, aus Osträtien ins Vene-
zianische eingedrungen sind. — au ist ou : paroule, ouse, chouse, poti.
Ich erwähne hier doumage — e und ä sind nicht geschieden, auf-
fällig ist lengege und selbst lingue. — Auslautend a : personas,
inlautend: gabaor neben reco7}iandor ; damadex; sonst etwa conquister.
Aus dem Konsonantismus ist wichtig obedir, poc und siegle ; sodann
agetit (habeant), soges (*siatisj; ferner eine pikardische Form : ?7ien-
FRANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN. 373
choiüne; ts ist meist s, doch kommt z vor: peiiz = potes; auslautend s
fehlt einmal in der 2. Sg. lisse in der oben citierten Stelle, -l-kons
ist meist u: voui tont märe u. s. w., doch einmal voll und exalceronl,
V ist ein paarmal fälschlich verdoppelt: lisse (frz. hse, Konj. von
lire) notosse, osses. — Aus der Deklination ist zu nennen^./«/ als
Nom. Sg.; soi = son: por soi acreismemetil lahorc ; viel als fem.:
La lengue port ou sei la mel
Et si reporte ou sei le fei
aus der Konjugation laise Imper. statt lau der Vers ist zu lang; zwei-
j^^l ^,^1, ^ ^olis; soit = sapii neben seit und einmaligem sa, dem
sich der Imperativ /a anreiht; sient = soient. Ein anderer italieni-
scher Imperativ ist dormi, eine italienische 2. Sg. perdes, die übrigens
das Versmafs stören. Syntaktisch beachtenswert ist die mehrfache
Anwendung des Infinitivs mit der Negation statt des prohibitiven
Imperativs, auch in Fällen, wo die Vorlage den Imperativ hat: ne
^p^^^^ ^ n'espoire ; «/ a/^r statt ne va. Lexikalisch interessant ist
iemir, ferner die Übersetzung von lüde trocho : Joe au tropin. —
Der Schreiber scheint übrigens einiges falsch gelesen zu haben: so
ist wohl devient sevient statt deiveiit seivent (saivent) nur ein Lese-
fehler, nicht eine Anbildung an sient oder gar an die rhatischen
Konjunktive auf ia. Ebenso hat er debonairemcnt te contten falsch
gelesen und falsch gedeutet und schreibt: De bien acrement te con-
tient u. a. Dagegen gehört wohl dem Verfasser an:
Filz or te pri qe desvioies
Et qe teignes les meillor voies
WO desvioies eine kühne Kontamination aus ital. (de)sviare und frz.
desvoier ist; die andere Handschriften bieten: que tu clervoies. —
Die vorliegenden sprachlichen Bemerkungen beziehen sich nur auf
den Prolog und das erste Buch, sie genügenaber wohl für unseren
Zweck.
Auf Bl. 25d — 26c folgt ein lateinisches Traktat:
Incipit Optimum documentura de regimine familiae.
Gratioso miliii et felici Raimundo domino castri Ambrosii Bcrmudus in
Senium deductus salutem vgl. Hist. litt. XII 265.
Wer dieser Ravmundus ist, und wo das castrum Ambrosii liegt,
vermag ich nicht zu sagen; man ist versucht, an Oberitalien zu
denken. • i» x» /
Bl. 27a— 52b La complainte de Li tribulatwn dd imrable phvlo-
sophe qui fu appelez Boeces e de la consolation de la phylosophve quel
confortoit en scemblance d'une dame. Der Übersetzer ist em Italiener,
der vorher schon Boethius ins Italienische übersetzt hatte ,W /ö/" ce
l'ai ge translate en vulgär francois si come autre Jois /''^' /"'^ '»
viihrar laiin, denn unter dem vulgär latin ist ohne Zweifel das Ita-
lienische zu verstehen. Es wäre wichtig, diese erste Version zu
finden; von den mir hier zugänglichen ist es keine. Die Identi-
fizierung einer Italienischen mit der Franzosischen durfte nicht so
374 W* MEYER,
schwi(;rig sein , da <lcr Verfasser nicht wörtlich übersetzt, sondern
manches ändert; voraussichtUch wird er nicht erst bei der zwcit(!n
Arbeit auf diese Idee gekommen sein. Kr sagt uns das selbst am
Schlüsse :
Bl. 52": Cesle si est la conclusion del oevre tiele com fa fist la phye. a
Bo. Voirs est que le translatcor de Bo. avant la dite conclusion s
nesdil (lui ciici cnplusors leus de eist vulgär non mutent la sen-
tence dou Ho. nos a dil aucune foiz plus ou meins paroules que
ne sollt SU Ic livre dou Bo. et nos ranl raisons por quoi il a ce fait.
Ce est por fere plus alumenee sa translacions e l'entelligence de la phye. doc-
trine de Boeces. Et apres ce nos conte la conclusions.
Por aventure ie t'ai dit ici et en plusors Heus de cestelrans-
acions pluisors paroules les quieles ne sont en livre de Bo. Et
I)or aventure auchunes n'ai ie laisies que sus le livre de Bo. sont.
Mais ce ai ie fait en poi leus et non mutant la sentence dou livre. Et ancore
l'ai ie fait por ce que en ce m'est giete plus alcuminee et entellective ma
translations e l'entelligence de la doctrine phylosophyce de eil mirable philo-
sofe qui fist le livre. Le quiel selonc que il meisme estoit clame apella il
Bo. Le quiel philosophe por excelence doit bien estre clamez filosophe des
phylosophes. Et a le quiel la phe. en la fins de son livre fist tiele conclu-
sions com ie le ferai ici. Car eile comence sa conclusions et dist en ceste
mainiere.
Über andere französische Bearbeitungen des Boethius vergl.
Delisle Inventaire des manuscrits franc;. II 32g f. und P. INIeyer Ro-
raania II 271.
Der Italiener verrät sich mehr im Lexikon als in Lauten und
Formen. Selten a = e observar 2ga; ie statt e in ialis qualis und
Infinitiven: 27b les quiels, les quieles neben le quex, 28b tiel neben
quel, 2 8d tiel, 2gb iiele, quiel, quielle, 2gc quietis und öfter, ferner
mortiel 2gc und 27b seigtwriehiefii ; 27b confortier 2 mal disputier
28a 7-et.ornier (le lamentier), 28b espoentier, 28d contier, 2gb sentier,
2gd laynentier. Vereinzelt ist mauvases ; häufig dagegen ou = lat.
au\ paroules 28b, d, 2ga ouser 27c doumage 27b; auch ontouses 27c.
Das e vor stions. fehlt öfter: 2gc scintille, sperance. — Fehler gegen
das Geschlecht del doucor 28c. Beim Art. Masc. kommen hie und da
zweisilbige Formen vor: a le 28a, 2ga; von Verbaltormen notiere ich/«
ais = tu as 2ga. Nun aber lexikalisches: co7i (mit): eile trespasast com
son chief 27 b, se raisnoit con les sciences 2lb, C07n elles co7itost 27 b,
cu7n bons diz 2'j6., demores com moi 28a, com quiel chose 2gb, co7n
quieus 2gc u. s. w. Ferner da: mort das 77iauveises genz 28b, repous
daus felons 28b, dal 28c, s'eslonge dau 29a. partir de la desiance
de la ioie et dau temors e dau dolor s 7no7idains 2gc. Man kann
zweifeln ob dau == dal oder eine umgekehrte Schreibung für del sei
nach dem Muster ital. 7iovello = frz. nouveau. — alture 27 c, me7it als
Subst. {[■aX. 7nens) oft 27c, d, 28a, miser (}.) 27c, escamper 2gb, lia7/ie:
Mais l'ho77ie qui non a afabilite en soi, se He a un mauveis liar7ie 28 b,
Studie 28c, bruise = brule 2 8d, inver7i 2gb, riege: com quel regiment
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 375
// le riege 29b, scintiUe 2gc, faville 29c, k lux 29c u. s. \v. Dieses
schon auf den ersten Blättern ; der oben abgedruckte Schlufssatz
giebt noch anderes.
Bl. 52c — 6od:
Ceste est la ystoire dou are. seignor yh'u crist e coment il soufri passion
et torment et mort por sauvement de la humaiae generacion. Et per gieter
les armes hors dou limbs d'enfer, que estoient en tenebres.
Cell que sa que tot est nient
Se no a servir au roi omnipotent
Ma fait garder en ma memoire
Dont ai eslit toutes les ystoire
La plus veraie et la meilor
Ce est Celle dou nre. seignor
Yhu crist le douz fil marie
Qi a dou tout la seignorie
E ie por li espanderoie
Avant ce que ie savroie
Por ce que tuit poissent anprendre
Se il vuelent garder et entendre
Et se il ne vuelent ie n'en pois mais
Estier tant que ie prierais
Le douz seignor por sa merce
Le quiel est mais que nuls hom ne cre
Pleins de doucor et de fin amor
Et porqoi se maintient cascun ior
En cest monde henor e bien
Car il est nuls se il se sovien
Tres bien a droit dou douz seignor
Por qoi il n'oblit cascun dolor
I pois revien en grant leece
Dont ie le pri que il m'adrece
A dir ce que il deient iuriers
Ses cuers a ses dreiz sentiers.
Bl. 6od:
Et ensi sera^ cascuns paie
De tot ce que il avra ovre
En cest monde senz failir
Dont nos devons tot mes servir
Le roi poissant tot hublemenl
Por ce quil nos face ioiousement
Ester en aicel ior a grant leece
He douz roi hors de tristece
Ostez vos es ancet et breument
Qe tiel roman nos aprent
Del quiel avromes ioie et henoi
Plus que dir ne se poroit a nul ior
Se nos tenomes le droit sentier
En cest monde ilou til cl dou per
376 W. MEYEK,
Et il nos done ancor a ioir
Por sa merci et sanz failir
Avec ses angles en la doucor
Que est plus ploinc de fin odor
Que nuls la poroit oiKjues conlerc
Amen diez vos cascunc suer e freie
Vergl. Bonnard Ics traduct. podt. d. 1. bible S. 212. lunc for-
melle Eigentümlichkeit l)estehl darin, dufs hie und da der Zuhftrer
den vortragenden Dichter mit einer kurzen Frage unterbricht. Meist,
nicht immer, stehen diese Fragen aufscrhalb des Verses. Also z. B,
52d Por ce que nuls home se sauvoit
Son fil en terre il mandoit.
Et ou? En la preciouse gerne Marie,
La belle pucelle et replenie
De quoi? de totes bones aibs et la gensor
u. s. w.
Ebenso noch:
54d Que de cest estoient tuit repleni
Les disciples et sa mer autresi.
Et de quoi? Del anior dou douz seignor omnipotent.
54b Et si ot aferme le convenent
Iluec ou Chayfas et ou sagent,
Et coment? Que il en alera a son seignor.
55a II en comencerent a murmurer
Et pois a dire e a parier
Por quoi? Que l'onguement esperduz
Ne seroit mielz que il fust venduz.
54c Et en Celle höre furent ascemblez
Tuit les barons de cel regnez
Droit en la maison de Chayfas
Et parlerent ce que fu ses las
Et quoi? La traison de Yhu. Christ.
55a Mes il ne savoient ce que il tesmoigne.
Et quoi ? La mort dou douz seignor
Et por ce que il vit son enor
Le fist il: mout humblement
Porquoi estes vos cascuns dolant
Vers ceste fame por sa foi.
55d Et si oroit il la merce huie
Mout doucement le douz filz Marie.
E coment? En ceste meisme mou
Et pois retornoit il en cel leu.
57b Mes ensi com le douz seignor
Li fu mene a tiel dolor
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 377
Davant Pilat le grant baron
Li fist il une tiel raison
Et quid? Tu es le rois des iudeis?
57c Mes il cremoit por l'emperer
Qui estoit a Rome ou grant beruer
Ce fu Cesar, un grant seignor
A laissier por veir le sauveor.
Et porquoi ? Por ce que ne le tolist sa terre.
59b II estala tot droitement
En l'enferne mout ioiousemant
Et por quoi ? Por secorre ses amis.
Endlich, mit der Fragepartikel am Ende des Verses.
54a Que il est au monde ou sa vertu
Veraiament por estre escu
De sainte eglise et de sa foi
Contra ses trailors. Et ü de quoi?
De lui? Non ainz de il meismes.
Die Reime zeigen einen des Französischen wenig kundigen
Italiener, der sich weder mit Mace de Troie noch mit den Verf.
des Hektor messen kann. 52b merce '. cre. 52c mais : prierais (Fut.
I. Sing.) 52d matire : garentire, visitere (Inf.): aubcrgere, gensor :
ancore, 53a diroiz (i. Sing. Cond.) : w/özis (2. Plur. Ind. präs.), 53b
mere: maniere; ^^,6. temptier (tencürj : pier (pater), ^!\^ grieu (grevis):
Heu (locus); autre : combatre ; 54b forfet : dreit, 56a forfeiz : sacheiz,
57a berner : arester, 57b; mercei : crei (aber 54b nierci : di) u. s. w.
Aufser dem schon bekannten tiel und ier in den Infinitiven be-
gegnet namentlich ein starkes Schwanken zwischen ei und oi: 53a
veirament, 53b peison, 53c sei, 53d recevre, 55d deil, 56a iudeis : reis,
56b recevre, 53d adreit, 57d boffois : iudeis, 58a claveier, zweimal vci,
5QC sorfeit : dreit, daneben ist oi aber häufiger, 55d ist moi : soi
Jsapui) durch den Reim sicher. Unklar ist verilez : fiez 55c
^tzteres gleich fois, wohl ein Masculinum zu fiee, oder fie = fiee mit
fa^chem Accent, oder = feiz. — a statt ai: sans (sanctusj 56b,
ferner im 'Reime pilat : forfait 57b, : entresait 57d, mans 6od, atiz 53a.
au = ou couse 6oc. Im Auslaut fällt oder erscheint e nach r ganz
nach Belieben: dormire : dire 55d, alere : laire (latro) 57c, das
letztere eine provenzalische Form, der sich das schon angeführte
grieus = grtvis zur Seite stellt und, auf lexikalischem Gebiete, das
allerdings auch sonst in oberitalienischen DialekteJi bekannte (vgl.
jetzt Flechia Arch. Glott. VllI 320) aibs. stere : delivrer 58c esticre
( Stare) : pere (pater) 59b, sogar feste : pleste = placit 59b, pere : be-
rner e. Dies letztere kommt noch sonst in der Passion vor 57 c, im
Reime auf empercr, und anderweitig in unserer Handschrift vcrgl.
unten, pere : parliere {InL), contere (luL): /rere. Auch aufserhalb ilos
Reimes liest man rar/ie 55d, enferne 59b. j -«•"//j. im Wortanlaut:
Judas le schariot 54d ist ein besonderer Fall, aber, ganz italienisch,
378 W. MEYIiK,
sta iiuil 55c, slncnl 56b, slana 56c, slroilancnl 56d, staicnt 59a.
Auslautend -s verstummt in ensu : Jesu 58c, la su : wr/?/ 55<J. Ein-
mal bleibt V": sec/ez 55c, häufiger ^'r negieras 55c, ncgasl 55c, se-
kundäres _i,': pregiere 53c, 58c, / statt /': z;o/ (voleo) 54d, ^w^'-/-
noions 57d. Cohinc 56d mit « = /;/« wie im Mail, und so weiter.
Italienisches Geschlecht in soir f. 59a 2 mal ; jo« error 55a.
r/cz = ital. da franz. de 56d; zweifelhafter (vergleiche oben S. 374)
/ir.f atigles dau ciel 54a. — son mit Bezug auf eine Mehrzalil von
Besitzern begegnet hin und wieder: voiscs lotes a sa guise 53b,
les diables davanl soft sire 55c, lucifer qui ert son roi (der Kf>nig
der Teufel) 53c, alerent les disciples a son setgnor 55a. Auch
unter den Pronomen ist eine provenzalische Form zu ver-
zeichnen: aicel 57b; halbprovenz. ist qui = trz. ci: Saul qui ius
Iroqut' aval 53d. Beim Verbum begegnen einige endungsbetonte
3. I'lur. afermerent : isnellemeni 58a, allerent : gent 6oa, eiiseni : atten-
dent 60b; einmal 3. Sg. = 3. Flur, elles sa (sapiutit) 6oa. Sodann
neben gewöhnlichem omcs i. Plur. einmal ital. mit frz. -s: degnams
54b. Recht bemerkenswert ist, dafs im Futurum habere vom Infi-
nitiv getrennt werden kann, ähnlich wie hie und da im Pravenza-
lischen z. B. Bartsch Chrestom.'^ 332,3 tuelre Venz., im altmail. bei
Bonvesin. 54d je vos Vai irahir; 55b mais quand ie ai resusciter
En galilae vos ai ascembler. Sonst ist ein nicht franz. aber auch
nicht italien. (aber wohl friaul., wo (a)ler existiert?) Futurum alerai
53Cj 55b, d, 58a. Grofs ist die Vorliebe des Dichters für schwache
Perfecta, er scheut sich nicht vor veniretit 53a, 5qb, tenirent 53b,
und ebenso schwache Particip.: nasquu 55b, naissuz 53a. In faicent
= faciunt ^'jd.hdii fais, faisotis eingewirkt, in fachez = facialis 59b
wohl sachez. sal =^ saul ^^iC. Eine arge Mifsbildung ist der Infinitiv
pensoir im Reime auf aiwir 60a; es ist möglich, dafs der Dichter
avcr = penser geschrieben hat, was eher anginge, und sein Ab-
schreiber die beiden oi verschuldet, secorrer 53a. Der Wortschatz
hat viel Eigentümliches: eiiorl 53a, 59c, 55d, conorl 55d erinnern
wieder ans Provenzalische ; das nicht seltene slare, sowie conlresler
54b, 57d sind ital. oder prov.; falor Schöpfer 54b, slribol: Ce fu
Judas le scariol, Celui qui fusl un tiel slribol 54d, escamper 55d,
56b, ec le lernie 55d, enlors 56c, noules Wolken 56c, frcbor Lärm
57d, deflubenl afßubetit neben afible 57d, da la destre pari 57d; gloz
= clous 58b, com la soa boche 59c u. s. w'.
Bl. 6ia — 75d. Ein Traktat das man De regimine priticipum
betiteln könnte :
Filz gloriousisme empereor, contirme toi dieus en la voie de conoistre
les sentiers de veritez et de vertuz, et constringe les bestiels desiriers et con-
tirme ton reigne et alume ton enging au suen servise et honor et cetera.
Primierement de necesitez convient a cascun roi avoir diex aides qua
sousteigne son reigne, 11 uns des quiels est fortece d'omes por les quiels se
defent et conforte son r^gne. Et ne aura ce se quant 11 governe sa gent
droitement non et seignoreie si come senioregiors entre ses sougiez. Et ceaus
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 379
sougiez engalmcnt obeissent au seignor si come por enobedience des sougiez
s'afoublist et se sozmet la puissance dou seignor et de celui qui governe.
les autres et les sougiet seignoreient. Et ge te raoustrerai la ochaoson por
quoi les sougiet se enduissent au obeir au seignor.
75c Enseignement est d'aprendre soi et li non sachant; selonc ce qu'un
sage dit. La ma [75d] niere d'enseignement est tiele. Li enseigneres doit
enseigner soi primierement et pues les autres apres. Seneques dit: aprent
ce que tu ne sas, si que tu ne soies enseigneres noiant profitables. Salaraons
dit: Biaus filz boif l'eve de ton puiz et ce que degoute de ta cisterne et
leise corre hors tes fontaines.
Der Übersetzer (denn die Vorlage war jedenfalls lateinisch)
ist ein Italiener, der aber das Französische besser handhabt als
der Übersetzer des Boethius. Die italienischen Formen und Wörter
sind selten, nur tiel, da und einiges andere typische. Auch das Ver-
bum segnoreier ist italienisch; es existiert meines Wissens nicht im
Französischen, aufserdera zeigt ei statt frz. oi, dafs ein rein italie-
nisches Wort vorliegt.
Bl. 77a — 8od. Ja poirez oir de dous roiaumes dou monde et des aages
dou siecle et des rois qui reignerent ca arieres. Et dont furent estrait la
nouble lignee des rois de troie e une partie des rois de grece et autres couses.
El primierement conterai des dous principaus roiaumes.
8od. Et a la verite dire il [Cesar] n'ama onques les Senators ne les autres
officials de Rome ne il lui. Car il estoit estraiz de la lignee as filz Eneas.
Et apres ce estoit il de haut corage a la seignorie avoir dou tot. Selonc
ce que ses ancestres avoient eu.
Eine Genealogie, ebenfalls Werk eines Italieners, in der Sprache
dem vorhergehenden ähnlich.
8ia — 249d Benoit de S. Mores Troianerkrieg.
251a — 265c ein weiteres Stück aus der Histoire ancienno, und
zwar der Anfang des 6. Abschnittes :
Quant Troie fu destrute, quatre maineres de genz s'en partirent. Et
vos dirai qui il furent et ou il alerent et queles terres il tindrent e poplerent.
Car bien savez que nus habitoit de ca les mons ne n'i avoit que un petit de
gent qui tenoiet tant de terre com il voloient. Helenus qui fil fu del roi
Prianz et de la reine Ecube e Casandre e Andromache a toz ses anfanz s'an
partirent e maint autres an lor compaignie et s'an alerent tant dolenz com il
porent plus por ce que plus avoient perdu que gahaigne e que nus des autres.
Helenus qui mult ert sages les mena a Cervosion. Et la demorerent tant quo
il furent bien repose del grant dolor que il avoient demene. Et puis tint
et poplea eil Helenus une grant pärtie Macedoine. Apres s'an partirent
la genz menue, qui ansanble s'estoient trait e eschampe de la mortcl descon-
fiture. Et de ceuz i ert mult grant abundance. Cil csiiloitcrent tant qu'il
orent neis et se mistrent an mer, et tant nagerenl, qu'il vindrcnt an Sarlaignc.
Et iluec vostrent mie demorer por cc qu'il neu voloient mie estre an allrui
segnorie. Et puis les suerent autres genz qui erent an la seignorie de Sar-
taigne. Et ceuz qui se partirent errerent tant por mer que il ariverent a un
port qui or est apellez la cite de Venise.
,380 W. MEYER,
Hl. 265c. Der l(;tzte Abschnitt trägt den Titel:
Coment li Senators aupres la morl Ronuilus tindrent la eile .L. anz.
Auch hier sind Spuren des Italieners zu finden, aber sehr ge-
ringe: le dolor, das unvermeidliche paroules 265a, remist = remansil
264d, // qtiiex 264d, dal atitrc pari 264d, les drciz 265a; ferner merke
man das betonte Poss. fem. seue 265a, b. Im Ganzen sind die Ita-
lianismcn selten ; das öftere ci = ai läfst sich kaum darunter reihen.
Aus dem ersten Abschnitte notiere ich hier le vignon I4d, mouies
(muUas) 15b, paroulc 12c, ousa 14I), muH cn champerent statt esc.
14 c, iiel, Helle 15 b.
266a — ■269a. Die Geschichte von I>andomata. Vgl. P. Meyer
Rom, XIV 73. Inhaltlich bis auf die Einteilung der Kapitel stimmt
unsere Version ganz zu 16 12, 24396 u. s. \v., im Wortlaut weicht
sie völlig ab.
En ceste partie dit li contes et la verais ystoire le tesmoine, si com est
trove an latin, est 11 translatez an roman, qua Hector li pros e li vailant filz
prianz li rois de Troye puis sa mort avoit leisse un filz de sa fame Andro-
macha, que l'en apelloit Landomata, biax anfanz e iovanciax, li quel sormon-
toit an son tans toz les autres damoisiaus de san de valor e de biaivte. Et
an celui tans que la destrucion de Troye puis la mort son pere H. fu falle,
Pirus le filz Achilles le pros e le seurs ravist a fame Andromacha et l'anmena
avec lui an Grece an sa contree et son fil Landomata. Et an celui tans apres
fu eile anceinte d'un fil. Quant il fu nez, que l'en apelloit Achillides. Et
fu frere Landomata de part sa mere. Et eil Achillides tlnt avec lul son frere
Landomata granz tans. Et quant Landomata fu an eage et an force et vertu
et veoit se an poolr por fere d'armes, si com celui qul sembloit le bou H.
son pere an multas choses, vint a son frere Achilides et sl 11 dlst : Biax chler
rere, je ai este avec toi an cestes contrees granz tans , mais ge Iroie mult
voluntlers se 11 fust de ure. vololr a veolr mes contrees avoirs et possessions
et les genz, se auchune an demorolt an Troie et an Celles partles.
269a. Et quant Landomata ot conqulstees toutes les partles d'orlent et
meines an seignorle, 11 se mist au repaire com grant gent et vint el roiaume
de Calne et iluec demolra 11 un granz tans avec Themarlda sa fame esposee
de la quele il angandra biax anlanz qul reigna post sa mort. Mals an cest
llvre ne fi pas mencion de ses noms. Ansi complelt a nre. slre dex. 11 rois
puissant Landomata le prou et le valllant com vous avez ohl trepalssa de ceste
mortel vie. Et fu ansevelllz a grant honor ansl com se convenolt a tiel roi.
Et ansl fenls la verais ystoire de Landomata filz le bon H. de Troie. Ansi
com fu trove an un armaire an latin de gramalre, ansl fu retralz an francois
por dellt et por claus qul ne antandent la letre et se delitent an roraanz llre.
Amen.
Die Italianismen sind auf das kleinste Mafs reduziert ; vgl. etwa
multas, metues und con.
Den Schlufs der Handschrift bildet der Abschnitt Alexandre
aus der Histoire ancienne P. INIeyer Rom. XIV 48.
269b [J]e ne vos dlrai plus del roi Assuerus ainz vos dlrai de claus qul
apres lul regna an Perse sl come l'estolre le tesmolgne et la scrlture qul bien
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 38 1
an retient la matire. Apres Assuerus regna Artaxerses, qui ert ansint apellez
XXVI anz an sa seignorie. Cil destruit Neptalibum le roi de Egypte et si li
toUi son reigne et le chaca por force an ecyope. Cil Neptalibus sot mout
de l'art de nigromance com li pluseur le racontent. Et dient et cuident que il
fust peres Alixandre, et Olimpiadem la fame au roi Philippe et mere Alixandre
l'eust par l'art de nigromance desseure. Cil Neptalibus fist mout de batailes
en XXVI anz quil reigna an plusors contrees. Car iL destruit Sidoine qui
ore est Sagresse apellee et toute la contree sozmist a sa seignorie.
290a La grant ystoire et la plus maire
De celui roi qui vainqui Daire
Ai ci finee an roman
Ja nus pois le tans Adan
N'an fu tant larg ne tant cortois
Duc ne prince ne cont ne rois
Ne n'en sera iusqu'a la fin
De ce serai ge tout devin.
Vergleichen wir die verschiedenen Stücke der Handschrift, so
zeigt sich sogleich eine grofse Verschiedenheit in ihrem sprach-
lichen Cherakter. Im Ganzen stehen die Prosaabschnitte einander
nahe, Boethius ist im Lexikon italienischer als die Hist. anc. und
Land., unter den poetischen lassen sich die Passion und Cato ver-
gleichen, sofern beiden z. B. ei neben 0/ gemein ist; Hektor nimmt
eine Stelle für sich ein. Durch alle Stücke hindurch ziehen sich
folgende Merkmale: liel, quiel, Inf. auf -iei- statt -er, ou =^ lat. <;«
(aus Alexander hier noch ein paar Beispiele couse 210a, doumages
271b, oucire 27 id, ousoienf 271b) «' = ai, skons. im Anlaut, schwache
Participien wie vieiu, Abstracta auf -or als Masc, die Präpositionen
co7t und da, letztere namentlich in der Verbindung dapart u. s. w.
Andererseits, was namentlich im Vergleich mit andern franko-vene-
zianischen Texten wichtig ist, zahlreiche Übereinstimmungen mit
dem Französischen, so: ie, ue, z = lat. /+•*'> " ^^s /vor Konsonant,
Scheidung von n und 7n im Auslaut ; die französischen vokalischen
Auslautgesetze u. s. w.
Was nun davon dem letzten Schreiber zukommt, das ist schwer
zu sagen. Jedenfalls wenig. Wir werden unten sehen, dals Hektor
stärker französisch ist, als sein Original, der Zustand der Passion
verbietet aber die Annahme, dafs diese Franzusisierung erst bei der
uns erhaltenen Niederschrift stattgefunden habe. Von den oben
angeführten orthographischen Eigentümlichkeilen bliebe also nur
etwa Oll ei übrig, gerade sie finden sich auch im Hektor « und
sind wichtig für die Heimatsbestimmung. Andererseits, wäre der
Schreiber ein Franzose, so hätte er doch viel mehr geändert, hätte
namenthch die ou = au nicht so oft stehen gelassen. — .\uf dem
Boden Oberitaliens aber bleibt uns nur das Stadtvenezianische.
Denn wir müssen notwendig eine Gegend haben, die j", o diphthon-
giert in offener Silbe, nicht in geschlossener. Dadurch wird z. B.
Padua und Verona ausgeschlossen. Zu Venedig pafst auch das
382
W. MEYER,
Schwanken des c nach r. Andererseits darf man wohl namentlich
für die fast ständige Vokalisierung des / vor Konsonanten eine
Erklärung suchen, und wird dann in diejenigen Teile der Lagunen
Stadt gebraclit, wo das osträtische P^lement vorherrschte, an den
Lido maggiore vgl. Arch. Glott. I 407 fT. Das nebeneinander der
btdden Dialekte mag zum Verständnis der französischen Litteratur
und zur Adoptierung der französischen Sprache nicht wenig bei-
getrag(!n haben, da bald der eine bald der andere besser zum
Französischen pafste: venez. ist ie, uo, osträt. der Abfall der End-
vokale, Ikons. zu u kons.^ die 3. Perf. auf ä u. s. w.
Nach diesem raschen Durchblick der ganzen Handschrift ist
es Zeit, sich speziell mit Hektor zu beschäftigen.
Nos trovons por escripture fol.l Dedans les murs de son pais
Qe Hercules outre natura
Fu fiers ardiz sor toz e grans
Sage legiers e sorpuisans
Ne combat! iames a nus 5
Qe briemant ne fust vanchus
De lui tesmoinent petiz e granz
Qil sozmetoit trestoz iaianz
Et ocioit ors e lious
Serpans centaures e dragons 10
Ne fu an suen tans en tot le mont
Tant fiers com lui noires ne blont
Fors soulemant hector le pros
Qi dhonor qerre fu famos
Le fil prians le noble roi 15
Le miaudre home de nulle loi
Celui fu fils roi de proece
De cortoisie e de largece
De sens d'ardimant e de mesure
Fu voir parant e de droiture 20
En parlier fu sor toz plaisans
Vers nuls ne fu iames villans
Voir qe en bataille fu apre e durs
Plus qe n'est perons en murs
Humble fu sor toz e piain 25
Com dist l'autor en eist roman
Nen sai plus dir ne nen savoie
Tant bien de lui qe plus nen
soie
Por ce m'en soufrirai atant
Si vos dirai d'une autre gant 30
Si vos dirai se oir voudres
Com le ieiant dan hercules
Le fort le fiers le sorpuissanz
A grant esfors de garnimanz
A force asigia phyleminis 35
Et est si grans le suen esfors
Que nus n'ardist ansir de hors
Hercules aloit tot destruant
Maisons chastiaus e casamant 40
De hors la ville non remist
Pros ne vil qe nen fuist
N'est pas mervoille s'il fu cremuz
Tant fort estoit grant e membruz,
II sozmetoit cascune gant 45
Grans e petiz tot ensamant
Nen mervoillez ce dit l'auctor
Se a trestoz fe forte paor
La verite ci non desforce
De cent homes avoit la force. 50
Entor termachi la citez
La ou phileminis fu nez
Estoit herucles le nobile
De Chevalier avoit XX mille
Grant masse fu la gent menue 55
Toute en fu plens chemins e rue
Ardant aloient tot le pais
De maisons firent cenis
Nen remest nulle entiere
Sant qe nen fust de cuite pire 60
Qe nen fust a feu cremee
Tiel fruit la guerre fait e blee
Les paisans fuiant s'en vont
Qe por val e qe por mont
Tost fust li rois phileminis 65
Dedanz sa ville mort ou pris
Ne se pooit de lonc defandre
Ne sostenir le dur contandre
Perduz eust toz ses honors
Se le plus valoros secors 70
Qe mortaus lengue peust eslire
FR ANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN.
383
Ne fust venuz en son empire
Fame qe cort tost e isnelle
Plus qe nen vole une arondelle
S'espandi por toute troie 75
Nen sai coment dir nel savroie
Com hercules le fier ieiant
Com amis e com parant
Avoit le roi phileminis
En termachi enclus com pris 80
En troie fu seu eist fait
Com le ieiant trestoz desfait
E com duremant la gent flagelle
Confont ocist qi lui revelle
Le rois prianz qant ot seu 85
Que hercules au cors membru
Phileminis a asige
Molt duremant en fu ire
Por grand iror fremist e tremble
Quant de son pere li remembre 90
Qe le ieiant ocist soz troie
Pois en porta la riche proie
Por exiona tiel duel demaine
Nel fist gregnor nul cors humaine
Ha las fist il com sui dolant 95
De ma seror qe molt vilmant
Tient thelamon de salamine
Par force prise en sa saisine
Lors nen s'en poit le roi tenir
Q'il nen gemist cum dur sospir 100
Tant ot de duel le euer enclus
Parier nen puet resamble mus
Quant puet parier cum plor escrie
Mais n'avrai joie tant sui honie
Quant ie ne pois prendre vengiance 105
De eil qi fist la desevrance
De moi a mon pere laumedon
Qi mort me fu en traison
Ne serai liez ior de ma vie
Tant com sera celui an vie iio
Quant h. vit plorer son pere
Par pou de duel qil non despere
De son der vis qui fu riant
Empalli de mautalanl
Le suen esgart dcvinl felon 115
Trop plus assez de irez leon
Ses oilz sembloient ardant fassellc
Tant fieremant amdos stanzellc
Tant fu oiible son csgarl
Davant son vis chascun se part I20
Ne fu ardiz de lui veoir
Cil qi plus ot gregnor pooir
Le ioune h. sor toz vailans
Qe n'i avoit passe XX ans
Penssa cose plus aitain 125
Qe mes feist nus cors humain
Dist q'il ira a tarmachi
Por aider philimeni
Q'est asige en sa maison
Por eil que ocis roi laumedon 130
Ne mais n'avra ni ben ne ioie
Se hercules vers lui ne ploie
Qant le vera por mi le front
Ou lui ou moi briemant moront
Ne garderai ne a point ne a sortißj
De envair eil home fort
Qi n'a paor de nulle fiere
Tant est puissans pros e legiere
Iluec ii meudre se conoistra
Le plus heitis honiz serra 140
Ainz voil morir a grant honor
Qi de vergoigne avoit paor
Se mort serai moi defendant
Ne pris la mort un cheitis gant
Ou mort ou vis qe ie me soie 145
Au fier ieiant ferai annoie
E tiele paor e tiel esmai
Dont il traira sospirs com guai
Se de mon aiol ne fai venganee
Ne pris noiant tot ma puissance 150
James a troie ne redirai
Se la venganee nen ferai
En mont en bois ou en galdine
Ferai ma vie paubre tapine
Le ioune h. tot celui ior 155
Nen fist scemblant fors qe de plor
Tant fu irez le pros ardis
Qil nen conuit iluec amis
Nel puet nus reconforter
Donzelles damcs ne bacellier 160
Neis hecuba q'est sa mere
Plus nel muit com fust de piere
Tant avoit le euer encluit
Qe por proieres ne sc uuiit
A tant le ior la nuit ca/.i 165
To/ vonl dorniir qi (,lia ((i la
Ell chambrc ala Ic iouno ardiz
384
W. MEYEK,
QuaiU trcstoz furent dcpartiz
Tant riche chambre nus homs niortal
Ne vil iames amont ni aval 170
I.a [ilus vil chosc q'est dcdanz
Fu or finez ou pur arganz
Ovre est a riche esmal
Ne li fu pas dedanz metal
Mais nobles pieres de vertu 175
Furent plusors el ciel desu
Zaffir rubins topaz smeraut
F"urent desus el ciel plus haut
Ne fu iames une tant belle
Ne tant riche com estoit celle 180
En Celle zambre n'a mestier
Tortiz candoile ne doplier
Qar dedanz est une piere
Qe de nuit reluist plus clere
Qe non fait ardent tortis 185
Qant de feu estoit apris.
Le pros enfanz sor toz eslit
N'ala pas dormir en lit
Ainz pareila ses garnimanz
Qe furent forz dur e tenanz 190
Primiers chauza soi les gamberes
Qi plus d'argent estoient cleres
L'auberc vesti e son clavain
Qe ne dotent acer ne bran
Tant avoit la maile dure 195
Ne prise rien d'acer ponture
De sor tot mist la soranseigne
Qe flamboier fait mons e plaigne
Le clians d'azur a Hon d'or
Mout estoit riche l'autre labor 200
A perles grosses estoit ovree
Le labor vaut une contree
Em piez se mist dos esperons
D'or fu le fust e les brochons
La bone espee ne oblia 205
Le pros enfanz mout la garda
Duranda fist 11 q'ensi ai non
Ferais veniance de laumedon
J'espoir as diex qe si ferais
Sil ne moi faut mon destrier bais 210
Lors la eint au lez sinistre
Com un semblant fier e avistre
Son hyaume prist l'enfant ardis
Qe buen estoit e de grant pris
Les riches pieres qe fu d'entor 215
Bien valoient un grant tresor
Dcsor l'aguz estoit asis
Un leoncel tot d'or massis
Qi tenoit en destre brauche
Un petit brant qi mout bien tranche 220
Ou senefie haute proece
Ardimant e gentilece
Qe auberge e nuit e ior
Avec h. le pugneor
Le meilor home de nulle loi 225
Ne qe mais fust si com ie croi
Li haume se mist le pros an teste
Ne doute fiers arc ne balestre
Tant estoit fort e tenant
Rien ne prise coup de brant 230
A quatre laz l'ot athachies
D'or e de soie bien ouvres
Son escu prist ins devalla
Le grosse lance ou soi porta
Vient a la stable sanz escuer 235
Le buen cheval prist coreer
Le frain li mist e puis la seile
Nen fu iames une tant belle
De voire est l'archons plus blans
Que n'ert farine de formans 240
En le sar^an el eil de riere
Est entaille un dragon fiere
Qi gitoit feu da totes pars
Mout est orible son esgars
En eil davant estoit assis 245
Un lioncel fiers e ardis
Qi com sa boche devoroit
Un ioune daine q'il tenoit
Deu cheval les covertures
Furent de plastres fort e dures 250
En suen escu un lion d'or
Le chans d'azur fu le color
Ce est l'enseigne de sa maison
Qe porta ylus e laumedon
Tiele arme ot en sa bainiere 255
Lion nen doit porter trichere
Ne nus hom qi ait paor
De l'orgoil de sa uxor
Qant aparoille ot le cheval
Le pros ardiz au euer loial 260
Desor saili li sans paure
Sans meter piez en streveure
* *
FKANKO-ITALIENISCHE STUDIEN.
385
Bl. II V. a. 1889
Le pros enfanz le roi mout prie
Qil retornast por cortesie
Mais eil ot tant le euer anelus
Ne puet respondre fors q'este eorus
Sor le eortois maint fois le baise
Ses oilz de lermes toz li araise
Quant puet parlier si dist enfant 1895
A toz les diex ie vos eomant
Plurans puis est phileminis
Embrons torne en son pais
Le plos h. tot piain de ioie
Le ehemin prist tot envers troie 1900
Tant chevaucha le pros enfans
Da ior en ior sor l'auferans
Avec lui ses eompaignons
Qe de troie les maisons
Les tors virent e les palles 1905
Oe ylion fu appeles
Atant h. le pros loial
Vit venir sor un cheval
Un damosiaus pros e ardiz
Oi de la ville estoit partiz 19 10
De troie fu l'enfant eortois
Bien conosoit h. le pros
Hector li dist tornez au roi
E lui dirai non pas secroi
Qe h. vint por la champaigne 191 5
Ou lui amoinejgrant eompaigne
De damoisiaus pros e ardis
Qi laisez ont le Ior pais
Por honorer lui e son fil
Sont ei venuz qi ne sont vil 1920
Cil n'atent plus corant s'en vait
Mout voluntiers tiel message fait
Son cheval hurle des esperons
Qe a mcrvoille fu fiers e bons
Tant esploita l'enfans nobille 1925
Q'il antra dedanz la ville
E al antrer qil fist dedans
II aneontra le roi prians
Com grant gent aloil de hors
Por sbanoier auqant son eors 1930
L'ardiz enfanz au bon roi dist
Com liez visaire baut e avist
Sire fist il ie vos aport
Bones novelles soiez acorl
Au bien rechoivre vre. fil 1935
Zoitnclir. f. rom. l'hil. X.
Ne moustrez visaire vil
Ci vient avos au euer vaillant
La flor de lis de toutes iant
Qant ee oi le rois prians
Nen demandez s'il fu ioians 1940
Son destrer urte des esperons
Ainz q'il feist autre respons
Le buen cheval e isnel
Plus tost s'en vait qe rier oixel
Nen vait sparviers qant faim l'argue
Tot trespasa voies e rue
Li barons toz li sievent
Le pere el filz pas nen atent.
Quant fu de hors le roi de troie
Perchuit son fil sa riehe ioie 1950
Qi venoit ou sa eompaigne *
Esperonant por la ehampaigne
L'enfanz regarde eonuit prians
Qi fu el ehief tot primierans
A ses compains dist le pros fiere 1955
Ci vient prians le rois mon pere
Lors saili de son cheval
E toz les autres por engal
Prians le vit si demonta
Ne puet parier tiel ioie a i960
Hector se mist an genoilon
Devant le roi qerrant pardon
De la folle desevranee
Qil fist de lui sanz demandance
Le rois le prist antre ses braz 1965
A mon le lieve a soi le traiz
Plus de Cent fois li a baisez
Visaire menton oilz boehe e nez
Douz filz fist il resurexi
M'avez de mort qant vos vei ei 197O
Pol" vos avrai ioie complie
Tant com avrez au eors la vie
Or a cheval alons a troie
Recovrez ai le perse proie
Lors des ehevaus desmontereiu 1075
Qi donc veist vielz e ioveni
Rechoir h. e lui tochier
Ne s'en puet nus saolier
Toz l'esgarde por mi le vis
Q'il puet lochier se tienl garis 1980
Qant eil de troie sorcnl A'oircnianl
Qe l'enfanz au euer vailant
Relornoil chascuns laissa
386
W. MEYER,
Mesticr maisons contre lui va
Tiel fu la noisse e li tanibor 1985
Le cris tant grant e le frfl)or
Qu'il fasoient de la grant ioie
Quant virent h. de troic
Ne croit q'il soit nus hom vivanl
1990
•995
Qi oir peust ia deux tonant
Dedanz la ville nen remist
Poucelles dames qe ne venist
As baucons por eil veoir
yi trepasse blans e noir
De proece de cortesie
üe lui pareil non est an vie
Toz eient plains chemins e rue
D'omes de fames de gent menue
Plus desirent veoir l'enfanz
Qe damoisselle son amanz 2000
En la cite entra le roi
Hector son fil ou ses conroi
Qant fu l'enfanz reconeuz
Tcz escrioient granz e menuz
Diex qe bien viegne la flor de troie
Qi hui nos a recovre ioie
Bien soit venue Taute lumiere
Qi clarte rant a toz antiere
Hector le chief a toz ancline
Si a vilains com a meschine 2010
Droit au paleis s'en vait poians
Son filz pres lui e mainte ians
Chascuns desist de son cheval
Sus au palleis montent in al
In der nun folgenden grammatischen Untersuchung sind nur
die venezianische Handschrift («) und die pariser {ß) in Betracht
gezogen. Von letzterer besitze ich eine genaue Kopie und habe
aufserdem besonders wichtige Stellen nochmals mit der Handschrift
verglichen. Dasselbe ist übrigens auch bei den zwei ersten Ab-
handlungen geschehen. Zuerst bringe ich je das beiden gemein-
same, in kursivem Drucke ; sodann kursiv gesperrt das nur in einer
Kopie vorkommende, zunächst von a, dann von ß. Die Verszahlen
weichen von Bartoli ab von Vers 530 an, wo ß 2 Verse mehr hat,
ebenso fehlen 2 Verse in a nach 1638.1 Die Paragraphenzahlen
sind dieselben wie bei Anseis und Aspremont.
Hecuba cort qant eile vit 2015
Vcnir sou fil q'cst son delit
Au cucl le prist pois le baisa
Plus de .0. fois l'enfans tocha
Filz fist la dame bien veignez vos
Vre. venue a fet ioios 2020
Lc roi prianz e vre. mere
Parans cosins serors e frere
A eil de troie ensament
Qe toz lors filz vos amoient
Qant j)rianz ot voiremant seu 2025
Comant son fil ot confundu
Le fiers ieiant mort e ucis
Qi laumedon laissa mendis
Nen demandez se il fu ioians
Plus de Cent fois baisa l'enfans 2030
Cil de la ville ne s'areslent
De baordier vielz e iovent
Dames docelles e bacelier
Nen cessent de carolier
Plus de dous mois dura la feste
Ainz qe nus feisist areste
Qi vos deusse tot retraire
La ioie grant qe pere e maire
Freres coisins e eil de Troie
Firent por lui seroit anioie
Car trop seroit long parlamant
Cil qi deust de toz le zant
Por ice ci men vuel soufrir
Ne dirai plus ainz voll theisir
2035
2040
' Eine Vergleichung der Proben aus ß mit Bartolis Abdruck von a zeigt,
dafs Nyrop Heltedigtning S. 256 f. und Anm. im Irrtum ist, wenn er meint,
es handle sich um zwei verschiedene Gedichte. „Der eksister ogsä om Hektor
og hans bedrifter et digt fra det 13 de jirhundrede" sagt er mit Rücksicht auf
et in der Anmerkung, während er ß im Texte dem 14. Jahrh. zuteilt.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 387
Zur Lautlehre.
1. ales : spales 881. Der Reim gehört dem Dichter an, ist
übrigens auch nur im Venedischen möglich. Zwar reimt ala : *spatla
auch im ostfrz. als mde : espaide vgl. Ysopet Floov. Vegetius und
neuburgund. ol (Förster Ysopet S. XXVIl), es ist aber durchaus un-
wahrscheinlich, dafs diese dialektischen Formen dem Verfasser be-
kannt gewesen sind. — Einmal entschlüpft sodann dem Schreiber
von a ein Partizip in a: trapasa 314, vielleicht wollte er erst ein
Perfekt schreiben, verleitet durch den vorhergehenden Vers: Quand
fu dedanz la rige ville Et trapasa oit le perille. Man be-
achte, dafs er ohnehin (wie übrigens stets: 9) in tra statt tres und
jn einfachem s die Form seines Dialekts vor Augen hatte.
2. e =^ ie ist die Regel für alle Fälle, wo der Diphthong im
Centralfranzösischen auftritt, vgl. fiers 3, 2>?)i ^^gi^^s 4, briemant 6,
bien 28, entiere 5g, tie^it 97 etc. Doch begegnet in beiden Hand-
schriften, wenn auch verehizelt, e, häufiger in a als in '^. a per es
175, 183, 578, 915 neben pieres 215; sogar entiere : per e 59;
fer 228, 801, /ere 137 und auch hier /e r : destri'er 785. dar er e
1028, arere : lumiere 891. Man beachte, dafs in allen Fällen r
folgt, ß ben i;^i. In fiez iib2 {nepos) hat der Schreiber wohl an
nez (natus) gedacht, pire 60 statt ptere noch dazu im Reim, ist
ein blofser lapsus calami.
Weit weniger einfach liegen die Verhältnisse für i'e = a. Zwar
bilden auch hier die Fälle, wo die französische Regel bewahrt ist,
die Mehrzahl, allein daneben kommen Abweichungen nach beiden
Seiten: e statt ie nach heutigem Brauche, oder aber ie statt e vor.
Untersuchen vvir zunächt die Reime. Es sind zwei Klassen zu
scheiden : ie reimt mit ie, daraus lernen wir nichts für den Dichter;
ie reimt mit 'e.
1. ßere : legiere 137, bainiere : trichiere 255, fiers : Icgicrs 599,
regier \ fier 74 1, reprochiez : otriez 783, destrier : Chevalier 1207, qier
: fier 1251, moniere \ deriere 1347, voluntier : fier 757> fier : destrier
785, livrier [leporariusj : ligier 861, ariere : lumiere 891 u.a.
2. ?nere : piere 161, piere : clere 183, gamber es : de res 191, <.'/-
tachies : ouvre 231, emperer : quier 513, Chevalier : ester 683, voudrez :
pies 743, gardes : dex 807, corones : a'zi?^' 873, chevalier : clamcr 1074,
dotez : enseigniez 1080, esauchiez '. aorez III3, engendrez : dicx 1139,
lignee : trovee 1159, delranchiez : veritez 1201, otroiee : esposee 12 19,
: demandee 1357, mener : vengier 1519, outroie : ^r^ ^575» leqicr : tv/i-
/»(f/Yr 1579, mener : destrier 1593, r«^2 : despoillez 1707, armcz : en-
taillez 1741, süchiez : a'/<?2 1793, [«Wz : a/^z 1^59]» A''"'" • <'"licre 1805,
baisiez : «<?s 1967, tochier : saoler 1977, /«^/' : reqmer 1759, quicre :
Ar^ 267, plorer : darier 325, quatrez : /(//As 40g, M(7(' : chierc 521,
reg arder : fier 523.
Wenig besagend sind: bacelier : conf orter 159, : saolcrs 351,
carolier 2034. Zwar schreiben beide Handschriften /t' im ersten Worte,
allein dennoch kann die Form auf f/- (-«//vj) vorgeschwebt haben,
25*
388 W. MKYKK,
Vgl. bachclia- : /jerner ^= l/trnr, *haronahis ^) 77g wie ja denn ba-
cheler nicht bachelier die gewöhnliche allfranzösische Form ist, Tcjblcr
Jahrb. XV 262 Rolhenherg De suffix. permut. 51.
Ich füge hier die Fälle an, wo e mit e reimt. Ihrcults findet
sich bald mit f' {apres 851) und ie {pies 593), meist jedoch mit e
voudrez 31, armes 317, alez 505, vergl. 607, 659, 1419, 1445»
1549 u. a, — fies : es 671, engeiidres : es 12^^.^ Über pere : despere
\ 1 1 vergl. die Anmerkung. Auch ^ = ai reimt mitunter mit (' :
retornes : les 555. degres : pales 879.
Sodann : partie (Subst.) : fumie 1 7 i 7 statt fiimee. Die Form hat
keine Existenzberechtigung, sie ist nach falscher Analogie gebildet.
Da der Dichter, wie wir gleich sehen werden, kein Verständnis
mehr hatte für den Unterschied zwischen den Verben auf ier und
er, die den seinigen auf ar entsprechen, und da ihm oiroiee mit esposee
reimt, aber ebensogut mit amie reimen könnte, so scheut er sich
nicht, statt fumee ein fuviie zu bilden. Einen ganz entsprechenden
Fall trafen wir in Anseis S. 622. In lignee '. prisee 1817 ist der
Reim korrekt ; dagegen corloisie : contie 1 66 1 ist ebenso zu beur-
teilen.
Schliefslich ist noch bieyi : fren 829 und, auffälliger, rien : genl
1395 zu nennen.
Sehen wir ab von er : ier, so ergiebt sich: ie reimt mit e da,
wo heute ie wieder zu c geworden ist , aufserdem in ein paar
besonderen Fällen, die im einzelnen zu betrachten sind. 2 voudrez :
piez 743. Man kann in voudrez eine Kondizionalform sehen :
De bataille vos fait requier,
Bien ne vos prise tant se fait fier;
A cors a cors com vos voudrez
Soit a clieval ou soit a piez
De vos defandre prenez pooir.
a schreibt auch thatsächlich voudriez, doch beweist das wenig, vgl.
unten. Sodann des = deus, das aber auch im Altfranzösischen
bald den Diphthong hat, bald mit e reimt, letzteres z. B. im Ro-
land (Rambeau 118) und Alexis (G. Paris S. 50). Auf destrier '.
mener haben die Doubletten bacheler : bachelier u. s. w. eingewirkt.
' So mehrfach in unserer Handschrift vgl. S. 377. Die Suffixverwechse-
lung ist aber doch nur graphisch und die Übereinstimmung mit Raschi
(Litbl. Dec. 1884) zufällig.
^ ^s von allen romanischen Reflexen gefordert gegenüber schriftlat. es
sucht Neumann Zeitschrift VIII 258 zu erklären. Nicht völlig überzeugend.
Tonloses e, das durch analogischen Einflufs oder durch veränderte Funktion
des Wortes, dem es angehört, betont wird, ist e, vgl. je — je, iere alte be-
tonte Form = eram, ere tonlose Form ^=- eram, ere sekundär betonte Form;
mien, in dessen Erklärung ich mit Gröber und Neumann übereinstimme , ist
ein spezieller Fall. In i^s kann man entweder die alte indogerm. Form des
Präsens sehen, die Vulgärlat. geblieben ist, während Schriftlat. das Impf, es
Präsensfunktion bekam (vgl. Osthoflt" Zur Gesch. d. Perf. S. 148(1'. und l.itera-
lurblatt 1885 Sp. 154) oder aber Einflufs von ^st.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 38g
Vgl, ß destrer im Versinnern (a des tri er) 1941, es liegt also
Suffixvertauschung vor, desgleichen vielleicht in emperier, und von
hier aus durfte man sich wohl ein mere : quiere erlauben. Wir
sehen also : der Verfasser reimt im allgemeinen ie und e nicht ;
ersteres reduziert er auf e bei vorhergehendem mouilliertem oder
palatalen Konsonanten. Aufserdem dehnt er das Nebeneinander
von ie und e in Suffixen [arius — ans) weiter aus. Nach italieni-
scher Art scheidet er a und ^ nicht scharf; ^ hat vor r schon den
Klang ^, aber auch sonst reimt er in geschlossener Silbe e mit ^
aus ai, in welchem Falle wohl eine Aussprache ^ anzunehmen ist.
Soweit der Dichter. Der Schreiber von ß scheint ihm im
Ganzen zu folgen. Im Reime schreibt er zuweilen e statt ie: tri-
chere 255, livrer 861, sogar wo e mit ^ reimt; viaufier 676
im Reim auf celer, er statt e(t) wie in dem eben berührten barner,
daraus ier durch individuelle Suffixverwechselung, a schreibt besser
tnaofer; ebenso 779 bachelier; sonst herrscht eher eine Tendenz
zum Augenreim: Hercules : pes 593, coronies 873, dotiez 1086,
engendriez 1138, detranchez I20i, emperier 1580, contie ibbi,
fumie 1717, sachez 1793, baisez 1967, saolier ig"]"] , carolier
2033, Tendenz, die bei einigen Beispielen auch in a sich zeigt,
vielleicht also dem Original angehört. In a ist übrigens diese
Neigung viel deutlicher ausgeprägt, daneben ist, wie auch im Vers-
innern, überhaupt eine sehr grofse Vorliebe für ie zu bemerken:
e : ie ist aufserordentlich häufig, vgl. cities : nes 51, saloier (*ja-
hillare) 351, tailies 409, portier -.parlier 31 1, entrie : ancontrie
1481, escoutie : norie^ I539> trapasie : donie 157 i, montie 177 i,
viontie iB>^\, friere 1955 (das Reimwort /^r^ ist hier, wie in den
zwei vorhergehenden Fällen bewahrt, ebenso in den folgenden,
wenn ich nichts bemerke) honorie 436, veriiie 547, 635, apor-
iiee 571, auirie 843, retornies ^b^, Chevalier : esiier bdiT,, hier
: des/rier ^"jiygardies : diex 80J, coronies : dies S'j;^, de/ranc/iie
: veriiie 1204 etc. Wir sahen oben, dafs a häufig e statt ie vor r
schreibt, so p<;re : clere 183, mere : p^re 161, : chiere 521 selbst
gegen den Reim: voluntier \ fer 757, fer : deslrier 785, arere
: lumiere 890.
Im Versinnern begegnet liel fast '•^ ausnahmslos in beiden
Handschriften vgl. 62, 93, 147, 319, T)2>iy 889, 1720 u. s. w., da-
gegen nur selten quid 1084, 1242, 1462, sonst in ß quelachiel
516, 561, 664, 1094, in den beiden letzten Beispielen qeil in ^.
In dieselbe Kategorie gehört noch mortiel 1830, wo a dure hat,
und 1355 in beiden Handschriften, im Reime auf cruel, ferner im
Versinnern, 1530, i 140, 1327, nur in a 71, 830, 1063, 131Ö. —
ticl ist schon aus Aspreraont bekannt S. 42, während ;\nseis und
Roland nichts tlavon wissen. Bei Aspremonl konnte man an eine
' Lesefehler für notic : quanJ Philfininis oit fscoutie \ Lf i/ts dou ioune
a bien n.
'^ 1885 « lel ,-i tiel.
3QO VV. MEYRK,
wallonische Vorlage denken, in der That kommt liel (fiel in pikar-
di.sch-wallonischen Texten vor (Ztschr. f. öster. (iymn. 1875 S, 546),
ebenso mortiez Kl. Fl. 2640, Hex : ostiex VVatriciuet XVII 155. (Aber
celesliel Ps. Oxford. 67.15, das in einem agn. Denkmal überraschen
würde, ist wohl *celeslialis). An eine sekundäre Diphthongierung
vor / ist natürlich nicht zu denken, wohl aber an Jünflufs von iel
{== ^lluni) auf el da, wo aßons. utid elßons. gleiches Resultat er-
geben. Wie kommen aber die Formen in unseren Text? Die
Erklärung, die für Aspremont gegeben werden konnte, kommt hier
kaum in Betracht, da sich keine direkten Spuren pikardisch-wallo-
nischer Vorlage finden. Man mufs wohl annehmen, dafs von solchen
Werken her, wie Aspremont, sich tiel in die franko-venezianische
Schriftsprache eingebürgert hat und so dazu kam, als gut franzö-
sisch zu gelten bei Dichtern, die sonst im Ganzen des Französischen
recht kundig waren. Wir haben hier einen Beweis dafür, dafs auch
im franko-venezianischen ein ununterbrochener Fortschritt, nicht bei
jedem Schriftsteller direktes Aufbauen auf französischem Boden
herrscht, zugleich aber, in der Beschränkung auf iül, das Zeichen
einer gemachten Litterärsprache, — Sodann ist ier häufig in Infini-
tiven: parlier 2 1, 407, 738, 16 12, 1895, regardier 353, haordier
2033, confortier 1847, tornier 1582, schurier 966, vor allem in «:
parlier loi, 102, 312, 667, 1388, 1496, i960, coniier 583,
alier 317, 639, 1620, 1624, 1874, 1863, recontier 592, portier
256, 311, 1822, rivier 366, desarmier 433, esiier 591, baor-
dier 1831, donier 1472, 1874, entrier 1927, retournier 450,
1039, 1842, honorier 1877, 1919, doutier 697, 698, portier
1689, 1618, gardier 788, demorier 851, hur Her 958, 1047,
tremblier 970, vgl. dazu Aspremont S. 42 f. Die vielen Infinitive
sind wohl nicht allein durch Einflufs der Fälle, wo ie berechtigt
ist, zu erklären, sondern durch eine Vermischung des substanti-
vierten Infinitivs auf -er mit der fast synonymen Bildung auf -ier
= ariuvi (Beispiele bei Förster z. Aiol 135). In den Partizipien und
anderen Wörtern ist ie selten: maugrie 1209, scampie 1171, sodann
in /9: emperier 328 (fehlt in a), pensie 1078, in a: citie 51, 287,
297, 416, 635, 636, 1199, 1200, 1480, 2002, hontie 1285, cla-
ritie 1365, carzVu' 534, 2009, vertie 49, 635, 1199, veritie ^^T,
pietie 543 — pasie 124, ir epasiez 157 1, armie 354, recoriez
1974, estie 1610, 906, 1060, aportie 1696, porties 775, vionties
263, 786, alles 454, honorie 711, 1336, trovie 1022, tornie
1898, perdonie\i'^\, afermie 1778; — frier 2040. Das Wort haben
wir im Reime getroffen ; es ist eine der Neubildungen, die aus
dem Franko-italienischen den Weg in die Schriftsprache gefunden
haben. Freilich ist auch eine andere Auffassung möglich : iisA. friere
kann aus einem der Dialekte, die le nicht kennen, in die Toskana
gekommen und dort mit umgekehrter Sprechweise in friere ge-
wandelt worden sein , vgl. tosk. convoglio aus frz. cojivoi. — fier =
fp-e^= faire 1251 im Reime, 129 im Versinnern. — Vgl. noch
2. Plur. in iez 2 1.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 39 I
3. 0 diphthongiert regelmäfsig zu ue: biien 236, 214, 265,
selbst de buen aire 1774, 1799 in a, suen 11, 37, 115, duel 93,
lOl, 102, puet 102, 103, iluec 754, euer 163 u. s. w. — Daneben
natürlich bon, bone (a buene, ß bone 205).
feu 186 jeu, leu ß 943, a Heu.
Selten unterbleibt der Diphthong: aiol 1491, 1803, aber «
richtig aiuel (das erste Mal von Bartoli falsch gelesen: aviel)
ovres ß [pevres a) 1535, ovres 1766, trotive ß, irove a 130,
aco// a acuelt ß 633. Wenn ß somit häufiger als a einfaches 0
zeigt {es wären noch viele Fälle von son ß suen a anzuführen,
vgl. S. 402), so hat es die umgekehrte Schreibung cue/ ^= colIum
2018, wo a tief schreibt, and, gemeinsam mit a 1544. */gdar ist
fueure a 1034 mit unverständlicher Orthographie, wenn die Lesart
richtig ist, auch ß foire ist sonderbar. — Ein paar Beispiele von
u statt ue beruhen auf Schreibfehlern: tluc a loio, so celu ^ celui
a HO.
p. Der Hauptunterschied zwischen a und ß besteht darin,
dass jenes o meist durch ou, dieses durch o wiedergiebt.
nous a : nos ß i, pour : por 2, 29, 87, 93, sour : sor 3,
123, 187 vgl. sourpuisans : sorp. 4, "^^i, tous : ioiz 2,, 8, 11,21,
39, 46, 48, 57, 69, 75, 82, 123, 187, prous-.pros 13, 42, 138,
157, onour : onor 14, andere Beispiele der Endung pr s. 94, 9Ö,
122, 142, 258, 439, peour : paor 47, 142, 257 u. s. w., autour :
auior 47, vgl. 224, 440, entour •.entor 51, 215, retourne : retorne
753, trouble : Iroble 522, bouche : boche 1546, famous -.famos
14, 70, 703, vous : vos 30, 31 u. s. w., iour : ior 109, 155, 165,
^^2)^ 2)o'^ "• s. w., und viele andere, die aufzuführen zu weitläufig
ist. Wohl aber ist recht merkwürdig, dafs frz. lots (über das 0 vgl.
Gröber Arch. lat. lex. III 140) in « wohl ausnahmslos durch Iour,
alour gegeben ist, worin wohl nicht umgekehrte Schreibung, son-
dern Einflufs des venetisch-italienisch-rätischen allora zu sehen ist;
vgl. 99, 211, 429, 669, 750, 643, 713, 1077, 539 u. s. w. Ebenso
cur : or 500, ancour : ancor 511. — Dasselbe Verhältnis von 0
zu ou in tonloser Silbe: oucioit : ocioit 9 vgl. 90, 400, 513, 622,
soudattic?neni : sotai. 632, courtoisie : cor/. 611, souspir : sos-
pir 100, 148, ouvree : ovree 204, 232, sotilet : sohl 517, 441,
oulifant : olifant 867, douler : doter 697, ou : 0 (aut) 134 etc.
trou : trop 1 16, 589, 676 auftallig in a wegen der Behandlung
des Konsonanten.
Selten ist 0 in beiden Handschriften: segorne 354, or: labor
199, color 251, tot 135, soi 91, ors 9, cors 353, lors 1905; honors
: secors 69, iror 89, secors 295, cori (airrilj 73, 201 Ö, desor 261,
retorne 132, äfe^r : meilor 457, wie man sieht, gerne vor einfachem
oder kombiniertem r\ sodann fast stets in boche 247, 1968, 1386,
1379, 1438. In tonloser Silbe: trovons 1, corhisie 18, solmeioii i8,
45, sostemr 68, plorer lil vgl. 479, 1419, corone 388, ^t^/ö/Z/r 1273,
o/r/i'Z 784, adoba 776. — «tw/ä Präpos. und Adv. schwankt, u cum
ß com: 26, 77, 78, 82, 616; a con ß cum 100, 103, 290, 428,
392 W. MRYF.R,
454, 1288, 1045 11. s. \v.; com (( ß 12, iio, 650. Auch ou in aß
kommt zuweilen vor: /ou/ 56, ioiousc 704, ohschon das Reimwort
ß delitose; vergognouse 1072, sonst namentlich in tonloser Silbe:
douter 698, soufrirai 29, und ou (aut) 134, 542, 729, 730.
Dann ß ou = a 0: deute 228, outroi 1964, oufris 691, ou
729, 732, soulas 790.
Besondere Beachtung verdienen solus, das Zahlwort duo und
das Pronomen *lorum.
a seul ß soul 690, 1124, 1864; seuhinant : soulem. 13,
1321, 1656, seul aß 1220.
a dous ß dos 202, 892, ou aß 958 im Reim auf cous (*colpos),
lOOI.
a deus ß dos 626, 118, 925, 1007, 965, 1300, 1406, 1602,
ß dous 1302.
a lour ß lor 957, 1467, a leur ß lour 2-](>, 584, 931, 947,
looi, 1485 leur aß 2j6, 871, 1468, 1476. Sonst begegnet a/=^
p noch in valereus a 1397, preus 926 in beiden Handschriften,
reimend mit a an deus ß an dous.
plorare (vgl. Anseis ; IX 624): plurent 459; ploure a plure
ß 13 13, plourani \ plorant 1897.
prois (Anseis, das.) begegnet nur einmal ß 187.
o und oi reimen bisweilen: ioios : vos (vocetn) 1605, pomc : none
1846.
Ebenso 0 und 0: pugneor : gr 1737.
Ich schliefse hieran « omble 2^; aß omblate 533.
4. /-haltige Diphthonge.
ai. Die beiden ai, dasjenige aus f? + Guttural und dasjenige
aus rt-j- Nasal sind streng zu scheiden, jenes erscheint sehr oft als
ei : e und reimt mit ^, bei diesem ist Reduktion auf a oder besser
Substitution der italienischen Form häufig im Reime.
an = ain. Der Dichter reimt unbedenklich lat. arfvok. ; an^ons.
= ital. a7i : an =^ frz. am : an. Die Schreiber stören bisweilen den
Reim dadurch dafs sie die französische Form einführen, so 25
plan : roman, aber ß piain. plaisans : villans 21, clavan : bran 193
{ß -ain), man : enfant 425 {ß ain), ans : certans 707, ieianz : manz
905, /öw (im Versinnern) 949 \ieians '. plans 987 nur in ß, da
a als zweites Reimwort gans giebt] enfans : castelans 1689 \iirdi-
manz : certanz 1785/^, a creanf\ prians : primerans 1955, auian
531. Wenn somit frz. ai gegen den Reim nur dem Schreiber von ß
eignet, so führt umgekehrt der von a häufig ohne Not a ein: mans :
humain 965, human : man 1757, vajf. man 1397, und im Versinnern
human 1016, ame 1049, man 1089, ame 1397 /iidas korrekte aimc in «,
sogar mans : frans = manus :*frenus 1209, ebenso schreibt ß
zweimal anz gegenüber ainz a 759, 773; endlich certans 694=
certein. — Sonst ist a = ai auf wenige Beispiele beschränkt : /ar
ß 1758, 15 18, rasnablemant a 402, fasoit ß 821, remant a
FR ANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN. 393
1647, WO wohl eine Anbildung an remanons, remandra vorliegt, las-
senl a 1632, 1750, pales (pallium) a 1771 endlich latue 1043.
Vor j = lat. s oder lat. cy findet sich oft ai statt a, und zwar
beim Dichter :
Ebenso 20g:
Le rois le prist antre ses braz (« brais)
Amon le lieve a soi le traiz. 1966 f.
J'espoir as diex que si ferais
S'il ne moi faut mon destrier bais
nach /?; « schreibt: mien destre brais, was also korrekten Reim
trotz der unkorrekten Schreibung giebt. laiz \ faiz 1895, brais'.
lais (^^ brachiiim \ laqueus) (47; sonst « brais 656, 1090, svlais
276, drais 443, 444, 17 14, drais : solais 789. Augenreim hält
a in 49 1 fest, wo der Dichter pas (passum) mit palais reimt, während
/^ die französischen Formen herstellt. Einmal aber schreibt auch ^
ai, wo a das richtige a bewahrt im Versinnern bais ^^2^) vgl. noch
die Konjugation. Sonderbare Reime sind noch 1544 ff.:
L'enfant au cuel prist a saisir
A soi estraint sovant le baise
Boche e menton visaire e nase (a naise)
uno 1893 f.:
maint fois baise
Ses oilz de lermes toz 11 araise.
araiser, doch wohl = aroser.
Reduktion von ö?' = ö-f-Gutt. zu e ist in « gewöhnlich, ganz
selten in /3, oder in beiden, doch wird sie durch die oben ange-
führten Reime für den Dichter gesichert. ia7nes 5, 22, 151, 170.
346, 581; les 566 im Reim; a fet, desfct 8i, 95, 280, 321, 2^2}^,
325, 528, 1146 vies 175, 289, 320, 327, 598, 1142, vet 267,
282, 349, wo /9 vai schreibt pales 364, 177 i, fere 2g2, 336, 338,
1075; sei 677, p/e 401. — mes ß nur 126, wo meis in a. ei
ist auch in ß etwas häufiger, cheitis 140, 144, pleisir 466, 731,
leisons 447, 581, veit 265, feit 649 — in a: feil 650, 1463 stets
her (Interj.) 95, 273, 321, 1094 u. s. w., meis 104, 131, 141, 126,
226, 521, 619, seisir 1167, beisa 1401, veit 165, 1045, '"'■'"
son 339, feites 1667, leisast 1448, feit 650, 1403. — ß /'^'^
1045 (a veit) paleis 364, feit 528, feira 345, pleit 401, veit
1449, leiront 2"]^.
ai reimt mit (•: contraire : maire 329, braire : paire 501, faire :
maire 1675, elaire '.faire 17 30, debonaire '.paire 1776, retraire : maire
2038, dei^ res : pales 379, pales : apeles 1905. Wir haben oben ge-
sehen , dafs mindestens vor /■ (' aus a schon j' ist ; es ist höchst
wahrscheinlich, dafs ai damals ebenfalls schon monophthongisch
war im Centralfranzösischen. Dazu kommt nun noch, dafs im Vene-
tischen dem ai sowohl wie dem 0 : a entspricht, dafs also z. B.
fire : mare einen durchaus korrt'kten Reim bilden.
394 W. MEYER,
e : Ol ist die Regel, aufser vor //, wo ei steht, das wie im Fran-
zösischen mit ai wechselt: /9 plein, a piain 340, 853, ß plen
282, aß plains 1869, ß frein a frain 648 — mens reimt mit
firmamens 928, niendre mit cetidre 172 1, was aber jedenfalls nur
Augenreirae sind vgl. S. 395 a mendre ß meindre 1507, a main
ß mien wohl für mein verschrieben 1026. Dann aber, vor «,
poine 939, moine 975, poine : noine (nona) 1845.
Sonst also roi 15, loi 16, corioisie 17, z'o/r, droiliire 2^), (i/oit 3g,
OTö/ 107, wo/r 121, ploie 132 u. s.w., espoir 209, 1534, neben schon
erwähntem espere. — Zuweilen trifft man ei: leisir 1547, deis /? 756
a deves : vei (vides) ß 14 16, 1970, veil ß 1 104. — sltjla schwankt
estoilk 1303, 131 1, stelle 1016 a stelle ß estoille 892. Auch vor /'
sind beide Diphthonge m()glich, die beiden Beispiele sind mirabilia
und paricula, jenes zieht oi dieses ei vor, häufig reimen sie übrigens
mit einander. Mervoille 43, 457, 924, 955, 1041, 1413, 1730,
7?iervillez 47. — aparoillc 259, C)2t; pareila iS<^, pareil 1017, 1552,
1824, 1997, merveillent 384. incrveil : pareil 653, mervoille : pareille
ß, -oille a 1735, mervoille ß, -eille a '.pareille 11 17.
Daneben reimt aber eil, eille auch mit /: ?nille : or eille 1607,
ville : pareille 1 195, pareil : chastel 1427.
Nicht verständlich ist mir a pirles 201, 575.
oi reimt mit unter ungenau mit q honoir '. pooir 1373, hector :
/>öor 1878, soir : tresor 1850, cortois : pros 191 1 mit /9, cortous :
prous a. Man denkt bei pooir, das beide Male Substantiv ist, an
Suffixverwechselung, die in Folge des Nebeneinanders von valoir
und valor sehr leicht möglich ist, vgl. lex. s. volor und a valour
ß valoir 1785, ähnlich stellt sich cortous dar, wenn nicht pros in
preis zu ändern ist.
0/ = ö -J- Palatal wird zweimal vor « -|~ Dental zu 0 reduziert,
in pontiu e ß punture a 196, und in iondre : fondre 930. Ferner des
Reimes halber: vos (vocem) : te?iebros 1407; in Folge von Suffix-
vertauschung: a rasor 945. Ungenauer Reim ist noch poisse ß
posse a'. fosse 45. *posteo ist a pues, ß pois 92, 213, 757, 880,
141 2, 1457. Dem Original kam wohl ue oder ui zu, vgl. a suit
ß soit ^^sequit; sodann a euer ß cuir 897 a nuise ß 7ioisse
1409.
0 -\- V: a orgueil ß orgoil 258, 842, a vuel ß voll 62g,
685, 1364, 1458, 1566. — genoille :foille, 735, ß unrichtig /olle
als ob es sich um das Fem. von fou handelte, was weder dem
Sinne noch dem Reime nach palst.
ui zu u durch den Reim sicher in nu : lu 1648.
5. au. Nie findet Auflösung in al statt. Dagegen ist au zwei-
mal in ß erhalten, wo a zuerst ou, dann 0 schreibt paubre 154,
1762, ou ist überhaupt häufig poubre 176 und in a 154, paroule
1071; nur in ß {a 0) 1587, 1605, 1314, couse 473, 766, 772,
1682, 1273 (im Reime rmt force), nur in a {ß 0) 125, 772. ouse
788, 682, a tresour 217 ß pouse 771; a pue ß pou 112, 1338.
FR ANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN, 395
6. e und ä sind nicht geschieden vom Dichter; wenn wir
vorhin zwei Beispiele hatten, die für f — e sprechen könnten, so
ist doch die Zahl derer, die ? = J fordern unvergleichlich grölser:
iant : gent 29, puissant : garniment '^'^, destruant : casament 39, brauche
iranch 219, blans : formans 239 u. s. w. — Von den Schreibern
zieht derjenige von a im Ganzen e, der von ^i dagegen a vor,
doch fehlt auch das umgenehrte Verhältnis nicht. Ziemlich kon-
stant ist a sens ß sanz 235, 261, 267, 274, 449, 1171 u, s, w.
Übereinstimmend an in aß = lat, ital. en:
Adv, und Subst, auf -mani: 6, 13, 19, 34, 40, 46, 96 u, s,w.
Gerund, und Part. Präs, II — IV auf an/: puissant 34, dol. 95, viv.
1123. — sovant 321, vant 1452 (r.), dedans 36, 60, 496, serpans lO,
antre 843, defandre 745, gant (gentem) 30, 45, (re)samble lOI, 354,
792, 800, 923, tramble \0^^, plantee ;^S2, fame 1180, 1207,
a e = ßa defandre 67, 840, 398, 432, 1405, tandre 68,
fandre '. r andre 1073, tans il, ausir 38, 112 1, anoie 616, an-
queste biT), annoz 6^8, angenoi7/e y^^, an/er Syj, anvers lO^y,
an 768, 762, 771U. s. w,, antre 927, antra 496, 809, prandre
1210, 1473, randre 1072, 1358, i^to, /andre 1473, sant 1458,
antant 361, 635, 1293, 1774, vangier 1520, samble 788, 790,
ansa?nble 1052, \2C)<^, fa7ne 1833, vancu b, 781, 1403, und vieles
andere.
Das umgekehrte Verhältnis a a ß e ist, wie bemerkt, selten :
content 271, 452, 76, 1133, 894; senible 440, comence ^^^, gent
55, 83, torment 1341, defendre 1177, Wichtig ist endlich die
umgekehrte Schreibung veniage a (avantage) 796,
Für <?« in beiden Handschriften: ^« 11, 23, 26, 29, 56 u. s. w,
enz 394, J^ÄJ 19, menbru 44, 86, <r^»/ 50; atendre 1104, entiere 59,
/^«jg-?^^ 71, 1315, 1145, empire 72, ^/z/ör 51, lament : doknt 141 3,
offent '. deffent lObl, defendre 1178. — trancher, *trencare begegnet
in (3 stets und a 1152 mit <«, sonst a z' 981, <? 144 1, 1448.
7, Auslaut, a 1253 schreibt a cura : natura; 817 /:/ /?/«(7.
-(?,• -/ oder Herstellung von -e begegnen niemals, dagegen ist
das Stütz-«? sehr oft weggefallen, nicht nur bei folgendem vokalischeii
Anlaut rier a 1490, rier oisel 1944, un autre a 30, fer engom-
brement a 316 u. s, w., sondern auch sonst und zwar meist durch
die Silbenzahl des Verses oder durch den Reim gesichert dir :
servir 405, : dcsplaisir 553, : mortir 583, : oir 725, : venir 756,
: dorniir 767, : ftiorir 107 1, : leistr 1548 vgl, noch 27, 618, i 155,
1540, arier 491; aber a 373 sir ist der Vers zu kurz, visair
a 1968, ß visaire zu lang. — empcrer : mer a 1857 gegenüber
amperere : mere ß besagt nichts, ebensowenig dir : escrir a 1315.
Im Versinnern /ar 754, fair ß yi2 (a -e eine Silbe zuviel) 1075,
faire e desfaire ß fair e desfaire a 1 132. In a noch hrair
859 (cäs.) er oir 1005 (cäs,) 1243. In ß ist aricr : cliicr 485
falsch, es handelt sich um kara Gesicht.
39^ W. MKYER,
Selten fehlt das Fem.-^ seubnanl a 13, clermenl a 663, 10 18,
der Veis ist stets zu kurz; lonc f. [i 395 ebenso; tot sa entance 398,
foi : savroi 6 1 8.
Wenn, wie mer dir zeigen e nach r fallen kann, so kommt
nun auch die Umkehrung, ein nach r unrichtig gesetztes e vor:
fiere (m.) : deriere 241, menlire : sire 1367, sodann in [i voire (m.) :
croire, remire : fremire 1640, tenire : sire, noire : manoire
1751, ferner peri/le : ville 313. Nur ß kennt das monströse este
=^ est 1892 in einem von a ganz abweichenden Verse:
Mais il ot tant le euer anclus
Ne puet respondre fors qu'este corus,
a ainsi remaint com home mus.
Auch der Reim corus : anclus ist bedenklich.
8. ß = frz. e. ß casament a casiment 40, ß etisament 46,
ß apertament 1222, ß amperaor \22\. — hacaler a 779, 1852
u. s. w., a peour ß paar 48, 137, 237 u. s. w., ß vilanie a vi-
lenie 612, a trapassa 309, 314, 1571, 1946, a trabucher 1055,
1091, a ascoute 1192, ß pardon 1400, 161Q, 1622, ß parfond
1085, a sarpajit 10, a danfeiles 160, 250, 1993, 1995, 2034, a
tera?nuei 934, a canus yo6, chanus 1426, a chavalier 434. Das
aufserordentlich oft wiederkehrende giganietn ist in ß stets ieant,
während « zwischen ieiant und iaiant schwankt, vgl. iaiant 82,
2>2, 77, 91, 145, 448, 351, 868, 900 u. s. w., ieiant 715, 922. —
darier 1348, devant ß devant a ITJ, 424, 478, 736, 1046, 1506,
doch devant ß 1499, davant aß 102 8, 1070.
/: gival stets in «, nicht in ß. asiga 35, 87, 129, primier
974, a ligier 4, 600, 630, 862 neben legier 1003, 1 109, so
immer ß; a livrier ß levrier 680, 1490, 1527, doch livrier aß
861, a civieus (capellos) 540, « pinturee 572, a smiraud 865,
ß scrimir (a scremir) 1 164, ß tr icher e 256, ß sinistre 211,
1002, ß gitoit 243, ß valimant 556, /9 dimi 1107. — /wVt' :
fenis 1415, 1422, 1766, a feniment 1322, defenir 417, dagegen
/9 / m beiden Beispielen; a devin ß divin 1382, a senefiance
1400. — thesus 1687,
<? im Hiatus: a z', ß e: criature 889, lioncel 218, liopart
1527» II 73. mercia 688, doch auch z' in j5: /zö« 199, 251, //-
oncel 2:^6.
ß damosiaus 190Q « damisel 371, « coroer 236, /j
courtesie 470, pasmcison a pasmexon 567, (5 oraison a
oreixon 832, /!^ caison a ocheixon 1320, aprosma 1497, « »a-
/öröJ /^ valeuros 1366.
« toupaces ß topaccs 577, « ;-ö(5z";/ /3 rubin 577, 17 17,
1733; i^ oviour 1234, ioustise 152 1.
« eschuver = /9 eschiver 344, a abraivcz 924 j^ abreviez
951, « austivemant 475, 1480.
Apokope anlautender Vokale: jj Z>^ z;ö/>^ a d'avoire in ,-3
liefse sich natürlich (/Vz^ö/r^ lesen 25g. /3 diffia {aedificabat) 11 60
FKANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 397
a nemi 1860 sonst « enemi ß anemi gi6, 1485, 1581, ß caison
1320 nach fu, a chaixon 1430 nach cui, vantage 796.
9. / vor Konsonanten. Regel ist durchaus ii, falsche Auf-
lösung begegnen nicht, richtige nur in wenigen Beispielen in ß.
ß alber ge 553, molt 96, mit 88, galdine 153, sepulture
1286, 1673, 1807, fils 17, nuls 22, vülz 1426, 1698, 1706,
1844, 1833, 1882, 1972, 2052 (in der Formel vielz et iovent) sind
spezielle Fälle wegen der Nebenformen ohne -s, folglich mit regel-
rechtem /. Im Genetiv des Artikels meist del 448, 451, 460, 489,
581, 721, 897, 900, 1038, 1211, 1407 u. s. w., doch zuweilen dou
568, 1392; ferner el = in illo 770, 843, zweimal al 905, 1091;
sonst au. In 3. Sg. von vouloir üben die Formen mit erhaltenem
/ Einflufs: vuelt 404, 741, 754, 1104, 1292, 1508.
spalula hat eher italienische Gestalt: spalles 849, 1089 (durch
den Reim sicher s. oben i), a spales ß espaules 367.
Einige Eigentümlichkeiten bieten die Vokale vor u = l al
ist a meist ao, aou; letzteres für den Artikel 176, 177, 211, 433,
721, 905, 1021, 1440, 1497; ao Artikel: 1038, 1090, 1494, dao
1394, maomener 15 19, viaogre 1870.
^/ schwankt zwischen iau, au, eu vgl. chevaus : osiaus 947, mor-
tiatis 102 1, castiaus 40, miaudre 16, und a 139, wo ß meudre;
ferner a maudre ß miaudre 1392, a mieus ß miaus 1048, 1185,
aß miaus 12 16. — Deutsches heim: a heome ß hyaume 213,
227, 304, 366, 869, 876 u. s. w., ß heume 366, 1087. Jenes
schrieb wohl der Dichter, vgl. 304:
u Outre passa com l'eome en teste
ß Outre passa leon sor teste.
illos ß entr'aus, a entr' eus (^z"], 942, 1469, ß ceaus a ceus 1879.
— ß deu a dou 249.
ß moit 206 ist wohl Schreibfehler, so möchte auch prois (oben
392) zu betrachten sein, vgl. noch trestoil 467.
a chere = clere 1303 hat in seiner Vereinzelung ebenfalls
keinen sprachlichen Wert, ebenso wenig a eiere 557, ß cere 184.
Aus ß notiere ich noch einmal die italienische Darstellung des
mouillierten /: entaglees 1287.
10. Auslautend «, m sind kaum verwechselt, aufser etwa bei
in und cuvi, die sich hie und da nach dem folgenden Worte richten,
wie em »//u.dgl. Das allen franko-italienischen Texten gemeinsame
escamper = echapper steht 1 1 7 i .
\\. s. I. spandi 759, slatizelle 118, straxure 262, spanuer
1945, spdurir 345, Spaltes 849, smeraut 8Ü4, scremir 17Ö4, sbanoier
1930, a scripture l (—1) spandi 75 ( — l), standuz 987, spales
367 (_i) ß stoit {a es/) 548, smeraut (a esm.-{-l) 177. Sodann
nach vokalisch auslautendem Worte /</ stad/e 235, la spee 1034, sa
spee 1289, a la spee nue ß sespees nues 1208, a la spee ß
respee 1042, 1084, se sdegne 788, drvite spalte 1089, e spoire
398 W. MEYKR,
1534, se spoilast l']l2, ß gesir standii, a. rnort eslandu 1638,
tempeste schurir 966 |3 7ie sparisl iineti sp. 1125, a ferne sposee
12 18, ses spcrons 1739.
steiles ist wohl mit «891 zu lesen, esloiles ß giebt eine Silbe
zu viel, während umgekehrt 1759: /a rnort vienl ijue nid spara^fte
trotz der Übereinstimmung beider Handschriften esp. zu lesen ist. —
Man beachte noch apns ß = espr/s « 186,
s vor Konsonanten im Inlaut fehlt selten ; häufig ist in a
veire 1255, 1320, 1656, 2552, 2557, 1569. apres 21, sodann
estre : metlre 1142, « detre 425, 1858, etre 1117, 1458, deduil
467, repo7idi 643 und Iretous 48, 82, 6Ö3, 1053, 1370, 467,
517, 1576, 1749, 1483; dit 16 = j3 disl besagt nicht viel.
Abgesehen von der Nominalflexion , wo völlige Konfusion
herrscht, fehlt -s selten: ver, enver a 319, 747, 832, 917, 18 12,
1900. mein [rninus) 1026, 15 15, 1525 in beiden Handschriften.
desu 176.
Dazu noch in ß die umgekehrte Schreibung: Pauior quül soit
les nos iesmoigne 2g 2, hat s''arosient für lui s'eti vont «355 ß aro-
tent, was offenbar das Richtige ist.
12. Germanisches iv wird behandelt wie im Französischen.
13. Auch die intervokalischen Verschlufslaute lassen nirgends
den Italiener erkennen, ein einziges Mal entschlüpft dem Schreiber
von a ein sopraine 12']'], dem von ß f lag eile 85. Dagegen zeigt
die Behandlung von co7is -}- d eine der wichtigsten Abweichungen
zwischen a und ß, jenes schreibt fast stets 0', dieses dagegen aus-
nahmslos /; dafs die d dem Schreiber von a angehören, zeigen
Reime ^\e pari : regard iig, grand ^\, 37, 214, 274, 365, 282,
1033, 1098, 1108, II 18, 1153, 1186, 121 1, 1144, 1409, 1427,
{grant 44, 910, 1148), quand iii, 132, 141, 168, 186, 259,
269, 847, 1039, 1047 u. s. w., {quanl 263, 755, 858) brand 220,
1441 {iranl : demanl 730) demand 61^, recommand l^2Ö, mond
II, 1195, 1337 (rnont : segont H79, 1247), co?ifottd S.\, 510, dond
168, 671, 1057, 1184, 1807, ond 1260, respond 1144, 1669
[respont : front 1157, 1589, : parfont 1313), segond 1563, rend
1535, 1663, 1667 {jent 2009 vgl. offent 1066), esgard 115, 119,
244, 717 (esgart : part 881, derselbe Reim auch 119, 717, wo
aber trotzdem -d geschrieben wird), gard 335, 516, 1522, 1753
[gart : liopart 1527), estendard 538, tord ']ob, 1754 choard 723
perd 402, smeraud 865 [esmeraut 1733), haud 1732. —
a long ß lonc 67, a lonc ß long 589, 1113, 1535. — pleint
[plenum) 363 in ß umgekehrte Schreibung.
14. ka. a schreibt c oder g, ß ch oder c.
c — ch\ camp 253, 199, castiaus 40, der 453, 486, 504, cief
490, cambre 493, 572, 604, cemin 799, 283, couse 766, reprocie 783,
trencans 945, brocent 947, ceval 375, 947, cevir 1056, procainement
1282, boce 1299, ceitis 144, gtiencir 2049, ceoir 324, car 701.
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 399
f — C. (asanent 40, ^ose 125, sage 1228.
c — c\ rice 574.
f — ch: (angie ^-^2, 836, fom^ 473, 1275, ganz ^b 2, 843,1345,
car 1139, iranca 1152, togent l^qq, gampagne 1952, famtn ^b, fambre
167, 169, 728, rir/:<? 92, 169, 186, 200, 215 u. s. w., fose 171, 473,
513, branfe 219, iranpe 220, ö/ßpi? 231, (5c/:^ 248, /:ö«/ 285, far
700, pefeour 1753, irabuf.asf 1056, 1092, bafaliers 351, 779.
Selten ist 0 nur in «: zampagne 1915, zambre 464, 181,
zandoille 183, zarifier 331, 20«« 350, zapiron 368.
/3 1140 seoir = aceoir ist wohl als Verwechselung zwischen
cadere und sedere (das erstere wird vom Sinne gefordert) aufzufassen.
^^: in a fÄ in jüI ^«:
rÄ^ (^«^) 6, 22, 2;i,, 24, 28, 38, 42, 60, 61 u. s.w., qui {chi)
8, 64 u. s. w. — querre ß 14, a eiere; a chist ß quist 774.
Aber guerre a gherre ß 1422, 15 13, 1830, 1852, 1854, a gerre
417, 1062, ß guerre 1062.
Umgekehrt schreibt ß, seltener a ch vor 0 : u auch wenn es
guttural bleibt: j:^ auchuns 1142, schurcir 966, fauchon 1028,
vanchu 6, 1551, 1235, 1259, 1301, 1351, 1404, naschu 1361,
1234. — a rechovriez 1974, chur 1335, choroer 236, choard
723, vanchtiz 1235, 1301.
^' wird teils durch z', teils durch ^/ wiedergegeben, vor a wie
vor f, namentlich in a.
veniance 208, 1231, 1253 in a noch 105, 1163 {^ vengiance)
argiant 1715, ient ß 1938, 2013 (« giant) carient 1631, 1867, —
« ^z>«/ 275, 308, 1378, 1306, 1522, 1Ö31, gtetittlefe 222, öa-
gient 192, gie7iol 423, longie 395, giesir 1420. — entendra
1236, ?V«///j 426, 707, 1498, 1503, 1774, 1799. /? /'d'«/ 1938,
2013. /9 gieste 1784. — Einmal « 0^>^<7«/ 754. — Sodann in a
durch p In ]9 ist f sehr selten, ich habe nur bemerkt (;ha 165,
plefheor 1458. In a hat es dreifachen Wert: es entspricht i. Is,
{ixz. ch), 2. dz {hz. g) und 3. /s {frz. c). Die Beispiele für i. sind
schon gegeben.
2. /arfe 1800, J(7/^ 4, 703, 1237, /arfefe 17, /•<7/// 30,
öJ«'/^ 35> 129, lefiere 138, arfanz 172, ///-d-rj 600, 630, /Jö/--
/:ö?'j 777, seforne 751, 942, enfenoiNe 735, 1961, 1499, 1805,
1805, a auberfci 223, 553, catifier 322, 331. — afe = atieurn
4ii> 715, 739. 753. 77i. 795. 747. 757. ii88, 1189, 1220.
Dann auch sacier 629, 1597 = exagiare, essayer, wo übrigens im
zweiten Beispiele auch ß eseigier schreibt.
3. forge 35, 50, 95, 98, 637, es/orfe 49, siang:elle 118,
d an feile i6o, 350, /:a 165, faufa 191, <;/-/>/- 169 vgl. /<•/; (/ti/«j)
286, 1740, boufons 919, «?</:<' 1084, menfogne 2(^2, Suffix rfV
i6, 22 1, 608, 712 U.S.W. Hier ist noch ag:ur 199 zu nennen.
ß entspricht nicht seilen mit 2: aztrr iqg, sianzelle 1 18, daii-
zcllc lOo, cauza 191, inenzogne 2g2, so/uz (« sola/s) 27O.
400 W, MEYEK,
Nicht unhäufig sclireibt (i aber auch in pikardischer Art c/i :
Unchon 403, 624, 963,1241, archun 259, 890, chaens 394, cha
500, diricha 917, esauchiez II 14, perchuit 1491, 1950.
Nur in « kommt x, für tönendes j, vor, [i schreibt stets s
aufser oxel t^^z, wo a osel hat, sonst also oxel 1109, 1944,
saixine <^^, fax die \\~}, plaixir i\bb, 731, despatx ir (iiic) 544,
raixon 522, 1508, 1512, 1804, 1^2^, pas/nexon 567, oreixons
St^2, p/iixour 904, 1873, viaixon 1904, ocheixon 1137, 1227,
1430, 1320. — Iradixons 1904.
15. a) Dem Dichter ist ts = s, wie zahlreiche Reime lehren;
dem bleibt a treu, während ß aufser im Reime s wieder einführt.
ß arditz 3, petiz 7, 456, granz : ieanz 7, trestoz 8, /02 21,
25, 48, 69, sorpuissanz : garnimanz 2>2i') cremuz : membruz 43,
dedanz 65, 172, venuz 'J2, prianz 85, /zVz 109, per duz 69,
öjj^z 116, 270, zVez 116, ardiz : departiz 167, tortiz 182,
fl/«0 189, 3Ö3, /^s 211, a^?/2 207, j'öwz 235, 264, 274 u, s.w.,
poez 315, /zV2 739, /»/z 1052. Dann, dem Auge zu liebe, ieanz
: manz [f/ianus) 905. Umgekehrte Schreibung in roi'z 65.
Im Reime: nus : vanchus 5, grafis : puissans 3, plaisans : vallans
21, ardis : amis 157, /(?/7?j : apris 185, ar^ÄJ :/>m 212, : assis 245,
^/ö;/j \ formans 239, perdus : confus 2"]"], grans : en/ans 279, 301,
</r«j : <r/«j 288, öra'iif : »«!$■ 315, : /»ö/j 739, nie reis : s er vis 377, ^ifJ«J
'.Salus 391, wertus 578, grans : dedans 349, /^J : hercules 1038,
ehenus : plus 1^26.
Wie man sieht, bleibt j zuweilen, ohne dafs der Reim es for-
derte; daher verwundert es nicht, j auch hie und da im Vers-
innern zu treffen, so pros 187, 361, 1066, serpans 10, enfans 739,
sens 2Ö1. — Ist ß laz a las {laqueus) 251, ß faiz a fais [facio)
613 als umgekehrte Schreibung zu fassen?
b) Während ß in der Anwendung des // dem französischen
Brauche folgt, huldigt a wieder viel mehr italienischer Sitte und
läfst das Ä weg, aul 177, 221, 266, 324, 492, 553, 710, 748 etc.,
onour 14, 798, deors 38, 41, 460, 677, 810, 1929 {dehors 841,
870) ors 1443, 1887, uis 495, uimes 591 {hui 416) ome 668 u. s.w.
urlent 936, 954, 1047 {hurter 959, 1923), air 952, 993, aufe (3
silb.) 1084, or 12"] 2,, envair 1485. Doch hec ß ec 635, ha ß ot
864, hair ß air 1808, hetie7nis ß enemis 1485, 1581.
16. Doppelkonsonanten. Keine Spur der in Anseis und
Aspremont so beliebten Sandhi. Ohne dafs gerade ein System
befolgt würde, läfst sich auch hier wieder in a Abneigung gegen
die Doppelung, also venezianischer Brauch, in ß eher französischer
beachten,
a nuleit, 137, 225, 1003, 1810, 1836, vilans 42, ww/t' 54 im
Reime mit nobile, danfeles l6c, bacelier ibo, cele 181, 1194, balanfe
342, sorpuisa?tt 33, 138, 327, 341, 618, 1744, 1791, 1798; 341,
552, 558, 615, mase 55, asez 1 16, 2-jo, pase 124, 769, 1995, masis 2\^,
FK.ANKO-1TALIENISCHE STUDIEN. 4OI
asts 245, asatiblez 298, garises 420, trapasa 309, y^j-f«/ 521, eusent
1214, 1215, mesage 747, 757, ancesor 1282, 1820, laisent 1750,
1984, «m^ 1408, f^j^«/ 2035, öS?«j^ 2038, diie 303, 5?ar^2 409,
j^r^z 1749» quere 695 f., i5ör<? 1444, 1454, querant 1962, 0/^«/ 1066,
ö/a 462, 512, w/ß C)^"], folage 1189 vgl. 1963, belemont i"]"] t„ pa-
roule 1587, w/^2 I590> ^^'^Z''' 1523, fällst 1447, 1587, fö/<?^ 1530,
veluz 444. In allen diesen Fällen hat ß Doppelkonsonanten ; «
ist wohl dem Original näher, den ß paroulle, ballance, lollir, ditte
machen ganz den Eindruck von umgekehrten Schreibungen.
Übereinstimmung von a und |3:
guerre \\'] , terre 1418,80 noch 823, 1337, 1438 u. s, w., ville
1 194, 1827, spalle 1088, alla 919, flagelle : novelle 83, faxelle : stan-
Zdlle 117, isnelle 179, 237, 1373, Celle 1172, 1677, estoilles 891,
candoille 182, grosses 202, 234, effors 34.
güri'r 2)9^, 420, /^jz/s 443, ala/^-j^, 505, 516, oriblebzi, 1008,
poroit 645, 663, «;-,? 728, corant 1495, 1526, 192 1, /m(W/ 1448.
Endlich, das seltenste, « doppelte /:^ einfache Konsonanz:
paissans 63, fessoit 197, ^azjji? 1046, poisse 749, alles Fälle,
wo ^j- falsch ist; secorre 815, &a/?' ^ z;flz7A' 305.
Zur Formenlehre.
17. Genus, martir f.: /a grand martir «584 ist wohl als
blofser Schreibfehler zu betrachten. Dagegen sind die Abstracta
auf -ör zu oft Masculina, als dafs der italienische Einflufs zu verkennen
wäre, le labor 202, cest mien labor 1326, le color 2^2, tot suenhonor 69
mon honor 1292, por suen amor 1622, un flor 1754 (aber Femin.
1822, 2006) mes granz iror 162 1, un teil iror 848, endlich nur in
«: suen grand valotir ß sa haute valor 1098. — une demain
1837; la soir a 1849. de la dao mer a 1359 (|9 ohne Artikel da /uer.)
18. Nominalfexion. Im ganzen herscht sehr starke Ten-
denz Sing, ohne s, Plur. mit j zu bilden ; hie und da sind die
Reime korrekter als die Handschrift, z. B. 243 f., wo a toutes pari
: esgart reimt. Dem le miandres kons a stellt ß le tneilor home 225 gegenüber.
19. Artikel. Die gewöhnlichen Formen sind: le, « dou ß
del a ao ß ou vgl. oben S. 397 les des aus. a le ß ^ii, 1475 aß alle
corage 1388, a le m'ant 1747 a de hi ß de le 930. Aufser 1475,
wo ß a le ieiant a ao grant iei. liest, gehört die aufgelöste Form stets
dem Dichter an, also auch 311, wo « eine Silbe zu wenig hat.
in illo a eou (von Bartoli cou gelesen, was an der einen und
andern Stelle vielleicht als con-el gedeutet werden könnte, doch
liegt die Annahme einer Verlesung näher), ß el 272, 623, « en ß
el 1749 vielleicht jenes eher eu. — « 703 ai für al ofionbarer
Schreibfehler. Vgl. oben 397. // findet sich oft als Nom. Sg. balil
in der einen bald in der anderen Handschrift, als N. Acc. PI. nur
in a. N. Sg. «733, 753, 820, 1:^65, 139, 269, 308 (vor Vok.)
412 (ebenso) 757, 1599, 1628. — N. PI. a Ö3, 515, 961, 933,
1692. Acc. PI. a 379, 832, 944, 1269, 1323, 1740, 1799, 1896.—
Ganz vereinzelt ist ß 227 li haume Acc. Sg. wohl aus Vhyaumc
entstanden. Auch les osl Sg. ß 298 ist wohl nur ein Lapsus Calanii.
Zeitsclir. 1. rom. l'liil. X. 26
402 W. MKYEK,
20. Pronomen, e = e^o a 525 £J vous conois d'un liel
afaire. Man ktninte e als Konjunktion el auffassen, doch schreibt
^ ü, sodafs wohl die Annahme venezianischer Form für e^^o näher
liegt. — lui ist selten tonlos: ocist gut Itii revelle 84 vgl. die Syntax.
Umgt^kehrt: Force da li chasain se garl 1528. Wie « li häufig als
Artikel für le eintreten läfst, so einmal auch irrtümlich für le Acc.
Sg. des Personal-Pronomens: Quanl philemmis li voil venir 755 —
freilich auch lor veoienl a 90g. v == vos: (Juan/ le voudrez il v'eri
randuz 376.
21. Possessiva. a mien tuen suen, ß teils ebenfalls, teils
mon Ion son. aß mien: 1326 « mien 107, 210, 504, 514, 610,
616, 666 u. s. \v.; aß tuen suen 11, 37, 366, 484, 492, 546, 740
u. s. w., a 36, 69, 72, 90, III, 113, 120, 193, 22,i, 485, 654, 717,
722. Vereinzelt a siens [ß ses) 587. — nos Poss. sehr oft: 281,
358, 404, 450, 840, 1276, 1284, 1374, 1511 u. s. w., nur in «1221
— veslre vetre beschränkt sich auf a: 375, 718, 1255, 1427,
1935, 2021. — son = hur 307, 587, namentlich in ß\ 1002 Le
retenir (1. reientir mit d) de ses grans cous mit Bezug auf
Hektor und Herkules, a leur; vos anemis Leissiez tornier an
suen pais 1582, a lour; Celor tramblent — Quant mort vi-
rent le suen seigrior. — Demons trati va: f^/«?' N. Sg. 17, 1 10,
677, iioo; cestui li. Sg. 358, 1653, Obl. 246, 1649, celor'^ova.a
1477. — eist N. Sg. 81, 838, A. Sg. 26 und in a 1146, 1220, 1326,
1339, wo ß cest oder ces (1146, 1339) schreibt, eil N. Sg. 878,
988, all Sg. 241, 892, 1494, «715 (« aou) N. PI. ß 383, 596,
652, 1Ö15, 1836, 2032, a stets ceus\ Obl. PI. 538, 810, 2024,
a ceus ß De cel a De eil 1674.
22. Relativa. In a ist che für Nom. Acc. häufiger, chi auf
den Gebrauch als beziehungsloses Relativum, also wie im Italieni-
schen, beschränkt, in ß qui Nom., que Acc, übrigens ohne feste
Regel, a 142 chi = quam läfst vermuten, dafs manche dieser qui
dem Schreiber angehören. N. Sg. que ß 74, 129, 882, 883, 973,
in welchen Fällen a chi schreibt, ß qui a che 106, loö, 136,
113, 122, 219, 220, 270, 257, u. s. w. — Beziehungslos 64
{ß que) 84, 723, 855, 971, 1006 u. s. w. -— ne =^ en 1561 Randuz
in^avez ma ioie agitiere Pour ce 7ien vuel de graiit mercis Que vos soiez
por moi meris a ne. Die Negation 7/1?;^ scheint mir hier nicht zu
passen, ich ziehe ne = inde vor; die Lesart von ß erklärt sich als
umgekehrte Schreibung vgl. lex. unter ne. — tuit a 166 ß tolz,
eine Verwirrung wie in Aspremont herrscht nicht. — cescun ist
in a 8, 120, 335, 386 u. s. w., /:/ stets chascun, so auch casctme a \^
sofern nicht ein Druckfehler vorliegt. — a mieme ^=^ ß meisine x'jo^^
ist auffällig, doch auch mies mement ^^ 7neesm. 1665.
23. Zahlwörter.
iroi mille ß 816, 1207, cent mille ß 1553 sind, wie die
Silbenzahl des Verses zeigt, unrichtig für mil ; cent mil 1576, da-
gegen dis mille : or eitle 1607.
FR ANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN. 4O3
24. Konjugation.
3. Sg. = 3- PI.
434 Au desarmer corut barons
Chevaliers et valenton.
515 Les dex soient vos guieor
Quel part alez, vos gart de plor.
598 Ne fu — dous campions,
959 Qe lor chevaiis (Plural, wie der Zusammenhang zeigt) soiifrir
?iel pout ; les cox {a li cous) sona 933
1880 Ceaus alerent ou lui a Troie
Mout voluntiers le pros convoie
1092 Veoir se puet totes entraüles vgl. noch 194, 215.
Nicht alle Beispiele sind beweisend, das erste, dritte und letzte
erklären sich leicht aus der Voranstellung des Verbs, im zweiten
liegt die Annahme einer leichten Anakoluthie nahe. Aber das
vierte, fünfte, und vor allem das sechste lassen keine Zweifel zu.
Präsens, twi i*vole6) 1239, 1842 nur in /?, a beide Male vuel,
fai 149 := facto wohl nicht Abfall des s, sondern Analogiebildung
an ai. 2. Sg. ß vois a vues {*vohs) 712, garisses ^20, ais 1135,
1163, I193, a 1796, ßra/'s 208, 209, avrais 418', saurais 1574,
ß dirais 670, daneben a ais ß ai 207, dirai 19 14, a ai ß ais 1235,
1259, a OS ß ais 671. — 3. Sg. ziemlich oft fehlt das auslautende
/: criem 1386, pois (Konj.) 1372, 1612; tien a 1528, vien a 1495,
convien a 732, umgekehrt l. viuert ß 641. — serai a 1565,
ß 1154, 711, ß vait a va 951, a vai ß va 1333. — i. PI. omes
mit ß gegen ons a wird durch die Silbenzahl bestätigt 447, 449,
dagegen Si vos dir omes del roi priavs ist dir ons oder noch eher
mit a dirai zu lesen. 2. PI. a zeigt eine sehr grofse Vorliebe für
ies : matidies 660, 715, 1853, porties 1370, series 137 1, 1563, vou-
driez 376, 1462, /'r/Vj 1464, retornies 565, tornies 19 13, doiiiies : gar-
dies 373 f., douties ^2Ö, leisies 19 18. Man kann im einen und
andern Beispiele einen Konjunktiv bezw. ein Condicionalis sehen,
aber bei weitem nicht in allen ; ß entspricht stets mit ez. Übrigens
fehlt ez tenes 612, ames (: Hercules) 659, aves 1560, 1554, voles 1591.
Man beachte, dafs in aves voles tenes der Indikativstamm von dem
des Konjunktivs verschieden ist, nicht aber in tornies, mandies etc.
— ois ist durch den Keim gesichert 1364: rois : sachois, 1624 /ler-
nois : a pleirois, ß voiidrois. 3. PI. endungsbetpnt ist häufig. An
sich läfst i^ich dies heute freilich nicht mehr als italienischen Ur-
siirungs fassen, wie P. Meyer Doc. 159 es that; nü <'ntt ist in weitem
Umfange schon in französischen Denkmälern belegt, vgl. Chabaueau
Conj.2 46 Förster Zeitschr. f. nfrz. I 79. Mussalia Präsensbildung 3.
cuidoient \ gent 307, lament '. faisoient 596, devoient \ honoreetuent 13,
ruent '. covent 1706, vgl. noch 2025, 2032 und <m)69, 1Ö33.
aviais wolil Lesefehler.
404 W. MEYER,
Imperfectum Conjunct. i. Sg. deusl ß 1141, 3. Sg. laisas ß
1072, a feist ß feisisl 1807, 1854, aß f eisist 20^-], a peust
ßpoist 1143, a eust ß aust logS.
Perfectum. «-Perfecta: conuit 158, 387, 496, tnuit 162, 164,
1405, perchuit 1491 « f/?«/ 1386. — ^-Perfecta: rennst von rema-
tiere 41, 438, 452, 1698, 1992, a remist ßremest ^g, 550. Wo-
her diese Form, die auch Aspremont und Anseis (nicht aber Roland
nach Keller zu schliefscn) eignet, übrigens nicht spezifisch franko-
italicnisch, sondern auch anglonormannisch ist? Soll man an eine
Vermischung mit remist == remisit denken ? Wir hätten dann einen
weiten Fall der Verwechselung zweier in Form und Bedeutung
mehr und weniger ähnlicher Verba, wie deren Suchier, Denkmäler
I 539 einige angeführt hat. Wenn remist nur in Italien einerseits,
in England andererseits vorkommt, d. h. also nur da, wo das Fran-
zösische eine fremde, angelernte Si)rache ist, so begreift sich die
Verwechselung um so eher, remist von remettere 1038, desist 369,
u 1493, 1688, 2014, von descendre. In Frankreich kommt meines
Wissens das starke Perfekt von descendre nicht vor, das franko-ital.
desist ist also auf ital. *descesi aufgebaut. 3. Sg. fehlt hie und da
das /: ocis ß 1805, 130, desis u 16S9. a eins ß eint {cinxit)
211, fecit = fist 1413 u. s. w., fest a 1652, 1648, fe 48, 299;
fecerunt ^=^ ferent a 58, 845, 1856 dixit : ß dis a disse 1222,
dixerunt :distre?it 808, vgl pristrent 944 {a pristent). — Schwache Per-
fecta: ave ß 3i6(?)„ souci a sourci 11 83, meti 1724 — salit 99.1,
chei 567, 1383, cheirent 948 u. s. w. — a veirent 383, 1638, 1989.
Futurum: donroie 555, nistra ß = naistra a (Verwechselung
mit nistra?) 11 16, a moriront 134 (+0' redirai 151, 1855. —
feira ß 262, seira ß 400, 632.
Infinitiv: far ß fer a 754, rechievre a, rechoir ß (recipere)
1977, meter ß 2Ö2, qiierir 1574, conquier a 705, reqtiier 741
durch den Reim sicher, ceer a cheoir ß im Reime auch air 953;
cheoir 1057, 1080.
Participium. « vint ß vancuz 1093, ersteres durch das Metrum
gefordert, a vint {ß mort) 2028, aß vent im Reime mit belenmit
1134-
nascu a nasqi i3 854, vtscu ß vesqi 1114, metu 1777, eslet
{exlectus) im Reime 518. — a tuelt ß tolt 640. — Se ie ne fuise
si tost accort 1 1 7 1 wohl Part, von accorre, nicht = ital. accorto. —
partue 1652.
Einzelne Verba: 2. Sg.: eis a 671, 675, 676, 1138, 1158, 1236,
1242, 1257, 1817. — jo/i? 3. Sg. Konj. 28, 716, vgl. Impf, retonioie
1984. Umgekehrt sois a 674 (Jß mit etwas anderer Konstruktion
soit). — fuis 3. Sg. a 1191, ert ß 838, 1755, stii este 1610. —
aye = 3. Sg. ß 717- Sodann die bekannten soit ß set a {sapit)
291, 1520, soit a seit ß 1763. — i. pois ß puis a 105; puis ß
pues a 1433. 2. puis ß pues a 417. 3. puet a poit ß 99, 471,
699, 932 (reimt mit terramuet a, terramoit ß), puet ß poit a
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 405
1131: veult ß voloit a, puet ß pooit a 1092 aß poit : droit 178g.
cluit a cloit ß 1438, 1758. — ensi'r 38, 1121, 1410, ß 1443.
Lexikalisches,
acort 990 Des piez, des mains fu st a.; 1246 le plus senez le plus a.
arondelle, a arondinelle 74.
auquille ß 1028 u aigle.
arere a estoit a, ß der. 891.
avoire eburium 1683.
bare a 1682, ßbaire, was, wenn nicht für harre verschrieben, eine Annäherung
an frz. biere ist.
b ran che Arm, Hand 219.
brie 1830 Qui garanti avoit sa terre. De mal, de brie, de mortel gherre
= briga mit richtiger Umwandlung ins Französische, nur hätte i durch
oi ersetzt werden sollen. Vgl. Godefroy, dessen Beispiele alle aus ita-
lianisirten Texten sind,
brochon 204, der Sinn und die Ableitung {brocke ital. brocca) sind klar,
ich führe das Wort an, weil ich es sonst nicht zu belegen weifs.
cenis ii. cinigia ven. cem'za etc. 58; 17 14 (neben cendre 1721).
centaures reimt mit contraires 1270.
clus 1751 serrez et clus el monumens.
com cum ist häufig 78, 100, 148, 212, victoire con salus ^()l, com lie front
776, mains e brais con la droite spalte a 1089. f"- '^on, ß ou 1232,
1241, 2003, umgekehrt 1752, vgl. noch com aß 1294, 1295, 1449, 1461,
1577. 1623, 1743, 1804, 1929, 1932.
cremer 151 o.
da: da toutes pars 243, da haut ^266, u d'aut, was vom Verse gefordert
wird, la desevrance da (ß de) mon pere 107 entrepris da (ß de) II 67,
ähnlich I186, da (ß de) m.oi fuir 1273, so steht a da gegenüber ß de
1291, 1336, 1422, 1509, 1554, 1964, dagegen uß da moie part 1355;
1359 {da m^r ß, dao mer «) 1528, 1864 u. s. w.
derupant a, deruTnpant /? 901.
desclaire a 1467 ß esclaire.
desforce ß 49.
despers verzweifelt: lors s'en veit com home d. 499
destre a doit ß 1398.
diabor 944 il pristrent 'ances del dur d.
diffia ß II 60, a edißcha.
doion = domoM 424, 568.
domer 1305 car tout metat doma te fer.
doplier Fakel 182 vgl. Godefr., der noch Prise de l'ampl. anführt, da> Wort
ist also ganz italienisch.
embreus a 881: Embreus de fautre part
Estoient letres pour esgart
Der Vers fehlt ß.
enclus 80, ß \o\ (« enjles : ires); l8<)l A- euer t-nc/us, \\o\\\ audi rnc/uit?
163; und enclois 1418: Ses oitz li a andos c. er lial ihm beide .\ugcn
zugedrückt. Reim : cortois.
406 W. WEYER,
engal 634, 1692, 1958.
cngombrement 346, 480.
entance 398.
eslire /?7i im Sinne von a.irz. desHre; u i/ire.
fame Gerücht 73.
foreste 286.
ioxma.n^ = fromans 1784.
fortece ß=force a 1099.
frambor ß par tiel fr. se mist avant, n Jlambor 901 vgl. 1987.
guai Subst. 1099.
j u s q 11 e m a n t = jusque 1695.
la Oll = (;« /? 52.
leng Holz 915.
li da 174, 271, 569, 1632,
luz Licht 538, 557, 1558.
miemant 161 a Ne miemant Hecula sa niere wohl ^^^ mes?nemant vgl. oben
S. 402.
ne ^=^ ifide 638 ß dont ü n'a la seignorie = a en a.; ti'ansi dehors 978.
ne, nen, non als Negation sind promiscue gebraucht. Bei nen kann man
hie und da zweifeln, ob nicht tCen zu lesen sei, wo aber ne in der
einen Handschrift steht, ist wohl ein Zweifel ausgeschlossen:
aß nen 76, 100.
a non ß nen 27 bis, 1236, 1260 1334,
« non ß ne 835,
a ne ß non 41, 112, 285, 456, 1087, 1734.
« nen ß ne 109,
a ne ß nen 99, I172, II 74, 1409.
nemis 316«; in ß wohl verschrieben: Qatit par mi Post se ave.mis Se tnist
aler für ses anemis a de siens nemis 393, wo der Vers drei Silben
fordert, che nemis a 408 ist nicht sicher,
noie == ennoie.
nuble 300.
o, QU mit 234; ou lui avoit ses compagnons 605, ou lui 624, 19 16, me com-
batrai ou lui 634, 195 1, niena o sei 1206, 0 euer ioios a 1605, ß au.,
li enfanz qi est ou soi 1628, con lui a ou lui ß 1679.
ognir wiehern a 859.
ond woher 638, 1227, 1261, 1330.
\t&\\e pallidus et p. et per s 1384, 1641.
palle ß balle a eti ?nain une p. d^or reonde 887.
piain freundlich 25.
pluvie 1408.
por /? par a 75.
pres Präp. neben pres lui vos estes hien segont 1247.
proi = hl. pre, pratumP Se il veist ce que ie voi
La main el braz gesir au proi i 151.
reclus eingeschlossen 653, 847.
redire zurückkehren 15 1, 1461, 1468 stets im Futurum.
FR ANKO-IT ALIENISCHE STUDIEN. 407
refuer 378 nen refu pas. Man könnte an refuser, refus denken, allein da
-s selten fällt (vgl. S. 398) so ist refuer == ital. refutare wahrschein-
licher.
rier Präp. 355: riev lui s'en vont, 367 r. ses espaules le rua.
xi-ver = arriver 299, 366, 1602, 286 in «, ß ariva, aber jenes ist vom Vers
gefordert.
szXocx ^ satullare 1978.
sconiurer 1967 ie te s.
sen = Jifwi- (ital. j^««f ) 19c, 551«.
sibanus ß, sab. a, une lance de s. 912.
sors 842 Sien orgoil ne vaudra s. sein Stolz wiegt das Geschick nicht auf.
sotmettre 8, 828, sozm. ^45, 1265.
spandre: ainz qe soleü spande 759.
Spiere 1377 ß la spiere qe suü e qe soustient, a le plattete.
streveure ß, streveor u, Steigbügel 262.
suresci 1554 surrexi.
teramuet u, terremoit /? 934.
tesor 418, 482, 1569 nur «, ß tresor.
tra zwischen 864, 11 13, 1451, 1601.
tron Lärm 930.
vagine ß 1442, vaine u.
valenton /^43l, 434, a valeton.
visiaire 1546, 1932 = z/zazV^.
vi st ist sehr beliebt: 212, 922, 284, 421, 1952 u. s. w.
volor 766 D'autre chose non ai volar (: Hector) 1436 que complir pitisse
mon voloir ß, aber volour a im Reime auf valour.
Syntaktisches und Metrisches.
Auch in der Syntax ist der Italiener verhältnismäfsig selten
herauszumerken. Die Anwendung des betonten Personal-Pronomens
statt des tonlosen zeigt, dafs er in seiner Mutterprache nur me, le
u. s. w. in beiden Fällen hatte: Se moi garisses 420, a ne moi mcr-
veil {ß m'en) 653, /«/ /eles dire 726, |3 Penfans moi semhle 748,
qtiil moi dotienl 1435, '^ quel don me soit done. Umgekehrt
stets gegen altfranzösischen Brauch me am Versanfang: Me
combatrai 634 und encontre li a 1985. — Sodann a cors a cors
743» 955; a front a front 962, a saut a saut 1078. — Femer qui toi
estoit smeraut color 865 =^ cht era tutto color smiraldo. Das echt franz.
que eil [= cel) ieiant mandy mrssage 715 ändert « in que aou i um.
Merkwürdig ist: Moul liemant non irascue t,<^o, A liem. a. ß hi frei-
gebiger mit den Negationspartikeln: que nus n'ardist ^8 = a que
nul a.; plus que nen vole une arondele 74 = plus que vole arotulinelle;
n*a point ri'a sort 135 =^ « a point na s. de nach plus begegnet
auch afrz. in weiteren Umfange als heute: plus cort a pie de nuls
levriers 680, plus est ttoir de nul carbon 863, wo « que, plus sunt le-
gier s de nulle beste 1004, wo ß que liest. — Die Ersetzung V( n 2.Sg.
durch 2. Plur. fuulet sich 756 j:^: Di moi /'ist il que deis tu dire
408 W. MEYER,
:=: a Diles moi ce que deves dire. Das Verbum sagen fehlt
völlig in «, ^ giebt wohl das Original.
Die Metrik ist, wie in allen diesen Denkmälern, verwildert.
Das Wichtigste ist, dafs in den 8 füfsigen Versen häufig nach dem
4 Fufs eine Cäsur statt hat. Wenigstens ist die Zahl der über-
zähligen tonlosen Silben gerade an dieser Stelle eine so grofse,
dafs man kaum zweifeln darf. Vgl. Vers 7, 2}^, 27 (wenn man frz.
dire lesen will) 43, 57, 74, 104, 117, 139, 151, 160, 200, 201,
225, 277, femer «47 nen est mervüle. ce dt st Vautor, -Pfe li fu ditte
ne fait moleste 303, Vint a la porte dedenz antra 3 1 o, Ne fu fortune
vers Im contraire 319, a grant plantee de ses amis 382 (« plante),
A sa corone que molt reluit 388, potcr la partie de suen chier fil 453,
Nest pas merville se ü fönt dolor 457, La prime chouse que fist le roi
[ß primer!) Qiii por le songe fu en ^^/w' 473 f., Plorant li prie mout
tendrement 47g u. s. w. Andere zu lange Verse erklären sich aus
der italienischer Metrik gerechten Verschleifung auslautenden Vokals
mit inlautendem: 11, 243, 254, 259, 266, por moi ert bien serviz
e gardcz 274, Avis fu au roi en suen dormir 465, La chambre trova
el huis ouvert 495. Andere durch Unterdrückung eines auslautenden
e: Rir ?r le prod, suen heaume delace 366, E dist h sire ne doutez 373.
Ande 3 sind unheilbar: ig, 35, 83 (das E läfst sich unterdrücken,
doch steht es in beiden Handschriften) lOi, 149. a zeigt solcher
Verse noch viele, die in ß korrekt sind: Roi F. avoit asige 87, A tant
le ior sen veit la nuit leva 165, Bieii poez savoir 315 unterdrücke bien,
Mout se inerueilerent 1. Mout merveillent mit B unterdrücke se oder
Präs. statt Perf. 384, E che nemi estoit dou fier ieiant [ß hat einen
ganz andern Vers) 408, Qtie Penfanz estoit e prous e sage \. ert 4.12,
comant il rennst unterdrücke il 452, le roi se leva 1. le roi sveilla
469, E quajtd il fu caufic unterdrücke Et und il 472 u. s. w.
Zu kurze Verse, 7 siibner, sind viel häufiger noch als zu lange.
Gleich der erste, an dessen Richtigkeit wegen der Übereinstimmung
der Handschriften nicht zu zweifeln ist. Vgl. 6, 24 f., in 42 Hesse
sich Ne pros lesen 5g, 61, 64, 75, 128, 159, 183 — 186, 188,
195, 211, 2 ig, 22g, 23g, wo wohl nicht Hiatus anzunehmen, son-
dern mit a estoit zu lesen ist; por nii Post passa Verfans 301, Qiüil
voloit au roi parier 312 1. que il, Qui peust complie ioie 32 g, Plus tost
fait changier numtel 331, Puis desist del auferant 36g, das ixz. des-
rtv/f// würde das Mafs herstellen; vgl, noch 37g, 3g4, 3g5, 407,
411, 413, 414, 417 f., 434, 439, 450, 481, 487, 4gg u. s. w. Hie
und da giebt die eine Handschrift das richtige Mafs' so 58 « De
mai7it maison, 78 Cum ses amis et ses parant; meist ist auch hier a
falsch: Ne dote arc fer ne balestre 228, Pctiz e grans noirs e blous
356 1. grans ^e «., M es por ce pas non fa reste 1. p. ice 367 1, spätes
367 1. esp.; prist le destier 372 1. le buen d. Ne vous en sai plus dire
404 : sai Tie vueil pl.
^ Trägt die Hs. nicht s^areste, wie ß}
FRANKO-ITALIENISCHE STUDIEN. 40g
Fragen wir uns jetzt nach dem Verhältnis der beiden Hand-
schriften zum Original, so läfst sich wohl sagen, dafs a eine An-
näherung ans Italienische, |9 ans Französische erstrebt, wobei denn
a sich weiter von der Vorlage entfernt als ^. Das ergiebt sich
denn auch aus der Metrik, die Zahl der zu kurzen oder zu langen
Verse ist in a eine bedeutend gröfsere. Ich führe noch eine An-
zahl Fälle an, wo a die schlechtere Lesart hat. i},}^ ms deleva,
1 1 74 f. Por fain ne fu iamais leopart
Fer de beste tiel effroi
1. Feist statt fer mit /9.
129 f. Moi abäse Alars i mist eure 1. 7noi abaissier ; 1254 via
veniance est cors de tiature 1. hors mit ß. 1281 Cor ü est grand le
sui la paille 1. grain.
Freilich fehlt auch das Umgekehrte nicht, dafs « die bessere
Lesart bietet. 1 7 Celui fu fils de grant proece. 3 2 i f. sovant fait
aventure Changier a len sa vestetire 1. Al'om mit a, 371 einer = e
hier, l87lf. Puis fist tantost apareillier Pour le ioune convoitier 1.
convoier. 332 Plus tost fait changer mantel Que esparviers ne fait
oxel 1. n. suit ox. Zweifelnd reihe ich ?norme 452, 486 =^ a morne
unter die Fehler; dafs das Wort zweimal in dieser Gestalt erscheint,
ist doch auffallig, andererseits kenne ich es so sonst nicht und
wüfste es auch etymologisch nicht zu rechtfertigen. Andere Flüch-
tigkeiten in j3 sind ^a?^//2 161 8 statt haitiez, 1846 roine statt fio{i)ne,
833, e mire statt ovre: que si gratit e mire a entrepris. Comdoicnt
Statt cuidoient 1012 u. a.
Eigentümlichkeiten von a sind nun: der sehr häufige Gebrauch
von ie = e, namentlich in Infinitiven und nach vorhergehendem /
(citie), es geht darin weiter, ß weniger weit als das Original. Man
hat darin eine franko-venezianische auf umgekehrter Sprechweise
beruhende Erscheinung zu sehen, ou = 0 ist vielleicht das Auf-
fälligste. Aus altvenezianischen Denkmälern ist derartiges nicht be-
kannt, ob der Dichter ou oder 0 schreibt, ist auch nicht auszu-
machen, ich möchte aber vermuten, dafs er einer Gegend angelu)rt,
wo 0 diphthongisch also von 0 verschieden, nicht etwa denjenigen
Regionen der „terra ferma", wo 0 =p ist. In Moggia ist ou =
p Regel Arch. Gl. I 497. Dem Dichter gehört das /' in den Zeit-
adverbien an; wir linden es auch anderswo in der Handschrift 82 1.
an = frz. ain wird von ß eingeschränkt, von a ausgedehnt, sogar
bis zu umgekehrten Schreibungen: fran = frenum. Dem Dichter
gehört ai := ^ und e vor /- an ; dem Schreiber von « die mehr
phonetische Orthographie ci = ai. ai französisch ist bewahrt. —
o-\-i frz. ui so der Dichter und a, ß dagegen oi mit umgekehrter
Schreibung soit = seqiiil. — an = ou Dichter und beide Schreiber,
und überhaupt der Schreiber von 821. Das führt uns wiixler in
jene Gegend, wo osträlisch und venetisch sich berühren, an den Lido
Maggiore Arch. I 471 Anin. i und, um dies gleich hier anzuführen,
4IO W.MEYER, FRANKO-ITAI.tENISCHE STUDIEN.
damit verträgt sich trefflich das ständige u = Ikons.^ die wenigen
Ausnahmen in ß möchte ich französischem Kinflufs, wo die Ortho-
graphie lange schwankte, zuschreiben. Italienisch ist wieder in a
die Scheidung von e und ä, und die auslautenden -</, spezifisch
venezianisch, aber dem Dichter eigen, nur von « weiter ausgedehnt
der Abfall von e nach r Arch. (ilott. I 455, und für Lido Magg.
467. — In oa a weifs ich nichts genau entsprechendes. 1 Dichter
und Schreiber dulden s^ons. und lassen nach französischer Art, s
vor Konsonanten verstummen, « schreibt öfter phonetisch, (i hislo-
risch. Vor allem nun ist wichtig, Dichter in a s = lat. i-\-s = frz.
ß z. a der 2 in dieser Verwendung nicht kennt, kann es dann
für frz. ch verwenden. — Ich möchte dieses s auf eine Linie stellen
mit tiel und mit der in ß nicht seltenen Schreibung ch = Is. Die
Zahl der pikardischen Epen ist bekanntlich eine sehr grofse, so
dafs es von vorneherein wahrscheinlich und für manche Texte sicher
ist, dafs das franko-venezianische auf pikardischer Grundlage auf-
gebaut wurde, nur konnte dieser pikardische Einflufs nicht durch-
schlagend sein, sondern wurde paralysiert durch centralfranzösischen
bei Dichtern, die andere französische Texte gelesen oder gar das
fremde Idiom nicht blofs durch die Lektüre gelernt hatten. Be-
kanntlich sind im Pikardischem -z und s am frühesten Zusanamen-
gefallen. Italienischen Kinflufs wenigstens kann man hier nicht
sehen , da z allen in Betracht kommenden Dialekten eignet. —
Wieder echt venetisch ist in « die Unterdrückung der Doppel-
konsonanz. Aus der Formenlehre führt a eis = es an den Lido
maggiore Arch. Glott. I 470, cht a im Allgemeinen nach Italien,
nassu vietii des Dichters und der Schreiber nach Oberitalien Arch.
Glott. 1 431. vint des Originals weicht in ß dem frz. vuincu, sen =
ital. senrw afrz. sen, dem im späteren afrz. gewöhnlichere n sens. Zur
Anwendung von stius statt illorum vgl. altvenez. Exerapelbuch 328,
407, 436, 739. Weder französisch noch italienisch ist die End-
betonung der 3. Plur.
Das Französische endlich des Textes weist auf die lle de
France. Die Vermischung von ä und ? schliefst die Pikardie, der
Mangel von ei = e (lat. d) den Osten aus, doch zeigen sich auch,
wie schon hervorgehoben, pikardische Züge; fiioitie, poine anderseits
sind nicht frankisch, sondern champagnisch. Man sieht also schon
das starke hervortreten eines Dialektes, zu Ungunsten der anderen:
derjenige der auch litterarisch der wichtigste gewesen war, der
pikardische, hat noch einzelne Spuren hinterlassen ; der norman-
nische gar nicht; das Centralfranzösische dominiert durchaus.
' Das Genuesische Hegt zu fern.
(Fortsetzung folgt.)
W. Meyer.
Laut- und Formenlehre des Dialekts von Siena.
ZWEITER TEIL.
Formenlehre.
(Schlufs.)
Vin. Verb.
A. i^rscheinungen, welche allen drei oder doch zwei Konju-
gationen gemeinschaftlich sind.
I. Im Präs. Ind. und Konj., im Fut. und seltener im Impf. Ind.
wird das 7n der lat. P^ndung ?mis der 4. Person in « verwandelt.
1. Im Präs. bleibt entweder, wie überhaupt im Altitalienischen,
der lat. Vokal erhalten, oder es tritt analogisches ia ein: abbidn St,
Ro, aveno D2, avmtio Di, St, accordiäno V, andidn St, Ro, caccidno
Ug, cerchidn St, C7-edidn V, curidn ib., diventidn ib.; dovdno D',2741
ist augenscheinlich verschrieben statt dovidno ; /ac{c)iän St, V, Ro",
ftiridn V, mtendidno St, istrazidno D'-, lagghidn (Joscidmo , siehe
uiUen) St, mcnidn D', meitidn{p) V, St, remettidno D-, parlidn V,
piglidn St, potidn [possumus) Ro, ridfdno h.'^, saiollidtio V, sidn{o) St,
V, Ro, Ro'', {t)siimidno X)-\ voleno A^, volidn{p) St, Pr", voglidn St,
Ro (alle drei zu volere).
2. Im Fut.: assetlarcn St, altaren C, cavaräi St, chiarirni ib.,
faren V, Ro, ficcaren V, furariu ib., polaren (potremo) ib., terino
Dl (r = rr) und terreti V, vedren St. (Über ß = ^ im Fut. siehe
unten).
3. Im Impf.: godavdn V (über a = e siehe unten), nuimiii-
vdno C.
GV. bemerkt über diesen Übergang von /// zu // pag. Ö9 :
„Qualche dilTerenza c tra' Fiorentini, e i Sanesi in tale uso di
quest' elemento, imperciocche quegli negl' Indicativi de' vcrbi nella
prima persona del numero del piü la (m) pronunziano per n, di-
ceiido andidno, faccidno. vendiduo, per andiamo ec. e cosi negl' Im-
perativi ; e ne* Futuri similniente th-rreno, per vcrrcmo ec; al quäl
uso favorisce il Salviati in caso di troncamento, cioe lyrrcn /ardi,
fareti cos), fiior che nell'incontro col P e P, come nella nostra
Grammatica diremo. E simile pronunzia nel nostro (senese) Con-
tado si sente ancora"; und der Herausgeber von V sagt pag. 12,
A.': La desinenza in iinc (.lella prima persona phirale, del presente
412 I.. IIIKSCH,
e deir impcrativo specialmente, ora d' uso comune. Oggi tciide a
scoraparire, se non (; gi;\ affatto scomparsa".
Diesen Übergang von vi zu n kennt das Altitalienische und
die heutige Schrifts{)rache auch, aber nur bei Anhängung enkliti-
scher Pronoraina, wobei der Endungsvokal aber ausfällt, cfr. Diez,
Gr. II 148 und lilanc, Gr. 345. Dies findet sich auch in unseren
Texten : affrettianci Ug, aitanci C'', arulian/o St, andianne St, C',
(ivianne D-*, avisüj?ivi D', caviamie St, disfenianla A-', dohbianci FJ,
facciaiici Ug, facmti C"*, forcianci Ug, laghianla V, laghianvi ib.,
7nandianci Pr*, parlianci Ug, pigliatine Pr, preghianlo Ug, preghianvi
C, presentiangli St, rivoltianlo Ro, svarchianci C, volianci V, w-
//ö«/ic» Ro.
Neben diesen Formen der 4. mit n finden sich auch diejenigen
mit erhaltenem vi, wobei im Präs. vielfach der ursprüngliche Stamm-
vokal noch nicht durch die analogische Endung iavio verdrängt
erscheint, wie aviamo C"*, chiaviavio ib., ordenavio S', avcvio D', cre-
devio C^, /ace?no C-*, S', vencemo E' (cfr. LIr. ' pag. 526), volemo C-*,
S^ AI, partivio C^, D<, statuivio D', S», S2, B.
IL Wir haben schon mehrfach in der Lautlehre (Bd. IX, 5 1 3
bis 570), sowie beim Subst. und Adj. (pag. 58, 60 etc. dieses Bandes)
Gelegenheit gehabt, darauf hinzuweisen, dafs das Senesische gern
auslautendes e mit i und umgekehrt vertauscht. Diese Erscheinung
zeigt sich auch häufig beim Verb.
1. Das Präs. Ind. der 2. und 3. Konjugation endet in der
3. Person auf i statt auf e: covtietii D'\ mantieni TR, credi D'.
Zusatz. Merkwürdig ist a in der 3. Ind. Präs. in dehha, dia etc.,
cfr. unten dovere, coglia V,34,3, parta Pr%37226, also Verba der 2.
und 3. wie die der i. Konjugation behandelt.
2. Die 2. und 3. Präs. Konj. der i. Konjugation hat die En-
dung e statt /: compre S'^, denunzic ib., viande S', rünatide ib., [e)?fiende
ib., lasse C*, paghe S', porte Ug, procure S', recüpere [*recüpare] GV,
r kor de F, sconforle C^, torne D'.
3. Impf. Konj. aller drei Konjugationen.
GV bemerkt hierzu: „L'Imperfetto primo del Soggiuntivo non
ha minori errori, se non gli vogliamo chiamare smoderate licenze,
nelle bocche del volgo, e nelli scritti di antichi ottimi Scrittori . . . ,
facendo terminare in e la prima e seconda voce del meno in questo
Tempo , che in / terminar dovrebbe , ed in / la terza , la quäle
debbe uscire in ^".
a) Die i. Person endigt auf e statt auf /: acconciasse A-, af-
frettasse Pr'% aitasse ib., allentasse St, andasse D', C^, Pr, Pr*, Ug,
aspetasse {aspetiassi, vgl. Llr. (p. 568) St, avesse D*, F, L, St, C*, C'',
Dl, D2, A2, TR, Ug, Ro, Pr% bastevwiiasse (Llr. pag. 522) L, ba{z)-
zicasse Pr, Pr*, cadesse Ug, cavipasse A^, cercasse L, comporiasse
1 Llr. bezieht sich auf die Lautlehre im IX. Bande dieser Zeitschrift
pag- 513—570.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 4 I 3
St, conferisse D^, conjessasse K-, conoscesse D^, conprasse C^, contiasse
V (cfr. Llr. pag. 537), coprisse Ug, credesse Q,^, St, crepasse St, </m-
derasse Ug, Ä<?Ji-^ C-, C-*, St, Ug, dicesse C, V, Pr, Ug, disperasse F,
donasse G, dovesse siehe unten dovere, durasse Pr*, entrasse D^,
facesse C*, D', D^, D"*, A-, L, Pr, Pr", /öjj^ und y7/jj^ siehe unten
essere, furasse V, guan'sse St, guastasse A^, te?nparasse G, inpaciasse
Dl, intendesse €■*, /ag[g)asse C^ == lassasse AP-, F, lavasse Pr, levasse
F, mancasse St, maiidasse C*, F, L, dimandasse D', majigiasse D^,
mariiasse Ug, menasse A-, inetlesse F, promet[t)esse C-*, A-, sottometesse
TR, morisse F, St, Ro, moslrasse F, offerisse Ug, osasse C, pagasse
€■*, parlasse L, St, partisse C^, L, Pr^, Ug, covipartisse H, perdesse
D2, pigliasse G, po7-gesse Ug, polesse C', C-^, C^, G, D', F, St, Pr,
Pr*, predkasse Pr, pregasse L, prendesse G, provasse D-\ restasse D',
D^, ricevesse C*, rimanesse C^, sa hasse A-, sapesse D^, C, C^, ^rrz-
ww^ G, L, sforzasse C', stesse G, D^, A2, Ug, stregnesse L (cfr. Llr.
pag. 526), tenesse G, Ro*, iollesse G (cfr. tollere unten), tornasse
St, trovasse C, M, Ro, udisse C^, A^, varcasse C", vedesse C', G,
A^, V, Ro, Pr, venisse Pr*, vetasse D-.
b) Die Endung f' statt z' in der 2. Person: aitdasse Pr, aprisse
St, ardesse Pr*, assagiasse ib., avesse A-, F, C^, Pr, Pr*, awezzasse
Pr*, bejesse ib. (siehe unten), consenlisse ib., crepasse St, deliberasse F,
«/.fj-j^ C3, Pr*, Ug, dicesse Pr, Pr*, domandasse Pr*, dovesse G, Pr, ^w-
trasse A^, facesse Pr, Pr"", ybw^ und fusse siehe unten essere, gi'o-
gnesse Pr* (cfr. Llr. pag. 545), gttasse ib., gridasse ih., guardasse ib.,
Intendesse Pr, Pr'^, legasse Pr*, mangiasse ib., menasse ib., vi07idasse ib.,
morisse ib., pigliasse ib., ponesse ib., por lasse ib., polesse Pr, Pr", /rö-
curasse C^, Pr*, rimanesse Pr', sapesse ib., saloUasse F, tenesse C"\ Pr*,
tocasse Pr, lornasse St, uccidesse F, udisse St, Pr", iisasse Pr*, uscisse
ib., vedesse Ro, Pr*, venisse C-^, Pr, P", vivesse F, volesse C-', Pr, Pr*.
c) Umgekehrt lautet die 3. Person auf z' statt auf ^ aus: <7«-
</öj,y/ P, Di, H, apparecchiassi H, arrivassi Di, aspettassi Ro, avessi
D^, Di, H, Ro, bisognassi P, calassi H, cascassi D^, cavassi Di, Ro,
creassi Di, degnassi H, ö'ifjj/ Di, Ro, Ro*, dicessi P, D^, dovcssi D'-,
D^, Di, Ro, escedessi D'\ facessi D-, D^, Di, H, Ro, y'wjj/ siehe unten
essere, [re)giudicassi Di, Ro, mandassi Ro, menassi H, meritassi Ro,
mettessi ib., negoziassi Di, parlassi H, Ro, Ro*, partissi Di, pendessi
D^, pensassi ib., porlassi H, potessi D'^, Di, H, Ro, Ro", provassi H,
ragionassi Ro, rappresentassi ib., remanessi D"^, rendessi Ro, restassi
Di, ricetassi Ro (cfr. Llr. pag. 532), ritirassi H, sapessi St, tenessi C^,
astenessi H, togliessi ib., traessi S', trattassi H,tremassi Di, zvv/m/ib., az'-
ywz/jj'zD'', 7't7-j(7j'j/ H, w/t'w/ Di, A-*, Ro", tv'//<7jj/ H (cfr. Llr. p. 537 38).
d) Über die 5. Person sagt CiV: „Similraente si erra da molti
col servirsi della seconda voce de! singolare per la seconda del
plurale ; oppure servendosi della terza del meno in vece della detta
seconda del piü." So findet sich die 5. auf .u/ oder Wf", zudem
auf j-// = j/f in aitasse C, andasse H, <;rfjjf St, avessi H, r/z-jj/ ib.,
dicesse GV, dimandasti L, dovesse C", facesse H, pensassi C^\ pigliasse
V, sapesti L, sapesse 0\ II.
-I I 4 L. HlkSCH,
4. Audi in der 2. Kondil. liiultil sich ganz entsprechend die
J'lndung este statt esH: andareste Pr", fareste ib., porreste ib., potresle
A'^, sdegnaresie ib., vorreste ib. (über a = e siehe unten). Der um-
gekehrte Fall, esli statt esie in der 5., kommt in unsem Texten
nicht vor, obschon auch das nach GV ein häufig anzutreffender „Irr-
tum" ist.
5. Im Perfekt zeigt sich ebenfalls die Verwechselung von e
mit / und umgekehrt. So die i. Hineile Ug,l38i„ 2. andasle TR,
avesle C^, conoscesie Pr, J'uste St, udisle Pr, 3. dissi D', tsleilt ib.,
lolsi Ug, z'tv// ib., venni A^, w«j/ [*z^^«j/] Ro, 5. cadesti Ug, ööVj//
Pr' (siehe unten). Auch dies erwähnt GV und bemerkt: „La Santa
(Caterina) incorse anch' ella qualche volta in quell' uso."
Zusatz. Hier sei auch die Kontraktion smarrislii = smarristi tu
C'',79,g angeführt.
6. Charakteristisch für den senesischen Dialekt und aufser-
ordentlich häufig in allen Texten ist der Ausgang der 2. Person
Iraper. der Verba der 2. und 3. Konjugation auf e statt auf /.
Hierüber sagt GV pag. 310: „In questo Tempo suole 1' Idiotismo
Sanese terminare la voce dcUa seconda persona singolare in e, e
non i in tutt' i verbi che non sono della prima maniera .... La
Santa il piü spesso la termina in e." Beispiele: affligge St, ctghinge
[* agionge) Ug, congionge ib., amonisce Vv^ , apre L, A-, Pr, arde PV^,
aüende E», Pr, Pr% Ug, intende L, Ei, £2, Pr, Ug, avverte St, T
oder averlisce Ro, balle Pr, abbaue Ug, combatte F, beje (Hiatus /,
cfr. unten) Pr, chiede Pr, richiede Ug, coglie Pr, Pr*, raccoglie Pr,
concede St, Ro, Ug, procede L, succede Ug, confonde A^, conosce Ug,
riconosce Pr, consente Ug, copre ib., discopre Ro'*, corre C', Pr, Pr*,
ricorre Pr, soccor7-e Ug ,0*, C7-ede A^, C', Ro, Pr, cuce Pr*, ricuce ib.,
f«öa' ib., difende TR, Pr**, Ug, off ende Ro, discende Ug, discerne Pr,
distingue Pr*, ^//wa«? Ug, dorme C^, A^, Pr, Pr*, </«r^ (Latinismus
statt conduce) Pr, 61 12, ad{d)iice Ug, ^j« L, Pr, Ug, _/?«j^^ i^* /'enge, cfr.
Llr. pag. 526) C^^ /ö;-3t? C=5, Pr, Pr*, /rö«^^ Ug, /«^^^ C, Ug, Pr*,
giace Ug, _g'öi'/<? Pr, incende E''^, /i?^^^ Pr, Pr*, merge Ug, /«^/t' Pr
und miele ib., »/(■//(? C^, St, Ro, Pr, Ug, impromette C'*, permeite A2,
r inieile E-, miiore Ug, miiove F, Ug, ismuove F, ööi? E"''-, Pr, Pr*,
«»■wt' Pr [««^^ St], (f/>-. Llr. pag. 545), />a/-/6' TR, Pr, Ug, pasce Pr*,
percuole A"^, T, pennane GV, rimane F, Ug, /fz/f C^, Pr, Pr", fö/«-
/>ö;/f Ug, impone ib., prepone Pr*, />ör^^ Pr*, Ug, prende C, A-, E',
F, Ro, Ug, riprende Pr, Pr*, punisce Pr*, rapisce Ug, ^^^j^^^t' ib., <-ö;'-
;'t'o-^<' A2, Pr, rendeC^, F, L, Ro, Ro", Pr*, Ug, arendeY, respondeY.^ \ris-
ponde L, Pr, Pr"], riferisce Pr, Pr*, Iransferisce L, ripenie Pr*, rompe Pr,
GV, Ug, saglie Pr ', assalisce Ug, scher nisce ib., scioglie ib., scrive C-', L,
Pr, Pr*, und/jf/'/ji^ L, j^^^/e- Ug, Pr*, j^/zv Pr*, j/ifü'^ C^, Pr, possiede
Pr, jö;-3^ St, spende Pr*, j«r^^ Ug, /ör^ St, Pr*, /^w^ Pr*, //V«.? C^,
A2, L, Pr, a///>«^ A2, jöj//^//^ Pr*, /ö//^ C», A2, St, Cr, Pr, Pr*, GV,
Ug, trae Ug, contrae ib., ubedisce Pr* oder ub(b)idisce Pr*, Ug,
«f«r/(? Pr*, z/fr/f C3, E', St, Pr, Ug, avede A2, provede A^, St, Pr,
rivede Pr, &<';/(-<' Ug (zv>?r<' ?", Ug), zv\f/t' Pr, Ug, viene C-^ F, L, St,
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 415
GV, Pr, vive A^ volle (siehe unten) Pr% Ro, Ug {^oolge Ug),
avolle Pr".
Merkwürdig sind die Imperative c6glia{li) C^A^-^ corriggta{lo)
Pr%36i7 und t6la = togli Pr%92,2, die scheinbar nach der i. Kon-
jugation gebildet sind. Vergl. unten a -als Endung der 3. Präs.
Ind. von Verben der 2. und 3. Konjugation.
Vereinzelt findet sich umgekehrt i statt e in der 5. Imper. in
daliici) V,i34h, lagaii(rni) C ',10929 und der 5. Präs. Konj. = Imper.
disfeniati{ld) A3,83,, also nur vor enklitischen Pronommibus.
Zu erwähnen ist hier noch der kontrahierte Imperativ guarti
= gudrdati St, C", Pr.
HI. Auch sonst findet vielfach eine Vertauschung und Ver-
wechslung der Endungen von Indikativ und Konjunktiv und derer
der I. mit denjenigen der 2. und 3. Konjugation und umge-
kehrt statt.
1. OHO, selten ino, hat die 6. Praes. Ind. der i. Konjugation:
cdggion GV, gitloHO AI, inchiiwno Ug, levoiio H, mandon C^, procac-
ciono T\ procurono Sl, reston{p) C«, Ro, iaglmio Pr und taglin[si) S»,
trovon C6, rennuovini{%\c\) P. Hierüber heifst es in GV: „Alcuni
mettono 1' 0 in vece dell' a ne' Verbi della prima maniera, mala-
mente dicendo : quelli amono in vece di amotio. La Santa non suol
comraetter questi „errori".
2. Gleichfalls auf otio und selten auf uw endigt die 6. Imperf.
in allen 3 Konjugationen: aiiendevono Di, bevevono ib., comportavono
Ro% eron{p) Di, H, Cr, AI, C", Ro% procedevono C», stavon H, veni-
von Di, volevon D'', H, avevono Di und avevin ZO, atidavino ib.
3. am = ino in der 6. Präs. Konj. der i. Konjugation, daneben
auch eno\ guardano Ug, numifesiano ib., poriano T», approveno S',
chiameno S-, posen{si) Ug.
4. Aufserordentiich häufig ist die Endung (?//r5 statt (?«() in der
6. Präs. Ind. der 2. und 3. Konj., daneben auch etio und selten ino.
GV sagt hierüber: „Questo e quasi un errore universale, che si fa
da Chi non ha studio, in tutt' i verbi che non sono della prima
maniera, di cambiare cioe in questo tempo nella persona terza
plurale Vo della penultima sillaba in a, dicendo eglino leggano, ve-
dano, dicano ec. in cambio di leggano vedono, dicono cc, essendo
che quelle prime voci coli'«/ siano del Presente soggiuntivo, e non
dimostrativo." BeisjMele : ardiscano 'D''\ arriahiscan \<o, assolvano k-,
attendan{p) 1)', V, intendano ü-, F, aiwcrtiscano D^ batieno Di,
comhaitan Ro" und combalteno F, C', bejeno Pr (siehe unten), cagiano
ib., coceno D', colgano D-', comprendano N, conccdano ib., concmdano
(cöncludunt. cfr. Llr. pag. 551 und wc>iti'r unten) D^, conducano
Pr", conoscano S', Pr", consisteno R; currunt etc. erscheint als för/-.;;/t;
D"', concorrano C^ ricorrano D-, corren Ro, corgan D^«, C', ricorgano
]):« (siehe unten), credano Pr", crescano \y\ accrescano Pr; debbano.
dcbino, deveno, diano siehe doverc \\^\Wx unten; dicano \y^,Vi'^^ "^K J^>.
F, St, 'PR, Pr. dif, nd.no AI, dipattauo l'K, divilUno Ug, nnpi.ino \\
4l6 L. HIRSCH,
riempieno Pr", escano l'K, Pr", riescan C", {af^)giongano Pr, T (cfr.
Llr. pag. 545), iti/etigatw B \infingan Ug] (cfr. Llr. pag. 526),
viellano R und rneltetio D'', S', F, comviellano d'^, S''^, rnuovano TR,
Pr'', Ug und movetio Ug, öffarano (offeruiit, siehe unten), pajaiio
K'^, Pr", appajano Ro, partoriscan Ro, paliscano D'', perdanu Ro, Pr",
periscano C'^, püiccuifil^o) 0\ St und piac{c)en{o) C, C'''S pongano
TR, Pr Ug, espongano D^, S^', propongano R {==ponunl etc.), ponganu
Pr, oder pognano St {= pungun/, cfr. Llr. pag. 545), possan{o) D-',
C-, R, F, Pr, Pr% piemano St und oppriemeno Pr (cfr. Llr. pag.
524), renJano R, riceven{p) D', S', rivestano Ro% rompatio T, jö-
gliano Pr und saglieno D"*, scrivano ib., seguan (S' und segueno Ug,
senlano F, sogliatio R, H, spargan Y, spendanu D-* und risptndeno
Ug, spetgano ib., temano Pr und te?neno Pr, Ug, tenganu C'\ D-, R,
A'-*, conte7igano D-\ rttengano ib., sostcngano Ug, tessano S' und lesseno
ib., traggcmo TR, ti-etnatio St, vagliano D-*, vedeno S"' und veggano
Ro, Pr, Pr'', vendano R und vendeno D', ve?igano R, F, St, conven-
gano D-*, Ug, vivan[o) C, Cr, St, Ro, Pr, Pr^ und ö/wV/ö D^, z^ö-
g/ian{o) (volunt) D'-, D^, A^, T'\ völlano (volunt, siehe unten) Ug,
rivöllano ib.
4. Wie überhaupt im Altitalienischen, findet sich auch in unsern
Texten die Endung /;/o der 6. Präs. Konj. der l. Konjugation auch
in der der 2. und 3. „In questa voce" (i. e. 6. Präs. Konj.), be-
merkt GV, „moltissimi errano col non far distinzione tra la prima,
e le altre maniere, ponendo a tutt' i verbi egualmente 1'?' nella pe-
nultima sillaba, e dicono: f^^ quellt amhio, scrivino, venghino, iemino,
dovendo dire amano, scrivatio, vengano, lemano ec." Selten findet sich
f/w statt /«ö. Beispiele: ö3^z«(ö) C», C^, P, D', D^, D-, S', S2, S», A^,
A'i, Di, L, R, E', E2, AI, T, ardino S', argmschtno Ro, aitendino D-,
N, Di, intetidino D', D2, D^ Di, R, cag{g)ino D', D^, combattm C^,
concedino D^, concorrino T, incoi-ghino Ro (siehe unten), conduchino
D-', T, reduchmo S', S^, conferischino R, conoschino D^, coiivertino
P, credino D^, {ac)creschino Ro, D^, cuochino H; de{b)bino, devino,
deveno etc. siehe unten sub dovere; dichino Yj^, R, dipenghino D^ (cfr.
Llr. pag. 526), ^.ffÄmt^ D2, R, Ri, /a^f)/^ C2, C«, P, D', D2, D»,
Si, S2, S-*, Di, R, AI, L und facerio S2, finischino C'^, ftighino F,
godino T, istituischino D', legghin{p) S', St, mettmo D'*, Ro und
metteno Pr, proniettino D^, Di, munischino R, muoino F, naschin St,
öd'/«(? S-^, partino P, D', Ro, paschino S2, perdino T, ponghino D',
D^, N und ponino Ro, 343 A.r,, disponghmo D^, A^, possino C2, P,
Dl, D2, D:*, Si, S2, S^ Di, R, N, F, AI, Pr, Ro etc., (ar)rendmo
D2, T, AI, rescoteno D2, ricevino D'^, S'\ richiegino N, rimanghino
C, C«», Dl, D2, T, AI, risolvino D3, j«'/»/«^ ib., scrivino S^ R, BRi,
seguino Ro, senien V, sminuischino Ro, spendino Dl, D'^, sospend'ino
S^, tenghin(o) Di, D2, D^, Si, C^, R, St, contenghino D^ mantefighino
ib., sostenghino A', tacfcjino Ro, (7-i)t7-aghitio D2, G, vadin{p) D^ D2,
D», S2, S3, R, F, Cr, C^ BRi, Ro, &ö^/z«o D^ &^^//w S^, provedino
D^ und provegghino ib., venchmo (vincant) R, Ro (cfr. Llr. pag.
52O), ve7idhwC\ S», venghm(oJ D', D2, D:', S', C6, H, F, St, T, T^ BR'.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 4 I 7
5. Ebenso, wie die 6. Präs. Konj. der 2. und 3. Konjugation,
nimmt auch die i. und 3. Präs. Konj. beider Konjugationen die
Endung der i. Konjugation an und endet, was ebenfalls im Alt-
italienischen ganz gewöhnlich ist, auf i statt auf a. Auch das er-
wähnt GV. Die 2. Präs. Konj. auf i statt a in beiden Konjugationen
ist gemeinitalienisch.
a) I. Praes. Konj. auf /: ahhi D-, D", L, St und aviY)'^-\ deb{b)i,
devi , deghi siehe unten dovere ; facci C'-', D-, D^, L, St, Ro,
7netti St, parti D-*, possi D^, C", St, Ro, ricevi L, sap[p)t D-, Di,
C-*, servt D^, tenghi ib., vadi siehe unten andare\ venghi St und
vegni ib., vogli ib.
b) 3. Praes. Konj. auf i: abib)t O-, C», C\ C', P, D^ D2, D^,
S', Sa, A2, A\ R, N, F, L, E', St, TR, AI, Ro, accresM'^, a/ßiggi
GV, apri Di, compri S-, conferischi D', converii ib.; deb{b)i, devi,
deghi siehe unten dovere; dichi C^, t/öi,'^// ib. oder «/ö/// C*, fac{c)i
Dl, D2, D3, Si, S», P, 06, C^ Di, R, N, L, St, V, satisfacci S^,
fondi D', w^/// D2, avietti D^, piacci D-, D^, dispiacci D-*, /)ö.w D',
D2, D3, C2, C6, C-, S', S«, Di, R, Ro, reduchi N, rimanghi D^,
sap{p)i D', D'*, Si, Di, L, C', AI, BR', ^«rr/z// Ro, servi D'\ ienghi
S^, R, tolli S2 (cfr. unten), trag{^g)hi S', TR, zw«// siehe unten
andare, veghi T>'-, provegghi D^, venghi D', D^, D^, C'', C", vogli
Dl, D2, 83, C'5, Ro etc.
IV. Die Neigung des Senesischen , nachtoniges / in <■ zu
verwandeln (cfr. Llr. pag. 541) zeigt sich auch darin, dass die
4. Impf. Konj. auf emo^imo auslautet: andassemo W, arrivasst'i/io l)-^,
avessemo C'l, L, chia7nassenio Ro, dimorasscmo TR, dovessemo und
devessemo siehe unten dovere ; dubiüissemo AI, facessemo D"' und
fajessejyio (Hiatus i) C-i, fossemo Ro und fussemo C-*, D^, A'^, Ro,
lassassemo AI, portassemo St, ritrovassemo Ro, so/erissemo C*.
V. Die 6. Impf. Konj., die 6. Perf. der starken Verba der 2.
und 3. Konjugation und die 6. Kondit. endigen aufser auf ital.
' ero auf ono, ' eno, ino, ' ano, ' oro, aro, und zwar finden sich häufig
die verschiedenen Endungen nebeneinander.
i) 6. Impf. Konj.: abergassotio Di (cfr. Llr. pag. 552), iindas-
seno Ro, aprisseno ib., avessono Di, L, E^, avessino Di, C-', Ro,
avessen[o) D-*, St, Ro, avessoro Di, C*, S', S^, avessaro Si, bejesseno
TR (siehe unten), cascasseno Ro, chiamassotio D', richianuissaro Si,
cotioscessoTio L, conservassono ib., reservassitio D^, coslasseno ib., <7v-
dessono L, desiderassino C", dessoro ¥.'-, desse/i{o) S'-\ Ro, dessiino Ro,
dicesseno R, L, dictssoro S^, dißnissoro S', diiellitssitio H, diniinitissttio
Ro, dovesseno etc. siehe unten dovere, factssono etc. siehe unten,
fermassino H, guasiassino D^, intendcsseno ib., hisciassin M, liberas-
sino Di, loddssoro S', mandassino D^, comandassino Ro, dimanddssoro
31, morissono L imd luorisseuo T'\ nolificiisseno Ro, ollenesseno ib.,
soslenessino ib., pur/issi/io H, p(iss,iss<iito L, perrisseno C'^ pigliasseno
Ro, poriassono L, polessono 1)', L, Ha, polesseno Ro, polissoro E^,
prendessono Di, procedessono L, procurassono ib., proi'asseii St, prove-
dessono L, resolvesseno D-l, res/asseno Ro, res/i/iiisseno ib., ridinessino
Zoitschr. f. rom. l'hil. X. 27
41 8 L. HIRSCH,
il). 1111(1 riducesseno S', riinanesseno L, rin^raziasseno Ko, rispoudes-
seno A', rilardasscDo D'', rompessiiio ib., salvassen C^, sapessono D',
sconfiJasseii St, sldln/issfiio F, slessaro C', lormenfassono L, Irapvlas-
sono Ba, trovassono Ko, veiiissono D-, C"*, L, venisseno Ro, vetiissino
C"*, convetiissnro ib., volessono L, volesseno T", Ro, volessor(o) D'', S'.
2. 6. Perf. : accorseno H, Di (zu accorgerc), arse»{o) l)'\ AI,
assisotto F, caddeno C"*, compuosono E'^ (cfr. Llr. pag. 542), propösoro
D', conchiusono L, corseno L, Ba, Cr, occorsetio R und occorsono L,
soccorseno AI, crebbmo T, diedono und delieno siehe pag. 433, di'ssouo
Dl, D3, L, fl'2>.f6';/ö R, D3, Pr, Pr% J, ^ewör D', ^(^f^^^öwö D^ L, E^,
eh(b)eno Di, F, T, Ro, <?<53ör A"'^, ebbano D"^ fcciono etc. siehe weiter
unten, gionseno AI (cfr. Llr. pag. 545), lessen(si) ib., elesseno Ro,
niissono etc. sieho unten, preson(o) AI, Ro, reseno R, riinaseno
L, Pr, riscosseno R, risposono D^, R, L und risposejio R, T*, roppeno
T'* und rüparo Cr, 154 D, scupersono AI, stppcno Pr*, /^i'^wö D'',
intesono L, ioheno H, AI, irassono L und irasseno AI, vennono L und
V€nneji(oJ L, C*>, C', viddono L, providdeno AI etc. siehe weiter unten,
voheno (voluerunt) siehe unten.
Auch eine 6. Perf. auf ^//z' gehört hierher : rkevcttuj-o Cr, 83 A.
3. 6. Kond. : abbondarebbtmo BR^, accomodarcbbetio AI, ajitia-
rebbono T, allogiarebbono C^', aynarebbono Cr, ammazzai-ebbeno AI, mida-
rebben(o) C^, AI, T, arebbono etc. siehe ö&^;r piag. 430 , appitirebben
V, confessarebbono BR', derivai-ebbon Pr, di/etidarebbimo T, ditnosira-
rebbono L, entrarebboiio BR' und e?itrarebbeno T*, f arebbono A^, E'^
und farebben C, guardarebbono T, levai'ebbeno T'^, vimidarebbono A'^,
rimandarebbor ib., rniUtarebboro T, mirarebbono ib., ojiorarebbono ib.,
passarebbono Ba, BR', poriarebbono hr, importarebbeno R, potrebboii(o)
D2, A^, E"^, ricor rebbor 0 (colligere) D', rimetlarebbeno T, saprebbono
Ba, seguirebbono ib., seguitarebbono Pr'\ serrebboiio S^ und serrebero
ib. (cfr. (?jjcr^ pag. 431), starebboiio A-, terminarebboro T, trovar-
rebbero Pr (über rr=^r cfr. pag. 426), verrebbono L, contraverrebbero
T**, vorrebbono D^, C^, L, vorrebben St, vorrebboro Pr*. Über fl'=(f
im Kond. cfr. pag. 421 ff.
Auch GV erwähnt dieses Schwanken der Endungen in der
6. Perf.
VI. Charakteristisch für unsern Dialekt ist der Mangel der
Gemination des w. in der Endung der 4. des Perfects und Kondi-
tionals aller drei Konjugationen, cfr. Llr. pag. 515. „Celso Citta-
dini", sagt GV pag. 6q, „nelle sue Origim della Toscatia Favella
cap. 6 osserva, che ne' preteriti del numero del piü nelle prime
persone i Fiorentini fanno sentire due 7«, dicendo facenwio, dicem-
1)10, ed ?' Sanesi una, faceino, dicemo, ed egli con quest' ortografia
scrisse tali voci. Ma per verita oggi cosi non si dice in Siena,
ne pure nel Contado." Allein die grosse Menge Beispiele in
unsern Texten geben Cittadini Recht, und Banchi, der Heraus-
geber von S^', bemerkt dort ausdrücklich: „Ancor oggi il parlare
de' nostri compagnoli da ragione al Cittadini." Infolge dieses
nicht geminirten w in der 4. des Perfects lautet letztere ganz
I
LAUT" UND FORMENLEHRE DES PL'XLEKTS VON SIENA. 4 I Q
gleicl) der 4. Pracs. Ind., wenn diese noch den ursprünglichen
lateinischen V'okal und nicht schon analogisches ia hat und m
nicht zu 71 geworden ist, siehe oben. Daher ist es manchmal
schwer, wenn nicht unmc')glich, zu unterscheiden, ob Perfekt oder
Praesens vorliegt. Die folgenden Beispiele sind alle unzweifelhafte
Perfecta: acetlamo D'*, oconciamo D^, alogamo D', andavio C'*, D>,
arde/no Cr, aveino C^, M, AI, Cr, Pr", caccia??w Pr*, conoscemo C^,
conpraiiio C-*, D', consegnamo D^, credemo C-", demo C-*, C', M, G,
D', D-, D'', Ro, dafür damo D', diccmo Pr", Ug, dispendemo C-*,
divisamo ib., eutraino D', facemo C-*, C^, D', D-, St, AI, Cr, Ro,
Pr, Pr% fwno Ro, giognemo D', AI, agiognemo D^ (cfr. pag. 545),
giiastamo C'*, intendemo ib., hvamo G, niatidamo C^, M, divuindamo
C*!, rimandamo ib, mostravw Pr% pagamo C^, M, D', Ro, parlanio
C-*, Pr, pariiino C"*, D', pigliamo AI, pofiemo Pr", disponemo Ro,
riponemo Ug, potemo C^, prendemo D', prestarno M, D', ragionamo
D', raimamo Ro, recogliemo G und ricogliemo M, G, rcndcmo M,
rompemo Ug, saperno C"*, sconfigemo Cr, sconUamo D^ (cfr. Llr. pag.
537/38), sc7-ive7no C^, D^, j/^;«(? D-*, tene77io C'*, iolk7iio Cr. (siehe unten),
lo/-7ia/7io C4, C, G, traenio C'*, t7-ova77io C^, D', D^, udi77io Pr, np/i/no C^
(über « statt ital. t? cfr. Llr. pag. 547), vede77io P, Pr'*, Ug, /-ividemo
D', veTidemo C-*, M, R, veni77io Pr'\ Ebenso im Kondit. : a7ida7-e)/io
Pr, aiterre/no ib., ava7-emo C-*, av7-e7iw ib., aret7io D', D^, D-*, R, F,
C", Pr", credi7re7iio Pr, dova7-eiiio Ro, lassare//w C'*, sapre77io ib., si7-ei/io
(saremmo, cfr. pag. 431) D''.
VII. Besondere Beachtung verdient die 6. Perfecti aller drei
Konjugationen.
I. Erste Konjugation.
Wie die 3. Perfecti hat auch die 6. den Tonvokal t» und endet
auf wVö«o statt arowö (cfr. Diez, Gr. II 152 und Blanc, Gr. 356/57).
Auch GV rügt diese und die folgenden Perfectbildungen als fehler-
haft. Diese sehr häufige Endung üVöwo kann dann auch zu r//Y>«
und ö/'ö (or) verkürzt werden : acco7-döro7i C-^, aUego7-ono C^, ^;//<)-
gioroTio AI, a7/iazzo7-07i(oJ ib. und a77U7iazzÖ7-o Di, 077107-0710 C-'', a7ido-
7-0710 Di, AI, Cr und a7ido7-{p) AI, Cr, appa7-ecchio7-07io T, appicÖ7-07i
AI, aUaciU-o ib., cagio7io7-07w T, cax^akoroTio AI, chio 77107-0710 ib., co7/ii7i-
d07-07lO L, AI, C07/lp7-Ö70 Cr, C07icil07-0710 T, C07lficC07-07lO AI, C071SU/710-
7-ono C'', costoro7io D2 und costSro C^, AI, deliberoro(7io) Y)'^, D-*, S>\
do7W7-o Cr, e7ilror07jo AI, giontorono ib. (cfr. Llr. pag. 545), gtiaslo-
7-0710 ib., lat7ie7itoro7io T, lassoro7io AI, levroo Cr, logrih'o D-, 77ia7ido-
r 0(710) S'', AI, T'', Cr, 77it'/i('>7o[7i) AI, 77iosl7-Ö7-o D'^ ol)ligoro7io ib., /»(^j-
S07-0710 Di, pc7iso7-o{7io) D'', Ro'^, peso7-o7io D2, pia7ito707io AI, po7-loro(/i)
AI, Di, pOS()707lO AI, p7-cd07-07lO ib., p/-l'gi'i7-0 D', 7- iin 71 07- 0710 C'\ AI,
recÖ7-o Cr, ribeUqro7i(o) AI, ritiro7-07io D'', saUoro7io Di, s(a77ipÖ7o Cr,
SCUS0/-0770 AI, S('gta'f('>7-o ib., se7-roro7io ib., sfz-zxh-o D', so/dÖ70 Cr,
S07107-07IO AI, spia7io7-o/io ib., taglioro(/io) AI, Cr, Pr, lo7-7io7-o7io AI,
trovoro{7ioJ AI, Cr, 7it7-o~'0707io Ro.
Aus örw/o entsteht dann durch Ausfall des nachtonigen f,
^'rwö (ebenso vereinzelt ^////(i aus .//c;/,' in iiloga7-no D-, 12g-), so:
->7*
420 t. HIRSCH,
al/ilorno Cr, accanpaino Di, acconuHhirno 11, arcunpiignortio I)', accor-
dorno Di, II, accostorno Di, accellortio Ro, aJimortio Ro", ragiinorno
Ro, aggregorno Di, congregorno ib., allargorno ib., allogiorno Di, C'*,
amnalorno Di, ammazorno ib., ampliorno T, andorno D^, Di, H, AI,
TR, appicortio Di, appoggiorno H, approvorno S^, armorno D'', T'^,
arrivonio Di, H, C", allacortw Di, AI, allraversorno Di, awiorno
Di, H, inviorno H, C**, cacciorno Di, H, C', scacciorno Di, cantorno
Ro, capitorno Di, cascorfio AI, cavalcorno ib., cavorno Di, H, cenorno
H, cercorno C, cessorfio 0\ chiamorno Di, H, Ro, (in)cominciorno
D^, Di, H, Cr, C-', comprorno Cr, condonorno S^ confessorno L,
consullorno Di, contettlonw D^, creonio Di, delibcrorno \^delibarorno\
S'', Di, R, H, depulorno S''^, dispuiorno AI, deshiorno H, deterttwiorno
Di, dubitorno D^, Di, durorno Di, edificorno ib., cntrorno Di, H, AI,
C^, esaminortio AI, fermorno Di, gittorno AI, gindicorno Di, H, ^/k-
rorno R, governorno Di, guastorno AI, intonortto C-', lacrimorno Di,
lasciorno H, lassortw Di, D'', T, re/assorno S^, legorno H, allegorno
Di, levorno ib., mancortio D^, 7nandorno D-', S-'^, Di, AI, comtnandortw
R, domandorno Di, H, T, mangiorno H, (rijmejiorno Di, H, moles-
iunio H, montorno ib., 7noslrorno R, muiorno Di, negorno H, pbrigorno
Xy^ (cfr. Llr. pag. 551), occiiportio Wi, operorno \^oparorno\ ib., ör^i?-
tiorno S3, parlortio Di, paronio H, sparorno Di, passorno H, pettsorno
Di, pesorno H, piatilorno Di, C^, {ri)picchior7io H, {t-i)porlorno Di, C',
preseiitorno Cr, Ro, privorno T, qm'eiortio H, ragiononio Di, ragiin-
orno H, rallegronw Di, recuperorfio \^ recuparorno\ D^, ?-eslorno Di,
H, Ro, ribiäloffio Di, rinforzorno H, sforzorno Di, ritoriiorno ib.,
rizzorno D^, salvorno Di, scalorno ib., scapporno H, scemonio ib.,
schizzorno ib., scontrinorno Ro (cfr. Llr. pag. 554), serborno ib.,
osserorno H, AI, sfa?no7-no St, sonor7io H, C-', squado/-7io H, j&ö/?-
gio7-iio Di, t€7ito7-7to ib., (ri)tiror7io ib., toccor7io A\, (ri)t7-ovorno D"'^, S-\
Di, H, AI, Co, w//ör«ö Di, H.
Endlich wird ö/v/ö zu c>«;/f oder <)///^^ : abh7-acw7i(sij AI, (?«-
^/();?//6i AI, A^, ZO, vereinzelt a7ida7i7i(z) A-,44j, bacivn{si) AI, cercihw
Ro, comi7iciÖ7io ib., co//ip7-07i7io Cr, deh'ber 077710 S^ und deliherÖ7io ib.,
fu7-6no Pr (furare), i7isurto7t7io J (cfr. Llr. pag. 551), lasso7mo Di,
St, IassÖ7i{ld) Di, lallo/mo Ro, 77iando7mo AI, T'^ und 77ia7tdÖ7iois7),
T, do77ia7ido7i7io AI, passö/io Ro, pe7isÖ7io \h., porl67io ib., riparotit70 AI,
rise7-bo7ino T, saUo7mo Di, salvo7mo T, t/-ov()7i(inJ AI.
2. Zweite Konjugation.
Die 6. Perf. endet, entsprechend der der i. Konjugation auf
cir«(9, manchmal auf fr;/ö, wofür sich jedoch nicht £7;;/ö findet. Bei-
spiele: attener7io Di, bütier7io ib., abbailerTto ib., co77batter77o ib., <?)(?-
z^^rwö H, cede7'no Di, potei-770 Di, H und posse7-770 Di, riceve7-7io ib.,
risolver7to Di, H, scrive7-7io Di, sederno ib., veftdez-tio Di, R.
Auch von starken Verben finden sich analog gebildete Formen,
so fe7-7io, siehe unten facere, und 77iesse7-7to, siehe unten 7/i7litre.
3. Dritte Konjugation.
Ganz analog endet die 6. Perf. hier auf //v/o : attribuir7io Di,
dist)ibiii7-no C^, escir7W AI und uscimo Di, C'', St, AI, fe7i7-7io Di,
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 42 I
fimrno H, fuggirno Di, impoverirno \*empovarirno\ ib., ingratidirno
ib., msiiiuü'tio ib., morirno ib., partirno Di, H, rieinpirno Di, salirno
H, seguirno D'^, Di, fenlirno Di, H, spedimo Di, unirno ib.
Selten ist /««y statt z'rwy, so partinno Di, 2 7 3-25 und riuscinno
0^,93^; /«ö findet sich nur in partino Ro,ii7j,.
VIII. Das für die senesische Mundart charakteristische Ge-
setz, dafs vortoniges (und ebenso nachtoniges) e in vielen Fällen
in a übergeht (cfr. Llr. pag. 52g ff.), übt seinen Einflufs auch beim
Verb aus, und zwar im Impf. Ind. der 2. und im Futur und Kon-
ditional der I. und 2. Konjugation.
1. Die 4. und 5. Impf. Ind. der 2. Konjugation endet statt
auf evdmo, evdte auf avdmo, aväte: avavdmo und avdmo siehe avere
pag. 42g, coiiosciavdnio G, diciavdmo Ug, dovavdmo M, C', faciavdmo
TR, godavdn V (cfr. pag. 41 1), sapavdmo L, tenavdmo D', vedavdmo
Pr; 5, avavate siehe avere, credavate C*, dkiavale St, dovavale C"*,
faciavate ib., potavate (potere) C', L, solavate Pr, Pr*, volavate C-*, Pr.
Zusatz. Dieses Lautgesetz, ^ zu a — GV erwähnt übrigens
diese Iraperfectformen gar nicht — ist so stark, dafs a schliefslich
durch Analogie auch in die betonte Silbe eindringt. So finden
wir I. cogliavo V,34j-, 2. cogliava V,20|3, 3. volava Ro, 1173 statt
coglievo, coglieva, voleva.
2. Im Fut. und Kondit. der i. Konjugation erscheint a, wo
das Italienische e hat oder, bei andare, den Vokal ganz ausstöfst,
sei es nun, dafs ä ursprünglich erhalten geblieben oder sekundäre
Bildung aus älterem e ist (cfr. Llr. pag. 523).
a) Futur.
1. abbandonarb C^, a(fogarb Pr, aitarö A-, andarb C, C'*, D^,
A^, F, L, Cr, T, TR und andarbe C* (über dieses paragogische e
cfr. pag, 428), arrecarb S*, D^, aspeitarb L, avviarb St, basciarb ib.
(cfr. Llr. pag. 559), humrd Ro, cantarbe C', cavarb N, chiamarb D',
comprarb C^, conquistarb F, consegliarb C' (cfr. Llr. pag. 525), con-
sumarb D^, diventarb C', divisarb C', C'*, enirarb K}, gastigarb ib.,
giocarb C", giliarbe Ug, incitarb C®, ingegnarb D^, lagarb C' (ctr,
pag. 432), lasa'arb C, /assarb D-^ B, F, St, C*, locarbe Ug, /«««-
a/r() D'', (di)mandarb C', B, tnangiarb C'', D', viaritarb C^, (di)mos-
trurb D', E', Pr, narrarb T'\ pagarb C*, parlarb D', F, Pr, passarb
0\ Ro", passcggiarb St, pensarb BR', pentarb Pr, poriarb Ro, Ro",
snpportarb J, predicorb Pr, pregarb KP-, D^, prcslarb C-*, rasgionarb
ib. (cfr. Llr. pag. 561), repHcarb D^, rcposarb E', repiüarb D-, n'J-
A/r») St, rimediarb ZO, sacrarbc Ug, sforzarb D-', kdiarb S^, tornarb(e)
L, BR', C', C-*, trovorb C-*, C^ versaroc Ug, volaro (volare^ E', St.
2. ocquietarai C', andarai C, A^, ccrcarai ib., comprarai F,
cofifessarai C, ddivrarai ib., divenlarai C-', aürarai Pr, irraroi Pr",
fidarai Ro", /ogara' St (cfr. pag. 432), /asstirai F, mantarai D^,
»landarai C-*, comandanu' C, F, mangiarai C"\ pagarai C'', passorai
C, F, portarai C, L, pngarai Pr, restara' St, sii/ii/ara C, />rnarai
C'S Irovarai C'', T, Pr, volar ai (volare) E'.
422 L. HIRSCH,
3. accordarä C, aconteniaräe C"*, acciisarci D', recusarä N, a/-
0örrJ D2, arnara il)., ameiidarä C-', andarä C"*, D', D^, D"'', S', S^,
A'', F, L, T3R' und atularae C, S^, avanzarä ^l)"^, F, baslaru 1)2,
bisognarä D', D''^, D'^ AI, holarä A^ (cfr. LIr. pag. 567), brigaräe
S', capiiarä I)', cascara Ro, cavarä D', celarä C, r^war« A', N,
chiamarä P, 1)', cotninciarä D', J)^, cotnpjarä !)•*, consegliarä(e) C,
S', cosiara C**, D^, degnarä D-', divisatä C'^, donarä TR, emendarä
A*, e?ilratä 1)', C, fallarä C, falsarä C, D', governära S', A',
guadag?tarä C*, D', V, guradarä C, judicarä D' (cfr. Llr. pag.
567), lassarä Di, FJ, F, levarä D'^, lodarä ib., maiidarä C, D2, fö-
mandarä(e) C, (ajdoniandarä D-, D^, niariiarä U, meritarä D-, ?höj-
/rö;'(? C2, S', El, Jiellarä C^, noiarä Pr, osservarä D"', pagarä(e) D',
D2, D:», S', AI, N, passara S», portarä C*, D2, emportarä C'',pres-
tarä P, provarä S', raconciarä D'^, rallegrarä Di, repiitarä D^, D^,
reslarä D', D-^, revocarä E', rintoscarä A^, scemara S', scialbaj-a D^,
seguUarä D^, sonarä S', strovarä ib, (cfr. Llr. pag. 554), siimarä
R, ioccarä D', ioriiarä S', ritoftiaräe ib., trattaräc ib., Irovarä C,
C^'S D^, D3, B, Pr, veghiarä N, votiarä D^ (cfr. Llr. pag. 537).
4. andaremo C, C-^, L, St, F, T**, armaremo T", asseiar.emo C*,
assembi'aremo F, avisaremo D"^, chia?nare?no D', T, cominciaremo C^,
D2, compoi-iaremo T'', conciaremo C*, dhnostrareino TR , divisaremo
C-*, dominarem Ro, efitraremo C"^ guardaremo C**, Iassarem{p) F, C",
levaremo Di, Ug, mancaremo D'*, inangiarevio C^ narrarenio Cr, /»ö;--
laremo C^, TR, Pr, passaremo C*, C-', pigliaremo C, pregaremo A'*,
procaciareino C-*, significaremo D', sforzaremo ib., tornaremo TR, Pr*,
trovaremo C^, C', C^, St. Vergl. auch die 4. Fut. mit ot statt «
pag.411.
5. accordareie C*, andai-eie Cr, Ug, arrecareic Ba, camparele Pr,
cominciarete C'*, degnarele D^, divisarete C^, gitiaretc Pr", guardarcte
C-l, indrizzarcte Ba, judicarete F, C", hssareie F, kvarctc T, mancarete
D3, T", tnandarete C^, D2, D-', comandaretc D^, C, raccomandarete
R, do?}iatidareie ib., pagarete D^, participarcte ib., pigliarete BR', Ro,
pofiarete F, BR^ pregarete R, saluiarete C, siidareie Pr*, tenlarete
B, io({c)arf/c D-, Pr, tornarete C^ Pr*, trovarete C, V, A^, auch
irovairele F (cfr. Llr. pag. 538), usarete D^.
6. alza7-atmo D*, anwialaranno Ro, andaranno C-*, C, D', D2,
D^, S', S2, A*, R, Ro, avatizaratino D2, bisogmu-auno D', D'-, caccia-
ranno C'S cavaranno D^ cercai-a7ino A', chiamaramio D', D'\ compta-
ranno S^, F, consegliarmino B, cosiaranno D'^, degnaranno D'\ divisa-
rdno C*, eniraran7io D', gasiigaran7to A'^, gittora7i7W D*, istimatmmo
ib., judicaicvuio D"^, lassa7-a7i7io D^, D^, A^, lega7'an7io D^, lodara7mo
D^, S', 7iia7icara7i7io D-*, BR2, 77iaritara7i7io D"^, merlara7ino D^, monta-
ra7i7io D', D2, pagara7mo C*, D', parlaran7io C^, pensa/wino L, />^-
sara 71710 D', pigUara7i7io B, D'-, po7'ta7-ati7w D^, N, pj-ovci7-a7i7w B,
restara7i7io D', D'^ 7-iposara7t7io D', ripufa7-a7mo D^, 7-isc/ba/-a7i7io D'^
segiiita7-a7i7io D', se7iie7iziara7i7io S^, sptdficara7i7io C-*, tagliara7i7io D',
to7-7ia7'a)i7io C^, AI, i7-ovaran7to D', D^, B, vieia/-a7i7io Pr, voltara7i7to
C^, votia7-an7io D' (cfr. Llr. pag 537).
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 423
b) Konditional.
1. aconciarei C*, alzarei Ro*, animazzarei St, andarei C, D^,
Ro, confessarei^r, contetitai-ei TR, St und conteniaria C^, domajidaie
C, entrarei St, favellarei L, fidarei A^, giädicarei T**, giiadagnarci
Pr, insegnarei C, lamentarei BR', lassarei C, F, St, lodarei C,
lograrei Ro, mancarei D^, St, mangiarei C^, C^, ZO, viaravigliat ei
D^, mostrarei ib., negarei T, parlarei C-*, peccarei A^, poriarei C^, L,
pregaret Y)"^, C, procaciaret C^, provarei C', approvarei T*, supplicaria
D^, temp?-aria C^, trovarei Ro.
2. andaresti St, aristiaresti C' (cfr. Llr. pag. 559), capitaresli
Pr", domattdaresli F, gridaresti St, Pr", peccaresti Pr'*, irovaresti T.
Auch andareste Pr", sdegnaresfe A"^, cfr, pag. 414.
3. abbatidonarebbe A-, abbassarebbe F, acconciarebbe ib., acqiiista-
rebbe C^, ammazaria Di, ammendarebbe C, A"'', andarebbc C, A^, F,
G, T, Pr, aspeltarebbe C'', baslarebbe F und bastaria D'^, bisognarebbe
D^, bisognaria D^, bisognarie C", cavaria Di, cercarebbe D^, recerca-
rebbe ib., recercaria D-, confessarebbe C, coniiarebbe ib., coslarcbbe
C"*, D', dimostrarebbe AI, effetinarehbe Ba, esortarebbe AI, fidarebbe
A^, govertmrebbe Pr, guidarie F, imbrogliarebbe C^, isgonfiarebbe Pr",
lassaria Di, lodarebbe F, viacinarebbe A^, mancarebbe D^, C^, Pr,
mandarebbe C"*, AI, jnangiarcbhe D-', A^ und mangiaria Ro, miiiga-
rebbe St, motilarebbe D^, mtdarebbe ib., ordinaria Di, pagarebbe ('*,
A2, AI, parlarebbe F, passarebbe D^, AI, perdonarebbe Q'^, A^, AI,
portarebbe R, comportaria St, predicarebbe G, pregarebbe L, presta-
rebbe D-*, recarebbe Cr, regnarebbe Ug, restaria D"^, resultaria D-,
segnarebbe L, succhiarebbe St, tardarebbe C, tornarebbe C, C^, D^,
F, Pr, irovarebbe C'*, Ba, L, ritrovaria Di, usarebbe C*, vergogtiarebbe,
BR', veitovagliaria Di.
4. cofifessaremmo T, lassarcmmo B, Irovaremmo T. Die hierher
gehörigen Formen mit einfachem /;/ siehe pag. 41g.
5. chiamaresie T", mandareste Ba, mangiarcste Pr, provarcsfc ib.,
irovareste Ba.
6. amarien C, atidarieno Di, St, costarebbero C^, cscusaricno St,
lassarebbero C"*, F, levarebbero Cr, pagariaiio D'', parlariano ib., ricor-
darebbero D^. Siehe auch die hierher gehörigen Formen pag. 4 1 8.
3. Im Fut. und Kond. der 2. Konjugation wird das vor-
tonige t' in (/ verwandelt, während die Schriftsprache f entweder
unverändert läfst oder es manchmal ganz ausstöst.
a) Futur.
I. ardaro L, avaro siehe pag. 42g, cogUaro St, combattaro TR,
costrignaro B, defcndaro E', diciaro F, eslendaro D- imd sttndaro
D^, giognaro St, infragnaro ib., mcltaro (e) C, D^, D'-<, TR, ZO,
commctlaro D-. rcmeliaro D^, movaro Pr, pcntaro L, prendaro C, F,
appretidard F, proccdaro L, provcdaro ib., {(ir)icndaro A-, Tl\, /■/("<•-
z'rt/"ö C^, 1)3, B, n'sohkird !)•', n'spondaro St, romparo C', sn'varo G,
D', D3, /ö/A7;-c;' B (siehe unten), viviiib{c) D-, C, Ro", :v//a/V
(volgero) St, Pr (siehe unten).
424 I-- HIRSCH,
2. assolvarai Pr, avarai siehe pag. 42g, battarai Pr, cogliarai
St, conccpai-ai ib., conosciarai Pr, Pr", correggiarai Pr, credarai ib.,
de/endarai E', dovarai Pr, Pr", gtognarat Pr, mctlarai Pr*, penlarai
ib., pcrdarai A2, Pr, possedarai K^, ricevarai A-, L, richiedarai K'^,
ricogliarai C"^, rispondarai A"^, romparai Pr, spendarai C-', vcnciarai
Pr" \vinciarai ib.],' vivarai L, Pr.
3. accorgiarä TR, ardarä Pr, attc7idarä{c) S', C', avarä siehe
pag. 42g, cflgUarä S^, A-, ricogliara S', S^, A', conbattarä D', conce-
darä !)•', procedura S"', B, cojuhiudarä L, conduciarä siehe unten,
conosciarä D^, S'*, conteiidarä B, distendara D^, correggiarä A^ f;Y-
rt'i?;-«^? !)•, S-', A*, F, Pr, {ac)cresciarä F, N, A-, diciarä Si, L, (5/«/-
diciarä 1)', difendarä S', dipefigtarc) X)'^ und dipcgtiarä ib., dovarä
siehe unten, godarä A-, (aJgiog7iarä S', A-, Pr, Pr*, leggiarä
1)2, D», S2, A2, ;«^//ö;-a Dl, Cl, C4, Si, S2, A*, commettarä S', S2,
S^, N, Ro, nociarä L, pentarä Pr, perdarä D-^, F, piaciara C^, P, D',
D2, D3, Si, S2, S:^ AI, R, pogiiarä Pr (cfr. Llr. pag. 545), /öwari
D>, N, /-ö/flra (potere) S^ A^, (ivi)prendarä D', A2, A-», TR, C,
recevarä P, S^ rendarä C, D2, S', A2, A"*, F, rkhiedara A', r/j^ö-
/örJ D', rispondarä C^, S', rodarä TR, saparäe siehe unten,- jfr/-
zwra(f) A', S', tessarä S', ioUarä D2, B, (pro)vedarä siehe vedere,
(con)venciara Ro, S2, vendarä S', N, vivarä A'.
4. aggiognaremo D'^, attendaremo D2, L, entendaremo C^, esten-
daremo D^, avaremo siehe pag. 430, conosciaremo L, dovaremo Pr,
esc}ttudarei7io L, metiaremo C'', F, potarm (potere) V (siehe unten),
prefidarcmo C*, D2, procedarefno D-', provedaremo T", ricevaremo C'*,
romparemo C^, [i)scrivaretno C'*, Pr, descrivaremo T, ucddaremo Pr,
venciaremo C*^, vivarein V.
5. avarete siehe pag. 430, comhatiarete C"^, conosciarele R, Pr,
Pr", diciarete C"*, dovarcte Pr". (re)legiareie Di, (pro)metlarete C", D^,
TR, ^nteiidarete Ro", perdarete D2, piagnarete Pr, rendarete C, rzVö-
gliarete Pr, ridarete Ro", rodareie A2, vedareie D-, veticiarete C^, F.
6. acadaranno D2, accresciaranno A2, ardaranno A2, F, avaranno
V. pag. 430, amibaüaranno TR, conduciaranno N, F, co7igiognaranno
D', co7iosciaran7io D^, D^, S', S2, Pr, dafür co7iosiara7ino Di, S2
(cfr. Llr. pag. 559), correggiarariTio A-, credara7i7io Di, S*, S2, A*,
^V*, N, desce7idara7i7io F, diciar 071710 S', S2, B, dispe7idara7i7io C*,
dovar 071710 Pr", i77ip07iara7t7io SP-, (pro)77iettara7mo D', D2, N, Pr, S*,
a7n7}iettarmi7io AI, possedara7i7io SP-, potara7i7io (potere) D2, S', N, proce-
dar 071710 D^, siicedar 077710 B, re7idaro7i7io S^, Ai, A2, /■icevara7i7io D',
D'-, richiedaraitno Dl, 7-tcogliaranno S2, riscotaranno D2, ro77ipara7mo
AI, scrivoro7i7io B, (pro)vedara7i7io siehe unten sub vedere.
b) Konditional.
1. Ovar ei siehe pag. 430, cociorei C", co77ibaUarei Pr, coTiosciarei
Vf", crcdarei Pr und credare' St, dovarei D-*, 77iet[t)arci C^, TR, Pr"
und vieiiare' C, perdarei AP-, Pr", poiarei (potere) Pr", re7idarei A2,
ridarei St, rodari ib.
2. avaresii siehe avcre, credaresti A2, dovoresli und doggaresii
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DL\LEKTS VON SIENA. 425
siehe dovere, mettaresti Yx^, perdaresti Pr, piangiaresii ib., ridaresti
ib., spendaresti ib., vedaresii Pr*, venciaresti ib.
3. avarebbe siehe avere, cadarehbe C*, condiiciarebbe ib., correggia-
rebbe A^, credarebbe G, Pr", dovarebbe und dovaria siehe dovere,
giaciarcbbe C, viettarebbe F, AI, promcilarebbe L, movarebbe Cr, 7/0-
sciarebbe Pr, praidarebbe Cr, piiotarebbc S^, rendarebbe C, A^, riceva-
1-ebbe A'-, richiedarebbe Pr, rispondarcbbe ib., rotnparebbe Cr, sballa-
rebbe C*, stollarebbe C"*, uccidarebbe F, vivarebbe Pr".
4. avarerno C^, concludaremmo BR-, crcdaremo Pr, dovaremo Ro.
Über ;« = w;« siehe pag. 419.
5. avareste C"*, credareste Pr, crcsciarcste A^, dovareste siehe
6. ardarebbej-o F, avarebßjero siehe avere, cadarebbeio Pr, <//-
sfruggiarebbero F, dovarebbero etc. siehe dovere, meitarebbero F, Cr,
prendarehbcro F, uccidarebbero ib. Andere hierher gehörige Formen
siehe pag. 41 8.
IX. Von denjenigen Verben, deren Stamm auf r mit voran-
gehendem Vokal endigt, finden sich häufig kontrahierte Formen
des Futurs und Konditionals, indem der Vokal zwischen beiden r
ausgestofsen wird. Dies trifft hauptsächlich bei den Verben der
I. Konjugation zu, einige Male auch bei denen der 2. und 3.
Doch kommen ebensogut die nicht kontrahierten Formen vor, von
einigen Verben, vielfach wohl blofs zufallig, nur die letzteren.
Wenn sich statt /-r in solchen kontrahierten Formen nur einfaches
r findet, so beruht das auf schlechter Graphic.
I. Verba der i. Konjugation mit nur kontrahierten oder mit
kontrahierten und daneben nicht kontrahierten Formen.
Fut. 3. comparrä S', S2, comperrä S', 6. comperaranno S'-,
1. impararo J, 2. impararai St, Pr, Pr", 4. prepararemo T, Kond.
2. ripararesli Pr", Fut. 2. considerarai Pr, considerrai E*, 3. conside-
rarä T, Pr**, considerrä Pr, 4. considcraremo C^, 5. cotisiderarele Pr",
6. considerramio E', 2. desiderrai L, E^, Ug, 3. desidcrrä Ug, Kond.
I. desiderarei ib., desiderrei ib., 3. desiderarebbe D^, desiderrebbe ib.,
4. desiderarcinmo D^, desiderrumo ib., Fut. 2. curarai Pr", procu-
rarai D'', Pr", currai Pr, 3. curarä El, C^", TR, Ro, procurara T,
5. proeiirarete D-', Kond. i. eiirarei L, St, Ro, 2. luraresti Pr", 3.
ciirrebbe Pr, Fut. 3. dichiararä T, T", Pr", dichiarrä D-, 4. diehia-
raremo Pr", diehiaremo G^, dichioraramio T, 3. ditnorarä A', T",
6. dimoraranno hy, T, dimorrantio B, Kond. 6. dimorarebberoV, Fut.
3. ^A)//ö;;-J Pr, rt'«/72;v? D'-i, C, TI<. Pr, l'r", '/"'•'<' P>'-, ^', S^, Pr",
(^/?(!r<>t' C"*, 4. duraremo C^, 6. duraranno Ug, Kond. 3. dtirarebbe
T, Fut. 2. generrai Ug, 3. generarä L, jurara S-, gitirra S', j/><7--
giiirrä S^, 6. juraranno ib., giiiraranno S', B, jttranno S', i. A/z'o-
/-<7/o' D^ Pr, lavorro St, 3. lavorarä D'^ D», Pr", /(/-•<)/■/</ D', S^;
statt „^Äf qiialunqite lavora 0 fara hivorare^^ des Herausgobers ist
D',631 augenscheinlich zu lesen „r//<' qualiinque lavora'^ etc., wo
lavora als schlechte Graphic für lavorra erscheint ; 6. lavoraranno
D'', Pr, lavorrunno S', lavoranno S-, Kond. 6. lavorarebcro D',
426 1.. HIRSCH,
I''ut. I. libn-aro [* libararo] Y.^, 2. libararai ts!^-, liherrai YP-, liberra
ib., 3. libcrarä '\\ ddibcrarä AI, S-', libtrrä E', E^, diliberrä I)',
4_ Hberaremo Di, 6. diliberaranno D-, diliberranno D', Kond. 3. 0'^//-
be rar ebbe T'', Fut. 3. mormoraru Pr", mormorrä ib., 6. viormorranno
ib., 3. niurarä D'^, B, 4. viuraremo D-, 6. murara7ino ib., miirayino
1)', 3. opararä I)^, adoperrä S^, adoperä S', 4. adoparene ne^adope-
reremo C'*, 5. adopararete R, 6. adoperaranno [* adopararanno] T",
Kond. I. rincorrefmi) St, Fut, 3. sciavarrä S' (echt senesische Form
für sceverera), 4. tnraremo V, Kond. 3. lurrebbe C, Fut. i. 7;;'/ö-
parro F.
Auch zwei Verba, deren Stamm auf « auslautet, stofsen den
Bindevokal aus und assimihcren dann das « dem r : Fut. 3 /0 '«-
garä{r= rr) = lo ingannerä A^, i. ??ierrd (mencrö) Ug, Kond. 3.
rimerrebbe A'^, doch auch Fut, i. menard F, 3. rimenarä ib., 4. W6'-
naremo Di, 6. jnenaranno F, TR,
2. Von folgenden Vcrbis auf F(?X', -}- ^'«''^ kommen in unsern
Texten blofs unkontrahierte Formen des Futurs und Konditionals
vor: Fut. 3, ararä Pr*, riararä ib., Kond. 3. commemo rar ebbe E',
Fut. 5. devorarete hP-, 3. favorarä Ug, furarä S*, Pr*, 4. furaremo
Y.'^, für arm V (cfr pag, 411), 3. inspirarä Ro, sospiraräVx, statt 4.
viiraremo C'*, Kond. 6. mirarebbono T, onorarebbono ib., Fut. i.
oraro Pr, 2. orarai Pr'"*, 3. oscurarä T'\ 4. peggiorarem TR, 5.
peggiorarete Pr'', 3. rimunerarä Pr, l. ristoraro ib., speraro St,
Kond. I. sperarei T^, Ug, Fut. 4. iiraremo T, 6. ritiraranno ib.
3. In der 2. Konjugation findet sich aufser den gemeinitalie-
nischen kontrahierten Formen des Futurs und Konditionals nur Fut. 2,
cherrai, 3. richierrä etc., siehe unten.
4. Von den Verbis der 3. Konjugation gehört hierher Fut. 3.
ciliar rä St, doch 4. chiarircn ib. (cfr. pag. 411), },. fcrrä etc. siehe
unten, 2. guarrai Pr, 3. giiarrä St, Pr.
X. Ziemlich häufig finden wir im Futur und Konditional ge-
rainirtes r, wo einfaches zu erwarten wäre. GV bemerkt hierüber:
„Errore fanno coloro, che in questo Tempo radoppiano la r, di-
cendo avierrb, temerrd, scriverro, senlirro ec, il che non e secondo
la sua formazione." In unsern Texten finden sich die Formen:
Fut. 3. albilrarrä (cfr. Llr. pag. 553)0^, 6. ammaestrarraimo ib., 3.
avarrä C"*, i. enirarro Pr", 3. entrarrä Yß, S', Ro, entrarräe S^,
5. entrarreie TR, l. mostrar ro Pr"*, 3. dimostrarrä Pr, Pr'', 2.
pre^arrai Ug, 3. provarrä S', aprovarrä D^, 3. j^rr« (essere) C-*,
2. irovarrä' Pr, 3. trovarrä N, L, Ro, ritrovarrä D', 4. trovarrenio
F, Ro, 5. trovarrete F, L, TR, 6. trovarranno D', A'', S', Ro,
Kond, 6, trovarrebbero Pr,
Aus der 2. Konjugation gehört hierher Fut. 3. credarrä D^, F.
XL Verkürzte Formen,
1, Einige Male ist die Endung ebbe der 3. Kond. verkürzt zu
^': «'r/z-t'' St, potre C, servirc' C, vedre^ Ro,
2. Die dem Römischen und den süditalienischen Dialekten
eigentümliche Erscheinung, dafs der Infinitiv die Endung re ganz
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 427
wegwirft, findet sich auch in unseren Texten, besonders den neu-
senesischen, bei allen drei Konjugationen, und zwar bei der 2. ohne
Unterschied, ob die Infinitivendung den Ton hat oder nicht.
a.) I. Konjugation: andä J, ballä ZO, cercä S^, comandä A»,
da S^, J, manifestä S', mosträ $2, pigliä ZO, portä ib., sopporiä |,
prestä D', sfogä J, stä h?, ZO, tirä ZO, irottäe C' (cfr. pag. 428),
vendicä J.
b. 2. Konjugation: avi: A3, Pr% J, correggm' (^z^^nach sene-
sischem Lautgesetze, cfr. LIr. pag. 534) A^ (der Herausgeber nennt
diese Apokopierung „eufonia popolaresca che si ode ancora"), dole ZO,
essa' A3, fä Ii\ SS A3, p&da! k\ piace D», raccöglm k'- und ri-
cöglia ib., sapl Pr, J, tene A3, vede A», J, voU D2.
c) 3. Konjugation : acconsenti C', ripult ZO.
Siehe auch die Infinitive mit enklitischen Pronominibus
pag. 429.
3. Vereinzelte apokopierte Formen sind die 3. Präs. Ind.
apa A2,2i843= appare, die Participien rrnz'^ recato A3,76, und
/«//-z^ö' = intrigato A2, 163,4, bei welch letzterm der Apokopierung
jedoch vielleicht blofs ein euphonischer Vorgang zu Grunde liegt,
da es heifst: iniriga et imbratiato (cfr. Llr. pag. 569), endlich das
(Gerundium esse = essendo A2,38ig.
XII. Es ist eine eigentümliche Erscheinung, dafs die Sprache
sich durch derartige Apokopierungen vcci tronche schafft, während
sie dieselben sonst, da sie dem Ohre zu scharf klingen, zu ver-
meiden strebt, indem sie einen Vokal oder eine Silbe anhängt.
Vergl. Llr. pag. 536. Im Altitalienischen war überhaupt dieses
Anhängen von Silben sehr gebräuchlich.
1. An die 3. Perfecti der i. Konjugation auf 0 wird e ange-
fügt: abbatidtmbe C, addormetübe ib., adorbe ib., albitrbe V> (cfr. Llr.
V-^Z- 553). ^-"'^t' d, Ug, andbe C^, J, avisbe F, bagnbe Ug, botbe
C' (cfr. Llr. pag. 567), cavalcbe ib., cavbc Ug, cercbe C«, comiucibe
C', J, incomincibe INI, confessbe C, conqiiisloe J, diinentkbc C, diven-
Ibc 1, donbe Ug, perdoube C\ C^, Ug, dottbc und dubilbe ib., enirbe
C', F und inhoe C\ fermbe Ug, J, infermbe C, gastigbe ib., giiibe
^'> Ug, immaginbe J, ingmocchwe C, iscommunhbc ib., A/z/c/Va' ib.,
A/jj^»«? Ug, /öz^t»^ ib., kvbe C, Ug, /ötw Ug, mandbe C^ und ///<?«-
oje^ (Hiatus 7, cfr. Llr. pag. 568) M, ?iiar(n'iglwe C, menbe ib., w-
i^ö<? ih.,p(7gbe}i,passbeA'\pe;isbeO, appensbe ih.^perstvcrbe [*ptrstVürbt] L,
pregbe C', prescntbe J, ;Y<,'^//^)df F, rüornbc C, Jc^V/t'e' ib., /rt^//6»<? F,
Ug, /yffo't^ Ug, ^«(yi? ib., Irabboccbe C, //wrV ib., iurbe ib., t-m/t)«' ].
2. An die 3. Perfecti der 2. Konjugation auf «^ hängt sich o\
balleo C, ab(b)atleo TR, a/rt't'ö C, /t7/</,'(» F, petiUo C, />£7vAv M,
/>öA'ö C, F, r^^m/t'ö C, .r^fl'Jö F, vendio I\I, S^. Nur ganz vereinzelt
e statt 0: abballie Ug, /»ö/cV ib.
3. An di^ 3. Perfecti der 3. Konjugal i'd 11 auf/ wird 0 oder,
doch nicht so häufig, e angefügt: iicro/zip/o CK iif/ff/ijon/o ¥, apporio
ib., covrio F, discovrio ib. und discopn'o ib., /',////;» C'', F und y«////«-
Ug, ferio F, TR und ferie 1"', Ug, fiiggio V und /"w_i,'/e' C-', guareiilio
428 L. HIRSCH,
F, guertiio il)., is/ipuliiu C, mcnlio F, inorie C und viorio C, M, F,
auch murio (cfr. Llr. pag. 547) M, nodrio C, partio C, F, dipariio
C, F und Partie C, Ug, /^wA'o C' (cfr. unten), rapio ib. und ra/»/.?
Ug, redio F, J0//0 ib., shii^ollio ib., ^^^'■7^/0 Ug und j^^'-«/V ib., sentio
C, F und sentie Ug, .yö/V/o F, stahilio ib., tramorlio C, wÄ? C, D*,
«jf/ö C, F, z^rt;//<? Ug, isvan'io F, zvj//c? ib., rivestio C und z'^j/zV Ug.
4. Seltener ist die Anfügung von ne an die 3. Perfecti, wobei
11 verdoppelt werden kann: andone F, andonne S^, F, chi'afnbne C,
coslone M, dilivcrone C, pregone C"*, provone C, toccone ib., z^^Z/wt' Ug.
5. An einsilbige Verbalformen, die auf (/, ^, 0, k auslauten,
hängt sich mit Vorliebe die Endung e oder «<> {nrie) an, so ^0^,
</öi?, da7ie, foe, föne, fae, fane, fue, ftme, hoe, hone, hane, soe, sloe,
stane, voe, vae, vane, vanne etc., siehe die betreffenden Vcrba.
6. An die i. und 3. Futuri wird sehr oft e angehängt.
a) I. andarbe C^, avaroe C, cattlarbe ib., dirbe ib., färbe CA,
ZO, gittarbe Ug, locarbe ib., rnandarbe ib., muiarbe ib., potrbe C,
saccarbe ib., segiiirbe Ug, tornarbe C"*, verrbe 'LQ, versarbe Ug etc.
b) 3. acontentaräe C'*, andaräe C, S', atiendaräe C*, hrigarae
Si, comandaräe C, consegliaräe ib., </ttr<7^ C* (cfr. pag. 425), entrarräe
S* (cfr. pag. 426), /^rö^ S^, C, contrafaräe S', pagaräe N, parräe S^,
S2, compariräe S', partiräe C*, /ö/r(7<r C, ritornaräe S*, .yöpra^ ZO,
scrivaräe S', traitarae C, uhhidiräe ib., zwrr/f A"*, converäe Q.^, vor-
rae A^ etc.
7. Vereinzelt erscheint paragogisches i? beim apokopierten In-
finitiv /;ö/A7e' C",7i4 (cfr. pag. 427).
XIII. Verb in Verbindung mit Pronominalsuffixen.
Hier gilt im allgemeinen das von Diez (Gr. II 148) Gesagte.
Zu bemerken ist folgendes:
1. Nach Abstofsung des Endvokals assimiliert sich der aus-
lautende Konsonant m, n, r dem mit / beginnenden Pronomen und
wird zu /: 4. Präs. ahbidlla F, 6. acdndoUa Ei, atörtieallo Ug, Inf.
caccialli ib., 6. Impf, carcdvallc ib., chiamdvallo C-*, 6. Präs. cuöcolli
Ug, Inf. «/ö/// W-, dalle ib., (/«/A/ = dar loro (cfr. pag. 66 dieses
Bandes) ib., ^fe7/ö (debent-illum) Si, 4. Präs.'VOTwV// Di, Inf. dilla ZO,
fallo W-, rifalle ib., falli S', 6. Perf. felli Cr, 6. Präs. ßrgoUo Ug
(siehe unten), invölgollo E', 6. Perf. isaminallo T, Inf. lavorallo D',
S2, megliorallo D', mitrallo W-, 6. Präs. mdndalli A-, 6. Perf. /«^«J-
rö//ö Cr (v. pag. 4 19), 2. Imper. /0/// Pr'', /»fV/a ib., ripo//o Ug, Inf.
pdsturalle C^, portallo CS prolongalH D", 4. Fut. pesarello C^, /re'^a-
r^/Zc A4, Inf. riprovalli Pr, 6. Präs. Konj. scrivallo S^, Inf. spogliallo
Ro, 3. Präs. /;>//« Pr=^, /zV/Zo C, D2, Ug, 6. Präs. äv/^^^/Zö D^, Inf.
rnantenello ib., Z/v/ZZa C^, z'tW^ZZö G*, vcdelli Ro'% e;t'j/ZZZö C-», 6. Impf.
volielli C, Inf. volella ib.
2. Der Endvokal und der vorhergehende Konsonant werden
einfach abgeworfen: 4. Präs. ahidhi W, 4. Fut. adoparinc C^ {r=rr
schlechte Graphic, v. p. 425/26), 6. Perf. arselo Cr, 4. Präs. dobidli
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 429
D2 und dchiäli ib., devene C'^, 6. debomi D^, 6. Impf, guastävalo C'*,
6. Perf. misselo AI, 6. Präs. percuötolo Ug, puicciogli ib., 3. Präs. /»^o^//
C^, 2. Imper. y^ö/ö' (poniloro) Pr^, pi*gli ib., 6. Fut. poriaregli C-*,
6. Präs. Konj. pörtigli D^, rimandeli S', 6. Präs. Ind. rimdndali Ug,
4. j^«^ (ne semo) C*, 6. tengola D-, 6. Impf, ritejicvah F, 6. Perf.
rimdsovi Cr, 6. Impf, volevagli A- gtc.
Häufig verliert auch der Infinitiv vor folgendem Pronominal-
suffix sein r (aber auch ohne dies; v. pag. 426/2 7), wobei der anlau-
tende Konsonant des Pronomens oft geminiert wird, falls der End-
vokal des Infinitivs den Ton hat: abbat tasi T=^, ajuldgli D^, contur-
hdci T, dald' (dar loro) Pr, dißndagli D-, dimmi J, dimostrdieli Pr**,
essagli D', fala D-, yi/i'^Z ZO, J, satisfammi D'\ mettavi S', offerigli
S2, parldgli Pr", preseniassi J, raffaccidgli ib., ragundsi Ro, recävile
M (cfr. pag. 66), regaldvvelo J, re?tddlelo U, rendegli [* rhidagli^ St,
risentissi J, scrwagüT)^, sfogammi J, succhiavvi ib., tenegghi (Floren-
tinismus) A^, /röWc' D', vendicassi J.
3. Selten bleibt auslautendes f vor einem suffigierten Prono-
men erhalten, wie avertirene D"\ essainiiidrelt S', färelo ib., mctle-
rcgli S^' mettaregli\ S'-, starene C"*.
4. Über den Übergang von auslautendem w zu ;/ vor einem
Pronominalsuffix siehe pag. 412.
B. Die Hülfsverba.
I . y^jy^rf .
(Wir lassen hier wie bei allen Verbis im allgemeinen die mit den
entsprechenden italienischen übereinstimmenden Formen ganz weg).
Präs. Ind. i. ab{l?)o C, M, agio D'-i, TR, //ö^ C^, F, hone C^,
C4, Dl, V>\ Si, L; 2. //a' G*, C4, C'; 3. /wz;^ C, S^ /w^ C, C\
0>, S', F, /w«t' C, C-», M, D<, D2, D:\ Si, A*, L, /w««^ D>, D^, D^,
4. ßz'^OTo C, C-», M, Dl, D2, D:*, S', S2, B, F, Ki, Ug, apokopiert
ave^ C*; merkwürdig ist avemmo mit geminiertem /// als 4. Präs. Ug,
405-20; ferner üv{am{o) C', C^, C», C», C^, C', Di, 02, D:', S2, S:«.
A2, R, L, B, £1, T, Ro, Ro", Pr, Pr", Ug, abbidno aväio, avidno,
v. pag. 411; 5. aie A-*, 6. dvon[ne) 0-1,247. Konj. l. avi 1)2,185,5,
abbi V. pag. 417; 2. aggi Ug, 3. aggia C, abbi v. pag. 417, abba
J; 4. aviaino Pr; 5. öw'ö/^ D'\ £■, T", Pr, 6. abbino v. pag. 416.
Impf. Ind. I. avevo G, D«, D2, D», C:«; 3. öz-/« Ci, C\ C\ C^\ C«,
flt'^'a (Hiatus /, cfr. Llr. i)ag. 568) C-*, avia ])•, Cr, V, Ro, avi'e F,
Cr, ava Z( ) ; 4. avavamo (cfr pag 421) Ci, C-*, C'', G, 1)2, A2, St,
L, kontrahiert zu avdmo S-*, V, avdteli = togli avevamo C^; 5. ava-
vale C-*, A2, kontrahiert avdtali = gli avevate C-*; 6. a7'i-7'o/io v.
p. 415, aviiuo Ci, Cr. Konj. i. ovcssc, 2. ai'csse, 3. aihssis. p. 412 13,
3. ^vesse Si; 4. avess€?no, avt's.ui/o etc. siehe pag. 417. Perf. ö.
ebbono etc. v. pag. 418. Fut. i. avaro Ci, ("i, D', avaroe Ci, aro
G», C^ G, 1)1, II, St, V, BR2, Pr, Pr"; 2. avarai C'. A2. F, Ro«,
Pr», avara' A-, -//,// D^ A2, C>, C', ("\ II, St. MRi, HR-, Ro,
Pr, am'' St; 3. r;rw/-,/ ('•, C\ l)i, 1)2, Si, S-, S^», Ai, A^, Ai. N. B,
430 1- HIRSCH,
V, L, m>arn} C'*,«),),,, (cfr. p. ,426) ün}C\C\C\ C\ I)', 1)'^ ly\ S-:,
S:', H, K^ F, BR', HK-i, St, 'FR, Ro, Pr; 4. avaremo C\ V, arcmo
C\ D'. D^ 1)3, k\ Di, H, V, St, Cr, Pr, Pr«; 5. avarele C, C\
D2, A2, Pr, Pr", arete \)\ \y\ R, TR, N, II, F, St, V, Ro, Ro", Pr,
J, 6. avaranno C», C^, I)i, Si, S-i, A», N, H, F, aran{n)o I)', I)-',
D», 8=», A', A'-J, A4, C«, N, II, Ro, Pr, Pr\ arän C«, C^ St, PR',
Ro, 'rüfuio S'. Zu l)('m(^rl<en ist chauarno (sie!) des Kodex =
ch'avranno mit Metathesis Rü,36o,A.(. Koiid. i. avarei C, C^, D',
L, Pr, öm' C3, C", C«, I)^ !):', A^ PR', HR-!, H, St, V, Ro,
Pr, Vt\ are' St, Ro, Ro"^; 2. avaresti Q\ L, Pr, aresii A2, H, St,
Cr, Ro, Pr, Pr^; 3. avarebbe C, C^, D', A2, F, L, Pr, Pr% arebbe
C\ C-, G, D2, D3, A2, h:\ H, F, St, V, Cr, T, TR, BR', BR2, Ro,
Pr*. avaria TR, aria D'-, Di, BR2^ St, V; 4. avaremo C*, aremo D2,
D^, F, C', Pr" (über vi = mm v. pag. 4 1 g), doch auch mit gt^mi-
niertem in, arenimo St, Pr"; 5. avareste C-*, areste C-*, C'; 6. ava-
reb{b)ero C, C4, B, F, L, arab[b)ero F, AI, Cr, Pr, arebbenio) AI,
T'\ C^, Pr", arebbono Cr, arebbor A-, avriano Di, ariano D^, «r/i';/
St, Ro. Inf. 'z;^r^ D', D^, az;^ A», Pr% J (cfr. pag. 427); Part. ö«/ö
C3, C4, M, G, P, Dl, D2, D^ 82, A2, A^, Di, R, N, H, F, Cr, -TR,
St, Ro, Pr, Pr% ZO, 'iilo (nach a, cfr. Llr. pag. 523) M.
2. Essere.
Präs. Ind. I. so C, C\ C4, C6, C', G, D', D2, D^, A2, N, F,
L, El, St, V, Cr, TR, Ro, Pr, Ug, ZO, soe C, D2. Hierüber be-
GV : „I Sanesi son soUti togliere la sillaba 710 finale nella prima
persona singulare, e nella terza plurale del verbo Essere, dicendo
so per sono; il quäle Sanesismo sentesi nelle bocche di moltissirai,
e leggesi nelle scriLture di molti Autori di questa Nazione, preten-
dendosi esser questo un vezzo della lor lingua. La Santa frequen-
temente si serve di questo vezzo in singolare, e talvolta in plurale,
benche in detto numero assai di rado. I Fiorentini al contrario
sogliono a questa voce aggiugner un' n, dicendo sonno.^^ Doch
kommt auch die Form sonno einige Male in C^ und F vor. 2. se'
häufiger als sei; 3. h C\ J)\ hie C, C\ M, D', D2, D^ Si, 82,
S», N, F, L, St, TR, Rof, Pr^ Ug; 4. semo C\ M, 8', F, E', Ug, da-
für se?nmo Ug,328.,o, 369-23, 374-2o *^tc., nur in Ug, sidn{o) St, V,
Ro, Ro* (v. p. 411), setie = ne semo C^; 5. sele Ci, C-\ C-*, C, C^,
Dl, D2, D3, H, F, Ba, T, Pr, Ug, dafür siie C^Jö,-,. GV sagt
hierüber sub essare : „Nella formaziore di questo verbo sono di-
versi i sanesisrai praticati dalla Santa e da tutti gli altri di quel
secolo. E prima ella disse so per sono e sempre disse sete, che il
piü de' Toscani dissero sieie." 6. sonno C-*, C^, C, Di, D2, D^, 81,
82, 83, AI, A4, B, N, F, L, St, AI, TR, Ro, Pr, Pr% fast ebenso
häufig so C-\ C6, M, D», D2, D3, S', S:', A', A2, F, L, Ei, F:2, Cr,
V, St, Ro, Ro", Pr, Ug, ZO, sone 82,2962, R,476A.c, suno S\^2t,^,
375]g. Über sonno siehe St, Glossar und Ro,359 A.2, wo der Heraus-
geber bemerkt: „Sonno, forma senese e romanesca per Sono, terz.
pers. pl. del pres. ind. di Essere." Konj. i. sie D2; 2. siei C4, sie'
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 43 1
St, C', Pr, Pr''; 3. sk D', D-^, D:', S', S-\ St, V, C", Ro, sf S',
S2, Ro, sea S'', A', seli = glt sia S', 4. siamo; 5. siaie und ja^-
ja/^ (sie !) Ro'',2 20.2„; 6. sieno häufiger als siano; seno S', S^, sino '$r-.
Impf. Ind. 4. 'i-avamo C"*, savamo C-*, L, Pr, Pr^; 5. eravaie; 6. ^ro«ö
pag. 415. Konj.: Hier und beim Perfekt finden sich vielfach die
im Altitalienischen überhaupt sehr häufigen Formen mit «, die
heute 0 haben. Erstere sind die streng nach der Lautlehre ge-
gebildeten, cfr. Llr. pag. 548. \. fiissi St, T", Ro^ viel häufiger
fusse {pag. 412/13) (Z\ C', D>, D2, D^ A2, R, F, L, St, TR, Pr,
Pr% Ug, fosse Ug; 2. fussi Ci, D», St, fusse C\ A\ St, F, Pr^
fosse A2; 3. //m^ C, C^, C^ C\ M, G, P, D', D^, D3, Ba, AI,
Ro, fussi C\ C^ C", D\ iy\ Di, H, St, Pr; auch /msse 82,301,5,
311^, und y'K^Ä'i'^ S2,287(i (cfr. Llr. pag. 548). 4. /ussmo C-*, ¥, fus-
semo D2, A-, T, St, Ko, fossemo Ro; ^. fuste C'\ G, F, Pr; b. füs-
ser{o) Gl, C2, C\ CS G, P, D', AI, Ro, füssoro D', S', S2, ßlssaro
S\ Jussono D', D2, E2, ?r, Jussifw Ty\ H, Ro, /«w;/(ö) C2, D', D»,
S2, R, St, Ro, Pr", füssano Ro, fössono L, fössetio L, Ro, fuössero
S2,30i,;; (cfr. Llr. pag. 548). Perf. i./uji (Hiatus t, cfr. Llr. pag. 568)
D»,ii8,".5, J'h C-^ V; 2. fusU A2, C^, "St, fuste St; 3. /?/^ C', C»,
C-i, M, D', Si, S2, AI, A2, B, N, F, J, ßme Z\ \y\ F, funne D>
(cfr. pag. 428), _/o TR; i\. funw Ro (pag. 418/19); ^. ftisk C'', C^,
C*; 6. aufser fiiro7i[i)) folgende Formen: ficro C', C-', C-*, M, G,
D', D2, W, S','SS k\ Di, N, F, >;- C*, Ce, d^, A2, furno C-,
C', CS, C'J, D', D2, D3, S:», Di, R, H, St, Cr, AI, T% Ro, Ro«, ///««ö
A'<, T'"-, Ro, Ro'», ///;/f> Ro, ßm ib., /örö M, Ug, forno TR,5,o,
fuorronok\ \]g, fuoro C, C\ M, Di, S», S2, S'\ A2, B, F, L, TR,
Ug, fuor D', A2. Fut. Während sonst das Senesische e in vor-
toniger Silbe in a wandelt (cfr. pag. 423), bleibt das ursprüngliche
e im Fut. und Kondit. von essere unverändert erhalten, wohingegen
es im Italienischen in a übergeht. Dieser d'-Laut im Fut. und
Kond. von essere ist charakteristisch für unsern Dialekt. Ersterer
kann dann noch geschlossener und zu t werden, i. serb C, C^
sirb D2,6l||; 2. serai C^", C^, sera C*, srai St,45, A.2; 3. sera C^
D', D2, Da, S', S2, Sa, BRi, TR, R, Cr, Ug, serra C\t^. (cfr.
p. 426), sira P, D2, D3, S2, S^ A4, D'. Zu bemerken ist sa'= sara
Ro,345,i,; 4. seremo A-*, siremo \y\ 5. serele C; 6. seranno C^, D-',
Si, S2, SS U, AS N, L, siranuo P, D', \)\ AS sanno SSioö,A.3.
Danebein finden sich die bekannten, von fiam gebildeten Futur-
formen: 3. /a C, CS CS DS F, St, TR, fie SS CS F, St, Ba;
b. fian Ba, fino SSiÖQjo, 181,9. Kondit. i. serei CS sen'a C^\ 3.
sereb{h)e D\ S2, CS Ug, sen'a CS C«, D2, DS sirie CS26;,; 4. si-
remo D3,338.2r, (cfr. pag. 419); 6. serrebcro S2, serrebbono ib., serhino
C^. Inf. 6X(-(//-(r) C, 0\ C^, AS AI [('j.w- SS 140,;], essa AS v. pag.
42bl2j, j(7DSi034, Cr,i44l>; Part. <\$-jwA> D', S', SS Ug, mwA> Ug,
.w^ CS M, D', D^', SS A', St; Ger. /.s\w/.^ DS Ug, seftdo CS D',
DS Ba, SS Ro, esse' AS38,o.
432 L. HIRSCH,
C. I)i(! einzelnen Konj ugationc n. -
1. Irrste Konjugation.
1. Sehr liäulig sind in unserer Mundart die verkürzten l'ar-
ticipien der i. Konjugation, die aber durchaus ihren verbalen
Charakter behalten und keineswegs als blofsc Adjektive gebraucht
werden. Asc(^li hat in seinen „Saggi aretini" (Arch. Glott. II 451/52)
dieselbe I'>scheinung fürs Aretinisclu! nachgewiesen. Er sagt dort :
„Un particolare nif)rfologico, di qualche raomento, e poi la grande
frequenza di quella che si suol chiamare la „sincope del participio
perfetto di prima conjugazione" come ha la lingua in tocco ^= toc-
caio e simili. Or se fra gli idiomi letterarj questa elegante pro-
prieta e pressoche un privilegio dell' italiano (cfr. Diez Gr. II-'
152-3), si trovera poi difficilmente alcun vernacolo dell'Italia o
pur della Toscana, in cui essa resulti piü cospicua di quello che
e neir aretino." In einer Anmerkung bemerkt Ascoli dazu : „Forse
il senese e il lucchese si potranno misurare coli' aretino, o anche
superarlo." Letztere Vermutung wird durchaus bestätigt durch die
grofse Menge kontrahierter Participieii, die unsere Texte zeigen,
so adoriio 1)', D^ C', C", assetto \y\ Di, V, C', ra^seito W^ Di,
avvezzo S', C^, C^, St, 1", carico Ba, T, T" und carco C'*, scarco
k\ casso Dl, D2, S', S2, S^, A», A*, Di, cerco Cß\ C', Cr, BR2,
Ro% Pr% ncerco D^ coko Di, compro D\ S', S\ A\. Di, R, H, T%
ZO, conäo Si, S2, AI, accondo C, A2, S', S^, S», A2, F, Ba, T%
Cr, riacconcio D^, racconcio Cr, scojido St, con/esso C, S', S2, A2,
Di, H, L, conl{i)o \y-, Di, V, Pr, Pr' (cfr. Llr. pag. 537), sconloVf'^,
desto C^, H, dilivro (deliberatum) C, diviso (divisatum) ib., domo 'P,
fenno (firmatum) D', S', S'^, A^, Di, ZO, confermo Di, R, rifermo
D', Cr, raffermo Cr, Ro, giito C', governo D'', A2, St, rigoverno Di,
guasto C\ D', D2, D^ A2, Di, Ba,^ AI, Cr, Idcero Ro, levo ZO, liscio
A2, mendo Cr, mezzo (ammezzeto) Ro, moslro D'', Di, R, St, AI, Ro,
Ro% mez[z)o F, Cr, Pr, piglio ZO, porto D^ S', Di, Ba, presto Di,
privo S^, Di, E', St, C*, quitto C*, F, rcsto St, richiamo S2, saiollo
St, sgomhro D2, Di, AI, ioc{c)o C-, D\ St, Cr, T, AI, Pr, Pr% tronco
St,trovoI)\ ZO, tiirhoO', usoV»'^, C\ A\ Ba, ZO, varcolP, voloC^.
2. Statt des ital. lasciare ist in den senesischen Texten viel
häufiger lassare gebraucht. „Lassare", bemerkt GV, „piü tosto che
lasciare, dissero e dicono i Sanesi . . ., e sempre cosi la Santa (Ca-
terina) . . ., e tutti gli Scrittori Sanesi, i quali anzi mai non dissero
lasciare" Dann fährt GV fort: „I nostri Villani dicono laggare"
Diese Form laggare oder auch lagare findet sich denn auch häufig
in den echt volkstümlichen unter unsern Texten. Auch der Heraus-
geber von V bemerkt pag. I5,A.^: „Lagare per lasciare fu comu-
nissimo nel contado a' tempi dell A(utore). Oggi piuttosto lassare,
che e usato volontieri per tutta Toscana." Auch das Altfranzö-
sische kannte dieses Verb als laier. Stellen für lassare brauchen
nicht angeführt zu werden. Von lag[g)are finden sich folgende
Formen: Präs. Ind. i. laggo St, lago C^, 3. lagga St, 4. laghia?u Ro,
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 433
6. higa7i V; Konj. 3. laghi St, 4. laghtam{(>) C', Ro, laghiam{ld) V,
lagghidn St (cfr. pag. 411), laghidn(la) V, laghiänivi) ib.; Impf. Ind.
3. laggava Ro'', /«raz;« D2,23g,, (die einzige Form mit c statt g)\
Konj. l. laggasseC' (cfr. pag. 412/13), 3. /ö^^^jj^ St, lagasse S2; Perf.
1. laggai St, 2. lagasH V, 3. /ff^^t* St, /ö^ö V; Fut. i. lagaro C'\
2. lagara St; Imper. 2. /«^^a und /ö^ß St, C', 5. lagate V, /a^a-
H(mi) 0,10929 (cfr. pag. 415); Inf. /ö^^ör(^) und lagar{e) St, C', V;
Part, laggato und lagato C^, C*, St, Ro.
3. Verba, die ^ oder 0 in offener Stammsilbe haben, diphthon-
gieren dieses zu u oder ?^ö in den stammbetonten Formen. Bald
dringt aber die Diphthongierung durch Analogie auch in die
endungsbetonten Formen ein. Andererseits unterbleibt jedoch auch
bald die Diphthongierung dort, wo sie nach strenger Lautlehre
stattfinden müfste : levare: Präs. Ind. 2. lievi 'E'^, levi C-\ 3. lieva
S2, S=', A4, leva C-*, allieva A^, 6. levono H (cfr. pag. 415), allievano
A^; Konj. 3. lievi S', /^z;/ Di, 6. lievino S^, /^z^/«(9 ib.; Impf. Konj.
3. levasse S'; Perf. 3. ((i)levo C, G, /zz'6' (vortoniges ^ wird zu /)
8^,1374; Fut. I. levaro A-, 3. levarä C*, ?-elievarä A', 6. relievaranno
ib.; Imper. 2. /^z^ö C*; p regare: Präs. Ind. i. //v^ö C, O, C-*, G,
D2, 4. preghiamo D2, pregiamo (Schreibfehler?) C*, D2, pregamo C"*,
prieghiam D*; Konj. 3. preghi C^; Fut. 3. pregara ib.; recare:
Präs. Konj. 2. r^cÄ/ S^, 3. r?,?^^/ ib.; tremare: Präs. Ind. r.
iriemo C, 6. triemano D^; vetare: Präs. Ind. 3. z'/^/a D'; Konj.
3. Vieh Si; Impf. Ind. 6. vietavano Cr; Konj. i. velasse D"- (siehe
pag. 412/13), 3. vietasse D', S', 6. vitassero (e zu /) S'; Perf. 3.
z;/^/t) C"*, 6. vietaro Cr; Fut. 6. vietaranno Ro; Inf. (de)vetare S',
divetare D^, Si, {de)vietare D', S2; Part, z'^/a/c S-, N, devetato S',
S'-, diveiato S^, S^, A-, divilato S^, vietato S^, Pr, auch viatato
S2 (cfr. Llr. pag. 530), devietato S', divietato D', S'; Derivata:
velamento S', devietamento ib., divietamento S-, devetagione S^, divieta-
gione S2; n Ovare: Präs. Konj. 6. r<'««öW«/(sic!) P,i3ii; Inf. remio-
vare PjiSßg.
4. Unregelmäfsige Verba.
a) Dare.
Präs. Ind. i. ^/^^ I)'; 3. ü'a^ C>, C^ C», Ug, r/<z//^ C, C-!; Konj.
3. e/^rt S;», L, Ug, <//V S', A2, Pr, ü^ö (Schreibfehler?) Ro,424,A.,^,
6. dieno häufiger als diano ; Impf. Konj. 3. r/ßjjt' ZO (auch römische
Form, cfr. Diez, II 153); Perf. i. dei C^, G, D', D^, BR2, Pr, Pr^
dUi Pr,275.22, wozu in der Note bemerkt wird: „Cioe, // dei; in
luogo di, ti diedi, o deiti, secondo 1' usanza dell' antico parlar senese";
ferner diei C\ G, D', L, Pr", Ug, die' M, Pr, detti \y\ H; 2. desii
1)3; 3. de C3, G, D', D2, 1)3, 83, A2, Di, F, V, AI, Cr, TR. Ro,
Pr, Pr*, dfe C, C\ C^ M, G, D', D2, D», S2, Di, dette A2, Di, H.
F', addelte V; 4. demo v. pag. 4 IQ, diemo Vi^b^r^, ^^'. 25330. tu. ^l^mio
l>',37Q-2i; 6. derono Di, Y.\ AI, TR, rA/v/^^ D3," 83, C«, C«," Di, H,
\\Q,denno Ro, ü'^'z/ö ib., </f// St, Ro, dero D', 1)2, D», Cr, TR, Pr,
^//iro C4, M, S3, A2, Di, R, F, (//W/ö«« C^ a'/ivv/fl C'»,5i,9, d^Ukro C\
A2, Di, ö'tVA^r A2, deiteno R, addeiteno V; Fut. 3. (/,•/<> S>.2 24,4. .,.,,
Zeltsolir. f. rom. Phil. X. ijj
434 L- HIRSCH,
6. deratino S',2 23^ (also a zu e geschwächt, gerade umgekehrt wie
bei den übrigen Fuluris); Kond. x.drei 8t, Glossar pag. 224, (freilich
nicht senesischer Text, also e aus a ausg(-fallcn); (ier. daendo Cr,53|9,
Ro,405;, (nach Analogie von trarre; Klane, Gr. 397 kennt ein diesem
Ger. entsprechendes l'art. Präs. daenle, das aber in unsern i'exten
nicht vorkommt).
b) Andare.
Präs. Ind. i. vado C, voe ib.; 3. vae C, S', vane C, D', 8',
vanne O, C«; Konj. i. vddia D>, 8^, L, vadtJ)'^, 8t, O (cfr. pag. 417),
3. vadia\)^, S>, zW/ I)>, 1)2, !):', 8t, TK, AI, 6. jW/«(o) v. pag. 4 1 6 ;
Perf. I. andiedi ZO, 2. andaste TR (cfr. pag. 4 1 4), 3. o«^<9<^ C, an-
dbne F, andomie 8^, K, andelle Di, Pr", 6. andorono etc. v. pag. 429/20,
andanti (vor d) A2,44g; Fut. 1. andarb{e), 2. andarai, 3. andarä(e),
4. andarevio, 5. andareie, 6. andaranno siehe pag. 421 '22; Kond. i.
andaret, 2. andarcsti und andareste, 3. andarebbe, 6. andarebbero etc.
siehe pag. 423.
c) Stare.
Präs. Ind. i. ^.f/<7 D^, .r/o^ C, 2. es/ai L, 3. ^-jA/ D^, /j/r) C^, C-*,
I)', D2, I)a, L, j/t7«^ D', 4. j/awo D2, D^', 6. hian{n)o D', A«, F:2;
Konj. 2. ?>//>/ 04,1322, 3. -s"/"/« D^ ^■y//a ib., isiia ib., j//i? S', S^, Pr",
stea 83, A', Ug, ste S', 6. j//ö«o P, istiano D^, j/?/«(? P, j//«ö D',
20O33; Impf. 3. /ly/^ji'^ D^, 8', stagesse {g statt y tilgt den Hiatus)
8', 57, 7, 6. ü/esseroD^ 8*; Perf. i. s/eiG,Y, Pr, j/^(w) G; 3. is/ef/e
D», A2, j/^ G, D2, D», 83, Di, AI, Ro% Pr», ;-/.?/.' C^, .f/?'^ Di, 4. j/^^«f>
1)3 (cfr. pag. 418/19), 6. istitero M, sterono Di, AI, jArö Cr, sler(vi) ib.,
sierno Di, H, AI, stenno Di, Ro, Ro*. Über das Perfekt von andare
und ^-/ör«? bemerkt GV: „Molti poi sono gli errori, che si commet-
tono in questo Tempo (Perfetto) dal volgo 8anese, e da alcuni
che senza studio pretendono parlar pulitamente, e con eleganza,
dicendo nel verbo andare come se fosse composto da dare, e nel verbo
siare ancora : andiedi, stiedi per andai e sleiti o slei, andiede, stiede
per andü, stette o sie ; cosi nella prima e terza voce del piü an-
diedemo, stiederno, andiedero, stiedero per andammo, siemmo, andarono,
Steuer 0 o stettono" Fut. i. istaro C*, St, 3. istarä C*, 5. istarete E2;
Imper. 2. istä C*; Inf. istare C^, D', D3, TR etc., estare D3; Part.
istato sehr häufig; Ger. isfando A2, esiando D2, staendo Pr*, 3 7 2.21
(Analogie zu trarre, wie oben daendo).
II. Zweite Konjugation.
Unregelmäfsige Verba.
I . Severe.
Präs. Ind. i. bejo (Hiatus /, cfr. Llr. pag. 568) TR, 2. bei Pr*,
^.beje Pr, Pr*, 6. bejono Pr*, auch Pr,282o, wo aber die Var. bejeno
giebt; Konj. 3. beja Pr, Pr*, 5. bejateYx^, 6. beano ^\ Impf. Ind. 3.
beeva G, A2, bejeva C3, L, 6. beevano Di, F, bejevaiio Di, TR; Konj.
2. bejesse Pr* (cfr. pag. 413), 6. bejesseno TR; Perf. i. ^^M/ C3,
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 435
3. bebbe F, L, Ug, 6. bebbero C, Ug, bebero M; Kond. i. berei C';
Imper. 2. (5i?;V Pr (cfr. pag. 414), 5. beete Pr,28,5, wo die Var. bejele
hat; Part, beuto H, bejuto TR, Ger. bejendo E', TR.
2. Cerner e.
Perf. 3. c^rj^ Ro,42 2,A.25.
3. Chiedere.
Präs. Ind. 1. f^(?g-ö D-, cheggio F, recheggio C^, richeggio F,
chiego D2, chieggo A-, C-'', F, St, chieggio Di, chiedo F, 2. chieggi
Ba, 3. f^z'ifr^ C, richiere S^, D', richiede C, C-^, D^, D^, richide
D', 3 1525 (cf''- Llr. pag. 524), ä^. cheggiamo Y , richeriamo ib., 5. r/f^^-
</(?/^ ib.; requezite D2,84,g ist augenscheinlich latinisierend; 6. rzfÄ^-
^ö«ö A-*, B, richeggiotio E', richiegono D', auch rincheggono S' (mit
eingeschobenem «, cfr. Llr. pag. 555); Konj. 2. chiegga St, 3. 7«-
chega B, rinchegga 8', 5. eher täte F, 6. inchegano B, richieghino N
(cfr. pag. 416); Impf. Ind. 3. chiedeva C-*, richedeva F, Konj. 3. fÄ/<?-
öÄfw^ C^, richiedesse D-, A2, richedesse C, D', richeresse S', S^, r;'«-
chieresse R, 4. rinchieressimo C'*, 6. rincheressero S-; Fut. 2. eher rat
C, richiedarai A'-, 3. richierrä D', A', richiedarä A"*, rincherrä S^,
6. richierranno D', richiedaranno ib.; Kond. 3. richerrebbe C; Imper.
2. cÄ/iJüV V. pag. 414, Inf. chiedare C, G\ D', A-, F, richiedare C,
D', S', N, F, Cr, rinchiedare 8^, rinchitrare S'; inquirare A' und
inquirere P, A' ist Latinismus; Part, chieslo D', D-"', richesto S', S^
rechiesto D^, 8', richiesto D', 8', rinchesto S'^, rmchieslo 8', 8^, B;
Ger. cherendo S', F, chedendo C^, chiedendo D', A-, chiegiendo S'*,255y;
Derivata: /0 richesla D', 8^, A', rechiesia P, richiesta 8', A*, ;/>/-
cÄ^i'/rt A', rinchiesta S*, S^, B, reiichiesta 8"-.
4. Chnidere.
Präs. Ind. i. chiuggo (durch *eludio, *chiuggio), 6. concrudano
D'^ (cfr. Llr. pag. 551); Konj. 3. eoncuda D'; Inf. conclüdare Cr, con-
chiüdare ib.
5 . Cotioscere.
Präs. Ind. i. cognoisco C^Atvi (cfr- Llr. pag. 538); Perf. 6. ro;/-
nubber{/a) Cr,235D.
6. Correre.
Dieses Verb geht im Senesischen vielfach nach der 3., also wie
im Französischen. GV bemerkt hierüber : „Corrire, per correre, e
ricorrire, e discorrire, disse la Santa (Caterina) quasi sempre. Tutti
i Sanesi cosi dissero, e cosi dicesi oggi ancora dal volgo nostro.
I Fiorentini per questa voce ci ripreiidono." Präs. Ind. i. £■(>/;•,'<>
(*currio) 8t, trascorgo ib., 3. röri? M, 5. cor rite Ug, soccorrile ib.,
ö. corgono (*curriunt) TK, corgan D^, C' (cfr. pag. 415), ricorgano
D3, auch corrano ib., corren Ro, Concor ratio C^ ricorrauo D^; Konj.
3. rora ۥ*, encorra S^ (cfr. Llr. pag. 539) und incorga Di, Ro, ^/w-
rör^(i Ro, occorga R, ricorga TR, 6. incorghino Ro, concorrino T ;
28*
43^ L. HIRSCH,
Imj)f. Ind. I. corrivo V, 3. cor(r)iva C», C», D3, M, F, L, V, Cr,
T% Pr, occorriva V>'\ T, T», C", soccorriva F, trascorriva T, T*,
6. corrivano F, L, T, 1'«, C", Ro, Ug, concorrivano T*, discorrivano
ib., occorrivano ib., trascorrivatw T, T"; Konj. 3. corrisse D''^, T, T",
concorrisse T, T'', incorrisse Ro, oc(c)or(r)isse D-, D=», T und occur-
risse (u Latinismus) P,I97, dafür acorisse D',2915, cfr. Llr. pag. 547
und GV, der fernere Beispiele für den Übergang von 0 zu 0 giebt,
ricorrisse S', scorisse T, soccor risse A"^, AI, 6. concorrissero T, offör-
rissero S^, soccorrissero F, T", trascorrissero T; Perf. wie im Italie-
nischen, 3. recorse E'; Fut. 3. occorrirä D', D'', T und occurrirä [u
Latinismus) A-*, soccorrirä T, 4. ricorfrjiremo L, A*, 6. concorri-
ranno T; Kond. 3. corrirebbe D^, amcorrirebbe T, occorrirehbe D^;
Imper. 2. cö/vy etc. v. pag. 414, 5. co/-/-//.? St, concorrite T, discorrite
A3, ricorrite Pr*, soccor rite L, Cr, T, Pr*, Ug ; Inf. cörrare C^, F,
Cr, Pr, Pr*, discörrare P, encörrare S', ricörrare N, Pr*, soc(c)6r(r)are
F, N, Cr und cor(r)ir(e) C», C-, D2, F, L, V, Ro, Pr, Pr*, a'^iför-
r/;Y Ro, incorrire ib., recorrire E' und ricorrirc D^, A^, T, J, i-för-
rzr/^fy) Di, Ro*, socfcjorfrjire D', Ro*; Part. Präs. acorrente (= occor-
rente) D',3575, cfr. oben. Part. Perf. rö/-j-ö wie im Italienischen.
Vergl. auch St, Glossar pag. 232.
7. Credere.
Perf. I. rr^j-/ Di, St, C*, 3. crese St, 6. cresero Di.
8. Z>/W.
Präs. Ind. 2. dichi Y ,^2)-2-i („Dell'uso", bemerkt der Herausgeber),
3. dige M,7i3 und ö'/jr^ D-,2g023 (cfr. Llr. pag. 564), 5. diceie C*;
Fut. I. dtciarb F, dirbe C, 3. diciarä S', L, binidiciarä D', 5. </?-
«ör^/^ C4, 6. diciarmmo Si, S^, B; Inf. diciar(e) C, C-», Di, S', S^,
AP-, A-*, benediciare D"-; Part, ^//'//ö statt des ital. detto, kein Latinismus,
sondern Analogie zum Perfekt, sehr häufig, so G, P, D*, D2, D^,
S', S2, S», Cr, A4, R, St, TR, C«, Ro, daher auch n. pr. Betieditto
S"-; Ger. disciendo F,3079.
g. Do lere.
Präs. Ind. 3. dok J}\ D^'; Konj. 3. ü'ö/// C; Part, dolto D',
3035.7 •
10. Dover e.
Dieses Verb ist wie kein anderes durch eine grofse Menge
der mannigfaltigsten und seltsamsten Formen ausgezeichnet. Vergl.
die Einl. der Llr. pag. 514/15. Präs. Ind. i. debbo sehr häufig, so
C\ C\ C\ Dl, J)-\ A\ F, St etc., debo C\ D', D^, D3, devo B\
D3, Di, debio D3,33323, dcggio C, degg^ (vor e) ib., deggo nach Bar-
gagli, II Turamino (cfr. Llr. pag. 5 ig), citiert in St, Glossar pag. 235,
dego Dl, D^ de' D2,i54,, D3,289i;; 2. debbi C», A2, H, St, E^,
deghi (über g = b siehe Llr. pag. 565 66) C'',86,5, dei Y.-, Pr, Ug,
de' St, C**, diei C, F, Ug (cfr. Llr. pag. 525), apokopiert die' (nicht
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 437
die ZU schreiben) C und St, Glossar sub „Alla Stroncata"; 3. hier
ist die bei weitem häufigste Form die, das von den Herausgebern bald
die, bald die, bald einfach die gedruckt wird (cfr. I. c), und zwar
nicht blofs in den verschiedenen Texten verschieden, sondern ein
und derselbe, von demselben Herausgeber edierte Text hat oft
teils die, teils die, teils die. Diese Form findet sich in C, C^, C^,
M, Dl, D2, D3, Si, S2, S^ A', A2, A^, N, B, F, L, E>, Cr, TR,
Pr, Pr*, Ro, Ug (in Pr und Pr* allein mehr als 120 mal). Wie ist
nun diese Form lautlich zu erklären, heifst sie die oder die'^ A
priori ist beides möglich. Denn einerseits kann lat. dlbel durch
debbe D2, D3, A^, H, L, Ro% debe Dl, D^, D3, deve D', D2, D3, S», C-
zu dee werden, wie G, D', C^ C^, St, Pr, Pr"*, und hieraus ent-
weder durch Apokope de' C\ D«, D2, D3, S', S3, Ei, E2, AI, TR,
Pr, Pr*, Ug, oder, indem Hiatus e, wie in dio, mio, rio, zu / wurde,
die entstehen. Andererseits kann debet durch Einflufs der Labialis
(cfr. Llr. pag. 524/25) zu deve und hieraus durch Diphthongierung
mit den Durchgangsstufen *dieve, *diee zu die werden. Letztere Er-
klärung ist jedenfalls die einzig mögliche, wenn man die Form de-
vie = debet beachtet, die nur durch Metathesis aus *dieve entstanden
sein kann (cfr. Llr. pag. 538). Ebenso zeigen die obengenannten
Formen der 2. diei, die' und die der 6. diebono und dic'no (siehe
unten) deutlich, dafs hier überall Diphthongierung zu Grunde liegt.
Freilich macht die zweimal vorkommende Form di' (debet) TR,
Pr''' Schwierigkeit. Zu bedauern ist, dafs sich die nirgendswo im
Reim findet. Auch GV führt für die, das er so schreibt, Stellen
aus der heiligen Caterina und andere Beispiele an. Neben den
genannten Formen der 3. Präs. Ind. finden sich merkwürdigerweise
auf a auslautende vielfach als Indikativ gebraucht, während sie ihrer
Bildung nach Konjunktivformen sind. Dafs sie aber wirklich als
Indikative angewandt sind, läfst sich bei der grofsen Menge sicherer
Beispiele absolut nicht bezweifeln und wird zudem von den Herausg.
ausdrücklich bemerkt. P]s scheint fast, als gehörten diese Formen zu
einem nach der i. Konjugation abgewandelten Verbum. So haben
wir die Indikative debba C\ S^, T% St, AI, Pr, Pr^ deba D2, D3, 03,
S3, Pr, Pr'^, degga St, C^ Ro, degg (vor e, g guttural?) Ro,284.26,
ebenso deggK (vor e) Ro",2637, ^^S^^ ^3, C', Ro-', dia S3, A'. Auch
GV bemerkt: „Debba, per debbe, terza persona singolare del di-
raostrativo, uso la Santa" und kennt auch dea und dia = deve; 4.
dovemo C\ D', D2, S2, F, E«, doviamo C', C3, D«, D3, L, E2, Pr,
Pr*, Ro, devemo S', deviamo T, debiamo Dl, debhiamo D2, Ro, dob(b)iamo
G, Dl, D2, D3, F. Merkwürdig sind die Formen dovamo Di,34i.2,; und
doväno D',274[- (über n = ni cfr. pag. 411); 6. debbono sehr oft,
debbano (cfr. pag. 415) Cr, Pr, Pr", debotio C», M, P, D', D2, D3, Si,
S2, debino C^, deveno D3, S', degono Dl, S2, S3, AI, dcggono sehr oft
in S3. Aus debono entwickeln sich folgende Formen: a) diphthon-
gierte: diebono D', 289,5, daraus durch Metathesis dibiono D2,2i4.2;,
(was Llr. pag. 537 und 538 hinter devie nachzutragen ist), diiono
Ug,446ji, dieno C', Di, h\ \)-\ Pr", Ug; GV führt pag. 28 einen
438 L- HIRSCH,
Reim des Francesco ßarberini von dimo und simo an, eine feste
Stütze für die Hetonung ie und die Erklärung dieser Formen als
durch Diphthongierung entstanden ; {)ag. Ty'^ bemerkt GV: „äienno
disse la Santa lott. 37 num. 2 per denno\ b) nicht diphthongierte
Formen: dcono C"», D^, dem D', D'^, D-«, den \)"-, \)'\ denno \\\ S',
Pr, diano A' (Hiatus e zu /, über ano = ono siehe pag. 415); Präs.
Konj. I. debia C\ \)\ debbi \\\ L, debi \)\ devi D», deghi C«, 3.
debba, deba, debbia, debia sehr häufig, dibia S^, diba ib., debbi C-, D',
D2, D3, S», S2, S», R, AI, TR, Ro, debi D', 1)2, D3, Ro, deva Di,
devi D', D:', S', Di, R, dea D', S», A', r// D», A^, d'andare = dea
andare A',715, dia D', S', S^, deggia D', r/c-^/rt S2, deggia S^, AI, ä'ifg'Ä/
Ro,l74,,, 4. dobiamo D2, doviamo D', D^, debiäflijl)'^, ^.debfb)iaieC\ O,
D>, r/öMw/e' C, f/öwV7/^ C, 1)2, D3, E>, TR, deinale C», b.debbnno sehr oft.
ö'^^^/wö Dl, 1)3, 82, «/^({.^mö D', D2, D:', S', A^, R, AI, TR, Ro, ö'<^3/«rV
DS D2, D«, S3, B, Ro, devano T«, ö'^wWo D', D», Si, R, AI, T, Ro,
deveno S^, ^<?<7«(? €•*, dieno P, D^, ö'?>//ö D' [= lo dieno). Schwer
zu entscheiden ist, ob es hier im Konjunktiv dieno oder dieno (wie
simo) heifst, für ersteres scheint dino D2,20 1^,25 zu sprechen. GV
bemerkt pag. ^t, : „Nel Vocabolario del Barberini truoverai dieno
per debbano, e talora per dobbiarao", ohne die Betonung 'dieser
Form anzugeben. Fernere Formen für die 6. Präs. Konj. sind dtb-
biano P, D», S2, S3, A», debiano C\ D^, S>\ S\ A», A4, B, dibiano
S-, dibano ib., döviano 0^2035, deggano S3, A^, degano S^; Impf. Ind.
I. deghevo St, 100370 und Glossar sub „Tollere"; 2. doghevi St, C",
3. debeva Ro, devca Di, 4. dovavdmo M, C' (cfr. pag. 421), devevdmo R,
5. dovavate C*, 6. dovieno Ci, C^, F, doveno Cr, 158 C; Konj. i. do-
vesse C', C*, D2, D3, L, Ei, Ro (cfr. pag. 413), dogkessi St, Glossar
sub „Gollare", 2. dovesse G, Pr, dovessi C-*, 3. debesse Ro, devesse S^,
Di, Ro, dovessi D2, D3, Di, Ro, 4. devesscmo Ro, dovessemo C*, 5.
dovesse C^ (cfr. pag. 413), 6. debesseno Ro, devessei'o S3, Di, divesseno
A', dovessono Ro, dovessino ib., dovesseno D^, Ba, Ro, dovissoro £2,
dovcssaro TR ; Perf. 6. debero C*; Fut. 2. dovarai Pr, Pr*, 3. dovarä
04, Dl, D2, Si, S3, AI, Pr^ [rt'fj'^ra S»], 4. dovaremo Pr, 5. dovarete
Pr*, 6. dovaranno ib.; Kond. i. dovarei D3, 2. dovaresti A2, L, Pr,
Pr*, doggaresti St, 3. dovarebbe Ci, C2, G, Pr, Pr'', dovaria D3, 4.
dovaremo Ro (cfr. pag. 418/19), 5. dovareste 'L, C', Pr*, 6. dovareb-
bero S', Pr, Pr*, dovarebono Pr"*, dovariano D3; Part, devuto S3, Ger.
dobbiendo E2.
1 1 . Diicere.
Fut. 3. conduciarä S2, Pr, produciarä S', "6. conduciaranno N,
F; Kond. 3. cotidticiarebbe Ci; Inf. condüciare C^, D2, S^, N, F, Cr,
indiiciare S^, F, introdnciare N, redüciare D2, S^, S2, ridüciare D', S',
S2, 53, AI, A4; Part, adfdjutto statt des ital. addoiio, kein Latinismus,
sondern Analogie zum Perfekt (cfr. rZ/rtf pag. 436) L, Ro, Ug, fö«-
tf«//ö C', BR2, z«ä^z///ö El, prodtitto S", Ro*, Pr*, r^ä^w/Zö Si, S3, L, St,
Ug, rz'^«//(? S3, A4, Ug.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 439
1 2. Fare.
Praes. Ind. i. fac(c)io C, Q\ D^, D^, foe C, O, foneQ\ 2. fa'
St, 3./«^ Ci, C4, D', S\ /ane O, D2, ^/j/a^ (Z\ forfae ib., wz^ö^
- ib., /<2f^ S^ 4. facemo C*, S', facen(ti) C^ (cfr. pag. 411), /at^'z^w ib.,
5. _/aV/^ C4; Konj. i. nnd 3. yar«' siehe pag. 417, 3. /äfza geschrie-
ben S2 (cfr, Llr. pag. 564); Impf. Ind. 3. fajeva (Hiatus /') C*, feva
D"^,423,4, 6. faciano C, facieno ib.; Konj. i. und 2. facesse siehe
pag. 413, 3. faccesse S', facessi siehe pag. 413, faesse C*, S', N,
fajesse (Hiatus ?) C*, y>JJ(? C, 4. facessemo D-^ fajessemo C*, 5. _/a-
c^jj-f H (cfr. pag. 413), 6. facessono D-', L, contrafacessono D', ya-
cessen(o) C'^, Ro*, Jacessoro S', S^, faessero S', /ajesser(o) C*, y'f'i'-
/<y;ö«ö D2,42 33,; Perf. i. /^«' St, Ro, 3./^ C», M, D2, D3^ L, Di,
AI, 4. ficemo Cr, femmo S"', 5. fajeste C^, 6. ßcion(o) L, D^, Ro*,
fecen(o) C', Ro, Pr**, fecino H, fecioro C^, C-*, feciaro D', fcrono D*,
D2, D3, AI, /^rö Dl, D2, Di, AI, TR, /^rwö D3, C«, Di, Cr, Ro*,
Z^« Ro, Ro^; Imper. 2. /ö<? C*, y««^ ib., 5. fäite C-*, y<7//(f (schlechte
Graphic) ib.; Xwi. farre P, /a' siehe pag. 427 ; Ger. faetido D',2379.
13- Leggere.
Schwaches Part, leggiuto A3,842.
Das Compositum colligere verdient besondere Erwähnung.
Praes. Ind. 3. coglia siehe pag. 412, coje CA,76- (vergl. Llr.
pag. 552), recolge E', 12520, ^' co/gano D^; Konj. 2. ricolgi C^, 3. n-
colla S ',208,3 (ungeschickte Graphic?); Impf. Ind. i. cogliavo und 2.
cogliava siehe pag. 421, 6. ricoliano M,3022; Perf. 3. schwach ricolie
M, 4. recogliemo G und ricogliemo G, AI (cfr. pag. 419), 6. stark
ricorsero Y^2\(i- (cfr. Llr. pag. 552); Fut. i. cogliarb St, 2. cogliarai
ib., 3. cogliarä S2, A2, rkogliara S', S2, A', 6. ricogliaranno S2 ;
Kond. 6. ricorebero Di; Imper. 2. cöglia(li) = cogli(li) C^, 48-; (cfr.
pag. 415); Inf. cögliare C-', C, D', D2, S', S2, A-*, N, Cr, recögliare
82, N, ricögliare <Z\ D«, S', S2, AS M, U, rac(c)6gliare S2, S», A^,
aracögliare S2 (cfr. Llr. pag. 521); Part, recolto S-'.
1 4. Mattere.
Praes. Konj. 3. rimagna S^, A'.
15. Met lere.
Aufser den Formen der Schriftsprache finden sich im Perfekt
die folgenden: i. missi C^, G, A2, promissi D^, Di, L, TR, impro^
tnissi A2, messt Ro", promessi D^; 3, ;/^/jj-6' C, C^, C^, D', D2, S-*,
A2, F, L, Di, AI, Cr, TR, Pr, Pr", Ug, ammisse A2, commissc Di, E',
intramisse AI, permisse A2, L, El, promisse C^, C, D', D2, D^, A2,
Di, L, AI, rimisse A2, tramisse F, messe C^, Di, H, F, E', St, Cr, T,
T*, BRi, Ro, ammesse T, commesse Di, T", Ro, dismesse Ro*, pro-
messe D', Di, H, T, T", rimesse Di, sot tomesse TR; in wt'Jt' Ro, im-
promese M, rimese D2 ist J möghcherweise, wie oft, blofs schlechte
Graphic statt ss; eine schwache Form mett> findet sich F, 153,9;
44^ L. HIRSCH,
6. imssao \'\ Di, I-", C'\ AI, Ct, 'I'K, niissor(si) C-', mi'ssorfghj 0\
7iiissono AI, misscno TR, AI, commissero S3, C", promissero A^, N,
Pr", promisseno D^, compromissero I)', rimissero S^, tramissero F, W('j-
.ftv-ö Di, II, F, AI, T, Ta, Cr, mcsscno Cr, T", Ro, messono Di, AI,
commesscro D-', T, co7}imessetio R, 8'', pjromessero D^, M, promcsseno R,
coinpromessero T", rimessero Di, T, rimessono R ; eine merkwürdige
Form ist messerno D^,I04|,„ gleichsam von einem schwachem Perf.
*messei gebildet; Fut. i. vietlaro(e) etc. siehe p. ^2^/2^; Part, aufser
dem häufigen ///^.rjf) auch ;«mö D'', A', premisso D2, Ro, pretermisso
S'', promisso D^, w/<?j-o (j='j'j?) C'*, AI.
Perf. 6. movettcro F'.
Part. /)<7Jö TR, 54.
1 6. Movere.
17. Pandere.
1 8. Parere.
Praes. Ind. 3. (//>«' D', 21843 (*^fr. pag. 427); Konj. 3. paggta =
paja 53,236,4; Perf. 3. /-ar^^ C, C», C'>, A2, Di, F, L, V, AI, Cr,
Ro, Pr^ Ug, apparbe C, C3, A2, F, L, Cr, TR, Ro, Ug, ö-^j/ör^^
A2, L, Ug, 6. parbero L, Cr, disparbero Cr; Fut. 3. apparira D^,
S', G, apparra C^, D^, N, comparirä D^, S', comparrä S', riparrä
Pr; Kond. 3. parria St, /)^;vV Ro ; V?lx\.. pariito C-, parso D^
I g. Pentire.
Dieses Verb der latein. 2. Konjugation schwankt zwischen der
ital. 2. und 3., wobei zu bemerken ist, dafs dasselbe, wenn es nach
der ital. 2. geht, im Infinitiv den Ton auf den Stamm zurückzieht.
Impf. Konj. 3. pentessc C; Perf. 3. petüeo ib.; Fut. 3. pentarö L;
Kond. 3. pentirebbe St; Imper. 2. ripenie Pr' (cfr. pag. 414); Inf.
penHr(e) St, C", peniare Pr, Pr^'' (cfr. Llr. pag. 535); Vaxt. pentuto C,
C3, ES £2.
20. Percuotere.
Schwaches Perf. 3. percuotc Ug,45g.
2 1 . Per der e.
Perf. 3. /)^;,y(? Di, H, BR2, ZO, 6. /^rj^ro Di ; Part, perso D2,
D3, C6, Di, R, F, St, Ro.
22. Piovere.
Praes. Ind. 3. piove Di; Perf. 5. //öiJ/^^ Q\ AI, Cr, T, T^ Pr%
piobe Cr, b.piobbero TR; Inf. piövare 'L, AI, Pr, piuövare C^ (cfr. Llr.
pag. 543)-
23. Porre.
Praes. Konj. 2. puonghi (cfr. Llr. pag. 543), 3. /»ö«« P, propona
S3, 6. poniscano P (also wie eine Inchoativform der 3. Konjugation
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 44 I
gebildet), /ö«/«ö Ro ; Verf. ^. posse D-,g8^^, Ug,4iOio, aposseD^,^Sl^^;
über 3. puose Pr", Ug, compuose YP- und 6. compuosono ib. cfr. Llr.
pag. 542; Fut. 3. ponarä D', N, 6. imponaranno S^; Inf. pönare D',
D2, Si, S2, S3, C», A', A2, N, L, Cr, TR, rö/?i!;>J«ar^»D2, N, Cr, con-
trapönare F, depönare Cr, dispötiare S^, A^ A-*, L, impönare S', S^,
S-\ AI, A*, L, oppönare S', S-, repönare D', A'*, S', n'ponare C^, S',
AI, A^, traspönare A^.
24. Potere.
Praes. Ind. 2; /»öz St (cfr. Llr. pag. 542), puoti citiert GV, 3. poie
C, puote C, Si, AS F, TR, puöe C^, /.^ D', D^, D^, E', Ug; „di-
cono puole per puote, o ^tt()" bemerkt GV von den Toskanern
überhaupt; possemo D-^ potemo C, C'', F, £•, potiam(o) C, C-^, D',
D3, A2, A4, R, F, El, L, St, T% V, Pr, Pr% Ro, Ug, poUdn Ro (cfr.
pag, 411); GV sagt: „La Santa usö poiiamo e possiamo"; 5. posseie
D3, 6. j)f««ö D3, BR2, Ro*, /»ö« St; Konj. i. und 3. /öjj/ siehe
pag. 417, 3, possia S*, /^.poiiamo C^, A^, 5. potiate N, Pr", 6. possino
siehe pag. 416; Impf. Ind. i. posseva D^, possevo Di, 3. posesva Di,
R, 5. potavate C*, L {cfr. pag. 421), 6. possevatio Di; Konj. i. potesse
siehe pag. 413; Perf. i. possei D^, posseUi ib., ptiotii C^ {y^iX. poddt),
3. potette C, />ö/<^ö Ci, F, /lö/t'^ Ug, /lö/z? F (cfr. Llr. pag. 537/38);
/^öjj^ Di, Ro, 6. poiero C, C-*, G, poierno Di, H, possemo Di ; Fut.
I. />ö//-^<? C, 3. potarä S3, AI, poträe Q,^, porrä{^\c\) N, 4. polaren Y
(cfr. pag. 411), 6. potaranno D^, S', N; Kond. i. polar ei Pr'', />ö/r/a
St, /ör/ö D2, 3. puolarebe S^, polria D-, D^, St, polrie St, porria D^,
D3, /)ör/<z D2, /lö/r^' C" (cfr. pag. 426), 6. polrebhon(o) siehe pag. 418,
polriano D^, polrieno Di; Inf. posser (ej D^, D^, Di, St; Part, possulo
D2, D3, Di, H, AI, Cr, GV, ZO, poulo (mit Ausfall des /) C4,i82;
Ger. possendo D^, Di, St, AI.
25, Rica'ere.
Part, recepulo D*, recevulo P, D^, S^, S'\ ricevulo D', D^, riceulo
C2, C», D2, D3, S', 83, A4, Pr«, r/aw/ö D3.
26. Rompere.
Perf. 3. rö//^ Di, H, C', T, T», corroppe Di, T, T», 6. ro/-
/^rö Di, T, roppeno T", corroppero ib., inlerroppero T, rtiparo Cr;
Part. rö/Zö S', rw/Zt» ib.
27. Saper e.
Praes. Ind. i. ^•(//»o C*, jö^ C, C3, j(?«ö(sic!) C, 2. j<z' C-**, C'
St, Tf. sae C, Jö«t' ib., Konj. i.und'3. sapfpji siehe pag. 416, 5. sae-
cialc TR, 6. sapino D3; Pi,t. 3. sapara(e) C, sapparä A', 6. j(7/)<z-
ra«MO S', A'; Kond. 3. saparebhe F; Inf. sapirc C^",I36, saverc (als
Subst.) C, F; Ger. sappietido L.
28. .SyAvv.
Praes. Ind. 2. j//w' St,2i5gi., b. sog/iano siehe pag. 416.
442 L. HIRSCH,
2(). Statuire.
Dieses Verb geht, wie im Lateinischen, nach der 2. Konju-
gation: Perf. 6. Statuette ro 8^,144.
30. Tender e.
Part, schwach tenduto C, 119^,.
3 1 . Teriere.
Praes. Ind. 3. tote ^'•\ contene D', D^, 6. apertegnono A>; Konj.
2. teg}it C^, niantegm C, 3. tegna S^, A', sostegna St, 6. pertegnano
S' (über n = w^)^ in diesen Formen cfr. Llr. pag. 565); Impf. Ind.
3. teniva 'PK, matiteniva ib. (nach der 3. Konjugation, wie z. B. im
Französischen), 6. tenieno C; Perf, 3. /^w M, 7-itene ib.; Fut. /^r« C*;
Part, contento N, 10530'
T,2. Togliere.
Dieses Verb hat kein mouilliertes / im Senesischen und ist
charakteristisch für unsern Dialekt. Vgl, Glossar zu St und GV,
der bemerkt (pag. 296): „Tollere, e töllare, per togliere sempre
disse la Santa", siehe auch Llr. pag. 553. Praes. Ind. 1. tollo St,
Ro, 2, tollt Vx\ 3, tolle A2, Di, 82, B, F, E', St, Pr, Pr% Ug, estolle
ES tole D>,290.>o, /Kö/^(sic!) C•''^I5o4, 6, tollonfoj S», S'^, Ug, cstol-
lono El; Konj. 2, tolla L, Pr", 3, /ö//« P, S', S2, S3, A», B, Pr%
/ö/// S2, b.-tollatio Si, S2, S3, A>, B; Impf, Ind. i. tolleva C', 3. tol-
leva C^, D2, Cr, Ug, 6. tollevano Di, F, Cr; Konj. i. tollesse G (cfr.
pag. 413), 3. /ö/,^^m^DJ, Si, S^ N, F, AI, Pr, /rö.f/ö//m^ Si, 4. /0/-
lessimo C^, 6. tollessero Dl, B, F; Perf. i. /0// M, 3, /ö/^ ib., tolsi
Ug,44i34 (cfr. pag, 414), tolze D2,462,2 (ist Llr. pag. 560 nachzu-
tragen), tosse D',2 82,g mit Ausfall des /, 4, tollemo siehe pag, 41g,
6, tolseno H, AI; Fut. i. toltarv B, 3, tollarä D2, B; Kond, 3. stol-
larebhe C*; Imper, 2. tolle C\ SP-, St, Cr, Pr, Pr% Ug, GV (cfr,
pag. 414), abgekürzt to' = toglt Pr,i9ig, tola = toglila C',7221, =
togli Pr%92,2 (cfr, pag. 415), 5. tollete F, GV, St, BR2, Ug; Inf.
töllare C\ D», D2, Si, S2, S:5, AI, A2, A^, N, F, L, Pr, Pr'', \t6gliare
I>^2558]; Ger. tollendo Di, AI, Ro, Ug.
^T^. Tr ädere.
Dieses Verb geht nach der 2., wie im Lateinischen, daher
Perf. 3. tr adelte Ug,2O420-
34. Trarre.
Praes. Ind. tro (wie fare-fo) St,i8o,goe. 3- lf(ij(: (Hiatus i)
C, D2, TR, Pr, Pr% Ug, detrajeVx, Pr^ und düraje Vx, ritraje E',
4. traemo C^; Konj. 3. tria (also wie dia, sid) Ro,348|5 und A.^ ib.,
was mit tirare gar nichts zu thun hat, nur trb in der Note halte
ich mit dem Herausgeber für kontrahiert aus tiro\ Impf. Konj. 3.
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA. 443
traessi S', Irajesse ib., tragesse ib., traggesse A^ [g = J)', Imper. irae
Ug, cöntrae ib. (cfr. pag. 414); Inf. dislrajere \*disträjare\ E'.
35. Vedere,
Praes. Ind. i. vedo, vegfgjw, vegfgjo sehr häufig, 5. vtdeie C',26iq;
Konj. 2. providi C5^,i8on, 3- Z'^'^ä? etc. sehr häufig, cfr. pag. 417;
Perf. I. veddiT-^, Ro, Ro^, häufiger jedoch viddi C^, C', G, A2, Di,
L, TR, St, AI, Cr, Ro, Pr, Ug, prevviddi Ug, vei 0^,2 3 jq, 3. vedde
A2, Di, H, F, T, Ro«, avvedde T% provedde T, T% j'zi/a'<? C», C^', C^,
C8, D3, A2, El, Di, AI, T, TR, Pr, Ug, awidde C, F, Cr, prov(v)idde
A2, rividde F, vedi Ug,6oo, 01 (cfr- P^g- 414)» 6. veddero Di, H, T,
providdero T*, wWt'rö A^, Di, F, L, E', Cr, T, T^ Ro% Pr, Ug,
viddetio Pr, viddono L, av(v)iddero Di, F, providdero Di, D^, Si,
S^, A"*, N, C9, providdeno AI, rividero F; Fut. i. provedaru L, 3. z;^-
</ör« D', D2, D3, S3, z/^/rß 01,322.23, provedarä L, 4. provedaremo
T", 5. vedarete D^, 6. vedaranno Di, B, provedaranno D^, Ai; Inf.
providere S^, Ai; Part. Praes. veggente Ci, F; Part. Perf. prowiduto S^.
36. V ender e.
Part. Fem. Plur. veiidiate (sie!) S2,2g7i.
37. Vivere.
Part. Z7JJÖ E2,2g.2
38. Volere.
Praes. Ind. i. K(?/^<? nach St, Glossar 270 und V,i3,A.ä; z'ö'
C^ C6, Dl, V>-\ St, AI, Pr^ Ro, z;«^' St, C*, 2. w// C-«, Ei, GV,
w/// GV, z;«ö//" Ci, B, F, A2, El, Ug, vogli A\ GV, w/gki nach V,
i3,A.5, vuog/i A2, L, GV, voi St, Ro, Pr, Pr% w^' G, A2, C', St,
3. z/ö/^ C-», Dl, SI, Ug, vo/k Dl, z;«/ Qi (cfr. Llr. pag. 542), 4. w-
lemo C4, Si, voleno A^ (cfr. pag. 411), voliam(o) C'', C', D^', St, TR,
ES V, GV, Ro, Pr, volidn{o) St, Pr^, voglüht St, voiam C',73,.,.
Über senes. voliamo = ital. vogliamo siehe Llr. pag. 553 und GV,
der bemerkt: „Anche voliamo per vogliamo dicono i Sanesi, ed altri
Toscani, e lo disse la Santa, lasciando quel G per addolcimento,
benche tal voce sia del Verbo Volare . . . e che d'altra parte questi
(i Fiorentini) sofrissero che i Sanesi dicessero voliamo per vogliamo,
e voliate, voci proprie del verbo volare, non del volere; auch vol-
liamo nach GV; 5. vollete GV, votc A'',864, 6. vogliano siehe pag. 416;
Konj. 2. volghi St, 3. vogli siehe pag. 417, volli Pr, vuogli Pr", 5.
w//ö/<? Ro", Pr, Pr", 6. voglino siehe pag. 416; Impf. 3. volia D-,
volava Ro,li7y (cfr. pag. 421), 5. volavate C*, Pr, 6. volielli =z li
vollem Ci; Perf i. volsi (Z\ C", G, D2, D», A2, St, vuolsi L, Pr»,
3. volse C, C3, ^^ G, D', D2, D», S», A', A2, Di, N, H, F, E',
AI, vtiolse Ci (über «0 = 0 cfr. Llr. pag. 543), vorse (v. Llr. p. 552)
J, 6. volsero Q.\ C», \)\ S», A2, B, F, Ei, AI, volsen(o) Di, C", AI,
Ro, völsono Ro; Fut. 4. voremo ("'»; Kond. i. vore' L; Inf. e-o/f
444 ^•- "IKSCH,
D'^ (cfr. pag. 427); Tarl. Praes. voglienti S'; l'art. I'erf. vuhulo D-',
cfr. V, i3,A.''; Ger. vogliendo C^.
39. Vulgere.
Kbensowenig wie tollere hat lat. volvere das / mouilliert, sondern
letzteres Verb wurde in unserm Dialekte zu vullare, mit Ausfall des
7'; GV bemerkt: „VölLire, e vollere per volgere, disse la Santa in
pin luoghi." Praes. Ind. 2. avfvjolli St.Qß, und Glossar, involli Pr\
3. t'ö//^ .V2, GV, Ug, avvolle St, Glossar, involle Pr, Pr", rivolle Ug,
jw/A' Pr"^, 3. volliamo Ug, 5. w//^/^ Pr, 6. vollon(o) Ug, vollano ib.
(cfr. pag. 416), invollono B, rivollano Ug, travollono ib., Konj. 2. rif-
w//a Ug, 3. az;ö//rt St, disvolla 8', tnvolla GV, Ug, 4. volliamo Ug,
6. vollano ib.; Impf. Ind. i. vollevo Prf, 3. avvolleva T, ravolleva C^,
6. vollevano Ug, rivollevano ib.; Konj. 3. vollesse Ug, 5. involleste Pr";
Fut. 1. vollarö St, Glossar und Pr; Imper. 2. w//? Pr*, Ro, Ug,
<7w//(? Pr*, 5. z;ö//^/^ Ug; Inf. völlare A^, L, F, Pr, Ug, w/ör^ D^,
disvöllar St, Glossar, invölare D^, rivöllare Pr*, Ug, svöllare Pr^ [wV-
^zart' F, 147.26], ^^^- "i-'olltndo A"^, Ug, L, GV, invollendo \j%, ravollendo
Pr*, rivollendo Ug. Ebenso ist daher auch das als n. pr. gebrauchte
Svollevole Ro",3832 gebildet.
IIL Dritte Konjugation.
I. Inchoativformen auf «fjf«? statt auf /j^-ö.
Praes. Ind. 3. esardesce E', Konj. 3. bandesca S^, obedesca ib.
offeresca S^, 6. diffinescano S-.
2. Impf. Konj. auf ^jj<? statt auf zjj^.
obidesse S- und ubcdesse ib., moresse siehe unten morire, venesse
siehe venire.
3. Unregelmäfsige und besondere Beachtung verdienende Verba.
a) Convertire.
Perf. I. conversi V,20.2i.
b) *Esercere.
Dies Verb ist in die 3. Konjugation übergetreten : esercir{e
Ro,35222. 406,2.
c) 3. Ferire.
Praes. Ind. 6. ßrgollo (feriunt illum) Ug,302io; Fut. 3. /^rra S^.
Conferire, offerire, profferire und referire sind analog nach yV-
r/r^ gebildet.
Praes. Ind. i. pröfaro C^, 3. ö^^t« \^6ffarä\ D^, pröfara D*,
6. öffarano B [öffaro ib. ist verschrieben); Konj. 3. pröffari A^ und
profferisca D', 6. offergano D' und offiriscano A^; Impf. Ind. 6. ö/V-
LAUT- UND FORMENLEHRE DES DIALEKTS VON SIENA, 445
rivano C-*; Fut. 3. conferirä D-, referirä D^ oder kontrahiert offerrä
S3, A-, profferra D', Pr (über e =^ a m diesen Formen siehe die
Lautlehre).
d) Gire.
Praes. Ind. 5. gite St; Konj. 4. giam C"; Perf. 3. gl C; Fut. 6.
giranno A'; Inf. gire ib.
e) Morire.
Präs. Ind. i. moro St, ^. ?>iore ib.; Konj. l. ?«o;'a ib., 3. w()ra ib.,
OTö/'a S2, A-, 6. muoino F; Impf. Konj. 3. moresse S- (siehe oben);
Perf. 3. schwach morio etc. siehe pag. 428, stark viorse sehr häufig
in Di, 6. morirno ib., morsero ib., Fut. i . morrb etc., selten morirb etc.;
Kond. 6. morriin C^.
f) Presumere.
Nach der 3. Konjugation ist gebildet Praes. Konj. 3. presiimisca
S3,682o, aber presomma 83,684.
g) Salire.
Praes. Ind. i. salgo D'', 3. jß/f C*, saglie C^, D^, D^, assag/u-
C ; Impf. Ind. 6. salüno C* ; Imper. saglie Pr", assalisce Ug (ctr.
pag. 414).
h) Udire.
Perf. 5. o^/^j-/?' Pr*,4o8.29 („Solecismo", bemerkt der Herausgeber),
flö'ifj/^ Pr",40g4; Inf audire (latinisierend) G, odire I)^, A'; V?iX\.. odito
S2, S"*; Ger. odendo C-*, Ug (cfr. Llr. pag. 551).
i) L 'scire.
Aufser den italienischen Formen mit u in vortoniger Silbe
I finden sich die folgenden : Praes. Ind. 4. esciamo C'"'; Konj. 6. eschino
\D2, BR'; Impf. 3. esciva A-, Ro, Pr, isc/a C'; vielleicht ist Cr.iögE
ogmm osciva statt ogmmo sciva zu lesen; r esciva C', 6. escivano
C, AI, Ro; Konj. 3. escisse D', S', B, F, Ro, oscisse S',49; Perf. 3.
^j« A2, L, AI, Cr, Ro, escitle Y,\^o^, ed D*, id Ro,368, A.i^, isd V
(so ist das gliscl des Kodex zu trennen, F,2 15.24), "'' L)' (^f''- Llr.
pag. 564), 6. escirono AI, ^jc/ro B, AI, Cr, escirno AI (cfr. pag. 420),
isdro \)'^, lui ^sdro F; Fut. i. escirö A-, 3. esdrä C*, L, E', Ro, Pr,
Pr**, isdrä C, riesdrä D^, 6. esciranno D^, B; Kond. i. escirei St,
C^, 3. escirebbe'L'y \n{. escire C\ S', A^, F, AI, mit eingeschobenem
« ensdrc S'',93.22, ^^^^^'^ A^, /jc/r^" D', A-*, Ug, di V/zvA'.is^; Part.
Praes. isdenle C^; Part. Perf. escilo C, C^ !)•', m/Zo C-*, Ug, riescito
D2; Subst. /« t-jf/A? M, Ro, f\yj//<2 IM, A', isila D', fr//<; ib., iciia ib.
(cfr. Llr. pag. 564), oscimento S'.
k) \ 'enirt'.
Praes. Ind. i. vegno Ug, 2. vcnghi Ro, 3. rw/«' D', Pr'\3i82;,,
wo der Herausgeber bemerkt : „Cosi nel popolo anch'oggi", convene
D', convtn Pr", 6. ngnono S^, Ug; Konj. i. vegni St, venghi ib. (ctr.
446 L. HIRSCH, LAUT- UNI) FORMENI.EHKE DES DIALEKTS VON SIENA.
pag. 417), 2. vegni C*, 3. vegna 8>, S», F, aveg„a F, conveg»a S»
A', ücconvcgna HR", p.rvegfia S-i, ^^r.^v/^ ('5«, 6. vegmano Pr" r.«-
gano K^ venghm{o) siehe pa- 4 , 6, convegnano H'^, A ', /.rz/.^««««
A«; Impf. Koiij. 3. w«/,j^ I):>, av/msse I)l, z;^«^jj^ s:^, avenes^e ib
(siehe obc-n); Perf. 3. z;,„^ M, ^/^r«. ib., vemu A'^^^^ (cfr. p 414)
6. 7',m,o„{o) und z.^««f«^ö; siehe pag. 418, r/iy^«^r^M; Fut. 3. veräu'
Kon.l. 6. ./m77i7w .S:t; Part. Vraes. vcg,ien/e 0\ M; Part. Perf. z-^w/ö
Ug,J3'^n, conv^nto Si (cfr. I.lr. pag. 526/27).
L. HikscH.
Randglossen von Dantes Hand?^
Obwohl der provenzalischen Handschrift Vat. 3207 (H) bereits
von Dr. Grützmacher eine ausführliche Beschreibung zu Teil ge-
worden ist'-, zu der Bartsch 3 einen kurzen Nachtrag geliefert hat,
bleibt doch noch Einiges von ihr zu berichten. Zunächst ist es
für mich eine grofse Freude, dafs ich im Stande bin, ein Resultat
der scharfsinnigen Untersuchungen Mussafias über die von Giov.
Maria Barbieri benutzten provenzalischen Handschriften ^ durch An-
gabe einiger äufserer Umstände zweifellos zu machen. Mussafia
hatte gezeigt, dafs das von Barbieri häufig citierte libro slegato nur
H oder eine Abschrift von H sein könnte. Der Katalog des F. Ur-
sinus ^ belehrt uns nun, dafs das Erstere der Fall ist, indem er die
Angabe enthält, dafs H ungebunden (senza coperta) in die Vati-
cana gelangt ist, was aufserdem noch dadurch, dafs in der Zwischen-
zeit viele Blätter verloren gegangen sind und dafs der gegenwärtige
Einband der der Vaticana ist, bestätigt wird. Mussafia und nach
ihm Gröber 6 mufsten nach der ihnen zu Gebote stehenden Be-
schreibung mit Recht Anstand nehmen, H mit dem libro slegato
zu identifizieren, weil die von Barbieri citierten Seitenzahlen teil-
weise mit denen von H nicht übereinstimmten. Bei genauerer
Prüfung aber ergiebt sich, dafs die gegenwärtige Paginierung der
Hs. eine moderne ist und dafs Barbieri die letztere noch in ziem-
lich vollständiger Gestalt gekannt, während sie heute mindestens
ein Viertel ihres ursprünglichen Umfanges eingebüfst hat. Dazu
• Die Fortsetzung des im vürigen Hefte begonnenen Artikels werde ich
nicht folgen lassen, nachdem ich erfahren habe, dafs Herr de Nolhac in
seinem Buche über F. Ursinus auch die romanischen Hss. zu behandeln ge-
gedenkt. Dagegen hat derselbe mir das Studium der Petrarca- und der pro-
venzalischen Codices ausschliefslich überlassen. Siehe auch Deutsche Litie-
ratur-Zeitung 1886 No. 38 und 39.
* Archiv für d. Stud. d. n. Sprachen 1863, S. 385 IT.
3 Jahrbuch f. rom. u. engl. Litt. XI 22.
♦ Sitzungsberichte f. histor. Kl. der Wiener Akademie der Wissenschaft
LXXVI 201 ff.
* S. diese Zeitschrift X 207.
" Die Liedersammlungen der Troubadours in Böhmers Roman. Studien
II 407.
^ Ma le sue canzoni sono cos) diffuth da mtendere. che cilcunc si tro-
vano csserc State ant icatncnte chiosate di comcnto latino ptr maggiorc in-
tclligenza . . . Barbieri, doli' originc della poesia rimala p. 97.
448 A. PAKSCHRK,
kommt, da[s Barbieri von ciiu^m lateinischen Kommentar der Cie-
dichte Arnaut Dani(;ls spricht, wcrlchen er in seinen Hss. gefunden
habe' und dals 11 nicht nur einen solchen enthält, sondern dafs
die wenigen von Barbieri citierten Stellen wörtlich mit den Glossen
dieser Hs. übereinstimmen.
Diese Randglossen sind bisher wenig beachtet worden. Warum
Grützmacher sie nicht abgeschrieben hat, lä^^t er durch seine Worte:
„noch schwerer sind die erklärenden Bemerkungen am Rande der
ersten Bogen zu entziffern" - deutlich erkennen. In der That ist
die Schrift an sich sehr fein und durch die Zeit stark verblafst,
jedoch ist es mir, indem ich mir Vormittage aussuchte, an welchen
das Licht besonders günstig war, gelungen, ziemlich Alles zu lesen.^
Die Bemerkungen sind zweierlei Art : die einen sind, meistens
durch das Wörtchen 7ie/ eingeführte Textvarianten von der Hand
des oder vielmehr der Schreiber; die andern sind Wort- und Sach-
erklärungen und Angaben von Paralielsteilen, zumeist in lateinischer
Sprache, teils in Minuskel, teils in Kursiv geschrieben, die aber
beide von derselben Hand herrühren, da sie innerhalb derselben
Bemerkung abwechseln. Ich berücksichtige nur die letzteren und
gebe sie, da die Auflösung der Abkürzungen keine Schwierigkeit
bot, ohne dieselben und in gewöhnlicher Schrift. Überall, wo die
Lesung mir zweifelhaft war, habe ich dies durch Beisetzung von
Fragezeichen angedeutet. Auf welche Stellen sich die einzelnen
Erklärungen beziehen, ist in der Hs. häufig durch Häkchen be-
zeichnet; wo diese fehlten, wird es mir, hoffe ich, trotzdem ge-
lungen sein, die richtigen Beziehungswörter zu finden. Was in
Klammern steht, sind die von mir hinzugefügten Textstellen; dann
folgen die Randbemerkungen möglichst getreu, jedoch hat mich die
schlechte Konservierung derselben manchmal zu indovinatorischer
Ergänzung genötigt.
A) zu Arnaut Daniels Gedichten.**
c 9B zum Gedicht Canso dol mot (Can. II).
I. V. 17 (la sec atrail) sr'c dai{?) atraza. ut canis sequiiur lo iraill
del porc : la traza.
' Ich begnüge mich hier mit dieser allgemeinen Angabe , weil ich an
anderem Orte noch speziell über die von Barbieri benutzten Hs. zu sprechen
haben werde.
2 ]. c. S. 385.
3 Zu meinen Bedauern ist es mir jedoch unmöglich gewesen, meine Ab-
schrift der Glossen vor dem Druck noch einmal mit dem Ms. zu vergleichen;
ich mufs mir daher etwaige Ergänzungen und Berichtigungen für später vor-
behalten. Ebenso ist es mir versagt gewesen , eine Reihe von Büchern zu
konsultieren, da diejenige italienische Bibliothek, die mir zur Verfügung stand,
überaus lückenhaft ist.
* H ist in zwei Kolonnen geschrieben ; A und B bezeichnen die des
recto , C und D die des verso der Folii. Der leichteren Auffindung halber
habe ich bei den Gedichten Arnaut Daniels die Verszahl nach der Ausgabe
Canellos hinzugefügt, und nur dann weggelassen, wenn die Bezeichung nicht
klar war.
RANDGLOSSEN VON DANTES HAND. 449
2. V. 25 (lagrim) lacrivietur.
3. V. 26 (Et arderim) in ferxurio se combiirat.
4. V. 35 (noirim) : nuiritura.
5- V- 37 (Si bem uau per tot aesdaill) siciit bestia defligata . car
tu non sai on mi uai.
6. V. 40 (quenz fim) fim : fecimus.
!• V' 57 (laios honor) ut uos honoret.
c 9C zum Gedicht Sim fos Amors (Can. XVII).
^- ^- 3 (J^ ^^ mon jor nom calgra far unbarc) Aillors ditz. Ja
per gran toi nom calgra far embarc : debita so es sui
ebre [?) don eu fos embariatz . so es embrigaiz per debita.
9. V. 9 (no membarga) non nie impedit.
IG. V. 19 (sofrel parc) parco fo es perdono.
11. V. 20 (encomba) en iialle.
12. V. 21 (pres un tom) En respeit de lei.
13. V. 36 (retomba) augasta^T).
14. V. 37 (dal som) del cap. qiie es la partz que es el som.
15. V. 45 (E per vos es casutz pretz e iouens) Aillors ditz . i\fal-
sastres es qeus te desconoissens. Qe etc.
C9D zum Gedicht Laura amara (Can. IX).
16. V. 18 (Tan fo clara raa prima lutz) : subtile.
17. V. 25 (daltra seslutz) ilhwiitiat.
18. V. 39 (Tals detz pecs) talia decem ut ita dixerim peccata.
19. V. 41 (trencs) : incidas de tronco cass[umj.
20. V. 51 (goma) fo es specia.
21. V. 52 (Sim anpara) sim mante.
22. V. 56 (quetz) getz : qietos.
Z}f. V. 58 (arencs) di arengar : in ordinem ponere.
24. V. 73 (etz) etz : estis.
25. V. 74 (decs) decs : finem(?) ultitnnm quetn non licet ucnire[?).
26. V. 75 fadencs so es stultiiias.
27. V. 83 ufaut iie da ufana. cosa d'iiana gloria.
28. V. 85 (cel de doma) Borna es us mons fort autz on es solamen
ujia tnaissos de . . . spiritals fort{?).
c ioI3 zum Gedicht En cest sonet coind cleri (Can, X).
29. V. 3 (aleri) : alegro.^
30. V. 22 (queri) : quero.
31. V. 23 (toli) : tollo.
' Dies eine Wort ist in einer der des Schreibers des Textes sehr ähn-
lichen Minuskel {geschrieben. Da es dessen Gewohnheil jedoch nicht ist, der-
artige erklärende Bemerkungen zu machen, so müssen wir auch dieses Wort
dem Glossator zuschreiben . der kurz tiaraul" andere italienische Wörter ge-
braucht. Er hat wahrscheinlich anfangs in seinen Glossen die Schrift iles
Textes nachahmen wollen, diese Absicht aber bald wieder aufgegeben,
Zuitsc'lir. f. roiu. l'liil. X. 2y
450 A. PAKSCHER,
32. V. 26 Sesaura : saiiral . sicut sj>arauerius cobrador hoc utl hoc
operai . . .
33. V. 32 (lo cors en rima) Aqesl pas es rinialz.
34. V. 34 (dunan nou : d''uno atmo ntiuvo.
35. V. 36 (soferi) suffero.
36. V. 37 (destüli) Jeslollo.
37. V. 40 (com qe laora) Quia hie quidem laborat et efforcel{?) la
rima . laora . de gran dir.
38. V, 42 (Cel de mon clin odierna) Mainiers del casiel de 711071-
dui(%\c^) qa7net tan fort Naudier7ia . 7ia la/7ial plus diat
uou en despeit de Tui . tant aTn Iti.
c. loC zum Gedicht Sols aui qui soi (Caii. XV).
3g. V. 3 (selduis, sie) Selduis : subtraxe7-it.
40. V. 5 (epuois) E puois : et postea.
41. V. 12 (cab uaus) «/ dieit G. de bor7ieill eab . . . que per 77ians : no7i
uado viedio per ualles . et per plans et per puois : alti-
tudines.
42. V. 1 3 trobaissi : ita trobem.
43. V. 18 (bels demors) aig{P) ferset la ri77ia . que degra esser ors
estreida. de77iors bei de77iorar fa eum aquesla do77ip7ia .
so es bei solazar e bei estar.
44. V. 26 und 27. (Que ges rozers peraiga etc.). Daurde dieit
roeries . fluvius rodasi . rozers qui i7igrossatur per aquas
pluvias(?) et Iutti habet gra7i briu : forza. doiz so es la
uena onde ue laiga e la fo7ita7ia . 07i [?) se ditz . de ueTn de
laiga de la dotz (.-") so es daquella qades sortz.
45. V. 28 estafic quod diciTTius stagnuTti . lacus . propterea quod ibi a-
qua estaneat se et ita siat. No faz estane etc. et non
facia estane et si7?iile(?) e no faza esta7ic . so uol dire
Rodanus qui ingrossatur aquis 7ion ita fortiter currit ubi-
que spargitur quod ego plus lagrimis a77iorosis i7iondina-
tionis {?) 71071 facia77i et 77iaiorem laeu7n a77ioris , i7ide uoco (?)
quod ear7i re77iiro.
46. V. 2g (bortz) Aqui^ apellat bortz ca77ipis natus . so es de
adulterio natus . quod diei77itcs - Bastardo.
47. V. ? (giortz) : bagorda.
c. loD Zum Gedicht Er uei uermeillz uerz (Can. XIII).
48. (V. 3) (Eil votz dels auzels sona e tint) dieit G. de bor7ieill. Qe
fan retentir.
4g. (gandirs) de gando, dis : fugio.
* Der Glossator versucht vermutlich wie bei estane eine etymologische
Erklärung zu geben: 'bortz ist ein dem Rande [des Weges, vergl. unser
„hinterm Gartenzaun"] Geborener'.
2 Die Hs. giebt hier nur q. d., doch war ich nach dem kurz zuvor aus-
geschriebenen quod dicitnus zu dieser Auflösung berechtigt.
RANDGLOSSEN VON DANTES HAND. 45 I
50. \\ 10 (sint) sentio.
51. V. 13 (parcedors) per donadors . de parco, eis.
52. V. 14 (blaiidres) so es humilitatz..
53. (a enois) pro enois.
54. V. 1 7 (mint) : mentio.
55. V. 24 (uint) : XX.
56. V. 26 (va be sui fols) vadit bene : eu sui fols : nado quod diti
aqest treua et aital loc : briga.
57. V. 28 (tigris menandres) nomina fluiiioriinu
58. V. 35 (poilla e flandres) ?io?mna ciintatum.
5g. V. 36 (feingz ]nocs) fic Udos iocos.
60. V. 38 (cossint) consentit.
c. 1 1 A zum Gedicht Doutz braitz ecritz (Can. Xll).
61. V. 8 (rimastrampa) desauinen.
62. V. 10 (ni nom presi destoutas) so es que 710m destolgui dela
dreita uia.
63. V. ig (pecx) fatuus.
64. V. 23 (colobra) fo es us serpens que putet trop fort.
65. V. 24 (den tan mals motz escampa) de Unguis quoruvi escampa
: exit tau mals motz so es tatis mal dir es.
66. V. ? tampa a . . . .
c. iiB zum Gedicht En breu briscaral temps (Can. XI).
67. V. 17 (Faiüirs esmendatz) Qui peca e menda etc.
68. V. 23 (Mais uolgra trar peneis desertz etc.) magis uellem siis-
tinere pe?iam . ubi non ac daucel agre . so es nidiim.
6g. V. 43 (stug) custodio.
70. V. 4g/50 (Arnautz uol sos chanz sia offertz.lai on dotz motz
mouon agre) Aquesta soä estaua en un castel que es en la
comtat de Peiregors . per so ditz que rnoueti : comenza en
agre.
c. 1 1 C zum Gedicht Autet e bas (Can. VIII).
7 1 . V. 2 (renc) rengar 0 arengar . so es stare per ordineiii . inde
dicitur : i'fis rencs de caualiers.
72. V. 17 (masauta) Abelis,
73. V. ig (Amors?) : ipsa mta domina.
74. Y. 22 (sescanta) estinguat.
75. V. 22, (pels us) propter unos . que Jan graues uel grandts ge/ni-
tus del ailrui ioi.
76. V. 26 (en sa gauta?) cum amore.
77. V. 2g (en fadenc) .$•<? es en mateza.
78. V. 51 (et estrus) so es frens(?) et enbroncs <// deo.
7g. V. 53 (sauta) los cors.
80, V. 52 (el cor teing prems) prems dicit quod pressum et calcatum
cum pondere superiore.
29*
45- A. PAKSCHER,
c. 12 A zum (icdiclit Lo (crm uolers (Caii. XVIII).
8i. V. 2 (escoissendre) findere.
82. V. 5 (afrau) so es a fiirlo a fraude.
83. V. 24 (com forts) quum homo fortis.
84. V. 35 (marma) <]uod nif/iiam liahel coi^itationem anima niea.
95. V. 40 (Son desirat) An Ihr Iran de Borti . ah cui se claniätia
dessirai.
c. 41 C" zum Gedicht Puois en Raimons (Can. I).
86. V. ? Ol : seiet.
87. V. 34 fems so es leame . inde femorie7is . locus uhi acceruatiir
fenis.
B. Zu anderen Dichtern':
88. c. 3B Sordello Dompjia jnieilz qo7i 71071 pol.
(ses cor vaire) senza fallacio.
89. c. 13C Peirols Nuillz ho7n no7t sauzi /<?« ge7i.
(esmals non camenten) esi en als no7i 7nen eriten.
90. c. 14A (Peirols Allressi col eignes fai, Qan uol 77iorir c-han.
(Zu diesem Anfang) Ouidius libro epislularu/7i :
Sic ubi fala uocanl gelidis ahieclus /« erhis
Ad uada me7ia?idri co7icinil albus color.
I. c. lyA Lo monges de poncibot Be7is cuidet tieniar a7iiors.
(non es per que) meus . . . torlz.
92. c. 17B Lo monges de poncibot
( ) e7megtma 7na7ieira.
93. C.18A Monges de poncibot ATtiors sauos plagues.
(quau ses mon pensamen) e7i aut le uos. quod esl alsare.
94. c. 32A Elias Cairels.
(uoia?) fatua.
95. c. 34A Elias Carels,
Garrics e Cassaignz ide7n est. Be7is que/n . . .
Wir sind verpilichtet, wenigstens zu versuchen, den Autor dieser
Glossen zu entdecken, die in ähnlicher Reichhaltigkeit sich wahr-
scheinlich in keiner anderen provenzalischen Hs. finden werden,'
Dafs derselbe nicht ein Provenzale ist, wie man zunächst vermuten
würde, sondern ganz entschieden i\ur ein Italiener sein kann, geht
nicht blofs aus dem Gebrauche einzelner italienischer Wörter und
' Auf f. la befindet sich unten die Bemerkung:
Di'eitz e raizon quieu chant em demori
Drüto e ragton chio catiti et nii soggiorni.
von einer Hand des 16. Jahrb., vielleicht Barbieris.
RANDGLOSSEN VON DANTES HAND. 453
Wendungen, wie alegro, d'tm anno noiio, cosa di uana gloria hervor,
sondern noch mehr aus den Erklärungen von estanc und bortz durch
quod dicimus stagnum und quod diciinus bastardo 2, die augenscheinlich
nur von einem Italiener herrühren können.
Ferner mufs dieser Italiener im Ausgang des 13. oder in der
ersten Hälfte des 14. Jahrh. gelebt haben, da der Schriftcharakter
der jener Zeit ist und die durchweg richtige Interpretation schwie-
riger Stellen eine Periode voraussetzen, in welcher die Kenntnis
des Provenzalischen in Italien noch lebendig war, was später nicht
mehr der Fall ist.
Drittens mufs derselbe zu den Gebildesten der Nation gehört
haben. Denn aufserdem dafs er das Provenzalische beherrscht,
schreibt er ein korrektes Latein. Ovids Herolden sind ihm so ge-
läufig, dafs er sie aus dem Gedächtnis citiert.' Überhaupt ist die
Art, Parallelstellen aus Guiraut de Borneil und Daude de Pradas
anzuführen und ferner bei Peirol die Stelle aus Ovid anzugeben,
welche er nachgeahmt hat, nicht die eines gewöhnlichen Geistes.
Viertens, und das ist es, was mich zuerst frajjpiert hat, der
Glossator muss eine ganz spezielle Vorliebe für Arnaut Daniel ge-
habt haben. Denn seine Bemerkungen beziehen sich, wie ich durch
die Teilung leicht übersehbar gemacht habe, fast ausschliefslich auf
diesen Dichter. Bei den übrigen hat er gelegentlich etwas an den
Rand geschrieben, Arnauts Gedichte hat er eingehend studiert und
sich über jede einzelne Stelle klar zu werden gesucht. Dieser Um-
stand kann nicht etwa durch die gröfsere Schwierigkeit von Arnauts
Gedichten erklärt werden, welche einen Kommentar notwendiger
machten, als die übrigen. Denn es werden auch einfache Verbal-
formen [tolli, quc7-i etc.) und ganz gewöhnliche Wörter ((■ puois, ma-
santa, a fraii etc.) glossiert, die sich bei allen Dichtern vorfinden.
Dies beweist von Neuem, dafs der Schreiber kein Provenzale war,
denn ein solcher hätte, wenn er für sich selbst schrieb, derartiger
Erklärungen nicht bedurft ; und wenn er etwa, welche Annahme
schon an sich wenig wahrscheinlich ist, Andern das Lesen der Hs.
hätte erleichtern wollen, so hätte er die ganze Hs. mit Bemerkungen
versehen und nicht gerade die schwierigsten Gedichte ausgewählt,
um an ihnen elementare Dinge zu erkl;"iren. Vielmehr werden wir
notwendig auf einen Italiener gewiesen, der das Studium mit Ar-
naut Daniel begann und an ihm besonders Gefallen fand.
Keiner nun scheint mir diesen verschiedenen Bedingungen
entsprechen zu können als Dante oder etwa noch Petrarca. Dafs
die Bemerkungen von dem Letzteren nicht geschrieben sind, kann
ich bei meiner Vertrautlieit mit seinen Schriftzügon auf das Be-
stimmteste vorsiclK;rn ; bleibt also nur Dante. Dafs diese Persön-
lichkeit die beiden ersten Forderungen orlülll, ist evident. Dafs
' Keine der erhaltenen TIss. bietet nämlich gelüiis in erbis, sondern alle
itihs in rrbis. Man sieiit leicht, wie sich in der Erinnerung das gewöhnlichere
Wort an die Stelle des ungewöhnlichen set/.te.
'^ Dante gebraucht diesen Ausdruck l'urg. XIV 99.
454 A. PAKSCHEK,
ihm (las Provenzalische ebensowie das Lateinische geläufig war,
brauche ich den Lesern dieser Zeitschrift nicht darzuthiin. l!benso
wenig, dafs er Ovid kannte. Darauf dafs die citierte E[)istel Ovids
ihm l)esonders geläufig sein mufste, weil sie einer der Haupt-
figuren der Aeneis, der Diclo, in den Mund gelegt ist, weise ich
nur beiläufig hin. lünf Bemerkung wie die qtiod dicivius sta^nuni
statt stagno ist echt dantisch , denn Dante nennt sich nicht
Italiener, sondern Lateiner.' Oder vielmehr Lateinisch und Italie-
nisch (volgare) sind ihm nur verschiedene Arten derselben Sprache.
Das Italienische dient für den mündlichen Verkehr und für Ge-
dichte , di^.; auch für Frauen und Kinder bestimmt sind , für
wissenschaftliche, und besonders grammatische Dinge empfiehlt
sich der Gebrauch des Lateinischen, das auch deswegen den
Namen gramatica führt. 2 Mit dieser Theorie stimmt überein,
dafs die grammatischen und lexikalischen Glossen zum Teil latei-
nisch sind; nur wo das Itahenische ein dem zu erklärenden ganz
nahestehendes Wort bot, wurde dasselbe begreiflicherweise nicht
unterdrückt. Die provenzalischen Bemerkungen brauchen nicht zu
derselben Zeit geschrieben zu sein, wie die übrigen, und sind es
wahrscheinlich nicht, da sie, die entweder sachlich wie (No. 28,
38 u. s. w.) oder metrisch (No. ^i^i'i 43) sind, oder die Bedeutung
seltener Wörter durch üblichere umschreiben, eine gröfsere Kenntnis
der provenzalischen Sprache voraussetzen, als die lateinischen Glossen
verraten. Diese hat also Dante vermutlich zu einer Zeit nieder-
geschrieben, als ihm das Provenzaliche durch persönlichen Verkehr
mit Troubadours vertraut geworden war und vielleicht sind sie
auch dem Wortlaut nach so niedergeschrieben, wie sie aus dem
Munde derselben flössen.
Fünftens. Dantes Verehrung für Arnaut Daniel ist bekannt,
aber sie ist auch etwas ganz Spezifisches. Der der Wissenschaft
leider viel zu früh entrissene Canello hebt in seinem Buche über
Arnaut Daniel ^ vortrefflich hervor, wie die schwer verständliche
Ausdrucksweise dieses Dichters ihm selbst in der Provence nur
wenige Anhänger verschaffte. Und noch viel weniger fand er
deren in Italien, wo sein Verständnis noch gröfsere Schwierigkeiten
machte. Daher wählen die in Italien entstandenen Abhandlungen
über die Dichtkunst nur sehr selten Beispiele aus ihm, während
sie von ganz unbedeutenden Dichtern Dutzende anführen und dafs
Arnaut von italienischen Dichtern vor Dante nachgeahmt worden
wäre, davon sind nur verschwindend geringe Spuren nachzuweisen*
Alles Zeugnisse, dafs Arnaut in Italien bis auf Dante fast unbekannt
war, wie es Canello ausdrücklich ausspricht: dovrasi conchiudef-e che
^ Tertia quae latinorum est, se duohus privüegus attestatur praeesse etc.
. . . . piita Cimis pistoriensis, et amicus eins. De Vulg. Elo. I 10.
^ De Vulg. El. I I und passim.
^ U. A. Canello, La vita e le opere del trovatore Arnaldo Daniello etc.
Halle, Max Niemeyer 1883, p. 42 — 44.
RANDGLOSSEN VON DANTES HAND. 455
la favia grande del nost?-o trovatore comincia dal secolo XIV, coii Dante,
ed e per massima parte opera di lui.^
Aber noch mehr. Dafs Dante im Purgatorium 2 Arnaut nicht
nur eine Reihe von Versen widmet , sondern ihn , und ihn aus-
schliefslich in der ganzen Dichtung 3, provenzalisch sprechen läfst-
bedarf bei einem Dichter wie Dante, der sich zu einer solchen Aus-
nahme nicht ohne gewichtigen Grund entschlossen haben kann,
meines Erachtens einer besonderen Erklärung. Die Annahme, dafs
er damit blofs seine Hochschätzung dieses Troubadours habe an-
zeigen wollen, ist nicht zulässig, da er kurz vorher schon ausdrück-
lich von ihm gesagt hatte :
Versi d'amore e prose di romanzi
Soverchiu tutti etc.,
es hätte also zu diesem Zwecke der Auszeichnung nicht bedurft.
Nimmt man dazu, dafs Arnaut in demselben Gesang wie Guinicelli
auftritt, den Dante als seinen Lehrer in der Dichtkunst betrachtete
und dafs dieser, der selbst in einem Gedichte ^ Arnaut nachgeahmt
hat , ihn auf den provenzalischen Troubadour verweist, der in
seiner Sprache besseres geleistet habe, als er selbst, so kann dies
doch nur heifsen, dafs Dante durch die Gedichte Guinicellis zum
Studium Arnaut Daniels veranlafst worden sei und also, dafs er das
Studium des Provenzenzalischen mit Arnaut begonnen habe. Des-
wegen läfst er ihn provenzalisch sprechen, weil er das Provenza-
lische aus ihm und durch ihn gelernt hat: es ist dies eine Art
und Weise, seinen Dank abzustatten, die auch uns modernen Men-
schen nicht unverständlich ist. Und die lateinischen Glossen der
Hs. H, besonders die zu den ersten Gedichten, zeigen uns in der
That einen solchen Anfänger.
Alle diese Indizien zusammengenommen, ergeben einen nicht
geringen Grad von Wahrscheinlichkeit für Dantes Autorschaft. Das
in vielen Fällen entscheidende Beweismittel , das paläographische,
kann hier nicht zur Anwendung kommen, da wir meines Wissens
keine authentische Zeile von Dantes Hand besitzen. Aber eine
Bemerkung Leonardo Brunis vermag uns hierfür wenigstens einigen
Ersatz zu bieten. In seiner kurzen Biographie Dantes schien ihm
die Schrift des Dichters einer besonderen Erwähnung wert, und er
sagt; fu aticora scrittore pet-fetto ed era la lettera sua tnagra e lunga
e molto corretta, secondo io ho veduto in alciine pistole di sua propria
man scritte. Nun, wenn ich die Kursiv (von dieser spricht Leo-
nardo ofl'enbar) der Randglossen charakterisieren sollte, ich wüfste
es nicht anders zu thun, als mit den Worten : sehr fein, länglich
und kalligra])hisch.
^ 1. c. \). 44.
2 Purg. XXVI 115— 148.
^ z. B. niclit ßertian de Born, vor dem er, wie das \\\\\^. l"".l. /.cij^l, ilocli
zur Zeit der Abfassung der Commödic auch eine grofse AclUung besafs.
* Ich meine die Canzonc Lo ßn pregio avanzaio, vergl. Gaspary, Litler.
Gesch. S. 103.
45^ A. I'AKSCHKK,
Ich wiederhol c, dafs ich nicht den Anspruch erhebe, einen voll-
gültigen lieweis für dies Autograph Dantes erbracht zu haben, und
dieser wird vielleicht niemals zu erbringen sein. Kaum wird es jedoch
möglich sein einen andern Kandidaten zu nennen, bei dem alle die
angeführten Vorbedingungc^n noch besser zuträfen, als bei Dante.
Aber selbst wenn diese (blossen nicht von Dante h(;rrührten,
so würden sie doch nicht ohne Wert sein. Es sind einige unter
ihnen, die, wenn sie uns auch nicht geradezu Neues lehren, doch
bisher Vermutetes bestätigen und uns deshalb sehr erwünscht sein
müssen. So bestätigt l. die Vermutung Canellos: traill deve dire
Uraccia^ 'vesligio'^, 5. die Erklärung Chabaneaus, dafs a esdaill
abzuteilen und dafs dies eine sprichwörtliche Redensart sei, die
bedeute „ziellos umherirren".^ 4. bezeugt, dafs die naheliegende
Ableitung noirim \ow nutrimcn auch hier zutreffend ist. Deswegen
sind die künstlichen Auslegungen Canellos abzulehnen. Der Dichter
sagt, wie mir scheint, in der vierten Strophe: Nicht zum Ver-
gnügen wende ich mich von Euch ab, Geliebte, die ich verehre;
sondern aus Furcht vor den Verrätern , vor denen der Genufs
zittert (den Störenfrieden des Genusses), gebe ich mir den Anschein,
als ob ich von Euch nichts wissen wollte ; denn (noch) nie hatten
wir von ihrer Ernährung Vergnügen ■': verflucht sei, wer sie [noirim)
ihnen bietet.*
Der Anfang von Si/)i fos Amors ist gemäfs der Note 8 zu über-
setzen : Wenn die Geliebte gegen mich so freigebig sein w^ollte, wie
ich gegen sie mit meinem Herzen, so würde ich nicht in Ver-
legenheit geraten (oder Schulden zu machen brauchen), um grofses
Liebesglück zu geniefsen.^ Canello hat diese Stelle, die er in der
Übersetzung (S. 136) mit per la grandezza del benc cJü io cerco 7ion
opporrei difficoJtä wiedergiebt, ganz mifsverstanden ; imharcarsi heifst
noch heute im Italienischen, das den Bedeutungsübergang klar ver-
anschaulicht, zunächst „sich einschiffen", dann „sich in eine An-
gelegenheit einlassen, etwas unternehmen" schliefslich „Verpflich-
tungen eingehen". Weniger künstlich ausgedrückt, wäre also der
Sinn unserer Stelle: ich liebe Euch aufrichtig und M'ahr und Eure
Gunst, hehre Frau, würde mich so unendlich erfreuen, dafs ich
mein Glück nicht bei andern zu suchen brauche.^ 10. und 11.
bestätigen Erklärungen Canellos. Die Glosse 18. unterstützt Bartschs
Auffassung von deiz als decem. Vielleicht darf man die schwierige
1 1. c. p. 197.
2 bei Canello p. 188.
^ d. h. sie bezahlen ihre Parasitenexistenz durch an uns geübten Verrat.
Und deshalb: Mahnes qite lor o cuoilla! Es ist kein Grund vorhanden, von
dieser Lesart, die ABCGHIKNN* darbieten, abzuweichen, wie Canello thut.
* wörtlich: für sie sammelt (von colliir).
^ darüber, dafs /t'/- ^rrtwyö^' wahrscheinlich die ursprüngliche Lesart war,
siehe unten.
^ Im Text aber spricht der Trobador, wie häufig, diese Worte nicht
direkt aus, sondern richtet sie in monologischer Form an sich selbst, während
er die Geliebte erst in der fünften Strophe anredet.
RANDGOSSEN VON DANTES HAND,
457
Stelle wie folgt übersetzen : Geliebte, gieb Acht, dafs ich wohl auf-
genommen werde i; denn, wenn Du mich schlecht empfängst (mich
zurückweisest), so fürchte ich, wirst Du soviel Schlechtes von mir
erfahren (wörtlich: dafs ich so gegen alle zehn Gebote gehandelt
habe), dafs es besser ist, dafs Du Dich davon scheidest (es unter-
läfst). Dafs der Zusatz detz zu pecs ein sehr überflüssiger und nur
dem Reime zu Liebe geschehen ist, deutet auch die Glosse durch
ihr ui ita dixerim an. Aber dafs Jemand, der einen Reim auf etz
sucht, bei peccata zunächst an decetn denkt, ist begreiflich. Dageo-en
ist V. 74 gemäfs Note 25 decs als „Ziel, Endpunkt«, aufzufassen.2
Während bei den Versen 82—85 desselben Gedichtes Canello
liest Can non amei Ren tan ab meins d'u/aut Anz vos desir Plus que
Dieus eil de Doma 3 und übersetzt 'M mai ho amato alcuna dontia
con piü di sincerüä e vi ho in cuore piii che Dio quella (?) di Borna '
hat Chabaneau-» durch seine Worte: /e lirais dans Anmut: Anz vos
dezir plus que Deu & eil (ou cel ?) di Doma die richtige Auffassung
angedeutet: denn ich habe nie eine Frau mit weniger Hochmut*^
• geliebt, ja, ich sehne mich mehr nach ihr, als die von Doma nach
Gott. Was der Dichter hier betonen will, ist das Demütige seiner
Liebe und so spricht er denselben Gedanken noch einmal an andrer
Stelle' (XIV 25—27) aus:
Non sai hom tan sia e Dieu frems
Ermita ni monge in clerc
Cum ieu vas cella de cui can.
Die glückliche Vermutung Chabaneaus Dona est une petite ville
du Perigord oü il a pu exister du temps d'Arnaut Daniel un nwna-
st^re ou seukment un ermitage wird durch die Note 28 vollauf be-
stätigt. No. 38 schliefslich giebt über eine bisher unerklärt <re-
bhebene Stelle Aufklärung. Dafs in den Versen (X 41—42) Canc
plus non amet un ou Cel de iMonclin Audierna eine Anspielung
auf die Personen eines damals bekannten Ritterromans gesuch^t
werden müsse, hat schon G. Paris (1. c. p. 227) mit Recht ange-
nommen, aber er wufste dieselbe nicht nachzuweisen. Vielleicht gelingt
es ihm jetzt, da die Note uns nicht nur die vermutlich richtige'' Form
• Dafs sui b.n vengutz denselben Sinn hat, wie im Französischen etre
le bunvenu, ergiebt sich aus dem Gegensatz desacuoills. Nur sind wider Er-
war en diese Worte nicht von ba,1a abhängig gemacht, sondern das Verhin-te
wird bereits als faktum hingestellt, was die Aullurderung kategorisch macht
V. 73—76: denn Ihr seid das Ziel meiner thörichten Wünsche, über
die von andern soviel gespottet wird.
=» Bartsch, Prov. Chrestomathie 4. Aull. 1S80 col. 137 liest: ,/;;. vos J.zir
plus que ,/eus eil d'Edoma, was ich niclu zu deuten weiis.
* 1. c. 221.
& Diese Lesart wird durch fast sämtliche Ms. unterstützt, die ,//.•// oder
deu, aber nicht den Nominativ bieten.
1 w, " "-^"'/^ ^ "•^'""' ^'- ^"^^ -7)' «Jas mit „Hochmut" oder auch mit ..Fitcl-
keit", zu übersetzen ist.
' Welche übrigens auch Canello nicht entgangen ist (1. c. zi\).
I.
AHDL
11.
IKN'^
III.
MM«^
IV.
II
458 A. I'AKSCHRR,
Mondiii ', sonck-rn aucli den Namen des Besitzers des Schlosses
(Mainiers) darbietet.
Eine ganz besondere Beachtung aber verdienen No. 8 und
No. 1 5, beide zu dem Gedichte Sim Jos Afnors."^ Hier wird zum
Verse 3 eine Lesart citiert, die sich in keiner der erhaltenen Hss.
vorfindet, Ks bieten :
ja per gran ben
Jamals per ioi,
Ja de mon ioi, U iai,
Ja de mon ior, C Ja de mos jors, f Ja
de uos jors etc.
Canello ist bei diesem Liede zu einer bestimmten Klassifikation
der Hss. nicht gelangt. Die Autorität von ABDL scheint deren
Lesart als die ursprüngliche zu empfehlen. Wenn aber im Original
bett gestanden hätte, so wäre es absolut unerklärlich, was die übrigen
zahlreichen Hs., unter denen sich mehrere gute befinden, zu Ände-
rungen veranlafst haben könnte und besonders wie sie von ben auf
ioi, iai, io?- und iorns hätten gelangen können. War dagegen die
ursprüngliche Lesart dieselbe wie die der Glosse ia per gran ioi,
so hat die erste Klasse augenscheinlich die Bedeutung von- Joi (==
Liebesgenufs) nicht verstanden, und deshalb durch das triviale beti
ersetzt, und die übrigen haben an der Verbindung von grati mit
joi Anstofs genommen. 3 Der Fehler von AB mufs sich schon in
deren unmittelbaren Vorlage (a) befunden haben, aus welcher sie
auch D und L, die bei diesen Gedichten einen kontaminierten Text
bieten, geschöpft haben mögen. Der Glossator mufs also die ur-
sprüngliche Lesart mindestens aus xi geschöpft haben, d. h. aus
dem Archetypus der Peire-Alvernhe-Handschriften.'*
Dasselbe Resultat ergiebt die Gl. 15; V, 47 lautet
I in AB Malastres j
L Malsacres > es queus ten, desconoissens
CQPS Malsastres |
II. DHIKMN2 E (car) per uos es cazutz pretz e iouens.
Die Lesart der zw^eiten Klasse kann in x^ noch nicht vor-
handen gewesen sein. AB stellt den Text dieser Quelle wahr-
scheinlich richtig dar, bis auf das erste Wort, das, wie alle übrigen
' Mondui kann zwar ebenso leicht aus Mondin entstenden sein, das die
meisten Schreiber gelesen haben, als umgekehrt, aber es scheint, dafs der
Glossator besser unterrichtet ist, als sie. Beachtenswert ist, dafs R, die hier
Monclar hat , in einem Liede Vidals naudierna statt na Vierna geschrieben
hat (s. Bartsch, Peire Vidal, Berlin 1857 p. 113). Ihr Name mufs also nicht
unbekannt gewesen sein.
2 Diese werden auch von Canello citiert, nur dafs bei ihm auf S. 178
und 180 die Buchstaben der Colonnen H und L vertauscht sind.
3 Es scheint mir auch nicht ausgeschlossen, dafs die Kopisten ioi gleich
iocus (statt gaudiuTn) gedeutet haben.
* S. Gröber, Die Liedersammlungen der Troubadours p, 479.
RANDGLOSSEN VON DANTES HAND. 45g
Hss. der ersten Klasse zeigen, mahastres gelautet haben mufs. Und
genau dies bietet der Glossator:
Malsastres es quieus ten desconoissens.
Also hat er, dem wahrscheinlich H gehörte, später den Arche-
typus der Peire-Alvernheschen für ein Lied vergleichen können. Wie
stimmt dies zu Dante? Von ihm ist dasselbe wahrscheinlich. Ar-
naut mufs er schon um 1290 studiert haben, da er sie in AI poco
giorno und andern in die neunziger Jahre fallenden Gedichten ^ nach-
ahmt, aber nichts nötigt uns anzunehmen, dafs er eine Peire-Al-
vernhesammlung, deren Kenntnis das de volgari eloqmo voraussetzt,
vor der Verbannung kennen gelernt habe.
Aber dies unscheinbare Faktum erhält eine nicht geringe Be-
deutung für Dantes Biographie, wenn man bestimmen kann, wo sich x ^
befand und wo Dante Gelegenheit hatte, mit provenzalischen Trouba-
dours in persönlichen Verkehr zu treten. Ich glaube dies zu können.
Ich glaube ferner zu wissen, nicht nur dafs die Hs. H, welche von Grütz-
macher in das Ende des 14. Jahrh. gesetzt wird, mindestes zum
Teil in das 13. Jahrh. gehört, sondern auch wer diesen Teil ge-
schrieben hat. Doch dies zu entwickeln, dazu fehlt es mir gegen-
wärtig an Zeit und auch an den nötigen Büchern.- Ich gedenke
die provenzalischen Hss. des Vaticans noch eingehend zu behandeln,
vielleicht auch sie ganz abzudrucken. Aber ich habe die Mitteilung
der Randglossen nicht zurückbehalten wollen, um es andern zu
ermöghchen, mit Hülfe derselben sicheren Dänte-Autographen auf
die Spur zu kommen.
1 S. Carducci, Studi letterari, p. 211 und Gaspary, Geschichte der Italie-
nischen Literatur p. 271.
- Nicht einmal den dritten Band des Dante-Jahrbuchs, welcher Bartschs
einschlägigen Artikel enthält, konnte ich erhalten.
A. Pakscher.
M I S C K I. L i: N.
I. Handschriftliches.
1. Die altfranzösischen Liedercitate aus Girardin's d'Amiens
Conte du cheval de fust.
Es scheint bisher völlig unbeachtet geblieben zu sein, dafs die
jüngere, meist stark abweichende Bearbeitung des Cleomades-Stoffes,
welche Girardin d'Amiens in seinem noch ungedruckten „Conte du
cheval de fust" lieferte, zu den Werken gehört, in welchem eine
Anzahl Strophen afrz. Lieder verwebt sind. Weder G. Raynaud's
„Bibliographie des Chansonniers fran^ais etc." Paris 1884 noch
E.Schwan in seinem eben erschienenen Buch: „Die afrz. Liederhss."
Berlin 1886 erwähnen das Gedicht. Dasselbe ist, soweit ich weifs,
in 2 pariser und in einer florentiner Hs. erhalten (Bibl. nat. fonds
fr. 158g und 1633 und biblioteca Riccardiana 2757). Aus der
letzteren hat Keller in seiner Romvart S. 99 ff. den Anfang Bl. i- — -öc •
mitgeteilt. Am Schlufs der Hs., d. h. auf Bl. 171c nennt sich der
Verfasser ausdrücklich und schon Fauchet citiert in seinem „Recueil
de l'origine de la langue et poesie fr." p. 180 die betreffenden
Zeilen, W^orauf sich daher L. Gautier stützt, wenn er Epopees fr.
1112 s. 3 1 [gelegentlich der Erwähnung von Fauchet's Angabe, Gi-
rardin habe den Roman Meliadius (nicht: Meliadus) d. h. unser
Gedicht verfafst] behauptet, Girart trage an diesem Werk keine
Schuld, ist mir unbekannt. Früher wurde Adenet's Cleomades viel-
* Folgende Fehler siitd bei Keller zu berichtigen: S. lOO Z. I /. muse
st. uuise. — S. 101,27 Chevaleries st. Chevaliers. — S. 102,14 cointise st.
cointiste, 21 quesist st. quisist, 28 sa st. la. — S. 104,31 clamoit st. clamait.
— S. 105,30 le st. se. — S. 109,30 .1. st. Si. — S. 110,12 pluz st. plus,
22. lose st. lost. — S. 111,25 Chascunz st. Chanscuns. — S. \\'2.,1\ bourroufle
st. bourufle. — S. 113,6 11 st. si, 16 benus st. venus (cfr. Cleomades 1619),
28 di st. die, 30 moustie st. monstre. — S. 114,5 "^^ ^^- "^^^ — ^- Ii5>i6
princhi>;s st. prinches, 21 quant st. grant, 22-3 pluz st. plus, 25 couuenant
st. couuenent, 27 quel st. quil. ■ — S. II 6, 16 qz^öita st. quosta. — S. II7>4
par st. por und aufserdem eine Reihe fehlerhafter und inkonsequenter Auf-
lösungen von landläufigen Abkürzungen wie -er st. -ier, votre st. \ostre, molt
st. mouh, welches 114,12 in der Hs. ausgeschrieben ist), vus st. vos oder
\ous (wo Keller vous druckt, hat die Hs. vous).
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERClTATE ETC. 46 1
fach mit Girardins Dichtung verwechselt. Ich habe mir 187 1 — 72
aus der florentiner Hs. einige Auszüge gemacht und dabei speziell
die Stellen berücksichtigt, welche die erwähnten Liedercitate ent-
halten. Diese sind wie Prosa geschrieben, und durch freigelassenen
Raum für nicht eingetragene Noten noch kenntlicher gemacht. Ich
habe ihrer 24 konstatiert. Leider erlaubte meine beschränkte Zeit
mir nicht von dem umfangreichen Gedicht eine vollständige Inhalts-
angabe anzufertigen,, die um so wünschenswerter wäre, als eine
Ausgabe doch wohl nicht sobald zu erwarten ist. Auch die beiden
pariser Hss. zu vergleichen fand ich bisher keine Gelegenheit. Ich
werde daher meine Mitteilungen auf die Liedercitate und eine An-
zahl ihnen voraufgehende, sie einleitende Verse beschränken. Bei
Textabschnitt 16, in welchem mehrere Liedercitate enger aufeinander
folgen, ist aber der sie verbindende Text vollständig mitgeteilt,
ebenso in Abschnitt 5, 12 und 17. Im letzten sind auch eine An-
zahl Textverse, welche dem Liedercitate 24 folgen, ausgehoben.
Abschnitt 18 endlich enthält die Schlufsverse des Gedichtes. Die
Liedercitate, welche ich nicht zu identifizieren vermochte, sind:
I, 4, 5, 10, 14, 17, 18, 22, 24 (Motel). No. 6 ist ein Rondel, welches
deutlich an 2 Liedercitate des Roman de Dole anklingt und ebenso
auch an ein solches in Henri d'Andeli's Lai d'Aristote (Vgl. dazu
Augustin in Ausg. und Abh. XLIV 6 f.); ein Rondel ist auch No. 7,
aber Z, i und 7 mufs darin, wie Z. 3 und 5 ergeben, durch Z. 4 ersetzt
werden. Zu den übrigen Citaten bemerke ich folgendes:
No. 2 = Raynaud n^ 565. In unserem Citat fehlt die letzte
Zeile der ausgehobenen ersten Strophe. — No. 3 = Rayn. 2 1 1 8. —
No. 11= Rayn. 87g. Unser Text stimmt näher zu dem von Tarbe
als zu dem von Rochat mitgeteilten. — No. 12 = Rayn. 1073. —
No. 13 == Rayn. 656, noch ungedruckt und sonst nur noch in Hs.
846 in Paris erhalten. — No. 15 = Rayn. 805. — No. lö =
Rayn. 1569. — No. ig = Rayn. 1172. — No. 20 = Rayn. n" 413.
— No. 21= Rayn. 505 noch ungedruckt. — No. 2^ = Rayn. i gg.
Die nachweisbaren Gedichte finden sich also ihrer Gesamtheit
nach in keiner der bekannten Liederhss. Die metrische Ver-
knüpfung der Liedercitate mit dem voraufgehenden Text kenntMi
auch ähnlich die dramatischen Mirakelstücke des 14. Jahrh.
f. 19'' I. Et fine amour qi le tenoit
Atant sem part congie ni prist A cui son euer abandonoit
Chascunz a regarder le prist Por la bele pleisant e sage
Tant comme pluz veoir le porenl A cui il auoit fet honimage
Mais en petit deure ne sorent 15 De fin euer leal sanz fausser
5 Qel part tourna ne quel part lint Si ot adonques I penser
Chascunz a merueille le tint Qui de line amour espris
Tuit cuidoient estre enchante E pour ce quil en ert soupris
Kt Melyacins ot raonte Dist il en chantant haut e der.
Amont en lair vers niiedi i) Tant vit li hom qil vil aniis
10 Vit le lans bei qui lesbaudi Kt laut doit il ioic mener
462
MISCELLEN. I. HANÜSCHRlFrUCHES.
Car li mestiers est si iolis
E lanl em pucl on amender
(Jue nuz ne sc doil consieuncr
f^ui veille auoir honour cl |)ris
El pour ce ai ge mon euer mis
Car a nul plus plaisant mcslier
Ne le sai aillours emploicr.
f. 32b 2.
Deseure son cheual monla
Por la pucele sc quoita
A cui il ert leaus amis
E quant au chemin se fu mis
5 Si li menbra de la pucele
Qui tant ert sauoureux e bele
Et plaine de tres grant plaisance
Dont li uint une souuenance
Dun chant quil sauoit de picea
10 Si qua chanter le commenca
Et dist por lui donner plaisir :
2) Cil qui damours me conseille
Que de li doie partir
Ne set pas qui me resueille
Ne qui sont mi grief souspier
Petit a senz e voisdie
Cil qui me veut ehastoier
Onques nama en sa vie
Cil fet trop niee folie
Qui sentremet du mestier.
f- 33^ 3-
Ce dist que ia iour le presist
Ne qe ia sentente mesist
Quel tresbel cheualier amer
Ja tant ne len sauront blasmer
5 Si ami qe nul autre empraigne
Et si nen sauoit nule ensaigne
Forsque veu lauoit une eure
Et du veoir li courut seure
Amours pour ses tors amender
10 Et pour sa lecon reeorder
Lauoit si matin esueillie
A une fenestre ert saillie
Qui ouuroit dessus .1. vergier
Por soi aucun poi alegier
15 Sapuia a cele fenestre
Ol a destre et a senestre
Ces oysiaus ehanter haut e eler
Va vit le taiis cl bei et cler
Qui moull li list dalegeinenl
20 El pour ce pensa crranmcnl
A (iire I ver dune chaiicon
Dont le chant sauoit et le son
Et dist a clere vois serie :
3) Lors quant je vois le buisson
en verdure
Le bois foilli et la pree flourie
Ai de chanter vouloir qoique
jendure
Car lachoisonz que jen ai est
iolie
Tout autresi
Comme oysel leissent lor cri
Et lor chanter par froidure
Ai ge longuemcnt langui
Em poour dauoir failli
A la grant bonne auenlure
Dont amours me rasseure.
f- 35'' 4-
Lors pensa I pou doucement
Et li auint el pensement
Que dune chaneon li souuint
Ne sai dont volentez li vint
5 Mais hasset dist a vois serie:
4) Esperance damour que iai
Et desir dauoir amie
Me fönt amoureus e gay
Et esperer sans folie
Las biens et la seignourie
Damours par seruir
Ne par raison ne doit faillir
Cil qui ainme sans tricherie.
f- 39<^ 5-
Lors se tut e puis sen ala
Moult souuent samie aeola
Et ele lui molt doucement
Que voulez mais trop lieraent
5 Sen alerent a Sauernon
Ainsi auoit li chastiax non
La ou ses peres demoroit
Qui por son filz de duel moroit
Tant ert por lui en grant mesaise
10 Mais eil ert en ioie et en aise
Et chantoit et se deduisoit
E, STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
46:
Et a Celynde redisoit
Aussi comme par druerie :
5) Acolez moi et beisiez doucement
Ma tresdouce araie
Car ie ne porroie mie
Viure longuement
Sanz la vostre aie
En vostre douce baillie
Mon fin euer present
Maugre felons plains denvie
Vous seruirai de euer entiere-
ment
Car li maus damer me tient
foliement
Meliacins en tel maniere
15 Chantoit a haute vois pleniere
Por samie maint chant nouuel
Et menoit ioie e grant reuel
Et souent samie acoloit
Comme eil qui a rienz naloit
20 Pensant qua ioie e a deduit
Quar le euer auoit touz tans duit
Destre iolis et renuoisiez
Si qua paines mesaaisiez
Fust ia nus en sa compaignie
25 Celynde la bien ensaignie
Amoit merueilles son deport
Qar il estoit de si bon port
Si nes si cortais si gentiex
Quapaines nasqui onques tiex
30 Si biax ne de si bones mours
Et auoec ce leaus amours
Laidoit encore a miex valoir
Et il nauoit euer ne vouloir
De sa volente contredire
35 Ains reprist derechief a dire
A haute vois et clere e saine :
6) Ainsi doit entrer en vile
Qui amours mainne
Qui amours mainne
Cest la jus dessouz loliue
Ainsi doit [entrer] en vile
La fontainne et sourt et serie
Bien alt qui aimme
Bien ait qui aimme
Ainsi doit entrer en vile
Qui amours mainne
, Qui amours mainne.
f. 42c 6.
Communaument ioie menerent
De biax dras dor encortinerent
Les rues et de samis cointes
De cendax et de coutes pointes
5 Et de richeces merueilleuses
Les dames nerent paz oyseuses
De chanter et de faire feste
Chascune ot chapel en sa teste
Por aler plus ioliement
10 Et molt reuindrent noblement
Les bourioises quapres venoient
Quar feste et ioie grant menoient
Et sachiez la procession
I vint a grant devotion
15 Selonc la loy quadont tenoient
Mais selonc la loy se menoient
Molt bei et molt tres dignement
Tres bei et honourableraent
Sen issirent hors de la vile
20 Qua pie qua cheual bien III mile
Por receuoir lor ione dame
Mais cele qui sentoit la flame
Du fu damors qui lespernoit
A trop grant merueille tenoit
25 Que Melyacins faisoit tant
Moult souuent aloit aguetant
Sele point venir le verroit
Trop li sambloit quil demouroit
Si sen prist moult a esmarir
30 Et dist lasse bien doi morir
Quant mes amis en oubli ma :
7) Diex trop demeure quant vendra
Sa demouree mocirra
Bon iour ait hui pour cui le
dis
Diex trop demeure mes amis
Mais il est e gays et iolis
Saurai samour quant lui plaira
Diex trop demeure quant vemlra
Sa demouree mocirra.
MS" 7.
Si tost com Celynde ot oic
La parole si esbahie
Ne fu ainc mais fame nisunc
Criant et maudisanl forlunc
5 Disoit Lasse que dcueurai
464
MISCELI.KN. I. HANDSCHRIFTLICHES.
Ai(u)iui clicüuc (juo fcr;ii
Or sai ie bien ie sui ilccule
Lasse de male eure conculc
Fui trop et de poiour nasqui
10 Lasse or ne sai ie mais a qui
Je puisse dire ma j^reuance
Ma dolour ne ma mesestance
Ainz puis maisliui bien dire ainsi:
8) Je cuidoie auoir ami
Or i, or i, or i or i ai
Or i ai failli.
f. 52I. 8.
Nepourquant ai bien esperance
Que li dien prendront pourueance
De moi e de ma dame ensamble
Et (que) tout vraiement me samble
5 Quencore en aurai mon desir
Et saus diex venoit a plaisir
Que recouurir la me fesissent
Trestout quanque me meffesissent
Lor pardonroie volentiers
10 Et lor seroie amis entiers
De euer et de leal corage
Et si lor en feroie homage
Et ie croi qensi auenra
Et que plus de bien men venra
15 Que ne moustre li apparance
Lors prist I peu de contenance
Et dist com Ie pot bien oyr:
9) Bone auenture auiegne a fol
espoir
Qui les amans fait viure et re-
sioir
Esperance fait languir et douloir
Et mes fox cuers me fait cui-
dier guerir
Sil fust sages il me fesist morir
Pour ce fait bon de la folie
auoir
Ouen trop grant sens voit len
bien mescheoir.
f. 54a 9.
Las au greueus departement
Me regarda si doucement
De ses biax yex en conuoiant
Quele mala tout auoiant
5 Kn ioic et en bone auenture
Dont la vie mest gries et dure
Toutes les fois quil men souuient
Mais quant souffrir Ie me couuicnt
Je soufferrai et atendrai
10 Kl bien et mal en grc prendrai
Tanl qe iaie assoagement
Lors se conforta duremcnt
Quant I poi se fu apensez
Et dist quencore puet assez
15 Auoir et ioie et aleiance
Et pour lui redonner plaisance
Dist en haut et ioliement:
10) Dieus la reuerrai ie ia
La bele au cors gent
Qui tant debonnairement
Au partir me regarda
Ainc puis mes cuers noublia
Son tres dous acointement
Et se ie ni sui souuent
Sest tous iours mes pensers la
Car doucement naure ma
La bele qui mon euer a.
f. 57a 10.
Un iour par une matinee
Sen fu entres en I vergier
Vit Ie douz tans assoager
Et ces oiseillons qui chantoienl
Qui durement Ie rehaitoienl
5 Et donoient esbatement
Lors se conforta durement
Et dist adont ceste chancon:
11) Je na[i] loisir dassez penser
Et si ne faz se penser non
Car tant mi piaist a recorder
La biaute le sens et Ie non
De cele qui ma en prison
Que se gi pensoie
Tant com ie viuroie
Nuit et iour
Le quart de valour
Qelle a ne diroie.
f. 73b II.
Se iai ne griete ne mesaise
Ne anui en la demourance
Ne men chaut car la penitance
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
465
Voeil bien en atendant soufrir
5 Et mon cors a traual offrir
En veillier et en geuner
De moi longuement maumener
Ne me chaut que ie vous truisse
Mais adont niert nus qui me puisse
10 De^'vostre gent cors , departir
Adont se prist a auertir
Dun ver dun chant quil sot assez
Si dist et mas et trespensez
Si bas que nus nel entendi :
12) Desconforte et de ioie parti
Me fait chanter volentez desir-
riere
Ne pour ioie ne chant ne pour
merci
Camour est trop de greuer cou-
stumiere
Les otroies de euer leal a li
Je ne di pas que ie men plaigne si
Car nule riens autant ne ma-
beli
Com li trauaus et la longue
proiere
Mais failli ai a ma ioie pre-
miere.
f. 80a 12.
Tant se donoit il daleiance
De remirer la remembrance
De la grant biaute de samie
Et dist bien con nen porroit mie
5 La disme partie retraire
Molt samast cele part atraire
La ou il trouuer la cuidast
Et pensoit que molt li aidast
Si la trouuast ou que ce fust
10 Se euer nauoit plus dur que fust
Lors sauroit quil en deuroit faire
Car ne pensoit pour riens mesfaire
Se paust samie nul iour
Tant fust a aise na seiour
15 Et pour ce dist il quil ira
Cercher tant quil la trouuera
Si sera lors hors de soussi
Lors se prist a conforter si
Com sil neust mal ne torment
20 Et dist moult sauoureuscment
Zoitächr. f. rom. Phil. X.
I chant quil sauoit de pieca
Mais der et haut Ie commenca
Et dist par moult grande sauour:
13) Je sui espris doucement
Dune si treshaute amour
Que qui sauroit ou ie tent
II [Ie] tendroit a folour
Mais ie praing euer et vigour
Dun tres dous penser
Qui me vient de remirer
La tresbelle en cui baillie
Bone amours me fist vouer
Et creanter feaute toute ma vie.
Quant Melyacins ot chante
Liez et de gaye volente
Par dessouz une ente sassist
Li tans fu biax qui molt li sist
Et eil oysel qui der chantoient
Qui par ces arbrissiax estoient
30 Et menoient trop grant deduit
Et eil qui Ie euer auoit duit
Et de noblece et de soulas
Nestoit pas de Iour chanter las
Ainz li plaisoit molt doucement
35 Et pour ce reprist hautement
A chanter et dist ce mest vis:
14) La douce verdure
Et li roussignoux iolis
Et la noureture
Damours dont ie sui nourris
Me fönt chanter comme amis
En esperant
Merci que tant
Vois desirrant
Honnour et bonne auenture
Et ioie grant
Ait la douce creature
Pour qui ie chant.
f. 82b 13.
De chanter ai poure talent
Le euer ai si vain et si lent
Que petit me sai auiser
Nepourquant ne quier refuser
5 Chose nule que vos voeilliez
Ainz sui pres et aparcilliez
De f;\ire tout vostre plaisir
Et puisquc vous auez desir
30
466
MISCELLEN. I. HANDSCHRIFTLICHES.
Doyr des chansons que ie sai
10 Encor me metrai al essai
De chanter quel talent que aie
Quar la chose qui trop ilelaic
Pert la moitie de sa grace(!)
Pour ce ne quier tans ne espasse
15 De chanter puis que lai empris
Lors rcfu si de penser pris
Qua paines pot I mot parier
Puis relaissa sa vois aler
Et dist a simple contenancc:
15) Puis quil mestuet de ma dolour
chanter
Et en chantant dire ma meses-
tance
On ne doit pas ma chanson
deniander
Quil i ait envoiseure
Ainz chant selonc lauenture
Si com eil qui merci ne puet
trouuer
Et qui en soi na mais point
de fiance.
f. 98l> 14.
Melyacins qi moult vousist
Fere grant part de leur vouloir
Li dist suer bele en nonchaloir
Ne qier metre vostre proiere
5 Ancois orrois toute premiere
I chant conques mais ne chantai
Quar na gueres que le ditai
Mais tout ainsi ma voulu plaire
Quar damours en tieng lexam-
plaire
10 Dont ia iour niere recreus
Ainz mi croi et tant sui creus
Que son vouloir ferai touz dis
Et ferai et chancons et dis
Por cele que iaim leaument
15 Lors commenca moult hautement
Et dist et ne li chaut qui loie :
1 6) Bone amours ma en [son] seruice
mis
Si est bien drois que pluz iolis
. en soie
Et pour ce mest de chanter
talens pris
Queslecchicr pluz bei ne mi
saroie
()r proi celi a tui mes cuers
sotroie
De ce que Iaim ne me votille
blasmer
Car pour trauail ne pour paine
endurer
Niere ie ia de li amer partis.
f. 99b 15.
Pour ce que ie volentiers chant
Pensoie ie ore a I chant
Que iai fait pour ma douce dame
Et bien vous di et iur seur mame
5 Quel chant na point de fausete
Si voeil quant ie laurai chante
Quen dites ce quil vouz serra
Adonques li cuers li serra
De grant tristesse quil auoit
10 Puis redist si comme il sauoit
Ce chant ci qui moult par est
douz :
17) Tant plus sui en lontain pays
Plus sont mi penser amourous
Mes cuers ne sest mie partis
Ma douce dame de vous
Certes ainz lauez
Ja nen sert ostez
Pour allongement
Ne pour grief tourment
Camours me face sentir
Se ie Iaim ne men blasmez mie
Car ie ne men puis tenir.
f. 148a 16.
Je vous di bien tant sui soupris
De ceste feme et tant la pris
Conques namai tant feme nee
Mais ne pot estre onques menee
5 A ce quele amer me vousist
Ne qelle semblant en feist
Si ne sai mestres que ien die
Ne pourquant por sa maladie
La doi par reison escuser
10 Quar point ne se set auiser
Que doie faire ne leissier
Pour quoi ne men quier courroucier
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
467
Mais tant femme nama mais nus
Et se vous ne fussiez venuz
15 Je fusse mors sanz recouurer
Mais bien v'oi que par tanz liurer
La me porrez haitiee et saine
Si ne mec mie moult grant paine
En chanter ne en fere ioie
20 Car bien voeil que len sache et
oie
Que ie laim si outreement
Que voiant vous prochainement
A ioie a moillier la prendrai
Et ma raison li aprendrai
25 Et se ie la praing a moillier
Ne la quit de rienz auillier
Ainz i conquerra grant honour
Et ie croi nule deshonour
Ne me venra par gentillece
30 Quar ie croi de grande hautece
Et de grant lieu venue soit
Et se ma honte en acroissoit
Si Ie me couuient il soufFrir
Quar aillours ne me quier offrir
35
Nautre namerai en ma vie
Fors de cele ou me sui donnez
Et par mon vouloir assenez
Si nen quier mon quer departir
40 Ainz li vorrai parmi partir
Tout quanque iai terre et^auoir
Ou soit ou folie ou sauoir
Pour nullui ne men soufferrai
Pour li et chanz et vers ferai
45 Tant einsi com ie Iai empris
Ni me chaut se ien sui repris
Quar ne Ie quier fere autrement
Lors dist der et ioliement
Aussi com dune vois serie :
18) I.
Jai mis si amoureusement
Mon euer en dame jolie
Quen bon ioliement (!)
Mi otroi sanz tricherie
Mes tant mi detrie
Mercis que moult en sui douliex
Car par Ie regart de ses yex
Dont sui pris amoureusement
Aim plus haut que droit ne
maprent
Si craing que nen soit frie(!)
II.
Ne pourquant se iaim haute-
ment
Point ne quit faire folie
Car ie laim si tres leaument
Que ne croiroie mie(!)
Que daucune aie
Ne men fist en aucun tans miex
Mais tant i est grans li perieus
Que poour men met en tour-
ment
Car eil qui malades se sent
De poi sesmaie a Ie fie
III.
Mais de tant ai alegement
Et de confort grant partie
Que recort menu et souent
La tresgrande seignourie
Dont ele est garnie
De faire tous biens en touz
Hex
Si grant beaute mist en li dieus
Que tous ses gens cors en res-
plent
Et de si bei ramembrenient
Rest ma dolour amenrie
IV.
Et pour ce que si richement
Espoir a auoir amie
Me tient li maus tant douce-
ment
Que plaisanz mest la haschie
Nonques en ma vie
Ne sui I seul iour volentieus
Que ses secours me fust hastieus
Pour deceuoir son bei cors
genl
Mes si com bone amours ma-
prent
Laim et scrf et ai scruie
V.
Dame tout aussi vraiemcut
Quainc ni pensai vilonnio
30*
468
MISCELLEN. 1. HANnSCHKlITLICHES.
Ne truisse ie vo secours lent
Ne vostre grant courtoisie
De vostre baillie
Ne seroie pour rieiu esquieus
Et se vos gens cors mest fai-
di^us
Amours mesfera cruelmenl
Ne ie ne men plaing aulrcmcnl
Car ni claing auoerie.
VI.
Chancon va si prie
La bele ou tant sui ententieus
Sil li piaist trop ne soit tar-
dieus
Li gucrredons que dame rent
Son anii quant pities lenprent
Et amours la mesnie (!).
50 Quant li dus ot son chant iin(i)e
Melyacin arraisone
A maintenant e li dist maistres
Vos samble il que ie soie paistres
De chanconz ne fere ne dire
55 Pour tant quamours me gardasl
dire
Bien men cuideroie passer
Mais ore vous voeil apenser
Por quoi iai fait tele chancon
Bien vous di que grant souspecon
60 Ai eu que la bele sade
Ne soit pour mal de moi malade
Pour ce que la vouloie auoir
Quar ie croi et quit bien sauoir
Que ele amoit autre que mi
65 Quar sele neust autre ami
A tout ce quoffert li auoie
Ele se fust pluz tost en voie
Mise de moi donner samour
Et cest trestoute la cremour
70 Que ie ai que sele garist
Quautre fois ne se referist
Por mal de moi en ceste rage
Et ie laim de si bon corage
Que ien cuideroie enragier
75 Por ce ne sai a droit iugier
Se ia i trouerai merci
Et por ce ai fait cest chant ci
Qui est et diuers et sauuages
Kt selonc ce que ie sui sages
80 Vos di ce qua moi apartient
A vous desore en auant tient
Quar ie voeil cun autre chant diles
Et vous pri ne men escondites
Puisque iai fait vostre plaisir
85 Sire dist il ie nai desir
De vo volente contredire
Quar ne vous truis paz de lem-
pire
Ainz vous truis ami et seignor
Sauez commandement grignor
90 Seur moi comme cor endroit sache
Sest bien droit que vo voloir face
Si ferai ce quil vouz plaira
Ne chose ne me desplaira
Que ie sache que vouz voeilliez
95 Ainz sui pres et apareilliez
De faire vostre volente
Et iai en maint paiz este
Ou Ien chante raoult gaiement
Sai daucun chant ramenbrement
100 Et en sai a grande foison
Nepourquant de ceste seison
Ne chantai deste ne dyuer
Mais quil uos piaist un seul ver(!)
Vos en dirai. lors dist ensi :
19) Loiaus desirs et pensee jolie
Et bonne amours qui del tout
mont saisi
Me fönt chanter . nepourquant
nest ce mie
Pour nul deduit de quoi iaie
ioi
Ainz chant sanz pluz en espoir
de merci
Que iatendrai dusqau chief de
ma vie
Et sainz la mort auoie desser-
uie
Joie damours plus iolis en seroie
Et pluz souuent et miex en
chanteroie.
105 Quant Melyancinz ot chante
Si comme amours lauoit donte
Dont la science auoit aprise
Sa chancons fu si en gre prise
Que ce fu une grant merueille
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
469
HO Li duz dist conques la pareille
De voiz ne fu ainc mais oie
La pucele moult esioie
En fu mais samblant neu fist on-
ques
Et li dus sen ala adonques
115 A I cor du vergier esbatre
Auoec III cheualiers ou IUI
Quauoec lui auoit seulement
Et III puceles ensement
Qui la damoisele gardoient
120 Parmi le vergier regardoient
Des flours pour fere chapeles
Cheualiers meschins ne valles
Ni fu pluz que eil que ie di
Ne vns ne autres nentendi
125 A Meliacin na la bele
Ainz gardoit tous seuls la pucele
Quar de lui point ne se doutoient
Et eil auoec le duc estoient
Qui celinde auoient en garde
130 Por ce ne se donerent garde
Tant que Melyacins monta
Qui moult durement se hasta
Et fu ia montez en la sele
Et si auoit la damoisele
135 Seur la Croupe du cheual mise
Et bien liee et bien assise
Si quele ne cheist iamais
Si quele dist que desormais
Nauoit doutance de nului
140 Puisqele estoit auoec celui
Qui de euer lamoit sanz faintise
Et ses amis tout a sa guise
Le cheual a son droit torna
En son paiz sen retorna.
145 Mais auant fist le duc sauoir
De son estre trestout le voir
Dont il ert et quiert venus querre
Et que se li duz en sa terre
Venoit il li feroit honour
150 A lui et a tout le menour
Qui depar lui se clameroit
Et que touziours mais lameroit
Quar trop lauoit bien deserui
La bele et lui auoit serui
155 Si doucement quil len sauoit
Si grant gre comme il pluz deuoil
Et sil venoit en son paiz
II ne seroit mie esbahis
De lui lieement receuoir
160 Et de bien faire son deuoir
Ce seust il tout vraiement
Mes li duz er si durement
Esbahis que mot ne disoit
Rienz que regarder ne faisoit
165 Ceuz qui furent desuz sa teste
Et eil faisoient ioie et feste
De ce que si bien lor ert pris
Se li duz estoit entrepris
Nen estoient paz courroucie
170 Ainz se tenoient embracie
Quar rienz ne cuidoient mes-
prendre
Melyacins au congie prendre
Dist en haut molt ioliement:
20) Li pluisour ont damours chante
Par esfors et desloiaument
Mais de tant me doit sauoir gre
Conques nen chantai faussement
Ma bone fois men a garde
Et lamour dont iai tel plente
Que merueille est quant ie rienz
Neis cele vilaine gent. [he
175 Melyacins son chant fina
Et puis apres sachemina
Si comme il sot vers hermenie
Car grant piece a par la maisnie
Le duc sen estoit auisez
Si comme aucunz sert deuisez
180 De terres et de regions
Mais onques mais ne fu nus hons
Si dolans que li dus deuint
Et dist tiex merueille nauint
Onques mais ne tiex traysons
185 Mort la sanz nisune achoison
La bele qui sen ert alee
Et sa dolour renouelee
Trop durement sen adola
Et en sa chambre sen ala
100 Iries et mas et ahontez
Et dist quil estoit enchantez
Pluz conques mais nuz hom ne fu
Pensiz sassist delez I fu
Et si compaignon que faisoient
195 De lor bouchc 1 mot ne disoient
470
MISCELLEN. I. HANDSCHRIFTLICHES.
Tant par estoient esbahi
Kl Melyacins qui oy
Les oysiaus chanter haut et der
Et vit le tant et bei et der
200 Commc en auril en tel scison
Si dist bele dovicc achoison
Auon mais hui deslre en liece
Quar li dieu par lor grant noblece
Nouz ont de dolour deliure
205 Et de tel ioie recouure
Dont ie croi que liee soiez
Si vous pri que vouz essaiez
A dire un ver dune chancon
Car niaint chant sauez et maint
son
210 Dont hin molt volentiers orroie
Et de euer vous en prieroie
Por tant bele quil vous agree
Quar se de riens vous desagree
Ni aura plus I mot tinte
215 Biax douz amis vo volente
Ce dist la pucele senee
Si ma pieca a ce menee
Que de rienz ne uous quier des-
dire
Lors commenca la bele a dire
220 Ceste chanson de lie voloir:
21) Quant la saisons desiree
Est entree
Quyuers na pooir
Et ie voi par la vert pree
La rousee
Lez la flour paroir
Lors sent main et soir
Un mal qui magree
Con apele desirrer
Si plaissant a endurer
Quil me fait chanter
Qant Celynde ot fine son chant
Comme cele qui trop sachant
Auoit le euer de touz deduis
Melyacins qui restoit duis
225 De chanz et de si fais mestiers
Lescouta mais cert volentiers
Si li dist bele douce amie
Huimais ne doi ie plaindre mie
Les maus que iai pour vous eus
230 Quar ie nen sui paz deceuz
Ainz en sui scur touz honnourez
Amis dist ele vouz direz
Vo vouloir et vostre plaisir
Mais bien vous di plus grant desir
235 Auoie de vous IUI tans
Onques mais pucele son tans
Ne mist en si grande balance
Mais ades auoie esperance
Que li dieu me secoureussent
240 Et quil en oubli ne meussent
Or ont tant fait la leur merci
Quar menee mont dusque ci
Saine et haitiee et envoisie
Ainc tant ne fui mesaeisie
245 Qore ne soie plus ioians
Quar auis mest tous mes ahans
Est finez puis quauoec vous sui
Quar IUI anz a que mais ne fui
En lieu ou ieusse quanui
250 Mais aussi tost uous reconnui
Que vous meustes regardee
Et sainsi ne fusse gardee
Li dieu seuent que fait eusse
Mais tel chose fere peusse
255 Que ce ne fust paz voz proufis
Et sachiez que quanque ien fis
Fis ie tout pour la vostre amour
Bele douce dist il creraour
Nai de rienz que maiez conte
260 Et quant fait mauez tel bonte
Je sui eil qui gre vous en sai
Et qui se metra al essai
De vous rendre en le gerredon
Donner ne vous sai pluz grant
don
265 Que mon euer . mais celui auez
Et se vous bien ne li sauez
Essaier le pourrez par tans
Amis dist la bele doutans
Ne sui de rienz que dit maiez
270 Ja niert mes cuers iour esmaies
Pour tant amis quauoec vouz soie
Et por ce maintenant pensoie
A I chant quorendoit deistes
Je ne sai ou vouz la preistes
275 Mais mie ne me deplaisoit
Et encore sil vous plaisoit
Une fois volentiers lorroie
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERaTATE ETC.
471
Certes dist il trop mesferroie
De rcfuser vostre vouloir
280 Trop me porroit au euer douloir
Mais puis quil vouz piaist vous
lorrez
Celui ou autre si porrez
Prendre celui qui vous serra
Amis ia ne me dessera
285 Dist Celynde rienz qui vouz plaise
Nil nest pas drois quil me desplaise
Et Melyacins sauisa
Dun chant dont il li deuisa
Les mos ainz que le chant desist
290 Pour ce que miex lentendesist
Puis commenca moult gayement
Son chant et der et hautement
Et dist ce mest auis einsi:
22) Quant li tans se rassoage
Quoiseillon par le boschage
Sont ioli
Adont me quiert diretage
Amours son ioli seruage
Que ie li doi pour celi
Qui me tient en vie
Et prie
Que ie chant pour li
Blonde et escheuie
Quant me tenez pour ami
Ne moubliez mie
Amie
Rienz tanl ne vous pri.
f. i6id 17-
Biax sire que pensez vous taut
Ne couuient pas que vous dou-
tanl
Vous ailliez de rienz qui vous
plaise
Por tant que ien puisse auoir
laise
5 Quar il nest riens que vous vo-
eilliez
Dont ie ne soie appareilliez
A faire vo commandement
Ce sachiez vous certainement
Mais chantez e vous deduisiez
10 Et sun de voz chanz nous desiez
Molt uolentiers lescouteriemes
Et des nostres vous rediriemes
Ouar des chans sauons et des
sons
Et sil vous piaist qe ma chancons
15 Soit dite auant ie la dirai
Sire ia ne vous desdirai
Dist Pyrabiax or commenciez
Mais ne voeil que vous men sa-
chiez
Maugre se ie chant laidement
20 Quar nel ai use longuement
Mais ien ferai ce que ien sai
Et men vorrai metre al essai
Tout si com fine amour maprent
Qui en son seruice me prent
25 Et fera tant com ie viurai
Et vers li quanque deurai(!)
Referai desore en auant
Celynde qui fu pardeuant
Sen rist quar trop bien connoisoit
30 Quiex maladie lapressoit
Si firent teles en i ot
Mais Gloriande un tout seul mot
Ne dist tant estoit esbahie
Quar parole auoit bien oye
35 De son frere que eil lamoit
Sen ert honteuse et se eremoit
Com non pallast en vilonnie
Et que li rois et sa maisnie
Ne pallaissent en mal de li
Nepourquant moult li abeli
De ce qe li rois lamoit tant
Quar de ce ne saloit doutant
Quele ne fust bien assenee
Comme royne coronee
45 De serre e de trestout lempire
Si ne sen tenoit mie a pire
Ainz sen tenoit a honnouree
Ne samblant qele fust iree
Nen fist onques ainz sauisoit
50 A soi meisnies et disoit
Quele ne seroit mie sage
De resfuser tel mariage
Trop ert li rois de grant poissance
Et molt a et senz et vaillance
55 Qui tant est donour renommez
Et sert molt de son frere amez
Qui niic ne li desplaisoil
472
MISCELLEN. I. HANDSCHRIFTLICHES.
Si dist bien que molt li plaisoit
La chose mais quau roy pleust
60 Et vousist ia prise leust
Sanz respit ])rLiulr'.' ne asioigne
Mais samblant niil pour la ver-
goignc
Ncn faisoit de nisune chose
Ainz tenoit un cliapel de rose
65 yuele flairoit par mignotise
Et eil qui lamoit sanz faintise
Sestoit deiouste li assiz
De s(on) amour mornes et pensiz
Et lesgardoit tout en tremblant
70 Nepourquant au mainz de sam-
blant
Quil pooit onques en faisoit
Et sur Melyacin musoit
Qui comenciee ot sa chancon
Et chantoit haut et a der son
75 Pour Pyrabel doner plaisance
Quar ne vouloit pas sa greuance
Por ce dist com eil qui ert gais:
23) Aymans fins et verays
Se li mons ert vostre en pais
Nai ie poour ne doutanee
Que daussi bone voeillanee
Vous aint nus autres iamais
Mais par faute de merci
Mi sont a bien pres failli
Confort et bone esperance
Or sil uous piaist miert merci
Ce que iai lonc tans serui.
Melyacins son chänt fina
Et Pyrabel arraisona
80 Et li dist sire que vous samble
Ne sommes nous mieus ni en-
samble
Questre lasuz sanz fere pluz
En vous est huimais li seurpluz
De la couenance quauez
Comme vous meismes sauez
85 Pyrabiaus dist puisquil vous piaist
Biax sire point ne me desplaist
Et si ne voeil estre menterres
Bien sai ie sui mauuais chanterres
Mais puisquil a plaisir vous vient
90 Et a fere Ie me conuient
Ja de ce ne mescondirai
Mais cun motet ne vous dirai
Lors dist a haute vois serie :
24) Onques mais namai
A iour dcmauic
Mais orc ai amor iolie
Qui mon euer tient gay
Ainc mais ni pensai
He dieus bonne estrine
Du bien dont ie mauisai
Mais en ma dame trouuai
Un si douz couuine
Que mon euer de sa seisine
Iour ne partirai
Ains la seruirai
De bone amour fme
Quant eoumencie ai.
(^uant Melyacins ot oi
95 Pyrabel molt sen esioi
Car a son gret trop bien chantoit
Et dist que sa vois hantoit (!)
Einsi com len la doit hanter
Que nuz ne porroit miex chanter
100 Ne pluz tresagreablement
Dont vint I vallet erranment
Qui dist sire li rois vous mande
Et bien tost venir vous commande
Quar a faire lestuet einsi
105 Li rois de perse si vient ci
Et mains vassauz nobles et gens
Et si i vienent autres gens
Cil qui voz suers iurees ont
Lassuz auoec vo pere sont
HO Et li ont dites ces nouueles
Et redient que II puceles
Vienent que vouz bien connoissiez
Quar se vous tous seuls ne fussiez
On nous dist quelles fussent arses
115 Et lor ehars en cendres esparses
Mais eles sont ce eroi lassuz
Dont sailli Melyacins suz
Que si grant ioie not aincmais
Lasse dist celynde iamais
120 Ne cuidai mon pere veoir
Or uoi ie bien que pourveoir
Me voelent li dieu et amer
Ne les doi mais mesaasraer
Quant si grant cortoisie ont fete
125 A fame qui tant sest mesfete
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
473
Moult mont moustree amour tres-
fine
Lasse si ne sui ie paz digne
Que mes peres maint por rienz nee
Quar uers lui me sui malmenee
130 Tant que hair me doit par droit
Et neporquant a orendroit
Nen deuroit estre courrouciez
Quar de rienz nen est abaissiez
Si le me doit miex pardonner
135 Quar il ue me peust doner
En Heu ou tant fusse bien mise
Et se ne men fusse pourquise
Ni auenisse de cest an
Si nen plaing mie mon ahan
140 Comment quauenu puis me soit
Celynde tout ensi pensoit
Qui molt se sentoit entreprise
Gloriande par la main prise
Auoit . et li dist suer alons
145 Li cheminz me samble molt Ions
Tant que iaie veu mon pere
Puis quil li piaist qua li mapere
Dont prist Melyacins Melyde
Et Pyrabiax radestra yde
150 Qu'il amoit moult pour sa serour
Melyacins ot grant tenrour
Et grant pitie de ses amis
Qui en tel trauail serent mis
Por lui querre et en tel mesaise
155 Quar bien set petit orent aise
Comme a passer les diuers paz
Si dist bien com ne porroit paz
Desseruir si grant guerredon
Dont sen puierent de randon
160 Lassuz el chastel tout de piain
Leanz virent de gent tout piain
Qui de euer contreaus se leuerent
Quar le roy de perse trouerent
En lor chemin et les II sages
165 Qui en maintes terres sauuages
Lauoient et quis et cerchie
La ot adonques embracie
Et beisie (et) souuent et menu
Ni ot ne ione ne chenu
170 Ne plourast a cele assamblee
Mais la ioie refu doublec
Quant li quens Harduins vint la
Se Melyacins lacola
Ce ne fait paz a demander
175 Et dist seur lui puet Commander
Quar sa volentez sera faite
Celynde se senti mesfaite
Enuers son pere a son auis
Si nel osa enmi le uis
180 Mie bien de piain regarder
Ainz se prenoit a vergonder
De ce quele einsi sert menee
Et li rois qel mowt chose nee
Ne peust auoir si treschiere
Li baisoit sa tresbele chiere
185 Dont ne se pooit saouler
Et de baisier et dacoler
Estoit leanz la feste grande
Adont vint la bele Oriande
190 Et sauille de iouste li
Sa melyacin abeli
Ce ne deuroit dem.ander nuz
Quar leanz nestoit nuz venuz
Cui compaignie tant amast
195 Nen cui amour si grant clamast
Et pour ce les courut baisier
Quar ancois sen volt aaisier
Que de lui fussent esloigniees
Et celes qui bien enseigniees
200 Estoient vinrent vers lor dame
Por qui orent eu maint blasme
Sanz ce quainc ne le desseruirent
Et si tost comme eles le virent
Par deuant li sagenoillierent
205 Lor biax vis de lermes moillierent
Qui de lor biax vis degoutoient
Si tresesbahies estoient
Conques mot ne len sona nule
Et cele qui paz nert entule
210 Tout maintenant les redrecha
Et doucement les embracha
Et les baisa et conioi
Si durement sen esioi
Quele en (p)ert pour fole tenue
215 Et dist picea ne vit venue
Sanz son pere tant li pleust
Ne dont si grande ioie eust
Li duz de galisse reuint
A cui feste fere couuint
220 Et Melyacins Ic recul
474
MISCELLEN. I. HANDSCHRII TLICHES,
Si bei pour ce quil lot dccul
Quc li duz se tint apaiez
Et refu trestouz apaiez
Del anui qil li auoit fct
224 Et li pcrdona le mesfet
Nybiens fist ses lables mctre
A ses dansiaus qui entremetre
Se sauoient de tel mestier
De tüul quanquil lor fu mestier
230 ürent asez et a foison.
f. lyo" 18.
Et puis quant il se rapensoit
A peu que de son senz nissoit
Tant estoit errant bestornez
Et puis quant il se rert tornez
5 Si rauoit autre apensement
Et chantoit der et hautement
Et aussi quil se confortoit
Aussi tost se desconfortoit
Et prenoit autre auisement
10 Et se donoit dolousement
Et menoit vie si trespesme
Que nuz hom ni peust metre esme
Tant auoit duel et desconfort
Puis lor conta le grant confort
15 Que des puceles receuoit
Par quoi aucun remede auoit
Destre hors de desesperance
Et rauoit aucune esperance
De ratemprer aucun poi sire
20 Li rois de perse prist a rire
Quant il loy parier einsi
Et li autre tout autressi
Neis Celynde en rist assez
Pyrabiax dist ia ne pensez
25 Que nuz qui bien leaument aime
Et amours son haussage i claimme
Quele ait puis seur son cors pooir
Et ele auoit pris pour son hoir
Melyacin si lesprouua
30 Et pour ce quele li trouua
Leal a son commandement
Li a rendu son paiement
Et changie sa uie diuerse
Adonques rist li rois de perse
35 Et li autre tout environ
En tel maniere li baron
Se iuoient et deduisoicnt
Et par la terre saaisoicnt
Et tuit erent a I acort
40 Sanz auüir ire nc descort
Chascunz bone vie mena
Et Melyacins en mena
Gloriande sa suer enserre
Mais sachiez conques en la terra
45 Not si grant feste a nisun iour
Melyacins a grant seiour
I fu et puis sen departi
A poi que li cuers ne parti
A sa suer a la departie
Pyrabiax une grant partie
50 De sa terre le convoia
Melyacins le renvoia
Ne le leissa auant aler
Cil courrut Celynde acoler
55 Et ele aussi le racola
Melyacins adont ala
En Perse ou petit arrestut
VIII iours auoec le roy estut
Puis sen retorna vers son pere
60 Harduins quauoeques lui ere
Et li bons rois antyocus
Auoec euls bien CC escus
Li tindrent compaignie adonques
Si quen la voie norent onques
65 Anui ne mal ne vilonie
Ainz sen vindrent en hermenie
Ou tuit moult desirre estoient
Ouar eil du pais se doutoient
Quil neussent anui eu
70 Mais quant le voir orent seu
Si furent pluz lie que deuant
Harduins des lors enauant
Auoeques le roy demoura
Et melyacins lonnoura
75 Et li quens bien le reserui
Et li rois bien le desserui
Quar si bien le guerredonna
Que touz ses enfanz assena
En granz liex et en granz linages
En granz fiez et en granz hom-
mages
En granz auoirs en granz amis
Et quant il les ot si bien mis
Les freres ne roublia point
E. STENGEL, DIE AFRZ. LIEDERCITATE ETC.
475
Ainz les mist tous en si grant
point
85 Quil not si riches en la terre
Ne si poissanz de fere guerre
Li quens rauoit ce quil uouloit
Sauille point ne se douloit
Qui a sa uolente ert mise
90 Antiocus si grant franchise
El roy Melyacin trouua
Et uers lui si bien se prouua
Conques nama tant hemme ne
II furent ambedui sene
95 Si furent en auant tout un
Dont grant envie orent aucun
Celynde restoit a grant aise
Qe li souuenoit de mesaise
Quele eust onques a nul tans
100 Quar ses amis lamoit II tans
Quil ne fist au commencement
Et ele lui tout ensement
Pourquoi trop pluz aise vesquirent
■ Ne sai V filz ou VI conquirent
105 Qui retindrent la terre apres
Nubiens remoru de pres
Qui molt estoit de grant aage
Mais rois de pluz gentil corage
Ne pluz large onques ne nasqui
110 Par sa grant sargece uainqui
Touz ses voisinz et defoula
De sa mort sa genz sadola
Et Melyacins plus que nus
Mais nest ne iones ne chenus
115 Ne conuiegne morir aussi
Sen doit on auoir mains soussi
Et passer plus legierement
Melyacins molt longuement
Regna en grant bone auenture
120 En maintenant tous iors droiture
Et en ses amis auanchier
Si homme lauoient tant chier
Que rienz el mont namoient tant
Mais ne lor aloit paz gastant
125 La leur comme maint autre fönt
En cui touz li biens du mont
sont
Que nuz nen a ne preu ne aise
De ceste richoise mauuaise
Se gardoil bien Melyacins
130 Cheualiers danzeles meschins
Et toute autre gent maintenoit
Se poure erent il leur donnoit
Et donnoit a chascun cheuance
Et li haut home de uaillance
135 Si reprenoient garde a lui
Si quel paiz nauoit celui
Quessample neust de bien fere
Et saucunz se vousist mesfere
Li autre le courussent seure
140 Si ni auoit ame a cele eure
Qui quil fust qi honnour na-
mast
Ni qui feist com le blamast
Et li rois pour ce les amoit
Qui touz mauues mesaasmoit
145 Et chacoit de sa compaignie
Sa court nestoit paz mehaignie
Quar ni auoit ne flateour
Ne mesdisant ne robeour
Ne homme nul de tel mestier
150 De euer leal net et entier
Sanz penser a nul vilain vice
Estoient tuit eil quel seruice
Le roy melyacin estoient
Et pour ce que honte doutoient
155 Se gardoient de deshonnour
Et vouloient viure a honour
Et metre lor usage en bien
Et li rois qui le sauoit bien
Selonc ce que chascunz valoit
160 Pluz de bien faisant lor aloit
Et pluz les essaucoit assez
Si ne fust iamais nuz lassez
Dun si trespreudome seruir
Nuz ne se cuidoit asseruir
165 Ainz en auoient ioie grant
Si ni auoit petit ne grant
Qui son cors pour lui ne mesist
Sil cuidast que Ion locesist
Sen ert li rois trop pluz doutez
170 Quar chastiax uiles ni citez
Ne paiz ou ses gens alaissent
Contre sa force ne duraissent
Quil nen feist sa uolente
Et pour ce auoit grant poeste
175 En mainte autre terre diuerse
I poi apres (si) fu rois de perse
476
MISCELLEN. I. HANDSCHRIFTLICHES.
Et fn pluz richcs que nuz lions
Mais ainc pour cc sententions
Nc fu (|uorf;uex le soupresist
i8o Ne une chose cntrcpresist
De quoi on le peust blasmer
Ainz se fist douler et amer
Et regna en grande poissance
En ioie et en grant honnerance
185 Mais largece tous iours retint
Trestout son viuant la maintint
Tant que du siecle defina
Gerardins damienz qui plus na
Ol de cest conte tetraire
190 Ni veult paz menconges atraire
Ne chose dont il fust repris
Ensi quil a le conte apris
La rime au miex quil sauoit
Et samender rienz i auoit
195 II ni faut que le Commander
Quar pou est chose ou amender
Ne pulst on et miex fere enquore
Mais ie men soufferai aore
Tant que du conte pluz apraigne
200 Quar ne voeil paz que ic mes-
praigne
Vers ccle dont li contes vint
Et sachiez tout einsi auint
(Jue ie vous ai dit et conte
Et on set bien de verite
205 Que Virgile et maint autre sage
Firent mainte chose sauuage
Et dueures assez pluz soutilles
Que du cheual et des cheuilles
Dont ie vous ai le conte fait
210 Et qui ne voelt croire le fait
Je nen puis autre chose fere
Quar penser a I autre afere
Mestuet que ie ne puis desdire
Mais dieu pri quil gart touz ceuls
dire
215 Qui de bon euer lescouteront
Et qui escrire le feront.
Amen.
Explicit li contes du cheual de fust.
E. Stengel.
2. Die weinende Hündin.
Auf Text samt Übersetzung des Pamphilus, welche die Blätter
ii4r — ijör der zum grofsen Teile durch mich zum Abdruck ge-
brachten Berliner (Hamilton, Saibante) Handschrift einnehmen, hat
man nachfolgende lateinische Fassung einer weit verbreiteten Ge-
schichte folgen lassen, die gleich dem Pamphilus ein Beispiel davon
giebt, wie trügerisches Zureden einer alten Kupplerin weibliche
Züchtigkeit zu Falle bringen mag. Die Geschichte ist hier nicht
wie in den arabischen Sieben Vezieren (Scotts Übersetzung steht
jetzt auch in The Book of Sindibäd, from the Persian and Arabic.
With Introduction, Notes and Appendix bei W. A. Clouston, Glas-
gow 1884, S. 162, dazu Anmerkung S. 244), im hebräischen San-
dabar (das Buch von den sieben weisen Meistern aus dem Hebräi-
schen und Griechischen übersetzt von Heinrich Sengelmann, Halle
1842, S. 47), im griechischen Syntipas (Fabulae romanenses graece
conscriptae ex recensione Alfredi Eberhard, Vol. prius, Lipsiae 1872,
S. 3g), im syrischen Sindban, der mir augenblicklich nicht vorliegt,
im spanischen Libro de los engaiios (Ricerche intorno al Libro
di Sindibäd per Domenico Comparetti, Milano 1868, S. 44) zusammen
geschweifst mit der keinesfalls ursprünglich zugehörigen vom Zu-
sammentreffen der Gatten auf den Wegen des Ehebruchs,
die im persischen Gedichte Sindibäd (Falconers Auszug jetzt auch
A. TOBLER, DIE WEINENDE HÜNDIN, 47/
bei Clouston a. a. O. S. 58, dazu Anmerkung S. 241) und im per-
sischen Nachshebi (Tezas Übersetzung von Brockhaus' Übersetzung
in II Libro dei sette Savj di Roma, Pisa 1864 S. LVll) noch un-
verbunden mit jener auftritt, sondern erscheint hier noch ebenso
frei von der recht wenig passend dazu gefügten Fortsetzung wie
im persischen Gedichte Sindibad, wo sie an späterer Stelle auftritt
als die vom Zusammentreffen (Auszug bei Clouston S, 61, dazu
Anmerkung S. 244), wie in der Disciplina clericalis des Petrus Al-
fonsus (Ausgabe von Schmidt, Berlin 1827, Kap. XIV S. 51; in der
Ausgabe von Labouderie, Paris 1824, Fab. XI S. 74; dazu die zwei
altfranzösischen Übersetzungen: bei Barbazan und Meon II 92 und
im Chastoiement, Paris 1824, S. 63), wie in den unverkennbar auf
die Disciplina zurückgehenden Gesta Romanorum (Ausgabe von
H. Österley, Berlin 1872, Kap. 28 S. 325), wie in der dreizehnten Ge-
schichte der von Th. Wright zusammengestellten Selection of latin
stories (London 1842, S. 16), und wie in der indischen Fassung, die
man im Auszuge bei Loiseleur, Essai sur les Fables indiennes, Paris
1838, S. 107 Anmerkung und bei Clouston S. 244 findet, und die
deswegen hier zuletzt genannt wird, weil sie von den übrigen ab-
weichend die böse List der Alten ohne Erfolg bleiben läfst und
weil sie am Ende in den Angaben über die Bestrafung der Schul-
digen wieder Fremdartiges anzufügen scheint, das früher für sich
allein bestanden haben wird.
Ohne auf eine Vergleichung der sämtUchen Fassungen einzugehen,
will ich doch auf einige bemerkenswerte Unterschiede zwischen den
zuletzt genannten hinweisen, denjenigen, die die Erzählung nicht
verbunden mit jener andern geben. Im persischen Sindibad gilt
es die Verführung einer Jungfrau, die ein Jüngling an ihrem ver-
gitterten Fenster erblickt hat. Die Alte, deren Dienste er in An-
spruch nimmt, geht verkleidet zu der Dame, nachdem sie ein
erstes Mal vergeblich sich bemüht hat. Die Hündin, die durch
stark gewürztes Futter zum Weinen gebracht wird, gehört der Jung-
frau selbst. Durch wen die Verwandlung bewirkt sein soll, wird
nicht gesagt. — In der Disciplina clericalis ist das Opfer der
Lüge die keusche Gattin eines orationis studio d. h. wohl auf einer
Wallfahrt abwesenden Edelmannes. Sie ist von dem Jüngling er-
blickt worden, da sie von einem notwendigen Besuche bei einer
Nachbarin zurückkehrte. Er sendet vergeblich Botschaften an sie,
irrt liebeskrank herum (wobei er, wie die französischen Übersetzer
nicht unpassend hinzufügen, mit der Spröden wiederholt zusammen-
trifft, nach dem einen sogar seinen Gefühlen Ausdruck giebt), wird
von einer Alten in Ordenstracht nach der Ursache seines Leidens
gefragt, die er ihr auf wiederholtes Drängen auch angiebt. Die
Hündin, die der Alten angehört, wird durch Hunger dazu gebracht
das Senfbrod zu fressen, und, da ihre Augen zu thränen beginnen,
in das Haus der keuschen Frau mitgenommen, die kein Bedenken
trägt die fromm aussehende .\lte in ihr Haus einzulassen. Diese
erzählt, die Hündin sei ihre eigene keusche Tochter; der von der-
478 MISCELLEN. I. IIANOSCHKIKTLICUES.
selben ohne Wissen der Mutter zurückgewiesene Liebhaber sei vor
Gram erkrankt, die Tochter aber zur Strafe der Harte so ver-
wandelt worden (die Übersetz(;r sagen, durch (iott). Die keusche
Frau mufs sich gleicher Schuld zeihen, weifs auch (woher, ist in
den Übersetzungen versläiidlich), dafs der Abgewiesene krank ist,
und fürchtet gleiche Bestrafung. Darauf holt die Alte den Jüng-
ling herbei. (Der Übersetzer des Chastoiement giebt breite Aus-
führungen, in denen die Kenntnis von höfischen Liebesgeschichten
zu Tage tritt). — Die Gesta Romanorum erlauben sich fast keine
Abweichungen : Zu der Begegnung zwischen der keuschen Frau
und dem Jüngling kommt es bei der Rückkehr der erstem von
einer bei einer Nachbarin eingenommenen Mahlzeit ; von Ordens-
tracht der Kupplerin ist nicht die Rede, sondern blofs vom Rufe
der Frömmigkeit, in dem sie gestanden habe; die Verwandlung in
eine Hündin wird als göttliche Strafe hingestellt. — In der P>-
zählung bei Wright rät eine Alte, die vergebliche Versuche gemacht
hat eine Frau {rnatrond) einem Jüngling zu gewinnen, diesem sich
krank zu stellen und der Spröden zu wissen zu thun, ei sei es
aus Liebe zu ihr. Darauf geht sie mit der zum Weinen gebrachten
Hündin zu der Frau und sagt derselben auf ihr Befragen, es sei
dieselbe eine Frau (von der eigenen Tochter ist keine Rede), die
durch einen in verschmähter Liebe sterbenden Jüngling so ver-
wandelt worden sei, was Gott zugegeben habe. — In der indischen
Erzählung, wo der Versuch der Verführung mifslingt und bestraft
wird, ist die Alte eine Buddhistische Priesterin, die für vier junge
Kaufleute die Gattin eines Kaufmannes zu bereden sucht. Bei
ihrem ersten Besuch wehrt ihr eine an der Thür der Kaufraanns-
frau angekettete Hündin den Eintritt, so dafs eine Magd sie hin-
eingeleiten mufs. Beim zweiten Besuch bringt sie das Tier in der
Weise, wie es in den übrigen Fassungen geschieht, zum Weinen,
das sie darauf erklärt : sie selbst und die jetzt in eine Hündin Ver-
wandelte seien in einem früheren Leben Gattinnen des nämlichen
Mannes gewesen, in dessen Abwesenheit sie selbst, wie es höchste
Pflicht sei, im Verkehr mit andern Männern ihrer Natur und ihren
Sinnen Genüge gethan habe, während jene in ihrer Verblendung
ihre Würde zu wahren bedacht gewesen sei ; dafür sei ihr selbst
denn bei einer zweiten Geburt wieder menschliche Gestalt verliehen
worden, ihrer Genossin aber Hundesnatur mit Erinnerung an ihr
einstiges menschliches Wesen.
Unser Text redet von einem Gatten der zu Verführenden
nicht, die einfach als domina bezeichnet wird und wohl unvermählt
zu denken ist, beginnt auch gleich mit den vergeblichen Bemühungen
des Jünglings durch Bitten oder Geld zum Ziele zu gelangen. Die
Alte mufs wie in der Disc. der. in ihn dringen um die Ursache
seines verzehrenden Grames zu erfahren. Er verspricht, sie zur
Herrhi über sich und seine Habe zu machen, wenn sie ihm helfe,
wie sie sich getraut es zu können. Mit ihrer Hündin im Busen,
der aber hier das Weinen erspart bleibt, begiebt sie sich zu
A. TOBLER, DIE WEINENDE HÜNDIN. 479
der Dame, setzt das hübsche Tierchen im Verlaufe des Gespräches
auf den Schofs, wird gefragt, woher sie es habe, und giebt auf
dringendes Bitten die Auskunft, es sei ihre Tochter, die ein von
ihr verschmähter Jüngling, bevor der Gram ihn getötet, durch
seine Künste also verwandelt habe. Die Dame gesteht, sie habe
den und den Jüngling mit grofser Härte behandelt und fürchte
gleiche Rache. In dieser Besorgnis bestärkt die Alte sie und er-
innert daran, der Jüngling sei ein gelehrter, kundiger Mann
{Scolaris), von dem man solcher Dinge wohl gewärtig sein dürfe.
Sie geht darauf zu dem Jüngling und heifst ihn durch ein
Weib der Geliebten entbieten, wenn sie ihm nicht zu
Willen sei, werde er mit ihr etwas vornehmen, davon alle
Welt reden solle. Darauf heifst die Dame durch dasselbe Weib
den Jüngling kommen.
Auch in den arabischen Sieben Vezieren wird die Verwand-
lung als Werk des verschmähten Liebhabers dargestellt, der dort
ein jüdischer Zauberer ist; das Opfer derselben ist ein schönes
Mädchen, mit der Alten befreundet. Im hebräischen Sandabar ist
wiederum die Hündin der Alten nicht deren Tochter; der liebes-
kranke Jüngling „rief zu seinem Gott um ihretwegen, und dieser
verwandelte das Mädchen in eine Hündin". Der Syntipas läfst die
verwandelte Jungfrau die Tochter der Alten sein ; der Verschmähte
xarrjQäoaro ramf/V tx jioXvjiörov xaQÖiaq, xal tv&vg dg xvya
li6TtßX^&7/. Der spanischen Fassung ist die Hündin wie der in-
dischen und der persischen ein Tier aus dem Hause der Frau, die
verführt werden soll ; sie ist auf die Verwünschung des Verschmähten
hin verwandelt und war früher eine Nachbarin der Alten.
Unsere Fassung ist, wie mir scheint, lateinisch sein sollende
Niederschrift mündlicher Überlieferung; velratia und parlabit, dazu
eine Menge durchaus romanischer Wendungen lassen darüber kaum
einen Zweifel ; kicola dürfte auf venezianischen Ursprung hinweisen
{chizza : cagtia ; chizzeia : cagnolina verzeichnet Boerios venezianisches,
chizza : cag?ia; chizzota : cagnolina Patriarchis paduanisches Wörter-
buch).
Hie narrat sicut uetraiia decepit iuuenem cxim arte sue kii,ole. qua-
pröpt^r uetrane habewt suu;w iwgeniuw et i[n]geniu/« iuuen?<w.
ERat quidam iuuenis qui diligebat unam doniinaw ualde pulcraw. sf</
diclus iuuenis nee preee nee preeio {Rest der Zeile unlesbar; Raum für
5 etzva 30 Buchstaben) do/winam ad se. unde dietus iuuenis ibat se cotidie
talit^/- ailigendo . quia neqwf caro neqw^ sanguis sup^;- eum remanebat.
Et quadafw die . . . {etwa 7 Buchstaben unh-sbar) ptv plathcam et obuiauit
unaw uctula/« et qMando uelula uidit euw ila paliduw/ et discoloratuw dixit
ei : Quid est hoc quod tu te talitt-r destruis et afligis ? Cui iuuenis ait. Quid
iuuaret mihi si ego dicerem Ubi [v] ' quare me alligo . et destruo ? Cui
1 Fast alle Buchstaben der hier beginnenden B/attseite sind von späterer
Hand mit linte neu überzogen.
480 MISCELLKN. II. TEXTKRinSCHES.
uetula dixit magis polest Ubi iuuare quaw» nocerc. Et iuiienis respondit et
ego dicam tibi nialum meuw. f|uia lowguwz tenpus est quod ego amaui
iaXetn et talew dowinam et mulluw pro ea expendidi et nichil mihi iuuare
potuit . et hec est causa pro qua ego sum talit^r aflictu[s]. Cui uetula
15 respondit et dixit iuueni. <Juid uis tu mihi dare . et ego faciam sie quod
tu abebis istaw Aomin&m} Et iuuenis respondit et dixit ad uetulam. Eo
uolo ut tu sis mea domina. et de ommhus meis bonis : Cui uetula dixit . modo
uade domum et dimite me facere . et sie iuuenis iuit ad domuw suaw» . et
uetula repatriauit ad suaw : Altera die iuit uetulaw ad domuwz dowiine
20 qua»? iuuenis amabat . et portauit secuw unaw suam kifolam quaw habe-
bat . et quawdo uenit ante dowmam salutauit eam . et dominz. recepit eam
multum diligentf/- . et cep^runt loqui simul de uno et de alio . et sie lo-
quendo ingeniosa uetula et plena male artis exlraxit ki9olam de sino suo
et posuit sup^r gremiuw siiuw Et quawdo do/w:na uidit ki^olam . cepit eam
25 interogare quis dedisset ei ita pulcram ki9olam. Cui uetula respondit .
cara dowma ne queras quis dediset xnihi talem ki(jolam . quia talem do-
lorem abeo quia no« possum dicere nee audeD. Et dowma magis instabat ei
ut diceret . Cui zx^Xius dixit si tu ueles xnihi prömitere credenciam . ego
dicerem tibi. Et döw/na promisit ei credenciam. Et (fol. I57r<*) uetula
30 cepit amare flere et dicere. Ista kicola mea erat filia . quam iuuenis qui-
dam fortiter adamauit . sed filia mea ipsum eiusque amorew omwino refu-
tauit. Vnde ille iuuenis incurit in magna infirmitate . et quando uidit se
apud mortem ipje talit^r cum suis artibMj- operauit quod filiam meam fecit
in ki^olam reuerti. Et quando domina, audiuit uetula sie dicendo timuit
35 <^^ dixit ei. Benignisima uetula et ego huius peccati cöwsia sum . quia talis
et talis imienis me similiter amauit . et a me unquam aliquid boni abere
non potuit . unde timeo ne forte et \pse faciat me in ki9olam mutare. Cui
maliciosa uetula dixit . cara filia miserere tui quia iuuenis ille Scolaris est
et multum est sapiens et discretus et miror quod ipse iam te in ki9olaOT
40 reuerti non fecit . quare consulo te ut suas uoluwtates in omwib?^^' debeas
adimplere . et bis dictis dimisit dominam et recessit . et uenit ad iuuenem et
dixit ei; Vade et inueni unaw feminaw? et mite dicendo ad dominz.m quod
si ipsa non facit tuas uoluntates . tu facies tale quid de ea quod tolus
mu«dus parlabit de ea: Et iu[u]enis fecit sicut precepit ei uetulam . et misit
43 unam feminam ad dowz'nam. Et quando dominz. uidit feminaw et intelexit
id qMot/ dicebat . timuit. Et misit dicendo iuueni f\uod ipja uolebat dicere
et facere omwes suas uoluntates. Et tali ingenio uetule fuit decepta ista
domiviz. et cum iuueni copulata . unde sire debetis o;uod uetrane habewt
suuw ingeniu»? . et i«geniuw iuuenum.
A. TOBLER.
H. ANDRESEN, ZU AMIS ET AMILES UND JOURDAINS DE BLAIVIES. 48 l
II. T e X t k r i t i s c h e s.
Zu Amis et Amiles und Jourdains de Blaivies.
Mit Rücksicht auf das Metrum ist A. et A. 2448 der Hand-
schrift Toutes les gens de Blaivies i sont ale verändert worden in
T^es gens de Blaivies totUes i so7it ale, weil der Vers in der Über-
lieferung die Cäsur nach der sechsten Silbe hat, was schon in der
ersten Ausgabe, wo die handschriftliche Lesart beibehalten worden,
angemerkt ist. Das Gleiche gilt von Jourd. 1275. Hs. und erste Aus-
gabe Qiie il fust eschapez de fort prison ; zweite Ausgabe Que es-
chapez fiist il de fort prison. Diese beiden Verse sind nun aber
doch nicht die einzigen, die in der Handschrift die Cäsur nach der
sechsten Silbe haben. A. et A. 2600 lautet: Se ne ftiissent li troi
desloial frere, wo die Cäsur nach troi eintritt. Unsicher ist Jourd.
2770: Sor lor galie inonte el hört devant. Nimmt man hier die
Cäsur nicht nach der sechsten Silbe an, so steht freilich das un-
betonte e von nionte im Hiatus. Indessen ist ein solcher Hiatus
im Jourd. sehr oft anzutreffen, ganz im Gegensatz zu A. et A.,
wo ich keinen Fall gefunden habe. Nur scheint 515 zur Ver-
meidung des Hiatus die ungenaue Form homes gesetzt zu sein :
Amis tnonfa et mil homes a lances, es sei denn dafs et in ot (od) zu
ändern wäre, wie in der ersten Ausgabe steht. Dagegen jourd.
sehr häufig; nicht allein wenn mehrfache, sondern auch Vv'enn ein-
fache Konsonanz vorhergeht. Ersteres zunächst an sechs von Hof-
mann zu 1223 bzw. 142 1 angeführten Stellen; dsgl. 266 Ott est mes
siresp me ?nande il salu? 1187 Ansoiz sont tiiit don regne au diable;
1701 Mais vostre per es 7ie ?ii'en laisse issir; 2772 Hs.: En sa galie
les saiche en traiant. Letzteres 837 Hs.: Qui plus voz ierent et
siiuvaige et grief ; 2384 Avec lui sont cent home a esciis; 2516
Traite an orent mainte pezant jornec. Ferner ist zu nennen 344
Guide eile ores por ses riches parens, wo entweder das auslautende e
von ciiide oder das von eile im Hiatus steht. Diesen zahlreichen
Fällen gegenüber wird nichts Anderes übrig bleiben als den Hiatus
als für Jourd. bestehend anzuerkennen. 1 Das Denkmal steht in dieser
Hinsicht auf derselben Stufe wie andere Chansons de geste, z. B.
der Auberi.2 — Cäsurreime begegnen in A. et A. und im Jourd.
ziemlich häufig: A. et A. 549, 2479, 2783, 3318, 3340; jourd.
1550, 1562, 2693, 2700, 2739, 3064, 3426, 3820, 3872.:»
' V. 2772 setzt der Herausgeber trainant, V. 837 {}ui plus sattvaige voz
ierent et plus grief ; 2384 vermutet er, dafs vor cent eine Zahl ausgefallen sei.
'^ Bcisiiicle aus diesem Denkm.al (Toblers Mitteilungen) finden sich nach
mehrfacher Konsonanz 28,28, 141,5, 144,2, 189,6, 197,11, 215,11, 245,6; nach
einHichcr Konsonanz 82,26. ""4,10, 112,2, 115,3, I3i>l2, 159,14. 160,26, 176,4
189,26, 233,18, 251,16. •
ä Solche Reime mögen manchmal ein Ergebnis des Zufalls sein, so auch
an vielen Stellen im Auberi. Doch sind sie hier nicht selten beabsichtigt:
eiitent : maltalant 4,19, esmurent -.furent ebd. 26, grant : auenant 28,27, <iirai :
Cortrai ^1,21, monte : conte 61, 22, Basin : engin 105,10, tant : uuant li|7,24.
Zeltsohr. f. rom. Phil. X. ij
482 MISCELLEN. III. Kl YMOLOGISCHES.
A. (!t A. V. QQ3 1. nuiis i/,s mois, dsgl. 1015, 2367, 2374.'
V. 1292 ist zu kurz. Vielleicht darf ausnahmsweise y«(iW/ ge-
lesen werden,
V. 1315 1. vielleicht Ne fatis arbitns; vgl. Littre (unter a/(^//rt)
Quil poisl esire arbiirc et ju^c. Ilofnaann mischte lesen: Ne lo-
sengicrs.
V. 1406 — 7 ist zu interi)ungieren : „Si vi'ait Dex, toict ainsiz scra
il," Ce dist li rois, „et li sainl qiä sotil ci." Vgl. 1417, 1427.
V. 1483 1. vielleicht enprcs statt en pies. Letzteres pafst nicht
in die Assonanz, wie Schoppe (Französ. Studien III 18) bemerkt
hat, dessen Konjekturen dem Texte jedoch zu viel Gewalt anlhun.
jourd. V. 305 1. vielleicht Damme Ercmhors de la ville esl issue.
"V. 2666 fF. Va s'an Jordains a motdt riche mais7tie El sa moillicrs
cui Jesus beneie. Li arcevesques de Den /es benei'e De Dammeldeu et
de Sainte Marie Qui /es conduie en sante et eji vie. V. 2668 ist ver-
derbt. Vielleicht : Li arcevesques ior done bone aie, indem er Gottes
Hülfe für die Abreisenden anfleht.
V. 3411 Motdt i trouva richesce a grant p/ente, N'en virent mais
uiü jor si grant p/ente. Das doppelte grant p/ente ist störend.
Vielleicht: N^en virent mais si graiit en /or ae.
V. 3641 1. entweder ce que vers /ui mesprinst oder ce qua vers
/ui mesprins.
Druckfehler habe ich an folgenden Stellen gefunden : A. et A.
V. 805 1. voz, 818 m'ait, 975 Pautre, 2087 e/, I-Jt^z sapuia, 2755
/e nes, Jourd. V. 767 1. s'i, 2341 bien\ 4133 ist ein Komma statt
des Punktes zu setzen. Sodann ist in den Anmerkungen Seite 228
Zeile 21 statt 821 zu lesen: 827, und S. 231 die Anmerkung zu
Ty^^ti ^rst nach 3250 zu setzen. Ferner 1. S. 234 Z. 4 von oben
3986 statt 3984; S. 238 Z. 22 von oben 2383 statt 2363; S. 240
Z. 5 von unten 3448 statt 3447; S. 242 Z. 7 von unten 4102 statt
4100 und Z. 12 von unten 4029 statt 4027. Einige andere Druck-
fehler sind in den Berichtigungen und Nachträgen namhaft ge-
macht worden.
H. Andresen.
III. Etymologisches.
Rom. ////, i//ui für lat. i//e, i//i.
A. Darmesteter, Melanges Renier S. 145 — 157 läfst nicht nur
im Anschlufs an Tobler, i//ui der Analogie von cui, sondern auch
Vgl. Fierabras Seite 61 V. 2009 und 62 V. 2038, dritte Redaktion der Alexius-
sage 768, 792, 827, 877. — S. auch Wackernagel Altfrz. L und L. S. 181*),
Tobler, Versbau 136.
1 Bereits Schwieger (Zeitschr. IX 422) merkt zu 2367 und 2374 an, dafs
die Handschrift mais des mois in drei Worten hat.
H. SCHUCHARDT, ROM. ILLI, ILLUI Frä lAT. ILLE, ILLI. 483
Uli der von qui folgen. Eine analogistische Erklärung kann, wenn
sie nicht Geschmackssache bleiben soll, weder der positiven noch
der negativen Begründung entbehren : es müssen andere Fakta auf-
gewiesen werden für welche entsprechende Erklärungen annehmbar
sind, und es müssen alle andern Erklärungen des in Frage stehen-
den Faktums als unhaltbar dargethan werden.
1. Die von Tobler angeführte Parallele ndLid. tando^^quando ist
eine sehr günstige; doch wären für die Beeinflussung des Demon-
strativums durch das Relativum oder Interrogativum noch mehr Be-
lege erwünscht, auch aus nichtromanischen Sprachen, falls hier nur
die allgemeinen Gebrauchsverhältnisse dieser Pronomina ähnlich
liegen. Dabei wäre zu berücksichtigen, dafs //// "v qui, illui -k^ cui
eine starke Besonderheit an sich tragen. Der vokalische Ausgang
des umändernden Pronomens ist betont, der des umzuändernden
unbetont. Wer wollte nicht zugeben, dafs die Aktion von qui, cui
auf ein ille, Uli bedeutend weniger wahrscheinlich ist als es die auf
ein Uli, Uli sein würde? Und wenn die Tonschvvere von cui sich
wirksam zeigte {illiii), warum nicht auch die von qui [*il/i)?
2. Die von mir noch 1873 verfochtene Gleichung illui = illius
habe ich bald darauf preisgegeben und lehre seitdem nach Diez' Vor-
gang, dafs //// = illic und illui = illhuic. Wie in der Deklination von
hie, so wechseln auch in der von ille illic, isle istic die einfachen
und die mit -ce zusammengesetzten Formen miteinander ab. In
den letzteren aber, wie in illic, illaec, illunc neben ille, illa, illum
wurde schon früh das erste Demonstrativpronomen, also hie, haec,
hune gefühlt; und es hat sich das im Mittelalter in den Hand-
schriften lateinischer Autoren wiederholt, wo wir illhic ille hie, isthaee
isla haee lesen. Dafs nun von einem illhie ein Dativ illhuic 1 (und
darnach wieder im Femininum: illhaeic von i'llhaec'^) gebildet wurde,
ist ebenfalls etwas sehr Naheliegendes. Die Einwendungen, welche
man gegen diese Deutung von ////, illui erhoben hat, era'chte ich
nicht für stichhaltig, Darraesteter aber für so entscheidend dafs
er meint, er selbst brauche darüber keine Worte zu verlieren. Er
sagt S. 157: "M. Foerster a signale les impossibilites phonetiques
de cette forme" [Uli = illic]. Ich wünschte, dafs meine Wider-
legung der Foersterschen Bedenken (Ztschr. IV 1 2 1 f.) berücksichtigt
worden wäre. Was illui = Uli huic anlangt, so heifst es S. 151:
"M. Tobler en a fait justice et apr^s lui M. Thomas". Tobler sagt,
dafs hier dem Pronomen hie ein Einflufs zugeschrieben werde
"den ein allem Anscheine nach wenig volkstümliches, in den roma-
nischen Sprachen fast völlig fehlendes Wort kaum gehabt habcMi
kann." Aber ein solches illhuic würde ja in eine Zeit hinauf-
reichen für welche die Lebenskraft von hie aufser allem Zweifel
steht; auch hielt sich im Romanischen hie wegen der Schwäche
' IlUii'dc neben lllliic würde sich aus iHlcfe) neben t/llcffj erklären lassen.
^ Ich glaube nicht, dafs Toblers illaec überall für das romanische lei
ausreicht.
31*
484 MISCELLEN. III. KITMOLOGISCHES.
seines Lautbestandes mir isoliert nicht (von hoc abgesehen), in der
Zusammensetzung aber geradezu mit Vorliebe {ecce hoc, cccum hoc,
ccce hie, ecctim hie, eecc hac, cccum h<ic). Thomas fügt dem hinzu:
"d'autre part, en adra(;ttant le datif i/luic, comraent explicjuer la
chute du c dans les textes bas-latins, (jui tous nous offrent i/lui
ou lui, parfois lue'V In jenen Zeiten denen diese Texte angehören,
war das c schon geschwunden oder in / verwandelt worden. Man
braucht kaum an eine Rückbildung von illui aus illuie (nach iüe
= illic u, s. w.) oder an das Fortleben eines urlateinischen hui für
huic zu denken. Kine Einmischung von qui und cui mag statt-
gefunden haben, aber gewifs keine primäre : sie mögen //// = illic
neben ille und ////// = illuie neben //// begünstigt haben.
Die Verschiedenheit des zum romanischen Objektskasus ge-
wählten lateinischen Kasus im Singular und Plural ist allerdings
auffällig. Man ist meist vom Plural ausgegangen ; deshalb nahm
ich eine Verschmelzung von illuis mit illui(e) an, und prov. kis
würde sich in der That, wie Thomsen ansetzt,' gut zu illaeius fügen
Aber wir müssen anderseits einräumen, dafs der Gebrauch des
Dativs für den Akkusativ (besonders beim Personalpronomen, ob-
wohl ich nicht gerade das östr. 'ich hab' ihm gesehen' anführen
will) ein begreiflicherer ist als der des Genetivs für den Akkusativ,
welcher nur im Slawischen einen starken Rückhalt finden würde.
Zu illorum griff man, weil Ulis nicht tauglich erschien.
H. SCHUCHARDT.
Druckversehen.
S. 279 Z. 2. 1. Cy. — das. Abs. 4 Z. 3 1. lingnee. — S. 280 Abs. 2 Z. 8
1. 'Society abgedruckt.' — S. 284 Z. 9 1. vendret hors. — ib. Z. 25 1. vers le
suth enmaladie. — S. 285 Ab. I Z. 3 v. u. esteit forsclos. — S. 294 Z. 16 1.
onomatopoietischen. — das. Z. 23 1. piasser.
Nachtrag
zu Zeitschr. X 169: Zu den ältesten franz. Sprachdenkmälern. I. Zu
den Eiden.
Leider ist der Artikel des Herrn L. Cledat: „Une correction
au texte des serments de Strasbourg", Revue des langues roman.,
t. XXVIII, Jahrgang 1885, p. 309 zu spät, nämlich erst Oktober d. J.
zu meiner Kenntnis gelangt. So ist es gekommen, dafs in meinem
an oben angegebener Stelle, und zwar im Juli d. J. erschienenen
am 7. April eingesandten Beitrag die nämliche Konjektur zu den
Eiden {er statt et) aufgestellt wird, wie in jenem Artikel Cledats.i
F. Settegast.
1 Ich machte Herrn S. bei Einsendung des Artikels darauf aufmerksam,
dafs die Vermutung schon ausgesprochen worden sei, vermochte ihm damals
aber nicht die Stelle zu bezeichnen. Hrsg.
Die BedeutungsentvvickeluDg des Wortes Eoman.
Die grofse Zahl und ungemeine Beliebtheit der mit dem Worte
Roman bezeichneten Werke haben schon früh zu zahlreichen Hy-
pothesen über die Herkunft und ursprüngliche Bedeutung dieses
Wortes Veranlassung gegeben. Eine Zusammenstellung dieser Er-
klärungsversuche aus früheren Jahrhunderten, die sich übrigens
auf die sogenannten Ritterromane des Mittelalters beziehen, findet
man z. B. bei Crescimbeni (Istoria della Volgar Poesia. Vol. I.
Lib. V. p. 316): "Varie sono l'opinioni intorno al nome di Ro-
manzo: imperocchc altri vogliono, che egli derivi dal Greco Po'jiitj
che vuol dire fortezza; e significhi quello stesso che appo i Latini,
Componimento Eroico: altri que sia originato dalla Citä di Rems
di cui fu Arcivescovo il famoso Turpino, il quäle nella sua favo-
losa Cronica araplissima materia apparecchio a' Romanzatori: altri,
che si fatta voce importi lo stesso, che Romeo, e Pellegrino; e
provvenga dall' uso de' Cavalieri antichi d'andar girando pel
Mondo; onde erranti furono detti. Altri che da Romolo sia
proceduta, per conto del ratto delle Sabine. Ed altri finalmente
la vogliono nata dalla voce Ritmo e dicono, che altro non dov-
rebbe significare che canto di rime, ma 1' uso 1' intende per can-
zoni di Ceretani, e di Cantambanchi."
Alle diese Deutungen sind zwar ohne wissenschaftlichen Wert
und können heutzutage nur noch als Curiosa angeführt werden,
immerhin beweisen sie das rege Interesse, das man dieser Frage
entgegenbrachte, ein Interesse, das auch heute noch nicht ge-
schwunden ist. Zwar ist man sich darüber klar, dafs diese Be-
nennung entstand, indem man das Wort Roman, ursprünglich nur
die Bezeichnung einer Sprache, dann in übertragenem Sinne auch
auf die in dieser Sprache geschriebenen Werke anwendete und
schon Pasquier (Recherches de la France. Liv. VIII. Chap. I) hebt
dies hervor: "et comme ainsi soit que ie roman fut le langage
courtisan de France, tous ceux qui s' amusoient d' escrire les
faicts heroi'ques de nos Chevaliers, premierement en vers, puis an
prose, appellerent leurs oeuvres romans, et non seulcment ceux-la,
mais aassi presque tous autres, comme nous voyons le Roman de
la Rose, oü il n' est discouru quo de 1' amour et de la Philo-
sophie"; im Einzelnen jedoch herrscht über diesen Gegenstand
auch jetzt noch nicht genügende Klarheit, namentlich erübrigt es
noch, den Uebergang des Wortes von der allgemeineren Bedeu-
/.eitsclir. f. roiu. l'liU. X. 52
486 I'. VOELKER,
tung eines Werkes in romanischer Sprache zu anderen modifizierten
Bed(;utungen festzustellen; die bisher darüber geäusserten Ansichten
aber sind mehr Vermutungen als Ergebnifse wirklich eingehender
Untersuchung. Diese dunklen Punkte in der Geschichte des Wortes
Roman aufzuklären soll in dem Folgenden versucht werden. In
dieser Untersuchung wird es sich zunächst darum handeln, den
Begriff des Wortes, sofern es Bezeichnung einer Sjjrache ist, fest-
zustellen, sodann die Frage zu beantworten, wie man dazu kam,
diesen Namen einer Sprache auf ein in ihr geschriebenes Werk
anzuwenden, und schliefslich zu untersuchen, welche Modifikationen
diese letztere Bedeutung des Wortes im Laufe der Zeit erlitten
hat. Es sei gleich hier darauf hingewiesen, dafs unsere Unter-
suchung sich hauptsächlich mit der französischen Litteratur be-
schäftigen wird, denn eben in dieser und in engem Zusammen-
hange mit dem Gange derselben haben jene Wandlungen statt-
gefunden, durch welche das Wort schliefslich zu der ihm heute
eigentümlichen Bedeutung gelangte. Dafs auch die anderen roma-
nischen Sprachen, soweit sie überhaupt in Betracht kommen, heran-
o-ezogen werden, versteht sich von selbst.
"Romanisch" nennt man bekanntlich heute diejenigen Sprachen,
welche eine F^ortentwickelung sind der durch lokale Verhältnifse
modifizierten römischen Volkssprache. Diese Benennung hat ihre
Berechtigung nicht allein in dem gemeinsamen Ursprünge dieser
Sprachen, sondern auch in dem Umstände, dafs sie alle, früher
oder später, die eine mehr die andere minder oft, sich mit diesem
Namen wirklich bezeichnet haben. Ueblicher war in diesem Falle
für lingua romana das Substantiv: prov. romans, altfrz. romanz,
span. port. romance, ital. romanzo (miat. romancium), entstanden
aus dem Adverb romanice.
Eine Abweichung hiervon ist nur zu constatieren beim Itali-
enischen, indem zwar spätere italienische Litterarhistoriker das
Altitalienische allerdings mit dem Namen "lingua romanza" oder "com-
mune romanzo" bezeichnet haben, die altitalienischen Schriftsteller
selbst jedoch ihre Sprache "volgar" nannten. So nennt sie noch
Dante, und Boccaccio gebrauchte die Bezeichnung "volgar" latino.
Die Sonderstellung, welche Italien in dieser Beziehung einnimmt,
erscheint erklärlich, wenn wir bedenken, dafs wir uns hier an dem
eio-entlichen Heerde der lateinischen Sprache befinden, und dafs
diese selbst sich im Altertum sehr selten "romana" nannte, wie sie
denn auch im Mittelalter nur vereinzelt unter diesem Namen vor-
kommt. Den anderen romanischen Sprachen dagegen war diese
Benennung geläufig und ist es zum Teil bis auf den heutigen Tag
geblieben, so dem Rumonsch in Graubündten, dem Rom^nie an
der unteren Donau, dem Spanischen, das sich neben "lengua es-
panola" oder "castellana" auch "romance" nennt, sowie endlich dem
Portugiesischen, wo romance nicht nur die eigene Landessprache
bezeichnet, sondern auch in übertragenem Sinne auf die gemeinen
Sprachen anderer Länder angewendet wird. In den beiden roma-
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 487
nischen Sprachen Frankreichs ist die ursprüngHche Benennung
"romans" am Ausgange des Mittelalters vollständig verdrängt worden
durch die schon früher, wenn auch nicht allgemein üblichen Be-
zeichnungen "fran^ais" und "prouvenc^au''. (Vgl. S. 48g f.).
Das Romanische, als die Sprache der grofsen Masse des Volkes,
trat nun schon in früher Zeit, lange bevor es zu einer schriftlichen
Fixierung desselben kam, in einen bewufsten Gegensatz zum Latei-
nischen, als der Sprache der Gesetzgebung, der Kirche und Wissen-
schaft, dessen Kenntnis sich auf besondere Kreise beschränkte,
und schon in einer lateinischen Ecloge, die Paschasius Ratbert
(t 865) anführt, werden die lateinischen sowohl wie die romanischen
Dichter aufgefordert, die Tugenden des Adalhard, Abtes von Corbie,
eines Zeitgenossen Karls des Grofsen, zu feiern (s. Raynouard,
Choix. II S. CXXXV), Dieser Gegensatz zwischen dem Roma-
nischen und dem Lateinischen wird in den mittelalterlichen Texten
an zahlreichen Stellen hervorgehoben und spielt in der Geschichte
unseres Wortes eine wichtige Rolle. Schon in der Reimpredigt
(ed. Suchier) heifst es (Str. 127, 128):
"A la simple gent
Ai fall simplement
Un simple sarmun.
Nel fis as letrez,
Car il unt assez
Escriz e raisun.
Por icels enfanz
Le fis an romanz,
Qui ne sunt letr^;
Car mielz entendrunt
La langue dunt sunt
Des enfance use."
Oder um ein Beispiel aus dem Spanischen anzuführen:
"Quiero fer una prosa en roman paladino,
En quäl suele ei pueblo fablar a su vecino,
Car non so tan letrado por fer otro latino."
(Berceo, Vida de S. Domingo de Silos. Str. 2).
An solchen Stellen, wo der Gegensatz zu der gelehrten Sprache,
dem Lateinischen, hervorgehoben werden soll, wechselt unser Wort
daher gern mit Ausdrücken wie "vulgär". So heisst es z. B. in dem
provenzalischen Roman de Flamenca (ed. P. Meyer. V. 2108 ü\):
"Car si d' adiman ostas di
Avds aman, et en lati
Le Premiers cas es adamas
E compo si d' ad e d' amas,
Mas lo vulgär a tan mermat
Cel ha que l'a en i tornat."
Obgleich nun beide Sprachen l'"rankreichs sich romans
nannten, so scheint doch die Bedeutung des Wortes im Norden
32*
488 1'. VOELKER,
und im Süden nicht genau die gleiche gewesen zu sein. Jeden-
falls hat man im J^rovenzalischen romans nicht gebraucht zur Be-
zeichnung jener hfifischen Sprache der Troubadours, die sich vom
II. bis 13. Jahrhundert mit bemerkenswerter Stetigkeit erhielt, und
von der Raimon Vidal sagt: "Per qu' ieu vos die qua totz hom
qui vuella trobar ni entendre deu aver fort privada la parladura
de lemosin." (Stengel, Die beiden ältest. prov. Gram. S. 71).
Vielmehr scheint romans hier die allgemeinere Bedeutung bewahrt
zu haben , während man jene Litteraturs[)rache mit Vorliebe "dreg
proenzal" oder ähnlich nannte. So entschuldigt sich Raimon Feraut,
der aus der Grafschaft Nizza gebürtig war, wo man ebenfalls eine
provenzalische Mundart sprach, in seinem Leben des heil. Honorat,
dafs er nicht reines Provenzalisch schreibe, indem er sagt:
" E si deguns m'asauta
Mon romanz ni mos ditz,
Car non los ay escrilz
En lo dreg proenzal,
Non m'o tengan a mal,
Car ma lengua non es
Del drech proensales." (Lex. Rom. I 573).
In Nordfrankreich hatte zwar auch, wie wir bereits gesehen
haben, romanz zunächst jene allgemeinere Bedeutung, jedoch scheint
man hier schon früh in engerem Sinne ein gutes Französisch da-
runter verstanden zu haben. In dieser doppelten Bedeutung stimmt
es überein mit dem Worte frangais, das ja auch schon in früher
Zeit in weiterem Sinne auf das ganze französische Sprachgebiet
angewendet wurde, während es andererseits speciell auch die für
besonders rein gehaltene Sprache des Herzogtums Francien be-
zeichnete. Beide werden daher oft promiscue gebraucht. Einen
Beleg findet jene engere Bedeutung des Wortes romanz durch
Stellen wo die Kenntnis des letzteren als ein besonderer Vorzug
hingestellt wird:
•'L' amiraus des Arcois fu Chevaliers vallans,
Et hardis et courtois et fiers et conquerrans;
Larges fu de douner plus que ne sui contans,
Vestus comme Fran^ois et sot ases romans."
(Li Romans d'Alixandre, ed. H. Michelaut. S. 192, V. 13 ff.).
Dem entspricht genau der Gebrauch des Wortes fran^ais an
Stellen wie dieser:
"Seiez debonere et cortois,
E sachez bien parier fran^ois ;
Kar molt est langage alose
Et molt de gentilhome ame."
(De la Rue, Essais sur les Bardes. I 281).
An anderen Stellen wird das Romanz als eine besonders zu
erlernende Sprache bezeichnet:
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN, 489
" Car en s' enfance fu a escole mis,
Tant que il sot, et roman et latin."
(La Mort de Garin le Loh., ed. Du Meril. S. 105).
Auch Epitheta wie "hon", "gracieux" werden nicht sehen dem
Romanz gegeben:
"Moult volontiers me peneroie,
Si je m'en pooie entremettre
Qu'en bon romanz peusse mettre
Une estoire auques ancienne."
(Roman des Sept Sages, ed. Brunet et Montaiglon ; am Eingang).
"Seigneurs, oyes chan^on dont li ver sont plaisant,
Veritable et bien faite, d' un gracieux roumant."
(Leon Gautier, Les Epop. Fran^. I 339).
Aus der folgenden Stelle wo von einem Eurupois (d. h. Be-
wohner der Gegend von Dourdan, dep. Seine et Oise) ausgesagt
wird, dafs er gut romanisch spricht, könnte man vielleicht eben-
falls den Schlufs ziehen, dafs man speciell die Sprache der Um-
gegend von Paris gern romanz genannt hätte:
"L'autre fu Espeignos et l'autre fu Normans,
Li autre Eurupiei et parla bien roman."
(Roman d'Alix., ed. Michelant. S. XIII).
Merkwürdig ist eine andere Stelle aus den Tournois de Chau-
venci von Jacques Bretel (ed. Delmotte, V. 87 flf.), wo ein deut-
scher Ritter, der gebrochenes Französisch spricht, aufgefordert wird,
an den Turnieren in Chauvenci Teil zu nehmen, worauf er
" . . respondit faistisement :
Saurai-je bien parier romant.-'
La bon fransoise trestout sai . . "
Ein Schlufs auf die Bedeutung des Wortes wird sich jedoch aus
dieser Stelle kaum ziehen lassen.
Wie schon bemerkt haben das Provenzalische und Französische
die Benennung romans im Laufe der Zeit aufgegeben. Wann dies
in dem ersteren geschah, ist schwierig anzugeben wegen des ge-
ringen Umfangs der provenzalischen Literatur in den späteren
Jahrhunderten; jedenfalls war diese Bezeichnung im 14. Jahrhundert
noch üblich (vgl. Bartsch, Chrest. Prov. 4. Aufl. S. 37g, 30). hn Fran-
zösischen gewinnt die Bezeichnung fran(,:ais bereits im 14. Jahr-
hundert entschieden die Oberhand. In der 2. Hälfte des 14. Jahr-
hunderts und im 15. Jahrh. werden die Fälle, wo das Französische
romanz genannt wird, so selten, dafs man geneigt ist, sie als Aus-
nahmen zu betrachten. Im 15. Jahrh. ist also fran^ais die allein
übliche Bezeichnung für die französische Sprache geworden. In
den von Le Roux de Lincy (Livre des Proverbes Fran^ais. 1kl. I.
Bibliographie) angeführten Uebersetzungen lateinischer Sprichwörter
ins Französische aus dem 15. lahrli. wird z. 1^. stets fran(,:ais und
nie romanz gebraucht. Die folgenden Stellen sind die einzigen
4gO 1'. VOELKEK,
aus der Zeit nach der Mitte des 14. Jahrhunderts, in denen mir
roraanz in dieser Bedeutung begegnet ist. Die letzte derselben ist
aus dem Jahre 1445. Jean de Mandeville sagt in der Einleitung
zu seiner Reisebeschreibung (geschr. 1356): "Et sachiez que j'eusse
cest livres rais en latin, pour plus brievement deviser, mais pour
ce que plusieurs entendent miex rouraant que latin, je Tay rais en
roumant." Der Verfasser der Horloge de Sapience sagt am
Schlüsse derselben :
''De laiin en roumanz donnee
Fut ceste histoire, celle annee
Que le myliaire couroit,
Qui proprement compter pourroit
MCCC IIIIXX et neuf,
En la ville de Chasteauneuf."
]ean Wauquelin sagt am Schlüsse seiner Uebersetzung von
Geoffrey von Monraouth's "Historia regum Britanniae": "Chi fine
le histore des Bretons estraite du latin en rouman a la requeste
de . . . et fu translatee par ung bourgeois de Mons en Haynaut
nommes Jehan Wauquelin en Tan de nostre Seigneur mille IUI
cens XLV le XXV jour de juillet." (Ward, Catalogue of Romances
in the British Museum. S. 253).
Wir werden also sagen, dafs das Wort romanz zur Bezeich-
nung des Französischen bereits im 14. Jahrhundert zurückzutreten
begann, dafs es jedoch vereinzelt noch bis in die Mitte des 15.
Jahrhunderts vorkommt. Dafs diese letzteren Fälle nur vereinzelt
waren, dafür ist ein weiterer Beweis der Umstand, dafs man bereits im
16. Jahrh. dem "roman antique" das "franc^ais moderne" gegenüber-
zustellen pflegte. Dies thut z. B. Pierre Durant, welcher eine Piosa-
auflösung des Abenteuerromans Guillaume de Palerne anfertigte,
in der Einleitung zu welcher er sagt: "Et ce considerant le lan-
gage qui estoit romant antique rimoye en sorte non intelligible
ne lisible a plusieurs favorisans ä leur requeste come de chose
tres convenable ay traduict et transfere le langage de cette histoire
en langage moderne frangois pour ä chacun qui lire le voudra
estre plus intelligible." (Quill, de Palerne, ed. H. Michelant. S. XIX).
Aehnlich ist die folgende Stelle aus Jean le Maire de Beiges,
wo dieser sich über den Alexandriner ausspricht: "Laquelle taille
jadis avoit grand bruit en France, pour ce que les prouesses du
roi Alexandre le Grand en sont escrites en anciens romans dont
aucuns modernes ne tiennent compte aujourd'huy." (Fauchet,
Recueil de l'Origine de la Langue et Poesie Fran^., Paris 16 10.
s. 554).
Es bedarf kaum einer Erklärung, warum jene Benennung auf-
gegeben wurde. Romanz etc. war eben die gemeinsame Benennung
mehrerer Sprachen, die zur Unterscheidung von einander besonderer
Namen bedurften, welche dann naturgemäss die allein herrschenden
wurden. So wählte man natürlich auch im Mittelalter die Bezeich-
nung romanz nicht, wenn verschiedene romanische Sprachen ein-
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 49 1
ander gegenüber gestellt wurden, so z. B. wenn Raimon Vidal sagt:
"La parladura francesca val mais et es plus avinenz a far romanz
et pasturellas, mas cella de lemosin val mais per far vers et can-
sons et serventes." (Stengel, Die beid. alt. prov. Gr. S. 70).
Behielt man aber trotzdem das Wort romanz bei, so fügte
man die nähere Bestimmung noch hinzu und sagte also "lemosi
romans", "romance castellano" und dergl. Brunetto Latino giebt mit
den folgenden Worten an, warum er in seinem Tresor (geschr. 126g)
die französische und nicht die italienische Sprache angewendet
habe: "Et se aucuns demandoit por quoi eist livres est escriz en
romans, selonc le langage des Fran^ois, puisque nos somes Ytaliens,
je diroie que ce est por II raisons : l'une, car nos somes en France;
et l'autre porce que la parleure est plus delitable et plus commune
ä toutes gens." (Li Livres dou Tresor par Brunetto Latini, ed.
Chabaille S. 3).
Zuweilen nimmt romanz auch die Bedeutung von Wort oder
Rede im Allgemeinen an. So sagt die Schöne in dem Lai du
Conseil (Lais inüdits des XII et XIII siecles p. p. Fr. Michel S. 92),
dafs ein Ritter um ihre Liebe geworben habe "par laiz, par escriz,
par romanz" und Ferd. Wolf (Ueber die Lais. S. 5) möchte dies
übersetzen: "in Liedern, Schreiben (Briefen) und Gesprächen",
(s. S. 505). In entsprechender Weise gebrauchte man ja auch das
Wort franv'ais, z. B.:
" Si le proie par amistiö
Que il m'en donnast la moistie.
II dist que mon fran^ois gastoie
Et que james n'en mengeroie."
(Roman de Renart, ed. Meon I. V. 4083 ff.)
Die Bedeutung von Wort oder Rede überhaupt konnte dann in
besonderen Fällen wieder zu beschränkteren Bedeutungen Anlafs
geben, wie in der folgenden Stelle aus Robert le Diable :
"Lor abaissierent lor roumans",
wo Ducange (Gloss. Med. et Inf. Lat. "Romancia") roumans über-
setzt durch "murmure, plainte".
Die Bedeutung von romanz = "allgemein verständliche Sprache"
gab Anlafs zu der im Altfranzösischen gleichsam sprichwörtlich
gewordenen Ausdrucksweise "en romanz" und ähnlichen, was so
viel heifst wie "klar, deutlich, ohne Umschweife" und unserem
"auf gut deutsch" nahe kommt. Diese altfranzösische Ausdrucks-
weise, die selbstverständlich nur so lange üblich war als romanz
die lebende Sprache bezeichnete, entspricht genau dem im Spa-
nischen noch heute üblichen "en romance" oder auch "en buen
romance", während das Italienische den analogen Ausdruck "in buon
volgare" dafür hat. Um ein paar Beispiele anzuführen:
'En roumanz sans mot de latin
Li dist por quoi li reis le mande ".
(R. de Renart. IV. V. 2484 f.)
492 y. VOKLKKK,
" Or vous (lirai toul cn rominanz ".
(Bauilouin de Cond<5. ed. Schelcr. II. S. 50.)
"El car laissies aler dame Hcrsanl
Dessi al chcvalicr a son talanl :
lilc li (lira ja de son romant ".
(Aiol et Mirabel, cd. W. Förster. V. 2684 (f.)
In proverizalischen Texten linden wir daher romans zuweilen
erzetzt durch Ausdrücke wie "plana paraula". So sagt der t'ber-
setzer des Kvangeüums Nicodemi:
" Car tornaray be verattien
Lo lati em plana paraula".
(Bartsch, Chrest. Prov. 4. Aufl. 380, 35 f.).
und Jaufre Rudel:
" Senes breu de pargamina
Tramet lo vers que chantam,
Plan et en lenga romana,
A'n Hugon Brun per Fillol". (Ib. 58, 4 ff.).
Im Deutschen linden wir das Wort Roman zur Bezeichnung
einer Sprache z. B. bei Oswald von Wolkenstein {1367 — 1445),
jedoch steht es nicht fest, ob es dort "römisch" oder "romanisch"
bedeutet. Der Dichter sagt von sich (ed. Beda- Weber I 2, 6):
"Franzoisch, Mörisch, Kationisch und Kastilian,
Teutsch, Latein, Windisch, Lampartisch, Reuschisch und Roman,
Die zehen Sprach hab ich gepraucht."
Oswald brachte als Knabe den Sommer gewöhnlich mit seinen
Eltern auf Schlofs Wolkenstein im Gredener Thal in Tyrol zu, wo
eine romanische Mundart gesprochen wurde, die er sich rasch an-
eignete. Es ist, wenn auch nicht sicher, so doch nicht unwahr-
scheinlich, dafs er mit dem angeführten Roman diese Mundart
meinte.
Es liegt nun in der Natur der Sache, dafs man nur dann
dazu kommen konnte, diese Bezeichnung einer Sprache auf ein in
ihr geschriebenes Werk anzuwenden, w'enn man dadurch einen ge-
wissen Gegensatz zu anderen Sprachen oder besser zu Werken in
anderer Sprache ausdrücken wollte. Ein solcher Gegensatz bestand
nun zwischen dem Romanischen und dem Lateinischen im Mittel-
alter, ja er war schon lange bevor es zu einer schriftlichen Fixie-
rung der romanischen Sprache kam, merklich hervorgetreten. Als
daher die Litteratur in der Landessprache erwachte, wurde man
sich dieses Gegensatzes bewufst und gab demselben Ausdruck, in-
dem man die neuen, in der Vulgärsprache abgefafsten Werke mit
dem Namen dieser Sprache belegte. Es ist jedoch hierbei zu be-
achten, dafs dieser Gegensatz zwischen den beiden Sprachen allein
wol kaum im Stande gewesen wäre, eine derartige, vielleicht einzig
dastehende Bezeichnung hervorzurufen. Dazu war vielmehr ferner
erforderlich, dafs die Litteratur in der Landessprache bereits zu
einiger Fixiertheit gelangt und sich ihrer Stellung neben der latei-
DIE BEDEUTtTNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 493
nischen Litteratur bewufst geworden war. Dem entsprechend be-
gegnet uns das Wort Roman im Französischen zur Bezeichnung
eines Werkes in dieser Sprache, wie sich aus dem Folgenden er-
geben wird, kaum vor der Mitte des 12. Jahrhunderts.
MitVorHebe nannten sich nun diejenigen Werke Romane, welche
entweder Übersetzungen oder Bearbeitungen lat. Texte waren, und
bei ihnen lag ja auch diese Art der Bezeichnung besonders nahe,
ja die ältesten sogenannten Romane beruhen in der That teils wört-
lich, teils inhaltlich auf lateinischen Texten. Es liegt daher der
Schlufs nahe, dafs gerade sie es gewesen sind, welche zu dieser
Bezeichnung den Anstofs gegeben haben, indem sie jenen schon
lange bestehenden Gegensatz nun auch wirklich aussprachen.
Das älteste Beispiel derselben dürfte die Uebertragung der
Sprüche Salomonis in Versen sein, welche in den vierziger Jahren
des 12. Jahrhunderts Samson de Nanteuil verfafste. Dieser sagt:
'• Ki ben en volt estre enqueranz,
Entendet dune a cest romanz
Que al loenge damne de
E a s'enor at translate
Samson de Nantuil."
(De la Rue, Essais sur les Bardes. II 133).
So giebt ferner Wace seinem Brut, für den die "Historia regum
Britanniae" direkte Quelle ist, neben der specielleren Bezeichnung
"Geste des Bretuns" auch die "allgemeinere Romanz ", indem er
am Schlüsse sagt:
"Puis que Dex incarnassion
Frist por nostre redemption,
Mil et Cent cinquante cinq ans,
Fist maistre Gasse cest romans."
Ebenso nennt Benoit de Sainte More sein auf dem Werke
des Dares Phrygius 'De Excidio Troiae' beruhendes Epos wider-
holt Romanz, z. B.
"Or veuil je les romanz commencier.
Le latin suivrai ä la lettre,
Nule autre riens n'i voudrai meltre."
Dieselbe Bezeichnung giebt Hue de Rotelande seinem Hypomedon
(um 1185):
"Hue de Rotelande nous dit,
Ky ceste estorie nous descrit,
Kv de latin velt romanz fere
Ipomedon a tuz amanz
Mande saluz en cest romanz
Par cest Hue de Rotelande."
(Harry Ward, Catalo<;ue of Romances. S. 743, 746).
Und Aimes tle Varennes sagt von sich und seinem Florimnnd
(geschr. 1 188):
494 J'- VOELKKk,
"A ciaus qui sevent de clcrgie
Conte par ethymolojjie
Quc por s'amie Vialine
Traist de grec l'istoire latinc,
E del latin fist le roumans
Aimes qui fu loiaus amans."
(P. Paris, Les Manuscrits Fran^ais III 43).
Die angeführten Beispiele mögen genügen, um diese Bedeutung
des Wortes für das 12. Jahrhundert festzustellen. Aber auch in
den folgenden Jahrhunderten fehlt es keineswegs an Belegen für
dieselbe und diese mehren sich in dem Grade, als überhaupt die
Übersetzungslitteratur an Umfang und Bedeutung gewinnt, und sie
verschwindet erst dann aus der französischen Litteratur, als man
überhaupt aufhörte, die lebende Sprache mit dem Worte romanz
zu bezeichnen. Das Festhalten an dieser Bedeutung ist aber darum
so merkwürdig, weil andererseits dasselbe Wort schon früh zu
engeren Bedeutungen gelangte, wie wir in dem Folgenden zeigen
werden. Es dürfte daher wohl von Interesse sein, noch einige dieser
späteren Belege zu hören:
"Si comme Dans Jehans nous devise
Qui en latin l'istore mist,
Et Herbers qui le romanz fist,
De latin en romanz le traist."
(Dolopathos, ed. Brunei et Montaiglon. V. 1844 ff.)
" En Tenor del bon duc Ferri
Qui tant dolcemant me norri,
Vuel un roman encomancier
Et del latin enromancier."
(Chronique abregee des Calendre, in der Hist. Litt, de la France. XVIII 772).
Jean de Chastelet (um 1260 lebend) brachte die Disticha
Catonis in französische Verse:
"Ce dit Jeiians de Chastelet
Qui nous commence cest romanz
De Caton et de ses commens."
In dem Bestiaire des Gervaise (Romania I 426 ff.) heifst es
(V. 35 f.):
" Li lätins qui mult est plaisanz,
De illuec fu estraiz li romanz."
In demselben Bestiaire findet sich am Schlüsse auch die Form
"romain". Auch im Provenzalischen fehlt es nicht an späteren Be-
legen für diese Verwendung des Wortes. So nennt Raimon Feraut
sein Leben des heil. Honorat (1300), da es auf einer lateinischen
Quelle beruht "Romans". Bertran de Marseille sagt am Eingang
seines Lebens der heil. Enimia (Lex. Rom. I 549):
"Trais aquest romans de lati"
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 495
und der Uebersetzer des Evangeliums der Kindheit am Schlufs
desselben :
"Aras son mons romans fenitz."
Die Uebersetzung des Titus Livius durch Pierre Berceure (geb.
um 1300) führt den Titel: "C'est le Romraans de Titus Livius"
(P. Paris, Les Manusc, Fr, 1 s^)-
Der Frere Regnault de Louens, von dem wir eine Ueber-
setzung von Boetius' "De Consolatione Philosophiae" aus dem
Jahre 1336 haben, sagt am Schlüsse derselben:
" Si vous voulez savoir l'annee
Et la ville et la journee
Ou le frere parfist s'entente,
L'an mil CCC et six et trente
Le derrain jour de may prenez,
Si saurez quand a fin menez
Fut ce romant a PoUigny."
(de Bure, Catalogue de la Valliere. II 261).
Das späteste Beispiel dieser Anwendung des Wortes Roman,
welches mir begegnet ist, findet sich in einem Texte der ersten
Hälfte des 15. Jahrhunderts. Jean Lefevre übertrug um diese Zeit
die Disticha Catonis in französische Verse und weist in den ein-
leitenden Worten auf ältere Übertragungen desselben Gegenstan-
des hin:
"Si scey je bien que puis 9a et ain^ois
Que fusse nes, ils sont mis en fran9oys.
Par maintes fois ay veu le rommans
Qui dist 'Seigneurs ains que je vous commans'.
Ce qui est dit ne vueil je plus remordre."
(Le Roux de Lincy, Livre des Prov. Fr. I. S. XCIX).
Nachdem so ein Mal der Anstofs gegeben war, konnte es nun
nicht ausbleiben, dafs auch andere, nicht auf lateinischen Texten
beruhende Werke sich Romane nannten, indem damit nur ange-
deutet werden sollte, dafs sie eben in romanischer Sprache ge-
schrieben waren. Diese allgemeine Bedeutung von 'Werk in roma-
nischer Sprache" hat das Wort z. B. in der folgenden Stelle aus
Wace's Rou (ed. Andresen. Teil IIL V. 5331 f.):
"De romanz faire m'entremis,
Mult en escris e mult en fis."
So nennt auch Chrestien de Troies seine Dichtungen an zahl-
reichen Stellen Romane, z. B.:
"Del Chevalier au lyeon fine
Crestiens son romanz ensi ;
N'onques plus conter n'en oi,
Nc ja plus n'en orroiz conter,
S'an n'i vialt manifonge ajoster."
Und auch dieser Gebrauch des Wortes hat sich in den folgenden
Jahrhunderten in der französischen Literatur erhalten. So beschliefst
4q6 p. vof.lkkk,
Walther von Metz seine Image du Mond(! (gesclir. 1245) mit den
Worten:
"Ci fcnist TYma^e dou Monde,
A Dieu comcnce, :"i Dieu prent lin.
En l'an de l'incarnation,
As rois, ä l'apparicion
MCCXLV an
Fu prcmier parfeiz eist romanz"
(Hucher, Lc Saint Graal. I 73).
Und in Froissart's Espinette Amoureuse heifst es:
"Ne vosisse qua ronnans lire.
Especialment les trettiers
D'amours lisoie volontiers."
(Po^sies de Froissart, ed. Scheler. I 96).
Wie wir im Verlaufe unserer Untersuchung sehen werden,
tritt jedoch schon früh im Altfranzösischen die Tendenz zu Tage,
diese Bezeichnung auf eine bestimmte Gattung von Werken in
romanischer Sprache zu beschränken, und die Fälle, wo nicht zu
dieser Gattung gehörige Werke sich Romane nennen, sind im All-
gemeinen nicht zahlreich. Anders verhält sich dies im Proven-
zalischen, wo man es offenbar liebt, Werke der verschiedensten Art
unter diesen allgemeinen Begriff zu subsumieren. So endigt, um
nur einige Beispiele anzuführen, Folquet de Lunel sein Werk, das
gegen die Mifsbräuche der Welt gerichtet ist und eine Aufzählung
der Sünden aller Stände enthält, mit den Worten:
"En l'encarnassio fon falz
De MCCLXXX
E catr' el romantz e retratz."
(s. Diez, Poesie der Troubadours. S. 119).
Daude de Prades schrieb ein Gedicht, in dem er Anweisungen
gab um Vögel abzurichten. Auch er gab seinem Gedichte diese
Benennung :
"Segon so c'avia promes
Mos romas del tot complitz es."
(Bartsch, Chrest. Prov. 182, 15 f.)
In dem Briefe des Matfre Ermengaud an seine Schwester heifst es
am Schlufs:
"Aquest romans es acabat" (Lex. Rom. V 107).
Der Fierabras schliefst:
"Bon es d' aquest romans la fi e l'encontrada,
E'l mieg loc e per tot, qui be l'a escoutada."
(Lex. Rom. I 314).
Besonders beliebt ist im Altfranzösischen die Zusammenstellung
von romanz und livre, wobei es wol am nächsten liegt, unter diesem
ein Buch im Allgemeinen, unter jenem ein in romanischer Sprache
geschriebenes zu verstehen, z. B.:
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 497
"Ne porroit l'en les maus d'amer
Conter en rommant ne en livre."
(R. de la Rose, ed. Fr. Michel. V. 2618 f.).
Und in einem Verzeichnis v.J. 1387 heifst es: '-un coifre de
bois couvert de cuir, ferraant ä clef, ferr6 et cloue ainsi qu'il ap-
partient, pour mettre et porter en chariot les livres et romans de
la royne" (bei Delisle, Le Cabinet des Manuscrits de la bibl.
imp. I 49). Auch die Bezeichnung "livres roumans" findet sich
mehrfach, z.B. aus d. J. 1404 " Inventoire des livres roumans de
feu Monseigneur Philippe le Hardi" (Barrois, Bibl. Protypogr. S.105.
Ebenso S. iii, 112). Von Mahaut, comtesse d'Artois et de Bour-
gogne wird uiis berichtet, dafs sie i. J. 1323 "II romans et III
autres livres" kaufte, die jedoch nicht einzeln aufgeführt sind.
(Revue des Questions Historiques. Juli 1886. S. 236).
Dafs das Wort Roman jedoch bei der Bedeutung eines Werkes
in romanischer Sprache nicht stehen geblieben, sondern zu der-
jenigen eines Buches überhaupt fortgeschritten ist, beweist die fol-
gende Stelle aus einem Kataloge des Jahres 141 1: "Un gros rom-
mant en frangois, ou quel est contenu tout au long l'Histoire du
Saint Graal, de Merlin, de la Nativitc Lancelot et tous ses faitz,
de la Table Ronde, du roy Artus . .', (Gilles Mallet, Inventaire
de ranc.bibl. du Louvre. Paris 1836. No. 11 22).
In geraden Gegensatz zu dieser Begriftserweiterung tritt nun
jene merkwürdige und bedeutsame Wandlung, die das Wort Roman
in seiner Bedeutung erlitt, die nämlich, dafs es von einem "Werke
in romanischer Sprache" zu einer "Erzählung in romanischer Sprache"
und schliefslich zu einer "Erzählung" überhaupt wurde. Um dieselbe
zu begreifen, ist es nötig, einen Blick auf jene Werke zu werfen,
die sich seit der Mitte des 1 2. Jahrhunderts als die ersten mit
diesem Namen bezeichneten, und da ist es denn in die Augen
fallend, dafs sie fast ausschliefslich der erzählenden Litteratur an-
gehören. In den erzählenden Dichtungen liegt ja überhaupt der
Schwerpunkt der altfranzösischen Litteratur und es lag daher nahe,
dafs gerade sie, die so recht dem Nationalcharakter zusagten, diese
volkstümliche Bezeichnung wählten, um so mehr als sie inhaltlich
zum grofsen Teil auf lateinischen Texten beruhten. Vor Allem
aber mufsten jene Dichtungen an sich bedeutend und populär
genug sein, um durch ihren Einfluss eine Modifikation in der Be-
deutung desjenigen Wortes bewirken zu können, mit dem sie sich
vorzugsweise zu bezeichnen pflegten. Und dies waren sie in hohem
Grade, repräsentieren sie doch zum guten Teil die höchste Blüte
der mittelalterlichen Litteratur. Man denke nur an Werke wie
Wace's Brut, dessen zahlreiche uns erhaltene Handschriften uns
schon genügend seine Popularität beweisen, an den berühmten Roman
de Troie des Benoit de Saintc More, an den Roman d'Alexandrc
des Lambert le Tort und Alexandre de l^ertuiy, dessen Einiluls
grofs genug" war, um der in ihm verwendeten Versart den Namen
zu geben, oder ferner an die Werke des Clirestien de Troies, wohl
49^ I'. VOELKER,
dos beliebtesten Jlrzählers des INIittelalters und der auch auf andere
Dichter fruchtbar und folgenreich einwirkte, und endh'ch an die Fülle,
der anderen erzählenden Dichtungen jener grofsen i.nd bedeut-
samen Zeit ! Kin so gewichtiger Bedeutungswandel war natürlich
nicht das Werk des Augenblicks, sondern dazu bedurfte es langer
Jahre, in denen er sich nur allmählich vollzog, und das Wort wird
notwendiger>veise eine Zeit lang zwischen den beiden Bedeutungen
hin und her schwanken. Diese Zeit des Schwankens ist im Wesent-
lichen die zweite Hälfte des 12. Jahrhunderts und die Stellen, wo
eine doppelte Auslegung m()glich ist, sind daher in den Texten
dieser Zeit zahlreich. Ks wird von Interesse sein, dieses Schwanken
in der Bedeutung des Wortes Roman an einigen Beispielen zu
verdeutlichen. Dafs bei Beurteilung solcher Stellen die Entschei-
dung oft subjektivem Ermessen überlassen bleiben raufs, versteht
sich von selbst, und sie ist um so schwieriger zu treflfen, als ja die
allgemeinere Bedeutung von " Werk in romanischer Sprache " sich,
wie wir gesehen haben, noch lange erhalten hat.
Wace vergleicht im Rou (ed. Andresen. Teil III. V. 143 ff.,
151 ft.) sein Loos mit dem der Geschichtsschreiber in der guten
alten Zeit mit den folgenden Worten:
"Mult soleient estre onure
E mult preisie e mult am^
Cil ki les gestes escriveient
E ki les estoires faiseient.
Mais or puis ieo lunges penser,
Livres escrire e translater,
Faire rumanz e serventeis,
Tart truverai, tant seit curteis
Ki tant me duinst . . . ."
Nach dem vorangehenden "translater" möchte man geneigt sein,
unter "rumanz" aus dem Lateinischen ins Romanische übersetzte
Werke überhaupt zu verstehen, andererseits spricht Wace in dem
Vorhergehenden ausdrücklich von Werken erzählenden Inhalts und
auch die Zusammenstellung " rumanz e serventeis " deutet bereits
auf eine engere Bedeutung des ersteren hin.
Der Verfasser des Roman du Mont Saint Michel (geschrieben
zwischen II 54 — 11 86), Guillaume de Saint Pair, schickt seinem
eigentlichen Werke, in dem er die Gründung der Kirche auf jenem
Berge und die dort geschehenen Wunder erzählt, einige einleitende
Worte voran. In diesen sagt er, dafs Viele, die nach diesem Berge
pilgern, sich mit Recht nach der Entstehungsgeschichte der dortigen
Kirche zu erkundigen pflegen. Die ihnen auf ihr Befragei> er-
zählten Geschichten seien aber oft falsch, er habe es daher unter-
nommen , diese Geschichte auf Grund authentischer Quellen in
romanischer Sprache zu schreiben. Den Schlufs dieser Einleitung
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 499
und den Übergang zu der eigentlichen Erzählung bilden dann die
Worte :
" Celz vers ici or fenirai,
E mon romanz commencerai."
Man könnte auch hier an der allgemeineren Bedeutung fest-
halten mit Rücksicht darauf, dafs das Werk angeblich auf einer
lateinischen Quelle beruht, andererseits steht nach dem ganzen Zu-
sammenhange, in dem das Wort steht, auch der Zulassung jener
engeren Bedeutung nichts im Wege.
Wenn Chrestien de Troies sagt (Cliges. V. 18 ff.):
"Ceste estoire trovons escrite,
Que conter vos vuel et retreire,
An un des livres de raumeire
Mon seignor saint Pere a Biauveiz.
De la fu 11 contes estreiz,
Don cest romanz fist Crestiiens",
so hat man zwischen beiden Bedeutungen die Wahl: romanz kann
hier sowohl ein Werk als auch eine Erzählung in romanischer
Sprache bedeuten.
Zuweilen ist man geneigt, an verschiedenen Stellen ein und
desselben Textes sich bald für die eine, bald für die andere Be-
deutung zu entscheiden, so z. ß. im Florimond :
•'A ciaus qui sevent de clergie
Conte par ethymologie
Que por s' amie Vialine
Traist de grec l'lstolre latlne,
Et del latln fist le roumans
Aimes qul fu lolaus amans."
Hier ist die Bedeutung des Wortes wohl klar, in der folgenden
Stelle aus demselben Gedichte dagegen könnte man unbedenklich
eine "Erzählung in romanischer Sprache" darunter verstehen:
" Roumans ne estoire ne plalt
As Fran^ois se 11 ne l'ont falt."
(P. Paris, Les Manusc. Fr. III 43 und III 16).
Diese Bedeutung scheint das Wort auch in der folgenden
Stelle aus dem Roman d'Athis et Porfilias des Alex, de Bernay
(bei Ward, Catal. of Komances S. 174) zu haben:
" D'Atheine faut ici l'estolre
Que 11 escrls temolgn a voire.
Ici faut 11 romanz d'Atys,
De Porfilias ses amis
Et dou siege d'Athelne ans!
Se sont 11 Grezois departi."
Die angeführten Beispiele m()gen genügen, um dieses Schwanken
der Bedeutung des Wortes in der zweiten Hälfte des 12. Jahrh. zu
verdeutlichen. Jedenfalls tritt schon in diesem Zeilrauni die Hin-
500 P. VOELKER,
ncigung zu jener modifizierten Bedeutung hervor, und am Ausgang
des 12. oder Anfang des 13. Jalirh. begegnen uns bereits Stellen
die diesen Übergang als einen vollzogenen erscheinen lassen, z. li.:
"Romans avd-s 01 adid-s
Les uns boins, les autrcs malvais
Hui mais porois romans oir
Qui a toute gent doit plasir.
N'est mie estrais de faussetd-,
Anchois est fine verit^."
(R. des Sept Sages, ed. Keller. V. 9 f., 245 ff.).
"Li uns viole, li autre conte romans"
(Girard de Vienne; bei Du Gange. "Romanus").
"Poi trouverös jouglierre qui de chesti vous chant,
Quar il en est moult poi qui sache le romans
Comme Garin fu pris a Monglane la grant."
(Gaufrey, ed. Guessard et Chabaille V. 269 ff.).
"Seignor, o'i avez maint conte
Que maint conteres vos aconte,
Comment Paris ravi Helayne,
Les ma.x qu'il en ot et la paine,
De Tristrani qui la chievre fist,
Qui assez belement en dist
Et fables et chan9ons de geste,
Romanz du leu et de la beste
Maint autre conte par la terre."
(R. de Renart, ed. Meon I V. i ff.).
Von dieser Zeit ab begegnet das Wort Roman so allgemein in
dieser Bedeutung von "Erzählung", dafs es überflüssig wäre, weitere
Beispiele anzuführen; auch werden wir in unserer Untersuchung
noch oft genug Gelegenheit haben, solche Beispiele aus dieser und
späterer Zeit anzuführen.
Wir haben somit den Zeitpunkt zu bestimmen gesucht, wo zu-
erst der Begriff der Erzählung in dem Worte enthalten war, da-
gegen mufs es dahingestellt bleiben, wie lange man den Begriff
der Sprache noch damit verband, mit andern Worten: wann ro-
manz von der Bedeutung "Erzählung in romanischer Sprache" zu
der von "Erzählung" gelangte. Nur so viel läfst sich mit Bestimmt-
heit sagen, dafs nach dem 15. Jahrh. das Wort in der ersteren Be-
deutung nicht mehr vorkommen konnte, wenigstens nicht sofern
man dabei an die zeitgenössische Sprache dachte, und dafs man
auch an die alte Sprache in diesem Falle nicht denken konnte,
das bezeugt die weitere Geschichte des Wortes zur Genüge. Die
Definition, welche Sylvius im 16. Jahrh. von dem Worte giebt "ro-
man est historia gallico sermone conscripta" (bei Darmesteter et
Hatzfcld, Le i6e Siecle en France. S. 187 Anm.) stöfst das Ge-
sagte nicht um, denn hier haben wir das Urteil eines Gelehrten,
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 5OI
der grofsen Masse des Volkes dagegen war zu dieser Zeit ein
Roman einfach eine Erzählung.
Zu den Werken erzählenden Inhalts gehören nun auch die
Geschichtswerke, Chroniken, Annalen, Biographien und andere auf
historischem Boden stehende Darstellungen, und auch diese haben
sich schon früh mit Vorliebe Romane genannt, und zwar nicht nur
diejenigen, welche angeblich oder wirklich auf lateinischen Quellen
beruhten, sondern auch solche, bei denen dies nicht der Fall war.
Schon in dem 1172 von Garnier de Pont Sainte-iNIaxence verfafsten
Leben des heil. Thomas von Canterbury heifst es von diesem
Werke selbst:
"Unc mes ne fu romanz mieldre fez ne trovet:
A Cantorbire fu et fet et amendes."
(P. Paris, Les Mss. Fr. III 82).
Dieselbe Bezeichnung trägt auch Joinville's Histoire de Saint
Louis, ferner Guillaume Guiart's 1306 verfafste Branche des Royaus
Lingnages, und unter dem 12. Dez.1381 wird uns berichtet von "LVI
quayers que messire Jehan Froissart . . . avoit fait escripre, faisans
mencion de plusieurs et diverses batailles et besoignes en fait
d'armes, faictes ou royaume de France le temps pass6, lesquels LVI
quayers de romans ou croniques le dit messire Jehan avoit envoie
pour enluminer ä Guillaume de Bailly, enlumineur . . ." (Journal de
Jean le F^vre, ms. franc^ais 5015, fol. 3. Angef. bei Delisle, Le
Cabinet des Mss. I 55). Einen Beleg findet diese Verwendung des
Wortes auch z. B. durch die folgende Angabe eines Katalogs aus
d. J. 141 1: "Un viel rommant en papier gros et court, en ryme,
et parle des guerres d'Escoce et d'Angleterre." (Gilles Mallet,' In-
ventaire de l'anc. bibl. du Louvre. Paris 1836. No. 1120). Und
noch im 16. Jahrh. spricht der Geschichtsschreiber Brantöme (1540
bis 161 4) in seinem Leben des Gonsalvo von Cordova von dem
" Roman de Bayard " und meint damit die Lebensgeschichte des
bekannten französischen Helden, deren eigentlicher Titel lautet:
"Histoire du Chevalier Bayard et de plusieurs choses advenues
sous les rcgnes de Charles VIII, Louis XII et Franyois I." (vgl.
S. 517). Aber auch an anderen Zeugnissen fehlt es nicht für die
Thatsache, dafs man hauptsächlich auch Geschichtswerke mit dem
Namen Roman zu bezeichnen pflegte. Schon Thomas Tuscus sagt
in seiner Chronik (13. Jahrh.): "Et ex hoc factum est, ut gcsta in
vulgari Gallico scripta romanlia nominentur." (Pertz, Monum. Germ
Hist. XXII 494, 38).
In ähnlicher Weise werden in einem Briefe König johann's von
Böhmen aus dem Anfang des 14. Jahrh. roraancius und chronica zu-
sammengestellt: "Nuper autem retulit nobis religiosus vir frater Petrus
de Castro-Reginaldi ordinis fratrura praedicatorum, quod in magnura
ipsius ordinis dcdecus et contemptum facti sunt romancii, chrouicac
et moteti, in quibus continetur, quod clarae mcmoriae dominum et
genitorem nostrum Impcratorem Henricum frater quidam Bernardus
Zeitscbr. f. roiu. I'hU. X. .,-,
502 P. VOELKER,
de Moiitepeluciano ordiuis supradicti, adminislrando ei sacramen-
tum Kuchari^liae veiienavit . . .'' (Du Cange, a.a.O. "Romancius").
Auch spätere Zeugnisse für diese Versvendung unseres Wortes sind
vorhanden. So sagt de I'igna in seiner Abhandhing de' Komanzi:
" Komanzi, secondo h) commune oppinione, in Francese detti erano
gU Annali." (Menage, Le Origini deila Lingua Jtaliana, s. v." Ro-
manzi").
Diese Bedeutung ist auch ins Itah'enische übergegangen, so
wenn Pucci sagt:
" Poi cavalcar, come dice il rüinanzo,
Ed ebber presa la Terra di Moncia",
und unter dem Romanze die Geschichte der Stadt Florenz des
(iiovanni Vilani versteht, die er in seinem Centiloquio in Verse
gebracht hatte. ('lommaseo-Bellini, Dizionario della Lingua Ita-
liana. "Romanzo").
Wenn nun aber auch das Wort Roman ganz im Allgemeinen
zur Bezeichnung einer P>zählung gebraucht . wurde, so trat doch
eine weitere Modifikation dieser Bedeutung ein, indem man bald
darunter eine speziell zum Sagen oder Lesen , nicht aber zum
Singen bestimmte Geschichte verstand. Hier fällt es nun zunächst
auf, dafs auch den "Chansons de geste", eine Benennung, in welcher
ja bereits die Vortragsweise klar ausgedrückt isc, jene andere Be-
nennung nicht fremd ist. Zwar haben sie dieselbe nicht so all-
gemein angenommen wie die höfischen Epen und andere Werke,
denn sie hatten als die bedeutend älteren bereits eine ihnen eigen-
tümliche Bezeichnung und nannten sich gewifs als echte Produkte
der Volkspoesie von jeher Chansons, aber einige von ihnen wenden
doch beide Bezeichnungen: Romanz und Chanson neben einander
an. So z. B. ist der Cyclus der Chansons de geste von Guillaume
d'Orange in der Boulogner Handschrift überschrieben " Li Rou-
mans de Guillaume d'Orange". Ähnlich heifst es im Elie de Saint
Gille (ed. G. Raynaud. V. 2758 f.):
"Ichi faut li romanz de Julien 11 her
Et d'EIye son fil qui tant pot endurer ",
oder in Aiol et Mirabel (ed. W. F'örster V. 1098 1):
Et del romans Aiol est la rime finie.
Andere Beispiele sind:
"Son fils ot non Hugon de Saint Gille le grant,
Sire de Valvenise, la seignorie tenant,
Qui avec Godeffroy alla la mer passant,
Ainsi qu'aves oy recorder ou roumant."
(Parise la Duchesse, ed. Guessard et Larchey. S. XII).
"A Dieu vous comnian je, ma canchon est finee.
De cest roumant est boine et la fin et l'entree,
Et enmi et partout, qui bien l'a escoutee;
Ki cest roumant escrist il ait boine duree."
(Fierabras, ed. Kröber et Servois. V. 6216 ff.).
DIE BEDEÜTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 503
Wie man sieht, sind die Chansons, denen die angeführten
Stellen entnommen sind, alle jüngeren Datums und werden gewöhn-
lich in den Anfang des 13. Jahrh. gesetzt (bei älteren Chansons
wie dem Rolandslied kann diese Bezeichnung selbstverständlich
überhaupt noch nicht vorkommen). An "diesen und ähnlichen Stellen
wird man wohl am besten thun, romanz mit " Werk in romanischer
Sprache" zu übersetzen in Anbetracht der zahlreichen Stellen, in
denen seit dem Anfange des 13. Jahrh. die Vortragsweise der Ro-
mane erwähnt wird und wo stets nur von einem conter, dire, lire,
nie aber von einem chanter derselben die Rede ist. Das allmäh-
liche Durchdringen dieser modifizierten Bedeutung ist zweifellos
eine Folge davon, dafs sich von vorn herein hauptsächlich solche
Werke diese Bezeichnung beilegten, die nicht zum Singen bestimmt
waren, so die Reimchroniken, Biographien und ähnliche Werke,
ferner die Erzeugnisse der späteren Kunstdichtung, die sich fast
ausschliefslich so nannten, vor Allem aber auch erzählende Werke
in Prosa, bei denen also ein Zweifel über ihre Vortragsweise gar
nicht bestehen konnte (vgl. S. 513^). Zunächst einige Beispiele,
wo von dem Erzählen oder Sagen eines Romanes die Rede ist:
"Li uns viole, li autre conte romans."
(Girard de Vienne ; bei Du Gange. "Romanus").
" Cil vilain dont je vous commanz
A conter merveilleus romanz."
(R. de Renart, ed. M(^on. II V. 15343 f.).
"Ausi com vos dirai avant,
S'o'ir vol^s icest roumant."
(Ib. IV V. 139 f.).
" Car vous arai contet et dit
Un roumant qui n'est mie bries."
(Barb. et Meon, Fabl. et Contes. IV 56).
Noch häufiger sind diejenigen Stellen , wo von dem Lesen
eines Romanes gesprochen wird, z. B.:
Et lisoit
Une pucele devant lui
En un romans, ne sai de cui ;
Et por le romans escoter
\ S'i estoit venue acoter
Une dame . . ."
(Li Romans dou Chev. au Lyon, cd. Holland V. 3350 IV.).
"Et si est grans
Et simple et avenans et coie
Et lisoit d'un romans de Troi e
K'ele avoit tantost commenci6."
(Li Chev. as deus Esp., ed. W. Förster. V. 4:70 ll".).
"Car quant on ot un roumans lire , on cntent les aventures
aussi com s'eles fussent cn present ici." (Bestiaire d'Amor des
Richard de l'"urnival. l-'.inleitung).
33*
504 !'• VOELKRR,
"Empercor el roi et conle
Et duc et prince a cui Ten conte
Romanz divers por vous esbatre
De cels t\m se seulent combatre
(^ä CD arriers jjor sainte Yglise,
Quar nie diles par (juel servise
Vous cuidicz avoir paradis.
Cil le gaaifiiiierent jadis
Dont vous oez ces romans lire."
(Oeuvr. de Rutebeuf, ed. Jubinal. Paris 1839. I 91).
Am schlagendsten beweisend für diese Bedeutung des Wortes
sind aber diejenigen Stellen, wo es ausdrücklich Worten wie chan-
son, chant gegenüberge^lt^llt wird, denn bei ihnen kann kein Zweifel
mehr bestehen, dafs diese IJedeutung einer nur gesagten oder ge-
lesenen Erzählung auch wirklich in den Begriff des Wortes über-
gegangen war. Solche Beispiele sind die folgenden: In dem Roman
Guillaume de Dol, den der Verfasser übrigeng Roraanz de la Rose
nennt, und in den, wie in den Roman de Ja Violette kleine, zum
Singen bestimmte Gedichte eingestreut sind, findet eine derartige
ausdrückliche Gegenüberstellung von roman und chant statt. Es
heilst dort :
"Et s'est fez par si grant delit
Que tuit eil s'en esjo'iront
Qui chanter et lire l'orront,
Ou'il lor sera nouviaus toz jors.
II conte d'armes et d'amors,
Et chante d'ambedeus ensamble.
S'est 3 vis a chascun et samble
Que eil qui a fet les romans
Qu'il trovast toz les moz des chans ;
Si afierent a ceuls del conte."
(Hist. Litt, de la Fr. XXII 826).
Anderswo sagt ein Trouvere von sich :
"Car ge sai de chan^on de geste ",
dann zählt er eine Reihe solcher, des komischen Effektes willen
unter falschen Titeln, auf, und fährt fort:
" Mais de chanter n'ai ge or eure :
Ge sai des romanz d'aventure,
De cels de la reonde table
Qui sont a o'i'r delitable."
(Oeuv. de Rutebeuf, ed. Jubinal. I 333 fF.).
Dem entspricht es, wenn es in dem Roman de l'Escoufle
heifst :
" Mout lor sot bien chanter chan^ons
Et conter contes d'aventure."
(Hist. Litt, de la Fr. XXII 817).
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 505
Nebenbei sei bemerkt, dafs Jubinal a. a. O. zu der obigen Stelle
in einer Anmerkung sagt : "On voit qua d^s cette epoque on di-
stmguait les romans en romans de la table ronde, et romans d'aven-
ture, c'est a dire probablement : romans de chevalerie, oü les heros
cherchaient des rencontres." Dieser Schlufs kann selbstverständlich
aus obiger Stelle nicht gezogen werden.
Ein solcher Gegensatz ist wohl auch in der folgenden Stelle
zwischen roman und chanson enthalten:
"S'Amors nel destraint et travaille,
Por neant en fet commen9aille
En chanson, ne roman, ne livre."
(Li Romanz de la Poire, ed. Stehlich V. 344 ff.).
Auch im Provenzalischen finden sich Belege für diese Be-
deutung des Wortes romans. Schon von Arnaud de JMarueil wird
gesagt :
"Arnautz e cantava be, e legia be romans."
(Lex. Rom. V 107).
Vor Allem hat hier Raimon Vidal an mehreren Stellen diese
Bedeutung des Wortes hervorgehoben, so wenn er von sich sagt:
"Senher, ieu soy us hom aclis
A joglaria de cantar,
E say romans dir e contar
E novas motas e salutz." (Choix V 343).
An einer andern Stelle sagt derselbe Dichter: "Per aqui me-
zeis deu gardar, si vol far tin caniar 0 un romans, qua diga rasons
et paraulas continuadas et proprias et avinenz et que sos cantars
0 SOS romans non sion de paraulas biaisas . . .", und bekannt ist
der Ausspruch von ihm: "La parladura francesca val mais et es
plus avinenz a far romanz e pasturellas, mais cella de lemosin val
mais per far vers et cansons et serventes: et per totas las terras
de nostre lengage son de maior autoritat li cantar de la lenga le-
mosina que de neguna autra parladura." {Die baid. alt. pro^v. Gr.
ed. Stengel. S. 86 und 70). Die "vers, cansons et serventes"
werden also als gesungene Gedichte bezeichnet und den Romanen
|eg^ lübergestellt. Dem entsprechend hcifst es z. B. im Roman de
Flaii 3nca (ed. F. Meyer. V. 17 14 ff,):
L " Chansons e lais, descortz e vers,
f Serventes et autres cantars
Sapia plus que nuls joglars."
In der S. 491 citierten Stelle: "Par laiz, par escriz, par romanz"
könnte man also auch, und das scheint mir das Wahrscheinlichere
zu sein, romanz übersetzen durch "(gesagte) Erzählung" anstatt mit
Wolf durch "Gespräch".
Auch im Spanischen bezeichnete man mit dem Worte romancc,
wenn es zur Bezeichnung einer Dichtungsgattung vor dem 15. )alirh.
vorkam (denn auch im Spanischen bedeutete es ursprünglich nur
506 I'. VOELKRK,
ein in der Vulgärsprache geschriebenes Werk) gewöhnlicli (-in melir
/um Sagen und Lesen, und nicht zum Singen bestimmtes episches
(ledicht, im Unterschiede von den sogenannten Cantares de gestas.
Diese sj)anischen Romances sind also nicht zu veruechseln mit den
erst später auftretenden lyrisch-episclicn und gesungenen Gedichten,
die wir unter dem gleichen Namen kennen lernen werden
(s. S. 521 f.). Dafs man unter den ersteren schon kunstmäfsiger ab-
gefafste Erzählungen verstand, beweist die folgende Stelle aus dem
Gedichte Appolonio (bei Du Mciril , Po^sies Popul. Lat. du Moyen
Age S. 295):
"Ell el nombre de Dios e de santa Maria,
Si ellos me guiasen estudiar queria
Componer un romance de nueva maestria",
wo aus der letzten Zeile deutlich hervorgeht, dafs der Dichter nicht
beabsichtigte, eine volkstümliche Dichtung zu schreiben. Auch
Epitheta wie "fermoso, bien rimado" und .ihnliche deuten darauf hin.
Für die Vortragsweise charakteristisch ist eine andere Stelle aus
demselben Gedichte (Copla 428), wo Tarsiana als Joglaresa auf-
tritt, und, nachdem sie viele Lieder mit Begleitung der Viola auf
dem Markte für Lohn gesungen hat, ihre eigene Geschichte in
einer Romanze zu erzählen beginnt:
"Ouando con su viola huvo bien solazado,
A sabor de los pueblos huvo asaz cantado,
Tornöles ä rezar un romanze bien rimado
De la SU razon misma por do avia pasado."
(Vgl. hierüber Ferd. Wolf, Über die Romanzenpoesie der Spanier.
In den Wiener Jahrbüchern d. Literat. CXVll 82 ff.). Ob übrigens
im Spanischen diese an die Vortragsweise anknüpfende Bedeutung
des Wortes eine so ausgesprochene war wie im Französischen,
scheint fraglich in Anbetracht der späteren Bedeutung, die es in
dieser Sprache annahm.
Ganz in derselben Weise wie romanz wird auch das Wort dit
im Französischen Worten wie chant etc. gegenübergestellt, so z. B.
in der Chantefable Aucassin et Nicolete (ed. Suchier. 1,8 f.):
" Dox est li cans, biax 11 dis
Et cortois et bien asis",
oder im Roman de la Violette (ed. Michel. S. 4):
"Et s'est li contes biaus et gens
Que je vous voel dire et conter,
Quar on i puet lire et chanter,
Et si est si bien acordanz
Li cans au dit. Les entendans
En trai a garant que di voir."
Ferd. Wolf, (Über die Lais. S. 252 ff.) hat eingehender über die
mit dem Namen Dit (oder Ditie) bezeichneten Gedichte gehandelt
und diese Vortragsweise als das Charakteristische derselben hin-
DIE BEDEUTU^fGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 507
gestellt auf Grund zahlreicher Belegstellen, die sich leicht ver-
mehren liefsen. Das Resultat seiner Untersuchung fafst er in die
Worte zusammen (a.a.O. S. 258): "Wenn daher weder in dem
Inhalte noch in der Form allein das charakteristische Merkmal der
doch durch einen eigenen Namen, Dits oder Dities, bezeichneten
Dichtungsgattung zu suchen ist, so wird es sich wohl nur in der
Vortragsweise finden, die eben durch den Namen schon hinlänglich
gekennzeichnet wird, und welche dann zu der oben erwähnten
didaktischen Tendenz und historischen Färbung des Inhalts, und
zu den strophenlosen, oder zwar strophischen, aber zum Gesänge
minder tauglichen Formen auch die passendste war." Es sei uns
gestattet einig-e weitere Bemerkungen über diese Dichtungsgattung
hinzuzufügen.
Aus der Grundbedeutung des Wortes von Gesagtem ergiebt
sich zunächst ohne Schwierigkeit diejenige von Erzählung, und es
wird daher besonders gern mit Worten wie conte zusammen-
gestellt, z. B.:
"Ge sai contes, ge sai flabeax,
Ge sai conter beax diz noveax."
(Oeuv. de Rutebeuf, ed. Jubinal I 339).
"Je vous ai mainz moz fabloiez,
Et diz et contes rimoiez."
(Hist. Litt, de la Fr, XXUI 262).
"ün tient le menestrel a sage,
Qui met en trover son usage,
De fere biaus dis et biaus contes
C'on dit devant dus, devant contes."
(Barb-Meon, Fabl. et Contes. III 398, 3 ff.).
"Jamais ne bei dit, ne bei conte,
N'ieit mais de li a cort retrait.
(Ib. III 419, 340 f.) etc.
Werden romanz und dit zusammengestellt, so scheint man
unter jenem eine umfangreichere, unter diesem eine kürzere Er-
zählung verstanden zu haben. So lauten die .Anfangsverse des
Roman des Sept Sages (ed. Keller):
"Piaist vous oir bons dis et biaus
Qui sont d'auctorite nouviaus.'
Et sample sont tuit veritable,
N'est mie men9oigne ne fable."
Unter diesen Dits sind zweifellos die einzelnen Erzählungen
der Dichtung zu verstehen. Dagegen wird weiter unten das ge-
samte Werk mit dem Namen Roman bezeichnet (V. 245 rt".):
" Hui mais porois romanz oir
Qui a toute gent doit plasir,
N'est mie estrais de fausset<5,
Anchois est fme veritö."
5^^ P. VOELKER,
An zahlreichen Stellen berufen sich die Dits darauf, dafs sie
nur Wahres berichten wollen (wie sie ja auch nicht selten an histo-
rische Ereignisse oder Personen anknüpfen), und treten daher be-
sonders in einen Gegensatz zu den Fablels, deren erfundene V.T-
zählungen so in Mifskredit gekommen waren, dafs z. B. ein Fablel-
dichter selbst ein solches mit den Worten beginnt:
" Se fabliaus puet veritez estre,
Dont avint il, ce dist mon mestre,
C'uns vilains a Bailleul manoit . . ."
(Jubinal, Nouv. Rec. I 312).
Eine solche Gegenüberstellung von dit und fablel findet z. B.
statt in dem Dit du Chancelier Philippe des Henri d'Andely, von
welchem der Verfasser sagt:
"Por ce qu'il est de verite
Ne l'apele mie fablel;
Ne Tai pas escrit en tablel,
Ains Tai escrit en parchemin
Cest dit fit Henris d'Andely."
So nennt auch Guillaume de Machaut eine seiner Dichtungen
"Le Livre du Voir Dit", um das darin Erzählte als wirklich Ge-
schehenes hinzustellen. Die folgende Stelle aus dem schon ge-
nannten Dit du Chancelier Philippe ist darum interessant, weil man
aus ihr ersehen kann, dafs es den Dichtern solcher Dits haupt-
sächlich um Popularität und möglichst weite Verbreitung ihrer Ge-
dichte zu thun war:
" Par bois, par plains et par chemin,
Par bois, par chasteals, par citez
Vodraqu'il soit bien recitez."
Die grofse Masse des Volkes nun, an welche doch die Dits
hauptsächlich gerichtet waren, verlangte keine Kunstwerke, und
eine grofse Anzahl derselben ist in der That, inhaltlich wie stili-
stisch recht unbedeutend, sondern sie war zufrieden, wenn ihr nur
etwas Neues, und war es auch noch so unbedeutend, aufgetischt
wurde. Hieraus erklärt es sich wohl, warum diese Dits sich mit
Vorliebe "neue Dits" nennen, ja das Wort ncuvel ist, neben bei,
gleichsam ein stehendes Beiwort dieser Gedichte geworden.
Hierfür einige Beispiele :
"Ge sai contes, ge sai flabeax,
Ge sai conter beax diz noveax,
Rotruenges viez et noveles
Et sirventois et pastoreles."
(Oeuv. de Rutebeuf, ed. Jubinal I 339).
" Un noviau dit ici nous trueve
Guillaume de la Villenueve."
(bei Barbazan. 11 276).
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 5OQ
"En l'ouneur de Marcheandie
M'est pris talent que je vous die,
Se il vous piaist, un nouvel dit." (Ib. II 301).
"De dire contes et fabliaus
Et de trover biaus dis noviaus
Se soloient ja entremetre
Et grant peine i soloient metre
Cil qui seulent dire et conter."
(Jubinal, Jongleurs et Trouv. S. 128).
Auch "merveilleus" nennen sich die Dits zuweilen:
"Seignor, mult me merveil que eist siecles devient.
Et de ceste merveille trop souvent me souvient
Si qu'en moi merveillant, a force me convient
Faire un dit merveilleus qui de merveille vient."
(Rutebeuf ed. Jubinal. I 175).
Hiermit ist sehr wohl vereinbar, dafs ein grofser Teil der so
bezeichneten Gedichte Gelegenheitsgedichte sind, so das schon er-
wähnte Dit auf den Tod des Kanzlers Philipp und viele andere.
So besitzen wir ein dieser Gattung zugehöriges Gedicht des Gode-
froy de Paris: "De la Comete et de l'Eclipse, et de la Lune et
du Souleil", in welchem der Verfasser von den Kometen und
Sonnenfinsternissen berichtet, die sich in den Jahren 13 14 und
13 15 beim Tode Philipps des Schönen und seines Sohnes Ludwig
zeigten. Das Gedicht beginnt mit den für die Gattung überhaupt
bezeichnenden Worten :
"Chascun me demande nouvelles
Et j'en sai, mes ce sont de Celles
Dont DU monde court la maiere."
(P. Paris, Les Mss. Fr. I 334).
Die didaktische Tendenz der Dits wird an zahlreichen Stellen
ausgesprochen, z. B.:
" D'un dit fere me renovel
Oii talent m'est pris cjue repraigne
Le monde . . ." (Jubinal, Nouv. Rec. II 58).
"Dont pour endoctriner cest roy
Un dit fu fait de tele loy." (Ib. II 417) etc.
Wie ausgesprochen diese didaktische Tendenz war, dafür ist
ein interessanter Beleg das Avisemens pour le roy Loys des schon
erwähnten Godefroy de Paris. Der Dichter setzt dem König, Lud-
wig X., zunächst die Pilichten eines Regenten auseinander. "Aprt;s
cette exposition, le poete blaine amrrement et longuement certains
auteur de "dits" pretendus moraux, mais qui, dans le fond, ren-
fermaient des invectives contre l'cglise et non des enseignements
salutaires.'' (P. Paris, Mss. Fr. I 326).
Wenn oben das Sagen als die charakteristische Eigenschaft
der Dits hingestellt wurde, so darf doch nicht unerwähnt bleiben,
5 lO P. VOELKER,
dafs auch Stellen vorkommen, wo von einem musikalischen Vortrag
derselben gesprochen wird, z. B.:
"La sont li joglcor, cantcnl lais, notent dis."
"E joj^leor i canlent et lais et sons et dis."
(K. de la Violette, ed. Fr. Michel. S. 153 Anm.).
'' Si chantons chan(;'ons noveles,
Biaus dis, beles noles . . ."
(Bartsch, Romanzen und l'astour. S. XIV).
Auch prosaische Werke erzählenden Inhalts nennen sich übri-
gens, wenn auch verhältnismäfsig selten, Dits oder Ditiös, so z. B.
die von de Wailly unter dem Titel " Recits d'un Mdnestrel de
Reims" herausgegebene Chronik (Ib. S. 27).
Die Dits erinnern somit in vieler Beziehung an die deutschen
"Sprüche", unter welchem Namen wir aus dem 15. Jahrh. ebenfalls
erzählende Gedichte von den Nürnberger Dichtern t'olz und Rosen-
blüt besitzen (s. Wackernagel, Geschichte der deutschen Literat.
S. ig8). Auch sie wurden vorzugsweise gesagt, und nicht gesungen,
und auch von ihnen wird zuweilen, entgegen der Regel, von einem
musikalischen Vortrag gesprochen (s. Scherer, Deutsche Stud. I 331),
und sie gleichen sich endlich auch in der ihnen eigentümlichen
didaktischen Tendenz. — Alle die angeführten Merkmale treffen
zwar im Grofsen und Ganzen für die mit dem Worte dit be-
zeichneten Dichtungen zu, im Einzelnen jedoch finden manche
Abweichungen statt und eine feste Abgrenzung wie bei anderen
Dichtungen ist daher kaum möglich. Eben darum nicht, weil der
Begriff dieses Wortes ein zu weiter war und man z. B. darunter
auch ein Gedicht im Allgemeinen verstand. Daher denn auch
häufige Schwankungen in der Bezeichnung. So wird, um nur ein
Beispiel anzuführen, die Erzählung vom Pellican in einer Hand-
schrift "Li Lais dou Pellican" genannt, während es in einer andern
Handschrift unter dem Titel "Le Dit dou Pelican" aufgeführt
wird (s. Ferd. Wolf, Über die Lais S. 69). Auch zeitlich sind die
Dits von einander verschieden. Einige der älteren sind blofse
Nomenklaturen, wie die Dits des Crieries de Paris, des Moustiers
de Paris und ähnliche, während man später diese Bezeichnung auch
auf Bearbeitungen älterer Romane, z. B. le Dit de Guillaume d'An-
gleterre, sowie auf gröfsere allegorische Dichtungen, wie le Dit de
la Panthere, anwendete. Heute ist diese Verwendung des Wortes
aufser Gebrauch gekommen.
Kehren wir zum Worte Roman zurück. Wir haben dasselbe
in seiner Geschichte bis dahin begleitet, wo es zu der Bedeutung
einer gesagten oder gelesenen Erzählung gelangt war. Es bleibt
nun zunächst die weitere Frage zu beantworten, ob man es viel-
leicht nur auf eine in Versen, oder aber in Prosa abgefafste Er-
zählung anwendete, oder ob ein solcher Unterschied nicht bestand
und man Werke beiderlei Art mit dem gleichen Worte bezeichnete.
Bevor wir dies untersuchen, ist es nötig einen kurzen Blick zu
DIE BEDEUTUNGSENTAVICKELUNG DES WORTES RO^^IAN. 5 I I
werfen auf das Verhältnis von Poesie und Prosa in der französi-
schen Litteratur des Mittelalters überhaupt. Das 12. und I3.jahrh.
waren die Blütezeit der mittelalterlichen Dichtkunst gewesen, in ihr
hatte das Epos die höchste Stufe seiner Entwickelung erreicht.
Schon gegen Ende dieses Zeitraums jedoch zeigte das erwachende
Gefallen am Allegorischen, wie es im Roman von der Rose vor
Allem zum Ausdruck kam, dafs Lust und Trieb zur Poesie zwar
noch vorhanden waren, dafs dagegen die poetische Zeugungskraft
selbst zu ermatten begann. Die Allegorie bildete nur den Über-
gang von der Poesie zu der diese verdrängenden Prosa. Zwar
war schon iminer die Prosa neben der Poesie hergegangen, aber
erst im 14. Jahrh. tritt sie mehr und mehr in den Vordergrund,
um dann im 15. Jahrh. die streng poetische Form fast ganz zu
verdrängen. Das Interesse an den behandelten Stoffen dagegen
war noch nicht geschwunden, und so treten uns denn hauptsächlich
Umformungen der alten Epen zu prosaischen Ritterromanen ent-
gegen, die dann die Lieblingslektüre des französischen Publikums
bis um die Mitte des 1 6. Jahrh. gebildet und sich zum Teil als
Volksbücher im wahrsten Sinne des Wortes bis auf den heutigen
Tag erhalten haben. Interessant ist es übrigens die Gründe zu
hören, welche die Verfasser selbst anführen dafür, dafs sie die
prosaische Form wählen, und da schützen sie denn meist vor, dafs
die gereimten Erzählungen als solche notwendig Unwahrheiten ent-
halten. So erklärt der Verfasser einer späteren französischen Be-
arbeitung der Historia Troiana des Guido delle Colonne: "Et de
gregoys (?) je Tay translatee en fran(;ois, non pas par ryme ne par
vers, ou il convient par force mensonges maintes mectre ; comme
fönt ces menestiers qui, de leur langue fönt mainteffoys de quoy
ilz fönt souvent leur prouffit et aultru\- domaige." (Harrv Ward,
Catal. of Rom. S. 58).
An andern Stellen kommen die angeführten Gründe der Wahr-
heit näher und charakterisieren dann das abnehmende Verständnis
für die Poesie in jener Zeit, z. B.: "Ce livre fut fait . . . aussi comme
pour declairer aucunes choses que la ryme contient qui semblent
estre obscures et estranges de premiere face. Et pour ce fut il
fait en prose pour ce que prose est plus clere a entendro par
raison que n'est ryme." (P. Paris, Lcs Mss. Fr. I 280).
Die Einen haben nun die Ansicht aufgestellt, dafs man unter
Romanen besonders Erzählungen in Prosa verstanden habe, nament-
lich im Anschlufs an die oft besprochene Stelle aus Dante's Pur-
gat. XXVI 1 1 8 f. über den Troubadour Arnaut Daniel:
" Versi d'amore e prose di romanzi
Soverchiö tutti "
(Vgl. dazu Diez, Poesie der Troub. S. 208 f. Ferd.Wolf, Über die
Lais S. 305, G. Paris, Romania X478). Und noch in neuester Zeit ist
diese Ansicht von Einigen vertreten worden, wie die folgende Stelle
512 P. VOELKER,
l)ewt;ist: "C'(itaient surtout des r6cits d'aventures guerrieres et raer-
veilleuses que les trouvcres et les Jongleurs franvais avaient fait
entendre pendant les croisades ä tous les etrangers qui composaient
les armees d'outre-mer, et ces etrangers s'accordcrent bient6t pour
ne pas donner d'autre acceptation au mot roman que Celle d'ou-
vrago d'imagination ccrit en prose. Dante qui ecrivait et qui
parlait la langue de France, a constat<i lui-mrme la signification
du mot a la fin du 13""' si6cle en disant ..." (Lacroix, Sciences
et Lettres au Moyen Age. 2. ed. 1877, S. 402). Andere haben
gesagt, dafs man unter Romanen ursprünglich Erzählungen in
Versen, dann solche in Prosa verstanden habe, so Pasquier in der
schon citierten Stelle: "Tous ceux qui s'amusoient d'escrire les
faicts heroiques de nos Chevaliers, premierement en vers, puis en
prose, appellerent leurs oeuvres romans." Schon die bisherige Ge-
schichte des Wortes Roman macht es jedoch wahrscheinlich, dafs
es zunächst nicht im Begriffe desselben ausgedrückt lag, ob die
so bezeichnete Erzählung in Versen oder in Prosa geschrieben war,
dafs man vielmehr beide Arten von Erzählungen so nennen konnte.
Und dies hat man auch wirklich gethan. P'ür die gereimten Er-
zählungen lassen die bisher im Verlaufe unserer Untersuchung an-
geführten Beispiele keinen Zweifel darüber bestehen, dafs sie sich
Romane nannten ; ja, diese Benennung war ihnen so allgemein ge-
läufig, dafs die abweichenden Fälle (abgesehen natürlich von einer
Anzahl von Volksepen) eher als Ausnahmen anzusehen sind, wie
z. B. der von W. Förster herausgegebene Chevaliers as Deus Espees,
der sich durchweg Conte und nie Roman nennt. Besondere Her-
vorhebung aber verdient die Thatsache, dafs die gereimten Er-
zählungen sich diese Bezeichnung bewahrten so lange es solche
überhaupt gab, ja, der Kanzler Gerson wendet dieselbe noch aus-
schliesslich auf diese Dichtungen an, indem er sagt: "Ex lectione
quorundam romanh'corum , i. e. librorum compositorum in gallico
poeticorum (bei Schmeller. Bayrisches Wörterbuch 1 II 98 " Ro-
man"). So sagt auch Coudrecte in seiner Anfang des 15. Jahrh.
abgefassten Erzählung von der Melusine:
"Et si aucun demandoit comment
Voustre romant appelleray,
C'est le Romant de Parthenay.
Ainsi sire l'apelle len,
Ou le Romant de Lusignan.
Prenez le quel que vous vouldrez."
(H. Ward, Catal. of Rom. S. 696).
Und eine Stelle aus dem Jahre 1465 beweist das Gleiche:
"Le Romant de Amys et Amille, fait et escript le 14 decembre,
l'an 1465; et l'escript Henry Riet, bouUengier, demeurant ä Aras."
' 2. Ausg. bearb. v. G. Karl Frommann. München 1877.
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 513
(Nouvelles Frangoises du 132 Siecle ed. Moland et d'Hericault).
Dieser Roman ist ein Gedicht von 14000 Versen.
Was nun die Erzählungen in Prosa anlangt, so ist allerdings
nicht zu verkennen, dass sich diejenigen der früheren Zeit mit Vor-
liebe die allgemeine Bezeichnung Conte, oder aber Histoire, Chro-
nique zulegen. Ja, Ausdrücke wie " or dist li contes" sind gleich-
sam stehend für diese Werke geworden und die Bezeichnung
Roman findet sich nur vereinzelt. Aber sie findet sich eben doch
und beweist dadurch, dass man sie auch schon damals nicht auf
die poetischen. Erzählungen beschränkte. In den späteren Jahr-
hunderten, als die Prosawerke überhaupt zahlreicher wurden, mehren
sich auch die Stellen wo solche Romane genannt werden, und das
Wort beginnt also zu derjenigen modifizierten Bedeutung fort zu
schreiten, die ihm noch heute eigentümlich ist und nach der man
darunter ausschliesslich ein prosaisches Werk erzählenden Inhalts
versteht. Die folgenden Beispiele mögen verdeutlichen, dafs man
von jeher und zu allen Zeiten diese Bezeichnung auf solche Werke
angewendet hat.
Schon der französische Prosa-Tristan, den man gewöhnlich in
das Ende des 12. Jahrh. setzt, und der uns in zahlreichen Hand-
schriften aus dem 13. Jahrh. erhalten ist, trägt den Titel (de Bure.
Catalogue de la Valliere II 614): "Ci commence li Roumans du bon
Chevalier Tristan, filz au bon roy Melyadus de Loenois et de Sadoch."
Weitere solche Beispiele sind: "Ci fine le Romans de Lancellot
del Lac" (Handschrift aus dem 13. Jahrh. bei P. P-^-'' ""^-s. Fr. I
146). "Cis roumans fu parescris en l'an de l'incarnacion nostre
Segnor mil deus cens et sixante et quatorze, le semedi apries les
octaves de la Trinite." (Letzter Teil des Lancelot und Mort d'Ar-
tus. Ib. II 361 — 2). Auch Rusticien de Pise nennt seine Bear-
beitung des Lancelot und des Tristan "Roman". (Ib. II 356). "Ci
commence le Romanz des prophecies Merlin." "Ci finist le Romanz
des prophecies Merlin." (Hucher, Le Saint Graal. I 279 u. 505.
Handschrift vom Jahre 1301). "Kxplicit don Roumans Lanselot et
don Saint Greal et don Roumant de la mort au roi Artu qui che
dedans ehest livre sont definit et accomplit outrement; et contient
LXVIII coiiers et fu definis le lundi prochain devant le jour de
Paskes flories en marc, l'an mille CCCXLIIII." (P. Paris, Mss. Fr. I
158). "Explicit le Roumant de Tristan et de Yseut qui iut fait l'an
mille III .C. IIIIxx et XIX, la veille de Pasques grans " (d. h, den
17. April 1400. Ib. II 343). "Et atant se tait le conte a parier
d'eux car icy endroit fine le Romant du roy Cleriadus et de la
royne Meliadice sa femme, et plus n'en parle pour le present."
(Handschr. aus dem 15. Jahrh. bei H. Ward. a. a. Ü. S. 383 — 4).
Der zwischen 1530 und 1540 gedruckte Roman von Johann von
Paris, der eine freiere Prosaauflösung des altfranzösischen jehan et
Blonde ist (s. Oeuvres Poetiques de Hoaumanoir, ed. H. Suchier I
S. CXII), ist überscliriobcii : " S'ensuyt ung trosbeau ot excellent ro-
514 f- VOELKRR,
raant noraind; Jchan de Paris, Roy dt; Franse." (Nisard, Histoire
des Livres Pojjulaires II 398).
Die Prosaauflosuiigen der sj)äteren Jahrhunderte erstrecken
sich übrigens niclit allein auf die höfischen Epen, denen ja die Be-
zeichnung Roman von Anfang an geläufig war, sondern auch, und
zwar vor Allem, auf die alten Chansons de geste, und auch diese
nannten sich Romane und gaben die ursprüngliche Bezeichnung
Chanson auf. Jene Benennung nahmen sie um so leichter an,
als sie nun selbstverständlich nicht mehr gesungen , sondern nur
noch gelesen wurden. Auch die alten Volksepen selbst nannte
man in der späteren Zeit allgemein Romane, denn auch bei ihnen
konnte nunmehr von einem Singen nicht die Rede sein. So findet
sich am Schlüsse der Chanson des Saxons des Jean Bodel d'Arras
in der Turiner Handschrift die folgende Angabe: "Datum anno
Domini millesimo tricentcsimo tricesimo primo, die Jovis post As-
sumptionem beate Marie Virginis, legit Colinus de Novionno, cle-
ricus abbatis Sancti Vitoni Virdunensis, totum. istum romanum des
Saines." (Blancandin et rOrgueilleuse d'Amour ed. H. Michelant.
S. 210). Wie schon bemerkt versteht man heute unter einem Ro-
man nur noch eine Erzählung in Prosa. Diese Modifikation in
der Bedeutung des Wortes vollzog sich allmählich und kann offen-
bar erst dann als abgeschlossen betrachtet werden, als es keine
poetischen Erzählungen der Art mehr gab oder besser, als diese
in Vergessenheit geraten waren. In jedem Falle ist dies aber, wie
sich aus dem Vorhergesagten ergiebt, erst nach dem 15. Jahrh.
eingetreten. Die Anfänge dieses Bedeutungswandels fallen aber
jedenfalls schon in diese Zeit des Uebergewichtes der Prosa über
die Poesie.
Ebenfalls nur annähernd läfst sich bestimmen, wann das Wort
Roman zu seiner heutigen Bedeutung einer fingierten Erzählung
kam, weil eben auch der Übergang zu dieser Bedeutung natur-
gemäfs nur ein ganz allmählicher sein und dadurch bewirkt werden
konnte, dafs eine lange Zeit hindurch Werke fingierten Inhalts sich
so nannten. Unter den Werken, welche hier hauptsächlich in Be-
tracht kommen sind zunächst zu nennen die Abenteuerromane, die,
ganz die Schöpfung der Phantasie des Dichters, sich in einer durch-
aus unrealen Welt bewegten, ebenso auch die Prosaautlösungen
nicht nur dieser, sondern auch der alten Chansons de geste. Zwar
entbehrten ja die letzteren nicht des historischen Hintergrundes
und die in ihnen geschilderten Ereignisse waren, wenn nicht histo-
risch, doch während der Blütezeit der volkstümlichen Poesie durch
die Tradition gleichsam geheiligt. Dies fiel nun weg, und weitere
Veränderungen und Zuthaten trugen das Ihrige dazu bei, sie mit
den andern fingierten Erzählungen auf die gleiche Stufe zu stellen.
Es gehören ferner hierher die Prosaromane vom heiligen Graal
mit ihren phantastischen Schilderungen, vor Allem aber endlich auch
die allegorischen Dichtungen, der Roman von der Rose und seine
zahlreichen Nachahmungen, die ja ihrem ganzen Wesen nach Fik-
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 515
tionen waren und auf Realität keinen Anspruch machten Im
Widerspruch mit dieser Entwickelung scheint zu stehen h!
wir gesehen haben, auch GeschichtlverkfL s ich ^it VoH-T'
Romane nannten. Dieser Widerspruch ist jldocT nu" scl^ nbt
denn auch diese in der Vulgärsprache geschriebenen Geschichts
werke waren nicht immer frei von Fiktionen und poetischen 7 '
baten, mdem auch sie dem Geschmacke ihrer Leser Re.hn
rügen. Andererseits versäumen es auch die V rfasse/ de Aben^
hrern-X "'"' ""''' ^"'■^^ ^^"«^^ ß-"f-&- auf 4tive Que, en
Ihren Dichtungen wenigstens den Schein historischer Tre^,. .n
geben. Spatergaben dann die Geschichtsw-erke e^c dTese ß^^^^^^^^^
nung ganz ich auf, eben weil man immer mehr den Be<fr?ffd
Miktion m t dem Worte verhanH n- ? iJegriff der
quantum possumus, universos ut /.. ,L credit narraln "'^'"'''''
rantium et romancii . . ." narrationem igno-
hinneigte! tt°:„'ih^„it ™;"ahrcre;r-rT" '^'^r'""^
jener Ze,„ „-e Meh.aM der so TeSlnetenNv^ee" t^t^te'"
rt™a„tx:;^:;2ri:^i'^
pWment ed. Chabaiife zu V. ,"[55): "" '^""'" * I*^"-' («"P-
"Je sai gestes et romans tous"
Und Baudouin de Conde (ed Scheier IT n,^
tapferen Ritter der frül,eren Zelt mif det Wo^tl : "" ••■" *^
"Si en fist on roumans et gestes
De quoi li renons ne faura,
Tant come li siecles durra."
Scheler bemerkt zu dieser Stpll^»- «r i>
gestes' (historias de rebus 4stifvti , ^" '"^ ^ V°""^^"^ ^^
presente mon ms 'roumlnW. !' ^r ? '"'^"''^ '^ distinction qua
giestes' (r^cits Slor~^.^:nr^l!^' Zl!'':^ 'T''^^'
deser Ansicht anschliersen,^da m,> ke L wdteres B • '"T''^" T^'
bindung "romanz de ^este" bei anni ,• ? q ''^''''^ "^^^ ^^'-
scheidung darüber. oft.J:f^^Xl,i^f:Z:^i:%^ f"^"
von hnffierter Fr^ählnno- i...f . • i l . 5>Lnon die Bedeutung
beide.. \nge«f;rr's;;^,:;,f;iSrSr„rettift
h.stor,I<er de Ausdruck "Ro,nan de Reste "auf .Ti- V n "'f
Mittelalters angewendet; so nennt KrCsl ("4" I'.f f''"' v"''
Ko„an den «>..« x;^;^:JS;J^-te -.r^H^^
5 I 6 P. VOELKER,
abgesehen davon, dafs diese Verbindung überhaupt nicht weiter
belegt ist. Man trägt durch eine solche Bezeichnung etwas Fremd-
artiges in diese Dichtungen hinein und thäte besser, für die volks-
tümhchen Kpen die treffende Benennung "Chansons de geste" aus-
schliel'slich beizubehalten.
Die iolgende Stelle scluMnt etwas deutlicher für die obige Be-
deutung des Wortes im 13. )ahrli zu sjjrechen:
"Celles et eil soient confondu
Qui croient un roman qui fu,
Qui dist que de flour iert venue
Sainte Anne et engenue."
(Hist. Litt, de la Fr. XVIII 837).
Bereits zu dieser Zeit also scheint man mit Vorliebe das Wort
auf fingierte Erzählungen und zwar mit Bewufstsein angewendet zu
haben. Um so mehr gilt dies von den folgenden Jahrhunderten,
wo die Geschichtswerke diese Bezeichnung fallen liefsen und die-
selbe immer ausschliefslicher atif Erzählungen fingierten Inhalts
angewendet wurde. Um noch einige spätere Belege anzuführen,
so sagt der Kanzler Gerson in der schon zum Teil (S. 512) citier-
ten Stelle : " Ex lectione quorumdam romanticorum , i. e. librorum
compositorum in gallico poeticorum de gestis militaribus m quibus
maxima pars fabulosa est." Und bei Fauchet a. a. O. S. 544 heifst
es : "Les Italiens, E!spagnols, Alemans et autres ont este constraints
forger leur romans et contes fableux sur les telles quelles inven-
tions de nos trouverres." Spätere Schriftsteller gebrauchen daher
auch das Wort in übertragenem Sinne, um die Nichtexistenz oder
Unwahrheit einer Sache auszudrücken. So z. B. Moliere in Le Ma-
lade Imaginaire Akt 3, Scene 3 : " Lorsqu'un medecin vous parle
d'aider, de secourir, de soulager la nature, de lui oter ce qui lui
nuit et lui donner ce qui lui manque, de la retablir et de la re-
mettre dans une pleine facilite de ses fonctions ; lorsqu'il vous
parle de rectifier le sang, de teraperer les entrailles et le cerveau,
de d6gonfler la rate . . . .; il vous dit justeraent le roman de la
medecine. Mais quand vous en venez ä la v6rite et ä l'experience,
vous ne trouvez rien de tout cela ; et il en est comme de ces beaux
songes qui ne vous laissent au r6veil que le d^plaisir de les avoir
crus." Und Voltaire sagt in seinem Traite de Metaphysique : "Ceux
qui ont fait le roman des idees se sont flattes qu'ils rendraient rai-
son des id6es de l'infini."
In einem gewissen Widerspruch damit scheint zu stehen,
dafs wir z. B. noch um das Jahr 1500 den Ausdruck "vrai roman"
finden:
"Icy ce commence l'histoire
Et vray rommant ample et notoire
Du riebe et puissant duc Lyon
Olli vertus eut un million,
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES ^\'ORTES ROMAN. 5 I 7
Le quel fu fils comme il appert
Du dnc de Bourges tres expert."
(P. Paris, Mss. Fr. III 4).
Dieser Widerspruch ist jedoch nur scheinbar. Die Thatsache
dafs hauptsächlich fingierte Erzählungen Romane genannt wurden,
bleibt bestehen, nur kam sie den einzelnen Individuen, und wohl
auch den verschiedenen Epochen, nicht in gleich deutlicher Weise
zum Bewufstsein.
Aber nicht einfach eine fingierte Erzählung versteht man unter
einem Roman, sondern vor Allem eine solche, deren Inhalt besteht
aus ungewöhnlichen, die Vorkommnisse des alltäglichen Lebens an
Bedeutung überragenden Ereignissen und Zuständen, womit jedoch
keineswegs gesagt sein soll, dafs diese selbst unwahrscheinlich sind.
Beide Bedeutungen des Wortes sind augenscheinlich nahe ver-
wandt und greifen daher zuweflen in einander über, so jedoch,
dafs bald die eine, bald die andere mehr zum Ausdruck kommt.
Dies tritt besonders an solchen Stellen hervor, wo "roman" und
"histoire " einander gegenübergestellt werden , und in denen also
"roman" bald das Erdichtete im Gegensatz zu dem wirklich Ge-
schehenen, bald das Aufsergewöhnliche im Gegensatz zu dem Ge-
wöhnlichen bezeichnet. Für den ersteren Fall möge als ein Bei-
spiel für viele die folgende Stelle aus Bossuet dienen (bei Littr(i,
Dict. de la L. Fr. "Roman" 2,2^): "Elle y perdait (dans l'^tude de
l'histoire) le goüt des romans et de leurs fades heros; et soig-
neuse de se former sur le vrai, eile meprisait ces froides et dan-
gereuses fictions." Für den zweiten Fall bilden die Worte Huet's
am Schlüsse seiner Abhandlung " De l'Origine des Romans " einen
treffenden Beleg. "Je souhaiterois'', sagt er dort, "pour l'interest
que je prens a la gloire du grand roy que le ciel a mis sur nos
testes, que nous eussions l'histoire de son regne merveilleux ccrite
d'un Stile aussi noble, et avec autant d'exactitude et de discerne-
raent. La vertu qui conduit ses belies actions est si heroique, et
la fortune qui les accompagne est si surprenante, que la post(^rit6
douteroit si ce seroit une histoire ou un roman." In dieser
letzteren Bedeutung hat man jedenfalls auch das Wort Roman zu
fassen an der schon S. 501 citierten Stelle aus Brantöme, wo dieser
die Histoire du Chevalier Bayard einen Roman nennt , womit er
nur hinweisen will auf das Aufsorordentliclie der von diesem Helden
vollbrachten 'l'haten. Dagegen ist hier nicht an die Bedeutung des
Wortes von erdichteter Erzählung zu denken. Dasselbe gilt in
manchen Fällen auch heute. "Dans la conversation ", sagt Littr6
(s. conte), "quand apres un recit entendu on dit : c'est un roman,
on veut dire que les aventures racontees sont extraordinaires ; elles
peuvent neanmoins rtre vraies."
Dafs das Wort übrigens schuu in di-n iViiluTcu |alirhundcrlcu
diese Bedeutung angenommen hatte, versteht sich in Anbetracht
ZeltBoIir. f. ruia. I'liil. X. i ,
5l8 I'. VOF.LKER,
fies Inhalts der so l)ozeichnet(Mi Werke von seihst; ja sie tritt natur-
geinäfs in dieser früheren Zeit noch mehr hervor als heutzutage:
"De fiiioy cils Mencstriers fönt Ics nobles romans"
heifst es in der ("hronique de Hertrand du Guesciin (bei Du Cange
" Ministelii "), und Oresine (Ktii. 27) sagt: "Tragedies sont dites
comme romans (|ui parlent et traitent (U' aucuns grans faiz no-
tables."
Je nach der Geschmacksrichtung der Zeit und d<ni durch sie
bedingten Inhalt der sogenannten Romane änderte sich natürlich
auch die Bedeutung des Wortes. Im IVIittelalter und weit bis in
die neue Zeit hinein verstand man darunter hauptsächlich Ritter-
geschichten, die ja nicht nur während der Blütezeit des Ritter-
wesens in Aufnahme waren, sondern auch nach dem Verfall des-
selben den Hauptbestandteil der mittelalterlichen erzählenden Litte-
ratur gebildet haben und bekanntlich noch zur Zeit Franz' I. in
den Amadisromanen eine künstliche Wiederbelebung erfuhren . Eben
wegen der in ihnen geschilderten Festlichkeiten, Turniere, Kriegs-
züge und Abenteuer nannte man sie " nobles romans ". So sagt
ja auch Gerson von den Romanen an der schon mehrfach citier-
ten Stelle, dafs sie handeln "de gestis militaribus ", und eine andere
Stelle, aus dem 16. Jahrhundert (angeführt bei Littre "Roman")
besagt das Gleiche: "Et acheverent tant nobles faiz, et prindrent
citez, villes et chasteaulx assis sur roches, que de leur vie peust
on faire romans." Hierher sind auch zu ziehen die S. 501 ge-
gebenen Notizen über Joinville, Froissart, Brantöme etc., sowie die
S. 485 erwähnten Ableitungsversuche des Wortes Roman.
Es dauerte also lange, bis man diesen den Sitten der Zeit
schon lange nicht mehr entsprechenden Geschmack autgab und
die "Romane" auf eine natürlichere Basis stellte, in Folge dessen
die Zahl der behandelten Stoffe sich vergröfserte und die Bedeutung
des Wortes eine weitere und umfassendere wurde.
Die Liebe hat von jeher in den "Romanen" eine grofse Rolle
gespielt. Schon in den höfischen Epen des 12. und 13. Jahrh.
und den ihnen nachfolgenden Prosaromanen führen die Ritter
Kämpfe um Frauenliebe und Frauengunst, und der Besitz der Ge-
liebten bildet gew(')hnlich den Lohn ihrer Thaten und den Schlufs
der Erzählung. Und dieses Thema ist auch in der Folgezeit nie
von den Romanschreibern unbenutzt gelassen worden, nur tritt es
in den einzelnen Epochen in verschiedenem Grade hervor. Huet
(De rOrig. des Romans S. 2) konnte daher zur Zeit der Mlle de
Scudery sagen : "Ce que Ton appelle (aujourd'huy) proprement ro-
tna?is sont des histoires feintes d\wentures amoiiretises, ecrites en
prose."
In keiner Gattung ist übrigens wohl so viel Schlechtes zu
Tage gefördert worden als im Romane, daher man denn zuweilen
dem Wort einen verächtlichen Beigeschmack gegeben hat. So
erklären sich Stellen wie die folgende : " De quel 6tonnement
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 5 IQ
n'auroit pas ete frappe Romulus, si on lui avoit dit que la celebre
ville qu'il fondoit, donneroit naissance au mot franc^ois roman, qui
sert ä exprimer et designer ce qu'il y a de plus futile dans notre
litt6rature?" (Barb. Meon, Fahl, et Contes I 22).
Was die heutige Bedeutung des Wortes Roman anlangt, so-
fern es in Gegensatz tritt zu anderen erzählenden Dichtungs-
gattungen, so sei es erlaubt die Worte Littre's (a.a.O. "Conte ")
anzuführen,: "II n'y a pas de difference fondamentale entre le conte
le roman ; Tun et l'autre sont des narrations mensongeres ou
regard^es comme telles. Tout ce qu'on peut dire, c'est que conte
est le terme generique puisqu'il s'applique ä toutes les narrations
fictives depuis les plus courtes jusqu'aux plus longues. Le roman
ne se dit que de celles-ci. Un conte de trois pages ne s'appellera
jamais un roman, tandis qu'un roman est, dans toute la rigueur du
terme, un conte suffisamment long. La nouvelle ne se distingue non
plus au fond du conte ou du roman. Dans l'usage ordinaire c'est un
roman de petite dimension dont le sujet est presente comme nouveau
ou peu ancien, ou avec des d6tails inconnus jusqu'ici." Auch im
Mittelalter bezeichnete man, wie heute, mit conte zunächst eine
Erzählung ganz im Allgemeinen, daneben scheint man jedoch das
Wort mit Vorliebe auf kleinere Erzählungen angewendet zu haben,
deren Stoffe meist dem bürgerlichen Leben entnommen \\'Bren
oder doch die bürgerlichen Kreise vorzugsweise interessierten.
Besonders gern werden daher die Contes mit den ihnen ver-
wandten Fablels und Dits zusammengestellt (s. S. 507). Zuweilen
wird es auch besonders betont, dafs die in den Contes behan-
delten Stoffe von untergeordneter Bedeutung sind:
" Guillaume uns clers qui tu Normans
Qui versefia en romans,
Fables et contes scleit dire,
En fole et en vaine matire,
Pecha sovent, Dens li pardont,
Mult aima les delits del moud."
(De la Rue, PZssais sur les Bardes II 25).
Auch im Mittelalter gebrauchte man das Wort Roman meist,
wie jetzt ausschliefslich, zur Bezeichnung umfangreicherer Werke.
Dafs man aber früher auch kürzere Werke so nannte, beweisen
z. B. der " Romanz de un chivaler e de sa daine e de un clerk"
(Romania 1 73 ft.), oder der satirische >" Romanz des Franreis "
(Jubinal, Nouv. Rec. II i) und viele andere.
Eine ähnliche Entwickclung wie das Wort romanz machte
auch das von ihm abgeleitete Verbum enromancer oder romancer
durch. Ursprünglich bedeutet es " in romanische Sprache über-
setzen", z. B.:
Nuls honis qui u'a engin ilivin.
Ne lUR't CDUiiuendic le latin,
34*
520 I'. VOKI.KKK,
Donl encorc sc doil inoins fier
De Itl laiin romancicr."
(Du Can(,'f, " Komamis").
l',ntsprech(Mid der Verwendung des altfranzösischen "eii ro-
manz " im Sinne von "deutlich, klar" (s. S. 491 f.), ist man geneigt,
auch das Verbum zuweilen in übertragenem Sinjie mit "verdeut-
lichen" oder dgl. zu übersetzen (vgl. unser "verdeutschen"), so
an der folgenden Stelle im Roman de la Rose (ed. Fr. Michel
V. 2081 ff.):
" Por quoi i! voille tanl atendre
Que g'espoigne et que g'enromance
Du son^e la senefiance."
In späteren Jahrhunderten bedeutet romancer dann : " in einen
einen Roman bringen", so wenn Sainte I3euve sagt: "D'Urfe, comrae
presque tous les romanciers, avait mis dans son roman les per-
sonnages de sa connaissance, et s'y 6tait mis lui-meme et les aven-
tures de sa jeunesse ; raais tout cela etait combine, deguise et ro-
raanc6 de teile sorte que lui seul pouvait servir de guide dans ce
labyrinthe." (bei Littrc, "Romancer").
Aufser "romanz" begegnen im Altfranzösischen noch die Können
"roman" und "romant''. Die Form mit t erklärt sich daraus, dafs man
das stammhafte s des Nominativs für ein Flexionszeichen ansah
und einen Accusativ romant bildete. Dieselbe erfuhr dann Weiter-
bildungen wie romantique, romantiser, romantisme. Dieses t er-
scheint zuerst, durch den Reim bezeugt, in der 2. Hälfte des
12. Jahrhunderts. In der zwischen 1176 und 1181 verfafsten Über-
setzung des hohen Liedes von Landri de Waben (s. Suchier, Zu
den altfrz. Bibelübersetzungen, in der Ztschr. f. rom. Phil. VIll 414)
heifst es:
" Mais tant requiers que cest romant
Unkes ne viegne en main d'enfant."
(Hist. Litt, de la Fr. XV 483).
Es mögen noch einige der älteren Beispiele folgen, späterhin
begegnet diese Form häufig.
"Son fils ot non Hugon de Saint Gille le grant,
Sire de Valvenise, la seignorie tenant,
Qui avec Godeffroy alla la mer passant,
Ainsi qu'aves oy recorder ou romant."
(Parise la Duchesse ed. Guessard et Larchey. S- XII).
"Et car laissies aler dame Hersant
Dessi al chevalier a son talant:
Ele li dira ja de son romant."
(Aiol et Mirabel, ed. W. Förster. V. 2684 ff.).
Aus dem Französischen ist dann das Wort Roman in der
modifizierten Bedeutung nicht nur in andere Sprachen, wie in das
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 52 I
Italienische übergegangen, sondern auch andere Sprachfamilien
haben dasselbe in ihren Wortschatz aufgenommen. Schon früh
finden wir es im pLnglischen in der Form "romans" oder "romance".
Zunächst bezeichnete man damit die französschen Originale, von
denen Übersetzungen und Nachahmungen in englischen Gedichten
existierten (vgl. Warton, History of English Poetry, ed. Price 1 62
Anm.). Später jedoch gebrauchte man es auch in der Bedeutung,
welche es im Französischen angenommen hatte, nämlich in der von
fingierter Erzählung, hauptsächlich jedoch zur Bezeichnung epischer
Gedichte. Eine Nebenform ist "romaunt", entsprechend altfranzösi-
schem "romant". Sie findet sich bereits in der Chaucer zugeschrie-
benen Übersetzung des Romans von der Rose, und noch Byron
nennt seinen Childe Harold einen Romaunt. Was von der Vor-
tragsweise der französischen Romanz gilt, scheint in ähnlicher Weise
auch auf diejenigen der mittelenglischen Romances Anwendung zu
finden , d. h. sie wurden während der Herrschaft der höfischen
Kunst mehr gesagt als gesungen. Nach dem Verfall des Ritter-
tums jedoch in England und Schottland scheinen sie auch wieder
in einer volksraäfsigeren Weise vorgetragen, d.h. gesagt und gesungen
oder doch unter Instrumentalbegleitung recitiert worden zu sein.
(Vgl. hierüber Ferd. Wolf, Über die Lais. S. 260 ff.).
Ins Deutsche ging das W'ort im 17. Jahrh. über in der Form
"Roman". Daneben findet sich auch "Romain", eine Form, die
auch im Altfranzösischen begegnet. Merkwürdig ist dagegen das
Femininum "du Romaine'\ für welches Scherer (Strafsburger Quel-
len und Forschungen XXI 6) Belege giebt. Ja, man findet in dem-
selben Werke den Singular "der Romain", und "der Roman"
neben dem Plural '•'■die Rotnantn ". Scherer a. a. O. deutet an,
dafs dieses Femininum vielleicht auf Mifsverständnis oder Halb-
kenntnis des Französischen beruhen könne, etwa unter Einwirkung
des lateinischen fäbula royncmensis.
Im Spanischen hat sich das Wort in dieser Bedeutung nicht
erhalten und man versteht dort unter Romances jene volkstümlichen
lyrisch-epischen und gesungenen Gedichte, die nicht älter sind, als
das 14. Jahrhundert (die meisten gehören dem 15. Jahrhundert an),
und die, wie Milä (De la Poesia Castell. Heroica Populär) bewiesen,
Trümmer sind eines Volksepos aus dem 12. und 13. Jahrhundert.
Diese Bezeichnung ist jedoch erst später ausschliefslicli auf diese
Ciattung angewendet worden , die älteren Romanzen nannten sich
gewöhnlich Cantares. Die älteste Stelle, wo romance unzweifelhaft
in diesem Sinne zu verstehen ist, findet sich nach Ferd. Wolf
(Über die Romanzonpoesie der Spanier ; in den Wiener Jahrb.
der Literat. CXVII '^2 (T.) in einem Briefe des Martjuis von Santil-
lana, wo es heilst: "Infiraos son aquellos que sin ningunt orden,
regia ni cuento, facen estos romances i cantares, de que la gente
baja e de servil condicion se alegra." Um das frühere Vorkommen
des Wortes in dieser Bedeutung zu beweisen, hat man darauf hin-
gewiesen, dafs nach d(^r Einnahme von Sevilla i. J. IJ4S durch den
522 P. VOELKER,
heil. Ferdinantl Laiidereieii an zwei Dichter "Nicolas de los Ro-
mances" und "Domingo de los Romanccs " gegeben wurden. Die
Bedeutung des Wortes an dieser Stelle ist jedoch zweifelhaft und
ein Schlufs aus ihr nicht zu ziehen. Dem wahren Sachverhalte
widerspricht es ferner, wenn Ticknor (Geschichte der schönen Lite-
ratur in Spanien. Deutsch von Julius. I 97) iiufsert: " Dafs solche
Romanzen bereits in den frühesten Zeiten vorhanden waren, kann
schon ihr blofser Name (Romances) andeuten. Denn dieser scheint
mit dem Begriffe verbunden, dafs sie in jener Zeit die einzige be-
kannte Art von Gedichten in der romanischen Sprache abgaben,
und ein solcher Zeitraum kann nur derjenige gewesen sein, welcher
urunittelbar auf die Bildung der Sprache selbst gefolgt ist."
Die spanischen Romanzen heben übrigens sehr selten ihre
Vortragsweise hervor. Die folgende Stelle ist das einzige Wolf be-
kannte Beispiel, in welchem es besonders ausgesprochen wird, dafs
das Gedicht eine Romanze und zum Singen bestimmt ist, und wo
zugleich der Name des Dichters genannt wird :
"Que este romance se hzo,
Se hizo para cantar;
El cual fue hecho y trobado
Por Fernando de Villareal."
(Ferd. Wolf, Über eine Sammlung spanischer Romanzen in
fliegenden Blättern. S. 95).
Aus Spanien ist nun das Wort romance (wo es übrigens masc.
ist) zur Bezeichnung einer besonderen Gattung von Gedichten auch
in andere Länder übergegangen, jedoch verbindet man nicht über-
all den gleichen Begriff' mit dem Worte. Im Französischen be-
deutet es jetzt eine rein lyrische Gattung von Liebesliedern. In
der altfranzösischen Litteratur ffnden sich allerdings den spanischen
Romanzen vollkommen entsprechende Lieder, diese nennen sich
jedoch nicht Romances, sondern Chansons. Erst in neuerer Zeit
hat man diese Bezeichnung von ihnen gebraucht. So scheidet
P. Paris (Romancero Fran^ois S. 3) die Poesien des Audefroy le
Bastard in "chansons et romances amoureuses'' und versteht unter
den ersteren diejenigen, welche die Liebe des Dichters selbst zum
Gegenstande haben, unter den letzteren aber " le recit d'anciennes
aventures amoureuses et chevaleresques." Auch im Provenzalischen
finden wir Romanzen, jedoch ebenfalls nicht unter diesem Namen.
Wilhelm IX. Graf von Poitiers nennt z. B. eine von ihm gedichtete
Romanze (P. Heyse, Rom. Inedita S. 9) "Vers".
Die entsprechenden Volkslieder der Engländer führen den
Namen Ballads. Diese Bezeichnung (ursprünglich im Italienischen und
Provenzalischen ein Tanzlied bedeutend) gelangte dann mit der
Percyschen Sammlung auch nach Deutschland; zwar kommt das
Wort Ballade schon einige 'Male früher in Deutschland vor, aber
mit zweifelhafter Bedeutung. Ungefähr um dieselbe Zeit wurde
auch die spanische Bezeichnung nach Deutschland gebracht durch
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 523
(ileim, der hier zuerst diese Gattung kunstmäfsiger behandelte und
sich in seinen "Romanzen" besonders den Spanier Gongora (i 1627)
und den Franzosen Moncrif (i 1770) zu Mustern nahm. So haben
wir also im Deutschen zwei Bezeichnungen für im Grunde dieselbe
Sache, so jedoch dafs die "Ballade " die Ereignisse mehr in dem
düsteren Kolorit des nordischen Volksliedes darstellt, die "Romanze"
dagegen das hellere Gewand jener episch-lyrischen Gedichte des
Südens trägt. Die Dichter selbst gebrauchen übrigens beide Be-
zeichnungen ziemlich unterschiedslos, jedoch gewinnt der Name
Ballade, nachdem er einmal in Deutschland eingeführt ist, die Ober-
hand. Auch in der Musik haben wir Romanzen und Balladen,
jedoch fallen diese beiden Begriffe mit den poetischen nicht ganz
zusammen. Unter der Romanze versteht man musikalisch in der
Regel ein strophisch komponiertes Singstück in einer einfachen Me-
lodie; die Ballade dagegen versucht, vollständig durchkomponiert,
die Momente der Dichtung in gr()fseren selbständigen Tonbildern
wiederzugeben. In jener kehrt auch der Refrain des Volksliedes
in entsprechenden Tonwiederholungen und in einem öfters vor-
geschobenem Ritornell wieder, in dieser ist er zum Leitmotiv ver-
arbeitet, (Vgl. zu diesen Ausführungen Holzhausen, Ballade und
Romanze, Dissert. Halle 1882. S. i — 9).
Fassen wir die Hauptpunkte unserer Untersuchung in kurze
Worte zusammen, so ergiebt sich das Folgende:
"Romanisch" nannten sich mit Ausnahme des Italienischen
alle diejenigen Sprachen, die eine Fortentwickelung sind der durch
lokale Verhältnisse modifizierten römischen Volkssprache. Schon
in früher Zeit, bevor es zu einer schriftlichen Fixierung derselben
kam, traten diese Sprachen der grofsen Masse des Volkes in einen
bewufsten Gegensatz zum Lateinischen, als der Sprache der Gesetz-
gebung, Kirche und Wissenschaft. In den beiden Sprachen Frank-
reichs scheint die Bedeutung des Wortes insofern zu differieren,
als man im Norden dasselbe nicht nur auf das ganze Gebiet der
Langue d'oil, sondern bald speziell auch auf die für besonders
rein gehaltene Sprache des Herzogstums Francien anwendete. Wäh-
rend nun die anderen romanischen Sprachen diese Bezeichnung
bis auf den heutigen Tag bewahrten, gaben die beiden letztge-
nannten dieselbe am Ausgange des Mittelalters auf und nannten
sich von da ab ausschiiefslich francais und prouvenrau. Im Fran-
zösischen gewinnt diese Bezeichnung bereits im 14. Jahrhundert die
Oberhand, um dann im Laufe des 15. lahrhunderts die allein herr-
schende zu werden, sodafs man im 16. Jahrhundert bereits von
einem roman aiitti/iie im Gegensatz zu dem friitn'ais moihrnc
sprechen konnte.
Eine Wirkung des Gegensatzes zwischen Romanisch und la-
teinisch war die Anwendung des Wortes Roman auf ein in der
Vulgärsprache geschriebenes Werk. Den ersten Anstofs dazu gaben
um die Mitte des u. Jalirh. die Obersetzungen aus dem I.ateini-
524 '• VOEI.KKK,
sehen uiitl noch in der 1. Hälfte des 15. Jalirli. (inden wir solche
Übersetzungen in dieser Weise benannt. Naclidera so ein Mal der
Anstofs gegeben war blieb es nun nicht aus, dafs auch andere,
nicht auf lateinischen Texten beruhende, in der Volkssprache ab-
gefafste Werke die gleiche Bezeichnung wählten. In dieser all-
gemeinen Bedeutung von "Werk in romanischer Sprache" finden
wir das Wort besonders häufig im Provenzalischen angewendet,
während es im Franz('jsischen daneben bald zu der Bedeutung von
"Erzählung" fortschreitet, indem die zuerst sogenannten R(jmane
fast ausschliefslich der erzählenden Litteratur angehörten und durch
ihre weite Verbreitung grofsen Einflufs auf ihre Zeit ausübten.
Dieser Be4eutungswandel vollzieht sich im Wesentlichen in der
zweiten Hälfte des 1 2. Jahrhunderts und steht .Anfang des 13. Jahr-
hunderts fest. Auch Geschichtswerke, Chroniken etc. legten sich
mit Vorliebe diese Benennung zu.
Sehr bald trat eine weitere Modifikation der Bedeutung des
Wortes ein, indem man darunter eine zum Sagen oder Lesen, nicht
aber zum Singen bestimmte Geschichte verstand, und zwar nicht
nur im Französischen, sondern auch im Provenzalischen und Spa-
nischen.
Romane hiefsen sowohl die Erzählungen in Versen als die-
jenigen in Prosa. Zur Zeit des Übergewichtes der ersteren ver-
stand man jedoch hauptsächlich diese darunter und sie bewahren
sich auch diese Bezeichnung bis zu den spätesten Zeiten ihres Be-
stehens. Mit dem Überhandnehmen der Prosa und dem allmählichen
Erlöschen der Epik tritt dann ein Umschwung ein, der mit der
ausschliefslichen Anwendung des Wortes auf prosaische »Zählungen
endet. .Ms ein vollzogener ist jedoch dieser Wandel erst nach dem
15. Jahrh. anzusehen.
Da die meisten der sogenannten Romane erdichteten In-
halts waren, so verband man schon früh den Begriff der Fiktion
mit dem Worte. Anzeichen dafür finden sich schon im 13. Jahr-
hundert und in den folgenden Jahrhunderten fixiert sich diese
Bedeutung mehr imd mehr, daher denn auch die Geschichtswerke
diese ihre ehemalige Bezeichnung aufgeben. Es liegt ferner in
dem Begriff des Wortes Roman , dafs die in diesen Werken ge-
schilderten Ereignisse und Zustände die Vorkommnisse des alltäg-
lichen Lebens an Bedeutung überragen; dies tritt namentlich in
den früheren Jahrhunderten hervor.
Im Mittelalter und weit bis in die neue Zeit hinein verstand
man unter Romanen hauptsächlich Rittergeschichten; erst spät er-
weiterte sich die Bedeutung des Wortes mit der zunehmenden Zahl
der behandelten Stoffe.
Die Liebe, ein stets von den Romandichtern ausgebeutetes
Thema, tritt zuweilen derartig in den Vordergrund des Interesses,
dafs sie das ganze Werk beherrscht und somit auch die Bedeutung
des Wortes Roman modifiziert.
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 525
Aus dem vielen Schlechten , das in dieser Gattung zu Tage
gefördert worden ist, erklärt sich der verächtliche Beigeschmack,
den man zuweilen dem Worte gegeben. Erst in späterer Zeit
beschränkte man die Anwendung des Wortes ausschliefsiich auf
Werke von gröfserem Umfange, doch war dies auch in den früheren
Jahrhunderten das Gewöhnliche.
Aus dem Franz. ging dann das Wort in andere Sprachen über,
wie in das Italienische, Englische, Deutsche. Im Spanischen hat es
sich in dieser Bedeutung nicht erhalten ; hier bezeichnet man mit
Romances (sicher bezeugt erst im 15. Jahrh.) eine bestimmte Gattung
lyrisch-epischer Gedichte. Auch dieses Wort hat von seiner Heimat
aus die Wanderung in andere Länder angetreten.
P. VOELKER.
Verwendung des Gerundiums und des Parti cipi ums Praesentis
im Altfranzösischen.
In den „Vermischten Beiträgen zur französischen (jrammatik,
Leipzig, 1886, S. 49 sq. (vorher Ztschr. II 557 sq.) bespricht Tobler
Wendungen wie „ainz le so/eil cochic'' und wie .,ainz Ic soleil cochanl"'
und kommt zu dem Resultat, dal's beide ganz gleich zu erklären
seien, dafs nämlich wie im ersteren Falle ein Part. Prät., so im
letzteren ein Part. Präs. vorliege, welc;hes prädikativ resp. attributiv
zu dem Substantivum zu ziehen sei.
Wenn ich nun dieser Erklärung in Bezug auf die zuerst an-
geführte Wendung unbedingt beistimme, so scheint mir im zweiten
Falle eine andere Auffassung den Vorzug zu verdienen, da diese
letztere in ganz verwandten Konstruktionen als die allein zulässige
erscheint. Ich möchte nämlich in der Verbform ein von der Prä-
position abhängiges Gerundium und in dem Substantivum das im
Acc. danebenstehende Subjekt dieses Gerundiums sehen.
Ich werde nunmehr diese meine Ansicht zu begründen suchen
und werde zu diesem Zwecke alle Verwendungen des Gerundiums
und des Participiums Praesentis im Altfranzösischen zusammen-
hängend vorführen.
Das Gerundium.
I. Das Gerundium in substantivischer Funktion.
An einer anderen Stelle seiner „Vermischten Beiträge" (S. 44 ;
vorher Ztschr. 11 24) spricht Tobler den Satz aus : „Unstreitig ist
das lateinische Gerundium die Grundlage derjenigen altfranzösi-
schen Formen auf -ant, welche nach Präpositionen oder auch in
reiner Accusativfunktion an die Stelle des Infinitivs treten oder mit
ihm wechseln." In der That ergiebt sich aus einer genaueren
Untersuchung dieser Frage, dafs das Gerundium im Altfranzösischen
sich in einen grofsen Teil der Gebrauchssphäre des Infinitivs ein-
gedrängt hat und in Folge dessen in vielen Funktionen desselben
mit ihm mehr oder weniger konkurriert. In nenneswerter Aus-
dehnung ist dem Gerundium dies allerdings nur nach Präpositionen
gelungen, während es in den anderen Fällen, nämlich in Vertretung
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 527
des Objekts, des Prädikats und als Accusativ der ^lafsbestimmung
bei ziemlich schwachen Versuchen geblieben ist, die bald wieder
aufgegeben wurden. Aber auch nach Präpositionen hat das Gerund,
in diesem Kampfe mit dem Inf. schliefsHch den Kürzeren gezogen,
so dafs im Nfrz. sich wenige Spuren von diesem Gebrauche des
Gerundiums erhalten haben.
Ich werde nunmehr die verschiedenen substantivischen Ver-
wendungen des Gerundiums vorführen und bei jeder derselben
den entsprechenden Gebrauch des Infinitivs zum Vergleich heran-
ziehen.
A. Das Gerundium nach Präpositionen.
Dieser Brauch, das Gerundium von Präpositionen abhängen
zu lassen, ist bekanntlich schon durch das Lateinische vorbereitet,
wo ja das Gerund, nicht nur dazu diente, die obliquen Casus des
Inf. zu bilden, sondern auch in Begleitung einzelner Präpositionen
erschien. Demnach ist z. B. die Verbindung des frz. en mit dem
Gerund, als direkte Fortsetzung des lateinischen Gebrauches anzu-
sehen; man vergleiche: Qui herbe voll, ü l:i prent en gisant Rol. 2523
mit: in circumetmdo exercihan aiiimadverlü Bellum Afric. 82. Dafs
das Gerund, auch im Afrz. noch dem Inf. sehr nahe stand, geht
aus Stellen hervor wie: vous fii'en avi-s fei confort et en parier et en
chantant Viol. 2425, wo beide miteinander wechseln.
Aber, während das klassische Latein nur bestimmte Präposi-
tionen vor dem Gerundium duldete ', verwandte das Afrz. nach
deren Analogie hier auch andere, und zwar sowohl, wenn das Ge-
rundium allein stand, als auch wenn es Satzteile (Objekt oder Sub-
ject) bei sich hatte. Daneben erscheint, wie schon erwähnt, in
allen Fällen auch der Infinitiv.
I. Das blofse Gerundium (d. h. ohne Subj. oder Obj.)
kommt nicht allzu häufig vor, z. B.: Clarel primiers regarde vers le-
vant Otinel 804 ; a conuissont de Vajorner k commencerent a Itkr Ducs
d. N. II 19234; weitere Beispiele Tobler S. 45, z. B. // dist .... en
forme de ?fienaca nt ^Icon II 305, 408; sans pinnt dans la voie arres-
tant J. Cond. II 8g, 1297 u. a.
Das Gerundium mit a ist attributivisch verwandt im Sinne des
Infinitivs mit a in : Pr andre maril est chose a remanant Rom. und
Past. 1,8,37.
• Bei den KlassiUeiii lindct ^ich das Cieiundiuni kaum bei anderen als
folgenden Präpositionen : ad, ob. ein/ein in mit dem Accusativ, ab, lie, e.w
in, seltener pro mit dem Ablativ. Aber die vor- und nachklassischen Autoren
^,'ingen bedeutend weiter. So giebt Dräger, Historische Syntax der latcin.
Spr. ir-, § OOO Belege für das Gerund, nach inter, ante, rirca. cum. proptrr
und super; Ott, Zur Lehre vom Ablativus Gerundii. in der Festschrift der
Gymnasien zur vierten Saccularfcier der Universität Tübingen. Stuttgart, 1877,
S. 29 neben zahlreichen I'eispielen für pro autli solche für super, cum,
sine, prc.
528 A. STIMMING,
Hierher geh()reii die formelhaften Wendungen a espandant
„reichlich", tn oianl „laul", i/c und a remanani „übrig". Belege bei
Klenienz, Der syntact. Gebrauch des Fart. Präs. und des Gerundiums
im Altfranz. Diss, Breslau 1884, S. 35, und bei Tobler a. a. O., der
auch den Inf. in denselben Ausdrücken nachweist. Hinzuzufügen
ist a soffisant „genügend", z. B.: Avom (kl suen a sofisant Ducs de
N. II 2451 1 u.a. Dagegen gehört nicht hierher a esciant, z.B. in
c'est eile a esciant Aye d'Av. 1039, da esciant zwar aus einem Ge-
rundium entstanden, aber selbst nicht mehr Gerundium ist.
Meist ist in diesem Falle das Gerundium ganz wie ein Subst.
behandelt.
Die von Tobler und Klemenz beigebrachten Beisp)ielc können
liucht vermehrt werden :
a) Das Gerundium mit dem bestimmten Artikel: a, en,
contre, de, pres de rojarnant Brut 996; Ducs de N. II 14068, 31480,
37209; Tobie 973 u. a. a, en, vers, entre Vanuiiant Ducs de N. I
1304; II 1065; II 222-,2; II 37650 u. a.; pur, ains Vavesprant Gaufr.
4251; Ducs de N. II 1172; al departant Hörn 763; del remanani
Brut 10093; <^l moriatit Rou III 9350; St. Aub. 1185; Plus sot ele
. . . du tonant Que .... .\ntioche II 59. Lautrier m'estoie leveis Un
malin a Venjourmant Bull, de la Soc. des A. T. fr. 1886, S. 68.
Daher auch mit abhängigem Genitiv: al vivant tun pere Ducs de
N. II 8572; A Ventrant de mai L'autrier c/ievauc/ioie Rom. u. Fast. II
71,1.
b) mit dem unbestimmten Artikel erscheint namentlich
das substantivierte ajornant mehrfach in dem Eingang von Ro-
manzen und Pastourellen, z. B.: A un ajornant . . . nialai chevauchant
Rom. u. Past. II 2,1; Hui main par un ajornant ib. II 61; dieselbe
Wendung par un ajornant begegnet noch ib. III 2,1 und III 34,1.
c) mit dem Pron. poss. Sehr häufig bei vivant, dormant,
seant, estant. Andere Fälle sind: Xe s'y conbatist pour d'or fin
sen pesatit Hug. Cap. 3941; pas ne les rendroient por lor pesant d'ar-
gent Buev. de Comm. 1309; AI terme de son moriant Brut 5390 u.
ähnliche.
d) mit dem Pron. demonstr.: De son lit crt levis droit a cel
ajornant Buev. de Comm. 2430.
In anderen Fällen, ist das Gerundium schon im Afrz. völlig
zum Subst. geworden, d. h. es wurde w-ohl von dem verbalen Ur-
sprung l nichts mehr gefühlt. Dahin gehören Wörter wie pendant,
Abhang; tenant in „en un tenant" = hintereinander; convenant. Zu-
stand, Umstand, Verhältnis ; contenant, Haltung ; semblatit, Ansicht ;
estant, Platz, z.^B.: EtVivien laissai mort sor V estant Alisc. 2672 u. ä.
Ebenso gehören dahin diejenigen Fälle, wo das Gerundium im
Plural erscheint, z. B.: seiom conjoint . . . Trestoz noz vivanz Ducs de
N. II 10666,
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 529
Dafs der Inf. alle diese Verwendungen ebenfalls aufzuweisen
hat, braucht nicht besonders belegt zu werden.
2. Das präpositionale Gerund, hat ein direktes Objekt
bei sich, welches, wie Tobler bemerkt (S. 45), regelmäfsig zwischen
Präp. und Gerund, steht. Zu den von Tobler und Klemenz (S. 2 1
und 22) gesammelten Belegen füge ich noch einige weitere hinzu.
a) Mit der Präp. a. Hierbei ist zu bemerken, dafs, wenn
das Objekt den bestimmten Artikel bei sich hat, dieser sich mit
der Präp. verbindet. Die Präp. erscheint in verschiedenen Be-
deutungen, z, B. leitet sie eine Zeitbestimmung auf die
Frage wann? oder eine Ortsbestimmung auf die Frage
wo? ein: Si Vorrat Carles gut est äs porz passant Ko\. 1071, 1703;
Les Turs qu'tl out troves au castel assaillant Jerus. 3939; Mais jeo
ferrai anceis a cele eve passant Rou II 3806 ; pur 7'us fisl de noit le
jur Ell Rencevals os porz passant Vie de St. Gilles 2893.
Einen begleitenden Nebenumstand (= eti): Träinant en
parle a Vostel La quisse a graut joie fesant Ren. 9, 1889; VII an i
ai (= a) ocis a son cor\s] desfandant (cfr. sor c. Gerund.) Floov.
2091; la vois li a dit a parole hauchant Do. de May. 5436.
Ortsbestimmung auf die Frage wohin?: En Rencesvals
irez as porz passant {zum Überschreiten der Pässe sc. durch Roland)
.9/ aiderez a cunduire ma gent Rol. 944.
Durch «/«.y^r?^^ verstärkt: N'e se fair an t dusquas menhres per-
dant Og. de Dan. 5424.
b) Mit der Präp. ^/^: le manace de la teste perdant R. de
Cambr. 4070 ; Gaufr, 4219; Seurs puet estre de la teste perdant Foulq.
de Cand. p. 14 u. 26; Eamende en sera de la teste perdant (wird be-
stehen in) Do. de May. 4740; Qui me hee de la teste perdant ^\\\X\\.
23,2g.
c) Mit der Präp. par (Mittel): Servi vos ai par mes armes
portant R. de Cambr. 682; Par foree e par le soen donant Rou III
1 1 4 I o.
d) Mit od '\\\ gleicher Bedeutung: Quod preiere, qu'od suen
donant . . . trait tuz a sei Ducs de N. II 18248.
e) Mit por^ seltener zur Bezeichnung der Absicht:
Mais il le fait por vie racatant Og. le Dan. 5476 u. 8002, Meist
in negativen Sätzen zur Bezeichnung eines Concessiv Verhält-
nisses: iV(? /V« fiientist por un menbre perdant Og. le Dan. 11589;
Jou nel feroie mie por la teste perdant Antioche II p. 106; Ne larrum
pur losenge ne pur tnort mana^ant A^e pur trespassables richesces pro-
mettant St. Auban 1197. Weiteres s. Johannssen, Der Ausdruck des
Concessivvcrhältnisses im Afrz. Diss. Kiel 1884, S. 63.
f) Mit sor in der Bedeutung „bei Strafe von" nur nach
defendre ,, verbieten" : Que li hons rois . . . li deffendi sor les membres
perdant Iluon jf) |6 u. 4685. Sonst mir vor dein Vcrbum dtfendre
530 A. STIMMING,
„vortcidigiMi", und zwar zur Bezeichnung eines begleitenden
Nebenuinstand(!S „hei (ielegenheit von" (cfr. «): sor moi deffen-
dant le fis (sc. tiidtete ich ilm). (iuil. de Pal. 2243 ; Nus clers ne
porroit dire . . . L'dfigo/ssi' des barons sor lor cors deß'endanl Jerus.
141; Jiiorra pour lui (Gott) sor son cors defindanl Antiochc II p. 256;
ähnlich Og. le Dan. 10846 u. Do. de May. 2236; Miex aini jo a
morir sor man droit deßcndatil Ciod. de Houil. 2889. Bemerkenswert
ist: Duc 7ne firent . . . sor viei defcudanl (gegen ineinen Willen) Ducs
de N. II 1 1254.
g) Mit Sans zur Bezeichnung eines begleitenden Neben-
urastandes, also gleich negiertem en, a, sor: Passer le feroi (==■
ferai) nur saus tiul iervie prenanl (jSlW^x. 7517; Et pletire si tres fort
sans li rassouagaiit Do. de May. 5414; Si grant colp li dona sans
vienchonge disant (= ä vrai dire) Jerus. 8495 ; ebenso : Tant i avoit
de Turs sans metigoigne disant Antioche I p. 30.
Bemerkenswert sind die beiden letzten Beispiele, weil in ihnen
das unpers(")nliche „man" als .Subj. zum Gerund, zu ergänzen ist,
während der Regel nach das Subj. imrüer mit dem des Haupt-
.satzes identisch ist. Diese Freiheit, welche das Gerund, mit dem
Inf. teilt, beweist, dafs im Afrz. beide Formen noch einen stark
fühlbaren substantivischen Charakter hatten (cfr. Lachmund, Über
den Gebrauch des reinen und präj)Ositionalen Inf. im Afrz. Diss.
Rostock 1879, S. 22 sq.).
Als Unregelmäfsigkeit ist es anzusehen, wenn das Gerund, in
dieser Verwendung ein flexivisches s zeigt. Wenn das Obj. im
Plural steht, so darf man darin wohl eine Einwirkung dieses Objekts
sehen, d. h. an Stelle des Gerund, ist das Part. Präs. gesetzt worden,
obwohl dies logisch nicht zu rechtfertigen ist. Klemenz (S. 21)
giebt por les menbres perdanz Floov. 2 204, erklärt dies jedoch für
einen Schreibfehler; mit Unrecht, denn genau so verhält es sich mit
den von Tobler (S. 46) angeführten 3 Beispielen, ebenso mit: tii
ait Chevalier Qui die mot sor les tnetnbres perdatis Am. et Am. 1474.
Aber es giebt auch Fälle, wo dieser Erklärungsgrund fehlt, z. B.:
Apres, senz terfne demoranz, Aittz que li meis fust trespassanz, Mut li
dux Ducs de N. II 31686; Tant emplent des fosses, sans mcnchonge
disans jerus. 2006 (in gereimter -ans Tirade). Hier ist nur anzu-
nehmen, dafs dem Reim zu Liebe der Grammatik Gewalt angethan
worden ist.
Vergleichen wir nun die eben vorgeführten Beispiele mit den
entsprechenden Verwendungen des Inf., so ergiebt sich, dafs der
letztere bedeutend vielseitiger in Bezug auf diesen Gebrauch ist,
als das Gerundium. Er kann nämlich ebenfalls das Obj. zwischen
sich und die Präp. nehmen, z. B.: // emperere fut hier as porz passer
Rol. 2772; a un grant tertre devaler li vint Ysengrins devant Ren. 5,
10; tant le servi de mes arm esporter Jourd. de Bl. 2599; cument pur-
rad il a sun seignur plasir mielz que par noz teste s trencher? Roisil2;
Ne pooient pas foisoner Li vif od les mors enterer Brut 15122; 7ie
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 53 I
voz fauchons por /es mernhres tranchier Jourd. de Bl. 81; yV ie defeyic
sour /es viemhres coper Huon 3723 u. a. Selbstverständlich kann das
Obj. dem Inf. auch folgen : Proesce . . . liest pas en servir /e monde
Ruteb. 42,756; espau/es . . . dien faites por metre bau/es Percev. 6011
und andere, obwohl diese Wortstellung die seltnere ist. Dies scheint
beim Gerundium nicht vorzukommen. Sodann aber kann der Inf.
den Artikel zu sich nehmen und dann das Objekt entweder in den
Genitiv neben sich treten lassen, z. B.: so/eieni faire festival a/ tundre
de Zur berbiz Rois 97 (Kommentar); bien apergut . . . au reprendre de
s'a/eine Ren. 5,1140; A Pestraindre des j'ambes Jet tressaiir ferranl
Alix. 133,31 u. oft; oder in den Accusativ, z. B.: «V ol que de
fava/er le pont L}'. 4157; au traire /es fers de/ mur . . . se b/ega Char-
rette 4728; au commencier /'uevre (iuill. de Pal. 4053 u. a. Tritt in
diesem Falle das Obj. vor den Inf., so fällt der Artikel immer weg,
s. Tobler, G. G. A. 1875, S. 1076.1
' Nach Tobleis dort gegebener Erklärung hätten wir es auch in
diesem Falle mit dem substantivierten Inf. zu thun, der Artikel gehöre sowohl
zu dem Subst. als zu dem Inf., stehe also in doppelter Funktion, statt zwei
Mal hintereinander gesetzt zu werden, z. B. stehe au mantiel partir nicht für
a partir te mantiel, sondern für au partir le mantiel und so immer. Gegen
diese Erklärung lassen sich jedoch manche Bedenken erheben: 1. Warum
soll bei vorangehendem Objekt immer der substantivierte Infinitiv vorliegen,
da doch bei nachfolgendem Objekt neben diesem (s. o.) auch der verbale
vorkommt, z. B. a traveillier les cors contendent Ducs de Norm. II 10897;
furent bien atorne a faire le Service De Percev. 20069 ; s'efforclie a couvrir
. . . la ptaye Rieh, li B. 1782 u. a. Man vergleiche: si le sert uns de taillier
et li autres del vin baitlier Percev. 9613; tuit le menäcent de ferir Alesch. 600
und TOS menace de la teste trencier Ren. de Moni. 140. Warum sollen hier
die Infinitive baitlier und trencier andere sein als taillier und ferir}
2. Wenn man in den obigen Beispielen den Inf. nach a und de für substan-
tiviert hält (Tobler fülut nur für diese beiden Präp. Belege an), so müfste
man es doch auch nach andern Präp. unter denselben Verhältnissen thun,
d. h. wenn das zwischen Präp. und Inf. stehende Objekt den bestimmten Ar-
tikel hat, z. B. auch in: il prist Nymes par le charroi mener Charr. de N. 6;
le jor entier mist . . es lettres lire Perc. 40268; il n'i avoit fors des membres
tranchier Cor. Loo. 250 ; Si'n apclat . . . Blancandrin pur la raisiin cunter
Rol. 68; weitere Beispiele siehe oben. Dies würde doch kaum zulässig sein.
3. Wenn der bestimmte Artikel vor dem Inf. nur deswegen unterdrückt wäre,
weil das Objekt den bestimmten Artikel bei sich hat, so könnte derselbe
doch in andern Fällen stehen bleiben. Er fmdel sich aber, wie es scheint,
bei vorangehendem Objekt niemals, sei es, dafs das Objekt aus einem Eigen-
namen besteht, wie in: tel presse out a Heraut ocire ke . . . . Rou III 8859;
fustes a lleleine prendre Troye 24547; trop a grant cliose en Dieu reiioier
Ruteb. 54,100; oder aus einem Pronomen, wie in: a lui armer moult giant
duel ot Perc. 3820; plus Iwnorez seriez S'a lui servir demoriez Ruteb. 54,88;
en aus gar ir tant entandi Perc. 13435 ! trois jurs apres ice conter Marie de Fr.
I p. 291; oder aus einem Subst. mit dem unbestimmten Artikel, wie in: a un
grant tertre devaler li vint Ysengrins devant Ren. 5,10; otler aus einem
Subst. ohne Artikel : espiier Hu convenable a citei faire M. Brut 2024 ; n'i
perdres en si bon stigneur servir Rom. u. Past. 111 33,76; (// trop grant
duel mener n'a nul recouvrement Buev. de Com. 559; oder aus einem neu-
tralen Adj.: qui a voir dire n'acope (strauchelt) l'liges 1540; auch einem Sub-
stantiv im Plur.: a trestoutes ces choses faire estoit Joseph St. Graal p. p.
Michel 314; s'arl misl en vers fere Ken. I l u. a. Es scheint also kein
532 A. SriMMtNG,
Man erkennt also, dals das (jeriindiiim mit dem Inf. in Kon-
kurrenz getreten ist und in seiner Verw(;n(Jung sich diesem an-
gepafst hat, ohne jedoch die Vielseitigkeit und Gestaltungsfähigkeit
desselben zu erreichen. Ahnlich verhält es sich in dem nun zu be-
sprechenden Fall.
3. Das präpositionale (Icrundium hat ein Subjekt
bei sich. J"^s sind dies die Fälle, in denen nach Tobler nicht ein
Gerundium, sondern ein attributives I'art. Präs. vorliegt.
Die von Tobler angeführten Beispiele enthalten ausschliefslich
Zeitbestimmungen, und bei diesen wird in der That jene Auflassung
am plausibelsten erscheinen. So in den Fällen, wo der Ausdruck aus
der Benennung für eine der Tagesstunden mit angefügtem sonnant
besteht, z. B.: a prime sonnant R. de Cambr. 839g; Hug. Cap. 4253 ;
dasselbe mit endroit Gui de Nant. 891 u. a.; ahifois tierce s. F'loov.
872; apres, jusqua, dedcns (bis), eiidroit none s. Fierabr. 952 ; Gui
de Nant. 1073; Gaydon 4546; Prise d'Or. 481 u. a.; devant, endroit
midi sonnant R. de Cambr. 3226; Cygne 2483.
F^benso verhält es sich mit den zahlreichen Bezeichnungen
für die Tageszeiten; so für den Morgen durch Wendungen wie:
a, Jusqua, apres, devant, parson, vers raube aparattt oder aparissant
Alix. 279,3; Mort Aym. 4067; Berte 552; Gui de Nant. 2729;
Aye d'Av. 1020; Ducs de N. II 1462; apres l'aule crevant J. Conde
1X1,15; '^j apres soleil levant Do. de May. :S222; Cleom. 5414. Für
den Tag: au der soleil luisant kye 6!h.w. 2022; ains le soleil luisant
Alisc. 8162; au jour aparant Enf. Og. 2549; des le main ajornant
Alix. 187,32. Für den Abend: jusqu^a, ains, de [zu), des, devers
(Je) soleil couchant Do. de May. 4220; Gui de Nant, 908 ; Alix.
375>35; Gaufr. 326; Alix. 420,6; Cygne 1904; aiiis, vers soleil es-
consant Saxons II 159; Gaufr. 4902; a Jour faillant Hug. Cap. 255.
Für die Nacht: a la lune luisant Gayd. 4529; Mitth. 47,13 u. a.;
a la lune reant Aquin 1654.
Alle bisher vorgeführten Ausdrücke könnte man nun ähnlich er-
klären wie Tobler die Wendung „ainz soleil leve 'erklärt, also z.B. ainz
soleil levant „vor der Sonne, diese als aufgehende genommen" etc.
Aber diese Auffassung scheint in denjenigen Fällen, wo die Präp. a
eine Zeitbestimmung auf die Frage wann? ausdrückt, kaum zu-
lässig „zur Zeit der Sonne, diese als aufgehende genommen".
Ebenso scheint sie in denjenigen Fällen gezwungen, wo Gerundia
wie passant oder ähnliche hinter der Zeitbestimmung stehen, z. B.
ainz, de ci qiia midi passant Aye d'Av. 3133; Ducs de Norm. II,
21680; tresqu^a none p. Ron III 4918; ains detnain jor p. Buev. de
zwingender Grund vorzuliegen, in diesen und den vorhin angeführten Fällen
den Inf. für substantiviert zu halten. Demnach glaube ich, dafs für das Alt-
französische die Regel galt : Wenn das Objekt oder das Subjekt (s. u.) eines
Infinitivs oder Gerundiums (denn bei diesem verhält es sich ganz ebenso)
zwischen diese und die Präp. tritt, so wird der Infinitiv resp. das Gerundium
nicht substantiviert.
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 533
Comra. 3695; airis le quart (quini) joiir p. Cygne 614; Alix. 89,7;
ani^ois, dusqiia un inois p. R. de Cambr. 3703; Og. le Dan. 3813;
atfis lonc terme p. Do, de May. 8623 ; a son jour aprochayit Do. de
May. 4176; a ehest este entrant Gaufr. I129; el mets d'avril eyitrant
Yonec55 ; A douz viois d'avf-tl entrant chevauchat B.om. u. Past. I 392.
Nicht weniger in denjenigen, wo das Subst. nicht die Bezeichnung
eines Zeitraums oder -Punktes ist, so al, ainz, aingoü, des coc chantant
Brut 995 ; M.Brut 721; Mort Garin 4426; Aquin 1653; devant le
gal cantant Godeh. de Bouill. 2415; a la gueite cor^iant Gaufr. 541 1;
a flot mtitita?it Rou III 1340; au ßo retraiant Rou III 4632 u. 9571;
Brut II 846; apres le nofnie duc regnant Ducs de N. II 7858. Hier
ist offenbar die Auffassung „beim Blasen des Wächters, nach der
Regierung des neunten Herzogs" u. s. w. die näher liegende.
Geradezu notwendig erscheint dieselbe in denjenigen Fällen, wo
jener Präpositionalausdruck überhaupt nicht eine Zeitbestimmung,
sondern ein anderes adverbiales Verhältnis bezeichnet. So einen
begleitenden Nebenumstand, resp. einen Gegensatz, z.B.: E li
reis, efi lur quer crevant S'eti vait a ses amis gabant (während ihnen
das Herz brach) Rou HI 3359; eine Mafs- oder Wertbestimmung,
z. B.: Turs iie l'ose aprocher d'une lance tenant Jerus. 7828 (=</^ tant
com une lance tient\ tenir „reichen", cfr.Tobler, Sitzungsber. der K. Ac. d.
W. Berlin 1885, 946); il nel rendi[s]t por mil mars d'or pesant Oti-
nel 1839. Am häufigsten erscheinen diese Wendungen nächst den
temporalen Bestimmungen in Ortsbezeichnungen verwandt. So
in contre, cficotiire, vers, devers soleil levant {g^Q^gQ,\\ Osten) Alix. 295,
20; Rou III 3843 und 1771; Mitth. 47,15; Cil a la seigneurie qu'est
el soleil levant (im Osten) Antioche II p. 57; dem entsprechend contre,
vers, devers soleil couchant Coven. Vivien 1609; Brut 14627; Rou I
451 u. a. Interessant ist: Falles venir les Turs dusqu'en terre fail-
lant (bis wo die Erde aufhört) Antioche II p, 57.
Ein weiterer Beweis für die Ansicht, dafs bei den in Rede
stehenden Wendungen ein Gerundium und nicht ein Part. Präs.
vorliegt, besteht darin, dafs, wenn das Subst. im Plur. steht, den-
noch der Regel nach die unflektierte Form auf -ant erscheint. Ein
Beleg findet sich unter den von Tobler angeführten Beispielen,
nämlich: Erra anriuit angois les ros chantant Mitth. 37,26 (Ztschr. I
558 1 Druckfehler 36); andere sind: a mes ieus voiant l\i chi tue
Aiol 1-435; On li ochist Aliaume dtvant ses lex voiant Gaufr. 5431;
ähnlich /.i bestes li trestornent devünt ses ious voiant Alix. 280,13;
Toutt jour ont erre jusqu^as vespres sonnant Ciaufr. 5418; Li conduis
les emuie duscas roces Pendant (bis wo die Felsen herüberhängon)
Alix. h75,36, wozu das schon angeführte: // nel rendi\^s'\t por mit mars
d'or hesant Otinel 1839 hinzuzufügen ist.
ll)as zuletzt angezogene Argument wird kaum geschwächt
durch! die Thatsache, dafs einzelne Ausnahmen, das heifst, Fälle
vorkommen, in welchen die flektierte Form iTscheint, z. B.: Li rois
vient (ni la vile dedcnz vespres sonanz Saxons 11 p. 92; dusc'as vespres
.i'ö«(///i Ciotk'fr. (U; Bouill. 1730; .1 Xanliieil sunt 7'enu <is matines son-
Zeitsolir. f. roui. l'liil. X. le
534 A- STIMMING,
nans Gui de Nant. 2269; luns XV jors pnssans Godefr. de Bouill.
2954. Von diesen Beisi)ielcn sind einige wohl auf Rechnung des
Überarbeiters zu setzen, der die ältere assonierende Version in die
gereimte verwandelte; andere sind einfache Fehler des Überlieferung;
denn beispielshalber enthält der Gui de Nant., in welchem eines
jener Beispiele vorkommt, auch sonst im Reim zahlreiche Verstöfse
gegen die Flexion, z. V>. in derselben Tirade: par le pri verduians
2410 und ähnlich vielfach; in: ains solel esconsans Antioche I p. 199
findet sich das s sogar, obwohl auch das Part, hier unflektiert er-
scheinen müfste. Aber wenn sie sämtlich gesichert wären, so
würden sie doch die von mir vertretene Ansicht ebenso wenig wider-
legen, wie die unter No. 2 aufgeführten flektierten Formen bei
vorangehendem Objekt die Thatsachc umstofsen können, dafs wir
es auch dort mit dem Gerundium zu thun haben.
In anderen Fällen sind zwei Auffassungen möglich, daher auch
zwei verschiedene Konstruktionen zulässig. So hätte in der Stelle :
a Dien fu prians A jointes niains et a iex- lervioians Enf. Og. 7667
(=: mit thränenden Augen) auch stehen können a iex lermoiant
{unter Thränen der Augen). Ähnlich verhält es sich in : Li me-
sager s'en vont as esioiles luisa?is Gui de Nant. 2265; Vers Beaufort
s*en retornent. a lor grailes sonanz Floov. 474 und ähnlichen Aus-
drücken, die also durchaus korrekt sind.
Unter No. i haben wir gesehen, dafs das Gerundium, wenn
es allein, d. h. ohne Subj. oder Obj. steht, oft auch wie ein Subst.
behandelt wird. Dasselbe findet sich auch, obwohl nicht so häufig,
wenn das Gerundium ein Subj. bei sich hat. Die Substantivierung
tritt regelmäfsig in denjenigen Fällen ein, wo das Subj. aus einem
persönl. Fürwort besteht, welches dann in das entsprechende Pron.
poss. verwandelt wird. So in den zahlreichen Wendungen mit vi-
vant z. B. Alex. 8d; Rol. 284 u. a.; oder mit seivit, eslant, z. B.: R. de
Cambr. 6829 u. a.; en viun, sun etc. dortnajit Gayd. 329; Ducs de
N. II 1461 u. a.; andere Beispiele s. o. No. i.e.
Selten findet sich die Substantivierung, wenn ein substanti-
visches Subjekt vorliegt ; in diesem Falle tritt letzteres im Genitiv
hinter das Gerundium, z. B.: a cofitiissant de Pajoi'ncr le comnwicerent
a löer Ducs de N. 11 19234; al vivant iiin pere Virent li Noi-mant
que . . . Ducs de N. II 8572.
Vergleichen wir auch hier wieder die in Rede stehende Ver-
wendung des Gerundiums mit der entsprechenden des Infinitivs,
so erkennen wir, wie oben, dafs der Inf. genau die gleichen Kon-
struktionen aufzuweisen hat, nur wiederum eine gröfsere Vielseitig-
keit zeigt.
Zunächst mufs man auch beim Inf. unterscheiden, ob derselbe
substantiviert gebraucht wird oder nicht. In letzterem Falle hat er
fast ebenso häufig wie das präpositionale Gerundium sein Subj. im
Accusativ bei sich, nur ist der Inf. in sofern freier, als er dasselbe
nicht nur vor sich, sondern auch hinter sich treten lassen kann.
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 535
Das Subj. steht zwischen Präp. und Inf.: Xous aroil aniene
mahlt fiobile serjatit . . . Poiir Garin et Doon estre hors de tourment
Gaufr. 5401; por pais aveir E por tote t're remaneir Rou III 10486;
quel plet vos a hui vostre viaii (Subj.) fet A tantes bestes regarder
(vor den Augen von) Ren. I i 29 u. a.
Das Subjekt folgt dem Inf.: costtwie estoit de commencier . . .
quascun lo sien mestier M. Brut 3544; li terme aprime de soi alegier
la r'öine Trist. I p. 170; il volsissent qtie li os se departist por aler en
son päis chascun Villeh. 60 ; tous les grans seigneurs j estoient sansy
faillir ung Commines 4,1. Hierher auch wohl: la pucele tint Veslrier
a descendre le Chevalier (als der Ritter abstieg) Perc. 13405. Weitere
Beispiele für beide Arten : Tobler, Ztschr. II 405 und „Vermischte
Beiträge" 74 — 75 ; Lachmund, Gebrauch des Inf. 25 ; Vogels, Rom.
St. V 533. Interessant ist das von Lachmund citierte: por estre
vioi deshirete tte lairoie Trist. I p. 45, wo das Subj. zwischen den
beiden Bestandteilen des zusammengesetzten Infinitivs steht.
Noch mehr aber übertrifft der substantivische Inf. das substan-
tivierte Gerundium an Zahl und Mannigfaltigkeit der vorkommenden
Fälle. Auch hier ist zu unterscheiden, ob des Sul)j. aus einem
Pron. pers. oder einem Subst. besteht. In ersterem Falle tritt wie
beim substantivierten Gerundium regelmäfsig das entsprechende
Pron. poss. ein, z. B.: la parei ensaiigletitad a sun chäir Rois 379;
a lor movoir . . . füi Percev. 786 ; en son entendre Percev. 4923 u. a.
Selten findet sich der Gen. des Pron. pers.: esledega Egypte en Valer
d'els Oxf. Ps. 104,36; dafür en in: diex 7n'en done le loisir (hoc mihi
licet) Perc. 1254. Dagegen war es sehr beliebt, in diesem Falle
das Subj. in einen mit faire gebildeten Relativsatz zu ziehen : el
someller que vos feistes Ren. II 224; ati corre qu'il fönt ib. II 415;
a Varriver que ttous f'eimes devant Damiete Joinv. 7; au partir qu'il
fit de Gand Commines 2,4. Weitere Beispiele bei Soltmann, Der
Inf. mit ä S. 420.
Besteht das Subj. aus einem Subst., so hatte das Altfranzösi-
sche die Wahl zwischen drei Ausdruckweisen : a) das Subj. trat in
den Genitiv, d. h. der Inf. wurde ganz wie ein Subst. behandelt,
z. B.: a Vesmovoir des nes sanbla que . . . Cliges 1096; Et fu a Ven-
trer de septembre Ren. 10,374; au coucher dou roi Commines 8,7.
Dies noch im 16. Jahrhundert.
b) Das Subj. tritt im Acc. neben den Inf., der also verbale
Kraft behält. Seltener geht in diesem Falle der Inf. voran, z. B.;
a V esmouvoir l'ost le roi rot grant noise de trompes Joinv. 231; ein
anderes Beispiel Tobler, Ztschr. II 405 und Beiträge 75 : a Papro-
chier les neifz Baud. Seb. VII 8. Meist finden wir das Subj. vor
dem Inf., aber fast nie behält dann der Inf. seinen Artikel wie in:
Et al la lune luire virent Hiaumes . . Brut 305 2; gew<)hnljch verliert
der Inf. den Artikel, d. h. statt des substantivierten Infinitivs tritt der
präpositionale ein. Zahlreiche Beispiele Tobler, Ztschr. II 405 und
„Vermischte Beiträge" 75, z. B.: al pont chaeir fu la er He mult dolerose
35»
530 A. STIMMING,
Ron III 5253; (t rorage falir J^aud. Seh. X l 102 u. a.' Dafs aber
<Jie Auslassung des Artikels nicht durch den bei dem Subjekt
stehendem Artikel vuranlafst ist, geht aus dem oben aus Ren. I 129
angeführten Heispiele hervor: a lanles bestes regarJer {cir. S. 53iAnra,).
c) Das Subj. wird Subj. in einem atlributivischen Relativsatz
mit faire als Verb: au passer que li soudans fisl Joinv. '^^}^\ au
reJrescier que fisl li niescreaus Jourd. de Bl. 1962; aic Irespasscr que
Bruns a fei Ren. I 690 ; a Varocher qu^a fei Coarl ib. I 1 363 u. a.
Dieser Vergleich zeigt, dafs das Gerundium auch hier nur
einen Teil der Verwendungen des Infinitivs sich angeeignet hat.
Aber wir werden jetzt kein Bedenken tragen, in den oben aufge-
führten Ausdrücken ains l'auhe apanuil, apres tione passanl u. ä. das
präpositionale Gerundium mit hinzugefügtem Subj. zu sehen, wenn
wir genau dieselben Ausdrücke mit dem Inf. finden, z. B.: a, jusqu'a,
apres, parson Vaube esclairier Baud. Seb. XIX 185 und XXII 26;
Garin le L. I p. 17; Mitth. 46,11; ains la lierce passer Garin le L. I
p. 198; al la lune luire Brut 3052 u. a.
Aber die Verwendung des Gerundiums nach Präpositionen ist
zwar, wie oben erwähnt, die gebräuchlichste, keineswegs aber die
einzige, in welcher dasselbe an Stelle des Infinitivs tritt oder mit
ihm wechselt.
B. Das Gerundium in Stelle anderer Satzteile.
Wie der Inf. im Altfranzösischen jeden beliebigen Satzteil ver-
treten kann, so machte man den Versuch, auch dem Gerundium
andere Funktionen im Satze zu übertragen.
r. Das Gerundium als Accusativ des Mafses. Das
dazugehörige Subjekt steht im Accusativ daneben ; ist es ein Pron.
pers., so wird es in das entsprechende Pron. poss. verwandelt. So
mehrfach bei dem Gerund, von tenir „reichen": N^ot pas füi tine
latice lenunt Alisc. 85 ; // tiot pas ale une Heue lenatit Do. de May.
4182; Donl le viur esloit haut LX pies tenant Gaufr. 1859; tCorent
pas erri IUI liiues tenant ib. 5416; N'i a terre vuide une lance te-
nant Antioche II p. 41; Del mur ont abatu une lance tetiatit Jerus. 6867.
Noch häufiger von valoir : II ne se prise valisant un festu (so viel
wie ein Strohhalm wert ist) R. de Cambr. 1452; Qu'il en p'eust abatre
IUI deniers vaillant Godefr. de Bouill. Appendix p. 245 , ja ne con-
querrai mais vallisa?it 1 denier Alix, 175,35. Die Wendung un de-
7iier vaillissani oder vaillissant un denier sehr oft, z. B.: Gaufr. 1 103,
4293; Jerus. 6879, 7855; Huon 5728; Mitth. 80,24; Godefr. de
Bouill. 3894 u. a. Zu vergleichen ist Ki ainz ne dunast un besattt C
or u argent al vaillant (im Wert) Rou III 3176. Ein Mal hat auch
hier neben einem pluralischen Subjekt das Gerundium fälschlich
1 Soltmann übersetzt Frz. Stud. I 382 die StelleTb/ vos trespas Jusqu'aii
monier Uandemahi Ly. 5832 durch ,,ich übergelie Alles bis zum Anbruch
des folgenden Tages". Danach würde auch dies Beispiel hierher gehören,
während die Worte bedeuten : „bis zum Aufsteigen (auf die Pferde) am fol-
genden Tage".
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFR2. 537
Flexion angenommen : fic laira il de tcrye II deners vaillissam Go-
defr. de Bouill. 4084.
( )ft kann das Gerund, in dieser Verwendung direkt als Obj. oder
Subj. aufgefafst werden : unt gaaignie mil mars vaiUant Ducs de N.
^^ 355'; .A^ ^'^"^ ^"' '''''' auroie II denicrs vaillissaiit Cygne 2863;
Ja n'i prendras vaillisdut unc alie K. de Cambr. 1882; ähnl. ib. IQII,
2489, 5379; Gaufr. 1830. Auch das Gerund, von peser „wiegen"
im Sinne von „Gewicht" kommt so vor : de li ne preist M. mars
d'or fin pesant Do. de May. 4148; El puing d^espee out d'or dis
livrcs pesant Rou II 663 ; neu remaindrat pesant une escahugne
Voy. 575.
Endlich möchte ich auch : n'ot pas alc tme pierre ruant Gaufr.
2720 hieherrechnen, das Tobler in seinen „Vermischten Beiträgen"
S. 39 unter denjenigen Sätzen aufführt, in welchen das Part. Präs.
die Bedeutung eines Part. Perf. Pass. aufweist. Mir erscheint näm-
lich der Ausdruck „aller une pierre ruee'^ gezwungen, da hier die
Mafsbestimmung nicht in dem Substantivum pierre, sondern in dessen
Attribut enthalten sein würde (vgl. aller un trait d'arc, un arpetit u. a.),
während „ruant" als Gerundium, nach Analogie von vaillant „Wert",
pesant „Gewicht", konkret „Wurf" bedeuten, also eine Mafsbezeich-
nung darstellen würde. Der Ausdruck „einen Steinwurf weit, so
weit man einen Stein schleudern kann" würde also ganz der Wen-
dung „une lance tenant'* entsprechen, nur dafs in letzterer das Ge-
rundium ein Subjekt, im ersteren ein Objekt bei sich hätte, während
als Subjekt „man" zu ergänzen wäre, eine Konstruktion, die sich
aus dem substantivischen Charakter des Gerundiums vollständig
erklärt (cfr. No. 2, g und II, 1,7). — Als Accusativus modi
erscheint das Gerundium in: Desfi les en, Sire, vostre, veiant Rol. 287;
Ens en l'iave se inet par Jorce lor voiant Alix. 291,12; li granz ser-
vise, Que li dus fist al rei 7nairite feiz sun vivant Rou II 2023; cfr.
je cuit mieji efisiant Mitth. 46,30 u. a.
2. Das Gerundium als direktes Objekt. Auch abgesehen
von den eben aufgeführten Hillen findet sich das Gerund, obwohl
nicht eben häufig, in objektivischer Funktion. Eine Stelle führt
Tobler, „Beiträge" S. 45 an: fi'aj' chi nul demorant G. Muis. I 91.
h.inige weitere sind : Mon oncle i'ust perdu et moi, s'i'ust vivant C}'gnc
468g ; Dusiju'a Mecjue la vile ne laisai eraventant Tor ne maison de
perre, ne voise trebuehant Jerus. 6617; Armez furent les 111, einsy
qtioiez contant Do. de May. 5634 ; Ariere le remainent, n i ont plus
demorant Alix. 32,31; Mes le prestre lessai eoustant (dem Priester
licfs ich die Kosten) Ren. 23,526. Nicht sicher ist es, ob auch
folgende Beispiele iiierhcrgehöron: f.a veissit's , . . Tan pie, tarn poing,
taute teste pcrdant R. de Cambr. 4042 ; veissez Taut pie, tant poign,
tant de teste tolant .^cjuin 1643; La peussit's 7'eoir maint paveillon ten-
dant Antioche I p. 218. Tobler führt das erste in seinen ..\'ir-
mischten Iknträgen" S. 38 wiederum unter denjenigen auf, in welcluMi
das Part. Präs. passive Bedeutung hat , womit auch dif luMtlon
5.3^ A. STIMMING,
andern dorthin zu rechnen sein würden. Ich wage nicht, eine
Entscheidung zwischen beiden Erklärungen zu treffen.
Dagegen sehe ich ein Gerundium in folgenden Sätzen: paour
ai . . . Qu' iL ne nCocie ou face tnesseanl Mitth. 81,3; en lui n'a mesa-
venanl Eliduc 302 ; das Gerundium nach Analogie des Inf. in /' a
savoir, faire savoir u. ä. gebraucht. Ebenso möchte ich hierher
rechnen die beiden Gerundia enlcndant und conissant in der Ver-
bindung mit faire, z. B." Et si en ot VII ciens, ce fait ort enietidant
Cygne 895; kanquil leur a fait entendant Berte 2^2 \\ via on fet
entendant Que . . . Do. de May. 7540; vous votiles faire entendant
aus gens que . . . Joinv. 187 u. a. ; Se le matin nest ci . . . . Tos
sera parjures, ferai lui connissant Alix. 363,28 u. a. Tobler, wel-
cher „Vermischte Beiträge" S. 35 und 37 zahlreiche weitere Be-
lege anführt, giebt auch diesen beiden Formen passiven Sinn.
Gegen diese Auffassung scheint mir aber, wenigstens für en-
tendant folgende Stelle zu sprechen: Matabrune a fait le roi a en-
tendant Que ta mere ot VII ciens Cygne 752, wo die Erklärung en-
/^«ü'öw/^j.verständlich, plausibel" nicht zulässig ist, sondern wo faire
mit a und dem Gerundium geradeso wie mehrfach mit a und dem
Inf. gebraucht wird. Letzteres geschieht nicht nur in der häufigen
Wendung faire a savoir, sondern auch sonst, z. B.: ja me fereiz a
rendre Parise la Duch. 294; fönt Vuis a garder Do. de May l^^l',
häufig im Joufroi u. a. Daher erscheint die Annahme nicht un-
wahrscheinlich, dafs auch in den andern Fällen das Gerundium
vorliegt.
3. Das Gerundium als Prädikat findet sich nur neben dem
unpersönlich gebrauchten cstre, meist bei der Angabe von Natur-
erscheinungen, doch auch hier nur selten. Das zum Gerundium
gehörige Subj. steht, wie immer, im Acc. daneben. So in: Chargie
orent en Vanuitant, Eissi que (causal) uncor ert flot ?nunta?tt Ducs de
N. 11 41062 ; ja ainz n'iert vespre ne le soleil cochant, Que il orra . . .
Prise d'Or. 102 und 642 ; Ainz qiiil soit vespre ne le soleil couchant
Otinel 336 ; si Karloii . . . Ne pent as fourches, ainz que soit jor fail-
lant ib. 1785. In dem Verse Plus est de m'ienuit, pres est l'aube
aparant Antioche II 105 ist das Gerundium wohl nicht Prädikat,
sondern von pres abhängig. Noch seltener erscheint das Gerund.
in anderen Verbindungen prädikativ, wie in : Est or ce bien chose
fesant? (heifst das eine Sache gut machen, ist das ein richtiges
Handeln?) Ruteb. 16,13 (Schumacher, Zur Syntax Rustebuef's. Kiel.
1886. S. 55).
Hiernach mufs konstatiert werden, dafs die substantivische
Verwendung des Gerundiums aufser nach Präpositionen im Ganzen
nicht allzu weito Verbreitung gefunden hat und bald wieder auf-
gegeben worden ist. Das Gerundium auch als Subjekt zu ge-
brauchen, scheint man im Altfranzösischen gar nicht versucht zu
haben, denn die von Vogels (Rom. Stud. V 550) aus Larivey in
Übersetzungen italienischer Stücke nachgewiesenen Beispiele, wie;
VERWENDUNG DES GERND. U. D, PART. PRAES. IM AFRZ. 539
Demandant wie vefve ä femme cest ... La Vefve I i u. a. sind als
Italianismen anzusehen (cfr. unten Participium No. 6).
Damit sind die Verwendungen des Gerundiums im Sinne und
in Vertretung des Infinitivs erschöpft. Ehe wir uns zu den übrigen
Funktionen desselben wenden, wollen wir versuchen, festzustellen,
wie sich der bisher behandelte Brauch zu dem Lateinischen ver-
hält. Zunächst ist zu bemerken, dafs in allen oben angeführten Bei-
spielen das Gerundium aktive Bedeutung hat, d. h. die Thätigkeit des
Verbal begriftes ausdrückt. Daraus ergiebt sich also, dafs das Ge-
dium nur seine ursprüngliche, seine Grundbedeutng ins Franzö-
sische mit hinübergenommen, dagegen die abgeleitete, passivische,
d. h. die mit dem Begriff" der ^löglichkeit oder Notwendigkeit ^ (biben-
dum est, eigentlich „das Trinken liegt vor" d. h. es kann oder es
mufs getrunken werden) aufgegeben resp. an den Inf. mit der Präp.
a abgetreten hat. (Vgl. jedoch oben I, A i chose a remanant). Daher
weist das afrz. Gerundium auch in dem einzigen Falle, wo es als
Nominativ, nämlich als Prädikatsnomen erscheint {ert flot montant
u. a.) diese aktive Bedeutung auf, die im Lateinischen für Ausdrücke
wie inoriendum est nicht nachzuweisen ist (s. Dräger II, § 595).
Was nun die Rectionsfähigkeit des Gerundiums betrifft, so folgt
auch hierin das Afrz. der lateinischen Tradition. „Dies verbale
Substantiv (d. h, das Gerundium) kann, wenn es von einem transi-
tiven Verbum kommt, zufolge seiner verbalen Kraft ein Objekt
regieren, wozu es Belege aus allen Sprachperioden giebt" (Dräger
II § 594). Aber während dieser Brauch, das Gerundium eines tran-
sitiven Verburas mit einem Objekt zu versehen, im Lateinischen
nicht beliebt war resp. blieb, sondern man im Streben nach kon-
kretem Ausdruck statt dieser Konstruktion meist die Gerundiv-
rection vorzog (ad urbes obsidendas für ad obsidendum urbes), so
hat das Altfranzösische wiederum nur erstere erhalten, von letzterer
findet sich, wenigstens formell keine Spur, ja das Altfranzösische
hat sogar jener Konstruktion in sofern eine gröfsere Ausdehnung
gegeben, als es, nach Analogie des Infinitivs, das Hinzutreten auch
eines Subjekts gestattet, was das Lateinische nicht kannte.
Für die Verwendung des Gerundiums als Accusativs des Ob-
jekts oder der Mafsbestimmung findet sich im Lateinischen kein
Analogen, als (Jbjekt erscheint hier nie der Acc. Gerundii, sondern
der Regel nach der Infinitiv. Eigentümlicher Weise aber zeigt der
Ablativ US Gerundii einzelne Fälle des Ciebrauches, die dem in
Rede stehenden sehr nahe verwandt sind. Meines Wissens ist
Ott der erste gewesen, der in seiner auf S. 527, Anm. citierten
Schrift, diesen Punkt erörtert hat. Er sagt auf S. 35 : „Eine im
späten Latein nicht gerade seltene Erscheinung ist die, dafs der
Ablativus Gerundii bei verbis und adjectivis relativis als ( Vojekts-
casus steht, zumeist also die Stelle des Infinitivs, mitunter der Kon-
' Die GrundhcHlcuiiin<j <lcs Gerundiums bcliaiuicli ausfülulich Kottci,
Über das Gerundium der lat, Sprache. Programm, Coltbus. 1871, S. 10 sq.
540 A. tellMMING,
junktion nt, tic, i/uominiis rcsp. </uin vertritt. Anfänge dieses (io
brauchs finden sich schon bei IJvius." Diese Erscheinung sei un-
zweifelhaft dem l'.infhisse der Volkssprache zuzuschreiben. So
belegt er den Ablativ Gerundii aus Livius nach perseverare, nach
pcrsequi, exsajui u. a. (daneben immer den Inf.), aus späteren nach
abhorrere (verabscheuen), parcerc (unterlassen), cessare, desinere, prae-
icrmittere u. a. So lassen sich mit dem oben citierten : Dusqua
JMcque HC lai'sai cravenhmt Tor nc maison Jerus. 6617 Wendungen
vergleichen wie : non ctssahhnus tibi domini ingerendo praecepta oder
praetermisi pracdiamdo regmwi domini Jesu, beide aus Lucifer von
Calaris. Es erscheint daher wohl nicht zweifelhaft, dafs die in
Rede stehende Verwendung des Gerundiums auf diese echt volks-
tümliche Funktion des lateinischen Abi. Gerund, zurückzuführen ist.i
Wir kommen nunmehr zu den übrigen Funktionen des Ge-
rundiums.
IL Das Gerundium in verbaler Funktion.
Während das Gerundium in den bisher besprochenen Ver-
wendungen dem Inf. nahe steht, zeigt es in den nunmehr zu be-
handelnden Fällen gröfsere Verwandtschaft mit dem Part. Präs.,
mit dem es sogar manchmal wechselt.
Ich kann mich in diesem Abschnitte kürzer fassen, da die
hierher gehörigen Erscheinungen von Klemenz im Ganzen richtig,
wenn auch nicht besonders übersichtlich behandelt worden sind.
Ich werde mich also damit begnügen, seine Ausführungen zu ver-
vollständigen und zu ergänzen, eventuell, wo es nötig ist, zu be-
richtigen, werde mich dabei aber auf die Originalwerke der eigent-
lichen altfranzösischen Periode beschränken, da Klemenz die Ab-
weichungen in den altfranzösischen Übersetzungen und bei den
mittelfranzösischen Autoren schon genügend hervorgehoben hat.
I. Das Gerundium adverbial, d. h. in Vertretung
eines adverbialen Nebensatzes gebraucht.
In dem Gebrauche des Gerundiums zur Bezeichnung eines die
Haupthandlung begleitenden , resp. näher bestimmenden Neben-
umstandes geht das Französische viel weiter als das klassische
Latein. Letzteres verwandte den Ablativus Gerundii (denn dies ist
die zu Grunde liegende Form), insofern er nicht von einer Präp.
abhing, fast ausschliefslich als Ablativus instrumenti, auf die Frage
wodurch ? womit ? Aber auch in Bezug auf diesen Punkt hat sich
die Volkssprache unzweifelhaft nie in diese engen Schranken schnü-
ren lassen, und sie hat ihrerseits bald einen merkbaren Einflufs auf
die Schriftsprache ausgeübt. Meistens wird angegeben, dafs diese
Erweiterung des gerundialen Gebietes wesentlich erst mit Livius
begonnen habe , doch wird diese Ansicht von Ott in seiner Ab-
^ Vergl. auch Hartel, Arch. für latein. Lexicogr. III 36 — 40.
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 54 1
handlung eingehend v^-iderlegt. Derselbe weist nach, dafs sciion
Cicero, Sallusl und andere Klassiker in dem Gebrauch des Abi.
Gerund, über jenen Rahmen hinausgehen, dafs jedoch in der TTiat
erst von Linus und noch mehr von Valerius Maximus an der er-
weiterte Brauch zahlreicher hervortritL So belegt er den Ablat.
Gerund, auch in causaler, tempvoraler, condicionaler, concessiver und
modaler Bedeutung, wo das korrekte Schriftlatein ein Part. Präs.
vervs-andt hätte (a. a. O. 30 sq.). So ist denn auch hier wieder der
französische Sprachgebrauch die direkte Fortsetzung des lateini-
schen. Im Altfranzösischen scheint das Gerund, nicht einmal die
Mannigfaltigkeit der Verwendung aufzuweisen, die das volkstümliche
Latein und auch das Neufranz, kennt, denn dort drückt es in den
allermeisten Fällen das Mittel, die Art und Weise oder die Gleich-
zeitigkeit aus, z. B. ases est müh que morium cumhaiani RoL 1475'
cfr. cum in Asiam fugiendo pervenisset Justin, 30, 2 8,4 ; entra en Vaigue,
passa outrc noant Antioche I p. 195; cfr. nando irajecerai flumen Liv.
1,7,4 u. a.
Im Einzelnen ist Folgendes zu bemerken:
a) Wie Klemenz S. 1 1 hervorhebt und belegt, wird bei n-
mainJre der Regel nach das Gerund, verwandt, obwohl, wie wir
sehen werden, die Verba, welche ihrer Bedeutung nach dem Verb
csire nahe stehen, sonst mit dem ParL Präs. verbunden werden.
Klemenz ist jedoch im Irrtum, wenn er behauptet, remaindre werde
stets so gebraucht. Es kommen auch Ausnahmen vor, z. B.: Ikc-
ques est remis gisatis Ren. 3, 49; ci voilles de] tot remaindre Meine
pro/is, reule tcnanz Ducs de Norm. II 11337; Od le fais des armes
pesanz Si remaignent as funz gisanz ib. 11 21 529 {also sogar mit un-
korrektem j); // marcheanz Rcmesi tresque aJ Jörn dormanz St. Ni-
chol. 1 117.
b) Aber auch bei andern Verben als remaindre findet sich statt
des Gerundiums das ParL in dieser Verwendung. Zu den
von Klemenz ^.2^ beigebrachten Beispielen können noch einige
weitere hinzugefugt werden, z. B.; \e remest ne peiiz ne granz Qui
naui apris le cors ploranz Cliges 6 1 30 ; Eissi senz cupe achaisonanz
Fu li quens Tiebauz mauvoiUanz AI duc Richart Ducs de N. II 20559;
Jicbaui d'Arahe li risponi ioui rians Foulque de Cand. p. 153: //
maistres vini zvrs mar touz rianz Joinv. 414. Besonders bemerkens-
wert ist folgende Stelle: i)r /es (sc. die Waffen) me dornst Die.x
porter lui scrzanj: (indem ich ihm diese, in seinem Dienste) Enf.
Og. 2548, wo sctvans sogar Attribut zu dem Dat. me isL
c) Mehrere Gerundia kamen neben Verben der Bewegung
so häufig vor, dafs sie schliefslich fast als .\dverbia gefühlt wurden
und die Bedeutung „schnell" annahmen, so corani, e'
hr<xhani, ferani, hatani u. a. (Beispiele Klemenz 35). 1
in der That des LTsprungs dieser Formen nicht mdjr kiar i-e-
wufst war, zeigt sich an Sätzen wie: pir mi Ja rille en est l-aiant
menez Jourd. de B). 3287, wo, wenn Iniiant als Gerundium gefafsl
542 A. SI1MMIN(.,
werden sollte, als Subjekt dazu das unbestimmte „man" anzu-
nehmen wäre.
d) Was die Beziehung des Gerundiums zum Subjekt
des Satzes betrifft, so beobachtet das Afrz. im Allgemeinen ebenso
streng wie das Nfrz. die Regel, dafs das Gerund, nur zum Subjekt
attributivisch bezogen werden darf, d. h. dafs sein Subjekt zugleich
Subjekt des Satzes sein mufs. Dennoch kommen einzelne Aus-
nahmen vor in Fällen, wo ein Mifsverständnis ausgeschlossen ist.
a) Das Gerundium gehört zum direkten Objekt; ein Zweifel
ist nicht möglich in Sätzen, wo das Objekt im Plural steht, z. B.:
Di'si qua Amens les menerent fuianl Rou II 3544 ; Tous /es onl en-
voies par haute mer najant Droit a Conslantitioble Antioche 1 p. 136;
Les ciei'ges porteront ardant ^ei\. 17,1044. Wenn das Objekt singu-
larisch ist, so könnte es zweifelhaft scheinen, ob nicht etwa ein
Part. Präs. vorläge, z. B.: Et Desrame en chasavies fuiant Alisc. 8172;
Mahlt en trebuce contre terre gisant Og. le Dan. 6619; Tant com
anste li dure, fabati sovinant Alix. 113,33. -Dafs aber auch hier
ein Gerund, vorliegt, ergiebt sich einmal daraus, dafs unter den
Sätzen mit pluralischem Objekt ganz analoge Wendungen vor-
kommen, sodann daraus, dafs, wie ich im nächsten Absatz nach-
weisen werde, in dergleichen Ausdrücken sich auch en mit dem
Gerundium findet, endlich werden wir weiter unten in dem Kapitel
vom Participium Praesentis (unter 5,b) erfahren, dafs auch sonst
in attributivem Verhältnis zum Objekt das Gerundium statt das
Part. Praes. erscheint. — Bemerkenswert ist noch, dafs in mehreren
der aufgeführten Beispiele das Gerundium gewissermafsen das Re-
sultat der durch das Verbum ausgedrückten Thätigkeit bezeichnet,
z. B. er schlug ihn nieder, so dafs er am Boden lag u. s. w.
;9) Das Gerundium gehört zum Dativ-Objekt. In dieser
Verwendung ist mir das Gerund, nur ein Mal vorgekommen, näm-
lich : Brutus . . . . Lo camp h (den König) fait guerpir fuiant M.
Brut 552.
7) Ebenso selten ist als Subjekt zu dem Gerundium das
unbestimmte „man" zu ergänzen, wie in: De la vitaille . . . Ki
est venüe Apres aus cariant Alisc. 4093. Hierher auch das oben
besprochene batant bei einem passivischen Verbum. — Über die
soeben besprochene Verwendung des Gerund, im Mittelfranzösischen
s. Klemenz 40-41.
2) Das Gerundium mit en im Sinne des einfachen
Gerundiums. Wir haben im ersten Abschnitte gesehen, wie das
franz. en mit dem Gerundium direkt auf das lat, in mit dem Abi.
Gerund, zurückzuführen ist, d. h. dafs in dieser Wendung die
Funktion des Gerundiums als substantivierter Infinitiv deutlich her-
vortrat, z.B.: Qui herbe voelt, ü la prent en gisant ^o\. 2525 „im Lie-
gen". Aber diese Konstruktion entwickelte sich auch nach einer
andern Richtung hin. Indem nämlich die Bedeutung der Präp. en
sich abschwächte, wurde das Gerundium mit en fast ganz gleich-
bedeutend mit dem einfachen, diente also wie dieses dazu, einen
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. TRAES. IM AFRZ. 543
die Handlung des Verbs begleitenden Nebenumstand auszudrücken.
So stehen beide Formen ohne merklichen Unterschied nebenein-
ander ', cfr.: S'en fuiant muir, je morrai recreant, Se doi morir, je
morrai combattant Og. le Dan. 6405-6I; respunt en plurant St. Gilles
70g neben Segmn apelle plorant Gaydon 2550 u. a. Es ist jedoch
zu konstatieren, dafs das Gerund, mit en in dieser Verwendung an
Häufigkeit des Gebrauches dem einfachen bedeutend nachsteht.
Was nun die Stellung betrifft, welche ein solches Grundium
mit en im Satze einnimmt, so gilt hier dieselbe Regel wie für das
einfache, die nämlich, dafs es für gewöhnlich nur zum Subjekt
attributiv gebraucht werden darf. Indessen kommen auch hier Aus-
nahmen vor, wenn kein Mifsverständnis möglich ist. So findet es
sich a) zum Obj ekts-Accusativ gehörig; am häufigsten in der
Wendung en Jormant, wofür Klemenz S. 40 einige Beispiele bringt.
Aber auch andere Gerundia mit en kommen so vor : Viv'ien triieve
sous un arbre gisant Ses b/ances mams sor son pis en croisant Alisc.
697; Son pere ocist par piiison en buvant, II de ses fixeres estraingla en
dormant Gdi.yd. 5265-6; vos ferai morir en /ö«^«/jjö«/ Mitth. 184,1g ;
Paten lo fierent contre terre en jesant Mori Aym. 1233, wo en jesant
wiederum das Resultat des Verwundens angiebt. Ganz eigen-
tümlich ist: ne crietit . . . quariel, dart en /anfan/ AUx. 75,18, wo das
Gerund, nicht nur zum Objekt gehört, sondern auch passiven Sinn
hat, oder „man-' als Subjekt verlangt (welches man schleudert),
b) Seltener gehört das Gerund, zum Dativ. Klemenz belegt dies
S. 40 wiederum nur für en dormant ; doch auch sonst, z. B.: A lions
le fera devorer en menjant Jerus. 66og ; que le euer ne li faul en
plalgnanl Do. de May. 5413; uns vassaus en sovmant Li [sc. a t\vnie)
aprenl le virellai Rom. u. Fast. III 41, 63. c) Ebenso selten findet sich
der Fall, dafs „man" als Subj. zu ergänzen ist: El si frere seront
ocis en escurchant Et li autre seront loie en estraignant Jerus. 6600-1
(Druckfehler 6610); fo li ferai crtver ses II lex en forant (indem
man bohrt) Jerus. 6626. Hierbei sei endlich noch an das oben
angeführte Beispiel erinnert: E li reis, en lur quer crii'ant, S'en i'ait
a ses amis gahant Rou III 334g, wo also das Gerund, mit <// ein
eigenes Subjekt hat.
Häufiger sind diese Unregelmäfsigkeiten wieder im IMittelfran-
zösischen, wie Klemenz S. 41 nachweist.
3) Das Gerundium mit aller zur Umschreibung des
Verbum finitum.
Wir haben gesehen, dafs das Gerund, oft neben einem Ver-
bum der Bewegung vorkommt, um eine gleichzeitige Handlung,
' Auch im Lateinischen ersclieint schon zuweilen /// mit dem Abi. (ieruiul.,
wo man sonst den blofsen Ablativ oder das Part. Präs. lindet, z.B.: pli-raqtu-
tempora in venatido agere Sallust, Jug. 6,1. Interessant ist in dieser Hinsiclu
ein von Ott (a. a. O. S. 31) erwähnter Fall. Florus (4,1,12) schreibt folgende
Stelle des Sallust ab; quem quisque vivus pugnando locum cepfrut , eum
amissa anima tegebat (Cat. 61,2) und schiebt dabei vor pugmitido „in" ein,
offenbar, weil er dies für deutlicher oder richtiger hielt.
544 A. STIMMING,
einen hegleitenden Nebenumstand auszudrücken wie in „vini plmanl,
partit caniant u. a." In diesen Wendungen verlor aber das Verb
„alhr" sehr früh seine eigentliche Bedeutung und diente dann in
Verbindung mit dem Gerundium einfach dazu, das Verbum finitum
zu umschreiben. Diese Konstruktion war also gleichbedeutend mit
der von estre und dem Part. Präs., mit welcher sie daher auch
wechselt. Erstere scheint jedoch erst in romanischer Zeit sich
herausgebildet zu haben , wenigstens sclieinen sich in der lateini-
schen Litteratur keine Spuren ihres Gebrauches vorzufinden. Wohl
aber war sie im Französischen bereits von den ältesten Zeiten an
im Gebrauch , erscheint z. B. in der Passion schon achtmal
verwandt; docli hat sie nicht, wie im Neufranz., die Bedeutung einer
fortgesetzten oder fortschreitenden Handlung. Dieser Begriff wird
vielmehr immer erst durch hinzutretende Adverbia hervorgerufen,
z. B.: La geni nostre Seigneur va lousjotirs acroissani Et li Tnrc or-
^uellous fortnent amenuisant Antioche II p. 267 u. a. Im Übrigen ist
Folgendes zu bemerken:
a) Seltener werden andere Verba der Bewegung zu dem in
Rede stehenden Zwecke verwandt, z, B. venir: si le vini ataignant si
prcs Ly. 943; mi home vinrent apres moi cevaufan/ Huon 1137; paün
le vinrent encauchant Alisc. 2674; as Engleis vindrent apreismant Ron
III 8042; grant pas le vienent sivant Ren. 17,1163; // ßos si venoit
?nontant ib. 25,175; Anacletus . . . Sur siin aguait les vint nmiant ls\.
Brut 798. Daraus folgt, dafs venir curani im Altfranzösischen zwei
verschiedene Bedeutungen haben kann: i. eilig kommen, z. B.: la
niedre . . la vi7it corant Alex. 85,0; 2. laufen, z. B.: Icil ki estoit morz
demis . . . A im esioc curani venoit U a röche ki Vocioit M. Brut. 877.
Auch se metre erscheint so: Devant Sodani se mistrent trestoi agc-
noillant (knieten nieder) Jerus. 8217.
b) Da, wie unter No. 2 nachgewiesen, das Gerund, mit cn zu-
weilen gleichbedeutend mit dem einfachen vorkommt, so findet sich
in der Umschreibung mit aller ab und zu das Gerundium mit en.
Klemenz citiert : ensi sen aloii li oz formeni en amcnuissani chascun
jor Villeh. loi. Weitere Beispiele sind: A Aimeri vaii li cuers en
croissani Alisc. 2732; Mais li Türe oni laissie l'antre (sc. porte) aler
en colant (= herunterfallen) Jerus. 4260; Paour ont, se par im (sc.
chcmin) vont ensamble errant, Que par Vatitre chemin tie s'en voist en
amhlant Do. de May. 4716. Im Ganzen erscheint jedoch das Ge-
rundium mit en viel seltener als das einfache.
c) Statt der unflektierten Form findet sich zuweilen die mit der
Flexion. Die von Klemenz S. 32 beigebrachten Belege lassen sich
noch vermehren, cfr. Par mi la hoche li va li sans raians R, de
Cambr. 4548; Quant Floovans les vit, mout s'an vai mervoilanz Floov.
1421; je m'en vais fuians Antioche II p. 54; sogar nach se metre:
El val de Civeiot se sont mis arestans Antioche I p. 25.
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 545
4. Das Gerundium prädikativ in absoluter Kon-
struktion.
Das Französische kennt eine Konstruktion, welche dem latei-
nischen Ablativus absolutus entspricht, d. h. welche in Vertretung
solcher Nebensätze sich findet, deren Subjekt nicht zugleich das
des Hauptsatzes ist.
Der Unterschied beider Sprachen liegt aber abgesehen von
dem verschiedenen Casus darin , dafs das Lateinische in dieser
Konstruktion n i e ein Gerundium, sondern immer ein Participium,
das Französische der Regel nach immer das Gerundium gebraucht;
also onviibus videntibus, afrz. voi'ant ioz. Letzteres ist um so auf-
fälliger, als, wie wir sehen werden, in einem vollständigen Satze
als Prädikat immer das Part. Präs. erscheint. Man sagte also: tuit
lerent voiant, aber nicht, wie sich daraus zu ergeben scheint, toz
voianz.
Es ist dies also bereits die zweite Funktion, die das franzö-
sische Gerundium im Gegensatz zu dem klassisch lateinischen Part.
Präs. übernommen hat, und sie erklärt sich durch das im Französi-
schen konsequent durchgeführte Prinzip, in verbaler Funktion nur
das Gerundium und nicht das Part. Präs. zu verwenden. Wir haben
also auch hier wieder ein Gerundium mit dem im Acc. daneben
stehenden Subjekt, gerade wie wir dies oben (I, A, 3) nach Präp.
gesehen haben. Manchmal konkurrierten beide Konstruktionen mit-
einander ; man vergleiche : Qin siinl ocis, trestoz mes iex voiant Oti-
nel 1782 und: a nies ietis voiant Pa chi tui Aiol 4435 u. a.
Folgende Einzelheiten sind hervorzuheben:
a) In altfranzösischen Originalwerken der guten Zeit erscheinen
vorwiegend die Verba veoir und öir in der absoluten Konstruktion,
z. B.: Fait sun eslais veant cent viilie humes Rol. 2997; veant mes iah
Vocisl Ly. 4904; s'est plainz oiani toz Cliges 651 1; oiant toute sa gent
Enf. Og. 320 u. a. l^s ist aber nicht richtig, wenn Klemenz S. 38
behauptet: ,, schwerlich wird man in dieser Periode andere Gerundia
absolut verwendet finden." Zu den beiden von ihm selbst schon
gefundenen Beispielen kommen noch weitere, z. B.: // . . . emperere
seroit e/icoronez . . . entrant august Villeh. 193; tote la terre e Pempire
. . . Iceo vos otrei mei vivant, Mei aidere e dcfetidant Ducs de Norm. II
10693; ^^ vialin, so/eil levant Ron III 4917; Del mescredi, soleil ai-
chant, Tresqu^al lunsdi, soleil lahmt ib. III 5383-4; Des k malin, solel
livant, Desi al vcspre Brut 5249; Vindrent au roi tot pie estant Ren.
17,1401; Taisis, dist jMatabrune, que aU's sermonant? Ne vous ara mes-
iier ntis jiiises faisant, Ne dix, ne liom, ne ferne ne vous sera ga-
rant Cygne 270; gesir gule baant Hörn 3283. Hierher rechne ich
auch die ziemlich häufigen Wendungen mit „träiner" in intransi-
sitiver Bedeutung, z. B. in : /,/ destrier vont par mi restor Juiant,
Les sengles routes, les resnes träinant R. de Cambr. 2679; ähnlich
Floov. 542; Do. de May. 1026Ö; Ron 11 3242; // soudans s\nfüi ou
fluni, le gldire tiiiiiuuü Joinv. 353; lo pas x'en rv/, s'espet trdinant
540 A, STI.MMING,
Mort Aym. 3737. Dafs Iräiner hier immer intransitivisch zu fassen
ist, scheint"taus Stellen wie: la rnace er/ par terre träinant Mort
Aym. 2690 hervorzugehen. Hemerkenswert ist endlich, dafs wenn
das Subj. der absoluten Konstruktion ein persönliches Fürwort ist,
im Altfranzösischen das entsjtrechende Pron. poss. eintritt, d. h. das
Gerund, wird substantiviert, und es liegt nunmehr ein Accusativus
modi vor, z. B.: Desfi /es m, Sire, vos/re veian/ Rol. 287. Weitere
Belege oben unter I,B, i. Damit ist der latein. Brauch zu vergleichen,
dafs ein Personalpronomen, welches als Objekt von einem Genit.
Gerundii abhängen sollte, statt dessen gewöhnlich als Genit. des
entsprechenden Possessivums zum Gerund, tritt, und zwar ohne
Rücksicht auf Genus und Numerus, z. B. //// (fem.) videndi copias/
Plautus Truc. 2,4,19 u. a.
b) Wie aus den angeführten Belegen hervorgeht, steht in der
Mehrzahl der Fälle in der absoluten Konstruktion das Gerundium
vor dem Subjekt, d. h. letzteres nähert sich bereits dem präposi-
tionalen Gebrauch ; namentlich ist diese Stellung in Bezug auf
voian/ und oian/ die bei Weitem überwiegende. Dennoch finden
sich auch hier Abweichungen, z. B.: hei s'eii passa ou/re, /res/ous nos
eux voian/ Aye d'Av. 1036; Les ex en faii voler, /ou/e la gen/ voian/
Cygne 1445; ähnlich St. Aub. 1739; Marques que vos vees ici, vos/re
oil voian/ Cygne 1743 ; l'ocis/, niain/ Chevalier vean/ Og. le Dan. 108 14;
Qui sun/ ocis, /res/oz nies iex voian/ Otinel 1782 ; lur oilz vean/ Rou
III 3354; Fierabr. 958; e dis/ en haii/e voiz, les Sarrazins ouan/ St.
Aub. 805; Oliviers de Jusi parla /res/ou/ oian/ Antioche I p. 127.
Wenn das letzte Beispiel hierher zu rechnen ist, so mufs man /res-
/ous lesen, sonst würde oian/ statt en oian/ „laut" stehen. Einige
andere Beispiele giebt Klemenz S 3g.
c) Selten tritt in afrz. Originalwerken an Stelle des Gerund,
das Part. Präs. z. B. E/ par la geule, oians ions, jehissatü Qu'ocis/ mon
o?icle R. de Cambr. 4901; La veissies . . . desiriers . . . lor boiax /räi-
7ians Jerus. 109 ; As murs en soni ale, /res/o/ lor iex voians (in ge-
reimter -a^j Tirade) ib. 2012; E/ droiz es/ quar, ses iex voianz, 11
es/ riches du Dieti avoir Ruteb. 48,70 (Schumacher, Zur Syntax
Rustebuef's S. 55). Drei weitere Belege finden sich bei Klemenz,
S. 37. Diese Konstruktion ist bekanntlich in altfrz. Übersetzungen
lateinischer Originale sehr häufig.
Das Participium des Praesens.
Vergleichen wir die Verwendung des Part. Präs. im Altfranzö-
sischen mit der im klassischen Latein, so finden wir, dafs das-
selbe im Französischen viel seltener gebraucht wird als dort,
da es, wie wir gesehen, einen Teil seiner Funktionen an das
Gerundium abgetreten hat. Wir haben uns jedoch davon über-
zeugt, dafs dies nur scheinbar ein Bruch mit der lateinischen Tra-
VERWENDUNG DES GERUND, U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 547
dition ist, da in Wirklichkeit schon im späteren Latein das Gerund,
in der Mehrzahl der Fälle die Funktionen des klassischen Parti-
cipiums übernommen hat, sodafs diese Erscheinung als das Resultat
eines historischen Entwickelungsprozesses anzusehen ist.
Es müssen daher nunmehr diejenigen Fälle ins Auge gefafst
werden, in denen das Altfranzösische in Übereinstimmung mit dem
klassischen Latein das Part. Präs. noch verwendet.
I. Das Part. Präs. attributiv.
Als attributivisches Adjektiv wird das Part. Präs. genau wie
ein anderes Adjektiv gebraucht, z. B.: colps de bons espiez trenchanz
Rol. 554; Älolt i a de mes homes malades et gisaris Saxons I p. 150
und giebt zu keinen Bemerkungen Anlafs. Sehr auffällig ist fol-
gende Stelle: Voü's vous chele eiisengtie a chel Hon ramper? Che est
Gaufrey le her Gaufr. 3782. Hier erwartet man unzweifelhaft das
Part, rampanty ■ der Inf. ist, vielleicht unter dem Einflufs der Asso-
nanz, mifsbräuchlich dafür eingetreten, da, wie wir unter No. 5 sehen
werden, in gewissen anderen Fällen das Part. Präs. mit dem Inf.
wechseln kann.
Eine andere Frage jedoch ist die, ob dies attributive Participium
verbale Kraft behält, d. h. eine Ergänzung in Form eines Präpo-
sitionalausdruckes oder eines Objekts bei sich haben kann. Kle-
menz S. 14 verneint diese Frage in Bezug auf die Originalwerke
der klassischen Zeit und weist einen derartigen Brauch in solchen
erst vom XIV. Jahrh. an nach, im Übrigen nur in Übertragungen
resp. Übersetzungen lateinischer Vorlagen. Aber auch in der älteren
Zeit ist diese Konstruktion nicht unerh(')rt, wie folgende Beispiele
beweisen: veissiez i'ssir Normaiiz . . juste demandanz Rou II 3357; Toz
les homes armes portanz, El fie de Rome apartenanz . . . Fist toz se-
mondre Brut 10178-g; acut son pere . . . e sa mere dedens lor lis dor-
mans Jourd. de Bl. 1551; Que fcrez des Francois an la chartre je-
sanz? Floov. 1540; qtiex garnimens a or reflamhians ! Antioche I
p. 85; Ja secours ti'etist mie de vie rachatans Godefr. de Bouill. 4528;
Navrerent Dame Dien en sainte croi's pendant Antioche II 256. Na-
mentlich erscheint diese Konstruktion zuweilen nach unpersönlich
gebrauchtem avoir, z. B.: AI fons a deux dragons gisans, En deux
chaves pieres dormans Brut 7712; Formcnt i a Grijois par k pri
mors gisans Alix. 482,7; Quatorze Chevaliers . . . Ot en la vile surjiir-
nanz Eliduc 156. Auch das letzte Beispiel gehört hierher, da die
Auffassung „es gab in der Stadt vierzehn Ritter, welche sich auf-
hielten" ausgeschlossen ist.
Aber obschon die Zahl der Belege wohl noch vermehrt wer-
den könnte, so liegt es auf der Hand, dafs das AUfranz(')sische in
derartigen Fällen das Part. Präs. sehr viel seltener gebrauclito, als
das Lateinische. Noch weniger häufig erscheint in dieser Verwen-
dung im Altfranz(")sischen das Gerundium wie in: // a de saie/es de-
seur tio(s) gen/ cheanl Antioche 1 31.
548 A. STIMMING,
2. Das Pari. Präs. substantiviert.
Wie jedes andere Adjektiv kann auch das Part. Präs. sub-
stantivisch gebraucht werden, z. B.: nel recotiul nuls sons aparknanz
Alex. 55h ; im Appendix zum Alexis heilst es : i(;o qtie la scriplure
aprestet (gewährt) as lisanz , ifo aprestel la painttire as Ignoranz
Stengel, St. Alex. p. 5g u. a.
Es fragt sich nun , ob ein solches substantivisches Part, im
Altfranzösischen auch verbale Kraft hat, d. h. ob es ein Objekt
oder eine adverbiale Bestimmung zu sich nehmen kann. Diez,
Gram. III 257 giebt dies in beschränktem Mafse zu, bringt aber nur
zwei Beispiele aus dem Oxforder Psalter. Dem gegenüber erklärt
Klemenz S. 8, dafs eine solche Konstruktion in Originalwerken der
klassischen altfranzösischen Periode nicht vorkomme, sondern nur:
a) in Übersetzungen aus dem Lateinischen, b) in Original werken
erst seit dem XIV. Jahrhundert, wo also ebenfalls lateinischer Ein-
fiufs sich bemerkbar mache. In letzterer Beziehung führt er zw'ci
Beispiele an, eins aus Froissart, ein anderes aus der von G. Paris
herausgegebenen Prosaversion der Sept Sages, welche in der That
beide dem XIV. Jahrh. angehören. Aus derselben Zeit stammt: ne
imex ferans d'espee [ne po/] wi haubert eiidosser Brun de la Mont.
411. Aber dieser Brauch ist keineswegs auf das XIV. Jahrhundert
beschränkt, sondern findet sich einzeln auch in der „klassischen
Periode, z. B.: // ne rorra tes maus queranz (die welche Deine Schä-
den erstreben) Ne por eus ne t'iert malvoillanz Ducs de Norm. II
21 144; Quant il voit Elyas, si huche: Mal veignaiis, N'en iras . . .
Cygne 2 1 83 ; Bricheiner ira bien . . ., que meuz parlanz A^'en (als
ihn) a pas un gaiens {^parlanz des Reimes wegen statt parlant) Ren.
10,960; Lors deniandei cunseil as enlur lui estanz Hörn 42 (Rudolph,
Gebrauch der Tempora und Modi im agn. Hörn. Braunschweig
1885, S. 66); mena Baiart le tost courant Antioche II p. 42.
3. Das Part. Präs. prädikativ nach estre.
Wie das Part. Präs. attributivisch gebraucht werden kann, so
kann es auch nach estre als Prädikatsadjektiv verwandt werden,
z. B.: noz espees sunt bones e trenchanz Rol. 949; Clers est li jurz e li
soleilz luisanz ib. 2646 u. a. Hierin liegt nichts Auffälliges. Aber viel
häufiger erscheint diese Verbindung des Part. Präs. mit estre verwandt
um als Umschreibung des Verbum finitum zu dienen, und zwar
ohne dafs diese Konstruktion, wie im Lateinischen meistens, eine
fortgesetzte, anhaltende Thätigkeit ausdrückt •, z. B.: Ne truis, ne pas
ne sui lisanz, Que unques li soens cors Just aidanz A ceste träisun
Ducs de Norm. I 1785-6 u. a. Dieser Ausdruck ist also gleich-
bedeutend mit dem oben besprochenen von aller mit dem Gerund.;
wie dieser verdankte er seine häufige Verwendung dem Umstände,
1 Über das Vorkommen dieser Konstruktion in der klassischen und
späteren Latinität vgl. Harte], Archiv für latein. Lexikogr. III 48.
DIE BEDEUTUNGSENTWICKELUNG DES WORTES ROMAN. 549
dafs beide in beliebiger Zahl Reime oder Assonanzen auf -ant, -ans
hergaben. Es ist nicht richtig, wenn Klemenz S. 9 behauptet, diese
Konstruktion finde sich nicht in den ältesten Denkmälern ; z. B. steht
schon im Fragm. v. Val. v** 18: por eis es doUants. Dann blieb
sie bis zum XVII. Jahrh. im Gebrauch, doch beschränkt sich ihre
Verwendung fast ausschliefslich auf Verbindungen des Präs. und
des D6f. von eslre mit dem Part. Präs.; die wenigen Fälle, in denen
ich das Perf. und Plusq. gefunden habe, werden im nächsten Ab-
satz aufgeführt und gesperrt gedruckt werden. Im Einzelnen ist
Folgendes zu bemerken :
a) das so verwandte Part. Präs. behält verbale Kraft, d. h. es
kann ein Objekt oder eine adverbiale Bestimmung zu sich nehmen.
So ein Objekt: _/«... /^ _/« (= Jeu) esquiewatis, Pour aller ioul
ettlour fu cez quemins tenans Hug. Cap. 1388; Par les ensaingnes fti
les pluseurs coyinisans Car lontamps ot este les armes pursivdns,
Le tref le roy Hugon fu Hiicz perchevans ib. "1390-2; le meillor soit
eslisanz Ruteb. 34,88 ; la femnie esteit alkes de ses inains aerdant Rou
II 1239; par ses armes k'ai esle devisans Le piiet savoir chascuns
Enf. Og. 5089 ; si preiidons vi est ses armes carchans ib. 253g ; tost les
fu perdans Bast, de Bouill. 4279; qui en est voir disans Godefr. de
Bouill. 1687; je l\m ai este nuisanz Brut 4556; einige andere
Belege Klemenz S. 10; eine adverbiale Bestimmung: Ceo sui
en Vestorie lisanz Ducs de Norm. II 2999; icist Pen fu iant depreianz
Que . . ib. II 37636; est de proesce vantanz Ruteb. i 1,51; fen ai este
puis souvetit repentans Mitth. 184,13; le . . . barnage qtii 'st a
eis apendans Godefr. de Bouill. 4075. Es läfst sich jedoch nicht
leugnen, dafs das Altfranzösische derartige Ergänzungen im .all-
gemeinen nicht liebte; erst seit dem XIV. Jahrh. finden sich solche
häufiger, während sie in Übersetzungen lateinischer Originale von
Anfang an ganz gebräuchlich gewesen sind (s. Klemenz S. i'o).
b) Neben der flektierten Form erscheint in dieser Konstruktion
auch zuweilen die unflektierte. So befolgt das Rolandslied die
Regel, das Part. Präs. zu flektieren, wenn es attributiv steht, da-
gegen unverändert zu lassen, sobald es die Stelle des Prädikats
einnimmt, z. B. Quant iert il mais d'osteier recrran/? Rol. 556 u. a.
Aber auch sonst finden sich diese flexionslosen Formen, nament-
lich in einigen Chansons de geste, seltener in anderen Wer-
ken, z. B.: dunt mis pere fu tenant (: demand) Ducs de Norm. II
635 u. a. Auch wenn ein Objekt dabei steht, z. B.: Fustes vous
onqties le bon duc connissant Huon 2963. Wir haben in dieser Er-
scheinung ein unber(!chtigles Vordringen des Gerundiums zu sehen,
welches also dem Part. Präs. auf einem Gebiete Konkurrenz machte
und dasselbe zu verdrängen suchte, welches letzterem nach der
historischen Entwickelung der Sprache allein zukam und voi\ dem-
selben gröfstenteils auch siegreich behauptet wurde. Wir müssen
in diesen flexionslosen Fonuen auf -ant um so mehr Gerundia
sehen, als auch die Schwestersprachen, das Italienische, Spanische
Zeitachr. f. roiii. I'liil. X. i^
550 A. STIMMING,
und Portugiesische bckaniitliili die Konstruktion von esse mit drm
Gerundium kennen.
4. Das Part. Präs. i)rädikativ nach anderen Verben
des Seins.
Derartige Verba sind semhler, devenir, gesir, für welche Klc-
menz auf S. 1 i einige Peispiele aufführt. Weitere lielege, auch
für einige andere synonyme Verba sind : Ahill sevihla sage e entcu-
danz Ducs de Norm. II 17 195; esieil . . . si tres puissanz, Qtie sei en
eslait merveillanz ib. II 1 368 ; a Dieu fu prians . . . Qtie Karahues iie
muire rnescreans Yx\{. Og. 7668; [trislor,] doftl je vif langiiissatts
Venus 78,3. Auch bei diesen Verben zeigt sich einzeln das Ge-
rundium, z. B. Cil hl devant sonble hien malfaisaiii Miith. 22,30.
5. Das Part. Präs. in prädikativem Verhältnis zum Objekt.
Wenn bei einem transitiven Verbum das Objekt eine prädi-
kative Bestimmung bei sich hat, d. h. eine Acc. cum Inf.-Konstruk-
tion vorliegt, so kann im Altfranz(>sischen hier neben dem Inf. auch
das Part. Präs. verwandt werden, also „ich sehe ihn schlafen" und
„schlafend". Eine derartige Konstruktion ist nichts als die Ver-
kürzung eines Satzes, dessen Prädikat aus esire und dem Part. Präs.
besteht (cfr. No. 3), daher die Verwendung letzterer Verbform durch-
aus korrekt ist. Beispiele: Hoc irouverent danz Alexis sedatit Alex,
23 d; La oti il sout le 7-ei gisanl Rou III 10140; N'en i choisi tiiil si
saillant Ren. 23,1815
Diese Konstruktion findet sich im Altfranzösischen fast aus-
schliefslich nach Verben der sinnlichen oder geistigen Wahrnehmung
und des Machens oder Zulassens, sehr selten nach andern. Dabei
ist zu unterscheiden, ob das Part. Präs. transitiv ist, d. h. ein Ob-
jektiv regiert, oder intransitiv; in letzterem Falle wiederum, ob es
eine adverbiale Ergänzung bei sich hat oder nicht.
Ich beginne mit dem letzteren Fall, bringe aber der Regel
nach nur solche Beispiele, in denen das Objekt im Plural steht,
da nur diese für die Flexion des Part. Präs. beweisend sind.
Das Part. Präs. ist intransitiv. «) es hat keine adver-
biale Bestimmung bei sich; trover: Que vos ne trovises Sarazins
morz jesanz Floov. 2139; Paiens troverent tos gisans . . . et tos dormans
Brut 8735-6; weitere Beispiele bei Klemenz S. 13. — veoir: vit
assez gisanz des afolez et des ocis Ly. 3182; ancois ne vera XI HI
mois passans Alix. 58,9 ; Vit les träitres fuians et esmaians Gaydon
10771; vit les mär es si taisanz Ducs de Norm. II 1503; ähnlich ib. II
5842 ; Quant Artus les vit tos seatis . . . et tos taisans Brut 1 1054-5.
— öir: öissiez huisines . . . sonanz Antioche I p. 25; sonst meist in
der Wendung öir Dieu tonatit Aiol 2433; Villeh. 526; Raoul de
Cambr. 2480; Ducs de Norm. 11 35400 u. a. — es vos: Es vous
les Sarrazins tous ensa?)ible montans Antioche I p. 25. — sentir:
VERWENDUNG DES GERUND. U. D. PART. PRAES. LM AFRZ. 55 I
quant il nous senti venans, ü loucha en fiiie Joinv. 51g. — savoir:
Car je ne sat armes si acesmans K' armes gut sont d'or qui est relui-
sans Enf. Og. 2541; mit einem Singular: Sor un cheval le mojttent
qu!il sorent bien amblant ]tx\xs. 3934. — faire'. Mar le virent venir,
toiis les fera fuians Gui de Nant. 2833; par bien contenir les ferons
recuhms Alix. 193,10; Dont ses anemis puisi ... faire iesanz Ren.
23,1 154 ; in: Ici se firent iuit iaisani Ducs de Norm. II 148 1 ist der
Nom. wegen se faire nach dem Sinne gesetzt. — laissier: laira
ici ces preudommes gisans Alix. 193,16; das Objekt im Singular: Ber,
pren Vamende, . . . lai moi vivant Og. le Dan. 10887. — Von anderen
als den zu den angeführten Kategorien gehörigen Verben ist noch
avoir zu nennen; dies erscheint mehrfach mit einem singularischen
Objekt, z. B.: ad . . . le vis der e riant Rol. 1159; isnel Va e remu-
ant Ducs de Norm. II 28424; doch auch mit einem pluralischen,
z. B.: montent es chevax qu'il avoient cor ans Cygne 2174.
[i] Das intransitive Part. Präs. hat eine adverbiale Be-
stimmung bei sich. Dieser Fall ist in altfranzösischen Original-
werken ziemlich selten. So nach irover: les enf ans treuve gisans
soz la volee Am. et Am. 3189; iroverent Vempereor Alexi et Vempe-
reor Stirsac seanz en deus chaieres Villeh. 122. — Jaire: Que . . les
Normanz Feissiez vers vos apendanz Ducs de Norm. II 2 1023. —
laissier'. E leissent les iloec al palagre ivalcranz Hora 66. — avoir:
Les cevex avoit Ions dusk'as pies trainans Cygne 502.
Dafs das Part. Präs. transitiv ist und ein Accusativobjekt bei
sich hat, kommt noch weniger häufig vor, so : Es vous evesqiies . . .
Cors sains et reliques portans Brut 9702 ; Les freres vit . . . Bien ser-
vanz le roi celestre Ruteb. 55,644.
Im Übrigen giebt diese Konstruktion zu folgenden Bemerkungen
Anlafs :
a) Da bei tenir „halten für" statt des zweiten Accusativs zu-
weilen auch die Präp. a gebraucht wird, so erscheint an dieser Stelle
auch zuweilen ein Part. Präs., z. B.: Se plus me targe, tieng moi a
recreant Cor. Loo. 2481 u. a.
b) Statt des Part. Präs. findet sich auch hier ab und zu die
unflektierte Form, d. h. das Gerundium, gerade so wie nach estrc als
Prädikatsnomen. Zu den von Klemenz beigebrachten Stellen kom-
men noch folgende; trover: ses /'= si les) trouverent dormant A)e
d'Av. 2536; ad trove les chens ullant St. Gilles 1632; L.es en/'ans irucvc
malt tenrement plorant Alisc. 540 1; El palt's truevent II Sarrazins
estatit Prise d'Or. 454 ; Les Alemans caitis i ont trove plorant An-
tioche I p. 202. — veoir'. v'cissies . , . Plus de inil et VI IC . . . ram-
pant Cygne 6280. — es vos: Este vous dcvant Vost IUI viellars cou-
rant Alix. 331,5 ; Alant es vos ses homes doi e doi ordenant Jerus. 6631.
In den soeben aufgezählten Beispielen hat das Gerund, keine
Ergänzungen aufzuweisen. F.s folgen nunmehr einige, in welchen
dasselbe einen Präpositionalausdruck oder ein Objekt bei sich hatJ
Qui vi'ist ses (= ces) pucclcs as ygliscs fuiant Aye d'Av. 1199; Plu:
de IHM. an laissent a la tcrre gisant Saxons II p. 112; hs lessai en
36*
552 A. STIMMING,
Vestour cof/ihatanl Gaufr. 3688 ; Ei voietil /es Danois toul le iertre
couvrant Do, de Ma}. 10294; Irotiva /es /arrons sous ./. arbrc seant
Gaufr. 5442. Alle diest; Sätze sind also mit den beim Gerundiimi
imterll, i,d aufgezählten zusammenzustellen, in welchen das (Ge-
rundium nicht, wie gew()hnlich, zum Subjekt, sondern zum Objekt
des Satzes gehört.
c) Neben dem Part. Präs. resp. dem Gerundium findet sich
selbstverständlich nach diesen Verben, und zwar häufiger in dieser
Verwendung der Infinitiv. Eine mifsbräuchliche Vertauschung des
Part. Präs. mit letzterem liegt vor in dem schon unter No. i er-
wähnten Satze : Voies vous c/ie/e ensen^tie a c/ie/ /um ramper? Gaufr.
3782.
6. Das Part. Präs. in passiver Bedeutung.
Diesen Punkt werde ich nur ganz kurz berühren, erstens weil
es sich dabei nur um die Bedeutung, nicht, um den Gebrauch des
Participiuras handelt, sodann weil derselbe bereits erschöpfend von
Tobler, „Vermischte Beiträge" S. ^^2 — 44 (vorher Ztschr. I 17 sq.;
V 184 sq.; einige Ergänzungen Klemenz S. 15) besprochen worden
ist. Tobler weist nach und erläutert an einer grofsen Menge
von Beispielen, dafs wie auch heute, so noch häufiger im Altfran-
zösischen das Part. Präs. neben seiner aktiven Bedeutung eine
andere, mehr oder weniger passive aufweist. Er unterscheidet da-
bei transitive, intransttive und unpersönliche Verba. Bei transitiven
entspricht ein solches Part, der Bedeutung nach entweder einem
lateinischen Part, praet. pass., z. B.: S^en ceste terre piiet mais esire
ataingnans . . . Ja raerifons nen soit pris R. de Cambr. 3925, oder
einem lat. Part. fut. pass. z. B.: C/ieva/ürs noh/es e preisans Ducs de
Norm. II 32573. Bei intransitiven oder unpersönlichen Verben ist
das zum Part, gehörige Nomen nicht das Subjekt der durch das
Part, ausgedrückten Thätigkeit, sondern steht zu demselben im Ver-
hältnisse eines Objekts oder einer adverbialen Bestimmung, z. B.:
Quatit voiant mort Gerart, formen/ en sont pesant {= formen/ /or poise)
Antioche II p. 267; De /a /i sont venu iine gen/ mervei//an/ ^= don/
se niervei//e) Antioche II p. 5g. Aus dem Umstände, dafs der Sinn
dieses Part, mehrfach mit dem des lat. Part. fut. pass. übereinstimmt,
hatte N. de Wailly schliefsen wollen, dafs letzteres auch formell als
die Stammform jener Participia anzusehen sei. Diese Ansicht hat
Tobler überzeugend widerlegt, dabei aber zugegeben, dafs jene
lateinische Verbform die Bedeutungsentwickelung der französischen
Participia beeinflufst hat, mit andern Worten, dafs einige Participia
Praesentis die Bedeutung der entsprechenden lateinischen Part. fut.
pass. neben der ihnen sonst zukommenden mit übernommen haben,
was um so leichter geschehen konnte, als nach den Lautgesetzen
die masculina beider Verbformen lautlich identisch werden mufsten.
In der That erinnern manche Verwendungen des Part. Präs.
sehr lebhaft an das lateinischen Gerundium, z. B. in : Tes peres fu
VERWENDUNG DES GEKUND. U. D. PART. PRAES. IM AFRZ. 553
motilt . . . vaillanz, Qtii ie lessa cesle vile gardant Et Gloriete le pales
ensement Prise d'Or. 1113.
Nun einige wenige Nachträge zu Toblers Liste, alumatil:
ni avoii cierges ne chandeille alumant Gaydon 318; couvrant: tres-
ioul le larris en (von Todten) ftc du Zone couvrant Gaufrey 10226 ;
condiiisant: N^irent scig:ieur oti fuissent condiässons Mitth. 249,19;
desconissant'. D'autres dras sont vcstu qui sont desconissant Jerus.
6637; rendant f= reddcndus und rcdditus): Eist (lies Et si) por
serviges rendanz Dunt de lui scics atlendanz Ne li voleies (o graer :
Sil deiz tu faire pur la quise Que tu en faz a saitiie Eglise Ducs
de Norm. II 6665 ; Si soit de nos prisons Fun por tautre rendans
Antioche II p. 17; vuidaiit: de Gueri sotit li ar^oji vuidant R. de
Cambr. 4066.
Möglicher Weise sind auch hierher zu rechnen tcndant und
tolant, cfr. veisscz Taut pie, tant poign, taut de teste tolant Aquin 1643;
La peussit's veoir maiiit paveillon tcndant Antioche I p. 2 1 8. Ver-
gleiche jedoch Gerudium I, B, 2.
In dem Ausdruck „trover lisant" läfst Tobler es unentschieden,
ob lisayit „etwas das zu lesen steht" oder „beim Lesen" bedeute,
d. h. ob es ein Part, oder Gerund. sei. Zu Gunsten der ersteren
Auffassung möchte ich noch folgende Stelle anführen : Est cscrite
cn I. livre d^une estore lisant Alix. 70,25; auch der Ausdruck: Fun
e rautre cscrit trovon Rou III 5626, der oflfenbar dem lisant trovons
gleichbedeutend ist, spricht für das Participium.
Weiter erhebt Tobler Bedenken, ob traiant hierher zu rechnen
sei, da in dem Satze : N'el (nämlich den Panzer) pierche cols de
lance ne de quariel traiant Alix. 40,20 traiant möglicher Weise Ge-
rundium als Casus des Infinitivs sein könne. Diese Möglichkeit
scheint jedoch ausgeschlossen zu sein, da, wie wir beim Gerundium
unter I, B, 3 gesehen, das (ierundium nicht als Subjekt in Vertretung
des Infinitivs vorkommt. Ob allerdings die Lesart der Variante
vorzuziehen sei, ist eine andere Frage.
Sodann macht er S. 41 auf eine eigentümliche Verwendung
des Part. Präs. aufmerksam, nämlich in : Un graut arpent alast uns
hom corant, Ains q'cust ?not de la houche parlant R. de Cambr. 4551
und fragt: „Sollte die Not des Reimes dazu haben bringen können,
tust parlant statt i'ust parle zu sagen?" Past möchte ich diese Frage
bejahen, da in einer anderen Stelle dasselbe Verhältnis vorzuliegen
scheint. Im Roman d'Alixandre ruft Tolomes dem von ihm soeben
schwer verwundeten Nicholas höhnend zu : Nicolas , or avcs fou
qu'ave's demandant ; Le treu de Cesare avcrcs mainlcnant Alix. 32,23.
ländlich erwähne ich noch den Satz : Si tor sont amcnc li des-
trier scjornant Antioche II p. 42, in welchem sejornant ollenbar den
Sinn von sejorne „einer der geruht hat" aufweist.
A. Stimming.
Di un codice poco noto di antiche rime italiane.
II cod. DCCCXXIV della Capitolare di Verona c miscellaneo,
cartaceo , di scrittura corsiva, del sec. XV in., in foglio, di
dim. 278X210, di carte 127, alcune a due colonne (la intera
carta 118, le 126'^ c 127'' e parte della itJ3'' sono bianciie), con
numerazione recente, in lapis, nel margine superiore destro,
E scritto da piü mani, come dirö nella tavola; le rubriche e le
iniziali dei vari componimenti sono, di solito, in rosso ; le prime
carte sono un po' guaste per effetto di umidita.
Sulla prima carta (non numerata) si legge di scrittura del
sec. XVIII: comperato da Alessmidro Guiducci, le quali parole si ri-
petono, della medesima mano, sulla seconda (non numerata). Unito
alla prima carta e un foglio che indica brevemente il contenuto
del cod.; parrebbe sempre della stessa mano. Sulla seconda carta
in calce alla nota citata si legge, di scrittura di Gian Jacopo Dionisi :
Questo prezioso codice mi fu regalato dal StgJ' Cati. Bandini nd giti-
gno 178g prima di partir da Firenze: mille 'grazie . Gian Jacopo
Dionisi Can., e piü basso, sempre di mano del Dionisi: morto (cioe
il Bandini) ai primi d'Agoslo 1803 ', requiescat in pace.
II codice venne pertanto da Firenze. Intorno all' antico pos-
sessore di esso, Alessandro Guiducci, non seppi trovare notizia
alcuna. Non posso determinare chi abbia scritto le parole Com-
perato ecc, quindi neppure chi acquistasse il cod. dal Guiducci.
Dopo aver appartenuto al Bandini e al Dionisi, nomi questi tutti e
due noti, il nostro Ms. passo alla Capitolare facendo parte della
biblioteca dal Dionisi lasciata in deposito al Capitolo Veronese.-
Non si puo dire che questo cod. sia del tutto sconosciuto. II
1 II Bandini moii appunto il i^ agosto 1803. Vedi F. del Furia, Bio-
grafia di A. M. Bandini in Tipaldo, Biografia degli ital. illustri del sec.
XVIII Venezia 1834, I ^S^- H Ginguene in Biographie Universelle etc.,
Paris 181 1, III 308, il Gazzino, Indice cronologico d'illustri italiani ecc,
Milano 1857, p. 16 e il Dantes, Dictionnaire BiograpJiique Paris 1875,
p. 60 hanno tutti la data sbagliata 1800, e non determinano il mese.
^ Vedi Giuliari, La Capitol. Bibliot, di Ver. in Archivio Veneto,
To. XI 1876, p. 74 e To. XII 1876, p. 61 segg.
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 555
Dionisi ne] V" de' suoi Aneddoti'^ scrive: „lo cercava sonetti, can-
zoni, epistole o altri coraponimenti inediti di Dante onde arric-
chirne la ristampa delle sue opere. D' apocrifi n' ho veduti alcuni
ed alcuni pur di sinceri ; primieramente una canzone, la quäle
col prezioso cod. in cui era scritta rai venne in dono dalla
singolar cortesia del sig. can. Angelo Maria Bandini." E piü
avanti^ scrive: „La ortografia antica (de' cod.) fu ed e di non lieve
difficoltä a legger bene; per dar esempio della quäle produrrö qui
una canzone tal quäle si legge nel Ms. donatorai dal Sig. Can.
Bandini, di cui ho fatto cenno nel Cap. P." Oltre alla canzone
pubblicata diplomaticamente^, il Dionisi metteva in luce alcune
note trovate nel margine del Ms., del quäle egli non dava descri-
zione alcuna, ne altra indicazione fuorcbe d'averlo avuto in dono
dal Bandini. La canzone comincia : Patria degnia di triunfale famaA
Ora e certo che il cod. qui accennato e che si crede, forse, smar-
rito, si deve identificare col Cap. DCCCXXIV, poiche: I" la lezione
data dal Dionisi c appunto quelia del nostro Ms. IF le note del
Ms. pubblicate dal Dionisi sono quelle che si rinvengono in mar-
gine nel Cap.: del quäle d' altra parte abbiarao veduto la prove-
nienza Dionisiano-Bandiniana.
Una breve descrizione di questo cod. con 1' indicazione som-
maria del contenuto fu data dal can. G, B. co. Giuliari, 1' illustre
Bibliotecario della Ca[)itoIare, nel secondo dei suoi Aneddoti ^ dove
pubblico dal Ms. stesso una Serie di proverbi in rima inediti.
Sono questi i soli ccnni che trovo fatti del nostro]^ cod., il
quäle rimasc ignoto anchc ai recenti editori del Cavalcanti, sig.ri
Arnone ed Ercole, benchc contenga in buon numero le rime di
questo poeta.
I componiraenti contenuti nel Cap. DCCCXXIV sono i se-
guenti :
I. Qui comincia lo libro di Sidrach somino filosofo lo quak si
chiama libro di fontatia di lulle le. scienze (Carte la — 36^5). Com.:
La provedenza di die. Fin.: di cosa non sapula. Dopo il proeraio
diviso in 56 paragrafi (c. la — 7b) si legge: Qui cominciano i capiloli
delle quislioni di questo libro, che somraano a 191. In tine (c. 36!'):
Qui finisce lo libro di Sidrach somino filosofo lo qualc libro si chiama
libro della fontana di lulle le scienze. Deo grazias. amen. amen.\ 11
Bartoli pubblico una redazione piu ampia (557 capiloli) di qucst'
' De* codici Fiorentini Verona, 1790, Ca]). I, p. 8.
* Cap. V, p. 27.
3 Pp. 28 scgg.
* Non (Icve csserc quclla a cui il Dionisi acccnna comc iiicdiia nel
luogo cit (p. 8); poiclic tlella can/.one Patria iteguia ecc. egli licoula (jv 4;)
una lezione alle stampc. A torlo dunque il Fiaticclli, Catizoniire di Dante,
II" ediz. p. 211, nota che il Dionisi ciedcssc qucsta inedila.
* Ntiova Serie di proverbi toscani esposii in^rima per oniine d'alfabeto
da iin cod. della Capitolare ßiblioteca, Verona, 1867.
556 U. MAKCHKSINI,
Opera.' Negli ulliini capitoli, ehr sono brcvissimi, il Cap. presenta
analogic col J\icc. 1930.'- II litolo /.t'/j/o di fontana di lulle k
scünze V dato da niolti cudd. c slanipe dcl 400.''
II. Prcslo Giovanni per la t^razia di Dio Re erislianissifno manda
salule ed aviore a Jeder igo imperalore di roma (c. 37^» — 39^). Com.:
Noi Giovanni. Fin.: a nna haleslraia.
III. Corncli iacili viri illuslris libro XI I II ". (halio Senacae a
Neronis el Xeronis ad Senacae (0.39^ — 40'»). Volgarizzamento.
Com.: Depo Ui morle. Fin.: dalli stioi sludi.
IV. Raccolta di provcrbi in rima (c. 41a — 44''). Scnza titolo.
Pubblicati dal Ciuliari, op. cit.
V. Quattro canzoni ciascuna dclle quali con la rubrica : Can-
zone di Dank alighieri Di firttize (c. 44b — 48b). Sono le seguenti:
1. lo non posso celar lo mio dolore (c. 44b — 45b). Vedi Bar-
toli, Sloria della lell. ital. IV, p. 51, num. 86 (Appiinti hibliografici
sulle rime di Cino da Pistoja).
2. Xo spero che gamai per mia salule (c. 45b — 46-'^). Vedi
Bartoli, ibid, p. 63, num. 230.
3. Alla speranza che mi recha amorc (c. 46b — 47b). Vedi Bar-
toli, ibid, pp. 51 — 52, num. gi.
4. Con la rubrica: Canzone di Dank alighieri Di firenze al
le7npo che ne fu caccialo. — Palria degnia di Iriunfale fama (c. 47b
— 48b). Alcune postille marginali della medesima mano. Fu pub-
blicata da questo cod. dal Dionisi, op. e luogo cit. Vedi Fra-
ticelli, op. cit., p. 209.
VI. M'la di Dank Alighieri composla per Messer Giovanni bo-
chaci (c. 49a — 63b). Com.: Solone il chui pello. Fin.: el nome suo.
VII. Due discorsi d' argomento politico. Senza titolo. (c. 64a
— 70b). II primo (c. 64a — 66a) com.: Di lulti gli esercizii humani.
Fin.: magnifico kapilano. II secondo (66b — 70b) com.: Magnifico e
preslanlissimo amiraglio. Fin.: della noslra cipla.
VIII. Chapilolo 0 vero canzotia iti lerza rima scripla Da Simone
di Saviozzo Da Siena a uno signiore di que della Colonna Della ori-
gine vila e costumi di Dank alighieri poeta fiorenlino e della sua opera
principale coe la conmiedia el dell altre (c. 71a — 73b). Com.: Come
per dripla linea l occhio al sole. Fin.: Coti Beairicie a riveder h
sklle.
IX. Qui comincia il libro dell amisla composlo per lo excellente ei
sommo rectorico Marco iulio Cicerone Ro?nano majidato ad actico suo
amico (c. 74a — 89b). Com.: Quinta Mutio. Fin.: che l amistade.
' Nella CoUezione di opere inedite o rare ecc, Bologna, Romagnoli, 1868.
2 Cfr. Bartoli, op. cit., p. XXV.
3 Ibid, p. IX— X,
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 557
X. Volgarizzamento del De Scnectule di Cicerone. Senza ti-
tolo (c. goa — I02t>). Com.: O lito se io. Fin.: provare possiale.
Questi due volgarizzamenti sono certo di raano sincrona, ma di-
versa da quella che apparisce nei componimcnti finora indicati. Col
De Amicitia cornincia la doppia colonna, che continua anche nelle
carte 102b — 103b. La iniziale Q di Quinta muiio (c. 74a) pre-
senta maggiori fregi che le iniziali degli altri componimcnti. Cre-
derei che Ic carte 74 — 102 sieno State in origine indipundenti dal
resto del cod., nel quäle dovrebbe averle inserite lo stesso tra-
scrittore delle precedenti composizioni, poichc sul verso della c.102
ricoraparisce, a quanto pare, la sua mano.
XI. Rime di diversi (c. 102b — 103b), di cui vedi appresso.
XII. Rime di Guido Cavalcanti (c. 104-^ — ii7^)> di cui vedi
appresso.
XIII. C. 118 bianca. C. 11 9;^ — I26;i. Sonecli di Messer Bo-
nachorso da Monte magnio ciptadino fiorentino. Sono i seguenti :
c. Ii9'>. 1. Non niai piu bella lucie o piu bei sole.
2. Qual beato licor quäl teste apliche.
c. 119''. 3. Io piangho. el pianger m e st dolcie et charo
4. Xon bisognia piu hlo o piu lavoro
c. 120^'. 5. Quando el pianeta occidental da sera
6. Tornato e lo aspettato e sacro giorno
c. 120''. 7. Non perche spesso allontanar nii sogli.
8. Un pianger lieto un lagrimar soave.
c. 121". 9. Signior nelle chui niani e posto amore.
10. Quando 1 escha del vostro inclito core
c. 121''. II. Poi ch a questi occhi el gentil lume piaque
1 2. Freschi fiori dolci et violette dove
c. 122". 13. Fronde selvaggie alcun vento trasporla
14. Signior poi che da voi stetti lontano
c. I22i>. 15. Ai gentil triunfante e sacro alloro.
16. O sacri laurj o verdegianti mirti
c. 123a. 17. Pioggia di rose dal bei viso piove
18. Erano e mia pensieri ristrecti al core
. 1231'. 19. Quando salir fuor d Oriente suole
20. Quel che piu di madonna udir desiro
c. 124a. 21. Se quella verde pianta et le sue foglie
22. Virtu dal ciel sopra vostri occhi piova
c. 124''. 23. Spirto gentil che nostra ciecha etate
24. Se menlre quelle lucic oneste e sanle
c. 125:'. 25. Poi che le volle a vostrc amale rive
26. Forma gentilc in chui dolci anni serba.
c. I25l>. 27. Laura dolcie c gloriosa frondc.
Seguono imniediatamentc o senza aicuna rubrica i Ire noti
Madrigali dello stesso poeta :
558 U. MAKCHESINI,
c. 125b. I. Inclita maesta felicie e santa
c. 126». 2. Non crctti amor sotto lo nperio tuo
3. Qual piu dolce jiensero o quäl piu fiero.
XIV. ürazione di Santo Tomaso apostolo la quäle e dicieva ognitidi
(c. 127a), Com,: Dolcie et misericordioso. Fin.: in secula seculorum
amen.
Qui rai occupo dellc rime di diversi contenute a c. 102b —
103b e di quelle del Cavalcanti, riserbandomi ad allra occasione
di illustrare le altre e specialmente quelle di Buonaccorso. — Le
carte 102b — 103b contengono i seguenti sonetti :
C. 102b. I. Con la rubrica : Dante — Chi guardera gammai
sanza pätira. Vedi Cod. Chig. L.VIII 305, num. 117', che lo attri-
buisce a Dante; Vatic. 3214, num. 8q nella tavola corapüata dal
Manzoni^; Fraticelli op. cit. p. 148.
Varianti a confronto della lezione Fraticelli •':
1 sanza. — 2 che m a inceso si. — 4 la morte simme dura. —
6 1 altre in la mia. — g nel testo: questa finita: e in margine:
finita, al. ferita. — 10 per chui mi conviene esser si disfatto. —
12 lasso i fu cosi erratto. — 13 e truovomi in contrario. —
14 virtü di pietra.
2. Adespoto. Nelle vuvi voslre dolcie donna mia. Vedi Bar-
toli, op. cit p. 56, num. 134. II Chig cit., num. 116 e il Vatic.
cit., num. 88 lo attribuiscono a Dante.
Varianti a confronto della lezione Bindi e Fanfani, Le Rime
di M. Citio ecc. p. 238.
9 ogni tormento spiacie. — 10 ch io non v o servita. — 12 gen-
tile mia donna mentre e della vita. — 1 3 per quel ch i m era
consolato.
3. Adespoto. Questa donna c andare 7ni fa pensoso. Vedi
Bartoli op. cit. p. 48 num. 56.
Varianti a confronto della lezione Fraticelli, pp. 266 — 67:
4 lo spirito d amore soave aschoso. — 6 ch i vidi lo dolcie. —
7 suoi ch e tanto el suo valore. — 8 ma guardare non 1 oso. —
g essegli aviene che io in questi occhi miri. — 1 1 che lo in-
telletlo mio non vi puo ire. — 14 del cor fuggire.
4. Adespoto. Non ti potranno gatuftiai fare amenda. Nel solo
Chig. cit., num. 108, dov' e attribuito a Dante.
Varianti a confronto della lezione del Chig.:
I non ti. — 3 non s aciecasser . . . carisenda. — 4 degli sguardi
1 Ediz. Monaci e Molteni va Propugnatore 1877 — 78. Usai dei codd.
di antiche rime che trovansi a stampa ; degli altri non potei piofittare.
2 Rivista di Fit. Romanza I p. 77.
3 Tialascio le varianti puramente ortogratiche e quelle che sieno evi-
dentissimi errori del menante. Del resto desiderandosi ancora un testo critico
di Dante e di Cino, a cui appaitengono i piü di questi sonetti, non ommetto
neppure le differenze di poco momento. Conservo la grafia del cod., solo
sciogliendo i nessi.
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 559
belli. — 9 feron. — 12 e mie spirti. — 13 rauta. — 14 Ch i
stesso uccidero gli sconoscienti.
5. Colla rubrica: Dante — Coti piii vii fiere amor con sua vin-
chiastri. Nel solo Chig cit., num. 109, dov' e attribuito pure a
Dante.
Varianti a confronto della lezione del Chig.:
2 Piu gli si facie un ubidirlo. — 3 ben lo. — 4 gridar — 5. fia
. . . con. — 6 faro stornarvi ogni. — 9 chiamo. — 10 se v e
SU punto. — 13 ch egli.
C. 103a. 6. Adespoto. In fin che gli occhi miei non chiiide
morte. Vedi Bartoli, op. cit., p. 47, num. 52.
Varianti a confronto della lezione Bindi e Fanfani, op. cit., p. 4.
3 E oggi mi son fissi a uno sghuardo. — Dicie ch' egli ave si
altero el loco. — 13 Che sento per lo amor gran vanitate.
La lezione di questo Son. concorda molto meglio con 1' ediz.
Bindi-Fanfani (p. e. ai v. i, 2, 5, 7, 8, 11, 12, 14) che con l'ediz.
Carducci Rime di M. Cino da Pisioja ecc, p. 22 e col. Chig. cit.
num. III.
7. Adespoto. Volgieie gli occhi a veder chi mi tira. II Chig.
cit., num. 113 e il Vatic. cit., num. 78 lo danno a Dante.
Varianti a confronto della lezione Fraticelli, op. cit., p. 307:
2 venir con voi. — 3 questo. — 4 per valenti donne. — 5 san-
za. — 7 dico degli modi suoi. — 8 quanto huon. — 9 chegli
me gunto fero. — 10 e piangevi. — 12 bocie. — 14 occhi
tuoi.
8. Adesposto. Parole mie che per lo mondo sieh: Vedi Chig.
cit., num. 119; Fraticelli, op. cit., p. 146.
Varianti a confronto della lezione Fraticelli:
6 vostri ghuai. — 7 E dite noi sian vostre e unque niai. — 10
intorno. — 13 gettatelevi.
9. Colla rubrica: Dante allo ser cino da pistoja. — lo
mi credea del tuUo esser parliio. Vedi Fraticelli, p. 213.
Varianti a confronto della lezione Fraticelli :
5 di voi parole hudito. — 10 Or qua or la ur si legha or si
scioglie. — 12 Pero se legier core cosi vi volve. — 13 Priegho
che con virtute el corregiate.
10. Adespoto. Mirando fiso nella ehiara Iticie. Non l'ho Iro-
vato che nella raccolta del Trucchi, Poes. ital. di dugenlo aiilori,
II 69. II Trucchi lo attribuisce a Sennuccio del Bene e lo da
colla rubrica : A madonna Lolliera doniia di Xerone di Xigi. Non
ne conosce altra fönte manoscritta che le schode magliabechiane.
La lezione del Cap. prcsenta molte buone varianti rispetto a quella
del Trucchi , tali anzi da correggerla ove manca di senso. Per
questo credo che giovi sia qui riprodotto 1' iiUero Son. com' e dato
nel nostrp ms.:
560 U. MARCHESINI,
Mirando fiso nella chiara lucie
De piu hc),'Ii occhi che inai viso aprissi
l'ropio «Ic^^li ' atli lor [jarve iistissi
Non ci ti por jjero c allri ci lucie.
E per vetler cui amor vi coiuhicie
M aprcssai si ch i credo ch U) faliisse
E vidi lij;urat() quci che disse
(;hi vuol d ogni bilta vedrc la lucie
Ihlare in atto tanto rcvcrente
Mansueto fedel puro e divoto
Pareati amar per amar solaniente
D alU)ra in qua che questo mi fu nolo
Tengho ch el suo amor perfcttamente
Ogni altro amore nc tengha rcmoto.
1 1 . Adespoto. Sanchc si ßtssc per la tua partita. Vedi 7?//«^-
lii M. Roccaai cdite dal Baldelli, Livorno, 1802, p. 54, son. CHI.
Varianti a confronto della lezione Baldelli :
I Sanche si fusse. — 2 L alta^ speranza la quäle io prendea. —
3 quäle or. — 5 sostenne. — 7 di ciö. — 9 avenne. — 10
contro a, — 12 — 13 morommi . , , O piangero.^
Termina a c. 103b, di cui il resto e bianco.
Quanto alla fönte da cui possa essere derivata questa sezione
del Cap. , nulla saprei afferraare. II Chig. L. VIII 305 , da cui
deriva, secondo il mio parere , la parte del Cap. che contiene le
rime del Cavalcanti, presenta soltanto i primi otto dei Sonetti che ci
occorsero finora; riguardo alla lezione, mentre fra Chig. e Cap.
r accordo c notevole nei Son. 2, 4, 5, 7, 8, manca quasi del tutto
rispetto agli altri. Col Vatic. 3214 il rapporto e ancora minore.
Venendo ora alla parte del nostro ms. che riguarda il Caval-
canti diremo anzi tutto che per il numero delle rime il Cap. e certo
tra i codd. piu ricchi, e percio entra nella prima categoria della
classificazione esterna stabilita dall'Arnone*, tra i rass. contenenti
ciascuno il canzoniere quasi intero.
Quanto poi al posto che il Cap. occupa nella classificazione
interna, ossia nella genealogia dei codd. del Cavalcanti, noto
primieramente che e per le rime che contiene e per le varianti
esso s'accosta quasi sempre ai Laurenziani XLI 34 e XLI 20 s, la
cui lezione e conosciuta per i lavori dell'Arnone e dell'Ercole.ö
' II cod. erroneamente ripete degli.
'^ II / di alta e segnato con un punto di sotto.
^ Ognuno vede quanto sia migliore questa lez. di quella che occorre
nel teste Baldelli, ove il poeta direbbe prima di morire e poi di piangere:
Onde morrommi, o caro mio disire,
E piangerö ecc.
* N. Arnone, Le Rime di G. Cavalcanti, Firenze, Sansoni , 1881
p. LXIX.
5 Indico, seguendo TAriione e l'Ercole, il primo con la sigla La, il se-
condo con la sigla LJ?.
" P. Ercole, G. Cavalcanti e le sue rime, Livorno, Vigo, 1885.
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 56 I
Infatti il Cap. contiene dodici ballate (I — XII)', due canzoni
(I e II), ventisei sonetti (I — XXVI): ogni componimento c prece-
duto da una rubrica che lo attribuisce al Cavalcanti. Inoltre il
Cap. contiene il sonetto di Nuccio Sanese / miei sospir dolenti
VI anno stancho, posto tra il Son. III e IV, quello di Bernardo da
Bologna A qiiella amorosetta foresella -, tra il Son. IV e il V, quello
di Guido Oriandi Inanzi assnon di iro7ube che di corno, posto dopo
il XVIII del Cavalcanti e di seguito al Son. dell' Oriandi quello di
Dante A ciascuna alina presa e gentil core, preceduto da una lunga
rubrica che, si noti, e quella medesima che lo precede in Lb?
II Cap. contiene dunque tutte le canzoni, ballate e sonetti che
sono in Lb •*, "e possiede di piü di quest' ultimo il sonetto dell' Or-
iandi ; mentre poi i sonetti di Nuccio Sanese e di Bernardo da
Bologna sono in Lb adespoti, nel Cap. trovansi attribuiti a' loro
autori.
Canzoni, ballate, sonetti si seguono nel raedesimo ordine nel
Cap. e in Lb (che e 1' ordine di quasi tutti i codd. piü ricchi di
rime), ma il Cap. interpone le due canzoni tra la III e la IV bal-
lata, offre cioe la disposizione del Chig. L. VIII 305 ^ di La, del
Laurenziano XC Inf. 37 6, mentre Lb da le canzoni dopo le ballate.
Non dobbiamo pero dimenticäre che, come nota 1' Arnone '- „una
tale disposizione del L^b deve attribuirsi esciusivaraente al trascrit-
tore del cod., ad Antonio Manetti, che volle fare una cosa a modo,
dovendo regalare il volume a Giovanni Cavalcanti e a Marsilio
Ficino, da' quali era stato esortato a quel lavoro, com'egli stesso
dice nella Noiitia che da di Guido."
Se confrontiamo il medesimo Cap. con La^ troviarao pure
differenze piccole, ma pero maggiori che non si offrano al para-
gone con LÄ> : infatti 1' accordo c perfetto nell' ordine dei compo-
nimenti, nelle canzoni e nelle ballate; ma, quanto ai sonetti, il Cap.
ha di piü il XXII e il XXIII, quello di Dante e quello dell' Oriandi.
' Cito, ove non inilico aluinit-nü, colla numerazione dell' Arnone, che
segue r ordine di quasi tutti i codd. e anche del Cap.
* Per questo Son. il Cap. puö essere aggiunto ai mss. contenenti rime
di poeti bolognesi, di cui diede la descrizione il Casini nella Prefaz. alle
Rime dei poeti bolognesi da lui edile, Bologna, Romagnoli, 1881.
3 Pubblicata dall' Arnone, p. XXXVII.
■* Vedi la descrizione di queslo cod. nell' Arnone, p. XXXVII e
nell'Ercole, p. 174. Dalla descrizione di tutti e due gli aulori cit. appari-
rebbe che Lb conlencsse la ballala Fresca rosa ftovella, che nel Cap. non si
trova. Ma sia 1' Arnone che 1' Kreole avcndo intlicato il contenuto di Lb in
relazione al Chig. L. VIII 305, col nolare cioe quali coniponimenü di questo
non si trovino in quello, dimcnticarono di avvcrtire die LM nianca della bal-
lata in questione. Infatti appare dalla Tav. II, B dell'cdiz. Arnone che /i»
non la contiene; e 1' Kreole enunicrando i codd. che contcngono tale ballata
(p. 364; cfr. pure p. 220) non indica U); e ne 1' Arnone ne 1' P>cole non danno
alcuna Variante per questa pocsia, tratla da Lb.
'" Vedi Arnone, op. cit. p. XXIX. Indico queslo cod. con la sigla ('(/.
^ L'indico con la sigla Lc. Vedine la descrizione nell' Arnone.
7 Op. eil., p. LXXXIV.
** Vedine la descriz. in Arnone, y. XXWII e scg.
502 U. MARCHESINI,
Riguardo alla lezione — e cio v. molto i)iii importante — il
Cap. mostra pure, nel complesso, maggior accordo con LI/ che
con La (tra i quali pero le differenze sono ben poche '), e non
mostra accordo solo nelle variaiili, ma bene spesso — il che mi
pare significanlissimo — aiiche negli errori manifesti.^ Dove poi
il Cap. si discosta da Ld e da L.a s'accosta spesso a Ca.-^
Ora si noti che a Ca, secondo rArnone^, dovea corrispondere
SU per giii quel cod. X, da cui Lorenzo il Magnifico avrcbbe tratto
lo rime del Cavalcanti per la sua raccolta di pooti antichi e con-
U^uiporanci fatta per 1' Illuslrissimo Stgnore Federico de Aragona,
raccolta di cui possediamo tre copie, Zr, il Palaibio 204 c il Pari-
gi'no della Nazionale 5 5 4.5 Quest' originale della raccolta del Ma-
gnifico per r Arnone sarebbe perduto o non ancora ritrovato c
pero e designato da lui con la lettera X. Pare che 1' Arnone''
ritenga derivato da qucsta fönte anche La.
L' Arnone reca ottime ragioni ' per mostrarc che si puo teuere
sieno tutt' uno i due codd. X e Ca, ma ' non si decide a identi-
ficarli per questo solo fatto, che nella lettera del Magnifico pre-
messa alla raccolta si leggono queste parole: „. . . . desideroso alla
tua honestissima volontä satisfare jwn sanza grandissima fatica
fatti ritrovare gli antichi esemplari e di quelli alcune cose meno
rozze eleggendo tutte in questo presente volume ho raccolte" 8,
dalle quali, sempre secondo l' Arnone, „si vede chiaro che Lorenzo
* Non mi sembra pero esattamente vero quello che scrive 1' Arnone,
p. LXXXIV che tra Li> e La „si cerca indarno una sola Variante, se non si
vogliano considerar come tali quelli errori di scrittura che accusano 1' igno-
ranza o la trascurataggine del copista." Vedi p. e. le varianti nell' Arnone
stesso in Ball. XII 25 ; Son. IV 6 ecc.
2 Per esempio Ball. I 41 il Cap. da maladetta in luogo di Ma?idetta,
errore del menante, che non si rinviene in nessun altro cod. fuorche in Lb;
parimenti noto varianti comuni ai soll Cap q Lb \v\ Ball. VI i (o merzede);
XII 25 {ogni pesanza); Son. IV 6; V 3 (^ solo); X 5; XII II; XXII I e 13
{cognioscer); XXIV 13; XXV 8 {trtiovom). Invece sono comuni ai soli Cap,
La, Lb le seguenti: Ball. V 8—9; VIII 13; XII 13; Son. I 5 e 6; II 9; III
12 e 14; IV 13 {pel veduto); V 13 [laminie); VII 12 {piatosd); X I, 6, 7, 13;
XI 14; XVI 10; XXII 10. Potrei moltiplicare gli esempi. — Vedi ai luoghi
cit. la leziono di Lb e quindi anche del Cap. (quando, per brevitä non l'in-
dicai tra parentesi) nell' ediz. dell'Ercole, alla quäle m'attenni per le varianti.
Talora le varianti d' un medesimo cod. sono date dall' Arnone e dall' Ercole
con qualche difFerenza.
•' Per esempio Ball. I 6 qjianto quieta leggono il Cap. e Ca, mentre
tutti altri codd. leggono tanto oppure e tanto: Ball. II 10 la quäl legge il
Cap. accordandosi solo con Ca; Ball. III 24 sgiiardasse nel Cap. e in Ca,
negli altri: guardassi. Vedi maggior numero d' esempi piü avanti, nelle
varianti.
* Op. cit. p. LXXXII.
5 Vedi Ercole, op. cit., p. 180, n. i.
^ Vedi p. LXXXIII, secondo capoverso e cfr. pure la Tav. IV, p. LXX.
Per me La e derivato senza dubbio dalla medesima fönte che Lc.
7 P. LXXXI.
8 Arnone, pp. LIV e LXXXII.
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 563
parla di codd. antichi contenenti rime di singoli poeti e non rac-
colte di rime di diversi poeti, onde egli non deve aver conosciuto
ne il Ca, ne altre di simili compilazioni"; altrimenti non si spie-
gherebbe quell' espressione : „nofi sanza grandissima fatica".
Mi sembra pero che questa difficolta dell'Arnone non abbia
gran peso. Per essa si da, a mio avviso, soverchia importanza alle
parole : „non sanza grandissima fafica^". Le quali potrebbero conte-
nere una certa esagerazione, spiegabiie ove si pensi che il Magni-
fico dovea cercare di porre in rilievo quanto potesse il pregio della
sua raccolta agli occhi del principe, a cui la mandava e che di
essa r aveva richiesto. Lorenzo subito dope le parole citate scrive :
„il quäle (presente volume) mando alia tua Signoria, desideroso
assai ch' essa la mia opra , quäl ch' ella si sia, gradisca e la riceva
siccome un ricordo e pegno del mio amore inverso lei singulare."^
E infine della lettera: „Ricevera adunque la tua illustrissima Signoria
e questi (scritti miei e degli altri) e me non solamente nella casa,
ma nel petto ed animo suo''.2 Poiche Lorenzo scriveva animato da
questi desideri, non credo si possa dare valore di documento alle
sue parole : „rion sanza grandissima falica." Dal passe di Lorenzo
non si puo determinare assolutaraente che egli usasse raccolte com-
plessive o raccolte di singoli poeti. Ma dato pure che si sia gio-
vato di raccolte complessive, la ricerca di queste dovette pur sempre
costargli grande fatica. Aggiungo da ultimo nulla escludere che se
per il Cavalcanti e per alcun altro poeta egli abbia trovate le rime
giä unite, non abbia tuttavia dovuto faticosaraente ricercare e adu-
nare quelle degli altri che fossero per avventura qua e lA diftiise.
lo non avrei quindi difficolta a ritenere Ca V esemplare, per la
parte riguardante il Cavalcanti, di Lc, cioo della raccolta del Magni-
fico, e di Im, ammesso sempre, coU'Arnone, che questi due codd.
sieno derivati da Ca per due vie diverse.
E Ca che contiene tutte !e rime del Cavalcanti date dal Cap.
DCCCXXIV3, fu probabilmente anche 1' originale di questo cod.,
che diventa quindi un fratello di Lc e La, avente per caratteristica,
come questi, una maggiore esattezza metrica e pulitura della forma,
e percio una lezione mono genuina che il padre Ca. A questo
proposito ricordo che il Cap. proviene da Eirenze e che Ca viene
pure dalla Toscana, come osservo il Monaci.'' Se la cosa e come
io dico, si spiegano le analogie di Ca e di La col Cap.
Dal Cap. poi io credo senza dubbio derivato Lb'^, che o della
seconda met;\ del sec. XV e col Cap. presenta pienissino accordo,
' Opere volgari di M. A. Poliziauo, Venezia, Molinari 1819, p. 201,
dov' e pubblicata 1' Kpist. al Signore Federico, perch6 da alcuno fu ritenuta
del Poiiziano (Vedi Arnone, op. eil. p. LV, n. 2 e p. LIII).
2 Ibid. p. 205.
■' Vedi la cit. descri/.. di Ca dala dall' Arnone, p. XXIX.
^ Vedi le notizie premesse alla cit. ediz. del cod. Chij;. in /'ropiii^na-
tore. 1877 disp. I c II, p. 126.
•'• Per l'Arnone (p. I.XXXIV) dcri verebbe probabilmente da La.
564 U. MARCHESINI,
secondo vedemmo, in ordine alle rime che contiene, e in ordine
alla lezione le per la rubrica al)l>astanza lunga e caratteristica precc-
dente il sonetto di Dante. Per riguardo alla lezione si avverta
pure che il Cap. e spesso 1' anello di congiunzione tra Ca e Lb.^
Con cio si vede come il Cap. sia ahbastanza importante, d' im-
portanzu, direrao, assoluta, perche il cod. da cui deriva c interes-
santissimo ; ma in j)ratica c per istabilire il testo critico del Ca-
valcanti puo poco giovare, per questo che la sua lezione per via
del padre Ca, del fratello La e del figlio J.b i giä conosciuta; e
perche varianti speciali ne ha pochissime e di quasi nessun mo-
mento. lo indichero solo queste varianti speciali e quelle in cui
il Cap. concorda col solo Ca 2 sia per Timportanza che ha la
lezione di questo cod., sia perche si provi meglio quanto sopra
ho cercato di stabilire: deile molte allre in cui si dilunga dal
testo prescelto dall'Ercole, col quäle lo confrontai diiigentemente,
accostandosi di solito ?i Lb od a La, non daro che quelle che piii
importi conoscere, perche relative a passi -tuttora discussi.
Varianti :
Ball. I (Arn. p. 17; Erc. pag. 379, VII) Con la rubrica: Ser
Guido dl Messer Cavalcante de cavalcanti'. tutte le ballate seguenti e
le canzoni hanno la rubrica: Ser Guido Cavakaiüi detio. — 4 go-
cho. — 6 quanto quieta {Cd). — 21 rispuose (Co). — 23. pose.
31 el suo colpo. ^- 41 amor lo quäl chiamo la raaladetta, —
42 presto. — 52 per morte vegnio a voi.
Ball. II (Arn. p. 20; Erc. p. 376, VI). — 2 vi muova. — 10 la
quäl {Ca). — ii sentisse. -— 22 che entra {Ca). — 24 chelmaginar.
Ball. IIl (Arn. p 22 ; Erc. p. 388, IX). — 6 escie degli occhi
suoi la onde io ardo. — g quando e gunge. — 1 1 lo sento poi
gir fuori. — 22 amirare {Ca, Lb). — 24 sguardasse {Ca).
Canz. I (Arn. p. 3; Erc. p. 225,!). — 17 da lume {Ca). —
28 sieche non puote la gir. — 38 naturale opposto. — 51 non
formato locho {Ca). — 57 compressione. — 49 Non puo . . . co-
verto Star quand e si gunto. — 65 in forma.
Canz. II (Arn. p. 13; Erc. p. 250, II). — 15 chantare. — 19
tant e gentil. — 22 valor che le dimostro.^ — 46 e vadi in guisa
allei. (La lezione di Ca e: e vadi guis allei).
Ball. V (Arn. p. 26; Erc. p. 368, II). — 15 rispetto della quäle
ogni altra o a vile.
^ Cito per esempio le seguenti lezioni del Cap.: Son. II 14 siech anno
l ira ed allegreza e pianto, lez. evidentemente errata , ma che sta di mezzo
tra le lez. di Ca e Lb, La: Son. XVI 14 fusse noia; XXIII 2 possiamo ben
rigraziare un ser costui ; ecc.
2 Porrö la sigla Ca tra parentesi dopo la Variante a indicare l'accordo
col solo Ca.
3 Vi e nel ms. chiarissimo segno di un 7 eraso prima di le e di un /
eraso dopo. Pertanto la lezione del Cap. come s' ä da ricostrurre : valor che
in lej dimostro e di tutte la piii vicina a quella di Ca, e pienamente la con-
ferma: e ancora 1' anello di congiunzione tra la lez. di Ca e quella di La,
Lb, ciü che riprova lä genealogia da me stabilita.
DI UN CODICE POCO NOTO DI ANTICHE RIME ITALIANE. 565
La Ball. VI (Arn. p. 27; Erc. p. 375, V) ha nel Cap. la ru-
brica: Madria/e.^
Ball. VII (Arn. p. 28; Erc. p. 397, XI. — 13 questo tormento
disperato e fero {Ca).
Ball. X (Arn. p. 34; Erc. p. 371,111). — 10 un altro {Ca).
Ball. XI (Arn. p. 35; Erc. p. 373, IV). — 3 che di virtu mi
traggie assi vil locho.
Ball. XII (Arn. p. 36; Erc. p. 402, XII). — 5 E di sospiri (posto
in principio del v. 7).
In fine di questa ballata : si legge : ßnis.
Son. I (Arn. p. 41; Erc. p. 302, XX). Colla rubrica: Sonetli di
ghuido dt Messer cavalcante de cavalcanti detto : ciascuno dei seguenti
ha la rubrica : Sei- Guido cavalcanti detto. — 2 cheffa in la raente
uno spirto destare.
Son. II (Arn. p. 42 ; Erc. p. 290, IV). — 2 dello ntelletto {Ca).
— 3 or come ti mostro mendicho presto. — 4. el rosso spirto
chettaparve al volto. — 7 razo. — 10 in traverso.
Son. IV (Arn. 44 ; Erc. p. 309, XIII). — i gran pieta viene.
Colla rubrica: Bernardo da bolognia a ghuido cavalcanti. (Am.
p. 83, III; Erc. p. 345; Casini, Poeti Bolognesi c\i., p. I4I,LXXXIV).
3 sfiguro. — 7 allegharon. — 12 seppi. — -13 cosi quäl si dice.
In generale il Cap. s' accosta di piü alla lezione del Casini
(per es. v. 3 e 1 3) che a quella dell' Ercole.
Son. V (Arn. p. 45 ; Erc. p. 346, XXXIV). Colla rubrica: 7?/-
sposta di guido caval. a detto Bernardo. — i in liscian sua.
Son. VI (Arn. p. 46; Erc. 296, XVII). — Voi pur vedete.
Son. VII (Arn. p. 47; Erc. p. 288, XIII). — 7 tua donna. —
8 pongha sua. — 12 allor d uno huon (errore di Cd).
Son. X (Arn. p. 49 ; Erc. p. 350, XXXVl). — 8 mai si la tonba.
Son. XII (Arn. p. 51; Erc. p. 275, VII). — i passate. — 2 de-
state. — 7 solo e (Co).
Son. XV (Arn. p. 54; Erc. p. 269, V). — i Bilta {Ca). — 2 et
cavalieri armati che ssien genti {Cd).
Son. XVI (Arn. p. 55; Erc. p. 272, VI). — 4 et a pensar mi
stringe coralmente.
Son. XVIII (Arn. p. 57; Erc. p. 337, XXXII). Colla rubrica:
Ser Guido detto a Ghuido orlandi. — 2 ch e tanto di valor piena
ed adorna.2 — 6 hunicorno {Ca: lunicorno). — 10 allei .... da
bene. — 12 misse. — 13 conviene. — 14 quello.
' Lo nolo in ordine a quanto avvcrte 1' Ercole (p. 376) perch^ si vedc
come pure il trascrittore del Cap. si sia accorlo che qui non si lia una bal-
lata, come hanno tcnuto gli eililori precedenli all' Ercole. Non si ha, del
resto, neppure un Madrigale (vedi le norme metrichc del Madrigale in Casini,
Stille forme metriclie ital. ecc. pp. 49 — 52); ma una Sta)iza di canzone (vedi
Casin i op. cit. p. 15).
2 Le (/ finaii di piena e adorna sono nel ms. ril'atle sii ili o. Questa
lezione vicnc cosi a confermare la genealogia da nie stabilila : vedi le varianli
degli altri codd. nell' Ercole.
ZoItBohr. f. roin. Phil. X. yj
566 U. MARCHESINI, DI UN CODICE POCO NOTO ETC.
Colla rubrica : Risposta dt ghuido horlandi a ghtiido cavalcanti.
(Arn, p. 84, V; Erc. p. 341). — i Inanzi assuon di tronbe che di
corno. — 2 vorrei di fine amor fare. — 4 navicando. — 6 non
chiedendo. — g Di su n ne pregho. — 1 1 che stia al suo signiore
sempre leale. — 12 quäl si convene.
Son. XX (Arn. p. 5g; Erc. p. 324, XXIX). — g ardiscon [Ca).
Son. XXII (Arn. p. 61; Erc. p. 31g, XXVII). — 12 servente. —
13 cognioscier nostro sile.
Son. XXIII (Arn. p. 62; Erc. p. 300, XIX). — 4 contare [Ca).
— 8 chelle {Cd).
Son. XXV (Arn. p. 64; Erc. p. 27g, IX). — 5 dilelti i miei.
Son. XXVI (Arn. p. 65 ; Erc. p. 307, XXII). — 7 et la terza.
— g dall alma le salute {Ca).
Questo son. manca nel cod. degli ultimi tre versi.
U. Marchesini.
M I S C E L L E N.
I. Exegetisches.
1. Chi per liingo silenzio parea floco.
Die Erklärer der Divina Commedia stimmen bei der Aus-
legung von Inf. I 63 darin überein, dafs sie nur fioco für mehr-
deutig halten, silenzio aber in seinem ursprünglichen und gewöhn-
lichen Sinne verstehen. So fassen sie dieses Wort zu eng. Si-
leiizio hat hier übertragene Bedeutung; und zwar hat es denselben
Wandel erfahren wie u. a. tacere, das ihn in Vers 60 erkennen
läfst. Beide Wörter, ursprünglich von der hörbaren Erscheinung
aussagend, beziehen sich in den genannten Versen auf die sicht-
bare. Dove il sol tace heifst: wo die Sonne nicht gesehen wird,
und silenzio ist das Nicht - gesehen - werden, die Abwesenheit.
Hiernach ergiebt sich die Bedeutung des fioco: es heifst nicht heiser,
sondern schwach; aber nicht in dem Sinne, den ihm Blanc in seiner
geistreichen aber erzwungenen Erklärung giebt, sondern in dem,
welchen es in der Verbindung mit liinie Inf. III 75 hat. Fioco ist
das Attribut des Fantoms, des corpo fiiiizio (Purg. XXVI 12), der
kein Gewicht hat (Inf. VIII 27), der keinen Schatten wirft (Purg. III
26), der vanitä che par persona (Inf. VI 36), die das Gegenteil einer
cosa salda ist (Purg. XXI 136) nach dem Worte des Statins, der
Virgil den Fufs küssen will und von dem Schatten (V. 131 f.) daran
erinnert wird, dafs sie keine Körper mehr sind. Der Vers kenn-
zeichnet also die sichtbare Erscheinung Virgil's ; über sie erwartet
man nach dem Dinanzi agli occhi mi si fu offerto des voraus-
gegangenen Verses eine Äufserung, und weiterhin wird der in V. 66
ausgedrückte Zweifel : Qual che iu sii, od ombra, od uomo cerlo ge-
nügend motiviert nur, wenn man die hier vorgeschlagene Deutung
annnnrat.
A. Feist.
2. Zum Alexanderfragmont.
VV. 74, 75 des Alexanderfragments lese ich:
Mels vay e cort de l'an primeyr
Que altre emfes </«•/ son tertityr.
was durchaus mit der von Förster angeführten Stelle aus l.amprocht's
Übersetzung: stimmt.
568 MISCELLEN. II. ONOMATOLOGISCHES.
Die Änderung mag auf den ersten Blick etwas gewaltsam er-
scheinen, wenn man von soyientieyr oder gar von soyienlreyr, wie
manche gelesen haben, ausgeht. Vergleicht man jedoch das Fac-
simile bei Monaci Tafel 13, so sieht man gleich, dafs der Schreiber
wie an verschiedenen andern Stellen die Vorlage nicht verstand
und sich auch nicht klar war, was das, was er hinschrieb, bedeuten
sollte , es dem Leser überlassend , sich irgend etwas dabei zu
denken. Wenn man in Betracht zieht, dafs die (iruppe ntr oder
nti sehr undeutlich gehalten ist und man daraus /// gewinnen will,
hat man schliefslich blofs einen Strich zu viel und es bleiben
übrig \ y = ti i ^ r, was gewifs in einem Texte, der soviel Un-
gleichheiten und Versehen aufweist, nicht unerhört ist.
J. Ulrich.
II. Oiiomatol ogisches.
1. Das romanische Ortsappellativum tubus, tufus, tovo
und seine Derivate.
In einigen mittelalterlichen Urkunden Italiens findet sich ein
Appellativum /uöus, tufus, das nur „Rinnsal oder Flufsbett" bedeutet
haben kann. Diesem Sinne zufolge dürfte es wohl das lat. hihus
Röhre sein.
Eine Nonantoler Urkunde vom Jahre 899 enthält die Stellen:
.... simulque Tubum, qui exit de Bodeno (ein Flufs) in Porcaria
.... in lacu de Duracino Buceneto, qui exit de Juho niorhio. Mu-
ratori, Antiq. Ital. II 158 und Ughelli, Ital. sacr. II 106. Die letzt-
genannte Bezeichnung gleicht der von rivo moriuo (a. 750 auch in
einer Urk. von Nonantola) Marini, papiri etc. p. 102; canale mor-
tuum (a. 1158) bei Ferrara, Murat. 1. c. V 1015 , womit wohl alte
Flufsbette, Altwässer gemeint sein werden. Tubus kommt weiter
vor in einer römischen Urk. v. J. 905 .... usque in Tufo, qui
aquam surgit et per ipsum Tufo, qui ducit aquam recte in limite
Marini 1. c. p. 31. Endlich in einer Urk. des saec. XI, in der es
hcifst: per Tufiim fluvii Remandi (in Marsis), Ughell. 1. c. I 963.
Unser Wort kommt auch mehrfach als Ortsname vor. So
a. 777 ad Tufuni (Toscana), Brunetti, Cod. dipl. Tusc. II320; im
saec. X als Tufolo (bei Tivoli) Marini 1. c. 231; im saec. XI als
castrum Tupho (in Marsis) Ughell. 1. c. IX 909 ; im saec. XII als
Tuffo (bei Subiaco) Murator. IV 1060; castrum Tufi (mit Camerino)
Ughell. I 607; Tifo (mit Casaurum, wohl das nämliche) Ugh. VI
1306; im saec. XIII ein Tufum (jetzt Ttfe südwstl. Arquata) Winkel-
mann, Acta imperii inedita I 779 und ebenda ein anderes castrum
Tufum (jetzt Tufo nördl. Pietrasecca, östl. v. Nespolo).
Wahrscheinlich gehören auch nachfolgende Ortsnamen in die
Sippe. Locus Tubaiia (a. 825) bei Bobbio, Murat. 1. c. V 379; Ti-
M. BÜCK, DAS ROM. ORTSAPPELLATIVUM TUBUS ETC. 569
faria (mit Tlieanuiu, saec. XII) Ughell. 1. c. VI 717; und Tu/ara
(saec. XIII) nordw. S. Bartolomeo in Gualdo. Winkelmann a. a. O,
I 772, rivulus Tovanelhim (saec. XII), Subiaco, Murat. I. c. IV 105g.
Möglich, dafs man schon früh eine Form tu/u?n neben Infus
hatte, wie in einer lombard. Urk. des saec. XIII auch tiihum für
iuha vorkommt, i Winkelmann I 492 und wie nach Schneller (die
rom. Volksraundarten in Südtirol) S. 205 in der des. com. civ. Tri-
dent. die lat. Form tovimi vorkommt, hier aber nicht im Sinne von
Flufsbett, sondern mit der Bedeutung, Bergrinner, Holzriese, was
freilich auch ein Rinnsal ist. In Südtirol lebt das Wort noch fort
als tovo. Von ihm ist das fassanische toal Schlucht und unser süd-
deutsches Tobel, Dobel abgeleitet, gleichsam tubale. Als ältesten
deutsch-romanischen Beleg für letzteres - möchte ich ansehen die
Stellen : in montanis Tiival (im Salzburgischen) aus einer Urk. von
II 23 bei Kleinmayr, Juvavia S. 552; dann: salina in Tuval (saec.
XII) ebenda S. 540, endlich wieder das letztere als Tuval in einer
Urk. V. 1237; welches Winkelmann a. a. O. I 302 für den Dürnberg
nördl. V. Hallein hält.
Hierher ist wohl auch Tovo im Thale der Adda zu rechnen.
Tovena bei Ceneda ; Toveno am Iseosee ; Tovelo im Nonsberg ; die
ladinischen Weiler Toell imd Toei (== tubellus) vgl. Dr. Alton, Bei-
träge z. Ethnologie von Ostladinien S. 66; dann Tovare bei Liz-
zana (Rovoreto). Vielleicht sind die beiden rätischen Taufers auch
nichts anderes, denn alte Tovaria, Tubaria, etwa mit kollektivem
Sinn, = bei den Holzrinnern, bei den Töbeln. Das abg. Taufers
* Im Beigell scheint früher tuba auch /.ur Bezeichnung von Wässcrungs-
graben gedient zu haben, wenigstens legt dies folgende Stelle aus einer Urk.
V. 1285 nahe. „Hec autem sunt posscssiones et ordine subscripto situate,
cum aqueductibus irrigande. In primo tuvam subtus via, cui coheret a mane
ttiiia, que fuit Rudolfi . . . a sera tuua de Orengo Rudolti filii. Mohr, Cod.
dipl. II 32. Ganz etwas anderes ist tufa in einer Urk. v. 1290 (aus Zillis):
Colonarü de Zirannes tenentur expedire viilico l.xxx tufas ad cuppas.
Mohr II ir. Cuppa ist Dachschindel, Lander, demzufolge dürfte tufa für taeda
Forche stehen. Dazu stimmt, dafs die Forchen im Allgäu Taufen heifsen.
Vgl. Churw. (oberl.) teii, engad. taja und tev Forche.
'•' Tobel. Dobel (der, das) ahd. tobal, kollekt. gatubili, wird in der Kegel
zu tief gestellt. Allein tobal stimmt im Anlaut gar übel zu ahd. diof, thiof.
Auffallend ist auch, dafs das Wort nur bei den nächsten Nachbarn der Rä-
toromanen, bei den Alamannen und Bajuwariern vorkommt. An ihrer nord-
iichen Stammesgrenze hört unser Wort als Ortlichkeitsbezeichnung plötzlich
auf. An seine Stelle tritt Klinge und zuweilen „Kaderich, KettericlV, das
wie das welschlir. toal Holzrinncr, Holzriese an einem Abhang bedeutet,
glcichfiills ein Fremdwort, aus mit. Cataracta. Vgl. Dr. Esser in Pilz, Monats-
schrift VI 441. Dazu stimmt auch einigermafsen das ilal. cataralta Abhang
und die ahd. Glosse cataractas rinnun. Wäre unser Wort deutscher Herkunft,
so sollte man am Mittelrhein, Main und unteren Neckar, wo die Alamannen
vor dem Jahre 500 safscn, auch eine Spur dieses bei ihnen beliebten .\ppel-
lativs erwarten dürfen. Wohl lindet man dort andere alamannische Namen,
diesen aber nicht. Mir scheint, die genannten oberdeutschen Stämme hatten
das Wort erst nach dem Jahre 500, als sie sich in den .-Vlpcn angcMcdelt
hatten, kennen gelernt.
570 MISCELLEN. II. ONOMATOLOSCHES.
im Wallgau heifst a. 88 1 Tuberis Mohr cod. dipl. I 46 ; raonas-
terium Tobrensis (dasselbe) saec. X Bierlingcr, Alemannia IX 7 1.
Ebendasselbe a. 1 290 Tubris Mohr a. a. O. II 98. Das vinstgauische
Täufers lautet a. 11 40 Tuvres. Sinnacher, (beschichte von Brixen
III 411; a. 1177 Tuveres. Hormayr, Beitr. z. Geschichte v, Tirol 1
2,20g. Dann a. 11 79 Tuferes , Touferes Fontes Rer. Austriac.
tom. XXXIV 53; a. 1200 Tufirs. Mohr I. c. II 98. Im J. 11 60 wird
ein ager Touveres in Tirol genannt. Sinnacher. a. a. O. 651. Im
Jahre 1204 locus Tovres. Font. rer. Aust. V 156; a. 1220 Tiivers
Winkelmann, a. a. O. I 159 ; dann a. 1256 Touueres Honuayr a. a. O.
12,235; a. 1236 castrum Tuvers Font. rer. Austr. XXXIV 100;
a. 1270 Toufers Hormayr a. a. O. I 2,585; a. 1270 Taufers ibid. 1
2,386.
Eine Zeit lang war ich geneigt, die rätischen Taufers in Zu-
sammenhang mit einem nicht näher bekannten Baumnamen tuberes
zu setzen, der in einer Bergellcr Urk. von 1304 vorkommt. Es
heifst dort : petia una campive ... et buscive . . . cum husco grosso
toueris et busco minutulo nizolarum. Mohr a. a. O. II 190. Der
grofse Wald von tuberes wird einem kleinen Haselnufsbuschholz ent-
gegengesetzt. Es ist dieser Meinung, vielleicht mit Grund entgegen-
o-ehalten worden, dafs es sich in der Höhe von Taufers, schwerlich
um die schon bei Columella vorkommenden tuberes (angeblich Nufs-
pfirsiche), die nur ein mildes Klima vertrügen, handeln könne.
Eine Gegend am Vorderrhein heifst die Grub, welsch La foppa,
diese wird im saec. X Tuherasca genannt. Alemannia IX 7 1 . Das
ist jedenfalls ein Adjektiv zu dem noch ein sg. Grundwort ge-
hört, ähnlich wie zum Bachnamen Bondasca, der vom benachbarten
Orte Bondo abgeleitet ist. Hier aqua Bondasca, dort vielleicht
fovea Tuberasca, weil sie nach Taufers gehört haben wird. Foppa
kommt auch in Italien als Ortsname vor. Ähnlich kommt bei Chur
ein Tobel vor, das tobet aiva sernacha (a. 1381) Mohr IV 50 und
deutlicher (a. 1376) das wasser ava serenaschga. Mohr a. a. O. III
276, wohl nicht ohne Beziehung ze dem Namen der in der Nähe
liegenden Wiese „Prasserin", welche a. 1231 pratum serenum (Mohr
I 318) und pratum ad aqua?n serenascam, dann a. 1349 prau serin
(Mohr II 40) genannt wird. Wenn nicht sera = serra (Schleuse)
hinter serena steckt, was ich aber stark bezweifle, könnte man
vermuten, dafs der Bach ursprünglich aqua serena (Heiterbach,
Lauterbach) geheifsen habe, allein auch das ist mit sprachlichen
Schwierigkeiten verknüpft, es liegt angesichts der Örtlichkeiten:
Pratum Rustigi bei Malix (a. 1231) Mohr I 318; prau Mar-
tin bei Jenatz, Anzeiger f. Schweiz. Gesch. v. 1862 S. ^i^; prau Ma-
rolts bei Küblis, ibid., vgl. zu letzterem den Romanen Maroldus de
Rautines (saec. XI) Mohr I l'i^, viel näher an einen Personennamen
zu denken und zwar an Serenus, wie der Heilige heifst, den man
um gut Wetter bittet. Also pratum Sereni. Vergl. den friauler
Serenus filius Bonomini. Font. rar. Austr. XXIV 87. Möglich ist
auch Entstehung von Serin(us) aus Sorinus, Surinus der im Ver-
M. BÜCK, RÄTOROMANISCHE ORTSAPPELLATIVA ETC. 57 I
brüderungsbuch zu Pfefters vorkommt. Piper lib. confrateru. p. 34
und 360. Vgl. den rät. Personennamen Lebucius (bei Piper a. a. O.
S. 382) zu seiner anderen Form Lnbudo (bei Wartman, Urkb. der
Abtei St. Gallen III lo), Luvuco, ein Mann, zu Plana (Piper S. 387).
M. Bück.
2. Rätoromanische Ortsappellativa der Endung -itium, -itia.
Aus den Verbis mundare, plantare, rumpere, runare, runcare
sind die Appellativa : *miindatitium, *plantatiliiim, *ruptitiian, *runa-
titium und *runcatitium gebildet. Zu ihnen gesellt sich noch das
oberitalienische *vangadttta.
1. Miindar bedeutet im Churwelschen neben „reinigen" im
Allgemeinen auch noch im Besonderen „reinigen von Gebüsch und
Steinen", oberdeutsch „schwenden". Mundatitium, jnundaditsch ist
ein von Gesträuch und Steinen gesäubertes Grundstück , eine
„Schwende". Hierher zählen z. B. Miindadiisch eine Wiese bei Ar-
dez (Engadin); Mundaditsdus ein Feld bei Taufers im Vinstgau ;
Mondadizza, ein Ort im Veltlin.
2. Plantaiilium (Rebland, Pflanzung überhaupt) kommt in mittel-
alterlichen Urkunden aller romanischen Länder vor. Neben ihm
allerdings fast noch häutiger plantarium ', plantaria mit demselben
Sinn, zuweilen auch einfaches planta. Von den beiden letzteren
Formen stammen die mhd. Formen der phlanzer, phlanz (= Reben-
satz, Rebenanpflanzung, neuangelegter Weingarten) her. Ein pre-
dium Plantaditz (saec.XIII) bei Chur. Juvalt Necrolog. Curiens. p. ill,
locus Platitaditz (a. 1290) im Vinstgau. Mohr, Cod. dipl. Rhaetiae
IT 127. Das hier stehende Plawtaditz ist Druckfehler. — Plantitz
(saec. XIV) bei Mais in Tirol, Chronic. Marienbergens. von Goswin
p. 270. Das einfache Planta (in Engadin) ist zugleich der Name
einer berühmten churraetischen Familie. Er kommt erstmals a. 1244
vor. Mohr a. a. O. I 333.
3. Das churwelsche lutiar Holz zusammenschleppen, wovon
runa, runna, Haufe, Heuschochen, eigentlich Bürde, Last, niiiada
* Hiervon die Flur Plantair bei Chur, was die Graubünder seit (".ini-
pells Zeiten immer irrig aus plana terra erklären. Man braucht um das Rich-
tige zu erkennen nur das allchurischc mtintnair (a. 1367) Mohr a. a. C). III 212
zu vergleichen. Das hat in der Urkunde den Sinn von „Schalheerde", ist
also das modern Cliurw. munlancra = lat. montanaria d. i. was sich in den
Bergen aufhält, daher mlat. montanariu» Schafhirt, ein Wort das schon früh
als Personenname vorkonnnt, Z. B. a. 766 ein Mann Montana rius zu Ardez
(Graubünden) Mohr, Cod. di])l. I 15; dann im Codex Wangianus von Trient
in den Fontes rerum Austr. V 209 (a. 1210) ein Montenarius testis ; cbendort
p. 378 ein JMontunarius notarius ; ein Mönch Montanarius im Verbrüderungs-
buch von St. Gallen und Pfeffers (editio Piper, Monum. German. p. 370; etwa
im IX. —X. saec). Ich bin iliesem Namen auch in italienischen Urkunden
begegnet, selbst als Ortsname. Für Letzteres nur einen Beleg. Locus Mon-
tanarium utrumque (a. 1152) bei Vcrcelli Muratori I.e. V211,
572 MISCELLEN. III. ETYMOLOGISCHES.
Bundholz, Leseholz, IJund von Leseholz, nmern das Schlejjpcn,
kommt ohne Zweifel vom ahd. runan (obruere bei Graff, ahd. \Vb.
II 523, 526, mhd. runen belasten, beladen, ein Hindernis machen,
verrammeln durch Zusammenschleppen wegversperrender Gegenstände.
Hierher ziehe ich den Flurnamen Ronadilz bei Schuls (saec. XHI)
Goswin 1. c. 275 neben welchem der Name Ronäd (= ronatum) an
derselben Stelle vorkommt. Das wird wohl eine Örtlichkeit be-
zeichnen, wo Holz zusammengeschlepjjt oder aufgeschichtet worden
ist, was man oberdeutsch einen Schmatz, auch Raum nennt,
von schmatzen hauen, fällen und räumen ::= zusammenräumen.
4. das in vielen Sprolsformen vorkommende runcare {roden,
reuten) hat für unsere Wortart wohl nur wenige Namen aufzuweisen.
Bis jetzt kenne ich nur Rungadulscha bei St. Martin im Enneberg.
Das ist = runcatutia. Es wechseln zuweilen -itium und -utium. So
ist wohl ein altes Ruduzunu (a. 1048) bei Luen an der Landquart (vgl.
Schweiz. Urkundenregister H im Anhang S. 36) gleichsam ruptutionus,
die grofse Reute, denn -unu ist als -imus = ital. one aufzufassen.
Vgl. Mondonus (alias Montonus) saec. X um Verona. Ughelli, Ital.
sacr. V 635; Pratoniis (a. 1034) um Padua, Muratori, Antiq. Ital.
III 203; valloniis (saec. XII) Ughelli 1. c. VII ig6; Caldonus bei Vi-
cenza (saec. XI) Ughelli V 682; dieses aus m\t. caldufn, ital. caldo
Herberge, Schmiede, ein warmer Ort überhaupt. Zu runcare gehört
endlich auch noch die bergamaskische vallecula 7?//«f «■////(? (a.1136)
Lupi, Cod. dipl. Bergom. II 1003.
5. Am Häufigsten kommt ruptitium Neubruch vor. Z. B. vinea
Rutifz (a. 1284) bei Malans. Juvalt 1. c. 94; RiilUz (saec. XIV) bei
Laatsch (Vinstgau) Goswin I.e. p. 272; Rutitsch bei Vicosoprano,
ital. Roticcia, das Ulrich Campell in seiner descriptio Rhaetiae (im
Band VII 249, der Quellen zur Schweizer Geschichte) schon als
rupticium erkannte, trotzdem er sonst in der Weise der Gelehrten
des 16. Jahrhunderts fast immer falsche Erklärungen gegeben hat.
Vinea Rutisch (saec. XIV) Vinstgau, Ferdinandeum XVI 150; ein
Acker genannt Rutiitsche (a. 1350) bei Seewis, Mohr a. a. O. II 409;
petia in Riiisch (a. 1341), im Bergell, Mohr a. a. O. II 352; Reiit-
scheins (saec. XIV) bei Schlins im VABg., Bergmann, Beitr. z. krit.
Gesch. des VABergs, im Band IV der Denkschr. d. Wiener Ak. d.
Wissensch.) d. i. rupticins; Ralschings bei Sterzing, Sinnacher, Bei-
träge zur Gesch. von Brixen IV 352 vermutlich = rupticinias oder
ruptucinnes aus mouilliertem nn hervorgegangen. Der unbetonte
Wurzelvokal unseres Appellativs schwankt, wie zu sehen, auf der
Vokalleiter beliebig hin und her, wie das sowohl in den deutsch-
romanischen als auch ganz romanischen Namen und Wörtern oft
genug vorkommt.
6. Zu vanga (Grabscheit, Spaten), vongare, umgraben, führe
ich anhangsweise noch an: monasterium Vangadttia (a. 1177) Mu-
ratori I.e. II 81; jetzt Badia westlich Rovigo. Im saec. XIII Van-
A. TOBLER, FAINE. 573
gadista (Wiukelmanii, acta imperii inedita I 135), dann Vangadidia,
Vangadigia ibid. 11 g, am Wortende; offenbar graphische Darstellungs-
versuche für die Aussprache des Suffixes.
M. BucK.
III. Etymologisches.
Frz. faine
wird bei Diez unter faggio zwar zunächst auf die afrz. Form fdine
nichtsdestoweniger jedoch auf ein \at. /ägina zurückgeführt, das
seinerseits aus faginea zusammengezogen wäre, und das schon in
den Schlettstädter Glossen auf dem a einen Accent trage. (In der
That liest man dort, in Haupts Zeitschrift V 31g, fägina : ptioch-
chinüi ; aber an solcher Betonung des lat. Wortes war ja auch ohne
diese Glosse gar nicht zu zweifeln.) Diese Darlegung kann niemand
befriedigen : wäre fägina das Etymon, so müfste faine (zweisilbig)
auch altfranzösische Form des Wortes sein, vgl. plantain, provin
(afrz. provain) aus plantaginem, propaginem, und für afrz. faine müfste
ein anderes Etymon gesucht werden ; denn auch faginea kann mit
seinem kurzen i nur ein Wort mit dem Ausgang -eigne geben, vgl.
teig7ie, Sardaigne aus imea, Sard'inia. Littrc hat wiederholt, was er
bei Diez fand, nur den schwer begreiflichen Zusatz sich erlaubt :
faine vient de fägina comme gaine de vägina', als ob es ein vägina
je gegeben hätte. Scheler verweist auf das Adjektiv faginus, be-
rührt aber die Schwierigkeit nicht, die aus der Kürze des i sich
ergiebt. Da ein afrz, zweisilbiges faine sich nirgends findet, sondern
nur dreisilbige Formen fäine, faiiine (so ist vielleicht zu lesen auch
wo die Herausgeber favine geschrieben haben), fauvine, die nfrz.
Form aus fäine hervorgegangen sein kann wie haine, gaine, traine,
chainc, traitre aus häine u. s. w. unzweifelhaft hervorgegangen sind,
so hat man nur für diixz. fäine den Ursprung zu suchen, und dieser
liegt in einem anzusetzenden *fag-ina, dessen Suffix das im Roma-
nischen so fruchtbare -inus, a ist. Aus *fagJna ergab sich fäine
wie afrz. säim aus *sagmen. Die Formen fairine, fauvine sind unter
der Einwirkung der Form fati entstanden, die fagus zuerst ange-
nommen und an manchen Orten lange bewahrt hat. Das Suffix
hat dabt:;i die Kraft, die Herkunft von dem anzudeuten, was der
Stamm angiebt, wie in manchen anderen Wörtern, die gleichfalls
Adjectiva sind oder gewesen sind, und das Wort ist weiblich ge-
bildet wie die Mehrzahl der Fruchtnamen. In aveline ist das näm-
liche Suffix an die Stelle von -ana getreten. Dafs das afrz. Wort
vorzugsweise als Stofiname gebraucht wird, d. h. so, dafs sein Sin-
gular eine unbestimmte Menge von Bucheckern bezeichnet, und
noch heute (wie bei g/and, raisin und andern) dieser Ciebrauch
statthaft ist, darf nicht verleiten dem Suffix kollektiven Sinn zuzu-
574 MISCELLEN. IIF. ETYMOLOGISCHES.
schreiben, wie es ihn in Tenniiif, xauvagine hat; wäre dem so, so
könnte es ja nur eine Menge Buclien keineswegs eine Menge Kckern
bezeichnen.
Frz. moire f.
Dafs das Wort ursprünglich einen aus dem IJaar einer klein-
asiatischen Ziege gewobenen Kleiderstoff bezeichnet habe, ist nir-
gends erwiesen und scheint nur aus einer Etymologie gefolgert,
die ganz unhaltbar ist. Man kennt thatsächlich das Wort nur in
den zwei Bedeutungen: i. ein gewisser Glanz, der durch eine be-
sondere Art von Walzung seidenen, halbseidenen, wollenen, baum-
wollenen, linnenen Zeugen gegeben wird, Wasserglanz ; 2. Zeug,
das diesen Glanz hat.
Das Wort darf nicht getrermt werden von :
1. deutsch Mohr m., das, im Deutschen selbst nicht alt erweislich,
nicht der Ausgangspunkt für das frz. Wort sein kann, dagegen
frz. Fremdwort sein mag mit der gleichen Behandlung des frz.
oi wie in Französ, Conttr.
2. engl, mohair, Haartuch, Kameelgarnzeug, INlohr. Ob in England
das Wort in der That immer einen aus Haar gewonnenen Stoff
bezeichnet hat, oder seine Verwendung infolge einer Mifsdeutung,
die hair darin zu erkennen glaubte, sich nach dieser Richtung
hin gewandelt hat, während es ursprünglich nur überhaupt einen
gewässerten und etwas grobkörnigen Stoff bezeichnete (denn
nur bei einer gewissen Grobkörnigkeit, Rauheit hat die un-
gleichmäfsige Quetschung der Fäden des Gewebes die ge-
wünschte Wirkung), mufs ich dahin gestellt sein lassen. Gewifs
ist, dafs das engl. Wort sehr wohl die Wiedergabe des frz. ?notre
aus der Zeit sein kann, wo frz. oi = onc lautete, wie deutsch
Hoboe das frz. hautbois der nämlichen Zeit ist oder frz. bouee die
in derselben angemessene Schreibung des afrz. boic (Boje). —
Daneben besteht noch engl, moire, gewässerter Seidenstoft'.
3. span. muer oder mm „gewässerter Seidenstoff", das jedenfalls =
frz. moire ist, ein frz. Fremdwort, das sich zu inoire verhält wie
frambuesa zu framboise.
4. ital. amuerro, amoerre, moerre m. „gewässerter Seidenstoff", von
dem dasselbe gilt; das a wird hier das irrtümlich mit dem Sub-
stantiv verbundene a das frz. weibl. Artikels sein. Frz. loi-
leüe geben die Italiener mit toeletta wieder.
Die Frage, ob das Wort dem Englischen oder dem Franzö-
sischen ursprünglich angehöre, wird man schon von vornherein
wenig geneigt sein, zu Gunsten des Englischen zu entscheiden, so
lange die kleinasiatische Ziege mit Namen mo., von der Voltaire in
einer bei Littre citierten Stelle redet, nicht irgendwo nachgewiesen
ist, und aufser ihr auch noch eine Verwendung ihrer Haare zur
Herstellung gewässerter Stoffe. Eine durch Diez, Menage auf Sca-
liger zurückgehende Herleitung des frz. Wortes aus dem Arabischen,
wo mo'iacar einen in der Levante aus Ziegenhaar bereiteten Stoff
A. TOBLER, MOIRE. 575
bedeute, ist durch Devic im Supplement zu Littre dahin berichtigt,
dafs das arabische Wort mokhayyar laute, was die Italiener in der
Form viocajardo (auch mocajarro wird von italienischen Wörter-
büchern angeführt) entlehnt hätten, bei denen es Kamelot heifst
Mir will scheinen, weder das frz. Wort, dessen Bedeutung auch
widerstrebt , noch das engl, mdhair könne daraus hervorgegangen
sein ; das k könnte nicht so spurlos verschwunden und das Wort
müfste dreisilbig geblieben sein.
Die Herleitung des französischen Wortes, das wir wohl bis auf
weiteres als den Ausgangspunkt für das englische wie für das spa-
nische, das italienische und das deutsche Wort ansehen dürfen, wird
erschwert durch den Umstand, dafs es für uns ohne alle Geschichte
dasteht, d. h. keine Zeugnisse aus älterer Zeit bekannt sind, die
etwa auf die Entwickelung der Bedeutung oder die der Form
Licht fallen liefsen. So wage ich denn nur mit allem Vorbehalt
und mit dem Zugeständnis, dafs auch den Anfängen der Technik
des „Wässerns" nachzugehen sein würde, folgendes auszusprechen.
Lat. niarmoreus ist afrz. regelrecht marmoire geworden (wie eboreus
ivoire), das wir als Adjektiv „ittiage i?iarmoire" und als Substantiv
(unsicheren Geschlechts) „/««;- otivre de juannoire" vorfinden. Mir
scheint erlaubt anzunehmen , dafs wie man heute seidene oder
wollene Zeuge, die aus verschiedenfarbigem Faden so gewoben sind,
dafs ein bestimmtes Muster sich nicht ergiebt, ('toffcs marbrees nennt,
so man einmal auch von soie, laine marmoire gesprochen habe, und
dafs wie das zum Substantiv erhobene marhre (denn so, und nicht
?narbre ist an den von Carpentier unter marbretus und den von
Laborde angeführten Stellen zu lesen, wie die Pluralform mabrez,
L Mest. 393 und die mlat. Form marbretus zeigen) für sich allein
einen derartigen Stoff bezeichnet hat, so auch marmoire als Sub-
stantivum in ähnlichem Sinn verwendet worden sei. Zeuge mit dem
blofsen Adjektiv zu benennen, das die Färbung angiebt, ist ja im
Altfranzösischen durchaus üblich gewesen: hone robe de pers, de vert,
unes braies de blatte, chapes de brun. Dieses Substantivum kann aus
einem ursprünglichen Masculinum zu einem Femininum geworden
sein, wie ivoire, das die alte Sprache nur männlich kennt, später
im Geschlechte geschwankt hat (hier hat der vokalische Anlaut
die Unsicherheit erhöht); vielleicht ist es immer weiblich gewesen,
wie wir neben dem männlichen nach der Farbe benannten Zeuge
hlanchet den weiblichen brunete finden. Dieses angenommene *mar-
moire kann endlich seine erste Silbe verloren haben, ein weiteres
Beispiel der Erscheinung sein, von welcher Diez in der Vorrede
des Wörterbuchs unter No. 3 als von ,, Vereinfachung scheinbarer
Reduplikation" redet, und von der nach ihm selbst afrz. faluc (neben
fanfe/ue), freluchc (neben Jan frei tu he) sichere Beispiele sintl , auch
afrz. coule aus cuculla. Ist dem so , daini werden wir von den im
Eingang angegebenen zwei Bedeutungen von moire die zweite als
die ursprüngliche zu betrachten haben. Von moire, sofern es den
gewässerten Stoll" bezeichnet, wird das Verbum moirer abgeleitet,
576 MISCliLLEN. III. KI YMOLOGISCHES.
lind von diesem aus erst wieder das Substantiv moire, sofern es
eine besondere Art der Appretur von (jeweben bezeichnet, ge-
wonnen sein. — Schliefslich sei daran erinnert, wie um der un-
gleichmäfsigen, bunten, auch je nach dem Standpunkte des Be-
schauers wechselnden Färbung willen die Dichter der Alten das
Meer marjtior {aXa fia()fiuQtr/p) genannt haben, und wie anderer-
seits bei einem Zeitgenossen, der von der See auch nicht nach dem
Hörensagen spricht, Pierre Loti (Pecheur d'Islande) sowohl von moire
als von marbrure des Meeres die Rede ist: Cette fois-lä, c'etaient
des moires, rien qiie des vioires changeantes qni jouaient sur la fner ;
des cernes irls Ugers, comme on en ferait en souffla7it conire im mirotr,
61 (vgl. VOise, juoirie de lumiire, courail ä petits flots presses, Rev.
pol. et litt. 4. Sept. 1886, S. 28g); U7ie legh-e brise . . . commencait ä
marhrer par endroils la sur face des eaux jnortes 67; /es lames sctaienl
?narbrees d'abord dhine cciime blanche qui s'elalail dessus en bavures,
76; ceile mer (das rote Meer) avait ä sa surface des marbrures
ronges, 1 1 8 ; il y avait en haut des tiiices diffuses ; elles aväient pris
des formes quelconques . . ./ mais en im point de ce ciel, trh bas prcs
des eaux elles faisaient une sorte de marbrure plus distincte, bien que
ircs lointaine, 176. Allerdings meint Loti mit den zwei Wörtern
nicht dasselbe : moire ist ein breiter Streifen oder ein rundes Stück
Oberfläche, das sich von dem Rest des Wasserspiegels durch andern
Glanz oder durch Mangel an Glanz unterscheidet ; marbrure ist
eine schmale Linie, als welche sich ein dünner weifser (rötlicher)
Schaumstreifen auf der dunkeln Flut darstellt; jenes dürfte man
etwa mit „Trübung", dieses mit „Schaumader" wiedergeben. Doch
scheint mir die Verschiedenheit des Sinnes nicht der Annahme im
Wege zu stehen, es seien die zwei Wörter etymologisch so nahe
verwandt wie inarmorea und ?nar?noratu?-a. — Das afrz. mire, das in
einem von Littre ohne Nachweis des Fundortes angeführten Verse
einen Kleiderstoff zu bezeichnen scheint, und das er (und nach
ihm Scheler) mit ?noire für eins zu halten geneigt ist , müfste zu-
nächst einmal als altfranzösisches Wort erwiesen werden; aber selbst
wenn an seinem einstmaligen Dasein nicht zu zweifeln wäre, würde
es immer noch schwer halten darin eine Nebenform von t?ioire an-
zuerkennen ; frz. oi geht aus lat. / unter Umständen hervor, nicht
aber frz. oi oder i aus gleichen Lauten.
Frz. amadouer, bafouer.
Von amadouer hat Diez mit Recht gesagt, dafs es älter sei als
das Substantivum amadou, das in der That die Wörterbücher von
Nicot 1573, der Akademie in der Ausgabe von 1694, von Trevoux
1704 noch nicht kennen, während sie das Verbum sämtlich auf-
führen; erst 1740 hat die Akademie amadou eingetragen und als
meche faite avec une espece de Champignon erklärt. Das Verbum hat
jederzeit bedeutet „durch Liebkosungen günstig zu stimmen, zu
gewinnen suchen , um den Bart gehen"; das daraus gewonnene
Substantiv, der zum Nomen erhobene Verbalstamra bezeichnet hier
A. TOBLEK, AMADOUER, BAFOÜER. 577
einmal nicht die Handlung selbst, sondern die Sache, die zum Voll-
zug der Handlung dient, etwa wie ragoüt das ist, womit man je-
mandem wieder zum Geschmack an etwas verhilft (on le ragonte),
oder wie span. engrudo von engrudar, nicht unmittelbar den Leim
bezeichnet, sondern das, womit man leimt. Amadoii ist in engerem
Sinne, indem man nämlich nur an eine besondere Art des Hät-
scheins denkt, das, was man sorglich dem Feuerfünkchen entgegen-
bringt um es am Leben zu erhalten und sich dienstbar zu machen.
Welchen Stoß" man dazu gebraucht, bleibt dabei gänzlich unan-
gedeutet ; die Verwendung des Wortes ist darum nur um so sinniger,
phantasievoller. Sind wir bisher mit Diez gleicher Meinung, so
müssen wir uns von ihm trennen, wo er amadouer selbst erklärt;
von dem altn. Verbum mata „atzen" aus ist zu at?iadoue?- nicht zu
gelangen. Nicht allein wegen des d, das an Stelle des altn. got. /
bei Diez selbst Bedenken erregt hat, sondern mehr wegen des uner-
klärlichen ou hinter dem vermeintlichen Stamm, für das Diez sich
früher auf evajtouir, epanouir, afrz. engenouir berufen hatte, in der
3. Ausgabe des W^örterbuchs, nachdem er sich von der Unrichtigkeit
der Annahme einer ,,Einschiebung" von ou in diesen Wörtern über-
zeugt hatte, nur noch hafoiitr anzuführen vermochte, das er als von
beffe abgeleitet zu betrachten fortfuhr. Aber auch in hafouer kann
von einer solchen Einschiebung keine Rede sein ; dieses Verbum
erscheint vielmehr als gebildet mit dem Präfix bes von fo f/ägusj,
das auch für fouet den Stamm bildet, sodafs bafouer (aus besfotier)
wie sinnverwandt so auch stammverwandt mit fouetter ist, nur dafs
es „geifseln" blofs in übertragenem Sinne bedeutet. Diese Er-
wägungen werden auch Suchier (in seiner Anzeige von Lehmanns
Bedeutungswandel, Litt. Centralbl. 1884 No. 50) bestimmt haben
Diezens Etymologie aufzugeben und zu der von Roquefort, wenn
ich nicht irre, zuerst vorgetragenen Ansicht zurückzukehren, ama-
douer komme von südfrz. amadour „Liebhaber", dessen ;- in Langue-
doc verstummt. Mir scheint es bedenklich ein Wort, das gerade
in den Mundarten des äufsersten Nordens heimisch ist, von einem
nur im Süden vorkommenden Stammwort zu gewinnen, würde auch
erwarten, dafs in der Ableitung das ;• des Suffixes wieder hervor-
träte. Besser scheint es mir von der bei Corblet als pikardisch
verzeichneten, auch von Diez angeführten Form amidoukr auszu-
gehen und sich durch sie auf ami doux „lieber Freund" als Etymon
führen zu lassen, dergestalt, dafs a??ndoukr eigentlich hiefse: jeman-
den als seinen ami doux bezeichnen und behandeln, ihm diese
liebkosende Anrede fortwährend zu teil werden lassen. In *ami-
douer konnte das / der zweiten Silbe einem a leicht weichen,
nachdem einmal die Herkunft des Ausdrucks aus der Erinnerung
geschwunden war ; der Auslaut von doux brauchte in einer so spät
entstandenen Ableitung gleich wenig hervorzutreten, wie der von frais
in dcf rayer, der von mauvis in mauviette ; wenn in amidoukr ein /
eingeschoben erscheint, so wird dasselbe entschuldigt durch das
Nebeneinanderbestehen von soul (spr. sou) und soulcr, coucou und
57^ MISCELLKN. III. KTYMOLOGISCHES.
ciiiiconler. Was Ch. Nisard, Curiositcs de l'ctymologie fraiK^aise,
Paris 1863, S. i ül)er die Verwendung von amadoti in der (Jauner-
sprache mitteilt, wonach das Wort ein Färbemittel bezeichnet, das
vorgeblichen Bresthaften ein kränkliches Aussehen zu verleihen be-
stimmt ist, bestätigt, dafs das Wort zunächst ein Mittel bezeichnet
freundlich zu stimmen, gewogen zu machen. LIber die Herkunft
desselben äufsert er keine eigene Meinung.
It. rovello.
Wenn Diez rovello „Ingrimm" von rubellus „rötlich" herleitet, so
ist dagegen von seiten der Laute sicher nichts einzuwenden, hat
doch riibeniem rovenie, cubare covare, gubernat governa, subitide sovente
(wenn dieses nicht ein aus Frankreich gekommenes Fremdwort ist)
ergeben. Um so schwerer ist jenes italienischen Wortes Bedeutung
mit der des lateinischen zu vereinigen. Wenn wirklich bei römi-
schen Dichtern sich findet ira rubens, was ich zwar nicht weifs,
aber um so weniger bezweifeln will als auclrGeibel sagt „es schwoll
der rote Zorn in meinen Adern", so ist damit noch nicht wahr-
scheinlich gemacht, dafs man ein Wort, das „rot", oder vielmehr
eines, das „rötlich" heifst, als Substantivum ohne weiteres zum
Namen des Grimmes selbst habe machen können. Zum mindesten
würde man annehmen müssen, rovello habe einmal bei den Italie-
nern als Adjektiv mit dem Sinne ,,rot" bestanden, von ihm aus sei
man zur Bildung eines Verbums * rovellare oder *rovellarsi ge-
kommen , das man allein oder vorzugsweise vom Erröten des Zorns
gebraucht habe (und von dem das vorhandene ar rovellare ein Com-
positum wäre), und von diesem aus sei zu der weiteren Bildung
des Substantivums rovello „Zorn" geschritten worden. Alle diese
Annahmen, zu denen ich mich schwer entschliefsen würde, werden
überllüssig, wenn man in rovello dasselbe sieht, was Diez jederzeit
in afrz. revel, prov. revel erkannt hat; alle drei sind Ableitungen
nämlich von Verben, die mit lat. rebellare der Form nach zusammen-
fallen und deren Bedeutungen der des lat. Wortes gleich sind oder
sich aus ihr ohne Schwierigkeit ableiten lassen. Afrz. reveler heifst
nachweisbar: i. sich auflehnen: Encuntre mei revelerunl li Saisne,
Ch. Rol. 291; On doit avant felon donter Qu'il ait pooir de reveler,
Ferg. 128,16; 2. Übermut treiben: Lor il rüa cat, soris revielle,
Rieh. 3630; 3. sich belustigen: s'll (der Hirt) lesse les bestes por aler
riveler. Je dt, sil en perl une, qu^il Vestuet resiorer, Jub. NRec. I 364.
Daher revel l. Auflehnung: En ce n^a contenz ne revel Qiiil i ait st bon
?ie si bei, Parton. QO27; Je cuit ke lu Jais par revel Sifaite predication,
Dolop. 389; 2. Übermut: S^en vous avez iant de revel Que vous vos
osissiez co?nbaire, Claris 1952 ; Besoins Jait troter vielles, reviaus vakes
biser, GMuis. II 85; 3. Lustbarkeit: II n'ont nul soing de jeu ne de
revel, Mitth. 216,3. Prov. kommt revelar gleichfalls intransitiv vor
und heifst „sich auflehnen", wie aufser den Angaben bei Uc Faidit
auch folgende Stelle zeigt: Que sai, sim revella (die Geliebte), Noi
a ?nais del morir. Mahn Ged. 144,2 ; in anderem Sinne dürfte es nicht
A. TOBLER, ROVELLO. 579
mehr nachzuweisen sein ; doch heifst prov. revel nicht allein „Aufleh-
nung" sondern auch „Lustbarkeit" wie im Altfranzösischen : E rics
hom ah pauc de revel, Mönch v.Mont. 19,53. Im Italienischen scheint das
übereinstimmende Verbum nicht mehr erweisbar, dafür aber finden
wir hier ein den Schwestersprachen abgehendes Compositum arro-
vellare, welches intransitiv und reflexiv „ergrimmen" heifst und tran-
sitiv „wütend machen" bedeutet; das Substantivum aber hat eine
von derjenigen der Schwestersprachen etwas abweichende Verwen-
dung, indem es den Zustand oder das Thun nicht dessen be-
zeichnet, der gegen jemand sich empört, sondern dessen, der
über etwas empört, entrüstet ist, gegen etwas sich auflehnt, sich
erhebt. Dafs dieser Sinn unbedenklich als aus dem des lat. rebel-
lare hervorgegangen angesehen werden darf, wird man nicht be-
streiten. Die Vertauschung aber des vortonigen e mit 0 kann vor der
Labialis nicht überraschen, vgl. dovere, rovistare, rovescio, piovmio bei
Diez F 175 und provenda, stoviglia (neben den von Caix, Studi S. 43
angeführten Formen, die jeden Gedanken an das Verbum siove
auszuschliefsen scheinen). Ist dem so, dann haben wir in fovello
und in rubello oder ribello den nämlichen Stamm in mehrfacher
Gestalt vor uns und einen neuen Zusatz zu Canellos Verzeichnis
der italienischen Allotropen zu machen.
A. TOBLER.
HE( PENSIONEN UNI) ANZEIGEN.
Moritz Trautmann, Die Sprach laute im allgemeinen und die
Laute des Englischen, Französischen und Deutschen im be-
sonderen. Leipzig, G. Fock 1884— 86. VIII, 330. 8«>.
Wie der Titel zeigt, fällt der Gegenstand diöses Buches mit demjenigen
der innerhalb derselben Jahre erschienenen bekannten Werke von Sievers
(Grundzüge der Phonetik^) und von Victor (Elemente der Phonetik) insoferne
zusammen, als auch Sievers im I. und II. Abschnitte (S. i — 127) die Entstehung
der Sprachlaute behandelt und Victor, allerdings vorzüglich mit dem prakti-
schen Zwecke, Lehrern und Studierenden an die Hand zu gehen, die richtige
Aussprache des Deutschen, des Englischen und des Französischen darstellt.
Aber auch abgesehen von diesen Unterschieden in Umfang und Ziel ist Traut-
manns Buch neben jenen zwei andern zu bestehen berechtigt und empfehlens-
wert ; denn es ist, was das Theoretische und das Kritische betriflft, ganz selb-
ständig und bringt, was das Thatsächliche anlangt, viele neue Beobachtungen.
Der Vortrag ist klar und frisch und hilft dem Leser auch über die trockensten
Stellen des Gebietes hinweg. Ein solches Buch ist wert, dafs man auf dessen
Mängel und auch auf diejenigen Punkte , in denen man , wenigstens heute
noch, verschiedener Meinung sein kann, aufmerksam macht.
Die Vokale bringt Tr. in ein „harmonisches System", indem er aus vier
Vokalreihen diejenigen 14 Vokale als „Grund vokale" auswählt, die mit ihren
Flüstertönen zwei Vierklänge und zwei Dreiklänge geben. Die Aufstellung
fester Mustervokale, denen sich alle anderen als „Zwischenvokale" oder ,, Neben-
vokale" beiordnen lassen, ist ebenso berechtigt und in der Durchführung ebenso
dem Gutdünken des Systematikers anheim gegeben wie die Aufstellung von
Typen und Mafseinheiten überhaupt. Auch das billige ich, dafs Tr. dabei
nicht von den Mundstellungen ausgeht, die ja minder fest und viel schwerer
mefsbar sind, als deren akustische Erfolge. Endlich gebe ich noch zu, dafs
die Wahl von zusammenstimmenden Tönen ganz annehmbar wäre, wenn jeder
Linguist ein musikalisches Gehör hätte. Dennoch ist das „harmonische System"
weder brauchbar noch wahr. Vor allem ist nicht das System selbst harmo-
nisch (S. 45), sondern höchstens — wenngleich auch das nur metaphorisch —
die vier Reihen des Systems, ja auch von diesen nur die Hälfte, weil die zwei
anderen auf Septimenakkorden beruhen, die bekanntlich unharmonisch sind und
daher, wo immer sie in einem Tonstücke vorkommen, zur Auflösung drängen.
Tr. scheint bei der Aufstellung seines Vokalsystems nicht gewufst zu haben
M. TRAUTMANN, DIE SPRACHLAUTE IM ALLGEMEINEN ETC. 58 1
(vgl. S. 54 und 326), dafs die drei Terzen des Septimenakkordes verschieden
{Schwingungszahlenverhältnisse: */^, ^/e, ^^32) und die dazwischenliegenden „gan-
zen" Töne durchaus nicht „das Mittel" (S. 54) der benachbarten Töne des Akkor-
des sind (z. B. H : c = '^/jg, aber c : d = ^/g). Bei der temperirten (nicht natür-
lichen) Stimmung wird die Sache nicht viel besser : man setze nur statt der
|3/ |4 / |4 ,■ 1 2/ 16 /
genannten fünf Brüche die Zahlen I/2, 1/2, 2, I/2 und / 2. Allein
wenn schon die typischen Vokale des Systems nicht in gleichen Abständen
gewählt sind, sondern nach den Tönen eines Akkordes, so könnte ich mich
dazu nur dann verstehen , wenn die Flüsterprobe , bei der diese Töne zum
Vorschein kommen sollen, verläfslich wäre. Das ist sie aber nicht. Seit dem
Erscheinen der ersten Bogen unseres Buches (1884) habe ich gewifs schon
hundertmal mit der Reihe u, o, o, a die Flüsterprobe (oder die Hauchprobe,
die denselben Dienst leistet) angestellt und nachher jedesmal an meinem Har-
monium, also an einem Instrumente von unverrückbarer Stimmung, nachgesucht,
auf welchem Grundtone mein Septimenakkord stand — denn einen richtigen
Septimenakkord dabei herauszubringen gelingt immer, da man ja o, o, a leicht
mit der erforderlichen Weite und Enge nehmen kann. Der Grundton (also der
Flüsterton des u) schwankte zwischen Ci und gj, somit innerhalb einer ganzen
Quint. Was dabei entscheidet, habe ich nicht näher untersucht; nur das
scheint mir sicher, dafs die Einstellung des Kehlkopfes auf einen gewissen
Stimmton (obwohl dieser beim blofsen Flüstern oder Hauchen des Vokales
nicht angeschlagen wird) dabei im Spiele ist. Dafs Tr. g, für u angiebt, wird
daher kommen, dafs seine Stimme höher liegt und einen geringeren Umfang
hat, als die meinige. Da es nun Philologen vom 2. Bafs bis zum i. Tenor giebt
— Alt und Sopran wage ich gar nicht in diese prosaische Diskussion zu
ziehen — so ist die Flüsterprobe unbrauchbar. Dafs ein auf ihr beruhendes
Vokalsystem überdies nicht dem Wesen der Vokale entspricht, ergiebt sich
sofort aus dem Umstände, dafs nicht nur die Höhe der Obertöne, sondern
auch deren Anzahl und Stärke den Vokalklang bestimmen (Ann. d. Phys. u.
Chemie, N. F. XXVH 94 ff.). Ich will hier gleich das abthun, was ich noch
vom akustischen Standpunkte aus gegen Tr. vorzubringen habe. i. Die Ober-
töne nehmen nicht einfach mit der Höhe ab (S. 2); das ist bei verschiedenen
Klängen verschieden. 2. Nicht die ersten sieben Obertöne sind harmonisch
(S. 2), sondern die ersten fünf, dann 7, 9, il, 15 . ., allgemein 2" — i, 2". 3 — i
und 2". 5 — I, wobei n eine ganze positive Zahl bedeutet. 3. Dafs die Schwin-
gungen beim blofsen „Hall" eines Hohlraumes nicht „voll" seien (S. 3), ist
mir unverständlich ; sollen sie denn Phasen überspringen ? 4. ,, Singt oder
spricht man", sagt Tr. S. 35, um das akustische Wesen des Vokalklanges
durch ein Beispiel zu erklären, „auf den Ton c, der 132 Schwingungen in der
Sekunde macht, ein u, dessen Hall auf ga steht, so wird dieser Hall 132 mal
in der Sekunde wiederholt". Das gäbe 132 . 132 . 2 . 3 = 104544 Schwingungen
in der Sekunde ; das ist fast gis.j , oder vielmehr gar kein Ton , da für so
rasche Schwingungen das menschliche Ohr nicht eingerichtet ist. Es gehl
denn auch gar nicht an, die Scliwingungszahlen von Grundton und Oberton
in dieser Weise in Rechnung zu bringen; das wäre ungefähr so, als ob je-
mand sagte : Wenn ich in jeder Sekunde vier Schläge auf den Tisch mache
und du gleichzeitig sechs auf meinen Rücken , so werden wir 4 . (> ^ - 2.\
Zfitsclir. f. rom. l'hil. X.
38
582 kKCKNSIONEN UND ANZKIGEN. TH. GARTNEK,
Schläge in der Sekunde hören. 5. Bei den geniiselten Vokalen soll die Flii-
sterprobe „wegen des doppelt so grofsen Hailraumes" um eine Terz tiefere
T(")ne ergeben (S. 45). Wenn wirklich dieses einfache Raumverhältnis vor-
läge, so müfsten die Nasallaule um eine ganze Oktav tiefere Flüstertöne geben
als die entsprechenden reinen Vokale; da aber bei verschiedenen Vokalen
der Mundraum verschieden grofs ist, mufs die Einbeziehung des Nasenraumes
bei der Nasalierung aucli verschieden viel ausgeben, beim u viel, beim o
weniger, beim a am wenigsten. Dies bestätigen meine Versuche; aber gegen
i hin finde ich die geflüsterten Nasalvokale sogar etwas höher als die reinen
Vokale — doch genug des Gellüsters. Tr. mifst auch in der Konsonanten-
lehre akustische Schwingungen, indem er „die Tonhöhe der Grundgeräusche"
bestimmt. Ich verstehe nicht aus diesen Bestimmungen Nutzen zu ziehen;
vielmehr scheint mir, dafs „die Tonhöhe der Grundgeräusche" viel weniger
von der Art der Konsonanten selbst abhängt als ,,von den benachbarten Lau-
ten" (S. 79). Was soll dann die „durchschnittliche Tonhöhe der Grund-
geräusche" für einen Wert haben, und wie kann man sie „stets mit voller
Sicherheit angeben"? Die Konsonanten sind we.sentlich Geräusche, da hört
das Rechnen auf. Über die Einteilung der Konsonanten habe ich nur zu
bemerken, dafs Tr. 1, m, n, rj unter die Verschlufslaute d, b u. s. w. einreiht,
weil in la, ma, na, »;a bei dem Übergang zu dem folgenden Vokale ein diesen
Lauten eigenes Klappen gehört werde, geradeso wie bei da, ba u. s. w. Diese
Beobachtung ist richtig; aber in al, am, an, a?;, amp, ant, aj^k bedarf es nicht
des Klappens, und ich möchte daher nicht sagen, dafs das Klappgeräusch
,, unzweifelhaft den Hauptzug im Wesen der betreffenden Laute bilde" (S. 98).
AVesentlich kann nur das sein, was nie fehlt, d, i. bei 1 das zitterige Reibe-
geräusch in der seitlichen Enge am Zungensaum, bei m, n, 7/ die Nasenstimme
(oder nur der Hauch durch die Nase"! bei bekanntem Mundverschlufs. Für
jene sehr häufigen 1, m, n, rj ohne Klappgeräusch hat Tr. keine Stelle im
System vorgesehen. Zur Phonetik im allgemeinen nur noch eine Bemerkung.
Die Begriffsbestimmung, ein Sprachlaut sei ein solches Schallerzeugnis des
Sprachorgans, welches vom Ohr als eine Einheit empfunden werde, reicht
zwar dazu aus, ein nach Brücke (Grundzüge ^ 82 f.) erzeugtes s für einen ein-
heitlichen Laut zu erklären; aber über das tschech. r, das slav. „weiche" t,
das ital. „palatale" c, das deutsche z, das (behauchte) deutsche k werden die
Ohren verschiedener Völker widersprechende Urteile fällen. Der Verstand
mufs da angerufen werden, nicht das Ohr. Neben dem eigenen Systeme bringt
Tr, auch die Systeme Anderer vor und fällt recht lesenswerte Urteile über
sie. Der Einwand, dafs die Vokalsysteme Anderer nicht harmonisch seien
(Böhmer und Kräuter gegenüber der einzige Vorwurf) bedeutet freilich nichts.
Der zweite Teil, worin die besprochenen Laute an den drei im Titel
genannten Sprachen, als an den bekanntesten Beispielen, vorgezeigt werden,
scheint mir noch wichtiger und nützlicher als der erste. Zur Darstellung der
englischen Laute hat A. Schröer, der hierin besonders bewandert ist, einiges
angemerkt (Litteraturblatt 1886, 419 ff.). Die französische Orthoepie steht,
wie bekannt, ohnedies ziemlich fest; nur in drei Stücken kann ich Tr. nicht
beistimmen. Dafs stimmhafte Konsonanten vor stimmlosen selbst in stimm-
lose übergehen können (ch' te dis neben je te dis, apsent statt absent) habe
ich oft erfahren, aber das Gegenstück, wie chagjour {chaque jour S. 133),
M. TRAUTMANN, DIE SPRACHLAUTE IM ALLGEMEINEN ETC. 583
ist mir unbekannt. Eie Endsilben von Wörtern wie honte (S. 208), ayni
(S. 218) habe ich immer kurz gehört. Das r endlich ist in Paris nach meinen
Beobachtungen nicht „ein wirklicher, aus mehreren Schlägen bestehender"
Zitterlaut (S. 241), sondern ungefähr derselbe Reibelaut wie im Berliner Deutsch;
das bühnenfranzösische r ist allerdings ein Zitterlaut, aber vermutlich bei
allen Schauspielern das Zungen - r, wiewohl ein ebenso deutlich zitterndes
Zäpfchen-r vom Zungen-r aus der Entfernung nicht leicht zu unterscheiden
ist und daher in vielen Gegenden unbemerkt daneben bestehen mag. Wer
das Zungen-r zu gebrauchen gewohnt ist, findet das wirkliche (aus mehreren
Schlägen bestehende) Zäpfchen-r schwierig, und umgekehrt; deutlich ver-
schieden von beiden r (aber nicht schwierig) ist das uneigentliche, nicht aus
mehreren Schlägen, sondern aus einem zitterigen Reibegeräusch bestehende
r der Berliner und Pariser. Nach Vokalen (aber nicht zwischen Vokalen) hat
dieses uneigentliche r in Paris erst einen Anlauf zur Vokalisierung genommen,
während die Berliner, wie die Engländer, das r in solcher Stellung schon ganz
vokalisiert haben (wenn auch nicht in gleicher Weise). Das aus einem ein-
zigen Schlage bestehende r in engl, very, bring, span. brazo mag als eine Ab-
art des zitternden Zungen-r angesehen werden; ein gleichzeitiges Zischen
habe ich bei dem engl, r nur nach d und t gehört Tr. beschreibt auch das
engl, r nach b, p, g, k als einen Zischlaut , und Schröer a. a. O. wendet da-
gegen nichts ein). Soweit meine Erfahrung. Es scheint, dafs Tr. all diese
Arten der Aussprache des r kennt ; aber über deren Vorkommen macht er
meiner Erfahrung widersprechende Angaben. Das Rätsel wäre gelöst, wenn
ich vermuten dürfte, dafs Tr., so wie ich selbst viele Jahre lang, das zitternde
Zäpfchen-r von dem ähnlichen Zungen-r nicht unterscheiden könnte; aber be-
schrieben hat er die Bildung jenes Lautes ganz richtig (S. 94).
Eine allgemeine deutsche Orthoepie wird erst angebahnt; der Phonetiker
mufs daher alle aus dem Deutschen entnommenen Beispiele mit Vorsicht auf
nehmen, weil ja auch Deutsche nicht die deutsche Gebildetensprache aller Gaue
kennen, geschweige alle Mundarten. Was zunächst die Musteraussprache betrift't,
die Tr. vorschlägt, so möchte ich mich gegen jede Erschwerung aussprechen.
Warum soll die jetzt so weit verbreitete Regel ,, Langes betontes e (und ä)
ist geschlossen, kurzes offen" nicht gelten.'' Dafs diese e (und ä) verschiedener
Herkunft sind, wissen wir; dafs sie in der Schreibung durchaus nicht der Her=
kunft gemäfs auseinandergehalten sind (wie zufallig in See, jemand, nehmen,
Hände, nähmen = mhd. se, ieman, nemen, Iiende, namen), ist auch bekannt;
um nun die den meisten Gebildeten fremde (und nicht einmal zureichende)
Regel ,,Brechungs-e ist oflen, Umlauts-e geschlossen" anwenden zu können,
müfsten alle, die nicht zulallig eine Mundart genau kennen, welche diese zweierlei
e unterscheidet', Germanisten werden, wenn sie deutsch reden lernen wollen.
Ich denke, wir verzichten lieber auf das lange offene e. Diesen Laut sprechen
übrigens viele Deutsche in Nord und Süd, vielleicht die Mehrzahl, regel-
mäfsig vor r, wie in lehren, leeren, Ehre, Ähre. Andere, besonders Land-
schullehrer, glauben, e sei geschlossen, ä offen auszusprechen, und ahnen nicht,
wie willkürlich und wertlos die Schreibung in diesem Punkte ist. In einigen
' Auch das würde nicht hinreichen, ila keine Mundart ilen ganzen Wort -
schal/, der Schriftsprache besitzt.
584 RFXRNSIONKN UNI) ANZEIGEN. A. GASPARY,
Fremdwörtern unbetonte Silben lanj,' auszusprechen (Drama, Sofa, Pavian,
S. 274) fällt keinem Süddeutschen ein, auch im Norddeutschen schwankt das
sehr; es wird wohl vergeblich sein, derlei regellose, oder doch sehr schwer
erlernbare Längungen allgemein zu verbreiten. Die Aussprache des unbetonten
e möchte uns Tr. gar schwer machen : dlzar, dizis, dizum, dlzon, dlze u. s. w.
sollen wir das Pron. dieser deklinieren , und er fände das anmutend, edel
und schön (S. 276). Da werde ich doch lieber gleich ein Magyar. Die Aus-
sprache von er (und äu) wie av kennt Tr. nicht (S. 268), und doch gilt sie,
soviel ich weifs, von der Ostsee bis zur Adria für die richtige. Marie im
Nominativ habe ich noch von keinem Deutschen „dreisilbig" (S. 299) gehört.
Wo Tr. mit Recht das häufigere und regelmäfsige Grab, grob u. s. w. em-
pfiehlt (S. 255), vermisse ich die Ausnahme Stadt, Städte. Gerne möchte
man wissen, wie Tr. die vielen griech.-lat. Wörter auf -ik ausspricht: er sagt
S. 269 Katholik, Musik, S. 278 Logik. Es wäre dringend zu wünschen, dafs
die deutsche Orthoepie von Berlinern in die Hand genommen würde; denn
dafs der Aussprache der Berliner Gebildeten die Zukunft gehört, ist klar ; es
fragt sich nur noch, wieweit die Berliner Eigentünjichkeiten etwa abgeschliffen
werden. Über die süddeutsche Aussprache ist Tr. nicht ganz gut unterrichtet.
Zwischen Vokalen und in gewissen Fällen nach 1, m, n, r sind stimmhafte s
(d. i. z), b, d, g, v in süddeutschen (nicht mitteldeutschen) Mundarten und im
Gebildetendeutsch des Südens allgemein; lieke, leke (S. 319 u. ö.), Esel(S. 299),
reisen (gleich wie reifsen, S. 301), finten (S. 283) ist mir fremd, und an der
Aussprache Ente (st. Ende) erkenne ich sofort den Egerländer. Wahrschein-
lich war Tr. durch das Gespenst der stimmlosen Media irregeführt. Das k
ist im Anlaute vor Vokalen (S. 279) auch im Süddeutschen behaucht. Der
Lautbestand des Süddeutschen wird S. 313 ff. viel zu klein angegeben. Von
den neun Stücken, in denen die nhd. Schriftsprache gerade mit dem Ober-
sächsischen übereinstimmen soll (S. 253), hat fünf auch das Bairische mit ihr
gemein.
Die Lautzeichen sind gut ausgedacht ; aber wenn sie Tr. auch für besser
hält als alle schon bestehenden und bekannten, so hätte er sich doch sagen
sollen: Das Bessere ist des Guten Feind. Für jedes Buch ganz neue Zeichen
lernen zu müssen ist Zeitverlust. Über die eigentümliche Art, wie Tr. neue
Kunstausdrücke schafft, hat Schröer a. a. O. das richtige gesagt. Hingegen
mufs ich mich noch aufs nachdrücklichste dagegen versvahren, dafs Männer von
der Stellung und dem Fache Tr. den Sprachgebrauch absichtlich und nach Gut-
dünken brechen. Wir „in der Südostecke", wie Tr. uns Deutschösterreicher
gerne bezeichnet, bemühen uns aufzupassen, welche Ausdrücke, Nebenformen,
Konstruktionen, die wir täglich hören und lesen, zufällig nur bei uns vorkommen,
und vermeiden sie dann ängstlich ; und ein solcher Deutscher aus der Südostecke
mufs Anderen Provinzialismen und sprachgeschichtli<;he Liebhabereien vor-
werfen? „Willis seine", „Merkel seinen", „Lepsius seine", „Rapp seins",
„lass ich", „erinner ich", „bezweifl ich", „uertnittlen" , „hinum" schreibt man
nicht, nicht einmal in der Südostecke ; „polisch" statt polnisch, „mehren" statt
mehreren ist ebenso falsch, wie es irz. polais und plus statt polonais und plu-
sieurs wäre; „stak" ist selbst vom geschichtlichen Standpunkte aus zu ver-
werfen; überdies sind alle die historischen Anwandlungen wie „dosen", „fli-
stern", „betauern", „leschen" vielmehr Anachronismen.
d'ancona e d. comparetti, antiche rime volgari. 585
Hoft'entlich wird recht bald der im Vorworte versprochene zweite Band
nachfolgen, der die Lehre vom Wort und vom Satze behandeln und, da dieses
Feld weniger bebaut ist, ohne Zweifel noch mehr wertvolle Beobachtungen
und neue Ansichten darbieten wird als der erste.
Th. Gärtner.
Le Antiche Rime Volgari secondo la lezione del Codice Vaticano 3793
pubbl. per cura di A. D'Ancona e D. Comparetti. Vol. IV, Bologna.
1886. 8". 423 S.
Der 4. Band der Antiche Rime Volgari enthält den ersten Teil der
Sonettsammlung; mit dem nächsten Bande wird die Publikation der grofsen vati-
kanischen Liederhs. vollendet sein. Man kann annehmen, dafs D'Ancona froh
sein wird, sich endlich von dieser Arbeit zu befreien ; denn bei der Art der
Gedichte und dem Zustande der Überlieferung war der Abdruck des vatika-
nischen Codex in Wahrheit ein Werk der Abnegation, welches viel Mühe und
Zeit kostete, ohne den Herausgeber völlig befriedigen zu können. Ein kor-
rekter Text war nicht beabsichtigt und vielfach unmöglich ; nicht Geringes ist
allerdings für die Herstellung der Lesart geleistet, und mehr als man auf den
ersten Blick sieht, da es in so bescheidener und zurückhaltender Weise ge-
schah. Jedenfalls hat D'Ancona die Genugthuung, dafs seine mit der Publi-
kation gehegte Absicht im vollsten Mafse erreicht worden ist. Das Material
für ein Studium der ältesten italienischen Lyrik wurde hier eigentlich erst
recht eröffnet ; die Reproduktion anderer Hss. ist durch diese angeregt worden ;
die wissenschaftliche Beschäftigung mit den Texten nahm einen bedeutenden
Aufschwung, so dafs D'Ancona's Antiche Rime Volgari für die italie-
nische Litteratur- und Sprachgeschichte wahrhaft epochemachend geworden sind.
Die Dichter, von denen dieser 4. Band die meisten Poesieen bietet, sind
Guittone, Chiaro Davanzati und Monte Andrea. Die Sonette Guittone's waren
fast alle schon gedruckt; manche erscheinen hier in besserer Ordnung, wie
die lange Corona über die Kunst zu lieben (No. 406 — 429), welche nicht, wie
bei Valeriani, durch Fremdartiges unterbrochen ist; auch fehlte im früheren
Drucke das letzte der Sonette. Von Monte's Sonetten sind viele, wie die
schon von ihm bekannten Gedichte, voll von verzweifelten Klagen über Liebes-
schmerz und Unglück. Die gelungensten Gedichte Chiaro's, das vom Vöglein
(354), die Abweisung der Dame (580), der Vergleich derselben mit dem Lichte
(566), die Piazersonette (578 f., 585 — 592) waren bereits von Massi, Trucchi
und von D'Ancona selber veröffentlicht worden ; doch kommen hier manche
von einer damals seltenen Frische und Anmut hinzu, wie die Schilderung der
wechselnden Empfindung beim Kommen und Gehen der Geliebten (54«)) oder
die Abschiedsscene (550). Viele der neu edierten Gedichte zeigen wiederum
Chiaro's Vorliebe für die konventionellen Vergleiche, besonders mit Tieren;
um sie dreht sich eine ganze Reihe von Sonetten (558 tV.). Noch mehrere
andere toskanische Dichter der tlbergangszeit lernen wir in diesem Bande ge-
nauer kennen, Maestro Rinucino, Ser Cione, der sich durch besondere Dun-
liclhcit auszeichnet, und eine Anzalil Ungenannter.
586 KECENSIONEN UNI) ANZEIGEN. A. GASI'AKY,
Die interessantesten Stücke dürften die Tenzonen sein ; man erkennt
immer mehr, mit welcher Vorliebe diese provenzalische Gattung in Italien,
hauptsächlich in Toscana angebaut wurde. Indessen ganz ricluig war, wie
sich nun gezeigt hat, die Annahme nicht, dafs die südlichen Lyriker das Streit-
gedicht noch nicht nachgeahmt haben. Monaci hatte kürzlich eine Tenzone
zwischen Pier della Vigna, Jacopo da Lentini und Jacopo Mostacci bekannt
gemacht. Zu Anfang dieses 4. Bandes der Antiche Rime Voigari finden
wir eine solche von 5 Sonetten zwischen dem Abate di Tiboli und Jacopo da
Lentini, über die Gottheit Amore's, welche der Abate verteidigt, und Jacopo
ableugnet. Das erste Sonett des Abate (326) enthält in einem Verse deut-
liche Anspielung auf Guiraut de Calanso's Allegorie der Liebe (A leis cui am
de cor e de saber), welche auch Guido Cavalcanti gekannt zu haben scheint
(s. Lit. Bl. für germ. u. rem. Phil. 1886, col. 336 f.); der Abate sagt: E son
montato per le quatro scale, und Guiraut vom Palast der Minne : E poiai hom
per qatre gras viout les. Im Übrigen aber zeigt das Gedicht keine Beziehung
zu dem Guirauts ; die Liebespfeile sind nicht aus letzterem , sondern nach
Ovid. Das i. Sonett Jacopo's (327) ist auch nsrch der Hs. Chigi gedruckt,
bei Molteni und Monaci No. 519, und die Vergleichung ergiebt einige un-
zweifelhafte Verbesserungen der Lesart, v. 6:
C'Amore äde ira im se richiosa.
Statt des sinnlosen ade ira hat die Hs. Chigi das Richtige: ä deitä, und v. 12
liest sie; E Dio in vanitä non vi po stare, statt Ed io in vanitä non vo' pih
Stare, welches nicht in den Zusammenhang pafst.
Wenn man sieht, wie mit die ältesten Sonette gerade Tenzonen ange-
hören, und wie die letzteren so häufig waren in Toscana, in derselnen Zeit,
wo das Sonett eifrig kultiviert wurde, so könnte man auf den Gedanken kom-
men, dafs dasselbe überhaupt seinen Ursprung der Tenzone verdanke ; die ein-
zelnen Strophen der Tenzone hätten sich losgelöst, weil sie eben von ver-
schiedenen Dichtern herrührten, wären zu coblas esparsas geworden, und dann
einmal daran gewöhnt, hätte man auch andere coblas esparsas gedichtet. Doch
ist das eine blofse Hypothese. In den beiden Tenzonen, an denen südliche
Dichter teilnehmen, sind die Antworten nicht auf die Reime (in No. 328 ist
der eine Reim allein beibehalten). Das war nach der italienischen Reimweise
der Canzone, wo die coblas unissonans so selten sind, ganz natürlich. Später
ward die Beibehaltung der Reime das Gewöhnliche, um eben damit den Zu-
sammenhang der Gedichte schon äufserlich zu kennzeichnen; bei längerer
Reihe von Sonetten kommt es aber vor, d?ifs nur die ersten auf die Reime
sind ; in 679 ff. sind es nur die Ouadernarien. Übrigens linden sich bekannt-
lich auch bei den älteren Toscanern Beispiele für völlige Erneuerung der
Reime, so in diesem Bande selbst No. 623 f.
Eine andere Tenzone von 2 Sonetten mit verschiedenen Reimen (331 f.)
ist anonym, könnte aber ebenfalls von südlichen Dichtern sein, da Sonette
Jacopo's von Lentini vorangehen und nachfolgen. Auch sie beschäftigt sich
mit der Gottheit Amore's, welche geleugnet wird ; es war ein beliebter Gegen-
stand, den wiederum dann Chiaro Davanzati und Pacino di Ser Filippo An-
giolieri in 9 Sonetten behandelten (670 ff.). Hier ist aber der Schlufs religiös;
der Einflufs der in Guittone's Schule herrschenden moralisierenden Richtung
M'ird sichtbar; Pacino giebt zu, dafs Liebe in der Gottheit sei, nur die sinn-
D'ANCONA E COMPARETTI, ANTICHE RIME VOLGARI. 587
liehe Liebe habe nichts Göttliches, und Chiaro erklärt, er habe eben jene
reine, göttliche Liebe gemeint. Der Streit dreht sich also um ein Mifs-
verständnis, während beide Teilnehmer im Grunde einig waren. Ähnlich ist
es in der Tenzone von 8 Sonetten zwischen Rinucino und Pacino, 625 ff.,
wo sich der erstere nur schlecht ausgedrückt hatte ; er möchte, sagte er, Amore
sollte alle verliebt machen, und meinte, er solle stets den Geliebten auch
liebend machen; dagegen konnte Pacino nicht viel einwenden; aber es wird
erst nach langem Hin- und Herdrehen klargestellt. Die Tenzone von 13 So-
netten, 633 ff. über die Frage, ob Demut oder Zwist die Liebe mehr fördert,
iindet zwischen Chiaro Davanzati und Monte Andrea statt, schliefst aber mit
3 Sonetten von Maestro Rinucino ; das erste Sonett Chiaro's ist ein devinalh.
Ein Gespräch persönlichen Inhaltes zwischen Schiatta di Messer Albizo und
Monte umfafst gar 24 Sonette (646 — 669). In diesen langen Diskussionen
ist es auch Sitte, dafs jeder der Unterredner, um mehr Raum für Aufserung
seiner Meinung zu erhalten, zwei Sonette hintereinander für sich nimmt, und
in der Tenzone 695 ff. antwortet Ser Cione mit 2 Sonetten auf das eine von
Francesco da Camerino.
In den Liebestenzonen mit der Dame antwortet natürlich meist der Dich-
ter selbst im Namen der letzteren ; aber es kommt auch vor, dafs ein anderer
Dichter diese Rolle übernimmt, in 686, wo Cione statt der Dame Monte er-
widert. Dieses kann zur Unterstützung der von Borgognoni kürzlich (Nuova
Antol. 16 luglio, 1886, p. 209 ff.) ausgesprochenen Vermutung dienen, dafs
alle Frauen beigelegten italienischen Lieder dieser alten Zeit in Wirklich-
keit von Männern in ihrem Namen verfafst seien, so auch die der Compiuta
Donzella.
Das Sonett erfuhr bei den Toskanern mancherlei Umgestaltungen; doch
finden sich in diesem Bande nur erst für wenige die Beispiele. Die Erweite-
rung der Quadernarien auf 10 Zeilen mufs Erfindung Guittone's oder Monte's
sein ; der letztere verwendet sie fast immer, antwortet sogar in der Tenzone
mit 16 Zeilen auf die 14 seines Gegners. Sonst haben wir hier nur noch 2
derartige Sonette, eines von Schiatta di Messer Albizo, 651, und eines von
Paolo Zoppo, 693. Doppelte Sonette von 28 Zeilen sind 501, von Maestro
Francesco, und 621 f. von Monte Andrea; alle drei sind dabei Gespräche
(cüblas tensonadas), also gleichsam ein Sonett mit Antwort zur Einheit ver-
bunden, in einander geschoben. Chiaro's Sonette habe einige Male eine coJa
voll eigentümlicher Form, nämlich zwei 14 silbige Verse mit Binnenreim in
der Cäsur, oder, wohl richtiger, 4 kreuzweise gereimte Septenarien, 599, 600,
602, 678 ; in dem letzten nennt es der Dichter selbst ritornello , sowie auch
Antonio da Tempo und Gidino da Sommacampagna thaten ; 677 von Pacino
hat eine coda von 4 Undenarien in der Reimordnung ABBA.
Allerlei Künsteleien und Spielereien der Form sind auch in Akw hier
neu edierten Gedichten wieder nicht selten, vor allem die rinw equivociu- und
damit der dunkele Stil. Devinalh ist aufser dem schon genannten 633 auch noch
575, gleichfalls von Chiaro. 519 von Ser Cione besteht ganz aus bisticci. Mafs-
lose Häufung der Binnenreime, sodafs deren 2 und 3 in einen Vers fallen,
haben wir in 495, von Bonagiunta, und 640, von Chiaro. In 449 von Guit-
tone ist jeder Vers ganz wiederholt, statt eines auf ihn reimenden Verses.
509, von Maestro Rinucino, ist etwa ilas, was die Lfvs d'aniors (I 284 und
588 KKXHNSIONEN UND AN/KK;K\. A. fiASI'AKV,
III 164) cobla recoriiativa nennen, d. h. das Anfanjjsworl des Ver.ses ist selbst
oder durch {,'leichlaulende Komposition kürzerer Worte (asteciu nach der Ter-
minolofiie der alten Metriker), teils am Ende, teils im Verse, wiederholt.
Merkwürdig sind die Reime gegen den Wortaccent, die allerdings auch
sonst provenzalisch und italienisch bekannt waren , aber hier bei Monte An-
drea besonders oft begegnen. 531,7 reimt t 'gli ö in männlichem Verse (von
10 Silben) auf die weiblichen doglio. foglio, u. s.w. 535,12 com pec'o auf
meco, cUco: Ahi chi 'mprima mi vide, com peco
Lasciarmi vita, tal dolor ritenni.
„o wie sündigte, wer mich zuerst (bei der Geburt) ei blickte, dafs er mir nicht
gleich den Tod gab, mich zu soviel Elend aufsparte!" — In solchem Zwie-
spalt mit dem Wortaccente scheint Monte gerade eine besondere Kunst ge-
sucht zu haben, da er garnicht immer durch Not herbeigelührt ist. 538,15:
dnime, reimend auf me, und hier ist wirklich animi zu betonen, wenn man
richtigen Vers erhalten will. Palamidesse reimt 688 : tiova : Gcnova : ardendo
va, und : Po : po : temp' u : divämpo ; Monte in der Antwort dazu, 689 : pro-
va : comova : coino va, u. s. w. und 692: vesta : dove sia : come sta : co me sta.
Ich lasse schliefslich noch einige Verbesserungen und Bemerkungen zu
einzelnen der Gedichte folgen:
No. 334 steht auch bei Nannucci, Man.l 119. Von 335, die beiden
ersten Verse bei Carducci, Intorno ad alcune Rime dei See. XIII e XIV
(Imola, 1876), p. 21, aus Memorial von 1310. 339 bei Valeriani II 167, als
vom Conte di Santa Fiore. 348 stand eingeschoben in eine Canzone im
I.Bande D'Ancona's, No. 29, wie Borgognoni entdeckte, und dieser hatte
dann das Sonett publiziert in seinen Studt d^erudizione e d'arte II 203. 354,
bei Nannucci 206, nach Massi.
361,7: Cosi a voi mi son dato ed ö priso
Per forza di belleze veraraente.
1. e db priso „ich habe mich gefangen gegeben und gebe mich noch".
366,12 wohl statt E disperando : Ed isperando.
375,12 f.: Ma tutto tengna ben di colpa fore,
Oime che sforzatamente fa mateze.
1. . . .fore Om che . .. „obgleich ich für schuldlos halte den, welcher ge-
zwungen Torheit begeht".
379,5 1. j'z' statt s).
386,8 1. sudoztone (d. i. seduzione).
389 steht auch im Cod. Palat. 418, als von Ser Face.
397,3: E l'eprestasso; in vol. III, ist gedruckt lepre tasso 252,50 und
255,7, in vol. II 130,69: il pretasso (Hs. ile pretassd). Man sieht hier nun,
dafs es sich um einen Vogel handelt. Liest man die verschiedenen Stellen,
so wird man erinnert an Peire Vidals (32,32):
Plus que r auzels qu' es noiritz lai per Fransa,
Quant hom 1' apel' et el respon coitos
E sap qu'es mortz ....
und D'Ancona 255,7: Fo come lepre tasso odo che face,
Che trage a chi l'appella per amore,
Tant' h di fedel core,
Che va a morire ....
d'anconi e comparetti, antiche rime volgari. 589
411,11 1. poi )io'nd'ä podere, statt non da, die Dame will ihre Neiguuj^
nicht zeigen, wenn sie keine Möglichkeit hat, den Geliebten zu erhören. Da-
her auch V. 14: s'e tempo e sa cherere, sie macht ihm durch ihre Miene Hofl-
nung nur, wenn Zeit dazu ist und er zu bitten versteht.
415,4: E' si vuol, im Sinne von E^ bisogna, wie in v. i, und so auch
414,4: La donna si vuol guardi „sie mufs zusehen".
416,6 1. sl grazioso, statt sia; ib. 14: ä V tneritato ina^ito ,,sie hat ihn
dann sehr belohnt".
496 beginnt :
Allo stetar non e simile pena,
Quando l'amante gioi d'amor atende.
D'Ancona ändert in stentar, wie ich glaube mit Unrecht. Siettare und a-
stettare statt aspettare findet sich wiederholt. So in einer Ballade Ser Pace's
[D^amor nulla pesanza), die nach Cod. Palat. 418, in Propugnat. XVIII 2**,
pag. 443 steht :
E termine assignando
Con temporale diceste k'eo astectassc.
Das Substantiv stettatnento, bei Lotto di Ser Dato, Val. I 394 :
Che d' altra parte aver conforto e spene
Desiderato avessi e stettatnento.
Und astettato substantivisch in Guinicelli's Sonett Lamentomi di mia disav-
ventura, nach der Lesart der Hs. Chigi , bei Molteni und Monaci, No. 187:
Per molto acerbo fructo si matura,
Dolce diventa per lung' astettato.
So noch Berni in der Catrina (Rime, ed. Virgili p. 190):
lo corsi un miglio l'altrier dietro a Cecco
E dissi : astetta, astetta, e non rispose.
ib. p. 196 vermutet Virgili mit Recht : Deh, Nanni, stetta statt stenta. Noch
heute soll astittari sicilianisch sein, nach Avolio, Introduzione allo Studio del
dial. Sicil. (Noto, 1882), p. 152; caXabx. astettare verzeichnet Fr. Scerbo, Su/
Dialetto Calabro, Firenze, 1886, p. 42 und 79. Rumänisch ist astepta , mit
dem W. Meyer {Die Schicksale des lat. Neutrums, Halle, 1 883, p. 1 7) taren-
tinisch astittare zusammenstellte. Zu vergleichen ist auch sardin. isettare. bei
Spano, Ortograßa I 58, n. 3.
496,5, vielleicht pingie f= spinge) statt piagier
497,4 ist mit Unrecht die Präposition '« eingeschoben; niczo amore
„halbe", d. h. nur von einer Seite ausgehende Liebe.
501,17 — 19, von Amor dem Räuber, ist entlehnt aus Messer Polo's So-
nett: Ladro mi sembra Amore, oder aus dem bekannten Vorbilde des letzteren,
der Strophe Perdigons.
504.3, interpungiere ich ; Ca s" io J'eci fallire, ala sentenza, Bella, di voi
ritorno . . . ,,ich unterwerfe mich eurem Richterspruche".
513 ist Bonagiunla zugeschrieben auch im Cod. Vat. 3214, Mo. 123.
514.4, 1. Lo gründe pregio clC <? 'n voi, conto, sagia,
530,16, ist vom Schreiher v. 13 wiederholt.
333,10 f. niöclite ich lesen;
59° RECENSIONEN UND AN/.KIGEN. O. SCHULT/,
Reo verso Dio di luta maliza
In me guerilo fo.sse . . .
alle diese Sünden würden in mir abgebüfst sein durch solche Pein.
541,10 f. 1. Che non ten nente in ultra parte itanno Che'n me tupino
che ne son figura „thut anderswo keinen Schaden als in mir"; ttner dannu
ist altital. und provenz. bekannt.
ib. 12: Chi tn'afigura d'altra guisa fiore, Lo frutto .... ,,wer im ge-
ringsten mich anders denn als Amore's eigene Gestalt darstellt" ....
544.11 ff-
Ed adivene sol perche voria
Vedere se 'maginato in figura
La cosa c'ama . . .
,,er möchte sich selbst an Gestalt gebildet sehen als die Sache, die er liebt".
558.2 ft'. möchte ich lesen;
per venire
Giovane e fresca, e con gagia figura
Per aver gioia solre a languire.
561,13, ist wohl die Orthographie penne statt pene nicht gut zu halten.
567,3, scheint mostrai statt mostri Druckfehler.
580 steht, nach Grions Verzeichnis, nochmals in der Hs. als No. 751, in
richtiger Zählung 753.
598,1 f. Cosi m' aven com Pallaus sua lanza,
Ca del suo colpo non potea om guerire,
reproduziert genau den Vers Bernarts de Ventadorn: Que de son colp no po-
dV om guerir.
609,12: Vegiendo\_nn'\ . . .
623 f. ist auch gedruckt in Canzonette Antiche , Alla libreria Dante in
Firenze, 1884, p. 42, nach Cod. Magl.
634,4 1. C^altrui statt Cal qui.
674,9 f. Cosi valente lo pemsier vi fura (; figura : pura)
D'Amor sua segnoria e 'ntendimento,
d. i. la signoria d''amore vi fura il pensiero e rintendimento.
(>']'), steht schon einmal als 404. Die Tenzone reicht bis 681; das Teti-
zone IUI der Hs. ist also Fehler statt III.
680.9, statt speranza, 1. sperienza (: intenza, sentenzä).
681.10, vielleicht Da quel che dolze rende sanz ^amaro „von dem, was
Süfses ohne Bitterkeit spendet". In den Varianten ist hier offenbar ein Ver-
sehen.
685.3 zu interpungieren : e chi tni '/ consente? —
694.7:
Lo foco ch' e in stipa, a ciö vi vegno,
Non ä sovegno poter star nascoso.
a cid vi vegno ist parenthetisch: „Deswegen komme ich zu euch", euch zu
befragen.
695.4 ist erbito (arbttrio) in arbito geändert, während 395,7 der Heraus-
geber es stehen liefs.
A. Gaspary.
C. CHABANEAU, LES BIOGRAPHES DES TROUBADEURS. 59 I
Chabaneau, Camille, Les Biographies des Troubadours en langue
proven^ale publiees integraleraent pour la premiere fois
avec une introduction et des notes, accompagnees de textes
latins, proven^aux, Italiens et espagnols concernant ces poetes
et suivies d'un Appendice contenant la liste alphabetique des
auteurs provencaux avec l'indication de leurs oeuvres publiees
DU inedites et le repertoire methodique des ouvrages ano-
nymes de la litterature proven9ale depuis les origines jusqu'ä
la fin du XVsiecle. Toulouse, ed. Privat. 204 S. 4". Extrait du tome
X de l'Histoire Generale de Languedoc.
Von der tiefen Kenntnis und dem rastlosen Fleifse des berühmten fran-
zösischen Gelehrten legt dieses AVerk von Neuem Zeugnis ab. Es ist nicht
eigentlich eine kritische Ausgabe der Trobadorbiographieen und will es auch
nicht sein, aber abgesehen von zwei Aufsätzen, die nicht mehr ganz berück-
sichtigt werden konnten, hat Ch. Alles benutzt und gesichtet, unedierte Lieder
in ausgiebiger Weise herangezogen und eine Fülle historischer Nachweise und
geistvoller Kombinationen dargeboten. Wir haben damit wieder einen sehr
bedeutenden Schritt vorwärts gethan in der Erkenntnis der Trobadorverhält-
nisse und damit der provenzalischen Lyrik.
In der Einleitung gruppiert Ch. folgendermafsen :
I, AIKBaN^ mit kurzen und einfachen Biogr. und Aufschliefsung oder
doch ganz beschränkter Aufnahme von „razos"; die Biogr. steht vor dem An-
fange der Gedichte, desgleichen die „razo" vor dem betreffenden Liede. Hier
ist auch ,,0" anzuschliefsen mit der Biogr. von F. de Marseilla, welche Ch.
unbekannt war, die aber jetzt von de LoUis (il canzoniere provenzale O. Roma
1886 p. 83) publiziert ist und die mit sehr geringen Abweichungen das ent-
hält, was in B und IK zusammen steht. 2. ERP ausführlicher und zum Teil
novellistischen Charakter tragend ; Biogr. und razos stehen zusammen und
sind alle hinter einander aufgeführt. — Hss. H, D, F, b sind vereinzelt ; Hs.
,,Gil" ist nicht einzureihen, da der Wortlaut und die Anordnung der darin
enthaltenen Biographieen leider noch nicht bekannt sind.
Hinsichtlich der Verfasser macht Ch. wahrscheinlich, dafs Uc de S. Circ,
der Autor der Biogr. von B. de Ventadorn und S. de Mauleon, auch die
Biogr. des P. d'Alvernhe und vielleicht auch die vom Delfin d'Alvernhe und
von Guillem VH geschrieben hat. Könnte man nicht noch die von Cadenet
hinzufügen, an deren Schlufs es heifst ,,e tot lo sieu faich eu saubi per auzir
e per vezer"? Cadenet lebte gewifs noch im ersten Viertel des 13. Jahrh.
und ist auch in der Auvergne gewesen (Gr. 106,17).
Es folgt nun der Text der Biogr. in der Art, dafs die im Wesentlichen
übereinstimmenden Hss. zusammengenommen und die allzusehr abweichenden
gesondert gedruckt sind. Dies ist im Ganzen bequem, aber für den Fall nicht
vorteilhaft, dafs man erfahren möchte, wie an gewissen Stellen ilie einzelnen
Hss. lesen ; wenn es auch ziemlich gleichgültig ist, ob man weifs, dafs in den
Biogr. des B. de Ventadorn, wo Ch. liest: ,,bels hora era", El (MB* 2-3) ,,e
venc bels hom" hat, so liegt es z. B. schon anders bei der Variante von P
in der Biogr. des A. de Belenoi, wo Ch. nach ABIKERP liest : „. . en aquella
cnconlrada c pois s'cn anet en Cataloigna c sai cslci iro qu'cl moric", und V
592 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. O. SCHULTZ,
(Archiv 50,262) hat: en a(|uella conlrada so es a dire en chalverccha e la
estet tro qu'el mori". Dafs Ch. die Chronisten in ausgedehntem Mafse be-
nutzt hat, ist sehr dankenswert , ob es aber angezeigt ist, Nachrichten der-
selben über Trobadors, von denen wir keine Biographieen haben, den letzteren
gewissermafsen gleichzusetzen und fortlaufend in dem Texte abzudrucken,
bleibt mir zweifelhaft. Die Anmerkungen in diesem Teile sind sehr lehrreich,
besonders wird uns mancher Aufschlufs über die ,,trobairitz" gegeben. ^ Ch.
meint S. 34 A. 7, dafs Raimon de Durfort vielleicht identisch sei mit Bernard
de Durfort, aber vermutlich der Trobador Raimon de Durfort kommt I161
als Zeuge bei einem dem R. Trencavel dargebrachten Huldigungsakt vor
(Mahul, cartul. de Carcassonne Hl 480). Auf S. 50 hätte ich gerne erwähnt
gesehen, dafs Equicola (Bl. 182) die Freundin des G. de Borneil eigentüm-
licher Weise „Nolana de Stanes di Guascognat" nennt. S. 72 schreibt Cha-
baneau ,,Guillem de Balaruc"' weil Ce „Balazuc" lesen und ein ,,Balaruc"
im arr. Montpellier liegt, aus welcher Gegend der Trobador nach der Bio-
graphie stammte , doch ist zu beachten , dafs die besseren Hss. und auch
die Biographie (HR) „Balaun" haben, und dafs 'es auch in der Biographie
des P. de Barjac (IKN*) wiederholt ,, Balaun" heifst: es hat daher wohl einen
Ort „Balaun" gegeben; in anderer Gegend findet sich in der That ein „castrum
Balaonis", das heutige ,, Ballon" (Ain) (Chevalier, invent. d. arch. d. dauphins
1869 Reg.). S. 74 A. 2 sucht Ch. die Heimat der Iseus de Capnio und der
Almucs de Castelnou in Vivarais, aber eine Stelle in der Gallia Christiana I
93 A hilft uns auf die Spur; es heifst dort von dem Bischöfe von Mende
c. 1250 „castrum de Capione sibi a domino de Tornello vindicavit Rando-
nemque de Casfronovo qui urbem Mimatensem obsidione cingebat fugere com-
pulit". Höchst wahrscheinlich stammt Iseus aus diesem „Capio" und Al-
mucs aus dem in der Nähe gelegenen Chäteauneuf-de-Randon (Bistum Mende);
das ,, Tornello" stimmt zwar nicht genau zu dem „Torno" der ,,razo", könnte
aber doch damit identisch sein, um so mehr, als in MB^ 80 zuerst „Guigo de
Tornen" und erst später Guigo de Torno" steht , und als P. Cardinal ein
Sirventes an einen „Guigo del Tornel" richtet (335,57) s. Seibach, Das Streit-
gedicht in der altprovenz. Lyrik S. 56. Warum sagt Ch. S. 105 A. 3, dafs das
unedierte Lied 461,204 von einer Dame herrühre? St. 4 und die beiden Ge-
leite lassen doch eher auf einen männlichen Verfasser schliefsen. Ist es so
sicher (S. 107 A. 3 ff.), dafs das auf der Ambrosiana befindliche „documentum
honoris" von Sordel identisch sei mit dem thesaurus thesaurorum von dem
Aliprant, Landino und Benvenuto da Imola sprechen?
Nun einige Bemerkungen zu der mit grofser Sorgfalt angefertigten Liste,
wo dem Namen jedes Trobadors Lebenszeit und Bibliographie beigelügt sind,
und wo auch nach dem ,,premier registre des jeux floraux" alle Dichter bis
zum Ende des 15. Jahrh. aufgeführt werden, die einen Preis in den Blumen-
spielen erhielten. In der Bibliographie zu Guillem VII fehlt die allerdings wert-
lose Dissertation von Sachse, Über das Leben und die Lieder des Troubadours
Wilhelm IX., Leipzig 1882 und Palustre, Histoire de Guillaume IX dit le Trou-
badour (Abzug aus den Memoires d. 1. societe d. antiquaires de l'Ouest). In
der Liste vermisse ich ,,Castelan", von dem Verse in /?' (MG. II 29) erhalten
sind s. Gröber in Rom. Stud. II 665 ; er ist vielleicht identisch mit dem von
Elias de Barjols (Parn, occ. S. 98 Str. 4) gepriesenen ,,bel castellan"; auch A.
C. CHABANEU, LES BIOGRAPHIES DES TROUBADOURS. 593
de Pegulhan redet im Geleite von 10,50 einen „bei castellan" an, wenigstens
nach der Hs. S(MG. I170). Ferner vermisseich „Bonasa" s. 461,106 (Archiv
50,278 n" 125): „en Bonasa, puis ien sabetz trobar". Auch maistre Jacme in
Sestaron hätte vielleicht nach 410,3 (MG. 328) aufgenommen werden können,
desgleichen Balanguier (== Berenguier), der von G. de Borneil in 242,65 (AB
IK) „bos maestres" genannt wird ; freilich sind wir der Bedeutungssphäre von
,, maistre'* nicht recht sicher s. Azais, les troub. de Beziers S. 42, doch vergl.
,,majestre d'en Sordel" (Archiv 34,4.04) doch wohl = Lehrer in der Dichtkunst,
avinens e fort maistra" (Biogr. der Tibortz MB^ 77), cavalier doctor bei A. de
Pegulhan (MW. II 166 Str. 2), doctor in der Tenzone zwischen Aimeric und
Peire del Puei (8,1), saber = dichten bei L. Cigala (282,22).
Albertet: Ch. sagt, dafs Uc de l'Escura einen „Albertet de Savoya" er-
wähnt; ich lese in meiner Abschrift ,, Albertet de Saus".
Alegret: Warum soll er Zeitgenosse Friedrich II. gewesen sein? B. de
Ventadorn redet einen Spielmann Alegret an (70,4).
Arnaut Catalan: Ch. sucht (S. 123 A. 2) wahrscheinlich zu machen, dafs
er einer Familie Catalan in Toulouse angehörte und mit dem Inquisitor iden-
tisch sei, dessen Leben 1234 in Albi bedroht wurde. Dem kann ich nicht
beistimmen, denn was den religiösen Charakter seiner Lieder betrifft, wovon
Ch. spricht, so kann nur eins möglicherweise von ihm herrührendes (175,1) in
Betracht kommen, und zweitens wird in einem anonymen Gedichte (Archiv
33,420), das die Johana von Este preist, vermutlich unser Arnaut (St. 2) an-
geredet (vgl. das Lied von Arnaut „lanquan vinc en Lombardia 27,6), weil in
Str. 2 die Johana der Katalanerin als sie übertreffend gegenübergestellt
wird. Übrigens ist 27,5 nichts als die zweite und dritte Strophe von 27,2.
Berengar de Peizrenger : Ich sehe in dem Ortsnamen nicht Pueyrenyer
(Dordogne), sondern das heutige Puisserguier (westlich von Beziers).
Bernart Arnaut d' Armagnac : 54,1 identisch mit 271,1 (Suchier).
Bernurt Rascas: Artefeuil II 292 giebt über Bertrand Rascas etwas ab-
weichende Daten.
Bonifaci Calvo: Er hat ein Liebeslied von vier Strophen in portugie-
sischer Sprache gedichtet (Monaci e d'Ovidio, Crestomazia portoghese S. 61-62),
wie denn auch die zweite Strophe von „un nou sirventes ses tardar" (101,17).
— hierauf hat mich Herr Dr. Appel aufmerksam gemacht — von seiner
Kenntnis des Portugiesichen zeugt.
Bertran de Paris de Rouergue : Warum soll er Zeitgenosse des Grafen
von Rodez Heinrich II. (1274 — 1302) gewesen sein? Die in dem „en»enha-
men" erwähnte Grätin von Rodez und Herr Canilhac geben doch wohl kaum
einen Anhaltspunkt. Er ist vielmehr nach meiner Ansicht identisch mit dem
1197 bei der Eidesleistung der Bewohner von Moissac vorkommenden B. de
Paris (Vaissette III pr. 183); ferner erscheint er bei der Huldigung, die der
Graf von Rodez dem Simon von Monfort 12 14 leistet (Vaissette III 246).
Auch tritt er am 15. Dezember 1224 als Zeuge auf bei einem Bündnis zwi-
schen Agen und den Nachbarorten (Champollion-Kigcac, rcc. d. docum. ini-d.
I 503).
Cadenet: Ch. setzt an 1208 — 1239; warum gerade 1239?
Coine: Ch. erklärt (S. 137 A. l) der Name mit coinc = gracicux, aber
es ist zu beachten, dafs der Nanu- auch im tiirart de Rossilho (Bartsch, Chrest.
394 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. O. SCHULTZ,
prov.* S. 35 Z. 37) vorkommt und Tobler hat ansprechend vermutet, dafs es
die Nominativform des Namens „Kuno" sei, dessen Accus. ,,Cono" ist (so lese
ich wenigstens für Como, an den Elias Cairel (Lex. rom. S. 436 Str. •,) ein
Lied sendet), entsprechend dem altfrz. Quesne A. Conon.
Daude de Pradas : Schon Gaujal (6tudes histor. sur le Rouergue III
253, 404, 445) hat sich mit ihm beschäftigt; er erklärt die in 124,1 (MG 1046)
erwähnten zwei Brüder von Rocafuelh für Raimon II und Arnaut von Roca-
fuelh, welche die Marie von Montpellier, als sie sich 1204 verheiratete, be-
erben.
Daude de Caslus: Zum Jahre 121 5 kommt ein Deodat de Caylus mit
seiner Gattin Irdoine de Severac vor, ein Schlofs verkaufend (Gaujal 1. c. zum
Jahre 12 15); ferner zum Jahre 1221 (Gaujal II 97).
Eble d' Uisel: „versl200" ist zu unbestimmt. Er lebte noch 1233 (Gallia
Christianall 389 B), und aus einer Urkunde von 1228 geht hervor, dafs seine
Brüder vor diesem Jahre gestorben waren (Gallia Christiana II Instrum. 204 B).
Elias Fonsalada: Er wird von Uc de l'Escura (452,1) erwähnt.
Esquüha oder Esquileta : Esquilheta wird von G. de Montagnagout im
Geleite von 225,5 (^G. 545— 46) angeredet; in demselben Gedichte wird Es-
clarmonda gepriesen, die Schwester des Roger Bernard von Foix, welche den
zweiten Sohn Jacobs von Aragon 1266 heiratete ( Aigrefeuille , Histoire de
Montpellier S. 88). Aufserdem kommt in der Tenzone zwischen Esquilha und
Jozi (144,1) eine ,,bela de Pinos" vor, jedenfalls dieselbe, welcher B. d'Ala-
manon in der fünften Strophe von 76,12, das nach 1237 entstanden ist, lobend
nennt.
Garin d'Apchier: Vermutlich haben wir ihn zu sehen in dem ,, Garin",
dessen der Vicegraf von S. Antonin häufig gedenkt (404,8, 10, li, 13); dann
ist auch der Vicegraf etwas früher anzusetzen.
Gausbert de Poicibot: Wahrscheinlich ist er an dem bekannten Vier-
koblenwechsel (Levy, G. Figueira S. 75) als Lambert beteiligt. Die Kon-
jektur von Tobler „qu'eu'n laissei la clerezia" ist gewifs richtig, und stimmt
vorzüglich zu dem Umstände, dafs Gausbert das Kloster verlassen hatte (MB^
87). Hinsichtlich der Schreibung ist zu bemerken , dafs ein dem Gausbert
gehörendes Lied (173,1) in P (Archiv 49,320) ,,Lanbert de Ponzibech" über-
schrieben ist, und das nach Gröber (Rom. Stud. II 663) in N „Lamberti de
Ponz." steht; man vergleiche noch die Schreibungen „Aubert" und „Gaubert"
(Archiv 49,76 ; Archiv 5 0,261). Als Zeitgenosse von S. de Mauleon (173,9)
konntg er es auch sehr gut von seinen Unterrednern in dem Coblenwechsel sein.
Guillem Fabre : Ein ,,Guillem Fabre" wird von Uc de S. Circ erwähnt
(457.17)-
Guillem de Montagnagout : Er preist Esclarmonda in 255,5, 6, 9 siehe
unter Esquilha.
Jordan Bonel und Jordan de Cofolenc : Ch. will sie identifizieren, aber
es verdient vielleicht Beachtung, dafs ein Cofolent zum Jahre 1229 vorkommt
(Leroux, Molinier, Thomas, docum. histor. z. J. 1229) und ein Jordan Bonel
zum Jahre 1258 (Chevalier, Cartul. municip. de Montelimar S. 34). Mit Be-
zug auf Anm. 4 vgl. ein Couflfoulens im arr. Carcassonne (Ritter) und auch
ein Cofolen in der Biogr. des G. de Cabestany (MB^io-ii).
Isnart d^Entrevenas : Ch. sagt, dafs er 1220 der erste Podestä von Arles
C. CHABANEAU, LES BIOGRAPHIES DES TROUBADOURS. 595
war und führt in A. 6 noch eine Urkunde von 1250 an. Ist es noch der-
selbe? Isnart d'Entrevenas erscheint auch zu den Jahren 1251, 1257, 1269,
1278, 1279, 1290 und 1299 (Ruffi, Hist. de Marseillei 146; Barthelemy, In-
ventaire no. 362 und 697; Mery et Guindon II 26). Die verwickelten und sich
widersprechenden Angaben bei Ruffi und Mery et Guindon führen zu keinem
Ergebnis, aber wir haben es mindestens mit zweien zu thun, von denen unser
Trobador als Zeitgenosse von Blacatz die Daten 12 13 (Gallia Christiana) und
1220 beansqruchen darf; er hat zwar nicht mit Blacatz tenzoniert, wie Ch.
auf No. 264 (lies 254) verweisend meint, wohl aber greift er Blacatz in
254,2 an, und aus Z. 3 geht hervor, dafs jener ihn vorher angegriffen hatte.
Aufserdem hat er 254,1 nach dem Muster von Blacatz 97,1 verfafst. Schliefs-
lich wird er zusammen mit Blacatz von Elias de Barjols (132,11 I) gepriesen:
„n'Isnart donan e meten . . .", wonach in H das ,,[]istiart" zu verbessern ist.
Markgraf Lanza: Wir haben jetzt nach der Untersuchung von Merkel
(Manfredi I e Manfredi II Lancia, Torino 1886) in diesem Trobador sehr
wahrscheinlich Manfred I Lancia (II 68 — ca. 1215) zu sehen. Er wechselt auch
eine Cobla mit Guillem de S. Didier (234,12), wenn uns die Überschrift in
der Hs. nicht falsch berichtet s. Seibach, Das Streitgedicht in der altprovenz.
Lyrik S. 69; 120.
Peire d'Alvernhe: Bartsch hat schon das Vorkommen eines ,, Petrus de
Alvernia" im Jahre 1148 (Rev. d. langues rom. V 47) bemerkt (Diez, Leben
u. Werke ed. Bartsch S. 60 A. l). Auch 11 55 erscheint zweimal ein ,, Petrus de
Alvernia" zusammen mit mehreren Provenzalen als in Palästina befindlich
(Roziere, Cart. de l'egl. d. S. Sepulcre No. 131).
Peire BreTnon de Ricas fiovas : Ch. hält „Ricas novas" für ein passendes
Joglarepiteton, aber vielleicht ist es doch Ortsname gewesen, vgl. Gallia Chri-
stiana I 699 E, wo im Index abbatissarum eine Bartolomea de Ricas novas an-
geführt wird. Eine etwaige Existenz von 3 Peire Bremon ist mir übrigens
ebenso wenig wahrscheinlich als eine solche von 2 Peire Raimon de Tolosa.
Peirol: Für eine spätere Zeit als 1200 — Ch. setzt 1180 — 1200 an —
spricht der Umstand, dafs A. de Sestaron ihn auffordert sein Lied zu singen
(16,8).
Peironet: Mit dem von J. Rudel angeredeten Peironet kann er zwar
nicht identisch sein, vielleicht aber rtiit dem von G. Ademar (202,3) und von
G. Faidit erwähnten (167,64 vgl. R. Meyer, Gaucelm Faidit S. 56).
Raimbaut de Beljoc: Ein solcher wird zu 1227, 1235, 1242 erwähnt; sein
Vater erscheint zu I193 und 1206 als Herr von Beljoc (Teulet Reg.).
Raimon, Graf von Toulouse: Ch. sagt S. 204 A. 2, dafs ich im Gegen-
satz zur allgemeinen Ansicht Raimon VII. an dem Coblenwechsel mit G. de
Cavaillon beteiligt sehe. Aber ich bin mit Berücksichtigung der Anspie-
lungen nur Diez gefolgt.
Rodrigo: Er wird in der anonymen Tenzone 461,16 als Schiedsrichter
angerufen.
Sail de Scola : Ch. sieht in dem Sail ein ,,sobriquel", wie in den meisten
Namen mit Sail (Sail d'Agail [aber s. Zeitschr. VII 184], Sail de Claustra,
Sail de Broil); ich erkenne darin den Namen Assdlidus (Rev. de langues roni.
V 268) mit Aphärese und Zwischenstufen von Salius (Chabaneau, Pocsies ined.
S. 39 A. I); Vaissette spricht daher auch von „Assalide ile Claustra". Dem
596 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. M. BÜCK,
widerspricht nicht der Umstand, dafs der Name auch in der Gestall von As-
saillitz (Assalidus) vorkommt (Chrest. prov.* S. 49 Z. lo).
Simon Doria: Nicht 3 Tenzonen hat er mit L. Cigala gewechselt, sondern
nur 2 (a); in der dritten, die jedenfalls mit der uns erhaltenen identisch ist
(Archiv 34,383), tenzoniert er vielmehr mit J. Grill (Jahrbuch XI 17) s. Ztschr.
VII 220 A. 4 und 10.
TIlibaut de Blazon: Es existieren zwei Lieder von ihm , die in einem
Gemisch von Provenzalisch und Nordfranzösisch geschrieben sind (MG. 728 u.
729). Wahrscheinlich ist er es, der in einer anouymen Kobla in Verbindung
mit Savaric (de Mauleon) genannt wird (Archiv 50,283 no. 160).
Tostetns: Es ist ein Versteckname s. 155,1 Geleit.
Uc de S. Circ: Die Lebenszeit ist ganz richtig angesetzt, da das Sirven-
tes gegen Manfred Lancia frühestens 1253 entstanden sein kann s. Ztschr. VII
188 A. 4. Ich erwähne dies gegen Casini (II Propugnatore XVIII 172 A. i),
der mit völlig nichtigen Giünden dagegen zu polemisieren versucht.
Wie nun Ch. in dem sich anschliefsenden Verzeichnisse anonymer pro-
venzalischer Werke (s. den Titel) auch diejenigen herangezogen hat, auf deren
ehemalige Existenz wir nur schliefsen können, so wäre auch eine Zusammen-
stellung derjenigen Trobadorlieder, die wir nachweislich verloren haben, ganz
erwünscht gewesen, also z. B. i von Wilhelm VII. (Romania VI 249), i von
G. de Cavaillon gegen Bremon (Ztschr. IX 128), l von A. de Pegulhan, worin
Salvaja und ihre Schwester Bcatritz wetteifernd gegenübergestellt werden (Su-
chier, Denkmäler I 323), i von Guillem gegen Sordel (Levy, G. Figueira S.i),
I von Blacatz gegen Isnart d'Entrevenas (254,2 Z. 3 — 4), i von G. de la Mur
226,6, wahrscheinlich Tenzone mit G. Riquier (Chabaneau, biogr. d. Troub.
S. 151), I von R. d'Aurenca, aus dem N^ Verse mitteilt (Chabaneau S. 77
A. 2), „vers legers e vernassals" von G. Cerveira (Chabaneau S. 149).
Die Liste der anonymen Werke zeugt von völliger Stoffbeherrschung
Vielleicht wäre noch eine ,, Eroberung Jerusalem's durch Gottfried von Bouil-
lon" und „eine Zerstörung Troja's" aufzunehmen gewesen : diese verlangt näm-
lich Wihelm von Baux — sie waren ausgeliehen — am 23. November 1400
zurück (Barthelemy, Inventaire d. 1. m. d. Baux no. 1682). Freilich können
es die bekannten altfranz. Werke gewesen sein , möglicherweise auch aber
Übertragungen.
Zum Schlufs eine Frage: Wo befindet sich gegenwärtig die Handschrift
D? Ch. sagt „autrefois ä Modene".
O. Schultz,
Theodor von Grienberger, Über romanische Ortsnamen in Salz-
burg. Salzburg 1886, H. Dieter, k. k. Hof buchhändler. 68 Seiten.
Der Verfasser, Beamter der Studienbibliothek in Salzburg, prüft im vor-
gedachten Schriftchen 78 salzburgische Ortsnamen, welche Dr. Steub in Mün-
chen vor einiger Zeit aus dem Romanischen zu erklären versucht hat, als
Philologe und Topograph nach, und legt hierbei überzeugend dar, wie Steubs
Deutungen aus verschiedenen Gründen gar oft unzutreffend, ja unmöglich
seien. Er hebt hervor , wie Steub alle Namen , bei denen er romanischen
Ursprung vermute, in ein enges, willkürlich festgestelltes und monotones
TH. VON GKlENßERGER, ÜBER ROMAN. ORTSNAMEN IN SALZBURG. 597
Schema hineinzwänge, auf die urkundlichen Formen, auf altromanische Appel-
lative, auf die Personennamen, die in den romanischen Ortsnamen eine grofse
Rolle spielen, auch auf die grammatikale Wortbildung, namentlich die Suffixe
meist gar keine Rücksicht nehme und eben damit auch da, wo er das richtige
Etymon errate, nur ungenaue Namenerklärungen gebe. Eine erhebliche Zahl
von Ortsnamen, die Steub liir romanisch hält, wird teils als Deutsch festge-
stellt, so Badalucken, Taugl, Roxnis, Schienken, Unken etc., teils als slavisch,
wie z. B. Garnei, GöU, Latein, Zifanken.
Sind wir auch nicht mit allem einverstanden, was der Verfasser sagt,
so z. B. nicht mit der Ansicht, dafs das Suffix -es, -ese der mittelalterlichen
Namenformen des Salzburger Gebiets in allen Fällen dem italienischen -ese,
lat. ensis entspreche, so geben wir doch gerne zu, dafs seine Herleitungen
im Einklang mit der romanischen und deutschen Lautlehre stehen und die
meisten schwerlich durch bessere ersetzt werden können.
Den Ortsnamen Schantill möchten wir nicht mit Herrn von Grienberger
und Steub aus dem ziemlich fern abliegenden mit. scandella (Scheuer) er-
klären, vielmehr mit dem in oberitalienischen Mundarten und Ortsnamen
mehrfach vorkommenden scandula, scandella, churw. scandilla, mit. scandella,
scandillum, lat. sandulura, scandulum (bei Plinius), das Schindelkorn, Dinkel
bedeutet. Vgl. für die Lombardei eine Urk. v. 897 bei Fumagalli Cod.
St. Ambros. Mediol. p. 549 : „ordeo et scandella staria octo" oder eine andere
vom J. 968 bei Lupi Cod. dipl. Bergom. H 598 ,,sextaria quinque sandillo";
ferner noch Flechia, Nom. loc. derivat. d. nom. d. plante p. 21, wo mehrere unter
dieses Wort gehörende ital. Ortsnamen aufgeführt sind. Auch das tirol. Schgand-
lair gehört als scandularia (Dinkelfeld) in die Sippe. — Der Verfasser urgiert
mit Recht, dafs „die Gastein'''- zunächst Flufsname ist, entgegen der fast komisch
klingenden Steub'scheu Erklärung aus casettone. Urkundlich heifsen Flufs
und Ort Castuna (saec. IX). Das bezieht von Grienberger — und falls es
sich wirklich um einen romanischen Flufsnamen handelt — mit Recht auf
eine Sprofsform aus lat. castus, das spätlateinisch auch bezüglich stofflicher
Dinge die Bedeutung „rein, lauter" hat. Er hätte hinzufügen können, daCs
dann der volle roman. Name aqua castüna gewesen sein müsse und das Ad-
jektiv caslonus genau gebildet war wie das mit. bellonus, it. bellone aus
bellus. Aqua castuna wäre demzufolge ungefähr was unser Flufsname
,, Laulerach".
M. BUCK.
H. Schuchardt, Romanisches und Keltisches. Gesammelte Aufsätze.
Berlin 1886, R. Oppenheim. 8". 438 SS.
Es ist ein eigenes Zusammentreflen , dafs obiges Buch , das ungeiähr
alles enthält, was seit dem kräftigen Aufschwung der romanischen rhilologie in
den letzten anderthalb Jahrzehnten geschrieben worden um Fühlung zwischen ihr
und der gebildeten \\' elt in Deutschland herzustellen, gerade in dem Augen-
blick erscheint , wo einzelner romanistischer und neuphilologischer Kreise
sich ein agitatorischer Geist zu bemächtigen scheint, der in Versammlungen uad
in der Presse, in Reden und Ansuchen an die Behörden, Ansprüche auf Be-
Zeltschr. f. ruin. riiil. X.
39
598 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. G. GRBÖRER,
jjünslifjungcn der neueren Philologie und auf Kinrliumung einer für die Bil-
dungszustiinde der nächsten (ieschlechlcr mafsgchenden Stellung erhebt, die
unleugl)ar in keinem geraden Verhältnis stehen zu dem Mafs der Aufklärung
der Öffentlichkeit über das, was wir geleistet haben, und für unsere nationale
Bildung, Gesittung und l^rziehung mit dem von der neueren Philologie be-
arbeiteten Stoff vielleicht je zu leisten vermögen. Fast möchte man meinen, es
verengerte sich mit den Krrungcnscliaftcn der ncu|)hilolf)gischen Forschung der
Gesichtskreis derer, die an ihr Anteil haben, und man gäbe sich dem Glauben
hin, dafs eine Wissenschaft, auch ohne eine allgemeine 'J'eilnahmc durch den
Nachweis ihres Bildungswertes inid ihrer vielseitigen Verwendbarkeit auch im
täglichen Leben geweckt zu haben, durch Körperschaftsbeschlüsse eine Stellimg
erlangen könne, die von tiefergreifenden Wirkungen und sichtbarsten Erfcdgen
getragen sein will. Die Leistungen fehlen aber noch für die Schule auf dem
Gebiet der Sprachlehre, — denn Versuche sind keine Erfolge. Wie viel von
englischem und französischem Geist durch Unterricht zum Gemeingut unseres
Volkes gemacht werden kann, ohne unsere geistige Freiheit zubescliränken, ist
eine Frage, die bei der Neigung zur Fremdthüii>elci unter uns auch in der
gröfseren Öffentlichkeit einmal ernst erwogen sein will. Oder wohin gehen
die Ziele der Neusprachlerbewegung? Und hat die nervös betriebene wissen-
schaftliche Kleinarbeit schon Vielen Zeit zu Erwägungen gelasssen über den
Zusammenhang des Gesuchten und Gefundenen mit den allgemeinen Fragen,
die den denkenden Menschen bewegen, oder eine nennenswerte Menge wert-
voller Einsichten in Umlauf gebracht, sodafs Widerspruch nicht auch noch zu
ülierwinden und Gleichgiltigkeit nicht mehr zu bekämpfen wäre?
Es ist schwer hieran nicht zu denken gegenüber jenem Drängen und
Trachten und einem Buche, dessen Verfasser die romanistische Forschung auch
aufserhalb gelehrter Kreise glänzend zu vertreten gewufst, der zur Erhöhung
ihres Ansehens in der gebildeten Welt unter den lebenden Fachvertretern das
Wesentlichste beigetragen hat, und der mit einer Bescheidenheit von seinen
unter der obigen Aufschrift vereinigten Aufsätzen spricht, die sich nur noch
an deren Entstehung, aber nicht ihrer Wirkung erinnert. Und doch hat
der Verfasser fast allein es nicht versäumt, bei gegebener wichtigerer Ge-
legenheit öffentlich das Wort zu ergreifen, um gelehrte Aufschlüsse aus seiner
Wissenschaft zu geben , die die Zeit entgegenzunehmen angethan war, oder
um die Aufmerksamkeit auf hervorragende gelehrte Arbeiten zu lenken, oder
um das Verständnis der Gebildeten für romanische Poesie alter und neuer
Zeit zu befördern, oder zur Klärung gegensätzlicher Meinungen, die unter den
Fachgenossen auftauchten, beizutragen. Seh. 's Aufsätze besafsen zudem die
Eigenschaft nicht übersehen werden zu können; eine aufserordentliche Viel-
seitigkeit des Denkens und Wissens verbindet sich darin mit einer Feinheit
des Geistes, einer Tiefe der Betrachtung und einem Gestaltungsvermögen, die
den Leser zu fesseln und für die Sachen einzunehmen nicht verfehlen konnten.
Der Ton kalter Sachlichkeit und die belehrende Absicht ist überall glücklich
vermieden; die Munterkeit der Darstellung, die dem Gegenstande nichts ver-
giebt, und die warme Teilnahme für die behandelten Personen und Dinge,
die sie nicht entstellt, bringen den fremden Stoff dem Leser nur näher. Über-
all zeigt sich eine freie Beherrschung des Gegenstandes und eine seltene
Kenntnis des Einzelnen. Ob Seh. nun unter treffenden Bemerkungen über
H. SCHUCHARDT, ROMANISCHES UND KELTISCHES. 599
die reichsländische Volksart sich über das Französische im neuen Deutschen
Reiche (1871) verbreitete, oder aus Anlafs von Säkularfeiern, Kunst und
Geistesart romanischer Dichtergröfsen, wie des Ariost (1875), Camoens (1880)
und Calderon (1881) schilderte, oder, den Boccaccio der Litteratur dem Boc-
caccio der Posse gegenüberstellt (1880), oder das Fremdartige und Eigentüm-
liche an neueren originellen Dichtern und Schriftstellern, wie G. Belli (1871),
L. Stecchetti (1879), J, Diniz (1879), verständlich zumachen sucht; ob er, im
Anschlufs an Zangemeisters Sammlung der pompejanischen Inschriften (1872),
altromisches Thun und Treiben lebendig vor Augen führt, mit der Virgil-
sage (zu Comparettis Buch, 1873), oder mit den Gestaltungen des Gleichnisses
von den drei Ringen (zu Toblers Vrai aniel, 1871) in angesehenen Blättern
weitere Kreise bekannt macht, oder den tieferen Sinn sprachlicher Erzeug-
nisse, wie der Metaphern der Volkssprache (Liebesmetaphern, 1879) erörtert,
oder einer unbefangenen Beurteilung ausländischer Verskunst (Reim und
Rhythmus im Deutschen und Romanischen, 1873) das Wort redet, oder Stel-
lung nimmt zu Streitfragen (Französisch und Englisch, 1875), oder Angelegen-
heiten der Fachkreise (Diezstiftung, 1877) bespricht, oder uns in neukelti-
sches Leben und walisische Sprache Blicke thun läfst, — überall fühlt sich
der Leser angeregt, angenehm belehrt und mit wertvollen Dingen in Berührung
gebracht, die ihn nur günstig urteilen lassen von der Wissenschaft, die sie
aufzuschliefsen sucht, und von denen, die sie betreiben, — ein Erfolg, der den
Veröffentlichungen Sch.'s in der Allgem. Zeitung, in dem Neuen Reich und
in der N. Freien Presse Niemand streitig machen kann.
Hier ist der rechte AVeg gezeigt, auf dem in ruhiger Weiterentwickelung
die romanische und neuere Philologie aufserhalb der Gelehrtcnzunft an Bo-
den gewinnen, und ihre Zukunft gesichert werden kann. Nicht ja gerade in
der Form braucht es zu geschehen, die Seh. gewählt hat, die mit seiner per-
sönlichen Art, wie er selbst betont, verwachsen ist, und die nicht Jedem klei-
den möchte, auch nicht in der, Manchen vielleicht zu wellbürgerlichen Ge-
sinnung, in der einzelne Aufsätze Sch.'s geschrieben sind, die nationale Art
und nationale Gegensätze berühren , aber wohl ist zu wünschen , dafs es ge-
schehe in dem an die Sache sich hingebenden und in dem versöhnenden
Geiste, dem allein sich die fremden Dinge aufthun, mit derselben Sachkunde
und Besonnenheit, mit dem weiten Blicke, mit ein wenig von dem eleganten
Wissen und der Beredtsamkeit, die Sch.'s Aufsätze den gewinnenden Ein-
druck noch heute, wie beim ersten Erscheinen, ausüben lassen. Möge ihre
Wiederveröffentlichung ein Zuruf sein an alle diejenigen, denen es gegeben
ist, die jüngste unter den Philologien nach aufsen zu vertreten, nicht weniger
an die, die nach Früchten langen, für die sie den Roden nicht bestellen halfen.
i;. (Iköbkr.
Archivio glottologico Italiano. Vol. IX, punt. 2. Roma 1886, Löscher.
S. 128—301. A.Ive. II dialetto ri'glioto. Ausser einem willkommenen
Neudrucke der von Cubich gesammelten enthält die sduin im vorhergehenden
39*
600 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. W. MEYEk,
Hefte s. I08 begonnene Abhandlung zunächst viele neuen teils von Ive teils
von andern gesammelten Materialien zur Kenntnis des höchst merkwürdigen
Dialekts von Veglia, den Ascoli Arch. I 465 IT. kurz skizziert hatte. Den Texten
folgt dann eine etwas zu kurz ausgefallene Laut- und Formenlehre, ein Wort-
index und einige Trümmer des Rumänischen in Veglia. Man kann sich
jetzt eine Charakteristik der Mundart machen und ihre historisch-ethnologische
lünreihung versuchen. Da fällt vor anderm die Empfindlichkeit des d gegen-
über Palatalen und Gutturalen auf: nicht nur /eis (caseus) biss ^h)asium), son-
dern sogar lies (latus), lik (lac, man beachte die Neutralform), trik (*trage)
u. s. w., ferner grets (gratia), so dafs also die Qualität des auslautenden Vo-
kals den betonten bestimmt hätte. Auf dieselbe Art erklärt sich wohl i statt
ia = e: prik (*preco), dik (decem). Sonst wird d zu ua, uo, u, ohne dafs
das Princip, nach welchem die drei Laute verteilt sind, ganz durchsichtbar
wäre ; e = ai, meist, z. B. stets in den Infinitiven, zu a verengt; e = ia
aufser in den eben genannten und einigen andern Fällen ; 7 = ai, das aber
im Gegensatz zu dem ai = c nicht zu a wird ' sondern zu e, namentlich
wieder im Infinitif, daher dait, dat mit ital. detto nicht mit venez. dito zu
vergleichen ist. Bei den labialen Vokalen liegen die Verhältnisse schwieriger.
Sicher ist oi (kaum o) = i/; ua, u = o und au = ö, wogegen die Einreihung
von ü zweifelhaft bleibt: neben gaulc, traiink, crauk u. a. steht buölp (vul-
pes), ruass (russus), buca, Tnedül. Das Ursprüngliche scheint übrigens doch
au zu sein. Im Auslaut fallen die Vokale aufser a, ebenso das e, i tonloser
Pänultima, sonst ist tonlos e =■ lat. e, tosk. /, tonlos ti = lat. 0 zu merken.
Im Consonantismus ist vor allem wichtig die Bewahrung der Gutturalen vor
hellen Vokalen, der Mangel der Lautabstufung inlautender Verschlufslaute, die
Erhaltung von / nach Consonanten, selbst nach c (chiamuar neben clamud
ist nur in der Endung rein, in Stamme vom Italienischen beeinflufst). Wohin
führen uns nun diese Merkmale.'' Am allerwenigsten nach Rumänien, wie
Ascoli andeutet Arch. I 435, die sehr wenigen Übereinstimmungen sind trü-
gerisch: die Bedingungen unter denen a im Rum. zu t, d wird, sind ganz
andere als diejenigen für wo = a im Vegl., aufserdem sind wohl die beiden
Laute verschieden , wenigstens deutet Jve nicht an , dafs diese uo, ua, u
anders klängen als die entsprechenden italienischen, während das rum. d, 7
artikulatorisch und akustisch von ganz andrer Beschaffenheit ist. Andere
Erscheinungen, die zwar rum. und vegl. sind, aber auch sonst in umliegen-
den Gegenden auftreten, also nichts beweisen können, übergehend, bemerke
ich nur, dafs zwei dem Rum. meines Wissens durchaus eigene Züge fehlen:
pt = et und zm == mn. Zwar führt Jve s. 158 dikidapto neben nuat an,
allein darin ist wohl eine Anlehnung an dikisapto zu sehen.- Wohl aber ist,
wie im Rum., gn zu mn geworden : cumnuata = cognata. In lexikalischer
Hinsicht ist passerain (Vogel) = rum. pasere in ebenso allgemeiner Bedeutung
zwar beachtenswert, aber span. pg. paj'aro dabei nicht zu übersehen, maur
1 Von den Ausnahmen ist apiar nicht aprire sondern *apere\j-e\, rostar,
impenar (venez. impefiire), zarme (= gire) sind aus dem venez. entlehnt und
werden bei ihrer Aufnahme die Conjugation gewechselt haben.
2 Andere Beispiele von gegenseitiger Beeinflussung der Zahlwörter sind
trato (tertius) und mifto (nonus), dicto (decimus) nach cuorto, cinito, sisto ;
venkjoin (21) wird den Guttural von dik-jonco (11) haben u. s. w.
ARCHIVIO GLOTTOLOGICO ITALIANO. 6oi
„grofs" mit runi. mare zu verbinden (s. i6o) zwar verlockend aber unstatthaft;
ich sehe (und das deutet auch wohl der Index s. 175 a an) ein venez. Lehn-
wort darin: ma\t'\icr\}is\. Keinesfalls durfte naf (Napf) mit rum. nap ver-
glichen werden ; und pira (Schaf) ist zwar dasselbe Wort wie istrorum. pire,
aber stammt mit diesem durch osträtische Vermitteluug aus /^c^öra. — Suchen
wir für die zwei wichtigsten Eigentümlichkeiten : ke = ce und uo = a Ent-
sprechungen, so finden wir jenes in Sardinien und in Albanien, wo kerre
(carrum) wie Uint (centum) deutlich zeigt, dafs das k jung, albanesisch, nicht
alt, vulgärlateinisch ist. Illyrien wurde schon 228 kolonisiert, alle übrigen
Länder später. Dieses trefl'en wir, da Caltanisetta u. s. w. geographisch zu
fern liegt, an der Westküste des adriatischen Meeres in Modugno (Terra di
Bari) : arrcvote, stote, ualte, vileteude, despereuute, Jessenereute, cheiipe, und
Bitonto (ebenda) chieume, sbreghegneute, maltratteute, feite (fare), seupi-. In
denselben Gegenden finden wir auch oi (durch die Mittelstufe ei, ai) für e:
moie (mio), avvenoie (avvenia), ai und eu = c, tai, reute (rex), au = 0:
pertataure u. s. w. in Modugno, vecioine, malandroini;, scioie (scire) [daher
avoite = avite, penzoii; = pensia]; sapaje, ve/eive, taiche (te); anaure; auch
der Diphthong in ticmpc eignet allen drei Mundarten. Die Diphthonge von
/, o, c finden sich weithin in dieser Gegend, dagegen bleibt a meist, abge-
sehen von Montenero di Biccaccia (Molise) u. a., wo ud durch das u der
vorhergehenden Silbe bedingt, also ganz andersgeartet ist. Eigentümlich
dem vegl. ist oi = 11, das Ascoli Arch. I 446 dem rovignesischen ou = u
vergleicht; vielleicht dürfte, da der Übergang von ou in <«' artikulatorisch wie
akustisch nicht ganz ohne Bedenken ist (ich vergesse das Porlug. nicht), das
alb. ü = u auch herangezogen werden. Auf die adriatische Küste weist
also der ganze Sprachcharakter und zwar wohl auf die östliche. Hüben und
drüben safsen vor den Römern engverwandte Völker , deren gleichartigen
phonetischen Anlagen die Ausbildung des Vokalismus zu verdanken ist :
nach Dalmatien aber, nicht nach Italien führt uns der altertümliche Kon-
sonantismus. — Freilich über diese alte Schicht hat sich nun recht viel
Junges gelagert: Rätisches und Venezianisches, bald leicht erkennbar, bald
richtig umgewandelt, bald in dem falschen Gewände umgekehrter Sprechweise.
Fast unmerklich ist der Einfiufs der Slaven, im Lexikon weniger noch ak es
Ive annimmt, so fern die einen slav. Wörter auch im Friul. u. s. w. vor-
kommen, andre lateinische nur von ihm verkannt sind; so möchte ich in
suma (Reisig) eher sagmen als serb. suma (Wald) sehen. Auch j'asca (Tisch)
= serb. daska (Brett) ist mir zweifelhaft. Will man Abfall vom d zugeben,
so liegt discus ebenso nahe, oder liegt etwa eine Verwechslung mit esca
vor.' Die äusserst grosse Vorliebe für vorgeschlagenes j ist zwar slav. aber
auch alb., vom Eindringen einer slavischcn Lautregel (wie etwa bei den Istro-
walachen, wo nach Konsonanten i -\- Vok. zu fj -\- Vok. wird) sehe ich
nichts. — suma ist nicht die einzige Antiquität im Wortschatz; wir finden
noch mej'are = mejere wie im Spanischen, und ebenso nepfa: dann pran-
däre = prandere (vgl. Sard. und Rum.), uud dies giebt mir Mut isuar (unter-
richten) = suere oder vielleicht *insuerc zu setzen , denn das von Ive ver-
glichene serb. iziii'iti liegt lautlich zu fern , giebt aber eine semasiologische
Parallele, da ui'iti ursprünglich gewöhnen heifst (der Stamm ist derselbe wie
im goth. biuhts); vgl. rum. htväfd = invitiare, das, merkwürdig genug, sich
602 KECKNSIONEN UND ANZEIGEN. VV. MEYER,
an der Adria : in Tarcnt und Ins tief hinein in die Abruzzen in dieser Be-
deutung findet. Ist endlich doite (nudae) aus indutac, worin in als Negation
gefafst wäre, abstrahiert? — Ich hätte noch vieles namentlich auch über die
Formenlehre zu sagen, doch ist dazu hier nicht der Ort; nur mit ein paar
Worten will ich noch auf das was Ive selbst geleistet, zurückkommen. Dass
der Lautlehre nicht das Lateinische sondern das Italienische oder Venetische
zu Grunde gelegt ist, kann ich nur loben, und wünschte sehr, dafs das auch
anderswo geschähe. Hier freilich hat es seine Schwierigkeiten, namentlich
wenn man, wie Ive das tut, von der Schrift, nicht von der Aussprache aus-
geht; wenn also e, o, zwei Zeichen, für ^, <?, «, o, vier Laute, erscheinen.
Dadurch werden die Unregelmässigkeiten, die bei der Wiedergabe mancher
Wörter zu Tage treten, vertuscht. Sodann wäre sehr zu wünschen gewesen
eine Sonderung der verschiedenen Elemente, die eben nur auf Grund der
Lautlehre möglich ist : diese hätte dann, statt aus einer ziemlich ungeordneten
und jedenfalls recht bunten Zusammenstellung von Wörtern zu bestehen,
Leben und Fleisch gewonnen. Dann wäre wohl auch Cubichs Material auf
seine Zuverlässigkeit hin geprüft worden : ghelaiita statt gheluata ist ge-
bessert und zeigt, dafs Fehler vorkommen: man darf daher auch an der
Richtigkeit von staura (storea) statt stuara zweifeln , und an octo oder
miilier zu glauben, macht mir wenigstens sehr Mühe. — So vielfach auch
der Dialekt gelitten hat durch fremden Einfluss, so merkwürdig ist er doch
immer noch als der letzte Zeuge einer romanischen Sprache, die die beiden
Ufer der Adria umgränzte, namentlich aber in Dalmatien herrschte, wo
sie heute und schon lange vom Venezianischen völlig absorbiert ist. Könnte
Jve noch mehr davon retten, so würde er uns alle zum gröfsten Danke ver-
pflichten.
i88 — 260. Salvioni, Saggi intorno ai dialetti di alcune vallate al-
Vestremitä settentrionale del lago maggiore. Eine, wie man es vom Verfasser
der „Fonetica del dialetto moderno della cittä di Milano" nicht anders er-
warten konnte, recht umsichtige Darstellung der westtessinischen Dialekte
(der Täler der Verzasca, Maggia, Melezza und des Isorno), die sich vor jener
ersten Arbeit (und vor vielen andern verwandten Inhalts) namentlich auch
durch verständige Kürze, Weglafsung alles Überflüfsigen und Selbstverständ-
lichen vorteilhaft auszeichnet. Der erste „saggio" behandelt die Laut- und
Formenlehre, der zweite speziell den Einflufs eines -i auf den Tonvokal.
Die wichtigste Tatsache aus jenem ist, dafs ka im Maiental nur dann zu c'a
wird, wenn das a betont ist. Wir sehen darin von neuem, dafs ein ursprüng-
lich bedingter Lautwandel mit der Zeit bedingungslos (fakultativ) werden
kann ; ferner weist die Beschränkung auf die Stellung vor dem Tone darauf
hin, dafs der Wandel von ka zu ca zuvörderst auf einer Artikulationsver-
änderung des Vokals beruht. Betontes a rückte aus der Normallage gegen
e hin, tonloses blieb, respektive sank nach 0 zu ; jenes wäre, um eine jetzt
wieder aufgegebene Bezeichnungsweise der Indogermanistik zu wählen, n,,
dieses a^. Dem entsprechend sind die Gutturalen dort k^ hier k^. Die Pala-
talisierung ist also jünger als die Gestaltung des Vokalismus. Dies geht auch
daraus hervor, das ü (= lat. ü) und ö (= lat. n) ebenso auf vorhergehendes
k wirken wie a. Lat. k ist somit in der Mehrzahl der Fälle c, nur in einer
sehr schwachen Minderzahl, vor dunkeln Vokalen (vugl. lat. o) k. Wie stel-
ARCHIVIO GLOTTOLOGICO ITALIANO. 603
len sich nun die indifferenten Fälle, wo die Artikulation des k weder durch
hellen noch durch dunkeln Vokal bestimmt wird ; d. h. also, was wird aus k,
das in den Auslaut tritt? Es bleibt nicht unverändert, ein indifferenter,
zwischen k^ und k,^. stehender Laut ist nicht geduldet: die grofse Masse der
X'i zieht k mit sich ; wir erhalten sec, pörc, fiend u. s. w. Daraus sehen wir
weiter, dafs die Palatalisierung jünger ist als das Auslautgesetz: bei siccu(m)
hätte der dunkle Vokal k.^, gefordert. Die Reihenfolge der Lautwandlungen
ist also I. ha, kti, kö, kum, IL ka^, kü, ko, k, 111. k^a^, k^ü, k^o, k, IV.
k^a^, i^,M, k.^o, k^. — Bemerkenswert ist ferner, dafs ü bleibt, nicht zu ü wird
in zwei Gemeinden, während in der einen g doch ö, in der andern sogar e
ist. Da eine Rückkehr von ü zu u nicht wohl annehmbar ist, so wird man
hier, wie in Gallien, anzunehmen haben, dafs der Wandel nicht auf dem
ganzen Gebiete gleichzeitig sondern von bestimmten Centren aus strichweise
erfolgt ist. — Einzelne Erklärungen geben zu Bemerkungen anlafs. S. 190
n. 3 wird das weitverbreitete sg. autr, pl. a{{)tri besprochen, ohne dafs eine
befriedigende Lösung gegeben wäre. Das auslautende / palatalisiert auf
diesem ganzen Gebiete vorhergehende Konsonanten, wodurch ein Übergang
des / in M schlechterdings unmöglich wird: att'ri wird entweder zu at'r'i
oder a{i)t'ri. S. 198 ist der Wandel von e zu i in velin, tarin nicht dem
Einflufs des n zuzuschreiben; s. 205 crTista wegen oberl. crusta, ital. crosta,
frz. croüte mehr als zweifelhaft, die Etymologie des lat. Wortes giebt keinen
Aufschlufs über die Quantität; dasselbe gilt von locüsta. — Auf dem Gebiet
der Konjugation ist ein neues Perfekt wichtig, das aus dem Präsens mittelst
des Suffixes ba, ga gebildet ist, und wofür der Verfasser eine scharfsinnige
und, wie mir scheint, durchaus zutreffende Erklärung giebt: ba, ga ist die
tonlose Form des Partizips von habere: bü, byü; Ausgangspunkt bildet *habeo
*habutum und *sum *habutum, über letzteres vgl. Diez Gr. II 149 Anm.
Sonst merke man das, auch vielerorts in Frankreich verbreitete, und andrer-
seits selbst der toskanischen Schriftsprache nicht unbekannte {nos)homo amat
= (nos) amatnus; daneben *dmamus neben ajndtis, was sich ebenfalls
weithin findet, und wohl damit zusammenhängt. Im Impt. ist die alte
Betonung bewahrt. — In der zweiten Abhandlung wäre die Frage aufzu-
werfen, ob bei diesen umgelauteten Formen nicht z. B. die Analogie mit im
Spiele ist: mar, pl. mer, tal, tel u. s. w. sind offenbar lautlich zu erklären,
aber Idras, pl. lerasP Kann wirklich das -i das betonte mittelbar vorher-
gehende a zu e wandeln, dagegen das unmittelbar voraufgehende tonlose a
unberührt lassen? Oder ist *leres erst wieder durch hiras beeintlufst? Das
ist wenig glaublich. Da a in Proparoxytonis fällt, in Paroxytonis bleibt, so
dürfte auch für -i je nach der Stellung des Accentes verschiedene Abfallszeit
anzusetzen sein, also I *tali, *larici, II tali. *laras, III tel. laras, IV nach
Analogie leras. Ferner hätte untersucht werden sollen, weshalb der Umlaut
im Verbum (2. Sg.) und im Nomen nicht immer derselbe ist, weshalb z. B.
in Villette ital. lavi zu levi, dagegen travi : trqv wird.
261 — 301. P. E, Guarnero, // catalano d'A/ghero. Die Bespre-
chung wird erfolgen, wenn der mitten im Text abgebrochene Artikel fertig
sein wird.
W. Meyer.
6o4 KECENSIONEN UNÜ ANZEIGEN. A. GASPARY,
Giornale Storico della Letteratura Italiana. Anno IV, vol. VII, fasc. 3.
A. Ncri, (Jabriello Chiaüreni e la Corte <// Mantova , über die Bc-
ziehunj^en Chiabrcra's zu dem nianluanischen Hofe, iii den Jahren 1608 161 3
und 1621, nach Dokumenten des viel benutzten mantuanischen Archivs; die
Korrespondenz dreht sich, wie gewöhnlich, meist um Aufträge und Lieferung
von Festpoesien und Klagen über mangelhafte Zahlung gewährter Geld-
geschenke.
K. Pcrcopo, Landi e Dcvozioni dclla Cilti'i di Aquila, Fortsetzung.
Die Lauden enthalten neben Gebeten und Lobpreisungen auch Krzählung aus
Bibel und Legende. Die Änderungen des Textes zur Herstellung der me-
trischen Regelmäfsigkeit sind nicht immer glücklich gewesen, so besonders in
no. VI, der Erzählung der Geburt Christi. P. setzt v. 7 f . : Joseppe avia con
ipso Ad Nazareth la matte (d)e''/(lo) Sa/vatore; aber der Erlöser war ja noch
nicht geboren , also etwa : /a ittatre del Signore. v. 1 6 ist wohl zu lesen :
Che soa gente de Betheleni föne. Nach 29 ist Komma zu streichen, v. 53 ff.
soll die Hs. haben :
Da dio claritate venne
Et li pasturi d'enturno circundaro
Ad alta voce cantando . . .
P. liest cantaro ; ich ziehe vor circundando : cantando zu setzen , da es sich
auf claritate bezieht, v. 65 : Lo angelo (dice) ally pasttiry, scheint mir so
ohne Verb unmöglich, also : Lo angel dice ay p., u. dgl. m.
V AKIET A' : L. R o c c a , Del Commento di Pietro di Dante alla Divina
Commedia contenuto nel codice Ashbtirnham 841. Dieser Kommentar, den der
Verfasser entdeckte , und von dem Bartoli bereits eine kurze , vorläufige Mit-
teilung gemacht hat, giebt sich als das Werk Pietro's di Dante, wie der
1845 von Nannucci publizierte, und verhält sich auch zu diesem wie eine
zweite, vielfach erweiterte Redaktion. Dafs beide von dem nämlichen Ver-
fasser herrühren, schliefst Rocca hauptsächlich daraus, dafs durchgängig die-
selben Autoren in ihnen citiert werden, aber dabei oft nicht dieselben Stellen
ihrer Werke, in beiden sich also so sehr die gleiche Erudition zeigt, wie es
bei verschiedenen Personen nicht wohl denkbar wäre. Aus einer historischen
Andeutung ergiebt sich als Zeit der Abfassung für die 2. Redaktion ungefähr
das Jahr 1355; mit florentinischen Dingen ist der Verfasser gut bekannt, wie
es für Pietro di Dante pafst. Der Codex scheint in Verona geschrieben, wo
in der That Pietro lebte. Rocca hat noch 2 weitere Hss. entdeckt, die eine
in der Bibliothek Barberini in Rom, welche denselben Text giebt wie der
Codex Ashburnham, die andere, eine venetianische, in welcher er stark modi-
fiziert erscheint. Wie ihn dieser Umstand hindern kann, mit absoluter Sicher-
heit den Kommentar der Hs. Ashburnham als eine zweite Redaktion aus
Pietro's eigener Feder hinzustellen (p. 381 f.), sehe ich nicht ein. Dieser
Kommentar hat ein ganz besonderes Interesse noch dadurch, dafs er an zwei
Stellen , die schon Bartoli hervorhob , ganz deutlich von Dante's Beatrice als
einer realen Person redet, an der einen sie ausdrücklich als eine Portinari
bezeichnet. Rocca, der die Stellen mitteilt, zeigt auch, dafs sie nicht inter-
poliert sein können. Somit steht Boccaccio's Zeugnis über die Persönlichkeit
GIORNALE STORICO DELLA lETTERATURA IT ALIANA. 605
Beatrice's nicht mehr in seiner Zeit allein ; wir haben ein zweites , vielleicht
älteres (die Abfassungszeit von Boccaccio's Vita di Dante steht nicht fest)
und von Dante's eigenem Sohne.'
E. Motta, Rappresentazioni Sceniche m Venezia nel 1493 in occasione
della venuta di Beatrice d' Este, eine der vielen Beschreibungen von Hof-
festen aus dem 15. Jahrhundert mit mythologischen und allegorischen Auf-
zügen, mit denen wir seit einiger Zeit fast übersättigt werden.
A. G. Spinelli, Stanze e Sonetto sidla Guerra di Siena (i554)' ^'°
kleines l'oem in Octaven und ein Sonett mit code , bezüglich auf den Krieg,
welcher der senesischen Republik ein Ende machte, von einem Volksdichter,
erhalten in Papieren des Archivs Sola-Busca Serbelloni in Mailand.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA: Francesco Fiorentino , II Risorgi-
mento Filosojico nel quattrocento (F. Tocco ; p. 409 ist von sedici o piii dia-
ioghi di Plato7ie die Rede , die , wie Fiorentino gefunden hätte , Petrarca in
latein. Übersetzung besafs ; dieses ist irrtümlich ; die sedecim vel eo amplius
Piatonis libri waren griechisch, und dazu hatte er einige lateinische, wie die
von Tocco selbst citierte Stelle deutlich zeigt. Fiorentino hatte auch jenes
garnicht gesagt, sondern gab das Richtige. — Dafs Laurentius Valla eigentlich
de Valle hiefs (p. 410), war vielleicht keine so grofse Neuigkeit; denn de Valle
ist doch wohl nur die lateinische Übersetzung von della Valle , wie Vahlen
Valla stets genannt hat). — Mario Mandalari , Rimatori Napoletani del
Quattrocento (Fr. Torraca). — Carlo Braggio, Antonio Ivani, iimanista del
sec. XV (Medin). — Alfonso Bertoldi, Studio su Gian Vincenzo Gravina
(Caravelli, heftiger Tadel). — Adolf Tobler, Proverbia que dicuntur super
natura feminarum (Novati).
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO. In der Besprechung von E. Zerbini's
Note Storiche sul Dialetto Bergamasco ist (p. 458) eine Ballade publiziert,
welche sich auf dem Umschlage eines Code.\ von 1340 findet, und wo eine
Frau ein unsauberes Abenteuer mit ihrem Beichtvater erzählt.
COMUNICAZIONI ED APPUNTI, geben Nachrichten über die Wieder-
auffindung von Petrarca's Autographen des Canzoniere, des Bucolicum und
des De sui ipsius et multorum ignorantia im Vatican, durch P. de Nolhac,
mit einem Briefe des letzteren; einige Zusätze von Graf zu seinem Artikel
über den Artussagenkreis in Italien; zwei Sonette aus einem bolognesischen
notariellen Instrumente der i. Hälfte des 14. Jahrh., mitgeteilt von Novati;
Notizen aus Isidoro Carini's Bericht über seine wissenschaftliche Mission nach
Spanien.
• L. Rocca hat zugleich begonnen, eine umfangreiche Arbeit über die
Dante - Kommentare des 14. Jh. im Proptignatorc XIX l", zu publizieren.
Der I. Abschnitt handelt von dem Kommentar Jacopo's di Dante. Zum He-
weise von Jacopo's Autorschaft dient ihm hauptsächlich ein Ar<,'umcnt,
welches bereits Schelfer-Boichorst in einer dem Verf. unbekannt geblichenen
Anmerkung verwendet hatte. Aus Dante's Verbannung (Strafsburg, 1882)
p. 46, wozu auch Ztschr. VII 72 n., nämlich die, teils wörtliche, Überein-
stimmung mit den die Komödie einleitenden Ter/inen Jacopo's. Für die
Biographie des letzteren hat Rocca niangclliafte Nachrichten, weil er die
Publikation Inibriani's nicht kannte. Indessen enthält iloch auch ilieser Ar-
tikel des jungen Gelehrten einiges Nützliche.
6o6 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. A. (iASl'ARY,
CRONACA. Die Referate über Zeitschriflcn sind wegen Raummanj^els
bis zu Ende des Jahrganges aufgespart; ich halle das für sehr bedauerlich,
da die Nachrichen über den Inhalt der periodischen Publikationen um so
nützlicher sind, je schneller sie kommen, besonders bei den vielen italienischen
litterarischen Wochenblättern , in denen sich leider auch wissenschaftliclie
Arbeiten verzetteln.
Anno IV, Vol. VIII, fasc. 1—2.
F. C. Pellegrini, Agnolo Pandolfini e il Governo della Famiglia.
Der Beweis, dafs der Agnolo Pandolfmi beigelegte Traktat wirklich, wie Bo-
nucci zuerst zeigte, nur eine Bearbeitung von L. B. Alberti's 3. Buche der
Famiglia ist, und nicht umgekehrt, war, nach dem Widerspruche Cortesi's,
neuerdings von Gir. Mancini und G. Sc. Scipioni geführt worden. Aber Pel-
legrini ergänzt denselben durch neue und interessante Ausführungen. Er giebt
aus gedruckten und ungedruckten Dokumenten Nachrichten über A. Pandol-
fini's politisches Leben, welche diejenigen Vespasiano's da Bisticci sehr
wesentlich berichtigen und sich nicht wohl mif seiner Verfasserschaft des
Governo vertragen, und aus einer eingehenden Vergleichung von Stücken der
beiden Fassungen geht zur Evidenz hervor, dafs der Governo nur eine un-
geschickte Umformung von Alberti's Original ist, unternommen in der Ab-
sicht, aus dem einen Abschnitte des gröfseren Werkes eine besondere Schrift
ohne spezielle Beziehungen auf die eine Familie zu machen. Dafs der un-
bekannte Bearbeiter den Pandolfini nahe stand, ist nicht nötig und sogar nicht
wahrscheinlich ; er wählte die Gestalt Agnolo's für die Hauptperson des Dia-
loges nur als die eines in jener Zeit sehr angesehenen Mannes, als welcher er
auch bei Alberti selbst in dessen Tranquillitä delV a7ii7no erscheint. Die
Abfassung glaubt Pellegrini nach gewissen Beziehungen auf Sitten und Zu-
stände gegen 1460 setzen zu können. Dafs der Senator Fil. Pandolfini, wel-
cher das Buch der Crusca zur Verwertung für die 2. Auflage des Wörter-
buches präsentierte, an der Form bedeutend geändert habe, wie man öfters an-
nahm, ist unrichtig, da die beiden Mss. des 15. Jahrb., welche aus der
Bibliothek Ashburnham jetzt nach Italien zurückgeführt sind, nur geringe Ab-
weichungen vom Texte der i. Ausgabe bieten.
C. Cipolla, Sigieri nella Divinä Cotmnedia, sucht nachzuweisen, dafs
man nicht allein, wie Potvin es that, zwei Siger unterscheiden müsse, einen
von Brabant und einen jüngeren von Courtray, sondern noch einen dritten,
der älter als der bekannte Siger von Brabant, Mitbegründer der Schule der
Sorbonne, und, wie es scheint, gleichfalls aus Courtray war. Dante's Sigieri
ist der von Brabant; er kann aber, wie Cipolla meint, nicht identisch sein,
mit demjenigen, auf welchen sich das in letzter Zeit vielbesprochene Sonett
des Flore bezieht: denn in diesem erscheine inaestro Sighier als Genosse
Wilhelms von St. Amour, müsse also die Bettelorden bekämpft haben, und
Dante konnte ihn nicht von Thomas von Aquino preisen lassen. Der Fiore
sagt freilich jenes nicht, sondern nur, dafs Falsosembiante , die Heuchelei,
Meister Siger den Tod durch das Schwert bereitete, und Meister Wilhelm in
die Verbannung brachte. Indessen kann man wohl hineininterpretieren, was
Cipolla herausliest, da eine andere alte von ihm angeführte Nachricht (in einer
Biographie des heil. Thomas von einem Zeitgenossen) Siger zum Gelähiten
GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA. 607
Wilhelms macht. Dieser letztere Siger, der mit demjenigen Dante's nichts
zu thun habe, sei also wohl jener ältere, der die Schule der Sorbonne rait-
begriindete, vielleicht auch der an den Unruhen der Universität Paris 1266
beteiligte. Dafs Siger von Brabant gewaltsamen Todes gestorben sei, ist so-
gar nach Dante's Worten unwahrscheinlich; er wird in dem Ketzerprozefs,
den man ihm 1278 machte, die Absolution erhalten haben und, wie sein Ge-
nosse Bernier de Nivelles, nach Paris zurückgekehrt sein. Einen verurteilten
Ketzer konnte doch auch Dante nicht gut in das Paradies setzen. Die invidiosi
veri ist Cipolla geneigt zu erklären als Spekulationen von solcher Höhe, dafs
sie bei manchen Neid erregen konnten, und nicht als solche, die ihm Hafs
und Gefahr brachten.
Zu diesem Resultate, von dem der Verfasser zugiebt dafs es nicht in
jeder Beziehung gesichert sei, und manche Dunkelheiten übrig lasse, gelangt
derselbe mit einer grofsen Umständlichkeit. Wenn er p, 136 sagt: Abbiamo
chiacchierato anc/ie troppo, so spricht er damit die Wahrheit. Cipolla glaubt,
dafs Dante in Paris gewesen ist, freilich erst nach Sigers Tode, aber dafs er
dort noch den Ruhm desselben in hellem Glänze und seine Werke in den
Schulen fand. Dante soll in Paris gewesen sein zwischen 131 6 und 1318.
Dieses stützt der Verfasser auf die Apostrophe an Carl Martells Tochter Cle-
menza in Paradiso IX i. Dante, meint er, müsse diese Clemenza persönlich
gekannt haben, und es scheine am natürlichsten anzunehmen, dafs er ihr nahe
getreten sei, nachdem sie 1315 Ludwig X. von Frankreich geheiratet hatte.
Wenn man aber glaubte, Dante habe die Fürstin nie gesehen, und sie nur von
Hörensagen gekannt, wäre das wirklich so absurd ? Wie so manche frühere
Danteforscher ersetzt Cipolla , was ihm an positiven Beweisen fehlt , durch
den lauten und entschiedenen Ton, mit dem er seine Überzeugung ausdrückt,
und der bisweilen dem Leser imponiert (p. 64): L'esclamazio?ie del primo verso
del c. IX del Paradiso non ha alcun significato , anzi riesce inopportuna e
quasi ridevole, quando non amtnettiamo ch' essa riproduca una conversazione
effettiz'amente avvenuta. Ich fürchte, Dante hat mit der Fürstin nie ein Wort
gesprochen, ist vielleicht nie in Paris gewesen, und hat sich also in den Augen
Cipolla's einer Lächerlichkeit schuldig gemacht. — p. 74 ff. polemisiert Cipolla
gegen Witte's Ansicht von Dante's geistiger Entwickelung und der Darstellung
derselben in seinen verschiedenen Werken. Wenn er behauptet, dafs bei Dante
kein Gegensatz zwischen Theologie und Philosophie und keiner zwischen Ko-
mödie und Convivio vorhanden war, so hat er vollkommen Recht ; aber zur
Stütze dieser Ansicht bringt er nichts vor, was nicht schon von anderen und
vielleicht besser gesagt worden ist. Seine Diskussion zeigt vielmehr einige
schwache Punkte; er verwechselt im Convivio Beatrice und Donna gentile
(p. 78 und 8i). Witte {Dante f. I 155 und 169) glaubte, in Dante's Bemerkung,
dafs er sich zu einer Zeit mit der Frage beschäftigt habe, se la materia prima
degli elementi era da Dio intesa {Con. IV I), die Spur von Untersuchungen /,u
finden, die ihn in Zwiespalt mit dem Dogma gebracht hätten. Cipolla (p. 82)
schreibt diesen Gedanken Scartazzini zu, der hier, wie unzählige Male, nur
Witte nachsprach, ohne ihn zu nennen. Cipolla selbst meint, in den Worten
Dante's liege noch keine Andeutung ungläubiger Spekulation ; er fafst das
intesa im eigentlichen Sinne, nicht, wie Witte und Giuliani thaten, im Sinne
von creata, und nimmt an, Dante habe nur geschwankt in der Überlegung,
6o8 RECENSIONEN UND ANZEIGEN. A. GASPARY,
wie die materia prima, die keine Form habe, Gegenstand des göttlichen Ei-
kennens werden könne. Allein Dante sajjt nicht cotne, sondern se, und diese
Frage ist doch wohl nicht orthodox, wie ja in tler That Beatrice's Worte
Rtiiff. 33,85 fl'. nur auf eine Ül)crhel)ung im Philosophieren gehen können.
Dante verurteilte, wie Fornaciari so trcriend I)cnicrktc, niemals Vernunft und
lM)il()s()])hie, wohl aber deren Üljcrhebung, und ihrer mag er sich in irgen«!
einer Zeit schuldig gemacht haben (s. Ztschr. VII 61 1, 615). Übrigens hat
diese ganze Frage mit dem Aufenthalte Dante's in l'aris und seinem etwaigen
Verhältnis zu Sigcr wenig oder nichts zu thun. — Cipolla untersucht ferner, was
von Sigers Werken bekannt gemacht ist , findet nahen Zusammenhang mit
Thomas von Atjuin, doch auch einige Abweichungen und wieder Berührungen
mit Bonaventura. Kr schliefst, dafs man bis jetzt wenigstens kein Recht habe,
Siger Ideen von besonderer Kühnheit zuzuschreiben, noch auch heterodoxe
Ansichten; dieses mag schliefslich richtig bleiben; indessen was wir von Siger
kennen, ist nur ein kleines Bruchstück seiner Werke und erlaubt kaum ein
Urteil, wie allerdings Cijiolla selbst anerkennt. — Zu p. 120, wo das Sonett
des Fiore angeführt ist, will ich bemerken, dafs "das concuisto im i. Verse
Korrektur D'Ancona's ist, dafs in v. 5 a fondo gedruckt steht statt afondo
(was bei Castets richtig), und dafs Cipolla das Gedicht mangelhaft verstanden
hat, wenn er die ersten 4 Verse als vom Autor gesprochen auffafste ; er hat,
was vorangeht, nicht oder sehr schlecht gelesen. — p. 123, n. setzt er den
Fiore ohne Weiteres zwischen 1284 und 1294; es ist die Ansicht D'Ancona's,
die sich aber nur darauf gründet , dafs das Sonett Messer Brunetto, questa
puhelletta die Widmung des Werkes an Brunetto Latini sei. Um im Übrigen
nicht auf die von mir schon mehrfach berührte Sache zurückzukommen , will
ich nur fragen : wie konnte jemand Ser Brunetto mit Messere anreden, da er
weder Doktor noch Ritter, sondern nur Notar war? Ich glaube nach wie
vor, dafs das Sonett von Dante und zwar nicht an Betto Brunetteschi ge-
richtet ist (was mir D'Ancona mit Recht bestritt, da der Name Betto nicht
Brunetto, sondern Benedetto ist), wohl aber an Messer Brunetto Brunelleschi,
und dafs es mit dem Fiore nichts zu thun hat, der einige Jahrzehnte jünger
sein mag,
L. Frati, // Purgatorio di S. Patrizio secondo Stefano di Bourbon e
Uberto da Romans, macht mehrere für die Litteratur der Legenden vom Jen-
seits interessante Dokumente bekannt. Der merkwürdige Brief eines Floren-
tiners Antonio Mannini an Corso Rustichi vom 25. Febr. 141 1 (also 1412 der
üblichen Zeitrechung), wo jener einen Besuch im Purgatorium des heil. Patricius
erzählt, zeigt uns, mit welchen Mitteln die Mönche die alte Tradition lebendig
erhielten; der Ort war eine enge dunkele Felskammer, in der die Gläu-
bigen , durch Hunger geschwächt , durch Kälte gepeinigt , durch die vorauf-
gegangenen Erzählungen und Abmahnungen, durch die mannichfachen unheim-
lichen Ceremonien in mafslose Angst versetzt, freilich alle möglichen visionären
Vorstellungen haben konnten. Was er speziell gesehen habe, sagt übrigens
Mannini nicht. Weiter hat Frati die Rubriken des ersten Abschnittes von
Etienne de Bourbons Traktat De septem donis Spiritus sancti und diejenigen von
Humberts von Romans bisher fast unbekanntem De multiplici timore einander
gegenübergestellt, und so gezeigt, dafs der zweite Bearbeitung und Com-
pendium jenes erstes Teils des ersten ist. Dann folgt die lateinische Erzäh-
GIORNALE STORICO DELLA LETTERATURA ITALIANA, 609
lung vom Purgatorium des heil. Patricius aus dem Werke Etienne's nach der
Pariser Hs. Bibl. Nat. 15970, und schliefslich ein italienischer Bericht von
einer Vision des Paradieses und der Hölle, die jemand d. 13. und 16. Febr.
1331 gehabt haben soll, und die sich im Ms. Magl. XXXV 7,3, vor einer
Übersetzung von Humberts Traktat befindet. In den Anmerkungen hat Frati
zu den Details der Schilderung des Jenseits vielfach Parallelen aus anderen
Visionen angeführt. — p. 170, Z. 8 v. u. ?neHus ac melius per eum ire cessif,
1. coepit? p. 172: e un' altra parte andavano a ricievere questi meriti dt
nobili colori, I. vestimenti. — p. 175 Z. 15: E per [che] quello peccato ... 1.
E per quello ; doch ist vielleicht, wie öfter hier, nur im Drucke eckige und
runde Klammer vertauscht.
E. Percopo, Laudi e Devozioni della Cittä di Aquila, Fortsetzung,
publiziert No. 12 — 21; 18, 19, 21 haben dialogische Form, die ersten beiden
die Verkündigung Mariae , die letzte eines der häufigen Gespräche zwischen
einem Lebenden und einem Todten, der jenem die Höllenqualen schildert, mit
besonderem Ungeschick ; wie es scheint, konnte der Verfasser der Lauda nicht
einmal Hölle und Purgatorium recht unterscheiden. Dem Text ist wieder die
grö[ste Gewalt angethan , um die metrische Form herzustellen , und dennoch
ist es oft genug nicht gelungen. Es fragt sich, ob Herstellungsversuche der
Mühe lohnen, wenn man gezwungen ist, solche Mittel anzuwenden; z.B. 12,
V. 33, verdirbt die Änderung den ganzen Sinn; die heil, drei Könige bringen
verschiedene Kostbarkeiten zum Geschenk für das Kind; wonach es zuerst
greifen wird, daran wollen sie seinen Wert erkennen : Allo quäle se pilgliava
(1. pilgliarä r) primamente, Congnoscere porremo lo sou valore. Später heifst
es dann, das Kind habe in wunderbarer Weise alle drei Geschenke zugleich
verfafst. Da kann doch ein Allo quäl, pritnamente, Congnoscere . , . kaum
richtig sein. Eher allerfalls: Qual piglia primamente. — p. 185, n. zu
37 — 38, wird der latein. Text der Visio S. Pauli unediert genannt, was seit
Brandes' Publikation nicht mehr richtig ist. — p. 196 (no. 18), v. i8f. Et
■vanne alla cittä de Nazarena, Et loco ferina lu tou stilo, ist wohl steh (: Ga-
briela) lür ostello, wie altsicil. steri für ostieri. — quinato statt cognato. p. 201,
n. zu 116, findet sich auch in Fragmenta Ilistoriae Romanae (Muratori, An-
tiq. It. 1\1), 303, 317; ih. cunato p. 315. — p. 206, n. fügt Percopo zu den
merkwürdigen Interrogativen altumbrisch quegno, prov. quinh, fem, quinha o.
quina, sowie canh, canha (und cagna noch heut' im Dialekt von Nant), fer-
ner cain, caina, in St. Honorat (p. 122a, 125a, 184b), quencment, queitnement
bei Benoit de Ste. More, vielleicht aus dem Prov. entlehnt, francoprov. quin
(s. Ascoli, Arch. Glatt. \\\i^\,w.), noxCCxK.'äX. quen in Matazone Xativitas rusti.
corum (14. Jahrh. Romania XII 21, v. 96 und 22, v. 167), abnizzesische For-
men, welche irgendwie damit verwandt scheinen, nämlich quinto Adverb „wie",
welches häufig in den alten aquilanischen Lauden sei, und noch jetzt vor-
handenes cliimie. Auch in dem Salze : Me sure quinte dici ?, den Dante als
Spezimen der römischen Mundart anführt {De el. vulg.Yw) sieht er dieses
quinto. Neuprov. ist qunte = qucl, desgl. in Dauphin^ , s. Moutier, Grani-
maire Dauphinoise, Montelimar, 1882, p. 63.
VARIETA.
F. Colagrossö, Chi i il signor de Faltisssimo caiitoP Über Inf. IV
95. Die Gründe für und gegen Foscolo's Deutung auf Virgil statt Homer wer-
6lO RENCESIONEN UND ANZEIGEN. E. LEW,
den diskutiert, oline zu entscheiden. Bezüglich der Überlieferung der Lesart
quei signor, die der Verf. durchaus aV;weist, als häfslich und wenig passend,
zeigt er sich mangelhaft unterrichtet, ]). 22'^, n. 2. Es genügte doch nicht,
Blanc und Scarta/.zini /u konsultieren. Es ist die Lesart Wilte's, ilie derselbe
in 3 seiner 4 JIss. fand, und mit Boccaccio zusammen haben jene immerhin
einiges Gewicht.
C. Cipolla c V. Rossi, Intorno a Jue capi della cronica Malispi-
iiiann, zeigen von den zwei Stellen der Chronik, welche sich auf Manfreds
Kinder beziehen (cap. 187, 209), dafs sie sicherlich nach den entsprechenden
Vilhini's geschrieben sind (VII 9, 41) und ofi'enbar von ihnen abhängen, und
ferntr, dafs jene Stellen die ziemlich allgemeine Ansicht von einer früheren
(Chronik in Vulgärsprache bestätigen, die Villani benutzte, wie auch Dante
aus ihr geschöpft haben wird, und natürlich nicht aus Villani, noch weniger
aus dem angel)lichen Malespini, der jünger als 1 320 ist.
i\ De Lollis, Sonetti inediti di Buccio dt Ranallo , 5 Sonette aus
einem Ms. von Buccio's Chronik vom Ende des 15. Jahrh. im Stadtarchiv
von Aquila; die letzten beiden sind nicht von Buccio und schon früher ge-
druckt, wie p. 322 nachträglich bemerkt ist. Am Ende ist noch ein Sonett
vollstän<lig mitgeteilt, welches Percopo nur lückenhaft gefunden hatte.
R. Renier, Notizia di un poema inedito yiapolitano , Nachricht von
einem bisher nur dem Namen nach bekannten Poem von P. J. Di Gennaro
Delle sei etate della vita humana, eine Vision in 47 Gesängen in Terzinen,
erhalten in einer Hs. Ashburnham. Ein Stück, wo gleichzeitige Schriftsteller
gepriesen werden, ist mitgeteilt und illustriert.
L. A. Ferrai, Vincenzo Afottfi e D. Sigismondo Chigi, publiziert einen
Brief Monti's an den Arciprete D. Cesare Baldini vom 14. Juni 1783, der von
seiner Liebe zur blonden Florentinerin Carlotta, seinen Heiratsplänen und den
damit zusammenhängenden Geldverlegenheiten handelt, und, nach Ferrai, dem
Widerspruche Gnoli's gegenüber seine Ansicht bestätigt, dafs auf jene Liebe
sich auch die Sciolti a D. Sigismondo Chigi und die Pertsieri ntnorosi be-
ziehen.
G. Biadego, Lettere di Carlo Tedaldi-Fores, 6 Briefe an Benassü
Montanari aus den Jahren 1826 — 29.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA : E. Lamma, El dyalogo di Salomon
e Marcolpho (A. Wesselofsky). G. Martinozzi, II Pantagruele di Rabelais
(C. Braggio). Biblioteca Bologna in Firenze (F. Novati).
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO.
COMUNICAZIONI E APPUNTI. G. Sforza, Poesie Musicali del
sec. XVI, 9 Liedchen aus einer Hs. der Bibliothek von Lucca. — E, Per-
copo, Rimatori Napolifani del Quattrocento, nützliche Bemerkungen zu der
Ausgabe Mandalari's, — A. Luzio, Rime del Bertti trascritte da M. Sanudo,
Nachricht, dafs 4 Capitoli Berni's in der von Crescini bekannt gemachten
Sammlung Sanudo's in der Marciana abgeschrieben stehen, und Mitteilung der
Varianten für das eben dort befindliche Sonett auf die Abtei von Rosazzo.
CRONACA. Besprechung einer Anzahl von Zeitschriftenartikeln und
litterarische Notizen.
A. Caspar Y.
REVUE DES LANGUES ROMANES. 6ll
Revue des langues romanes. Vol. XXIX.
S. 53 — 76. Pierre Vi dal, Documents snr la langue catalane des an-
ciens comtes de Roussülon et de Cerdagne. Unter dem gleichen Titel hatte
Alart in der Revue d. Igs. rom. Bd. III ff. eine beträchtliche Anzahl catala-
nischer Urkunden publiziert (Separatabzug Maisonneuve et Cie. Paris 1881),
deren jüngste aus dem Jahre 131 1 datieren. Vidal beabsichtigt die Arbeit
seines Freundes und Lehrers zu ergänzen und die Publikation bis zum Jahre
1380 fortzuführen. Der erste Teil umfafst die Regierungszeit Don Sanchos
von Majorcai3ii — 24, und zwar erhalten wir für das Erste 26 Nummern aus
den Jahreni3ii — 1313. Zu dem Texte ist Folgendes anzumerken. S. 55N0. III
Z. 5 scheint mir pach nicht recht neben assotz „coup de fouet ou de verge"
(Alart, Separatabzug S. 69 n. 2) zu passen, cfr. Alart S. 69 und 116. Ist viel-
leicht penra zu korrigieren ? — S. 60 Z. 6 Tilge das Komma vor al. — S. 63
Z. 3 V. u. Korr. fer statt fea (Druckfehler). — S. 65 Z. 17 Korr. Feyt fo statt
lo, wohl Druckfehler. — S. 66 Z. 2 Warum siel — S. 66 Z. 10 — 11 Die von
Vidal vorgeschlagene Änderung scheint mir wegen des folgenden Satzes un-
möglich. Ich möchte statt estahlesch — s'establi korrigieren. — S. 66 No. XIII
Z. 2 Korr. del statt delt (Druckfehler ?) — Ib. Z. 3 Corr. e fo manament. —
S. 67 Z. 1 1 Das Komma hinter accapte ist zu tilgen. — S. 67 No. XIV Z. 6
Korr. peres statt peix, cfr. S. 72 No. XXII Z. 13. — S. 70 Z. 3—4 De pena
el pan giebt keinen Sinn. Ist vielleicht zu korrigieren que perdra el pan
(cfr. Alart S. 180)? Oder de pena [pach (folgt der Betrag der Strafe) e perd]-
el pan? — S. 74 Das in Anm. i Gesagte ist unrichtig; Subjekt zu vol ist
aquel in der vorhergehenden Zeile. — S. 74 No. XXIV Z. 10 Korr. Rey statt
Roy. — S. 75 Z. 7 v. u, Korr. al grau statt algua.
S. 208 ff. C. Chabaneau, Paraphrases des Litanies en vers proven^aux.
Die Hs. des Musde Calvet in Avignon, aus welcher Ch. in der Revue XIX
209 ff. die jirovenzalische Übersetzung der Bufspsalmen herausgegeben hat,
enthält aufserdem eine Paraphrase der Litaneien der Heiligen, die zuerst von
Lieutaud unter dem Titel „Un troubadour aptcsien de l'ordre de Saint Fran-
9ois", Marseille und Aix 1874 publiziert worden ist. Da diese Ausgabe sehr
selten geworden ist, ist es sehr dankenswert, dafs Ch. den Text nochmals pu-
bliziert hat. Der Verfasser des Gedichtes ist unbekannt; Lieutaud, dem Ch.
beistimmt, vermutet er sei aus Apt gewesen. Das Gedicht gehört also der
Provence im engeren Sinne an; es ist nach 1317 und wahrscheinlich vor 1369
vcrfafst. — In der Einleitung werden die sprachlichen Eigentümlichkeiten des
Gedichtes zusammengestellt (S. 211 Z. 5 und 13 ist XIV statt XIII zu lesen),
es folgt eine Aufzählung derjenigen Wörter des Textes, die bei Raynouard
nicht verzeichnet sind, daran schliefst sich eine Liste der Werke der altprov.
Dichtung, die der gleichen Gattung wie unser Text angehören. Zwei der in
dieser Liste aufgeführten Gedichte werden im „Appendicc" mitgeteilt: eine
bisher noch nicht edierte Paraphrase des Ave Maria und eine Paraphrase des
Credo, die 1862 von Andre ediert worden ist. Endlich enthält der ,,Appen-
dice" noch den Abdruck von 275 Versen aus einem noch nicht edierten Leben
des heil. Georg (Ribl. Nat. ms. 14973). Zu dem von Ch. mit trefflichen An-
merkungen versehenen Texte der Litaneien, möchte ich mir folgende Kleinig-
keiten zu bemerken erlauben. V. 26 Die in der Anmerkung frageweise vor-
6l2 RECENSIONEN UNU ANZEIGEN. E. SCHWAN,
geschlagene Korrektur scheint mir nicht nötig zu sein. Home findet sich
V. 283 als Nominativ, wenn hier nicht, wie auch zuweilen in anderen Texten,
die Form des Obliq. im Vokativ verwandt ist, und an dem Hiatus nahm der
Dichter, wie Ch. S. 212 nachweist, keinen Anstofs. — V. 63 Da sowohl pias
V. 61 wie mias V. 63 Konjektur des Herausgehers sind, und die Formen mia,
tia etc., wie Ch. selbst hervorhebt, im Texte nicht vorkommen, so ist der Lesart
von Lieutaud entschieden der Vorzug zu geben. — V. 187 Warum soll mas
hier nicht wie so oft „da" bedeuten? — V. 190 scheint mir nur gran ge-
tilgt werden zu dürfen. — V. 237 Wenn man e statt que setzt, so sehe ich
nicht, wie man konstruieren sollte ; eher zulässig scheint es mir die gleiche
Änderung V. 236 vorzunehmen, wenngleich auch dann die Konstruktion un-
gewöhnlich erscheint. Ist vielleicht, um sich enger an die handschriftliche
Überlieferung anzuschliefsen, zu schreiben Que aman s" acompaiihavati Duy e
duy et enapres . . .? — V. 248 scheint es mir nicht nötig, das bens der Hs.
zu ändern; a totz bens = 7.\x allem Guten. — V. 409 Mit Rücksicht darauf,
dafs sonst in allen Strophen vor dem Eigennamen satt oder santa steht (nur
361 steht gloriosa Magdalena), würde ich auch hier lieber das handschriftl.
Satit, beibehalten und proada als zweisilbig ansehen, was in diesem Text, wo
auch Johan, Padoa ein-, respective zweisilbig sind, unbedenklich erscheint.
Zu dem Bruchstück des Leben des heil. Georg. V, 4 ist der Druck-
fehler permies statt pertnier zu korrigieren. — V. 6 Da que y atrobam schwer-
lich nur für drei Silben kann, wird trobam zu korrigieren sein. — V. 7 Es
wird ein Punkt nach cavalier zu setzen und Vers 8 mit 9 zu verbinden sein.
— V. II Korr. sertz? — V. 21 Korr. Ni companhoc — V. 35 Korr. E cant.
— V. 47 Der Reim verlangt ein Wort auf -ansa; geht malanansa? — V. 50
Korr, que \entr'' els'\ an, cfr. V. 78. — V. 51 Korr. establit. — V. 52 Korr.
quec statt quada. — V. 64 Tilge ti oder que. — V. lOl Korr. vols, desgl.
V. 144. — V. 103 T\\gQ gran. — V. Il8 Trist e dol. — V. 155 Schreibe
yeus. — V. 181 ist diy eil nach Filha zu ergänzen. — V. 202 Tilge E, setze
Komma statt Semikolon und ergänze E zu Anfang des folgenden Verses. —
V. 237 Korr. de Jesu Crist. — V. 255 Korr. prec.
S. 261 ff. C. Chabaneau, Sainte Marie Madeleine dans la Litterature
provengale (Suite). Cantiques populaires sur sainte Madeleine. Fünf volks-
tümliche Lieder über Maria Magdalena ; von zweien derselben wird die Me-
lodie mitgeteilt. Es folgen sprachliche und litterarhistorische Anmerkungen.
Im Anhang werden aus einer der provenz. Übersetzungen des Neuen Testa-
mentes diejenigen Stellen mitgeteilt, die die hauptsächliche Grundlage der
Legende der heil. Maria Magdalena bilden, nämlich Ev. Luc. 7,36 — 50 nach
der Hs. 2425 der Bibl. nat., Ev. Joh. ii,i — 46; 12,1 — 8; 20,1 — 18 nach den
Ausgaben von Gilly und Wollenberg. Ferner enthält der Anhang noch „La
vida de Santa Martha" aus der provenz. Übersetzung der Legenda Aurea. In
den S. 279 dem Text vorangehenden einleitenden Zeilen ist Z. 6 XXV statt
XXVI zu lesen.
E. Lew.
ARCHIV FÜR DAS STUDIUM DER NEUEREN SPRACHEN. 613
Archiv für das Studiiun der neueren Sprachen, Bd. LXXV, LXXVI.
E. Eickershoff, Über die Verdoppelung der Konsonanten im Alt-
nortnannischen, Bd. LXXV, S. II3 — 146 und 285 — 336.
Der Verfasser behandelt das gleiche Thema, wie Faulde (Zeitschr. IV,
543 ff.), mit Beschränkung auf 9 Hdschr. des XII. Jahrh. und unter Mit-
teilung des ganzen Materials, ohne jedoch damit wesentlich Neues zu bringen.
Im Gegensatz zu diesem hält er sich meist an die Schreibung, ohne zu ver-
suchen die Natur des gesprochenen Lautes zu ermitteln. So wird unter
„assibilirtem c vor e, i" angeführt, dafs sich abweichend cc in acceptable etc.
finde, ohne anzuführen, dafs hier gar kein lautlicher Doppelkonsonant, son-
dern die Verbindung kts vorliege. Bei Faulde findet sich (1. c, p. 554)
diese Anmerkung. Zwischen gelehrten und volkstümlichen Worten wird
nicht durchgängig geschieden, was für jede lautliche Untersuchung doch erste
Voraussetzung sein mufs, die Einteilung ist zu detailirt und bei der Ein-
ordnung der Worte finden sich verschiedenfache grobe Versehen. So sind
z. B. das gelehrte Wort croce Rol. 1670 und trace unter „lat. cc vor e, /"
aufgeführt, während die unter ctj aufgeführten Worte, wohin letzteres gehörte,
ausschliefslich gelehrte Worte sind. In dem einzigen Punkte, in welchem
der Verfasser von seinem Vorgänger abweicht, nemlich in der Auffassung
von //, mm, nn als Zeichen für die Länge des Konsonanten , scheint dem
Neufranz, nach zu schliessen, Faulde die richtige Ansicht zu vertreten.
Karl Engelcke, Die Lieder des Hugues de Bregi, S. 147 — 176.
Eine Ausgabe der Lieder dieses Dichters, zu der das Material aus den
Pariser Handschr. und den bereits publizierten sorgfältig zusammengetragen
ist.* Die vorhergehende Untersuchung beschäftigt sich zunächst mit dem
Handschriftenverhältnis von dem falschen Satz ausgehend: ,, Sobald eine Hand-
schrift in irgend einem der Lieder vollständiger ist, als eine andere, so
ist anzunehmen , dafs dieselbe älter ist und allenfalls der weniger Strophen
aufweisenden zu Grunde gelegen haben kann". Nach diesem Princip werden
die Handschriften gruppiert, wobei natürlich falsche Resultate nicht aus-
bleiben können; die Zuhilfenahme der Strophenfolge (wovon jedoch keine
Belege angeführt werden) lässt im grofscn Ganzen weliigstens die verwanten
Handschriften sich zusammenfinden. Die Lesarten werden nicht zur Bestim-
mung des Handschriftenverhältnisses benutzt. Auf Beweise läfst sich bei
seinen kühnsten Aufstellungen der Verfasser gar nicht ein: „A l (unser T)
war Quelle für A 2 (a) und A 3 (M), eine Behauptung, die eines Beweises
nicht bedarf (p. 51)".
Die folgende Untersuchung über den Dialekt des Schreibers von T
(12615) bietet mancherlei Wunderliches: „vaintra (in welchem / an Stelle
von c stehe) ist jedenfalls laulphysiologiscii zu erklären ; die überhaupt unfran-
zösische Konsonantenverbindung er ist durch tr ersetzt, da nächst der Den-
talen media die dentale leniiis sich der labialen (?) am besten anpafst".
Ähnliche Bemerkungen und ähnliche Kenntnis der französischen Gram-
matik zeigen sich in der folgenden Untersuchung über die Identität des Dich-
^ Es fehlen 3 Handschr.: die von Frankfurt, Arras und Modena (D, A,
H meiner Bezeichnung).
Zeitsohr. f. rom. Pbil. X.
40
6l4 H- WIESE,
ters mit (k-ni V{.rf;issti der ßible au Sfiinieur ilr Jlcrze, der sicherlich mit
dem Dichter identisch ist, wie er auch in Bib. nal. 378 und Brüssel 941 1 — 26
Berzi genannt wird, sowie in der Bestimmung der Heimat des Dichters. Her-
vorzuheben ist die für einen Doktor philosophiac auffallende Ungewantheit
und Unbeholfenheit der Ausdrucksweise.
Bei dem falschen Handschriftcnverhällnis, zu welchem der Verfasser ge-
kommen ist, begreift es sich, dass sein kritischer Text nicht immer die
richtige Lesart gibt. Zu tadeln ist, dafs hinter jeder Strophe die Varianten
stehen, was wohl bei Texten zu Seminarübungen zweckmiifsig ist, nicht
aber bei Texten, die wohl auch ästhetischem Genüsse dienen können. Die
Arbeit scheint eine Rostocker Doktordissertation zu sein.
Karl Huber, Über die Sprache des Roman du Mont Saint- Michel,
Bd. LXXVI S. 113—204 und 315—334.
Eine gründliche, sorgsame Arbeit, die auf breiter Grundlage aufgebaut
ist, indem zur genaueren Feststellung der Sprache des Romans und der einen
publizierten Handschrift die Urkunden und Texte, .sowie die modernen Dia-
lekte der Normandie und der angrenzenden Gebiete herangezogen sind. Der
Verfasser zeigt, dafs der Roman in der centralfranzösischen Schriftsprache ge-
schrieben ist, doch unter Benutzung mundartlicher Formen des südnormannischen
Dialekts, während der Schreiber der Handschrift (A) dem nordnormannischen
Dialektgebiet entstammt. Leider vermochte der Verfasser keine genauere
Nachrichten über die zweite Handschrift (B) zu erhalten, ohne welche über
manche Punkte kein abschliefsendes Urteil gefällt werden kann. Einer
gütigen Mitteilung meines Freundes Fr. Landmann, welcher eine Ausgabe
des Romans vorbereitet , verdanke ich die Kenntnis einiger Lesarten und
Schreibungen dieser Handschrift , die Einzelnes anders auffassen lassen. B
scheint kein ie für e zu kennen , während A verschiedentlich ie für e aus a,
e aus früherem ei (freiem lat. (') und e (gleich lat. e in Pos.) schreibt. So
schreibt B die S. 124. unter e aufgeführten Worte: pert 166, pere 2099, ae
2245, 2248, 2261, oez 2773, 3529, 3687 (nur oiez für loiez laudatis =A 3363).
Diese Schreibung von A zu erklären, ist dem "Verfasser nicht gelungen. Sie
erklärt sich dadurch, dafs der Schreiber von A auch ie = lat. freiem e oder
lat. a unter den bekannten Bedingungen e aussprach. Diefs zeigen die ge-
legentlich erwähnten Schreibungen conge 181 7 (als Schreibfehler mit andern
bezeichnet) muge 3401, ert und eirt (S. 162) etc. So konnte er auch ie für
freies lat. a, freies e und gedecktes lat. e setzen, welche drei er e aus-
sprach. Die Schreibungen: quaier (quaternum) : Paz<?r (Paternum) sind daher
ebenso wie chaier, loiez ect. zu erklären. In der Sprache des Dichters ist
dieses ie wohl noch nicht zu ^ geworden. Die S. 125 oben erwähnten Aus-
nahmen bei Eigennamen werden in einem Fall durch B verbessert: V. 19
reimt diese Handschr. aligne (st. trove), s. Huber S. 124; in den übrigen
Fällen hat B dieselben Reimworte, wie A. Die verschiedenen Schreibungen
für das aus lat. freiem e entstandene Produkt e (früher ei) in normannischen
Handschr. nemlich oei, oe, oie etc. scheinen mir richtig erklärt zu sein, allein wefs-
halb soll dieses oei, welches neben ei, ie, e steht, nicht die normannische Aus-
sprache e bezeichnen, sondern die französische oe'r Unter vortonigem e
(S. 161) werden enveier und andere endungsbetonte Formen dieses Stammes
eiwähiit, deren ei sich durch Analogie zu den stammbetonten Formen erklärt
zu ZEITSCHR. X 461 ff. 615
auch wenn ei nur als Schreibung aufzufassen ist. Das andere 'Wovißatnbeiafit
ist mit dem französischen Suffix -eier (gleich lat. -icare nach einer vokal-
stützenden Konsonantengruppe) gebildet und gehört nicht in diese Rubrik.
Bei der Schreibung oii ist die Möglichkeit nicht in betracht gezogen, dafs
dieselbe den Laut n bezeichne." Auch bei dieser Auffassung begreift es
sich, wenn dqus nicht mit plusurs, seciirs reimt (S. 168). Es handelt sich
also nur darum, ob lat. o vor s und Labialis o oder u gesprochen wurde und
letzteres scheint für den Schreiber die fast regelmäfsige Schreibung ou zu be-
weisen. Ein *Rodömum genügt als Etymon für Rhen vollkommen ; es steht
für Röoem, worin das 0 des Diphthongen nach dem vortonigen 0 fiel, wie
ähnlich im Pic. aus l'uem die Form l'en entstand. Nicht der im Hiat
stehende vortonige Vokal ist hierin geschwunden (S. 175), da es, wie der Ver-
fasser selbst anführt, stets zweisilbig gebraucht wird. Der Reim He (illae-{-i)
: müie (S. 178) ist in B mileu : ley geschrieben, die Formen von sequere in
B sind sttivre, suit die französischen und conseueit (*consequebat). Der Ver-
fasser ist über die Lautung von lat. freiem ^ + / in dem Dialekt des Dichters
zu keinem sicheren Resultat gelangt ; vielleicht wird dies eine kritische Aus-
gabe feststellen können. Die Erklärung von ei aus e-\-i durch iei scheint dem
Verfasser nicht zulässig , „weil i im Hiat vor dem Ton im Altfranzösischen
des Kontinents nicht ohne weiteres zu schwinden pflegt." Allein wir haben
es hier gar nicht mit i im Hiat zu thun, sondern mit Vereinfachung des Tri-
phthongen ieiy Diese kleinen Ausstellungen vermögen den Wert der treff-
lichen Arbeit nicht zu vermindern ; dieselbe ist auch als Strafsburger Doktor-
dissertation senaratim erschienen. „ ^
L. Schwan.
Zu Zeitschrift X 461 flf.
Ich kopierte mir 1881 gleichfalls die lyrischen Parlieen des cod. ricc. 2757
und gebe hier die Abweichungen meiner Abschrift von dem Stengeischen Ab-
druck der in Giranlin's d'Amiens Conte du cheval de fust enthaltenen Lieder
(Zeischr. X 461 ff.).- Meistens sind sie geringfügig, einige verdienen jedoch
Beachtung.
Ich las I V. 5 sen doit, v. 6 voeille — hönour, z;. 7 ce i ai, v. 8 pluz
pleisant. — 2 7/. 4 souspir, z». 5 et ; am Schlufs fehlt bei Stengel der Vers :
dont il ne se set aidier. — 3 v.i je voi, v. 3 quoi que, v. 5 autressi. — 4 ^'. 3
amoureis et, v. 7 reison ni. — 5^-9 vouz, v. 10 joliement. — 6 /taöe ich
Vers 2 wohl versehentlich nur einmal ; v. 5 steht entrer /;/ der Handschrift,
V. 6 la fontainne i sourt serie. — 7 z/. 5 et gays. — 10 z/. 8 touz. — 13
V. 8 tres bele. — 14 ?-. 3 nourreture. — 15 z». 3 paz — chancon. — \G v. i
steht son in der JIs., v. 2 qu(.f/(r.'), v. 4 quesleechies. — iSIf. 8 pris sui,
V. 9 Ainz, V. 10 crains. — 18 II v. 4 que ie ne, v. 6 fust-tanz, v. 8 poours. —
18III z». 3 souuent, v.\0 doulour. 18 IV z'. 4 pleisanz. — 18 V». 2 qainc. —
18 VI z'. 6 la de mesnie. — 19 z». 8 pluz. — 20 v. 2 effort. — 21 z'. l desirree,
V. 10 plaisant. — 23 z^ i verais, v. 9 mcri. — 24 v. 3 amour, <•. 13 bonnc.
R. WlKSK.
* [Der Verf. denkt daran, dafs z. B. bien (benc) rtiouiller (d. i. mouillier),
Premier u. a. ihr i behielten, weil / hier unter andcicii Beilingungen stand als
i in chang-i-er, chass-i-er u. s. w., und vcrniifsi jene ilic Beseitigung des /
— denn dariuii handelt es sich bei der Vercinfaciuin;; - begünstigenden Ver-
hältnisse bei norm, leit peire unil ähnlichen Wörtern. Hrsg.]
^ i für j und u für v lasse ich unangcnierkl.
40*
Sach- und Stell onrogister.
Adam de Suel, Catoübersctzunfj
366 ff. Sprache ders. 371 ff.
Aimes de Varennes 493.
Albe rieh von Besan^on, Alexander-
frafjnient v. 74, 75, Änderuiifjsvor-
schlag 567.
Albertet 593.
Alegret 593.
Alexander 380 ff.
AI ex ainl er Fragment s. Alberich
von Besannen.
A e 1 f r i c -H a n d s c h r i f t e n , Allfranz.,
Glossen in denselben 296 ft'.
Altfranzösische Glossen in Ael-
fric-Handschriften 296 ff.
Alt französische Handschriften,
X = US in afrz. Hss. 294 ff.
Amis et Amiles 259. Textkrilisches
zu — 481 ff.
Anonimo s. Dino Compagni.
Arnaut Catalan 593.
Arnaut Daniel, Randglossen von
Dantes Hand zu Arnaut D.'s Ge-
dichten 448 ff.
Arnaut de Maroill 236.
Aspremont, Gedicht, Hss., Text
22 ff. Grammatik 42 ff. Lexikali-
sches 52 ff. Syntaktisches u. Me-
trisches 54. Bearbeitungen in nor-
mannischer, bezw. anglonormanni-
scher Mundart 44.
Beaumanoir s. Philippe de .Remi.
Beichtsbekenntnis, Das — , prov.
Gedicht, Hs., Versmafs, Text 153 ff.
Bembo kannte Petrarca's Autograph
234. Hs. 206.
Benoit de Sainte-More 493. Bruch-
stück aus dem ,, Roman de Troie",
Hs., Beschreibung der Hs., Text
285 ff.
Benvenuto da Imola, Commentar
zur göttl. Comödie; benutzte hierin
eine Vita(I) di Dante von Boccaccio
198 ff".
Berengar de Peizrenger 593.
Berg ellische Volkslieder 308 ff.
Zur Formenlehre des Bcrgellischen
309-
Bernart de Vcntadorn 236.
Bernart de -Venzac 160.
Berni 610.
Bertran de Born 236.
Bertran de Paris de Rouergue 593.
Biographies, Les — des Trouba-
dours en langue proven^ale publ.
p. Chabaneau. Toulouse, Bemer-
kungen dazu 591 ff.
Blacasset 236.
Boccaccio, Über das Boccaccio zu-
geschriebene kürzere Danteleben
I77ff. Kuhfufs sucht nachzuweisen,
dafs das kürzere Danteleben Boc-
caccio nicht zugeschrieben werden
kann 178 ff. B. hat einen Brief
Petrarcas an seinen Bruder Gerhard
benutzt 186 ff. Bemerkungen über
B.'s Eclogen3ii. Filocolo, Idala-
gos : Forsetzung des in Band IX
437 ff. von \r. Crescini begonnenen
Aufsatzes i ff.
Boethius, frz. Übersetzungen 373ff.
Bonifaci Calvo 593.
Bregi, Hugues de — s. Hugues de
Bregi.
Bru netto Latini 491. Hss. 206 fl".;
239 ff'.
Bruni, Lionardo, Le Vite di Dante
e del Petrarca 201.
Brutchroniken, Elf neue Hand-
schriften der prosaischen — 278 ff.
Buccio 610.
Buonarroti, Michelangiolo, Hs. 206.
Cadenet 591. 593.
Catalanische Urkunden, Bemer-
kungen zu dem Texte derselben 61 1.
Catoüber Setzungen, Afrz. 366 ff.
Cercalmon 317.
Chansons de geste 502 ff.
Chiaro Davanzati, aleche in Ch.
SACH- UND STELLENREGISTER.
617
D.'s Lied : Assai tn'era posato (s.
Zeitschr. IX 471) 292.
Chretien, Catoübersetzer 371.
Coine 593.
„Conte" 513- 519-
Dante, Über das Boccaccio zuge-
schriebene kürzere Danteleben 177 ff.
Dasselbe nicht von Boccaccio 178 ff.
Dante-Hss. 206 ff., 225 ff., 232 ff.
Randglossen von Dante's Hand zu
Arnaut Daniel's Gedichten und zu
anderen Dichtern 448 ff. Divina
Commedia, Inf. I 63 : Chi per lungo
silenzio parea fioco 567. Inf. III
75 ; VI 36; VIII 27; Purg. XXVI
12, XXI 136 : 567. Über des Pie-
tro di Dante Kommentar zur göttl.
Komödie 604 ff. Sigieri nella Di-
vina Commedia 606 ff. Inf. IV 95 :
609.
Dan de de Caslus 594.
Daude de Pradas 594.
Dialekte: Laut- und Formenlehre
des Dialekts von Siena II. T. For-
menlehre 56 ff., 411 ff. Über west-
tessinische Dialekte 602 ff.
Dino Compagni, Verwandtschaft
zwischen Dino und Anonimo 71.
Gemeinsame Vorlage für beide 72 ff.
Die Quelle von Dino geändert 73 ff.
Übereinstimmungen des Anonimo
mit D., Widersprüche 75 ff. In der
uns vorliegenden Chronik sind Be-
standtheile einer echten Chronik
Dino's enthalten 79. Es hat eine
echte Chronik des wahren Dino
gegeben, die uns nur im Auszuge
vorliegt 79 ff., 84 ff. Paolo Mini
bediente sich der Chronik Dino's
80 ff. Lücken in der Chronik 84 ff.
Villani's Chronik berücksichtigt 89.
Anachronismen in der Chronik 89 ff.
Andere Verunstaltungen des Textes
99 ff. Chronologie Il6ff.
„Dits" 506 ff.
Doria Simon 596.
Eble d'Uisel 594.
Eide, Strafsburger, Te.\tkritisches zu
denselben 169. 484.
Elias Cairel, Randglossen v. Dante's
Hand zu E.' C. Gedichten 452.
Elias Fonsalada 594.
Esdemessa, Keine Liedcrgaltuiig
316.
Esquilha 594.
Esteve 160.
Filelfo, Giovan Mario, Vita Dantes;
F. kannte Boccaccio's Danlcbiogra-
phie 204.
Folqucl de .Marscilla I6ü.
Frank o-italienisch: 22 ff. Text:
Aspremont. Hss. 22. Grammatik
42 ff. Lexikalisches 52 ff. Syntak-
tisches und Metrisches 54. Das
Lied von Hector u. Hercules 363 ff.
Französisch: Hss.: Hs. des , .Ro-
man de Troie des Benoit de Sainte-
• More in Strafsburg 285 ff. Ety-
mologisches 292 ff". Elf neue Hss.
der prosaischen Brut - Chroniken
278 ff.
Texte: Die afrz. Liedercitate aus
Girardin's d'Amiens Conte du che-
val de fust 460 ff. Bruchstück des
Roman de Troie des Benoit de
Sainte-More 285 ff.
Lautlehre : 371 ff.
Grammatik: 371 ff. Grammatisch.
Fragen 306 ff".
Syntax: Verwendung des Gerun-
diums und des Participiums Prae-
sentis im Afrz. 526 ff. I. Das Ge-
rundium in substantivischer Funk-
tion: A. Das Gerund, nach Präp.
527 ff. B. Das Gerund, in Stelle
anderer Satzteile 536 ff. IL Das
Gerund, in verbaler Funktion 540 ff.
Das Part. Präs. attributiv 547 ff.
Das Part. Präs. substantiviert 548.
Das Part. Präs. prädikativ nach estre
548 ff. Das Part. Präs. prädikativ
nach anderen Verben des Seins ;
Das Part. Präs. in prädikat. Ver-
hältnis zum Objekt 550 ff. Das
Part. Präs. in passiver Bedeutung
552-
Etymologien: (faine, moire, ama-
douer, bafouer) 573 ff.
Ganelon, Über — und die Verräter
in der Karlssage 256 ff.
Garin d'Apchier 594.
Gaucelm Faidit 236.
Gausbert de Poicibot 504. Ranil-
glossen von Dante's Hand zu G.'s
de P. Gedichten 452.
Gaydon 259.
Gennaro, P. J. di 610.
Girardin d'Amiens, Die afrz. Lie-
dercitate aus G.'s d'A. Conte du
cheval de fust, Hss., Text 460 ff. bi 5.
Girart de Rossilho, Gegenüber-
stellung der in dem Stadtarchiv zu
Stolbcrg aufgefundenen Bruchstücke
einer deutschen Übersetzung (XIV.
Jahrli.) des G. ile R. mit dem pro-
venzalischen Texte 143 ff.
Giraud de Cabreira 153.
Giraud de (\Tlanson 1 v?.
(iirautz de Borneill 23(1.
6i8
W. LIST,
G 1 a u b e n s b c k c ii n l n i s , Das — ,
provcnz. Gedicht, lis. , Versniafs,
Text 153 ff.
Gregorius - Legende, Verhällnis
der Handschriften des altfrz. Gre-
gorius ; Charakteristiit der Handss.
321 ff. Handschr. von Tours (A,)
321 ff. Fehler der Hs. 322 ff. Ar-
senal-Hs. No. 283 (A.) 327 ff. Feh-
ler der I-Is. 327 ff". Hs. der Nat.-
Bibl. zu Paris No. 1545 (A.,), Feh-
ler 331 ff. Londoner Hs. (B,), Brit.
Mus. Bibl. Eg. 6i2; Fehler der Hs.
335 ff. Arsenalhs. No. 325 (B.,),
Fehler der Hs. 336 ff". Gruppie-
rung der Hss. 342 ff.
Guarini, Pastor Fido 311.
Guido 207.
Guillaunie de Saint-Paer, Be-
merkungen über die Sprache des
„Roman du Mont Saint - Michel"
614 ff.
Guillem Fabre 594.
Guillem de Montagnagout 594.
Guinglain ou le bei inconnu 313.
Guylem de Cervera, Textverbesse-
rungen zu s. Proverbes 313 ff'.
Handschriften : Hs. Par. Naz. 1598,
25529; vatik. Reg 1360 22. Pari-
ser Hs. fonds lat. 11312 153. Vat.
7205 205. Italienische Hss. (Vat.)
2c6 ff. Vat. 3196 208; 216. Vat..
3359 223. Vat. 3195 225. Vat.
3199 206. 225. 228. Vat. 3197
206. 232 ff. Vat. 3204 [Par. Nat.-
Bibl. 12473 (früher suppl. fr. 2032)]
235. Katalog des F. Ursinus 205 ff.
Vat. 5233, 3203 238. 5 Hss. des
franko-italien. Liedes von Hector u.
Hercules 364 ff. Vat. 3207 (H.)447.
Bibl. nat. fonds fr. 1589, 1633; bibl.
Riccardiana 2757 460. Elf neue
Handschriften der prosaischen Brut-
Chroniken 278 ff. Bruchstück aus
dem „Roman de Troie des Benoit
de Sainte-More" in Strafsburg 285 ff.
Hs. des Trinity College in Cam-
bridge (T) 296.' Hs. Faustina AX
der Cottonschen Sammlung (F.) 299.
Hss. des altfrz. Gregorius 321 ff. Ar-
senal-Hss. No. 325 322; No. 283
327 ff. Hs. der Nat. -Bibl. zu Paris
No. 1545 331 ff. Londoner Hs.,
Brit. Mus. Bibl. Eg. 612 335. Ar-
senal-Hs. No. 325 336 ff.
Hector und Hercules, Lied v. — ,
franko-italieniscli : der Verfasser ein
Italiener 363 ff.; in 5 Hss. überliefert
364 ff". Text 382 ff'. Grammatische
Untersuchung darüber 386 ff. Laut-
lehre 387 ff. Lexikalisches 405 ff.
Syntaktisches u. Metrisches 407 ff.
Ilue de Rotelandc 493.
Hugues de Bregi, Zu den Liedern
des — 613.
Jacques Bretel 489.
Jaufre Rudel 492.
Jean de Chastelet 494.
Jean de Mandeville 490.
Jean Wauquelin 490.
Jehan de Dammartin 302.
Joinville, Textkritisches dazu (§ 23
= 14«;, S. 6 Michel) 162 ff.
Jordan Bonel 594.
Jordan de Cofolenc 594.
Jourdain de Blaivies, Textkritisches
zu — 481 ff.
Isnart d'Entrevenas 594 ff.
Italienisch, IIss.: Di un codice
poco noto di antiche rime italiane
(Cod. DCCCXXIV della Capitolare
di Verona) 554 ff.
Formenlehre : Formenlehre des
Dialekts von Siena 56 ff., 411 ff.
Etymologien: (rovello) 578.
Karlssage, Über Ganelon und die
Verräter in der Karlssage 256 ff.
Landomata, Geschichte von — 380.
Lanza, Markgraf — 595.
Laudi e Devozioni della Cittä di
Aquila 604. 609.
Liedercitate, Die altfrz. — aus
Girardin's d'Amiens Conte du che-
val de fust, Hss., Text 460 ff".
Lingua romanza 486.
Litaneien der Heiligen, Paraphrase
der — , Bemerkungen zu dem Texte
61 1 ff.
Mace de Troie 366. Überarbeiter
der Catoübersetzung Adams de Suel
369 ft". M. de Tr. ein Italiener 371.
Sprache der Catoübers. 371 ff.
Manetti, Gianozzo, Vita Dante's in
lat. Sprache 202 ff.
Marcabrun 237.
Marie de France, Lais, herausg.
von Warnke, Textkritisches zu den-
selben: Pr, Z. 17 ff., 19, 22; G 50,
99, 136, 233, 253, 251, 257, 265,
316, 322, 324 : 164; G 362, 392,
416, 432, 436, 463, 512, 550, 713,
750, 803; Eq 48, 65, 69, 92, 136,
181, 144; F 34, 98, 43, 61, 114,
154, 182, 294, 359, 458, 369, 388,
395. 447. 524; B 40, 100, 119, 121,
242, 244, 254 : 165; B 265; L 232;
Da 6, 15, 63, 143, 147, 151, 152,
164, 244; Y 17, 112, 121, 127, 206;
L 27, 142; M 46, 64, 171, 332
SACH- UND STELLENREGISTER.
619
407, 449, 511, 525, 526; Ch 20 ff.,
48:166; Ch 125, 134, 158, 213;
Chv 21, 50; El 25, 39, 62, 118,
140, 174, 216, 219, 220, 222, 224,
357- 393, 466, 468, 486, 488, 525,
560, 567, 581, 597, 604, 672, 674,
697 : 167; El 78g, L 416, Y 290,
F 121, G 366, El 44, Eq 185, Y 77,
G 95, 363, 426, El 950, 246, DA
75, L 206, El 475, Ch 212: 168.
Bemerkungen z. Glossar 168. Gram-
matisches 169.
Medici, Lorenzo de, Hs. 206.
Metrik, Versmafs der provenzal. Ge-
dichte : das Glaubens- u das Beichts-
bekenntnis 153 ff. Metrik des franko-
italien. Liedes : Hector u. Hercules
407 ff. Metrik bei Philippe de Remi,
Sire de Beaumanoir 304 ff.
Mini, Paolo, hat sich der Chronik
Dino's bedient 80 ff. Vergleich m.
Dino 81 ff.
Mocenigo, AI. 237.
Monges de poncibot, Lo — s. Gaus-
bert de Poicibot.
Montan 236.
Monti, Vincenzo 610.
Mussato, Albertino 310.
Naimeric de piguilan 236.
Normannisch, Über die Verdop-
pelung der Konsonanten im Altnor-
mannischen 613.
Pandolfini, Agnolo, über seinen
Traktat „il Governo della Famiglia"
606.
Passion Christi 375 ff.
Pastorela, zur — 317.
Peire d'Alvernhe 236. 595.
Peire d'Aragon 236.
l'eire Bremon de Ricas novas 595.
Peire Cardenal 236.
Peire de Corbiac 236.
Peire Espagnol's Alba, Te.\t mit
Varianten 160 ff.
Peire Rogier 236.
Peire Saluage 236.
Peire Vidal 236.
Peirol, Randglossen von Dante's
Hand zu P.'s Gedichten 452.
Pe ironet 595.
Petrarca, von Boccaccio benutzt
186 ff. Autograpli P.'s wieder auf-
gefunden 208 ff. Beschreibung des
Ms. 216 ff. Petrarca-Hss. 2ü6 ff.,
Beschreibung derselben 232 ff. Bem-
bo kannte P.'s Autograph 234 ff.
Über s. Canzone ,,Italia mia" 311.
Philippe de Remi, Sire de Beau-
manoir, Geburt dess., poetische Thä-
tigkeit Pii.'s 302 ff. Versbau 304 ff.
Pierre Duränt 490.
Pietro di Dante, über s. Commen-
tar zur Göttl. Komödie 604.
Porcaro, Stefano, Hs. 207.
Provenzalisch: Hss. 207.
Texte: Peire Espagnol's Alba
160 ff. Das Glaubens- und das
Beichtsbekenntnis 153 ff.
Provenzalische Lyrik, Einiges
über die sog. Volkstümlichkeit in
der prov. I^yrik 317 ff.
Raimbaut de Beljoc 595.
Raimon, Graf von Toulouse 595.
Raimon Feraut 488. 494.
Rätoromanisch: Te.xte 124 ff.
Rätoromanische Ortsappellativa der
Endung -itium, -itia 571 ff.
Raymundus 373.
Remi, Philippe de — s. Philippe de
Remi.
Retroencha 316.
Rime, Le Antiche — Volgari . . .
pubbl. per cura di A. d'Ancona e
D. Comparetti. T. IV. 1886, Be-
merkungen u. Verbesserungen dazu
585 ff-
Rime italiane, Di un codice poco
noto di antiche r. it. 554 ff.
Rodrigo 595.
Roland, Chanson de — , 264, 2192:274.
Roman, Bedeutungsentwickelung des
Wortes R. 485 ff.
Roman d'Acquin 52.
„Romanisch", Begriff des Wortes
486. 523.
Romanische Sprachen: Rom. illi,
illui für lat. ilie, illi 482 ff. Roma-
nische Ortsnamen in Salzburg 596.
Romanisches Ortsappellativum tu-
bus, tufus, lovo und seine Derivate
568 ff. Roman. Etymologien 171 ff.
Über einige roman. Wörter deutscher
Herkunft 262 ff.
Romanisches und Keltisches 597.
„Romanz de geste" 515.
Rumänisch, Ltl., Vokalismus 246 ff.
Sail de Scola 595.
Saint Löger, Textkritisches zum —
(Strophe 8; 12 ; 37, c Hs.) 170. 171.
Salzburg, Romanische Ortsnamen
in — 596.
Samson ile Nanleuil, Sprüclic Salo-
monis 493.
Sannazaro Hs. 208.
Senesischer Dialekt, Formenlehre
desselben 56 ff., 41 1 ff.
Siccus Polentonus, Biographic
Dante's 202.
Sordel 236. Randglossen v. Dante's
Hatul /.u einem Gedichte S.'s 452.
620
W. LIST,
Sprach liiute, Die im alli^cmcincn
u. ilic Laute des Knfilischcii, J^'i^an-
zösischen und Deutschen im beson-
deren 580 fi'.
Tanzlieder 317.
Thibaul de Blazon 596.
Toste ms 596.
Traktat, Französ. — (De rej^imine
principum) 378. Der Übersetzer ein
Italiener 379.
Troubadours, Les Bio^raphics des
— s. u. Bio{^rapliics.
Tubus, tufus, tovo. Das romanische
Ortsappellativum — und seine De-
rivate 568 ff.
IJc de S. Circ 596.
Ujju^'on da Laodiiu 175.
Ursin US, Katalofj des Kulvius Urs.
2U5 ff.
ViUani, l'"ilippo hat die Biographie
Dantes von Boccaccio gekannt und
benutzt 200.
Wacc, Brut 493. S. a. Brutchroniken.
Weinende Hündin, Die — 476 ff.
Text 479.
Westtessinische Dialekte, über —
602 ff.
X = US in altfranzösischen llandschr.
294 ff
Wortregister.
Italienisch,
abbiaccare 171.
albergare 262.
albergo 262 ff",
aleche 292.
allodio 266.
allogiare 265 ff.
amuerro, amoerre,
moerre 574.
anappo 273.
anche 170.
anzi 174.
arengo 275.
aringa 270.
aringhiera 273.
aringo, aringa, arin-
gare 273.
arredo, arredare
275 ff-
astittari 589.
baff 172.
beffa 171.
bellone 597.
corredo 275.
davanzi 175.
egli 320.
Fiammingo 272.
lio 268.
tioco 567.
grol 172.
innanzi 175.
isettare 589.
Loderingo 272.
Maso 371.
pioggia 173.
principio 103.
redo 275 ff.
romanzo 486.
rovello 578.
scipare 173.
sciupare 172.
sconciare 172.
sdrajarsi 173.
silenzio 567.
sisa 173.
tola 172.
vece 292.
R h ä t o r o -
manisch,
cüram 309.
lam 309.
mi 309.
mundar, niundati-
tium 571.
plantair 571.
plantatitium 571.
runa, runna 571.
runar 571.
runatitium , runca-
titium 571 ff.
runcare 572.
ruptitium 572.
tsär 310.
tuba 569.
vanga, vangare ,
vangaditia 572.
vesa 310.
Rumänisch,
astepta 589.
cäläre, cälä'ri 249.
cintä' 248.
cires 246.
descült 246.
fäse 252.
föme föäme 246.
graur 172.
greii 246.
incäll 246.
innöt 246.
lä's, läsT, läsa, lose
250.'^
mer mä r 247.
mii 248.
mineriu 246.
mirced 248.
nour 172.
scuipo 173.
Französisch,
ain^ois 176.
ains 174.
aiudha 169.
albergeage , alber-
gement 265.
algier, algeir 277.
alogement 265.
alogier 265.
alued, allen 266.
amadouer 576.
anceis 175.
a peine 168.
ar-ban 274.
arreier 277.
arrengier, arranger
273 ff-,
arroi 276.
arroi, arroier 275.
bafouer 576.
berserez 168.
broches 168.
cadhuna cosa 169.
charuier 167.
chief 168.
conroi 275.
cu 168.
cuvine 165.
desroi derroi 275.
destrier sejorne 1 68.
dossal 168.
efforcier 1 66.
elin 263. 272.
empeirier 168.
enromancer 519.
eperlan 271.
esbäiz 168.
esclot, esclo 168.
eslais 168.
estre en aiude 170.
faine 573.
feal 270.
feodal, feudal, feo-
dalement, feoda-
liser, feodalisme,
feodaliste , feu-
diste, feudataire,
feodalite 270.
tief 268 ff.
fieffer 268.
Flamenc, Flamand
fois 292.
forceis 175.
fraissengue 272.
fresaie 292.
galop 168.
gite 262.
grolle 172.
hanap (henap) 273.
harangue , haran-
guer 275. 273.
härene, hareng 270.
harousse 273 ff.
heberger,hebergier,
herbergier 262.
275-
helberc 263.
herbere, herberge,
auberge 262 ff.
WORTREGISTER.
621
herupe 273.
hoge 168.
loger 2Ö5.
long 307.
Lorrain 272.
Lorrenc 272.
lui et lei 174.
mire 576.
moire 574.
orer 164.
parier od, — a 165.
parole 172.
partir 165.
piaffer 293.
piailler 294.
pi-asser 294.
piau, piauler 294.
piain 168.
pluie 173.
rang, ranger 273 ff.
re^oivre 52.
refreindre 168.
remaindre 541.
revel 578.
reveler 578.
röe 168.
roi 275 ff.
romancer 519 ff.
romanz 486. 490 ff.
romanx, en — 5-0-
reute 167.
salvarin aiudhai69.
sec 307.
sei afoler 168.
sei enti'esaisir 168.
sei löer 168.
soldeur 168.
suftVance 168.
surjur 168.
tant 168.
tant . . . e 166.
tenir bien (mal) 168.
tisserenc, tisserand
273-
user 169.
user grant peine 1 68.
vouge 173.
Provenzalisch.
adelenc 263. 272.
affevar 268.
albere, alberga 262.
albergar 262.
alodi, aloc, alo 266.
alogar 265.
arei, arredar, arre-
zar 275.
arenc 270.
arengua, arenguar
273-
arregar 273.
arrei 276.
arrenc 275.
ar-renc 273 ff.
conrei 275.
desroi 275.
detz 456.
enap 273.
fes 292.
feu 268.
leis 174.
Loairenc 272.
min 315.
renc, rengar 273 ff.
revel 578 ff.
romans 486. 492 ff.
sin 315.
vezoig 173.
Catalanisch.
correu 275.
Spanisch,
albergar 262.
albergo , albergue
262.
alcuiia 263 ff.
alodio 266.
arenga , arengare
273-
arenque 270.
arreo, arrear 275.
befo 171.
correo 275.
engrudo 577.
esconzado 172.
Flamenco 272.
jeja 172.
muer, mue 574.
romance 486. 522.
tobillo 173.
Portugiesisch,
albergue 262.
alcunha 263.
arenga, arengare
273-
arreio, arreiar 275.
romance 486.
Verzeichnis der Mitarbeiter an Band I — X.
H. Andresen, Prof. in Güttingen: X 481.
F. Apfelstedt, Dr., Assistent a. d. kgl. Bibl. in Berlin (f): IV 330. 521. 582.
V 443. 446.
Tb. Auracher, Lehrer in München: I 259. II 438.
J. Aynieric, Dr., Lector an der Universität in Bonn: IH 321. IV 475.
V 160.
G. Baist, Dr., Bibliothekar in Erlangen: 11303. 473. III 90. IV 318. 443.
456. 470. 474. 479. 586. V 64. 165. -172. 173. 233. 422. 550.
VI 116. 125. 167. 425. 459. 477. 480. VII 115. 630. VIII 157.
IX 146.
F. Bangert, Lehrer in Höchst b. Frankfurt: V 582.
K. Bartsch, geh. Hofrat, Prof. an der Universität Heidelberg: I 58. 1175.
112. 125. 128. 130. 133. 195. 306. 314. 318. 323. 458. 476. 495.
496. 499. 602. 603. III 78. 154. 308. 359. 409. 427. 432. IV 99-
353- 430. 456- 476. 502. 575. V52r. 571. VI 387. 390. 415.
VH94. 157. 582. VIII 456. 464. 570. X 143.
J. Bauer in Winterthur: II 592.
J. Bauquier in Paris (+): II 76. 83. 89.
O. Behaghel, Prof. a. d. Universität Basel: I 466. 575.
A. Beyer, Dr.: VII 23.
J. Bidermann, Prof. an der Universität Graz: II 629.
F. Bischoff, Lehrer in Berlin: IV 123.
Th. Braga, Prof. in Lissabon: I 41. 179.
Th. Braune, Lehrer in Berlin: X 262.
K. Breymann, Prof. an der Universität München: IV 266. 429.
H. Buchholtz, Dr., Oberlehrer in Berlin: I 446.
M. Bück, Dr., Arzt, in Ehingen (Württemberg): X 568. 571. 596.
A. Budinszky, vorm. Prof. an der Universität Czernowitz : V 392.
N. Caix(f), Prof. in Florenz: I421.
U. A. Canello, Prof. an der Universität Padua (f); I 125. 510. 567.
G. Caviezel, Lehrer in Sils (Engadin): X 124.
A. Coelho, Prof. in Lissabon: III 61. 192.
L. Constans, Prof. in Montpellier: VIII 24.
J. Cornu, Prof. an der Universität Prag: II 605. VIH 159.
Graf K. Coronini in Graz: III 557.
V. Crescini, Prof. an der Universität Padua: IX 437. X i.
C. Decurtins, Nationalrat in Truns (Graubüaden): V 480. VI 64. 290. 570.
582. VII 99. 531. VIII 50. 586. 1X332.
B. Dinter, Prof. Dr., in Plauen: II 587.
W. Dreser, Oberlehrer in Speyer: VIH 63. IX 375.
K. Dziatzko, Prof. Dr., Oberbibliothekar in Göttingen: VII 125.
E. Ehering, Dr., in Offenbach a/M. : V 324.
A. Englert, Lehrer in München: 111397.
O. Faulde, Dr., Lehrer in Neisse : IV 542.
A. Feist, Dr., Docent an der Universität Marburg: X 294. 567.
A. v. Flugi: II 515. III 518. 609. IV i. 256. 478. 483. V 461.
VERZEICHNIS DER MITARBEITER AN BD. I X. 02 3
W. P'oerster, Prof. an der Universität Bonn: I 79. 91. 92. 07. 98. 106. 144.
397- 559- 561. 562. 564- 1^77. 79. 84. 91. 162. III 105. 242. 259.
481. 561. IV 377. V 95. 574. 590. VI 108. 414. 422. 480.
K. Foth, Dr., Lehrer in Ludwigslust: IV 249. 422.
E. Freymond, Prof. an der Universität Heidelberg: VI i. 177.
H. Gaidoz et P. Sebillot (Paris): VII 554.
Th. Gärtner, Dr., Prof. an der Universität Cze.nowitz : IX 155. X 580.
A. Gaspary, Prof. an der Universität Breslau: II 95. III 232. 257. 395.
583. 619. IV 571. 610. 619. V 70. 99. 377. 448. 452. 575. 577.
593- 599- VI 162. 164. VII 166. 169. 480. 573. 607. 618. 620.
VIII 130. 1X425. 571. X 292. 310. 585. 604.
M. Gast er, Dr., Docent in Bukarest, (London): II 190. 355. 470. 493. HI
399. 468. IV 66. 184. 467. 574. 585. V 168.
E. Gessner, Prof. Dr., in Berlin: II 572.
A. Graf, Prof., in Turin: II 115. 623.
G. Gröber, Prof. an der Universität Strafsburg: I 108. 582. 11 182. 184.
186. 189. 191. 351. 352. 459. 492. 494. 495. 496. 501. 503. 504.
506. 509. 510. 594. III 39. 133- 146- 151- 157- 158. 304- 310. 314-
316. 399. IV 88. 163. 186. 351. 457. 463. 466. 468. 473. 475. 477.
479. 480. 615. V 89. 173. 175. 607. Bibliographie 1875-6; 1877.
1878. VI 151. 153. 157. 159. 160. 161. 162. 167. 173. 174. 467.
470. 471. 476. 478. 479. 480. 482. 483. 484. 491. 649. VII 165.
636. 637. VIII 112. 149. 150. 151. 152. 153. 154. 155. 157. 160.
290. 312. 316. 317. 320. 478. IX 158. 160. X 174. 293. 300. 319.
484- 597-
F. Haefelin, Dr., in Tliann im Eis.: III 459.
W. Hammer, Dr.: IX 75.
J. Harczyk, Dr., Lehrer in Breslau: VII 579.
O. Hartwig, Bibliothekar Dr., in Halle: V 601.
H. J. Heller, Prof. in Berlin: IX 278.
G. Hentschke, Dr., Lehrer in Liegnitz : VIII 119. 122.
F. Hildebrand, Dr.; VIII 321.
L. Hirsch, Dr., in Bonn: IX 513. X 56. 411.
K. Hofmann, Prof. an der Universität München: IV 156.
F. Holthausen, Dr., Docent an der Universität Heidelberg: X 292.
W. Hordk, Dr., Lehrer: VI 94.
A. Horning, Oberlehrer Dr., in Strafsburg i. E.: V 386. VI 435. 439. VII
163. 572. IX 140. 142. 480. 497.
G. Jacobsthal, Prof. an der Universität Strafsburg: III 526. IV 35. 27S.
E. Joseph, Dr., in Strafsburg: VHI 117.
E. Kade: VH 576.
O. Knauer, Oberlehrer Dr., in Leipzig: I 469. IV 178. V 585.
H. Knust, Dr., in London: IX 138.
R. Köhler, Dr., Bibliothekar in Weimar: I 365. 479. H 182. 350. 111 73.
156. 271. 311. 617. IV 583. V 172. 174. VI 165. 173. 478. 48:.
VIH 120.
E. Kölbing, Prof an der Universität Breshiu : V 88.
G. Körting, Prof. an der Akademie Münster: II 489. III 408. 452. 4O7.
577. IV 175. V 73. 209. 598.
E. Koschwitz, Prof. an der Universität Greifsw.lld : II \bo. ^^S. 480. M7.
B. Krause, Dr., in Japan: IX 268.
H. Krebs in Oxford: III 396.
M. Kuhfufs, Dr.: X 177.
F. Lambrecht, Dr., in Berlin: IV 424.
C. ile .tebinski in Rom: III 39.
L. Lemckc, Prof an der Universität Giesscn(t); I 131. 135. 478. II 3:8.
349. III 130. 131. I5(). 438. 430.
E. Levy, Dr., Docent an der Universität Freiburg: Xbii.
F. Lichtenstein, Dr., l'riv.ildocent an der Universität Breslau (+): IV 173.
024 W- LIST,
V. Liebrecht, l'iof. in Lüttich: I 89. 90. 434. III I2r. 127. IV 37r. 394.
Ol 2. ()I3. V 139. 403. 408. 416. VI 128. 136. 145. 149. 150. 447.
Vni 597. 604. 606. VJII 125. 131. 307. 400. IX 151. 152.
F. Lindner, Dr., Docent an ilcr Universität Rostock: VI 107. 352.
W. List, Dr., Bibliothekar a. d. Univcrs. u. Lan(lesbil)liothek in Strafsburg:
VII639. VIII633. IX 136.641. X285.616. Bibliographie 1881. 1882.
K. Ludwig, Director Dr., in Buxtehude: IH 107. 109.
E. Mall, Prof. an der Univ. Würzburg: I 337. III 298. VIII 449. IX 161.
W. Mangold, Dr., Lehrer in Berlin: VI 150. 153. 158. 159. 160. 161. 162.
VIII 148. 149. 150. 151. 153. 154.
U. Marchcsini, in Padua: X 554.
E. Martin, Prof. an der Universität Strafsburg: IV 85. VI 347.
G. Meyer, Prof. an der Universität Graz: VI 608.
W. Meyer, Dr., Prof. an der Universität Jena: VII 637. VIII 140. 143.
205. 302. 304. IX 143. 223. 597. X 22. 171. 315. 363. 598.
C. Michaelis de Vasconcellos in Porto: IV 347. 591. V 77. 80. lor.
136. 393- 565- VI 37. 216. VII 94. 102. 131. 407. 494. VI[I I.
430. 598. IX 360.
W. Miehle, Dr.: X 321.
E. Monaci, Prof., in Rom; I 375.
A. Morel-Fatio, Prof., in Paris: I 447. III l.-
H. Morf, Prof. an der Universität Bern: V 423.
Th. Müller, Prof. an der Universität Göttingen (f): III 439.
A. Mussafia, Hofrat, Prof. an der Universität Wien: I 98. 402. III 241.
244. 256. 257. 267. 270.466. 591. IV 104. 387. VI 628. IX 138
412.
M. v. Napolski, Dr.: II 498.
F. N eh ring, Prof. an der Universität Breslau: II 184.
F. Neumann, Prof. an der Universität Freiburg II 152. 638. III 628. IV628.
V 385. VIII 243. 363. BibHographie 1879. 1880.
K. Nyrop, Docent an der Universität in Kopenhagen: 11196.
G. Osterhage, Dr., Lehrer in Berlin: X 256.
Fr. d'Ovidio, Prof. in Neapel: VIII 82. 476.
A. Pakscher, Dr., in Berlin: X 205. 447.
A. Paz y Melia, Bibliothekar an der Nationalbibl. in Madrid: I 222.
F. Perle, Dr., Lehrer in Oldenburg: II i. 407.
M. Pfeffer, Lehrer in Berlin: IX i.
R. Pfleiderer, Dr., Pfarrer in Efslingen : III 277.
F. Rausch, Dr., in Frankfurt a/M.: II 99.
P. Rajna, Prof., in Florenz: I 331. II 220. 419. Vi.
A. Redolfi, Seminarlehrer, Wettingen (Schweiz): VIII 161. X 308.
AI. Reifferscheid , Prof. an der Universität Greifswald : IX 396.
P. Reimann, Dr., Lehrer in Danzig: V^III 474.
H. Reinsch, Dr., in Berlin: III 200.
A. Risop, Dr., Lehrer in Potsdam: VII 45.
H. Rönsch, Dr., Diakonus in Lobenstein: I 414. III 102.
J. Roux, Pfarrer in St. Hilaire (Limousin): VI 526.
K. Sachs, Director Dr., in Brandenburg: I 474.
P. Scheffer-Boichorst, Prof. an der Universität Strafsburg; VI 598. 636.
VII 66. 454. 480. X 71.
A. Scheler, Hofrat, Bibliothekar der kgl. Bibl. zu Brüssel : I 247. VII 581.
F. Scholle, Oberlehrer Dr., in Berlin; I 76. 159. IV 7. 195.
H. Schuchardt, Prof. an der Universität Graz ; I iii. 481. II 186. IV 112.
124. 186. 384. V 100. 249. 578. 580. VI 119. 423. 424. 608. X 482.
O. Schultz, Dr., Lehrer in Altenburg ; VI 387. VII 177. VIII 106. IX116.
150. 156. 406. X315. 591.
A. Schulze, Dr., Lehrer in Berlin; VIII 299. IX 431.
E. Schwan, Dr., Privatdocent an der Universität Berlin: X 302. 613.
P. Schwieger, Dr., Lehrer in Berlin: IX 419.
P. Sebillot s. H. Gaidoz et P. Sebillot.
VERZEICHNIS DER MITARBEITER AN P.D. I X. 625
A. Seeger, Lehrer in Wien: IV 465.
F. Settegast, Prof. an der Universität Leipzig: II 312. III 463. IX 204.
X 169. 484.
E. Stengel, Prof. an der Universität Marburg: I 93. 106. 135. 387. 476.484.
11136. 333- 347- 584- 111112. 114. 143. 233. 308. 465. 467. 608. 611.
IV 74. loi. 102. 170. 188. 364. 365. 368. V 88. 174. 379. 381.
VI 390. 397. 403. 462. VII 636. VIII 499. IX 407. X 153. t6o.
278. 460.
A. Stimming, Prof. an der Universität Kiel: I 191. 489. 577. II 609. IH
297. IV 420. 429. X 526.
W. Storck, Prof., in Münster: I 453.
L. Stünkel, Dr., Lehrer in Metz: V 41.
H. Suchier, Prof. an der Universität Halle: I 91. 428. 461. 479. 556. 568.
II 80. 255. 325. 601. III 134. 135. 148. 158. 461. 464. 476. 560.
610. 614. 619. IV 72. 184. 362. 383. 401. 415. 583. V 173. VI
386. 436. 445. 479. VIII 413. 475. 522.
H. Tiktin, in Jassy: IX 590. X 246.
A. Tobler, Prof. an der Universität Berlin: I i. 479. 558. II 25. 142. 182.
187. 188. 351. 352. 353. 389. 504. 506. 549. 589. 624. III 98. 144.
158. 178. 304. 309. 313. 315. 568. 608. 619. IV 80. 159. 182. 373.
V 147. 181. VI 121. 166. 175. 419. 501. 506. VII 480. 481. VIII
293. 481. IX 149. 287. 413. 418. X 162. 164. 306. 313. 315. 476.
573-
O. de Toledo, Bibliothekar an der Nationalbibliothek in Madrid: II 40.
O. Ulbrich, Oberlehrer Dr., in Berlin: I 462. 572. 579. II 344. 497. 522.
III 289. 385- 454-
J. Ulrich, Prof an der Universität Zürich: III 265. 266. I\ 383. VI 325.
VIII 275. 1X429. X567.
H. Varnhagen, Prof. an der Universität Erlangen: I 541. 555. II 80. 495.
111155.161. IV 97. 585. V 162. 454. VI 479. X 296.
W. Victor, Prof an der Universität Marburg: I 165.
J. Vising, Docent an der Universität Upsala : VI 372.
P. Voelker, Dr.: X485.
K. Volimöller, Prof an der Universität Göttingen: I 94. 442. II 58O. Hl
80. 237. IV 155. 386. 617. V85. 385.
K. Warnke, Dr.: IV 223.
A. Weber, Dr., in Männedorf am Züricher See: I 357. 523.
C. Weber, Dr.: V 498.
R. Weisse, Dr., Lehrer in Gera: VII 390.
B. Wiese, Dr., Lehrer in Halle a,S.: VII 236. VIH 37. X O15.
Th. Wissmann, Dr. (f): VI 127.
G. Wolpert, Lehrer in Augsburg: V 52.
W. Zcitlin, Dr. (Rufsland): VI 256. VlI i.
Ualle , Druck von Ehrhardl Karras.
ZEITSCHRIFT
FÜR
ROIAMSCHE PHILOLO&IE
HERAUSGEGEBEN
Dr. GUSTAY GROBER,
PKOFESSOR AN DER UNIVERSITÄT STRA.S.SBÜRG i. K.
1886.
SÜPPLEMENTHEFT X,
(X. BAND 5. HEFT)
BIBLIOGRAPHIE 1885
VON
Dr. WILLY LIST,
14181.11 IIHEKAK AN DER UNIVERSITÄIS- UND l.ANDESHI Kl.l« > 1 HKK
ZU STKASSKURC; i. E.
HALLE.
M A X NIE M E Y K R.
1888.
;[ N H A L T.
Seite
A. Sprachwissenschaft im Allgemeinen i
I. ]'.il)lio<,'raplne S. i. — 2. Zeitschriften S. I. — 3. Grammatik S. i.
B. Mittelalter 3
I. Geschichte und Culturf,'eschichte S. 3. - 2. Lateinische Lilte-
ratur S. 4. — 3. Lateinische Sprache (Allgemeines, Grammatiii,
Lexikographie) S. 6.
C. Romanische Philologie 8
I. Bibliographie S. 8. — 2. Encyklopädie und Geschichte S. 9. —
3. Zeitschriften und Sammelwerke S. IG. — 4. Geschichte und Cultur-
geschichte der romanischen Völker S. IG. — 5. Litteratur und Litte-
raturgeschichte S. II. — 6. Folk-Lore S. 13. — 7. Grammatik und
Lexikographie S. 13.
D. Die einzelnen romanischen Sprachen und Litteraturen . . 14
I. Italienisch '4
I. Bibliographie S. 14. — 2. Zeitschriften S. 14. — 3. Geschichte
u. Culturgeschichte S. 15. — 4. Litteraturgeschichte, a) Allgemeine
Werke S. 16. b) Monographien S. 18. — 5. Ausgaben und Er-
läuterungsschriften, a) Sammlungen S. 24. b) Anonyma S. 25.
c) p:inzelne Autoren und Werke S. 26. — 6. Dialekte und Folk-
Lore S. 35. — 7. Grammatik S. 38. — 8. Lexikographie S. 38. —
Anhang: Rhätoromanisch S. 39.
IL Rumänisch 4°
I. Zeitschriften S. 4G. — 2. Geschichte S. 40. — 3. Litteratur-
geschichte S. 40. — 4. Ausgaben S. 4G. — 5. Grammatik und
Lexikographie S. 41. — Anhang: Albanesisch S. 41.
III. Französisch 4'
I. Bibliographie S. 41. — 2. Zeitschriften S. 42. — 3. Geschichte
und Culturgeschichte S. 42. — 4. Litteraturgeschichte, a) Allge-
meine Werke S. 44. b) Monographien S. 47. — 5. Ausgaben von
einzelnen Autoren und Werken, nebst Erläuterungsschriften zu den-
selben, a) Sammlungen S. 53. b) Anonyma S. 54. c) Folk-Lore
S. 55. d) Einzelne Autoren und Werke nebst Erläuterungsschriften
S. 56. — 6. Moderne Dialekte S. 76. — 7. Grammatik S. 77. —
8. Lexikographie S. 8g.
IV. Pro venzalisch 82
I. Bibliographie S. 82. — 2. Zeitschriften S. 82. — 3. Geschichte
und Culturgeschichte S. 82. — 4. Litteraturgeschichte S. 83. —
5. Ausgaben u. Erläuterungsschriften S. 83. — 6. Moderne Dialekte
S. 84. — 7. Grammatik uml Lexikographie S. 87.
V. C alalanisc h . 8?
VI. Spanisch 88
I. Bibliographie S. 88. — 2. Geschichte und Culturgeschichte
S. 88. — 3. Litteraturgeschichte, a) Allgemeine Werke S. 88.
b) Monographien S. 89. — 4. Ausgaben und Erläulerungsschriften
S. 9G. — 5. Folk-Lore S. 92. — 6. Grammatik und Lexiko-
graphie S. 92. — Anhang: Baskisch S. 93.
VII. Portugiesisch 94
I. Litteraturgeschichle S. 94. — 2. Ausgaben S. 94. — 3. Folk-
Lore S. 94. — 4. Grammatik und Lexikographie S. 95.
Anhang, i. Nachträge zu Bibliographie 1885 95
2. Nachtrag von Recensionen über in Bibliographie i88l — 1883
verzeichnete Werke 98
A 1 p h a b e t i s c h e s V e r z c i c h n i s s 1 00
Verzeichniss der Abkürzungen.
A
Anglia.
Ac
=
The Academy.
AcM
^^^
Allgemeine conservative
Monatsschrift.
AdA
=
Anzeiger für deutsches
Alterthum.
AdB
~
Annales de la faculte des
lettres de Bordeaux.
AdH
=
Auf der Höhe.
AdIV
=
Atti del R. Istituto Veneto
di scienze, lettere ed arti.
AdL
=
Annuaire de la faculte des
lettres de Lyon.
AdN
Atti dell' Accademia di
scienze morali e politiche
di Napoli.
AdSR
=
Archivio della R. Societä
Roniana di Storia Patria.
AeS
=:
Arte e Storia.
AfL
=
Archiv für Literaturge-
schichte.
Agi
=^
Archivio glottologico ita-
liano.
AJ
=
The American Journal of
Philology.
AI
=
Alemannia.
AlL
=
Archiv für lateinische Lexi-
kographie und Grammatik.
AnS
^
Archiv für das Studium der
neueren Sprachen und Lit-
teraturen.
Aptp
=
Archivio per lo studio delle
Iradizioni popolari.
Asi
:=
Archivio storico italiano.
Asl
=
Archivio storico lonibardo.
AspM
=
Archivio storico per le
Marche e per l'Unibria.
AsV
=
Archivio storico Veronese.
Audm
=
Annali universal! di me-
dicina e chirurgia.
Av
=
Archivio veneto.
AV
=
L'Ateneo Vencto.
AZ
=
Allgemeine Zeitung.
B =11 Barctti.
BbG ^ Bliittcr für das Bayer. Gym-
nasialscliulwesen.
BdB = Bulletin du Bibliophile.
BEM = Blackwood's Kdinluirgh
Maga/ine.
Bi = II Bibliofdo.
BlU =■■ Blätter für literarisclic ITn-
Icrhalluiig.
BpW
BsdSi
Bu
c
Cdm
Cds
CS
CT
Cu
DeB
DL
DR
DRu
F
FdD
FG
FR
FzdG
G
GB
Gdba
GgA
Gl
Gli
Gnf
Gr
Gsli
HldF =
Berliner philologische
Wochenschrift.
BoUettino storico della
Svizzera italiana.
II Buonarroti.
Le Correspondant.
Corriere del mattino.
Corriere della sera.
Cronaca Sibarita.
Corriere Ticinese.
La Cultura.
Deutsch-evangel. Blätter.
Deutsche Litteraturzeitung.
Deutsche Revue.
Deutsche Rundschau.
Fan füll a.
Fanfulla della Domenica.
Franco-Gallia.
The Fortnightly Review.
Forschungen zur deutschen
Geschichte.
Die Gegenwart.
Giambattista Basile.
Gazette des beaux-arts.
Göttingische gelehrte An-
zeigen.
Gazzetta letteraria.
Giornale ligustico.
Giornale napoletano di fdo-
sotia e lettere.
Die Grenzboten.
Giornale storico della let-
teratura italiana.
li =
Ip
IZ =
JdK
JdS
JoP
Histoire
France.
lilteraire de la
La illustrazione italiana.
L'Instruction publitpie.
Internationale Zeitschrift
f. allgemeine Spracluvissen-
schaft.
Journal asiatique.
Jahrbuch d. kilnigl. prcuss.
Kunstsammlungen.
Journal des Savants.
The Journal of Philology.
DiM Katholik.
VI
VF.K/.KK IINISS DKK AI'.KI RZtJNGKN.
L
=
Lc Li vre.
LC
=
Literarisches ('entralhlall.
Ia1(1F
rT=
La (lomenica del l'Vacassa,
r.df
=
LcUure di faniif^lia.
T.Dl
r=
La Domcnica Iclteraria.
Lf^rP
^
Literaliiil)laU für j,'crinaiii-
sehe und rninaiiisclu: I'liilo-
lof^ie.
L'idc
==
L'intennediaire des ( hci
cheurs et des ciiriciix.
LI
=
Lucania letteraria.
Lpg
=^
Lettiiie ]U'r lc f^io\ineUe.
M
Melusine.
Me
:r=
I>c Menestrcl.
MfLA
Das Maj^azin für die Lit-
tcralur des Tn- und Aus-
landes.
MG
=
Monumenta Gcrmaniac
Jlislorica. Script.
Mu
=
Lc Museon.
Na
Nuova Antologia.
NAfG
=
Neues Arcliiv der Gesell
Schaft für ältere deutsche
Geschichtskunde.
NJ = Neue Jahrbücher für Philo-
logie und l'ädagogiii.
Nl = Napoli letteraria.
NR = La Nouvelle Revue.
NU = La nuova Umbria.
NuS = Nord und Süd.
Or = Opuscoli religiosi, letterari
e morali.
P = Philologus.
PA = Philologischer Anzeiger.
Pdd = II Pungolo della domenica.
Pr = II Propugnatore.
PR = Philologische Rundschau.
IV = La Ronda.
Rc = Rassegna critica.
Rcr = Revue critique d'histoire
et de littdrature.
Rddm = Revue des deux mondes.
RdE = Revista de EspaBa.
Rdel = Revista de estudios livres.
Rdf = Rivista di filologia e d'ist-
ruzione classica.
RdL = Revue de Linguistique et
de philologie comparee.
Rdl'e = Revue de l'enseignement
secondaire et superieur.
Rdlr = Revue des langues romanes.
Rdmc = Revue du monde catho-
lique.
Rdml
=
Revue du mondc latin.
Rdp
' '
Revue de philf)logie, de
liltcralurc et d'hislüirc an-
cienncs.
Rf
^^
Revue fclibreenne.
Kl'
~^
Romanische J-orschungen
(K. Vollmüller).
Ki
=
K.CVUC internationale.
Kic
^^^
Rivista critica della kttera-
tura italiana.
Kit
=
r,a Rassegna italiana.
KL
=
Revue f.yonnnise.
KM
t-tt:
Kliiinischcs Museum für
l'hilologie.
KN
=
La Rassegna Nazionalc.
Ro
=
Komania.
KV
=
Rassegna l'ugliese.
Rpl
=
Revue polilique et littd-raire.
RS
=r^
Romanische Studien.
Rsi
=
Rivista storica italiana. •
Rsni
=
• Rivista storica mantovana.
S
=^
La Sapienza.
Sc
=
La scuola catlolica.
SFR
r=
Studj di Filologia Romanza.
Sr
=
La scuola romana.
r
=
Taalstudie.
To
=
11 Topino.
TpS
=
Transactions of thc philo-
logical Society.
VkR = Vierteljahrsschrift für Kul-
tur und Litteratur der Re-
naissance.
WkP = Wochenschrift für klassi-
sche Philologie.
WS = Sitzungsberichte der philos.-
hist. Classe der kais. Aka-
demie der Wissenschaften
(Wien).
ZdA = Zeitschrift für deutsches
Alterthum.
ZdP = Zeitschrift für deutsche
Philologie.
ZfG = Zeitschrift für das Gym-
nasialwesen.
ZnSpr = Zeitschrift für neufranzösi-
sche Sprache u Litteratur.
Zo = Zeitschrift für ortografie
(Victor).
ZOG = Zeitschrift für die österrei-
chischen Gymnasien.
ZrP == Zeitschrift für romanische
Philologie.
ZvS = Zeitschrift für vergleichende
Sprachforschung.
Bibliographie 1885.
A. Sprachwissenschaft im Allgemeinen.
I. Bibliographie.
Bibliotheca philologica . . . Hrsg. von Max Heyse. 37- Jahrg. I.Heft.
Jan. -Juni 1884. 2. Heft. Juli-Dec. 1884. Göttingen, Vandenhoeck & Ru-
precht's Verl. 8». 400. M. 4. I
2. Zeitschriften.
Zeitschrift, internationale, f. allgemeine Sprachwissenschaft, unter Mitwirkg.
V. L. Adam, G. I. Ascoli, F. A. Coelho etc. hrsg. v. F. Techmer.
2. Bd. Leipzig, Barth. 8". XXXII, 412, mit i Stahlst, u. 17 Fig. M. 12. 2
3. Grammatik.
Steiner, P., e. Gemein- od. Weltsprache. [Pasilingua.] Vortrag. Neuwied,
Heuser Verl. 8". 14. M. 0.30. 3
— Elementargrammatik nebst Uebungsstücken zur Gemein- oder Weltsprache
(Pasilingua). Deutsche Ausg. Berlin, Leipzig, Neuwied, Heuser's Verlag.
8". 80. • 4
Merlo, Gli studl delle linguc. In Riv. di fdos. scient. IV 3, 262 — 75. 5
Abel, K., Sprachwissenschaftliche Abhandlungen. Leipzig, W. Friedrich. 8".
VI, 468. M. 10. 6
S. DRu 42,316 {G. Lindncy). BpW VI 1125 {A. Lincke).
Meyer, G., Essays und Studien zur Sprachgeschichte u. Volkskunde. Berlin,
R.Oppenheim. 8". VII, 412. M. 7. 7
6'. Rcr N. S. 19.421/-. {F. Henry). L^rP VI 83 {F. Nettmann). PR V
889 {G. A. Saalfeld). WkP II 705 (O. Gruppe). BpW 7' 1237 (Ä Del-
brück). LC 1885, 1426 {Ed . . .d Z .. . e). DL 1885. 750 (ö. Seh ra-
der). ApipIV^O^ {G. Pitrc). NA 2 ser. LI y/C). M II ^-jcf (Ch. ML).
BhG 1886, 308 {Orterer).
Müller, Frdr., Grundriss der Sprachwissenschaft. 3. Bd. Die Sprachen der
lockenhaar. Rassen. 2. Abth. 2. Hälfte. Die Sprachen der niittelländ. Rasse.
(S. 225— 480). Wien, IKildcr 1886. 8". M. 5.40 (I— III, 2 : n. 41. 40). 8
S. AnS LXXVI2\() {II. Buchholtz). DL 1885, 527 {W. T.); 1886. 1228
( JV. Tomaschek).
Pott, A. F., l'^inleitung in die allgemeine Sprachwissenschaft. Zur l.iuor.itui
der Sprachenkunde im Besondern. In IZ II 54 I15; 209 251. i)
Byrne, J., General Frinciples of the Structure of Languagc. London, rnilmcr.
2 vol. 8". XXXII, 504; XVIII, 396. geb. sh. 36. 10
X Rcr N. S. XXi 241/. (/'. Ifenry). LC 1886. 320 {6-. v. d. (.;.). DL
1886, 555 {A. Bezzenberger).
Kruszewski, N., Principien der Spiachentwickelung (I'"orts.). In IZ II 2v^
268. II
Hovelacque, 1^'Evolulion du langage, Conference transforniiste. Paris, inip.
Hennuyer. 8". 23. Fxlrait des i?ullctins de la Societe il'anthropologic 12.
Zcil.sclir. f. rom. I'hil. .\. Hibl. I
2 HIHMOOKAPfflR 1885. MITTRLALTF.R.
Wegetier, Pli., Untcrsucliungcn üb. die firiindfr.ificn d. Sj^raclilebcns. Halle,
Niemeyer. 8". VIII, 208. M. 5. 13
.9. WkP II 1618 {Goswin K. Uplmes). BpW VI 181 (//. Ziemer). LC
1885. 1230 (//. P.). LffrP 1886, 265 {F. Misteli).
Brugmann, K., Zum heiiti}^en Stand der Sprachwissenschaft. Strassburg,
Trübner. 8". 144. M. 2.50. 14
.S'. LgrP VI i\a,\ {J. Wacker tiaj^^fl). Per N. S. XX lT,lff. {J\ Henry).
ZiiG XXXVI GiGff. (/'•. Stoh). PA .AT 384 (//. D. Müller). PK J'qiy
{//. Zie?ner). JVkP II iS^Sß- {P. Ifolthausen). BpW V KdO'^, {II. Ost-
hoff). ZC 1885. 814 (//. P.). DL 1885, 1409 {F. Hartmann).
Curtius, G., Zur Kritik der neuesten Sprachforschung. Leipzig, S. Hirzel.
8". 161. M. 2.60. 15
S. SFR I i^\i ff. {E. Marchesini). LgrP VI i\i,\ {J. Wackernagel).
Per N. S. 19,501/". (/'. Regnaud). PA ^^285 (//. D. Müller). PR V
886 {G. A. Saalfeld). WkP II I5I5#. (/'". Ilolthausen). BpW V lOo^
{IL Osthoff). LC 1885, 309 {G. M. . . r). DL 1885, 339 {y. Schmidt).
Delbrück, B., die neueste Sprachforschung. Betrachtungen üb. Georg Cur-
tius' Schrift zur Kritik der neuesten Sprachforschg. Leipzig, Breitkopf &
Ilärtel. 8". 49. M. i. 16
S. LgrP F/441 (y. IVackernagel). PA XV 379 {IL D. Müller). PR
917 {H. Ziemer). WkP II 1515 # {F. Ilolthausen). BpW V 1603
(//. Osthoff). LC 1885, 814 (//. P.). DL 1885, 1781 (/'•. Ilartmann).
De Vit, V., Sull'origine del linguaggio: discorso letto all'Arcadia il di 30
gennaio 1884, 2» ediz. riveduta ed accresciuta. Roma, tip. alle Terme Dio-
cleziane. 8". 29. Per nozze Spezia-Guglielmi. 17
S. Rdf XIV 12^ {P. Merlo).
Techmer, F. , Sprachentwickelung, Spracherlernung, Sprachbildung. In IZ
II 141 — 192. 18
Abel, K., Zur Frage nach den Kennzeichen der Sprachverwandtschaft. In
IZ II 43— 53. 19
Sohuchardt, H., Ueber die Lautgesetze. Gegen die Junggrammatiker. Ber-
lin, Oppenheim. 8", VI, 39. M. 0.80. 20
S. LC 1886, 223. DL 1886, 1023 {F. Hartmatin). BpW VI 92^^
{H. Ziemer). LgrP 1886, \ ff.; 83 {H. Paul); 80 jf. {Erwiderung:
H. Schuchardt).
Curti, Th., Die Entstehung der Sprache durch Nachahmung des Schalles.
Stuttgart, E. Schweizerbart'sche Verlagsbuchhandlg. (E. Koch). 8^ 72.
M. 1.60. 20a
S. WkP III i^ff'. {G. K. Uphues). LC 1885, 1392 {H. v. d. G.).
Baynes, H., On the psychological side of language. In IZ II i — 12. 21
Gerber, G., Die Sprache als Kunst. 2. neubearb. Aufl. Berlin, R. Gärtner.
2 vol. 8». VIII, 561; 526. M. 20. 22
S. Rcr N. S. XX 2(^9 {V. Henry). PR V 9x2 {G. A. Saalfeld). WkP
III a,%iff. {H. Zie?ner). BpW VI. 1282 {G. Vogrinz). DL i8Ss, 1138
(6". Simmel). ZöG 1886, 432 {W. Jerusalem).
Meyer, G. H. de, Les Organes de la Parole et leur emploi pour la forma-
tion des sons du langage. Traduit de l'allemand et precede d'une Indro-
duction sur l'Enseignement de la Parole aux Sourds-muets par O. Cla-
veau. Paris, Alcan. 8". XXIV, 248. Avec 51 figures dans le texte. 23
S. Alind 1885, No. 37, 146.
Sievers, E., Grundzüge der Phonetik zur Einführung in das Studium der
Lautlehre der indogermanischen Sprachen. 3. verb. Aufl. Leipzig, Breit-
kopf & Härtel. 8". XVI, 255. M. 5. Bibliothek indogermanischer Gram-
matiken I. 24
S. LC 1886, 555 {W. B.). DL 1886, 771 {H. Collitz). LgrP 1886, 191
{Th. Gartjier).
Pol, H., Einiges über den Nutzen der Phonetik oder Lautphysiologie. In
T VI 173- 181. 25
Canitz, W., Gehör und Lautsprache. Gymn. Progr. Bautzen. 4'^ 36. 26
BIBLIOGRAPHIE 1885. GESCHICHTE UND CULTURGESCHICHTE. 3
Stricker, S., Du langage et de la musique. Traduit de l'allemand par Fre-
deric Schwiedland. Paris, F. Alcan. 8". VIII, 180. Fr. 2.50. Biblio-
theque de philosophie contemporaine. 27
Techmer, F., Zur Veranschaulichung der Lautbildung. Leipzig, Barth. 8".
32. Mit Wandtafel M. 1.60, ohne W. M. i. 28
S. DL 1886, 54 (G. Michaelis).
Michaelis, G., Ueber das mittlere a. In IZ II 269 ff. 29
— Ueber die Theorie der Zischlaute. In Zo 1885, i ff. 29a
Kussmaul, A., I XXXVI capitoli della sua opera „Die Störungen der
der Sprache" riassunti in lingua italiana dal dott. G. Bossi. Bologna, tip.
del Commercio. 8". 90 e una tav. L. I.50. 30
Barbieri, O., Cenni intorno all'origine della scrittura alfabetica. Bologna,
Zanichelli. 8". 64. L. O.80. 31
Gabelentz, G. von der, Zur Lehre von der Transskription. In IZ II 252 —
257- . 32
Kleinpaul, R., Menschen- und Völkemamen. Etymologische Streifzüge auf
dem Gebiete der Eigennamen. Leipzig, Reissner. 8", XX, 419 m. i Tab.
M. 8. 33
Reichardt, H., The Ornaments of language. Berlin, Weidmann. 8".
M. 1.20. 34
Rosenstein, A., Die psychologischen Bedingungen des Bedeutungswechsels
der Wörter. Diss. Leipzig. 8". 29. 35
Pauli, Carl, altitalische Forschungen. I. Bd. Die Inschriften nordetruski-
sehen Alphabets. Mit 7 lith. Taf. Leipzig, Barth. 8". VIII, I3[. M. 9. 36
S. ZöG 1886, 512 (_F. Stolz).
Studien, altitalische. Hrsg. v. Carl Pauli. 4. Heft. Hannover, Hahn. 8".
VIII, 176. M. 8. 37
S. PR F1640 (C. Pauli). WkP III 3,ff. (O. Gruppe). PpW I'i^gg
ir. Deecke).
B. Mittelalter.
I. Geschichte und Culturgeschichte.
Waitz, Geo., deutsche Verfassungsgeschichte. 4. Bd. 2. Abth. A. u. d. T.:
Die Verfassg. d. Fränkischen Reichs. 3. Bd. 2. Abth. 2. Aull. Berlin,
Weidmann. 8". XIV u. 365— 744. :\ M. 8. (I— IV.: n. 64). 38
Henne am Rhyn, Otto, die Kreuzzüge und die Kultur ihrer Zeit. 2. Aufl.
Volksausg. mit 100 ganzseit. Illustr. von Gust. Dorö und verschieilenen
ganzseit. Illustr. deutscher Künstler, und üb. 100 Te.\t-Iliustr. (in Holzschn.).
(In 15 Lfgn.). I. Lfg. Leipzig, Bach. 4". 32. M. i. 39
Denifle, Ileinr., die Universitäten des Mittelalters bis 1400. I. Bd. A. u. d.
T. : Die Entstehg. der Universitäten d. Mittelalters bis I400. Berlin, Weid-
mann. 8". XLV, 814. M. 24. 40
S. Rcr N. S. XXII i,^^ ff. (CA D.). LC 1886, 1267. G^A 1886, 797
{G. Kaufmann). BplVV'l ~~,() (//. Bressler). DL 1885, I405 i,F. Paulsen).
Racinet, Lc Costume historique : 500 planches, 300 en couleurs, or et argent,
200 en camaieu, avec des notices explicatives et une clude historique; par
A. Racinet. lö^-' — i8e livraison. Mesnil, imprini. Firmin Didot ; Paris, libr.
Firmin-Didot et C«". 2". 118 et 23 pl.; 98 et 23 jil.; 96 et 24 pl. L'ouvrage
formera 6 vol. de 400 p., dont 5 de pl. et i de te.\te. II paraStra cn 20
livraisons. Chaque livraison contiendra: 25 pl., dont 15 en couleurs et 10
en camaieu, et 25 notices e.xplicatives. Chacjue livraison (("dition ä potilcs
marges), 12 fr.; cdition de luxe (;\ grandes margcs), 25 fr. 41
— Geschichte il. Costüms in 500 l'af. in Gold-, Sillur- u. I''.nliendr. Mit
erläut. Text. Deutsche Ausg., bearb. v. Adf. Rosenberg. 2. Hd. (loo
Taf. m. 100 Bl. Text). Berlin, Wasmulli. 4". M. 40. .\l;ippe d.i/u M. 2;
auch in Lfgn. i M. 4. 42
4 lUnLIOGRAPHIE 1885. MITTELALTER.
Hefner-Alteneck, J. II. v., Trachten, Kunstwerke und Geräthschaftcn vom
frühen Mittelalter bis zum Ende des l8. Jahrh. nach fjleichzciligen Orij^'i-
nalen. 2. verm. u. verb. Aufl. 62. — 72. Lfg. (6. Bd., S. i — 16 m. je sechs
Chromolith.) Frankfurt a. M., Keller. 2". i^ M. 10. 43
2. Lateinische Litt erat ur.
Bibliotheca philologica classica. . . . Beiblatt zum Jahresbericht üb. d.
Fortschritte d. class. Allcrthumswissenschaft. 12. Jahrg. 1885. 4 Hefte.
Berlin, Calvary & Co. 8". M. 6 jährl. 44
D., L., Anciens Catalogues des Eveques des 6glises de France. In HldF
XXIX 386-454- 45
Brandt, S., Verzeichniss der in dem Codex 169 von Orleans vereinigten Frag-
mente von Handschriften lateinischer Kirchenschriftsteller. In WS 110,
167—74. 46
Archiv für Litteratur und Kirchengeschichte des Mittelalters herausg. von
P. Denifle und Ehrle. L Band, 2.— 4, Heft. Berlin, Weidmann. 8".
165 — 642. pro Bd. M. 20. 47
S. DL 1886, 321 (ä: Müller).
Fritzsche, C, Die lateinischen Visionen des Mi,ttelalters bis zur Mitte des
12. Jahrhdts. Ein Beitrag zur Culturgeschichte. In RF II 247 — 279. 48
Sabbadini, R., Notizie sulla vita e sugli scritti di alcuni dotti umanisti del
sei XV, raccolte da codici italiani. — Emanuele Crisolora. — I due maestri
Giovanni da Ravenna. — Francesco Filelfo. — Antonio Beccadelli detto il
Panormita. — Giovanni Lamola. — Poggio Bracciolini. — Isotta Noga-
rola. — Antonio da Rho. — Giovanni Aurispa. — Guiniforte Barzizza.
In Gsli V 148 — 179; VI 163 — 176. 49
Lateinische Gedichte des neunten bis elften Jahrhunderts. Von E. Dum ml er.
In NAfG X 331—357. 50
Lange, C, Ungedruckte lateinische Osterfeiern. In ZdA N. F. XVII
246—259. 51
Ein Augensegen. Mitgetheilt von R. Kade. In NAfG X 186 ff. 52
Ein lateinischer Hymnus auf S. Adalbert. Von R. Kade. In NAfG
X 180—185. 53
H., B., Anonyme, auteur du Tractatus de abundantia exemplorum in sermo-
nibus. In HldF XXIX 546—551. 54
Schleussinger, Ueber ein ungedrucktes lateinisches Marienlied. (Mit i Tafel.)
In Sitzungber. d. philos.-philol. und histor. Cl. d. Ak. d. Wiss. zu München.
1885, 227—242. 55
Migne, J. P., Patrologiae cursus completus, seu Bibliotheca universalis, in-
tegra, uniformis, commoda, ceconomica omnium SS. Patrum, doctorum
scriptorumque ecclesiasticorum sive latinorum, sive gra^corum, etc. Series
latina, in qua prodeunt Patres, doctores scriptoresque Ecclesise latinaj a
Tertulliano ad Innocentium III, accurante J. P. Migne, Patrologia? latin»
tomus 134. Atto Vercellensis episcopus; Leo VHI antipapa; Bruno Colo-
niensis, Wiboldus Cameracensis archiepisc; Utho Argentinensis episc; Adal-
gerus episc. incerta sedis; Guillelmus Cabillonensis monach. Saint-Amand,
imp. Destenay; Paris, lib. Garnier freres. 8", ä 2 col. 516. 56
Abelard et Heloise. Lettres completes d'Abelard et d'Heloise. Traduction
nouvelle, precedee d'une preface, par Greard. Paris, Garnier freres. 8".
XIX, 412. 57
Apollonius de Tyr. C, Lanza, Apollonius de Tyr. In Mu 1885, 64—72;
199 — 202. 58
Amulfus. Zur Geschichte der mittellateinischen Dichtung. Arnulfi Delicie
Cleri. Von Joh. Huemer. In RF H 211 — 246. 59
Carmen de S. Bavone. Von O. Hold er- Egger. In NAfG X 369—372. 60
KIULIOGRAPHIE IÖ05. LATEINISCHE LITTERATÜR. 5
Claudiani Mamerti opera. Recensuit et commentario crilico inslruxit
Aug. Engelbrecht (Corpus Script, ecclesiast. lat. Vol. XI). Vindobonae,
C. Gerold. 8". XLIX, 261. M. 6. 60 a
S. BpW VI 20 (Z. jeep). LC 1885, 1272 {A. R.).
— A. Engelbrecht, lieber die Sprache des Claudianus Mamertus. Wien.
8". 122. M. 1.80. WS Bd. HO, S. 423 ff. 60b
S. AlL II 627. BpW VI 684 {K. E. Georges). ZöG 1886. 274
(y. Iluemer).
Einhard. R. Dorr, Beiträge zur Einhardsfrage. In NAfG X 241 — 307, 61
Ferreto. C. Cipolla, Studi su Ferreto dei Ferreti. — i. II suo sepolcro. —
2. F. de' F. fu ospite di Cangrande.' — II poema di F. in onor di Can-
grande e l',,Eccerinis" del Mussato. In Gsli VI 58 — 112. 62
Gregorius. Martens, Historia de Sancto Gregorio papa. H. Teil. Progr.
d. Gymn. zu Tauberbischofsheim. 63
Gregorii Turonensis opera, edd. W.Arndt e Br. Krusch. Pars 2: Mira-
cula et opera minora. Hannover, Hahn. 4''. S. 451 — 964 m. i Hand-
schrifttafel in Lichtdr. AI. 15. Monümenta Germ, hist Script, rer.
Merovingicarum tomi I, pars 2. 64
Gui de la Marche. B. H., Gui de la Marche, frere Mineur. In HklF
XXIX 552-557- 65
Guillaume de Bar. B. H., Guillaume de Bar, sermonnaire. In HldF
XXIX, 557-561. 66
Hisperica Famina. P. Geyer, Die Hisperica Famina. In AlL II,
254—266. 67
Lambert von Hersfeld. A. Pannenborg, Lambert von Hersfeld der Ver-
fasser der Gesta lleinrici quarti metrice. In FzdG XXV, 407 — 448. 68
— Rockrohr, Lambert und Livius. In FzdG XXV, 571 — 575. 69
Minutius Felix. A. Eussner, Zu Minutius Feli.\. In P XLIV 131. 70
Mussato. F. Novati, Nuovi studi su Albertino Mussato. In Gsli VI
177—200. 71
Nonius Marcellus. IL Ron seh, Nonius Marcellus und die Itala. In
ZUG XXXVI 87—91. 72
Paulus Diacon US. E. Dum ml er, Zum Paulus Diaconus. InNAfGXi65. 73
Placidus. A. Deuerling, Zu einigen Placidusglossen. In XJ 131,
643—648. . . . • 74
Sedulii opera omnia. Recensuit et commentario critico inslruxit J. Hue nie r.
Accedunt excerpta ex Remigii expositionc in Sedulii Paschale Carmen.
Wien, Gerold's Sohn. 8". LH 412. M. 9. Corpus script. ecclesiast. lal.
Vol. X. 75
.S. BpW VI 361 {l). LC 1885, 818 (A'.). ZöG 1886, 187 [M.Petschenig).
Tertullian. H. Rönsch, Zu Tertullian. In Zeitschr. f. wissenschafll. Theol.
XXVIH, 104. 76
Thadeus de Roma. K. Wenck, Thadcus de Roma. In NAfG X 170. 77
Thomas von Aquino. Sumuia philosophix' ex variis libris D. Thom;v
Aquinatis, doctoris angelici, in ordincm cursus philosopliici accommodala
a Cosmo Alamanno, S. J. Editio juxta alteram Parisiensem vulgalam a
canonicis rcguiaribus ord. S. Aug. congregationis Gallican;v adornata a Boni-
Aicio Felchlin et Francisco Beringer. Tomi i sectio i: Logica. Paris,
Lethielleux. 8" iX 2 col. XVI, 396. Bibliolhcca theologia; et |)hilosophi;v;
scholastica; selecta atcjuc composita a I<'rancisco Ehrlc, S. J. 78
— Tliomac (s.) Aquinatis, Summa tlicologica, diligcntcr cmendala, DcRubeis,
Billuart et aliorum nolis selcctis ornata. L'ars I, tom. I. Augustae Tauri-
norum, ex typ. P. Marictti. 8". 768. Saranno 3 vol. — Prc-c/.o di lulla
Tojicra L. 30. 79
— Thomae Acjuinatis, sancli, doctoris angelici, tpiacstioncs dispulatac, acccdit
liber de cnte et essentia. Cum commcnlariis r. il. p. Thomae de Vio
Cajetani cardinalis. Ed. novissima. Ad fulcni oplimarum edilionum dili-
genler recognita et exacta commcndata»iue a S. S. Leone PP. XI IL 4 voll.
Luxemburg, Brück. 8". XXXIX, 724; 784; 701; 574. M. 19.20. 8g
6 liinr.iociKAPFiiii: 1885. mhiki.amkk.
Thomas von Aquino. 11. Lcboii, Vie de sainl Thomas d'Aquin, docleur
de l'l';},'lisc. l'an 1284. Tours, Manie et lils. 8". 36 avcc porlr. Bibliotheqiie
des enfanls pieux. 8t
— A. Mofjlia, La filosofia di san Tommaso d' Aquino nell'.- scuolc ilalianc.
l'iacenza, tip. Solari. 8". 476. L. 4.50. 82
— T. M. Stianiero, Compendio della vila di san Tommaso d'Atjuino.
Vcnezia, tip. dcir Ancora. 8". 215. L. i. 83
— J. Vahlcn, Lorenzo Valla über Tliomas von A<juino. In VKR I
384—306. 84
Visio S.Pauli. II. Brandes, Visio S.Pauli. Ein Beilrag zur Visions-
litteralur m. einem deutschen u. zwei lateinischen Texten. Halle, Nicmeyer.
8". VI, 102. M. 2.80. 85
S. GsH VI 279. DL 1885. 681 (y. Koch).
Walahfrid Strabo. J. Ilucmer, Zu Walahfrid Slrabo. In XAfG X
166 11". 86
3. Lateinische Sprache.
(Allgemeines, Grammatik, Lexikograj)hie.)
Archiv f. lateinische Lcxikojjraphie u. Grammatik m. Einschluss des älteren
Mittellateins . . . Hrsg, von Ed. Wölfflin. 2. Jahrgang. 4 Hefte. Leipzig,
Teubner. 8". VIH, 640. M. 12. 87
S. AJ VI 252 {M. Warren); 501 {Ders.). WkP II 840./. (6'. Land-
Baebler, J. J., Beiträge zu einer Geschichte der lateinischen Grammatik im
Mittelalter. Halle, Buchh. d. Waisenhauses. 8". VH, 206. M. 3.60. 88
5. Ro XIV 6t,^. dl 1886, 222 {II. Keil). WkP III 1295 (G. Land-
graf).
Geyer, F., Beiträge zur Kenntnis des gallischen Lateins. In AlL H 25 — 47. 89
Seelmann, E., Die Aussprache des Latein. Nach physiologisch-historischen
Grundsätzen. Heilbronn, Gebr. Henninger. 8". XV, 398. M. 8. 90
S. AlL II 325 /: ( W. Foerster). ZOG XXXVI 272 ff. (G. Meyer). WkP
II 588/". [W. Meyer). BpW F/657; 691 {E. Boehmer). DL 1885, 1784
[F.Leo). BbG 1886, 219 [Spengel).
Bersu, Ph., Die Gutturalen und ihre Verbindung mit v im Lateinischen, ein
Beitrag zur Orthographie und Lautlehre. Gekrönte Preisschrift. Berlin,
Weidmann. 8". 234. M. 5. 91
S. Rcr N. S. XXII 483 (V. Henry). DL 1885, 11 40 {R. Thurneysen).
Wölfflin, Ed., Zur distributiven Gemination. In AlL II 323. 92
Horning, A., Die Suffixe 'icius, Icius. In ZrP IX 142. 92 a
Paucker, C. v., Materialien zur lat. Wörterbildungsgeschichte. V. Die Nomina
deriuaiiva auf -alis (-aris) und -aritts. In ZvS N. F. VII 113 — 156. 93
Lübbert, Ed., Paralipomena zur Geschichte der Lateinischen Tempora und
Modi. In AlL H 219 — 227. 94
Brandt, S., Infinitivus futuri passiui auf -uiri. In AlL II 349 — 354. 95
Steinitz, S., De affamandi particulis latinis. I. Profecto. Breslauer Doktor-
dissertation. 8". 56. 96
S. AlL II 334. WkP II 1483 [W. Abraham).
Wölfflin, Ed., Genetiv mit Ellipse des regierenden Substantivs. In AlL II
365-371- ... 97
Thielmann, Ph., Habere mit dem Intinitiv und die Entstehung des roma-
nischen Futurums. In AlL H 48 — 89; 157 — 202. 98
— Habere mit dem Part. Perf. Pass. In AlL II 372 — 423; 509 — 549. 98a
Wölfflin, Ed., Est videre. In AlL II, 135. 99
Rück, K., Zu den Diflerentiae verborum. In AlL II 129 ff. 100
Wölfflin, Ed., Die Verba desuperlativa. In AlL II 355 — 364. loi
Bintz, J., Beiträge zum Gebrauche der Allitteration bei den lateinischen
Prosaikern. In P XLIV 262—278. 102
BIBLIOGRAPHIE 1 885. LATEINISCHE SPRACHE. 7
Scholl, F., Alte l'robleme, I. Gerundium. II. provincias (decretas) rescin-
dere. Ui. opus est — usus est. IV. refert — interest. In AlL II
203—218. 103
Heerdegen, F., Lateinische Lexikographie. (Handb. d. klass. Alterthums-
wissenschaft, hrsg. v. J. Müller II 427 — 451). Nördlingen. 8", 104
S. AlL II 484.
Nettleship, H., Notes in Latin Lexicography. In JoP XIV 29 ff. 105
Forcellini, Aegid., totius latinitatis lexicon. Pars altera sive ononiasticon
totius latinitatis, opera et studio Vinc. De-Vit lucubratuni. Distr. 26. 27.
Prati. Leipzig, Brockhaus' Sort. 4°. 3. Bd. 393 — 552. ä M. 2.50. I06
Quicherat, L., et A. Daveluy, Diclionnaire latin-fran^ais redige sur un
nouveau plan. Avec un vocabulaire des noms geographiques, mythologiques
et historiques par L. Ouiclierat. 370 tirage. Paris, Hachette et Ce. 8" ä
3 col. XXVIII, 1468'. Fr. 9.75. 107
Hauler, E., Thesauri latini specimen. III. IV. V. VI. In AlL II, 108;
289—314; 444—453; 598—604. 108
Ott, J. N., u.a., Addenda lexicis latinis. In AlL II, IIO; 267 ff.; 468 ff. 109
Gröber, G., Vulgärlateinische Substrate romanischer Wörter. In AlL II,
100 — 107; 276 — 288; 424 — 443. HO
Goetz, G., Lexikalisch-kritische Bemerkungen. In AlL II, 337 — 348. ili
Rönsch, H., Lexikalische Excerpte aus weniger bekannten lateinischen Schrif-
ten. In RF II, 280 — 301. 112
— Beiträge zur kirchlichen und vulgären Latinität aus drei Palimpsestcn der
Ambrosiana. In ZöG XXXVI 420 IT.; 507 ff. 113
— Lexikalisches aus Leidener lateinischen Juvenalscholien der Karolingerzeit.
In RF II 302—313. 113a
Warren, M., On latin glossaries. With especial refcrence to the codex San-
gallensis 912. Reprinted from the Transaclions of tlic American Philo-
logical Association 1884. Cambridge. 114
5. BpW VI 207 {K. E. Georges).
Ellis, R., Aus einem unedierten Glossare. In AlL II 321. 115
Bonnet, M., Agnafhus. In AlL II 131. 116
— Exagilhim. In AlL II 132. 11 6a
Bonaparte, Prince L. -L., Neo- latin namo lor „artnhokc". In TpS
1882-84, Appendix IlL V. 117
Brandes, W., Omnipar. Omnipater. Oinniparus. In Ali. H 354. 118
Helmreich, G., Paulum, pusillum, parum und Synonyma. In AlL 11
127 ff. ' 119
Hofmann, K., Tranix. In AlL II 132. 1:0
Ribbeck, O., Ctdleolum. calliciila. aris. spcculiim. triix. In Ali, H
121 ff. 1:1
Rönsch, IL, Das Subsl. ^Jt»/««././. In RF II 317, 12:
- Das X'X'^ftzS^w pronostonus. In RF II 318. 122a
— Das Adjectiv cererosiis. In RF II 3 [9. 122h
— Kommt ambiihirc wirklich von ambirc': In BpW V 1571. 123
Sittl, K., Cahuidra — caliandriim — chaiuiiiius. In AlL II 47S ff. 124
Spacus. \\.a\. spago. In AlL II 1 33. 125
Stolz, Fr., Per und Anhang. In AlL H 497 — 50S. 126
Usener, IL, Precator. In AlL 11 228 ff. 127
Vogel, Fr., Balteanus. In AlL II 477. 128
Cunae. cunabula. In AlL II 321. 128 a
Wölflflin, Ed., Instar, ad instar. In AlL II 581—597. 129
Was hcisst bald . . . bald.^" In AlL II 233 — 254. 130
Zingerle, A., Donicum — donec cum. Episcopium. In .\li. II ("04. 131
Breal, M., et A. Bailly, Diclionnaire ctymologiquc laiiii. l'.iiis, ILuliciic.
8". Vlll, 403. Fr. 1.25. 132
S. Rcr N. S. XIX 248 (Z. Person). PK f 1241 (t'. H'.). IUP 11
8 lilHLIOGKAI'HIE 1885. KOMANISCHK PIIILOI.OGIK.
1586 (Schweizer -Sidler). BpW VI 339 {/'. Dctlweiler). Rdlr l- ser.
XV 2<^6 ff. (y. Brenous). Ac 1885. Nov. 1\, 342 {E. R. Whartun).
Erbe, K., und 1'. Vernier, Mentor. Verylcicheinlc Wortkunde der latci-
nisclicn und französischen Sprache . . . Stuttgart, NcfT. 8". 315. 133
S. LgrP VI 457 (/'■. Neumanji).
Lojard, J., Nouveau traite de prosodic laline, contenant les rtgles de la
(juantitc, de Li vcrsification, de l'accent lonique, des notions sur l'histoire
de hl metriijue ancienne et des exercices prosodiques. Paris, Poussielf'uo
frcres. 8°. VIII, 200. ,34
Quicherat, L., Petit traitc de versification. 9c ödition. Paris, Hachctte
et Cie. 8". 143. i fr. 135
Müller, L., Der saturnische Vers und seine Denkmäler. Leipzig, Tcubner.
8". VI, 176. M. 4. 136
S. WkP III 836/: {J. Mähly). BpW K/562 (A'. Klotz). PA 1886, 25
{Fr. Hatissen).
Thumeysen, Rud., Der Saturnicr und sein Verhältniss zum späteren römi-
schen Volksverse untersucht. Halle, Niemeyer. 8". III, 63. .M. 1.60. 137
S. IVkP III 836/: (y. Mähly). BpVV /^/56o (R. Klotz). PA 1886, 25
(Fr. Ilanssen).
Meyer, W., Anfang und Ursprung der lateinischen und griechischen rhyth-
mischen Dichtung. München. 4", 186, M. 5.50. Extrait des Memoires
de l'Academie royale de Baviere. 138
S. GgA 1886, / 284 (G. M. Dreves). DL 1885, 894 (F. Seiler).
Sittl, K., Zur Beurteilung des sogen. Mittellateins. In AlL 11550 — 580. 139
Du Gange, C. D., Glossarium medise et infimce latinitatis, conditum a Carolo
Dufresne, domino Du Gange, auctum a monachis ordinis S. Benedicti, cum
supplementis integris D. P. Carpenterii, Adelungii, aliorum suisque digessit
G. A. L. Henschel; sequuntur glossarium gallicum, tabula;, indices auc-
torum et rerum, dissertationes, Editio nova, aucta pluribus verbis aliorum
scriptorum a Leopold Favre. Fin du t. 3 (F), in-4" ä 3 col., p. 385 ä 642;
commencement du t. 4 (G-K), p. i ä 492. T. 5 (L-N). In-4" ä 3 col., 633 p.
et 28 pl. Niort, imp. et lib. Favre; Clouzot; Paris, lib. Baer; Borrani;
Champion; P. Dupont; Le Sondier; Pedone-Lauriel; Reinwald; Welter;
Picard. L'ouvrage formera 10 vol., publies en demi-volumes. Le prix du
volume est de 30 fr. sur papier carre mecanique, de 40 fr. sur papier carre
ä bras, et de 60 fr. sur papier grand-raisin ä bras. 140
S. AlL // 619.
Gloria, A., Volgare illustre nel iioo e Proverbii volgari del 1200. In Atti
del R. Istituto Veneto di scienze, lett. ed arti dal nov. 1884 ^U' Ott. 1885.
T. 3, ser. VI, disp. 2». Auch als Sep.-Abdr. Venezia. 8". 90. 140a
S. Gsli VI 253—263 (C. Salvioni). Pr XVIII, 7463 (L. Gatter). Aptp
IV 10\ (C. Pasqualigo).
C. Romanische Philologie.
I. Bibliographie.
Bibliographie 1884 der Zeitschrift f. rom. Philologie, hrsg. von G. Gröber.
Bearbeitet von Walther Eisner. Halle, Niemeyer. 8'\ (= Zeitschrift IX,
Heft 5). ,41
Anzeiger, bibliographischer, für romanische Sprachen und Literaturen, hrsg.
von Emil Ebering. 3. Bd. 1885. 6 Hefte, gr. 8°. i. 2. u. 3. Hft. 156 S.
Leipzig, E. Twietmeyer. M. 12. Eingegangen. 142
S. LC 1886, 70 (H. K-ng.).
Kressner, A., Die neusprachlichen Zeitschriften mit besonderer Berücksich-
tigung des Französischen. In FG II 61—64. I43
BIBLIOGRAPHIE IÖÖ5. ENCYKLOPÄDIE U. GESCHICHTE. 9
Becker, G., Catalogi bibliothecarum antiqui, collegit G. B. I. Catalogi sae-
culo XIII vetustiores. II. Catalogus catalogorum posterioris aetatis. Bonn,
Cohen & Sohn. 8". IV, 329. M. 8. 144
S. Ric /fi, 188 [Zenattt). WkP II 328 {Widmann). BplV V 822/".
{R. Beer). LC 1885. 1650. DL 1885, 78 (2'rj).
Liebermann, F., Aus neueren Handschriftenverzeichnissen (Forts.). I. Hand-
schriften in Englischen Bibliotheken. In NAfG X 588 — 600). 145
Weller, E., Repertorium typographicum. Die deutsche Literatur im I.Viertel
des 16. Jahrh. Im Anschluss an Hains Repertorium und Panzers deutsche
Annalen. II. Suppl. Nördlingen, Beck. 8". 30. M. 1.20 (Hauptwerk m.
I. u. H. Suppl.: n. M. 12.30). 146
Gennarelli, A., La Raccoha di lord Ashbumham acquistata dal Governo
Ilaliano. In Bu, Sommario dei quad. I e II della Serie III, vol. II. 147
Meyer, P., Inventaire des livres de Plenri II, roi de Navarre. In Ro XIV
222 — 230. 148
Morel-Fatio, A., Notice sur trois manuscrits de la bibliotheque d'Osuna.
In Ro XIV 94—108. 149
2. E n c y k 1 o p ä d i e und Geschichte.
Bloeme, A., L'Etude des langues Vivantes. Alger, imprim. Peze et C^.
8". 20. 150
Bierbaum, Jul., Die Reform des fremdsprachlichen Unterrichts. Kassel,
Kay. 1886. 8". 136. M. 1.60. 151
^'. LgrP 1886, 339 (//. Klinghardt).
Breymann, H., Wünsche und Hoffnungen, betreffend das Studium der
neueren Sprachen an Schule und Universität. München und Leipzig, Olden-
bourg. 8". 52. M. 1.20. 152
S. ZfG XL 461 ff. (E. Koschwitz). ZöG 1886, 379 {A. L. Brandt).
ZnSpr VIII 2, -joff. {H. Klinghardt).
Hornemann, F., Zur Reform des neusprachlichen Unterrichts auf höheren
Lehranstalten. Hannover, C. Meyer (G. Prior). 8". 92. M. 1.60. 153
5. ZfG XL 224 {E. Koschwitz). DL 1885, 1819 {Koschwitz). LgrP
1886. 339 {Fl. Klinghardt). ZöG 1886. 379 {A. L. Brandt). ZnSpr
VIII 2, 66/'. {E. V. Sallu'ürk).
Ayer. Ph. Godet, Cyprien Ayer. f Nekrolog. In ZnSpr VII, II 67. 154
Diez. AI. Reifferscheid, Uebersicht der akademischen Thäiigkeit vgn
Fr. Diez. Sommer 1822 bis Sommer 1875. (Nach amtlichen Quellen.) In
ZrP IX 396—405. 155
Egger. C. Chabaneau, Emile Egger. + 30. Aug. 1885. Nekrolog. In
Rdlr 3. ser. XIV loi. 156
Hettner. A. Stern, Herrmann Hettner. Ein Lebensbild. Mit einem Por-
trait (in Lichtdr.). Leipzig, Brockhaus. 8". IX, 306. M. 6. 157
S. Gr 1885, / 55. DR X 252 ((;.) LC 1885, 281. DL 1885, 682
(E. Schmidt).
Lacroix, P. Paul Lacroix (bibliophile Jacob, 1806 — 1S84). Paris, Libr. des
bibliophiles. 8". 16 et 2 portr. Les e.xemplaires sur papier de Holhinde,
lu fr.; sur papier du Japon, 20 fr. 158
Lemcke. H. Breymann, Ludwig Lemcke. Nekrolog. In AZ, Beilage,
13. März. 159
liittre. B. Haur^au, Notice sur Maximilien- Paul -Emile Lillrc, un des
auleurs des tomes 21—20 de l'Histoire littöraire ile la France. Paris, imp.
nationale. 4". 12. Extrait de rilldF, t. 2f). 160
Marc-Monnier. G. Amalfi, Marco Monnier. In dB HI 39 ff. 161
— P. Godet, Marc-Monnier. f Nekrolog. In ZnSpr VII, 11 h^. I(i2
Paris. G. Paris, Notice sur Paulin Paris, un iles auteurs des tomes 20 — 28
de l'Histoire litleraire de la France. Paris, inijir. nationale. 4". i<>. Ex-
trait de l'HldF, t. 29. 163
lO lUBLIOGKAFHlE 1885. KOMANISCHE PHILOLOGIE.
Kothöchild. Calalo},'ue de livres de la bibliolheque de M. le baron James
de Roihschild. T. I. Paris, Morf,'and. 8". XIX, 674 avcc porlr. et 8
planclics cn couleur lirCcs liors texte. Le catalogue compkt formera 2 vol.
Lc vol. 30 fr. 164
Tommaseo. V. MikeUi, Niccolo Tomniaseo: sa^'yio critico. Venezia, tip.
Fonlana. 8". 46. 165
S. Ric 1885, No. 5 {E. Teza).
Witte. A. Rcumont, Carlo Witte. Ricordi di A. K. In Asi 4. ser.,
XVI, 47—88. 166
3. Zci tscli riftcn und Sani inel wc rk e.
Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Lilteraluren. Hrsg. von
J.udw. Herr ig. 73. u. 74. Bd. ;\ 4 Ilfte. Braunschweig, Westermann. 8".
VI, 480; IV, 480. ä Bd. M. 6. 167
Ausgaben und Abhandlungen aus dem Gebiete der romanischen Philo-
logie. Vcröflenllicht von E.Stengel. Marburg, Elwerl's Verlag. 8". 168
S. u. Mönch von Montaiidon No. 1627; Partonopeus Je Blois No. 1380/
Adam de la Halle No. IH4; Guillaume de Lorris No. 1269; Wolff,
Futur i. Altpr. No. 1683; Jean de Flagy No. 1274/ Miracles de Nostre
Dame No. 1093; Bafigert A^ö. 924; Miracles de St. Eloi No. 1093 a;
Croisade contre les Albigeois No. 1621; Ilengeshach No. 1680/ Lai du
Com No. 1226; P. Zeller No. 861; Jean le Marchant No. 1275.
Forschungen, romanische. Organ für romanische Sprachen und Mittellatein,
hrsg. von Karl Vollmöller. 2. Bd., I. Heft. Erlangen, Deichert. 8*'.
210. M. 6. 169
Literaturblatt für germanische und romanische Philologie. Unter Mitwir-
kung von Karl Bartsch hrsg. von Otto Behaghel und Fritz Ne umann.
6. Jahrg. 1885. 12 Nummern. Heilbronn, Henninger. 8°. XXHI, 528.
Halbjährlich M. 5. I70
Romania . . . publ. par P. Meyer et G. Paris. 14^ annee — 1885, Paris,
F. Vieweg. 8". 640. 20 fr. 171
Romanische Studien, hrsg. von Ed. Boehmer. Heft XXI (Bd. VI, 3).
Bonn, Ed. Weber's Verlag (Jul. Flittner). 8"\ 219—338. M. 4. 172
S. Ro 1886, 149 {J. Ulrich).
Studj di Filologia Romanza pubblicati da E. Monaci. Vol. I, p. 335 — 452.
Roma, E. Loescher & Co. 8". 173
S. Ro AYK616 {P. M.).
Taalstudie. Tweemaandelijksch tijdschvift vor de studie der nieuwe talen,
onder redactie van L. M. Baale, K. ten Bruggencate en J.Leopold
Hzn. 6. Jaargang. Kuilemburg, Blom & Olivierse. 8". IV, 384. 174
Zeitschrift für romanische Philologie. Hrsg. von G. Gröber. 1885. 9. Bd.
Halle, Xiemeyer. 8". M. 20. 175
S. Rdlr 3. scr., XIII 255 (Z. Constans). Ro 1886, 627/. {G. P.).
— Supplement. Bibliographie 1884. Bearbeitet von AValther Eisner. S, o.
No. 141. 175a
4. Geschichte und Culturgeschichte der ro man. Völker.
Dahn, F., Urgeschichte der germanischen und romanischen Völker. III. Bd.
S. 481 — 640 m. 4 Taf. Berlin, Grote. 8". AUgem. Geschichte in Einzel-
darstellungen, hrsg. von W. Oncken. 176
Ranke, Leop. v., Geschichte der romanischen und germanischen Völker von
1494 bis 1514. ^ur Kritik neuerer Geschichtschreiber. 3. Aull. Leipzig,
Duncker & Humblot. 8". XXX, 323 u. VIII, 174. M. 10. 177
Czoernig, Carl Frhr. v., Die alten Völker Oberitaliens Italiker [Umbrer],
Raeto-Etrusker, Raeto-Ladiner, Veneter, Kelto-Romanen. Eine ethnolog.
Skizze. Wien, Holder. 8". HI 311. M. 9.60. 178
S. GgA 1885, I 433 (W^. Deecke). LC 1885, 836 {R. v. S.). DL 1885,
1341 {H. Nissen). NA 2. ser. LI iSiß'- {A. de Guhernatis); 575.
BIBLIOGKAPHIE IÖÖ5. LlirERATUK U, LiriERATÜRGESCH. II
Nyrop, Kr., Romanske Musaiker. Kulluibilleder fra ]\.umKnien og Pro-
vence. Med Afbildninger. Copenhague, Reitzel. 8". 229. 179
S. Ro XIV 633.
Poilgin, A., Dictionnaire historique et pittoresque du theätre et des arts qui
s'y rattachent: poetique, musique, danse, pantoniime, niachinerie, jeux an-
tiques, spectacles forains, carrousels, courses, tournois, etc. Paris, Firmin-
Didot. 8" ä 2 col. XV, 775 avec 350 gravures et 8 chromolilhograpliies.
40 fr. 180
S. L {Bibl. mod.) 1884, 746 ( O. Uzanne). Molicriste VI 284 {Du Moiiceau).
LC 1885, 787 (Q.
5. Litteratur und L i t teraturgescliich te.
Gubernatis, A. de, Storia universale della letteratura; vol. XV a XVII I ed
ultimo. Milano, U. Hoepli edit. 8". 353; 740; 433; 436. Tutta l'opera
L. 80. 181
S. DL 1885, 1369 {£.). Mu 1885, 402 {A. Roselli).
Scherr, Jobs., Bildersaal iler Weltliteratur. 3., neu bearb. u. stark verm.
Autl. 4.-30. (Schluss-) Lfg. 8". (1. Bd. S. 161—544, 2. Bd. S. 1—597 und
3. Bd. 406 S.) Stuttgart, Kröner. l\ M. 0.60. 182
Stern, Ad., Geschichte der neuern Litteratur. Von der Frührenaissance bis
auf die Gegenwart. In 7 Bdn. oder 12 Büchern. 25. — 30. (Schluss-) Lfg.
8". (6. Bd. S. 513 — 560 u. 7. Bd. VIII, 599.) Leipzig, Bibliograph. Institut,
ä M. 0.50. 183
S. LgrP 1886, 169 (/'>. Miincker).
Marc-Monnier, Histoire de hi litterature moderne. La reforme, de Luther
ä Shakespeare. Paris, Firniin-Didot et Cie. 8". IV, 495. 184
Zanella, G., Parallel! letterari. Studi. Verona, libr. Goldschagg giä Münster.
S". 318. 185
S. (Jsli V 297/;
Breitinger, H., Classisch und Romantisch. Eine Wortstudie. In G XXVII
70 tr. 186
Soiiriau, M., De la Convention dans la tragedie classique et dans le dranie
romantique. Paris, Hachette et Cie. 8". XI, 306. 187
Normann, H., Perlen der Weltliteratur. Aesthetisch-kritische Erläuterungen
klass. Dichterwerke aller Nationen. 34.- 38. Lfg. 8". (8. Bd. S. 177— 216
u. 9. Bd. S. I — 224.) Stuttgart, Levy & Müller, ii M. 0.50. 188
Nencioni, E., La musica nella letteratura. In NA 2. ser., L 193 — 209. 1S9
Fritzsche, R., Die Anfänge der Poesie. Gymnasialprogr. von Chenuiilz.
4". 34. 190
Meyer, K., Geistliches Schauspiel und kirchliche Kunst. In VKR I
162-186; 356—383; 409—439. 191
Borinski, K., Das Epos der Renaissance. In VKR I 187 — 205. iQia
Reissmann, A., Die Oper in ihrer kunst- und culturhistorischcn Bedeutung
dargestellt. Stuttgart, Bonz & Co. 8«. 298. ^L 5. 192
6: DL 1886, 1827 (7 Plew).
Wetz, W., Die Anfänge der ernsten bürgerlichen Dichlunj^ des 18. Jahrh.
Das rühr. Drama und bürgerl. Trauerspiel bis zu Diderot, ilcr l-aiuilien-
roman d. Marivaux und Richardson und die dramatisciie Iheorie Diderots.
I. Bd. Allgemeiner Thcil. Das rühr. Drama der Franzosen. I. Ablhlg.
Worms, Rciss. 8". V, 2ü(.. M. 4. 193
S. LC 1885, 1647. DL 1885, 1704 (.-/. S.).
Biirnand, Councils and Comedians. In FR 1885, Sept. 194
Chiarini, G., Donnc e poeti; appunli crilici. Roma, casa edilr. C. Vcrdesi
e C. (tip. deir Ospizio di S. Michele). 8". 327. L. 4. 105
Renier, R., II tipo estetico della ilonna nel mcdio evo. .\ncon,t, MorcUi.
8". XIII, 195. L. 6. lOö
5. Gli 1885, 305 {A. G. F.). Cu VI No. ib— 17 {P. Mcrlo). Li Ras-
segmi 1885, i. tiov. {F. Tornua). AV, <), ser. II, No, l — 2. Rk 1885,
12 lUl'.LIOGKAI'HIE 1885. KOMANISCIIIi: I'iriLOLOGIH.
No. 5 {S. Morptirgo). I'r XVIII, II 272 (/.. Gaiter). DL 1885. 1826
{VV. IVilmanns). Aptp I V /\U\{,1\). NA 2. ser. LH l^S; LIII SOl—dl')
(./. Bori'-ognoni). LgrP 1886, 34 (B. Wieae).
Candelo, A., Del sentimenlo poclico nci Icmpi odicrni : allocuzionc ])er distri-
buzione del premii agli allievi dell' islituto Rossi. Torino , tip. dclla Gaz-
zetta del Popolo. 8". 15. 197
Paris, G., La j)arabolc des trois anneaux. Conference faite ii la Sociele des
etudes juives le 9 mai 1885. Kslrallo dalla Revue des eludes juives, t. XI.
Parigi. 8". 19. 198
.S". Gsli r/ 415.
Meyer, P., L'enfant gate devenu crimincl. In Ro XIV 581 0", 198 a
Alexandersage. A. Ausfeld, Zur Alexandersage. In ZdP XVII 108. 199
— G. Landgraf, Die Vita Alexandri Magni d. Archipresbyters Leo [Ilisloria
de preliis]. Nach der Bamberger und ältesten Miinchener Handschrift zum
erstenmal hrsg. Erlangen, Deichen. 8". I \o. M. 3. 200
.S-. AdA XII 163 [IV. Toischer). LC 1886, 226 {Asf.). DL 1886, 331
{Zingerle). PH V 1^6^ (C. JV.). BplV VI 162^) {H. Christensen). ZdP
\%%(i, i^()lff.[Ad. Ausfeld).
— K. Kinzel, Zur Historia de preliis. In ZdP XVII 98—108. 201
— K.Meyer, Eine irische Version d. Alexandersage. Diss. Leipzig. 8". 32. 202
— O. Zingerle, Die Quellen zum Alexander des Rudolf von Ems. Im An-
hange: Die Historia de preliis. Breslau, Koebner. 8". VII, 265. M. 8.
Germanistische Abhandlungen IV. 203
AdA XII 17 ff. {IV. Toischer). BpW V 775 (6'. Landgraf). LC 1885.
155. DL 1885, 383 {E. Martin).
Charlemagne. E. Müntz, La legende de (."harlemagne dans l'art du moyen
äge. In Ro XIV, 321 — 342. 204
Crescentiasage. G. Baist, Correcturen: Zu Mussafia, Eine altspanische
Darstellung der Crescentiasage. WS LIII 499—562. In RB" II 380. 205
Ewiger Jude, P. Cassel, Ahasverus. Die Sage vom ewigen Juden. Eine
wissenschaftliche Abhandlung. Mit einem kritischen Protest wider Ed. v.
Hartmann und A. Stöcker (Galater 6, 7). Berlin, Internationale Buchhdlg.
(J. Gerstmann). 206
S. Gr 1885 / 484.
Floris and Blauncheflur. IMittelenglisches Gedicht aus dem 13. Jahrb.,
nebst litterar. Untersuchung und einem Abriss über die Verbreitung der
Sage in der europ. Litteratur hrsg. von E. Hausknecht. Berlin, Weid-
mann. S*'. XX, 252. M. 6. Sammlung englischer Denkmäler in kritischen
Ausgaben. 5. Bd. 207
S. A VIII 150 /■. {G. Liidtke). LC 1886, 867 {R. W.). DL 1885, 1238
(K. Breul).
Gral. O. Kupp, Die unmittelbaren Quellen des Parzival von Wolfram von
Eschenbach. In ZdP XVII 1—72. " 208
Judenknabe. A, Mussafia, Zu Wolter's Judenknaben (Text). In ZrP IX
138; 412 ff. 209
Katharinenlegende. A. Mussafia, Mittheilungen aus romanischen Hand-
schriften. II. Zur Katharinenlegende. Wien. Auszug a. d. Bd. CX der
WS. 8". 69. 210
S. Gsli r/ 416.
Melusine. Jarlit, Origines de la legende de Melusine. Poitiers, imprim.
Guillois. 8". 17. Extrait des Memoires de la Societe des antiquaires de
de l'Ouest, t. 7, annee 1884. 211
Octavian. Zwei mittelengl. Bearbeitungen der Sage, hrsg. von Gr. Sarrazin.
Heilbronn, Henninger. 8". XLV, 191. M. 4.50. Altengl. Bibliothek hrsg.
von E. Kölbing. 3. Bd. 212
S. AnS LXXV1S6. T VII 93/". {C. Stoffel). DL 1885. 1482 {G. Liidtke).
T.frrP 1886, 137 {E. Hausknecht).
BIBLIOGRAPHIE 1885. FOLK-LORE. GRAMMATIK. I3
Physiologus. K. Ahrens, Zur Geschichte des sogenannten Physiologus.
Progr. d. Gymn. zu Ploen. 4°. 23. 213
S. FG II 272 {A. Kressner).
Prometheussage. Barthelmess, Die Prometheussage. Progr. des Real-
gymnasiums zu Uhu. 214
Roland. W. Wächter, Untersuchungen über die beiden mittelenglischen
Gedichte „Roland and Vernagu" und „Otuel". Berliner Diss. Berlin,
Druck von G. Bernstein. 8". 42. 214 a
Sieben Weisen Meister. P. Petras, Ueber die mittelenglischen Fassungen
der Sage von den sieben weisen Meistern. I.Teil: Ueberlieferung und
Quelle. Breslauer Diss. Grünberg i. Schles. 8". 76. 215
Tristan. Fr. Bahnsch, Tristan-Studien. Progr. des kgl. Gymn. zu Danzig.
4". 20. 216
S. AnS LXXV 203.
6. F o 1 k - L 0 r e.
Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. Rivista trimestrale diretta
da G. Pitre e S. Salomone-Marino. Volume quarto, Palermo, L. Pe-
done Lauriel. 8". 626. L. 12 all' anno. 217
The Folk-Lore Journal. Vol. III (January — December 1885). London,
publ. for the Folk-Lore Soc. by Elliot Stock. 8". 412. 218
Melusine. Recueil de mythologie, litterature populaire, traditions et usages
public- par H. Gaidoz et E. Rolland. T. II, No. IG — 24. Paris, E. Le-
chevalier. 2". p. 216 — 583. Prix du Numero: i fr, 219
Puymaigre, de, Folk-Lore. Paris, Perrin. 8". VI, 367. Fr. 3.50. 220
S. Rdml VI 395 {L. B.). LgrP VI 256 {F. Liebrecht). MfLA 1885,
ä,0'6{M. Beiifey). RL IX T,\iy. Aptp IV }fi\{S. Salomone-Marino). NA
2. ser. LI \llff. (A. de Gubertiatis). M II 407 {H. G.).
Machado y Alvarez, A., Breves indicaciones acerca del significado y al-
cance del termino „Folk-Lore". In RdE CCII 194 — 207. 221
Collection de contes et de ehansons populaires. VIII. Paris, Leroux,
S. Carnoy, Contes fran(;ais. No. 1107. 222
Guericke's, Otto v., SannnUing lateinischer, französischer, italienischer, hol-
ländischer und deutscher Sinnsprüche. Nach jüngst im Archiv der Stadt-
bibliolhek zu Magdeburg aufgefundener Original-Aufzeiciinung. Geordnet
und mit Einleitung nebst freier Übersetzung verüfVcntlicht von K. Paulsiek.
Magdeliurg, E. Baensch jun. 4". 51. AI. i. 223
S. DL 1885, '672 {M. Reimann).
Mawr, E. B., Analogous Proverbs, in ten languages. London, By Elliot
Stock. 8». 224
S. Ac 1885, sept. 26, 197 (//. Bradley).
Jellinek, A., Der jüdische Stamm in nicliljüdisclicn Sprüchwörlcrn. 3. Serie.
Französische, italienische, rumänische und slavische Sprüchwörtcr. Wien,
Kcrmaiin & Altmann. 8". V, 76. M. 2. i — 3: M. 5.20. 225
Amalfi, G., II dimonio nelle storie popolari. In GB 1885, No. 9.10. 226
7. Grammatik und Lexikographie.
Falconi, L., Lc lingue neo-romane: primordii dello sviluppo linguislico c
lellerario in Francia c in Ilalia: confcrenza, corredata di notc filologichc.
Torino, IC. Locschcr. 8". 46. L. i. 227
Meyer, W., Beiträge zur romanisclicn Laut- uml l""()rmenlciHo. In I.xV IX.
223 -267. 228
Zu den Anslaulgcsclzen. In Zrl' IX 143 fl". 228.1
Merlo, rrobiemi fonologici suU' arlicolazione e suU' accento. Estratto dalla
Misccllanea di filologia romanza, dcdicala alia memoria dci prof. Caix e
Cancllo. Firenzc, Lc Monnier. 4". 31. 229
Ovidio, l'\ i\\ Riccrchc sui jironomi persoiiali e possessivi ncolatini. In Agi
IX 25—101. 230
14 BIBLIOGRAPHIE IÖÖ5. ITALIENISCH.
Ulrich, J., Mit dem Suftix -ic- al)pelcitete Verlia im Romanischen. In ZrP
IX 429. 231
Qaspary, A., Die Knlwiclvclunfj ikr falciilivcn liedeiilunj^ hei romanischen
Verben. In Zrl' IX 425 fT. 232
Zatelli, Dom., De l'emploi de la nefjation cn fran9ais et en italien. [Ih] Pro-
j^'ramm der Slaats-Realschule zu l<.overeto. 8". 65. 233
.S. ZnSpr VIII 2, X3.
Bastin, de, Sur remploi des negations en latin et en franijais. In Revue de
l'instr. pubL en Belg. XXVIII 3. 234
Ascoli, G. J., Retia, retiare, retiaculum. In Agi IX 102^106. 235
Gröber, G., Etymologien. In Mise, di Fil. rom. dedic. alla mem. dei prof.
Caix e Canello p. 39 — 40. 236
Hofmann, K., Acieris, frz. acier. In AIL II 275. 237
- Ist \a.\. ana auch ins Romanische übergegangen? In RF II 361. 238
Ronach, II., Etymologische Miscellen. In RF II 314 ff. 239
Thomas, A., Melanges etymologiques. — Ainz, puis, anceis, nnceissor, prov.
se. In Ro XIV 572—579. 240
D. Die einzelnen romanischen Sprachen und Litteraturen.
I. ITALIENISCH.
1. Bibliographie.
Bibliografia italiana . . . Anno XIX 1885. 24 Nummern. Milano. 8".
L. 15. 241
Soranzo, G., Bibliografia Veneziana compilata da G. S. in aggiunta e con-
tinuazione del „Saggio" di Em. Ant. Cicogna. Venezia, P. Naratovich.
8". 938. 242
Manzoni, G., Annali tipografici dei Soncino: tomo IV — secolo XVI —
fasc. I". Bologna, presso Gaet. Romagnoli. 8". 127, con 2 tav. L. 3.60. 243
Biadego, G., Da libri e manoscritti: spigolature. 2» edizione, Verona, lib.
H. F. Münster. 8°. 302. L. 4. Biblioteca crit. letter., vol. II. 244
Calzabigi, R., Di un manoscritto; e saggio di alcuni versi inediti. Livomo,
tipogr. Meucci. 8". XVIII. Ediz, di soli 100 esemplari, per nozze Casini-
Mari. 245
Lamma, E., Di un cod. di rime del sec. XIII. In Ric 1885. No. 4. 246
Casini, T., II Canzoniere palatino 418 della Biblioteca nazionale di Firenze.
In Pr XVIII, II 438—446. 247
Miola, A., Le Scritture in volgare dei primi tre secoli della lingua ricercate
nei codici della Biblioteca Nazionale di Napoli, vol. I. Bologna, ditta Ro-
magnoli (tip. Fava e Garagnani). 8**. 396. L. 10. 248
Berlan, La introduzione della stampa in Milano: a proposito dei „Mira-
culi de la gloriosa Verzene Maria" colla data del 1469; con 2 Appendici,
e con l'indice alfabetico delle cose notabili. Venezia, B. Caloria. 8". 182.
L, 4. 249
Evola, F., La stampa siciliana fuori di Palermo e di Messina nei due sec.
XVI e XVII. In Bi No. i. 4. 6. 7. 8—9. 250
2. Zeitschriften.
Arehivio glottologieo italiano diretto da G. J. Ascoli. Vol. VIII
p. 317 — 432; IX p. I — 128. Roma; Torino; Firenze, E. Loescher. 8".
L. 5; 5.60. 251
Giornale storieo della letteratura italiana, diretto e redatto da A.Graf,
Fr. Nova ti, R. Renier. Vol. V. VI. Torino, E. Loescher. Firenze.
Roma. 8". 516; 504. 252
Propugnatore, II — ... Tomo XVIII, parte I. II. Bologna, G. Romag-
noli. 8". 479; 464. L. 18.80 all' anno. 253
BIBLIOGRAPHIE 1885. GESCHICHTE U. CULTURGESCHICHTE. 15
3. Geschichte und Culturgeschichte.
Rivista critica della lelleratura italiana diretta da T. Casini, S. Morpurgo,
A. Zenatti. Roma e Firenze. Monatlich i Nummer, 32 Sp. 4". Jahres-
preis 6 Lire. 254
S. Rdlr 3. ser. XIII 257 (C. C). Ro 1886, 471 jf. {P. M.).
Racioppi, G., Per la storia del nome d'Italia. In Archivio stör, per le prov.
napol. X 502 — 533. 255
Delarc, O., Les Normands en Italie, depuis las premieres invasions jusqu'i
l'avenement de saint Gregoire VII (859 — 862; 1016— 1073). Paris, Leroux.
8". XI, 578. _ 256
Burckhardt, J., La Civilisation en Italie au temps de la Renaissance. Tra-
duction de M. Schmitt, sur la 2e edition, annotee par L. Geiger. 2 vol.
Paris, Plön, Nourrit et Cie. 8". II, 384; 393. Fr. 15. 257
S. Rddm LXXII 342/. {E. Gebhart). RL IX 396. Revue hist. XXIX
428 {H. Vast).
Müntz, E., La renaissance en Italie et en France ä l'epoque de Charles VIII.
Ouvrage public sous la direction et avec le concours de M. Paul d'Albert
de Luynes et de Chevreuse, duc de Chaulnes, illustre de 300 gravures dans
le texte et de 38 planches tirees ä part. Paris, Didot et Cie. 4". XI, 560.
M. 24. 258
5'. LC 1886, 770. Ast ^.ser. XV 364/". [A. J'eniuri). Ac XXVII 139
{C. Monkhouse).
Cavalcaselle, G. B., e J. A. Crowe, Storia della pittura in Italia dal secolo
II al secolo XVI. Vol. 3, con 6 incisioni. Firenze, tip. succ. Le Monnier.
8". VI, 354. L. 10. 259
Varthema, L., Itinerario di L. V., nuovamente posto in luce da Alberto
Bacchi della Lega. Bologna, G. Romagnoli. 8". LI, 285. Scelta di
Curiositi lett. ined. o rare, Disp. 207. 260
Parma, Diario del viaggio fatto in Inghilterra nel 1639 dal nunzio ponlificio
Rossetti scritto da Domenico Fantozzi Parma, pubblicato dal prof. G. F"er-
raro. Bologna, G. Romagnoli. 8". 187. $celta di curios. lett. ined. o
rare, Disp. 212. 260 a
Luzio-Renier, Contributo alla storia del malfrancese ne' costumi e nella
letteratura italiana del sec. XVI. In Gsli V 408—432. 2OI
Palliolo Fanese, P., Le Feste pel conferimento del Patriziate Romano a
Giuliano e Lorenzo de' Medici, narrate da P. P. F. Bologna, G. Romag-
noli. 8". 160. Scelta di Curiositä lett. ined. o rare, Disp. 206. 262
S. Gsli VII 269.
Ademollo, A., Una famiglia di comici italiani nel secolo dccimott.ivo ; con
Appendice. Firenze, C. Ademollo e C. 8". LI, 135; aggiuntovi l'elenco
(Icgli Studii storici di A. Ademollo gi:\ pubblicati. L. 2.50. 263
S. Asi 4. ser., XVI 446 {A. N.).
D'Ancona, AI., Varietä storiche e letterarie. Serie II. Milano, frat. Treves.
8"- 393, con 4 tavole di musica. L. 4. 264
.S. Gsli K/434. NA 2. ser. LIV ^i^H. L!,-rP i88(j. 234 /. (6',;i/<in).
Bayer, J., Aus Italien. Kultur- und Kunstgcschichtliclus. Bilder und
Studien. Leipzig, B. Schlicke (B. Elischer). 8". lU, 305. iNL 6. 205
.S. VKR / 526 {L. Geifer).
Marchesi, V., Vene/.ia ncll' ctä del Rinascimcnlo. In AV, ser. IX, vol. II,
n. I e 2. 2(jt»
Malaniani, V., I costumi di Venc/ia nel sec. XVI II sludi.ui mi inuli sati-
rici. In Rsi 1885, 38 83. 267
Braggio, C, Vita ))rivala dci gcnovosi. La donna del ser. XV nilla storia.
In (ili XII 22—48; 2()()— 290. 268
Poggi, G., Delle feste religiöse c civili tinutc in ( )i -Sa n - Mio ii tle. In
AeS 1885, No. 27. 209
l6 niHLIOGRAl'HIK 1885. ITALIENISCH. LITTERATURGESCHICHTE.
Statute incdilo deH' arlc dcfjli S])c/.i;ili di J'isa nel secolo XV, puV)hlicato
|)ci cura (ii I*. Vigo. Bologna, G. Romagnoli. 8". XXI, 92. Scelta di
(Juiiosita Ictt. ined. o rare, Disp. 2ü8, 270
Molmenti, 1'. G., Feste in S. Marco ncl sec. XVI. In FdD i'SBj, No. 41. 271
Forcella, V., Feste in Roma ncl pontilicato di Paolo HI (1534 — 1545). Roma,
tip. Artif,'ianelli. 8". 116. L. 3. 272
Ademollo, A., Roma nelle Canzoni dcl Marchcse di Coulanges. In FdD
1885, No. 40. 273
Pava, O., Vita napoletana; prcccduta da una Lettcra di G. Verga. Ca-
tania, N, Gianotta. 8". 240. L. 2.50. 273 a
Carini, I., Gli archivii c le bibliotcche di Spagna in rapporto alla storia
d' Italia in generale e di Sicilia in particolare: relazione, ecc. Parle I,
fasc. I. Parte II, fasc. i. Palermo, tip. dello Statute. 8°. VIII, 160; 192. 274
S. LC 1885, 140 {v. P. IL).
Pitre, G., Un po' dell' antico carnevale siciliano. In LDl 1885, No. 7. 275
4. Litteraturgeschich tc.
a) Allgemeine Werke.
Dini, F., Della ragione delle lettere: introduzione allo studio della Ictteratura
italiana. Volume II. Firenze, presso la ditta G. B. Paravia e C, di I. Vi-
gliardi edit., tip. Cooperativa). 8". 435. L. 4. 276
Ferrieri, Pio, Guida allo studio critico della letteratura. Torino, ditta G. B.
Paravia e C. di I. Vigliardi tip. -edit. 8". 405. L. 3.60. 277
Pornaciari, R., Disegno storico della letteratura italiana dall' origine fino a'
nostri giorni ; 5a edizione, con nuovi miglioramenti. Firenze, G. C. Sansoni
edit. 8". VIII, 271. L. 2. 278
Qualandi, A., Accenni alle origini della lingua e della poesia italiana e di
alcuni rimatori e prosatori in lingua volgare bolognesi e veneziani dei sec.
XIII e XIV. Spigolature dagli archivi di Stato di Bologna e Venezia.
Bologna, C. Ramazzotti. 4". 54. 279
S. Gsli VII 446. LgrP 1886, 463 {W. Meyer).
Gaspary, A., Geschichte der italienischen Literatur. Erster Band. Berlin,
Oppenheim. 8". III, 550. M. 9. Geschichte der Literat, der europäischen
Völker IV. 280
S. BlU 1885, 177 ff. (O. Speyer). LC 1886, 993. DL 1885. 127
{B. Wiese).
Cotronei, B., Intorno alla Storia della letteratura italiana del prof. A.
Gaspary: appunti critici. Firenze, Carnesecchi e F.i 8". 40. L. i. 281
S. NA 2, ser., LI 573.
Schmidt, A., Grundriss der Geschichte der europäischen Litteraturen. i. u,
2. Bdchn. Leipzig, Hucke. 8". ;\ M. 2.50. Inhalt: l. Grundriss der Ge-
schichte der italienischen Litteratur (214 S.). — 2. Grundriss der Geschichte
der niederländischen Litteratur (136 S.). 282
Pornaciari, R., La letteratura italiana nei primi quattro secoli (XIII — XVI):
quadro storico. Firenze, G. C. Sansoni (tip. Carnesecchi). 8^417. L. 3.50. 283
S. Gsli VI 409 jf". {O. Bacci).
Novati, F., Notizie biografiche di rimatori italiani dei sec. XIII e XIV. —
I. Chiaro Davanzati. II. B'rancesco da Barberino. In Gsli V 403 — 407;
VI 399 — 401. 284
Perrini, O., Primi saggi sul Cinquecento. Perugia, tip. Boncompagni.
8«. 95. 285
S. Gsli VII 266.
Perfranceschi, G., II rinnovamento civile e nazionale e la letteratura italiana
nel secolo XVIII. — Della letteratura in relazione con le scienze. Discorsi
due. Cittä di Castello, tip. S. Lapi. 8". 72. 286
Musso, G. A., La terza letteratura civile d'Italia. Roma, tip. Forzani e C,
80. 252. L.3. 287
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. LITTERATURGESCHICHTE. 17
Pipitone, F., Saggio di letteratura contemporanea. la serie. Palermo, tip.
Giannone e Lamantia. 8". 476. L. 5. 288
S. NA 2. ser. 53, 387.
Trevisani, C, Autori drammatici contempoianei; I. Pietro Cossa. Roma,
casa edit. C. Verdesi e C. 8". L. 3. 289
Magliani, E., Storia letteiaria dellc donne italianc. Napoli, Antonio Morano
edit, 8". 269. 290
S. Gsli VI 437. Gl 1885. No. 25. 32. 38 [O. Roux).
Tessier, A., Alcune biografie di Veronesi illuslri, tratte dai volumi inediti
del „Teatro d' uomini le erati aperto dall'ab. Girolamo Gh ilini". Padova,
tip. del Seminario. 8". 39. Per nozze Corradini-Canmzzoni. 291
Giuliari, G. B. conte, GH Anonimi veronesi. Verona, libr. H. F. Münster
(G. Goldschagg success.), edit. (tip. Cesira Noris). 8". 192. L. 3. 292
Di Manzano, Fr., Biografie di 688 letterati ed artisti friulani dal secolo
1 v^ al XIX. Udine, Paolo Gambierasi (tip. Doretli e Soci). 8». L. 2. 293
S. Gsli VI 298. NA 2. ser. Z 375.
Palletti Fossati, Pio Carlo, Saggi. Palermo, Giannone c Lamanth. S".
VI, 392. 294
.V. Gsli VI 292.
Pilipponi, G., Scritti varii. Vol. I. C. tica e Le erai.ira. Palermo, A.Gian-
trapani. 448. 295
S. rr XVIII, II 271 (L. Gniter).
Nino, A. de, Briciole letterarie. Vol. II. Lanciano, R. Carabba. 8". 284. 296
S. Gsli VI 439. RN XXV, I. seif. Ric 1885, No. 4 {G. Setti). DL
1885, 1789 {E. Gothein). Aptp IV \(>.\ (/'.).
Torraca, Fr., Saggi e Rassegne. Livorno, Fr. Vigo. 8". 470. L. 5. 297
S. Gsli F 312.
Cardona, L., Storia della Poesia; al Mantegazza. Firenze, tip. di G.Barbera.
8". 16. 298
De Benedetti, S., L'antico Testamente e la letteratura italiana: discorso per
r inaugurazione degli studii dell' anno scolastico 1884 — 85. Pisa, tip. Nistri
e C. 8". 40. 299
Olivari, Carlo, Dell' elemento greco e latino nella poesia italiana; tesi per
r esame di laurea 'n lettere. Genova, tip. della Giovenlii. 8". 22. 299a
Bertini, ("1., Della Urica. Roma, tip. Perino. 8". 63. 300
Fertiault, F., Des Madrigaux iialiens (concetti). Bourg, impr. Villcfr.mche.
8". 32, 301
Graf, A., Epopea in Italia. In Lpg V fasc. 2. 302
Caldera, P., Come nasce il verso epico italiano? In B 1885, No. 18 — 19. 303
Imbriani, V., L' Kco responsiva, nclle Pastorali Italianc del Cinquecento. In
Gnf IX 343-865. , . 304
— L' Eco responsiva nclle pastorali italianc del Seiccnto. In Gnf N. S. IX
fasc. 32—33- 304 a
Pougin, La comedie italiennc cn France. In Mc 1885, No. i. 305
liombarc'", E., La tragedia italiana nel Cinquecento. In Pr XVIII, I
202 — 217, 10(^
Paloschi, G., Piccolo Dizionario dellc opcrc tcatrali rinomatc, poiiolari,
antichc c moderne, italianc ed csterc, esposto a forma ili tliario, c scguilo
da una Appcndicc c da 1 » Indice alfabetico. Milano, stabil. Ricordi. —
nclle L. <). 3*^7
Cardamone, R., Dd tcalro: sommario slorico generale, l-ircnzc, p. Bär-
bel a. 8". 104. L. 2. 3'-''S
Torraca, Fr., II Teatro iLiliano dei secoli XIII, XIV c XV. I-iicr-e. San-
soni edit. (Roma, tip. „P. Mclastasio"). 8". XL, 45O. 309
.V. Ric 1885, A',). 6 (T. Casini). NA 2. ser. /./ 372.
Zoitsc'- •. f. ri>iii. IMiil. X. IViM. 2
lö niP.LIOr.RAI'ITIE IÖÖ5. ITAI.IF.NISCH. UTTF.RATÖkOESCHICHTE.
Zocclii, (i., S. J. II Icalro ilaliano ai tcmpi nostri: edizione clcgantissima.
Pralo, tip. Giaclictli, F". c C. 8". 256 clzcv. L. 1.50. 310
D'Ancona, AI., II Icalio manlovano ncl secolo XVI. Toiino, E. Loescher
cdit.-lihr. 311
Trautmann, K., Italienisclie Juden als Schauspieler am Hofe zu Mantua
(1579 — 1587), Auffiihiunfjcn der Gclosi in Venedig (1579). In AfL XIII
fasc. 3. 312
Adeniollo, A., CuriosiU\ di storia Icalrale. Un Casus belli fra Manlova e Dresda
nel i^j85. Due operc sconsciute di N. Jomelli. In FdD 1885, No. 37. 43. 313
Ricci, C, II vccchio teatro del pubhlicn in IJologna. In Atti e mem. di
RR. Dcputaz. di stör. pat. p. le ]irov. di Rom. Ser. III, vol. II, fasc. 5 — 6. 314
Ancona, A. d', II teatro a Venezia suUa fmc del sec. XVII. In FdD
1885, No. 9. 315
Malamani, V., I tcatri vcneti nel sec. scorso. In Gl 1885, No. 44. 316
Adeinollo, A., I primi fasli del teatro in via della Pergola in Firenze
1657 1661. Milano, Ricordi edit. 8". 32, con 4 lav. L. 2. 317
's. Gsli VI 285.
Stiefel, A. L., L' opera bufTa napolitana. In GB 1885, No. 3. 318
Trade, Th., Das geistliche Schauspiel in Süditalicn. Berlin, C. Habel.
8". 48. M. I. 319
S. Gsli VII 292.
— WcihnaclUsdramen in Sicilien. Ein Beitrag zur Geschichte des geist-
lichen Volksschauspiels. In DeB X 488 — 493. 320
b) Monographien.
Alfleri. A. Neri, L' apoteosi di Vittorio Alfieri al teatro Carignani. In Gl
1885, No. 15. 321
Aretino. G. Bat teil i, Nascita e parenti di Pietro Aretino: monografia.
Torino, tip. Candeletti. 8". 15. 322
— C. Guasti, Una figlia di Pietro Aretino. In Av XXIX 196 ff. 323
— E. Panzacchi, Pietro Aretino innamorato. In NA 2. ser, Uli 409 — 25. 324
Berabo. A. Borgognoni, 11 secondo amore di Pietro Bembo. In NA
2. ser. XLIX 633—647. 325
— V. Cian, Un decennio della vita di M. Pietro Bembo (1521 — 1531)-
Appunti biografici e saggio di studii sul Bembo; con appendice di docu-
menti inediti. Torino, Loescher edit. (tip. V. Bona). 8". XVI, 249. L. 6.
Pubblicazione della Scuola di Magistero della Regia Universita di Torino,
Facolta di lettere c fdosofia. 326
S. Gsli VI 2J0ff. (A. Luzio). Bu 3. ser. II quad. 5. Rcr N. S. XXI 11
{P. de Nolhac). NA 2. ser. Z//545. LgrP 1886, 37 1 {A. Gaspary).
— — A proposito di un' ambasceria di M. Pietro Bembo (Dec. 15 14). In
Av XXX 355—407. 327
— F. Gabotto, L' uomo in Pietro Bembo. In Gl 1885, No. 36. 328
— B. Morsolin, La ortodossia di Pietro Bembo: saggio. Venezia, tip. Anto-
nelli. 80. 48. Dagli AdIV. 329
S. Gsli V Ml ff. (V. Cian). NA 2. ser. LH 741.
Pietro Bembo e Lucrezia Borgia. In NA 2. ser. LH 388 — 422. 330
Boccaccio. Oii est ne Boccace. In L'idc 1885, No. 29. 331
— A. J. Boyer d'Agen, La vocation de Boccace. In Ri VIII fasc. 3. 332
— A.Graf, II Boccaccio e la superstizione. Firenze. Roma, Botta. 8". 24. 333
S. Asi 4. ser. XVI 447 {A. N.).
Bosone da Gubbio. L. Pieretti, Cola di Rienzo e Bosone da Gubbio.
In Rit 1885, III fasc. 3. 334
Bruno. Teixera Bastos, Giordano Bruno. In Rdel 1885, No. 5 — 6. 335
— M. Carriere, G. Bruno. In AZ, Beil. No. 45. 336
— F. Cavalli, Cenni biografici di Giordano Bruno. In AdIV 6. ser. III
disp. 7. 337
— T. Dal Pozzo di Mombello, Giordano Bruno: conferenza tenuta nella
Universita di Perugia. Foligno, tip. Sgariglia. 8". 39. L. i. 338
S. La Civiltä cattolica 12. ser. XI 204.
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. LITTERATURGESCHICHTE. IQ
Bruno. Giordano Bruno ä Geneve (I579)- documents inedits publies par
Thcophile Dufour. Geneve, imprim. Ch. Schuchhardt. 339
— A. Lolli, Giordano Bruno. In Kit, Anno V, vol. 11, fasc. III. 340
— C. Pisani, II perche di Giuseppe Bruno Giordano, commentato. Palermo,
tip. Gaudiano. 8". 6. 341
Campanella. P. Pozza, Fra Tommaso Campanella filosofo, patriota, poeta,
<,'iudicato nel secolo decimonono. Lonigo, Gaspari. 130. 342 — ^
S. NA 2. ser. LI 184.
Casanova. A. Ademollo, G. Casanova in Campidoglio. In FdD 1885,
No. 8. 343
Castiglione. A. von Reumont, Baidassar Castiglione. In VKR I
398—402. 344
Caterina da Siena, S. P., S. Caterina da Siena a Varazze. In Gli 1885,
4 ^'4 ff. 345
Cellini. A. Gotti, Di Benvenuto Cellini. In Lpg V fasc. 4. 346
Cino da Pistoia. G. Papaleoni, Un novo documento di Cino da Pistoia.
In Ric II 30. 347
Ciullo d'Alcamo. F. M. Mirabella, A proposito di una notizia della
condanna di un Ciullo d'Alcamo, lettera al Comm. Francesco Zambrini. In
Pr XVIII, II 447—449. 348
Colonna. A. Luzio, Vittoria Colonna. In Rsm I, fasc. i — 2. 349
.S. AdSR VIII 291.
— H. Schütz Wilson, Vittoria Colonna. In The nincteenlh Century XVIII
453—473- 349 a
Crudeli, Tommaso. F. T. Perrens, Un poote franc-ma^on dcvant le Saint-
office au XVIII e siecle. In Rddm LXVII, 142 — [73. 350
Dante. San Tommaso e Dante: studii di alcuni Scolari di sacra eloquenza
del seminaro di Rimini. Torino, tip. Salesiana. 4" picc. 35. 351
— D. C asalin, S. Tommaso d'Aquino c Dante Alighieri. In Sc XXV
quad. 149. 352
— F. Cipolla, Studi danteschi. In S X, fasc. 5. 353
— V. Imbriani, Dante ed il Delli Fabrizi. Memoria. Napoli, Tip. della
R. Universitä. 60. 354
S. Pr XIX I, 279 (Z. Gaiter).
— J. Klaczko, Florentiner Plaudereien. Von der französischen Akademie
gekrönt. Deutsch von W. Lauser, Berlin, Wien, Leipzig, II. Engel. 355
S. NuS XXXII ^l^ {R. L.). Leipziger Tagehl. 1884. No. 249 (^. Weiske).
— H.Krebs, The date of Dante's death. In Ac 8. Aug., 89. 356
— E, Lamma, Lapo Gianni (Contributo alla sloria letleraria dcl secolo XIII).
H Pr XVIII I, 3—105. 357
— A. Luciani, Dante Alighieri e gli Arctini. Arezzo, tip. Cagliari, 358
— A. Lumini, Dante Alighieri e gli Arclini. Arezzo, tip. Cagliari, a spese
deir aulorc. 8". 48. L. i. 359
— T. Mammoli, Dante a Ravcnna: dramma in versi in 3 atti. Milaiio,
presso r autore, via Torino, n. 55. L. 0.50. 360
— G. Milanesi, Dante a S. Gemignano. In Ric II 29. 301
— Remy de Gourmont, Eludes d' histoire litlörairc. La Bcatricc de Dante
et 1' ideal feminin cn Italic ;\ la fm du XI1I<" siecle. In Rdml VI, 174 — 190;
286 — 296; 442 — 451. 3<>;
— C.Ricci, Dante e il Botticelli. In F.ID 1885, No. 14. 363
— P. Tartarini, La Beatrice di Dante c la Bicc Portinari: studio. Torino,
tip. Bona. 8". 54. 364
Dante da Maiano. A. Borgognoni, La <|ucslionc m.aiancsca, o Dante
da Maiano. Cill;'» di (\istcllo, S. I^api tip.-edit. 8". 72. L. 1.60. 365
S. NA 2. u-r. IUI 763.
FaKiuoli. Mariano Bcncini, II vero Giovan Ballisla I*"agiuoli e il Tcatro
in Toscana a suoi tempi. Studio biografico-critico. Fralclli Bocca s. a. 8".
XII 292. 3<'6
S. LgrP 1886, 187 {A. L. Stigfel).
iO ini'.LIOGRAI'HIF. 1885. HALIKNISCII. LITTKRATUkaESCHICHTE.
Fiorontino. N. Misasi, Commcmoia/.innc di l-'ranccsco Fiorcntino letta
iK-Ua cliicsa del liceo Filanfjieri. Monleleonc, Kaho. 8". 33. 367
S. Ric J J 60 (Casini).
Poscolo. C. Antona-Travcrsi, Una |Mimi/.ia foscoliana. In Pdd 1S85,
No. 16, 3fj8
Un episodio sconosciuto dclla vita del Foscolo. In LDl 1885, No. 5. 368a
— G. Chiarini, II secondo delitto di Ugo Foscolo. In NA 2. ser. L
5-31- 369
— A. Ncri, Una biografia di Ugo Foscolo. In Gl 1885, No. 12. 370
— F. Novati, Per il Foscolo. In CS No, 3. 371
— G. U. Posocco, Ugo Foscolo. Milano, E. Sonzogno. 8". 63. L. o. 15.
I Giandi Italiani. Bibliotcca del popolo, n. 166. 372
— T. G. de Win ck eis, Vita di Ugo I'V)scolo; con prefazionc di Francesco
Trcvisan; vol. I. Verona, lihr. II. F. Münster (G. Goldscliagg succ): editr.
(T.ivorno, tip. R. Giusti). 8". 408, con 3 ritr. ed i incis. I.. 4. 373
S. Nl 1885, No. 19 (/''. Trevisa?!). DL 1886. i2o (B. ll'iese). Gsli VII
iTfiff. {G. Mestica). NA 2. ser. LIV 168.
Duelli e Kitratti di U. Foscolo. In R 1885, No. 12. 373a
Francesco d'Assisi. R. Bonghi, Francesco d'Assisi. Citti di Castello,
S. Lapi. 8", 115. L. 1.50. 374
S. S XI fasc. 3 {B. Matteis).
— Le Monnier, La Jeunesse de saint Fran^ois d'Assise, sa vic mondaine,
sa conversion, sa vocation. Lille, imprim. Desclue, De Brouwer et Cie.;
lilirairie de la Society de Saint-Augustin. 8". IV, 95. Fr. i. 375
— B. Odescalchi, Tre grandi uomini: Cristoforo Colombo, Francesco
d'Assisi, il Cid Campeador: studii. Roma, tip. Perino. 8". 132. 376
— G. Orlando, Saint Fran9ois d'Assise et son inlluence religieuse, sociale,
lilterairc et artistique, articles publid's ä l'occasion du septicme centenaire
de sa naissance, dans le Journal la Sicilia cattolica (septembre et octobre
1882), et reunis en un volume. Traduits en fran9ais par le P. Jean-
Baptist e, capucin du Petit-Bornand (diocese d'Annecy). Bar-le-Duc, im-
primerie Philipona et Cie.; Paris, libr. catholique internationale de TOTuvre
de Saint-Paul. 8". 292. 377
— dona E. Pardo Bazan, San Francisco de Asis (siglo XIII). Con un prö-
logo por D. Marcelino Menendez y Pelayo. 2» edicion. Paris, lib. Garnier
freres. 8". CXXXV, 598 et portr. 378
Qaliani. C.Pascal, Sulla vita e solle opere di Ferdinando Galiani. Studio.
Napoli, A. Morano. S**. 122. 379
S. Gsli r 457/". Wohl =
Della vita e delle opere di Ferdinando Galiani. In Gnf N. S. IX,
fasc. 30—33. 380
Galileo Galilei. A. Favaro, Intorno ad un giudizio del Renan sul pro-
cesso di Galileo. Padova, tip. Randi. 8°. 13. Dagli Atti e Memorie
della R. Accadcmia, ecc, di Padova, vol. I, disp. II. 381
— L. Pilgrim, Galilei. Berlin, Habel. 8". 44. M. 0.50. Sammlung gemein-
verständlicher wissenschaftlicher Vorträge, Hft. 458. 382
Goldoni. O. Brentari, II Gradenigo e Carlo Goldoni; pagina biografica.
Bassano, stabil. Pozzato. 8". 56. Per nozze Parisi-Bellati. 383
— F. D. Guerrazzi, La resa di Nonza. — Goldoni (Carlo). II Poeta fana-
tico. Roma, Edoardo Perino. 8". 104. L. 0.25. Biblioteca Umoristica
No. 30. 384
Gozzi. O. Guerrini, Di Carlo Gozzi. In FdD 1885, No. 8. 385
Gravina. A. Bertoldi, Studio su Gian Vincenzo Gravina, con prefazione
di Giosue Carducci. Bologna, ZanichcUi. 8". II 152. 386
S. Gsli F//428/'. (F. Caravelli). La do7nenica del Fracassa 1885,
No. 49 (6^. Picciola).
Qroto. V. Turri, Luigi Groto (II Cieco d'Adria). Lancüino, tip. R. Ca-
rabba. 8". 31. 387
S. Gsli VII 275.
BIBLIOGKAPHIK 1885. ITALIENISCH. LIITEKAIÜKGESCHICHIE. 21
Leonardo da Vinci. Eusebio Asquerino, Leonardo de Vinci. In RdE
CV 105 — 116. 388
— V. Prantl, Leonardo da Vinci in philosophischer Beziehung. In Sitzungs-
berichte der philos.-philol. und hist. Cl. d. Ak. d. Wiss. zu München 1885,
1—26. 389
— C. Ricci, Per Leonardo da Vinci. In FdD No. 2. 390
Leopardi. A. d 'Anco na, II Leopardi e la polizia Austriaca. In FdD
1885, No. 48. 391
— C. Anton a-Traversi, Cenni sul conte Carlo Leopardi. Roma, tip. frat.
Centenari. Daila Cronaca Bizantina. 392
G. Leopardi a Pisa. In FdD 1885, No. 28. 393
— — Nolizie e ancddoti Leopardiani. In LddB" 1885, No. 34. 35. 393a
— — La salma di Giaconio Leopardi. Recanati, tip. R. Simboli. 8". 87.
L. I. 393 b
— E. Bonvecchiato, Giacomo Leopardi e la hlosolia dell' amore. In AV
9. ser. I, No. 5—6. 394
— A. Cantalupi, Leopardi e Lenau. In Gl 1885, No. 33. 395
— Constance Fletcher, Leopardi. In The ninctecnlh Century XVIII
978-992. ... 396
— G. Ghetti, Giacomo Leopardi e la patria. Recanati, tip. Simboli. 8".
X 194- 397
— F. Guardione, G. Leopardi in S. Crocc. In R 1885, No. 3. 398
— — La giovinezza di Giacomo Leopardi. In Pr XVIII, II 334 — 351. 399
— O. Pennesi, La salma di Giacomo Leopardi. Roma, tip. Civelli. S^. 16.
Dal giornale II Diritto, 30 dicembrc 1884 e i gcnnaio 1885. 400
— F. de Sanctis, La tilosotia del Leopardi. In Nl 1885, No. 22. 401
— — Studio SU Giacomo Leopardi. Opera posluma curata dal prof. Raflaele
Bonari. Napoli, A. Morano. 8". VIII, 349. 401a
S. Gsli VII j,^()f.
— Gian Martine Saragat, II pessimismo di G. Leopardi. In Gl 1885^
No. 28. 29. 402
— V. Visalli, Salomone e Leopardi. In Nl 1885, No. 15. 403
— F. Zschech, Giacomo Leojianli. Vortrag, gehalten am 3. .Mai 1S84 im
Verein der Lehrer an den höheren Staatsschulen in Hamburg. Berlin,
Habel. 8". 31. M. 0.50. Sammlung gemeinverständl. wissenschafil. Vor-
träge, No. 467. 404
Macliiavelli. C. Canlü, Nicolö Machiavelli. Milano, E. Sonzogno. 8".
62. L. 0.15. I Grandi Italiani. — Biblioteca del i'opolo, No. 174. 405
— G. Ellinger, Machiavelli als Komodiendichter. In G XXVIl 281 11. 40b
— S. Samosch, Machiavelli als Comödiendichter und italiciiisclic Profile.
Minden i. W., J. C. C. Bruns' Verlag. 8". X, 132. 407
S. Gsli VI 284. ßlU 1886, 685.
Manzoni. K. Albcrti, Alcssandro Manzoni. In Wcstcrmanns Monat^h.
Bd. 59. 3 '5— 325- 4^8
— A. Astori, Polemica Manzoniana. In RN XXV, i.olt. 409
— G. Barzellotti, La filosolia del Manzoni. In FdD 18S5, No. 10. 410
— P. Bertini, Sui cori del .Manzoni: memoria ktla alla R. Accadcmia di
scienze, Ictterc cd arli in I'adova. Padova, tip. Randi. 8". 20. Dal vo-
lumc I, disp. 2» degli Atti c Memorie dclla R. Accadcmia di scienze,
Ictterc cd arli di Padova. 411
— R, Bonfadini, Alessandro Manzoni; confercnza tenut.i iiel icatro dclla
Sociel;\ in Lccco il giorno 8 marzo 1885, in occasione del prinu) Ccnle-
nario; ])ubl)licata a spcse del Comitalo per la erezione di un monumcnlo
a Manzoni. Lccco, tip. tlel Commercio, dei frat. Grassi. 8". 30. L. I. —
A totale benefizio del monumento. 412
— R. Bonghi, Per il cenlcnario di Alessandro Manzoni. In NA 2. scr. L
109—119. 413
— — II Centenario di A. Manzoni. In FdD 1S85, No. tu. 414
22 BIlJLlOGKM'lIIli 1885. 1 1 ALIüNISCH. LITl EKA 1 UKGESCHICU IE.
Manzoni. C. Cantü, Alcssaiulro Manzoni: Kcminisccnzc. 211 cdizione, con
iiuova i)refa/.ionc. Milano, frat. Trcvcs. 8". 2 vol. X, 344; IV, 344, col
lilrallo del Manzoni da un acquarello del 1829. L. 4, 415
— G. Chinazzi, Alessandro Manzoni: discorso. Genova, lip. Sambolino.
8". 39- 4>6
— F. M. Dolci, In commenioralione di A. Manzoni: ode. Merate, tip. Brian-
tea, di Brog},'i. 8", 6. 417
— A. DuBoys, Le Centcnairc de Manzoni. Paris, lib. Gcrvaisj. 8". 36.
Extrait du C. 418
— C. Fabris, La conversazione di Manzoni. In RN XXIV, i. luj^lio. 419
— F. Fcrri Mancini, Alcssandro Manzoni; con una Ictlcra del prof. Lo-
dovico Muratori. In Kit Anno V vol. II, fasc. III. 420
— T. Fornioni, L' Umorismo nel Manzoni. In FdD 1885, No. 36. 421
— L. Gaiter, Articolo inscrito nel periodico „II Propujjnatorc" di Bologna,
al titolo: ,,Cenni stoiici e rillcssioni sulle dispute insorle dietro Ic pio|)<)sle
del Manzoni per l'unitä della lingua", Discorso del conini. Carlo Gambini.
Milano, tipo-lit. L. Zanaboni e Gabuzzi. 8". 3. 422
— G. Glasi, Per il centenario di A. Manzoni. In AV 9. ser. II No. i. 2. 423
— A. Lenzoni, II Manzoni nelle scuole. In Gl 1885, No. 2. 424
— — Ancora sul Manzoni. In Gl 1885, No. 4. 424a
— F. d'Ovidio, Ha lasciato una scuola il ^Manzoni? In Cds No. 146. 425
— — Potenza fantastica del Manzoni e sua originalilä. In li 1885, No. 10. 425a
— — Manzoni e C. Porta. In li 1885, No. 35. 37. 425b
— - — II Manzoni nelle scuole. In FdD 1885, No. 3. 425 c
Manzoni e Cervantes. In AdN Vol. XX. 426
— Rip van Winkle, Manzoni e la signora Carlyle. In Gl 1885, No. 35. 427
— G. Rizzini, In difesa di Manzoni, contro la critica di Setlembrini. Lecco,
tip. Corti. 32. 428
— \\. Scherillo, Manzoni e Sancio Panza. In li 1885, No. 5. 429
— Alessandro ^Manzoni, la sua famiglia, i suoi amici: appunli e meniorie di
S. S. (conte Stefano Stampa). Milano, U. Hoepli edit.-lib. (tip. Bernar-
doni di C. Rebeschini e C). 8". XII, 500, col ritratto del Manzoni di-
segnato dal vero dall' autore. L. 5. In occasione del Primo Centenario
(7 marzo 1885). 430
S. DL 1885. II 75 (Ä Wiese). NA 2. sef. L 548.
— G. Tommasoni, Se il Manzoni stimasse il Giusti, In FdD 1885, No. 50. 431
— L. Vitali, II 7 marzo 1785: canzone pel I centenario della nascita di
A. Manzoni. Milano, tip. Cogliati. 8". 8. 432
Mazza. A. Neri, A. Mazza e V. Monti. In FdD 1885, No. 52. 433
Meli. Pitini-Piraino, Giovanni Meli. In Gnf N. S. IX, fasc. 30 — 31. 434
Menzini. G. Magrini, Studio critico su Benedetto Menzini. Napoli,
Carlo La Cava. 8'^. 105. 435
S. GsU VI 426.
Metastasio. Dell' amore e dei drammi di P. Metastasio. In To 1S85, No. 9.
12. 13. 16. 436
Michelangelo. F. Bodenstedt, Michelangelo und Viltorio Colonna in
ihren freundschaftlichen Beziehungen. In NuS 34, 142 — 159. 437
— G. Droysen, RatTael und ^Michelangelo. In DR X, I 103 — 107. 438
— Grimm, Älichelangelos Mutter und Stiefmutter. In JdK VI, fasc. 4. 439
— H. Grimm, Michelangelo betreffend. In VKR I 49 — 62. 440
— D. Levi, Michel- Ange, l'homme, l'artiste, le citoyen; traduction libre par
Edouard Petit. Paris, Libr. generale de vulgarisation (inip. Dupont). 8".
224, avec grav. et portr. 441
— H. Pfundheller, Zur Charakteristik Michelangelos als Künstler. In
DeB X 289—312. 442
Monti. D. Gnoli, Un Amore di V. Monti e il Werther di Goethe. In
FdD 1885, No. 31. 443
Muratori. G. Gay, Lodovico Antonio Äluratori, padre della storia italiana:
discorso per la distribuzione dei premii agli allievi delle scuole di Asti,
BIBLIOGRAPHIE IÖÖ5. ITALIENISCH. LITTERATURGESCHICHTE, 2^
23 aprile 1885; e parole dette nella stessa occasionc dal prof. can. C. Vas-
sallo. Asti, tip. Paglicri e Raspi. 8". 51. 444
S. Pr XVIII, II 267 (Z. Gatter).
Muratori. L. Grottanelli, Un collaboratorc di L. A. IMuratori. In RN
XXIV, 16 luglio. 445
Paradisi. G. B. Intra, Agostini Paradisi e l'Accademia mantovana. (Da
carteggio inedito). In Asl 1885, lio— 137. 446
Pellico. Mme. Bourdon, Silvio Pellico, sa vie et sa mort. 8e edition.
Lille et Paris, Lefort. 8". 144. 446 a
— Maroncelli, Vie de Silvio Pellico. Traduction de P. L. Lezaud. Pre-
cedee d'une notice sur Äles prisons, par Saint-Marc Girardin, de l'Academie
fran9aise. Limoges, M. Barbou et Cie. 8'^. 71 et portr. 447
— Rayo, II colera e S. Pellico. In Nl 1885, No. 2. 448
Petrarca. Petrarch. In The Westminster Review N. S. 67, 395 — 429. 449
— Petrarque au Capitole. In L 1885, fasc. 9. 450
— A. Piumati, La vita e le opere di Francesco Petrarca: studio prepara-
torio alla lettura del Canzoniere, ad uso delle scuole secondarie. Torino,
presso Loescher, Paravia, Scioldo e Finocchio (tip. Bona). 8". 63. L. i. 451
S. Ric II. 49/. {T. Casini).
— G. Signorini, F. Petrarca a Linterno. In Nl 1885, No. 2. 452
— G. Sordini, Ubaldo de Domo. In NU 1885, No. Ii. 453
— J. A. Symonds, Petrarch. In The Encycl. Brit. XVIII 706 — 711. 454
— V. Termine Trigona, Petrarca cittadino: studio storico. Catania,
N. Giannotta edit. (tip. Martinez). 8". 207. L. 2.50. 455
S. Gsli VI 282.
Pietro delle Vigne. V. Pagano, Pietro delle Vigne in relazionc col suo
secolo. In Pr XVIII, II 68—97. 45^
Pindemonte. C. Antona-Traversi, Per il l'indemonte. Li Nl 1S85,
No. 15. 457
Pistoia, Antonio da. R. Renier, Nuovi documcnti sul Pistoia. In Gsli
V 319. 458
Polo, Marco. S. Duclau, Marco Polo, sa vie et ses voyages. Limoges,
E. Ardant et Cie. 8". 192. 459
— K. Schumann, Marco Polo, ein Weltreisender des XIII. Jahrhunderts.
Berlin, Ilabel. 8". 32. M. 0.50. Sammlung gemeinversländl. wissensch.
Vorträge, No. 460. 460
— Col. Henry Yule, Marco Polo. In The Encyclopacdia Britann. XIX,
404 — 409. 460 a
Porta, G. della. A.Broccoli, Intorno alla vita cd alle opere di Giam-
batlista della Porta; Due lelterc inedite di F. Fiorentino a C. Minieri-
Riccio. In Nl 1885, No. 5. 9. 461
Sanildo. V. Crcscini, Marin Sanudo jirccursore del Mclzi. In Gsli V
181 — 185. 462
Stigliani. G. Gattini, II rilratto di Tommaso Sligliani. In LI 1885, No. 5. 463
Tasso. E. Bettucci, Torquato Tasso che sottopone al giudizio dell' Acca-
demia dei Catenati in Macerala la „Gerusalcmme Liberala". Maccrata, tip.
Cortesi. 8". 92. 4<>j
Tassoni. T. ("asini, Alessandro Tassoni e la Crusca. In Ric 18S5, No. 3. 4()5
— F. Nunziante, II conto Alessandro Tassoni cd il Scicenlo; con prcl'aziouc
ilel Duca ili Maildaloni. Milano, E. Ouatlrio edit. (Sondrio, E. (Juailrio).
8". 207. L. 1.50. 40()
Torriceila. Gcnnaro Venisli, Domenico lonicclla. In Rl' 1 1 No. 21. 4O7
Torti. A. Novara, Giovanni Torti. In La Lcttcralura 1 885-- S(). No.3.4. 4()8
VelardinioUo. B. Capasso, Oltave de Vclaidinicilo. In (il? 18S5, No. 1. 460
VitelleschL M. F. P., Una poctessa di l-olii^no (Maiia Billista Vilclksclii).
In lo 1885, No. 2ü. 470
Zendriiii. F.Martini, Heine c Zendrini : ghiribizzo crilico. .Milano, Ouadrio
edit. (tip. E. Civclli). 8". L. ü.50. 471
24 lUHLIOüKAlMIll': 1885. ITALIIiNISClI. AUSGABEN KTC.
5. Aus{,'aben und l'Irläuleruny sschri fleii.
a) Sammlungen.
Bibliothek geilicgener klassischer Werke der italienischen LiUeralur. Für
Scluilc iMidJIaus ausgcwäl'H und ausgestaltet von Ant. Gocbel. lo.Iidchn.
Münster, Ascliendorfl'. S. Pellico No. 687. 472
Biblioteca italiana. Für den Unterricht im Italienischen mit Anmerkungen
in deutsclier, französischer und cnglisciier Sprache hrsg. vun A. Scartazzini.
4. Bdchn. Davos, Richter. S. Manzoni No. 657. 473
Collezione di opere inedite o rare . . . LiX. LX. Bologna, G. Romagnoli.
5. Bil)l)ia Vulgare, La — No. 502, 474
Operette inedite o rare. XI. Firenze, libr. Dante. S. Tedaldi No. 721. 475
Scolta di Curiositä letteraric inedite o rare dal scc. XIII al XVFI. Disp.
202, 206, 207, 208, 209, 21 1, 212, 213. S. Mattiolo No. 667; I'alliolo No. 262 :
Varlhema No. 260; Slaiuto No. 270; Dyalogo No. 511; IV. Poemetti Sacri
No. 489,' Pai.na No. 260»; Marignolle No. 666. 476
Iiardelli, Giov., Ilal-cnische Chrestomathie. La lingua parlata. Raccolta di
letture ilaliane moderne ad uso degli studiosi di essa, corredate di ccnni
biügralici sugli autori, di note spiegative e di vpcabolauo ilaliano-tedesco.
Davos, Richter. 8". \Il, 239, M. 3. 477
— Italienische Chrestomathie. La lingua parlata. Raccolta di letture italiane
moderne ad uso degli studiosi corredate di cerii biogral'ici sugli autori, di
note spiegative e di vocabolario italiano-tedesco. 2. ed. riveduta. Davos,
Richter. 1886. 8". Vll. 241. M. 3. 477a
Morandi, L., Antologia della noslra crilica letteraria moderna, compilata jier
uso delle persone colte e delle scuole. Cittä di Castello, S. Lapi. 8". XI,
671. L. 4. 478
5. Gs/i K 313. LC 1885, I153.
Binaldi, B., Nuova Crestomazia italiana, ossia Prose e Poesie moderne, con
risconlri di antiche d'ogni secolo, scelte, ordinate e annotale per lo studio
della retta pronunzia, della lingua, dello slile e di tutte le forme del com-
porre, ad uso delle scuole normali. Torino, G. Scioldo edit. (tipogr. Bruno
e C). 8". XX, 708. L. 5. 479
Targioni-Tozzetti, Oltav., Antologia della poesia italiana, annotata. 2» ed.
notevolmente accresciuta. Livorno, tip. Raffaello Giusti. 8". XXX, 878.
L. 4. 480
S. NA z.scr. LIV \-jS.
Ulrich, J., Altitalienisches Lesebuch. XIII. Jahrhundert. Halle, Niemeyer.
1886. 8». VIII, 160. M. 2.80. 481
S. DL 1886, 597 (L. Biadene). Gsli VII 253/". LgrP 1886. 145
{A. Miissajia).
Guai'dione, Fr., Antologia poetica siciliana del secolo XIX, con proemio e
note. l'alermo, Tip. ,, Tempo". (Berlin, Ascher). 8". LI, 366. L. 4.25. 482
S. LC 1886, 1729. DL 1886, 334 [B. Wiese). NA 2. ser. 53, 391.
— Nuova Antologia di poeti siciliani, con proemio e note, Alcamo, A, ^lar-
rocco edit. 8". 500. L. 4.20. 483
S. Pr XVIII, II 454 (Z. Gaiter).
Donati, G., Cinque sbnetti del medio evo. Nozze Rossi Scotti — Della
Porta. Perugia, tip. Boncompagni. 8"^. 16. 484
.S. Ric II 29 {Zenatti).
Gaspary, A., Zu dem III. Bande der Antiche Rime Volgari pubblicate per
cura di A. d'Ancona e D. Comparetti (Bologna 84). InZrPIX57i — 89. 485
Teatro (II) italiano dei secoli XIII, XIV, XV, a cura di Francesco Tor-
raca. Firenze, G. C. Sansoni edit. (Roma, tip. „Metastasio"). 8". XL,
456. L. 2. 486
Martucci, G., Uno scenario inedito della commedia dell' arte. In NA 2. ser.
LI, 219—233. . 487
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. AUSGABEN ETC. 25
Ritnatori napoletani del quatlrocento : cudice (1035) ddla Biblioleca Nazio-
nale di Paiigi, estratto per cura dei doU. G. Mazzalinli e Antonio Ive;
con note e prefazione di Mario Mandalari. Caserta, Antonio Jaselli. 8".
XL, 198. L. 10. Edizione di 250 esemplari numerati, al prezzo di L. 6
pci soscrittori. 488
S. Gsli VII 41 3# [F. Torraca).
IV Poemetti Sacri dei secoli XIV" e XV", pubblicati per la prima volta
ed ilhistrati dal Dr. E. Percopo. I". II Transito della Madonna. 11". S. Cate-
rina di Buccio di Ranallo (1330). III". S. Giuliano lo Spedaliere. IV. S. Mar-
jjherita d'Antiochia. V". Frammcnto della Leggenda di s. Gregorio. Con
un' Appendice di X sonetti inediti di Buccio di Ranallo. Bologna, G. Ro-
niaguoli. 8". LX'^V, 222. Scelta di Curiositä lett. ined. o rare Disp. 211. 489
S. Gsli F/ 416. LgrP 1886, 30 {A. MussaJid).
Cian, V., Ballate e strambotti del secolo XV, tralti da un codice trevisano.
Torino, E. Locscher. 8". 55. Dal Giornale slorico. 490
S. Ric 1 885, No. 5 {L. Biadsnc).
Rime inedite di un cinqviecentista (da un codice Ashburnhamianu), a cura
di Pio Ferrieri, per le nozze Vigo-Magenta. Pavia, lip. fiat. Fubi. 8".
XX, 46. 491
Scipioni, G. S., Tre laudi sacre pesaresi. In Gsli VI 212 — 222. 492
Flechia, G., Annotazioni sistemaliche alle Antiche Rime Genovesi (Arclnvio
II un — 312) e alle Prose Gcnovesi (Archivio VIII 1—97). In Agi VIII
317-406. , .403
Frati, L., II ,,Bel pome", coronu di novc sonetti allegorici. In Gsli VI
223-230. 494
Coiyciana. L. Geiger, Der älteste römische Musenalmanach. In VKR
I 145— 161. 495
Tobler, A., Ulrich, Recueil d'excmplcs en ancien Italien (Romaiiia No. 49).
Ji ZrP IX 418. 496
Proverbia que dicuntur super natura feminarum, veröllentlicht von
A. Tobler. In ZrP 'X 287—331. 497
S. Gsli VII a,izff. (F. Novati).
Ncri, B., I favolisti italiani: raccolta di favole italiane in prosa e poesia,
scellc dai niiglioii scriltori, ordinate c annotale, per le scuole e le famiglie.
Milano, Trevisiiii. 8". 398. L. I.75. 497^
Avveninienti faceti raccolli da un anoniino siciliano ncll.i piiiiia nielä del
secolo XVIII, e pubblicati per cura di G. Pitre. Palermo, L. Pedone
Lauricl. 8". 124. L. 3. Curiosit;\ pop. tradiz. II. 498
S. Gsli V 296. M II 431 {H. G.).
Novelle poetiche di varii aulori (Pindenionte, Grossi, Sestini, lonunasOo,
Piali). Firenzc, G. Barbera. 8". XV, 500. L. 2.25. 499
Lettere (l)iciotto) inedite di illustri Roniagnoli (fra i quali Vincenzo Monli,
Costanza Monti-Perticari, Giulio Perticari, Maurizio Bufalini, Michclc c
Luigi Crisostomo Ferrari, Giovanni Minardi, Dionigi Strocdii, Ciiusoppe
!Manuzzi); raccolle per cura di Francesco Miscrocchi, per iiuzze Rav."i-
Baccarini. Ravcnna, tip. Caldcrini. 8". 500
b) Anonyma.
Auiorosa Visione. C. Anlona-Tra vcrsi, Notizie storiclic ■swW Aniorosa
risio/tc. In SFR I 425 — 444. 501
Bibbia (l,a) Volgaro, sccondo la rara edizione del i" lii ollobrc 1471; ristam-
pata per cura di Carlo Negroni. Vol. VI: l.'I'Aclesiaste, il Canlico dti
Cantici, la Sapienza, rKcclesiaslicu, Isaia. Vol. V'll: Jercmia, Banic cd
Ezechiele. Bologna, prcsso Gaelano Koniagiioli. S". ()3() ; ()I5. Collc/.ione
di opcre incilite o rare. 502
Mec"'!!, A., Frammcnto di un Ciuidtrc- in motte Ji Galeazzo Maria Sfotzit.
In Asl 1885, 797 — 809. 503
26 BIHLIOGKAl'HIE 1885. ITALIKNISCJI. AUSGABEN ETC.
La pistola que fon tranicsa an Gasion l'aris lo jorn que pres mollier de
pari lo sieu hon aniic (tird- ä Ircntc-six cxcniplaircs numcrolcs, chcz Mar-
chcssoii, au Puy). 8". 7. 504
.S. Ro XIV 620 {,,Cette plaquclte contient la cummunicalion Wune curieuse
Jccouverte, cclle d'un texte fratxco-italien, en prose dei Conti di an-
tichi Cavalie ri").
Ferrari, S., II „Contrasto della Bianca e della Bnina''. In Gsli VI
352-398. 505
Gl'azie (Lc): traltatellu, o dcscrizionc di costumi, tolto dallo Zibaldone, cod.
fiorcntino, c pubblicato da A. Borj^oynoni. Ravcnna, tip. Nationale di
E. Lavagna. 8". 16. Per nozze Fellini-Rebustello. 506
Prato, St., UOrma del leone (Ro XII 535). In Ro XIV 132 (T. 507
Viscardi, G., Un antico poemetto popolare italiano. {Passione di Cristo.)
In Gl 1885, No. 2. 508
La Passione e Risurrezione. L. Biadene, Correzioni ed aygiunle a La
Passione e Risurrezione. In SFR I 449 — 452. 509
N., C, La Resa di Pancalieri (Ro XIII, 415). In Ro XIV, 135 fi\ 510
Dyalogo (El) di Salomon e Marcolpho, a cura di Erneslo Lamma: —
disp. CCIX della „Scella di Curiositä letteiarie incditc o rare dal sccolo
XIII al XVII". Bologna, presso Gaetano Roniagnoli (Regia Tipografia).
8°. LXIV, 78. L. 4. Edizione di soli 202 esemplari ordinatamente nu-
merati. 5 1 1
S. Gsli VIII 275 {A. Wesselofsky).
Cali, A., L'Ecclesiaste e il Cantico dei Canlici di Salomone. Catania,
F. Tropea. 8«. XV, 139. 512
S. Rcr N. S. XXII 105 {M. V).
La Scala del Cielo, operetta antica spirituale non mai fin qui stanipata.
Alla cara memoria della Clelia Vcspignani. Imola, tip. Galeati. 220. 513
.S. Pr XVIII, I 467 //. (Z. Gaiter).
Seherillo, M., Una fönte del „Socrate immaginario". In Gsli V 186 — 205. 514
Spagna. A. Thomas, Notice sur deux manuscrits de la Spagtia en vers
de la bibliotheque nationale de Paris. In Ro XIV 207 — 221. 515
Spagna istoriata. G. Oster hage, Ueber die Spagna istoriata. Progr. des
Humboldts-Gymn. in Berlin. Ostern 1885. 4". 25. 516
S. Gsli VII 219 ff. LgrP 1886, 508 (Z/. Wiese).
c) Einzelne Autoren und Werke.
Alfieri. B. Zumbini, II Misogallo. In FdD 1885, No. 6. 517
■ II ,,Saul" deir Altieri. In NA 2. ser. L 393 — 407. 518
Algarotti. A. Neri, Una lettera inedita di Francesco Algarolti. In GH 1885,
296 ff. 519
Ariosto, L., Orlando Furioso. Edizione popolare splendidamente illustrata
da Gustavo Dore. Disp. i e 2. Milano, frat. Treves. 8". 16 cadauna
dispensa, a Cent. 50. — Tutta l'opera L. 20. 520
— Stanze dell' Orlando Furioso collegate dal racconto dcll' intero poema e
annotate da G. Picciola e V. Zamboni. Secondo ediz. con giunte e
correzioni. Bologna, N. Zanichelli. 521
S. NA 2. ser. XLIX 197.
Baldi. L. Ruberto, Le egloghe edite e inedite di B. Baldi. Bologna, tip.
Fava e Garagnani. 80. 83. Dal Pr vol. XVII. 522
Bellincione. A. Di na, Lodovico Sforza detto il Moro e Giovan Galeazzo
Sforza nel Canzoniere di Bernardo Bellincione. In Asl XI 716 — 740. 523
Benivieni. A. Corradi, Un libro raro di sililografia e un' edizione ignola
del Benivieni. In Audm CCLXXI 228. 524
Bemi, Fr., Rime, Poesie Latine e Lettere edite e inedite ordinale e annotate
per cura di A. Virgili ... Firenze, Le Monnier. 8". XLVIII 419. L. 4. 525
5. LgrP VI 463 {A. Gaspary).
Bescape, P. da. Fr. Carta, Sul poemetto di Pietro da Bescape esistente
nella Biblioteca Nazionale di Milano: descrizione bibliografica, con fac-
simile. Roma, Forzani e C. tip. 4". 7. 526
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. AUSGABEN ETC. 2"]
Boccaccio, Giov., Dekameron oder die hundert Erzählungen. Deutsch von
D. W. Soltau. 1 7. -■- 20. Tausend. Berlin, Jacobsthal. 8". XII, 626.
M. 2.50. 527
— Le Decameron, trad. en fran^oys par maistre Anton Le Ma^on ; avec notice,
notes et gloss., par Fed. Dillouse, t. 5*;. Paris, Hb. Lemerre (imp. Un-
zinger). 8". 244. Fr. 5. 528
— Les Contes de Boccace (le Decameron). Paris, impr. Noblet; Libr. des
villes et des campagnes. 4" ä 2 col. 160 et grav. 3 fr. 529
— Le Nouveau decameron. Quatrieme journee : Comme il vous plaira. Paris,
Dentu. 8". 191 et grav. 6 frs. 530
— V. Crescini, Idalagos. In ZrP IX 437—479- 53i
— Gerny-Chi cot, Les Contes de Boccace, monologue. Paris, Emile Benoit.
4". 3 avec \ign. i fr. 53'^
— E. Koeppel, Laurents de Premierfait und John Lydgates Bearbeitungen
von Boccaccios de casibus virorum illustrium. Ein Beitrag zur Litteratur-
geschichte des 15. Jahrhunderts. Habilitationsschrift. München, Buchholz
& Werner. 8". 112. M. 2. 532
S. DL 1885, 1636 (J/. Reimann).
— A. Neri, Una lettera di Gius. Bianchini. In Gsli VI 305. 533
— C. Paoli, Documenti di ser Ciäppelletto. In Gsli V 329 — 369. 534
— N. Zingarelli, La fönte classica di un episodio del Filocolo. In Ro
XIV 433—441. 535
- J. Zupitza, Die mittelenglischen Bearbeitungen der Erzählung Boccaccios
von Ghismonda und Guiscardo. In VKR I 63 — 102. 536
Bojardo. Stories from Boiardo: Orlando. In BEM 1885, Sept. 537
— W. Tappert, Bilder und Vergleiche aus dem Orlando Innamoralo Bo-
jardo's und dem Orlando Furioso Ariosto's. Nach Form und Inhalt unter-
sucht. Marb. Diss. Marburg, Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 50. 538
Bosone da Gubbio. F. Labruzzi, Bosone da Gubbio e la canzone „Spirto
gentil". In Sr 1884—85. No. 6. 7. 539
Bruno. C. Calzi, La leggenda tragica di G. Bruni. In RN XXIII, 16
maggio. 540
— T. Desdouits, La Legende tragique de Jordano Bruno, comment eile a ele
formee, son origine suspecte, son invraiscmblance. Paris, Thorin. 8". 27. 541
S. LC VI, No. 7 (ß.).
Capponi, G., Lettere, e di altri a lui, raccolte e pubblicale da Alcssandro
Carraresi. Vol. IV. P'irenze, succ. Le ^lonnier. 8". IV, 470. L. 4. 542
— E. Masi, G. Capponi e il suo Epistolario. In li 1885, No. I. 543
Carducci, Giosuc, Sei odi barbare, con la versione latina di Amedeo Cri-
vcllucci. Ciltä di Castello, S. Lapi. 8". VII, 80. L. 2. S44
Casanova di Seingalt, G., Memorie, scritte da lui stesso; secolo XVIII.
La conlcssa Clementina; i'i edizionc italiana completa, a cura diDouSal-
luslio. Roma, E. Perino. 8". 287. L. i. 545
— Memorie scritte da lui stesso (XVllI secolo). Le notli di Londra: prima
edizionc italiana completa, conformc alla edizionc originale di Lijisia, a cuia
di Don Sallustio. Roma, Ed. Perino. 8". 255. L. r. Biblioteca Perino.
n. 41. 54';
— La Portoghese. i'i edizionc completa, conformc all' edizionc originale ili
Lipsia, a cura di Don Sallustio (Memorie di G. Casanova di Seingalt,
scritte da lui stesso, XVI II secolo). Roma, Edoardo Perino. 8". 203.
L. I. Biblioteca Perino, n. 40. 54'' ii
— A- Ademollo, Una pagina inctlil.i ilclle Memorie casanovianc. In Fdl)
1S85, No. II. 547
— J. Ebhardt, Casanovas Memoiren. In MfLA 1885, 358 11. 54S
— D. Mantovani, Un' opera poco iu)la di G.Casanova. In Lddl*' 1SS5,
No. 27. , 540
Caterina da Siena, S. Franco, Le vie della pcirc/ione; ti.iUalo cavalu
da uno scritto di sanla Cattcrina da Sicna. Modena, tip. della ln\inacol.»la
Concezione. 8". 335. L. 3. 550
28 HII'.LIOGKAlMIIli 1885. H ALIKNISCII. AUSGAHEN ETC.
Caterina da Siena, S. (". Ncj,'runi, Trc libii u Iraltali di S. Caterina
da Sicna. In lii 1885, No. 5. 551
Cavaleanti. 1'. ICrcolc, Guido Cavalcanli c Ic sue rimc: studio slorico-
Icttcrario, scguilo dal tcsto critico delle rime, con coinmcnlo. LivOrno, lip.
Vigo. 8". 416. L. 5. 552
J>. Gsli VI 402 ff. (/?. Renicr). LC VI No. 16— 1 7 (/'". Turraca). Ric 1885.
No. 5 (7'. Casini). NA 2. ser. 53, 188. I.grP 1886, 332/". (^. Gaspary).
Cellini, Benvcnuto, Vita, scritta da lui medesimo. Firenze, Adriane Salani.
8". 396, con ritratto. L. 2. 553
— A. Mabcllini, Delle rimc di Benvcnuto Cellini. Firenze, ditta G. B.
Paravia e C, di I. Vigliardi, cdit. (tip. Bencini). 8". VI, 334. L. 3. 554
S. LC 1885, 171 1 {II. K—ng). NA 2. j^a-. 53. 386. Gsli ^Y 424. Ric
1885, No. 4 (S. Morpurgo).
CJiullo d'Alcamo. V. di Giovanni, Alcuni luoghi dcl contraslo di CiuUo
d'Alcaniü, ridülti a miglior lezione e nuovamcnte inlerpetrali. In Pr XVIII,
II 40—67. 555
Dante Alighieri. Delhi Divina Conimedia, canlica I (Inferno), cantica II
(Purgatorio), cantica III (Paradiso). Milane, Muggiani e C. lip.-edit. 3 vol.
8". 182, 188, 190. L. 1.20. 556
— La divine Comedic illustree par S. BotticcUi. In Gdba XXXT, Ne.335. 557
— L'Enfer, chant I; par Dante. Nouvellc cdilion, publice avec une notice,
un argumcnt de tout le poeme et des notcs cn fran(,ais par B. ^Melzi. Paris,
Ilachetle et Ce. 8". 51. 75 cent. 558
— Pe Purgatoire et le Paradis, de Dante Alighieri. Avec les dessins de
Gustave Dore. Traduction fran^aise de Picr-Angelo Fiorenlino, accom-
pagnee du texte italien. Paris, Hachette et Ce. 2". 412 et 60 grav. hors
texte. 100 fr. 559
— Dantes. Purgatorio, translated into greek verse by Mussurus Pascha. D.
C. L. London, Williams and Norgate. 8". M. 12. 560
— Divina commedia. II. Das Fegefeuer. Aus dem Italienischen ins Unga-
rische übersetzt und mit Anmerkungen begleitet von J. Angyal. I. Heft.
Budapest, Aigner. XXIX, 73. 561
— Paradies. Dritte Abtheilung der Göttlichen Komödie. Genau nach dem
Versmasse des Originals in deutsche Reime übertragen und mit Anmerkgn.
versehen von Jul. Francke. Leipzig, Breilkopf & Iliirtel. 8". VIII, 218.
M. 5, 562
S. BlU 1886, 355 {Th. Paar). LC 1886, 1240 (//. K—ng).
— L. Bartolucci, Pensieri, massime e giudizii, estratti dalla Divina Com-
media di Dante, e ordinati per comodo degli studiosi. Cittä di Castello,
S. Lapi. 8". X, 207. L. 2.50. 563
— C. Beccaria, Di un verbo dantesco. (II muse dell' Inf. XXVIII 43). In
B 1885, No. 6. 564
— F. G. Carnecchia, Convolto, b Col volto? (Inferno, canto XXI, verso 46).
Pisa, tip. Vannucchi. 8". 7. 565
— — Convolto? (v. 46 del XXI dell' Inferno). 2» ediz., coli' aggiunta di al-
cune lettere all' Autore dei chiarissimi Jantisti prof. A. D' Ancona, prof.
A. Bartoli, prof. cav. I. Del Lungo, prof. cav. G. Rigutini, prüf. ab. Giacomo
Poletta. Pisa, tip. -edit. del Folchetto. 80. 29, L. I. 565a
— — La vera lezione dei versi 59 — 65 del canto X dell' Inferno. Pisa, tip.
Mariotti. 8", 11. 565b
S. Ric 1885, No. 4 {T. Casini).
— — Della vera lezione dei versi 79 — 84 dell X" dell' Inferno. Pisa, tip.
Francesco Mariotti. 8°. 8. 565c
— L. Castelvetro, Sposizioni di Lodovico Castelvetro a XXIX canti del-
rinferno Dantesco ora per la prima volta data in luce da Giov. Franciosi.
In ^Icmorie della Regia Accademia di scienze, lettere cd arti in Modena.
Ser. II. Vol. Ilh Modena 1885. 4". 566
- B. Cecchetti, Le ,,Scaule" veneziane e Dante. In Av XXX 1491!'. 567
— N. de'Claricini, Intorno all' interpretazione di una terzina di Dante
(Parad. IX 46—48). In B 1885, No. i. 568
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. AUSGABEN ETC. 2g
Dante Alighieri. V. Crescini, Noterella danlesca. In Gsli VI 201 — 11. 569
— I. Del Lungo, Guglielmo di Durfort e Canipaldino. In XA 2. ser. L
408—424. 570
— G. Franciüsi, Dante e il Beato Angelico. In NA 2. ser. LH 106 — li. 571
— L. Frati, Federico duca d' Urbino e il veltro dantesco. In AspM II,
fasc. 6. Auch separat: Foligno, tip. Sgariglia. 8". 12. 572
— C. Galanti, La ruina nel canto V dell' Inferno dantesco; lettera (XVII
della seconda serie, su Dante Alighieri) al prof. Carlo Vassallo. Ripatran-
sone, tip. JafFei e Nisi. 8". 40. 573
— P. G. Giozza, Iddio e Satana nel poema di Dante: studii critici, prece-
duti da due vliscorsi, ecc. Palermo, presso L. Pedone Lauriel (tip. Giannone
e Lamantia), s. a. 8". 284. L. 3. 574
S. NA 2 ser. XLIX 770.
— A. Gloria, Un errore nelle edizioni della Divina Commedia; uno nei
vocabolarii. Padova, tip. Randi. 8". 23. Dagli Atti della R. Accademia
di scienze, lettere ed arti in Padova, nella tornata del 14 dicembre 1884,
vol. I, disp. I. 575
S. AV g. ser. II No. 3. Ric 1885, No. 2 ( V. Crescini).
— C. Negroni, lUustrazioni artisliche della Divina Commedia nel sec. XV.
In Bi, gennaio e febbraio 1885, num. I e 2. 576
— M. F. P., La prima edizione della Divina Commedia. In To 1885, No. 15. 577
— A. Reumont, I Disegni di Sandro Botticelli del Ms. Hamilton, ora ber-
linense, della Divina Commedia. In Asi 4. ser. XV 130. 578
— A. Torre, Polemica dantesca. In Nl 1885, No. 7. 579
— E. Vogt, Maria als Vorbild der christlichen Tugenden in Dantes Purga-
torio. In K 1885, II 198 — 213; 305 — 317. 580
— H. Zehle, Laut- und Flexionslehre in Dantes Divina Commedia. Mar-
burg, Universitätsbuchdr. 8". 79. Strassburger Diss. 581
S. LgrP 1 886, 405 ( W. Meyer),
— N. Angeletti, Quando e dove scrivesse Dante le opere minori. II terzo
e il quarto trattato del Convivio. In Sr 1884 — 85, No. 5. 8. 11. 582
— C. An tona-Traversi, Alcune varianti della Canzonc sul Monumento di
Dante di G. Leopardi. In FdD 1885, No. 2. 583
— C. Canetta, La Vita nuova di Dante. Di alcune norme da scguirsi nella
sua interpretazione. In CT Anno I, No. 9. 11. 15. 17. 584
— G. Cerquetti, Commento al primo sonetto della Vita Nuova. Osimo,
stamp. Vincenzo Rossi. 8". 22. Nozze Bandini-ftasparini. 585
— G. Gietmann, Klassische Dichter und Dichtungen, i. Thl. Das Problem
des menschlichen Lebens in dichterischer Lösung: Dante, Parzival u. Faust,
nebst einigen verwandten Dichtungen. I.Hälfte. Freiburg i. Br., Herder.
8". M. 4.50. Inhalt: Die göttliche Komödie imd ihr Dichter Dante
Alighieri (XII, 426 S.). 58O
S. BlU 1886. 357#.; 378^. (77z. Paur). LC 1886, 1534 (//. K—nif).
— A. Graf, Per la Icggenda di Dante. In Gsli VI 475. 587
— E. Lamma, Studi sul Canzoniere di Dante. In Pr XVHI, H 189 — 224;
352-370-. . 5«^^
— A. Lubin, Dante spiegato con Dante c polcmichc dantesrhc. Torino,
Locscher. 8". 200. L. 2.50. 589
S. DL 1885. iiio {G.Körting).
— F. Pastjualigo, Questioni dantesche. In B 1885, No. 26. 31. 590
— G. Polctto, Dizionario Dantesco di ([uanto si contiene nellc opcrc di
Dante Alighieri; con richiami alla Sonima tcologica di san Tommaso d'A-
«juino; colla illustrazione dci nomi proprii , ccc. Volume I" (A — B— C).
Verona, libr. H. ]'\ Münster (G. (loldschagg), cililr. (Sicna, tip. all' inscgna
di San Bcrnardino). 8". XIX, 428. L. 4. 5(11
S. LgrP 1886. 462 (/>'. Wiese). DI 1886. 1528 (/'). A'A 2. ser. 52, 742.
— P. Rajna, Per la data della „Vita nuova" c non per cssa -^oltanto. In
Gsli VI 113— 162. 592
30 BIRLIOGRAPHIK 1885. ITALIRNISCH. AÜSGRARN ETC.
Dei. L. Frati, Tic sonetti <li Rencdctlo Dci suUa pucrra di Sarzana de)
1487. In fili 1885, 131 — 141. 5(>3
Dino Compagni. If. Bresslau, Die A^lihnrnliam- Handschrift des Dino
(^onipaj^ni. In VKR I i"^— 134. 594
Fagiuoli. Lc nozzc dcl diavolo, novclla di Tlinv. P.altista Fagiuoli. Fi'cnze,
Salani. 8". 30. 595
S. Gsli r/ 428.
nUeaja. Lettere 'nedite di Vincenzo da Filiraja al conte Lnrcnzo Maga-
loUi. Procmio e note di Ferriiccio Ferrari. I'isa, Nistri. 596
S. NA 2. ser. UV 545.
Folengo. I. Bernard i, Sepolcro di Tcofilo Folengo, volgarmentc Merlin
Coccaio, in Campe e. In AeS No. 3. 597
Foscolo, Ugo, Ultime lettere di Jacopo Ortis; premesse le Considerazioni
morali scritte nel 1817 da Giovita Scalvini. Firenze, succ. Le Monnicr.
8". XXX, 154. L. I. 598
— I ae lefere inedite al sijj. And<-ea Calbo: offerta nuzialc di Maria Lui{^ia
Piergil Recanati, tip. Simboli. 8". 13. Per nozze Razzi-Monacelli. 599
— A. Beltrami, Da lettere inedite di Ugo Foscolo. Spigolature. In Gsli
V 220 — 227. 600
— S. de Blase, Tre lettere inedite di U. Foscolo. In LDl 1885, No. 13. 601
— Collore( > Mels, P. di, Note e impressioni ricavate dalle opere di Ugo
Foscolo. Terza edizione di bei nuovo ordinata cd accresciuta. Firenze,
G. Barbera. 602
S. NA 2. ser. L 765.
Galeotto del Cairetto. R. Renier, Saggio di rime inedite di Galeolto del
Carretto. In Gsli VI 231 — 252. 603
Galiani. Lettere inedite dell' ab. F. Galiani all' ab. L. Mehus. In Nl 1885,
No. 2. 604
■ — G. Amalfi, Rarit;\ Galianesche: Galeota in Parnasso, Venticinque niotti
di Ferd. Galiani, con pos.dle. Napoli. 8". XVIII, 44. 605
S. Gsli VII 281.
Venticinque motti dell' abatc Galiani. In Nl 1885, No. 4. 606
Galileo Galilei. A. Favaro, Ragguaglio dei manoscritti g.alileiani nella
collezione Ashburnham presso la biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze.
Roma, tip. delle Scienze matematiche e fisiche. 4". 34. 607
■ — C. Guasti, Scrittura in materia di navigazione fatta dal cav. Giovan Fran-
cesco Buonamici e ila esso mandata ncl 1629 a Galileo Galilei. In Asi
4. ser. XVI 3 — 24. 608
Giannotti. L. A. Ferrai, Lettere inedite di Donalo Giannotti. In AdIV
6. ser. III, disp. 9. 609
Giordani, P., Lettere inedite. Vicenza, tip. Burato. 8". 6. Per nozze De
Facci-Negrati-Scalfo. 610
— Lettere inedite di Pietro Giordani. In Sr 1884 — 85, No. 6. 611
— Lettere inedite di Pietro Giordani al conte Carlo d'Arco. In Rsm I,
fasc. I — 2. 612
— Lettere inedite o rare, piibblicate da Emilio Costa. Parma, Battei.
L. I. 613
— E. Costa, Lettere inedite di Pietro Giordani al Conte Senatore Luigi
Sanvitale di Parma. In LI 1885, No. 14. 614
— — Ui -•. lettera inedita di Pietro Giordani. In Nl 1885, No. 20. 614a
— G. Chiarini, Pietro Giordani. — I primi anni e i primi scritti(i774 — 1809).
In NA 2. ser. 53, 226—243. 615
Gitisti, Giuseppe, Epistolario, ord'nato da Giovanni Frassi, e preceduto
dalla vita dell' autore. Firenze, succ. Le Monnier. 2 vol. 8". II, 460;
II, 480. L. 3.50. 616
Giustiniani. B. Wiese, Einige Dichtungen Lionardo Giustinianis. Estratto
della Miscellanea di Filol. Rom. dedicata alla memoria dei prof. Caix e Ca-
nello. Firenze, Le Monnier. S, 191 — 197. 617
S. LgrP VI 509 (A': ZingarelH).
BIRLIOGRAI'HIE 1885. ITALIENISCH. AUSGAREN ETC. 3I
Qiustiniani. B.Wiese, Neunzehn Canzonetten Leonardi Giustinianis nach
den alten Drucken. Programm des Realgymn. zu Ludwigslust. 4'-. 13. 618
S. LgrP VI 509 {N. Zingarelli).
— L. Chiappelli, La glossa pistoiese al Codice giustinianeo, tratta dal
manoscritto capitolare di Pistoia; con una introduzione. Torino, Ermanno
I-oescher edit. (stamp. Reale di I. Vigliardi). 4". 64 e un fac-simile. Dalle
Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, serie IT, t. 37. 619
Goldoni, C, Teatro scelto, illustrato da G. Mantegazza. Disp. 19a. Milano,
Sonzogno, in gran formato. 95 a 128. Ogni disp. L. I. 620
— Fogli sparsi, raccolti da A. G. Spinelli. Milano, frat. Dumolard. 8". 215.
L. 4. 621
S. Gsli VII 285.
— O. Brentari, Spigolature goldoniane. In LddF 1885, No. 45. 622
— V. Malamani, A proposito di un ,,Nerone" goldoniano. In Gsli V
206 — 219. 623
— A. Neri, L'ultima opera di C. Goldoni. In RN XXI, fasc. I. G24
Gozzi, Carlo, Lc Fiabe, a cura di Ernesto Masi. Bologna, Zanichclü. 8".
2 vol. L. 10. Biblioteca di Scritlori italiani, vol. VIII e IX. O25
X Gsli V i\G<^ff. Ric 1885, No.l [T. Casini). Gl 1885. No.2q(V.ÄIa-
lamani).
— R. Barbiera, C. Gozzi e le sue fiabe. In li 1885, No. 15. 16. 626
Gozzi, G. I. Tacchi, Storia dei nuovi scritti inediti di Gaspare Gozzi e
Giacomo Leopardi. Roma, tip. della Tribuna. 627
Grazzini. Contes de Grazzini. Traduit de l'italien par G. G. . . . Avec 2
grav. i l'eau-forte de H. Besnier. 2 vol. Paris, ÄTarpon et Flammarion.
8». 236; VII, 243. 628
Qrossi. G. M. Gamna, Tommaso Grossi e „I Lombardi alla prima crociata".
Studio critico. Torino, V. Bona. 8". 96. 629
S. Gsli VII 287.
Guieciardini. O. Tommasini, Lottere ineditc di Francesco Guicciardini
conlenute in un ms. dell' Archivio vaticano. In Atti della R. Accad. dei
Lincei (Roma) 1885, No. 28. C30
Jaeopone. E. Percopo, Le laudi di fra Jacoponc da Todi nei mss. della
biblioteca nazionale di Napoli. Contributo alla cdizione critica. In Pr
XVHI, I 106—135; 370—400; XVIII, II 136—188. 631
Jonata. Fr. Ettari, El Giardeno di Marino Jonata Agnoncse, pocma dd
sec. XV. (Estr. dal Gnf). Napoli, tip. A. Morano. 8". 72. 632
S. Gsli V 455 #. Gnf N. S. IX, fasc. 32—33. Ric 1885, No. \ {F. Tor-
raca). Nl V885, No. 5 {G. Amalß). LgrP /'/ 203 (yV. Zingarelli).
Lasca. C. Arlia, Spigolalura laschiana. In I'r XVIII, I 351-369. 633
Latini, Br. M. Armellini, Documenlo autografo ili Brunctto Latini rela-
tivo ai Ghibellini di Firenze scopcrlo negli archivi della S. Sede. In Ril
1885, I, fasc. 3. 634
Leonardo da Vinci. A. Favaro, GH scritti inciHti di Leon.ardo da Vinci
secondo gli ultimi studii. Vcnczia, ti]>. Anlonelli. 8". 62. Dagli AdlV
t. IJI, s. VL 635
— Ch. Henry, Lcs manuscrits de Leonard de Vinci. In Iv-dTc 1885,
fasc. 1 — 2. 636
— H. Ludwig, Lionardo da Vinci, das Buch von der Malerei. Neues
Material aus den Original-Manuscripten, gesichtet und dem Cod. Vat. 1270
eingeonlnet. Stuttgart, Kohlhammer. 8". XH 288. M. 6. ()37
S. DL 1885. II 20 (/?).
— G. Mancini, Di un codicc artistico c scicntitico dcl 400, con alcuni ri-
cordi autografi di Leonardo da Vinci. l'"irenze, tip. Cellini c C. 8". 12.
Dall'Asi vol. XV (1885). 63S
— D. Padellctti, Lc opcre scicntilirhc di Lc(uiardo da Vinci. Discorso.
Napoli, tijiogr. dcH' Arcad. delle Scion/e. 639
S. NA 2. scr. L 553.
32 mnuoriRAi'HiR 1885. itaurnisch. ausgahen f.tc.
Loopardi, Giacomo, Scritti e<lili sconosciuti: spij^'olaturc di f'lemciUc ßene-
(lellucci, pubblicatc nel XIV anniversario della mortc dcl poela. Keca-
nati, Simboli cdili. 8". XXXVH, 470. L. 6.75. 640
S. üsli l'I 295. NA 2. ser. 52, 349.
— Letterc (Due) inedite, di Vincenzo Gioberli a mons. Arlico vcscovo di
Asti (20 marzo 1848) e di Giacomo Lcopardi al padre conlc Monaldo
(22 febbraio 1823), i)iibblicalc dal comm. ' ntonio Pavan, per la laurea del
sig. I'ietro Avoledo. Treviso, tip. Tura- . 641
— A. Avoli, Lellcrc inedite del Leo; . di e del Pticcinotti. In Kit If,
fasc. I. 642
— G. Chiarini, Per una nuova cdizione dellc poesic del I.eopardi. In LddF
1885, No, 42. 643
— F. Guardione, II Brulo Minore di Giacomo Lcopardi. In Pr XVIil, I
188—201. 644
— F. Torraca, Sul Consalvo f'' G. Lcopardi. In Cdm No. 134. 135. 645
5. Gsli V 473.
— V. Varriale, La canzone di Leopardi all' Italia. In Gnf N. S. IX,
fasc. 34. 646
Machiavelli, N. Discorsi sopra la prima deca di T. Livio, scclti c postillali
per le classi superiori del ginnasio secondo Ic ultime istrnzioni ministeriali
dal dolt. G. Finzi. 2^^ ediz. Torino, ditta G. B. Paravia e C. (^' I. Vi-
gliardi. 8". 224. L. i. ' 647
— Brevia'''e r^publicain; Cent pensees, maximes, observations, etc., tirües des
Decades de Tite-Live et offertes aux meditations des fondateurs de rcpub-
liques modernes: par Nico'as Machiavel. Priicede de: Machiavel republicain,
c'tude critique et biographique par Julien Lern er. Paris, impr. Collombon
et Brüle; Hb. Lemerre. 8". 107. 2 fr. 648
Maffei, Scip. G. C. Giuliari, Bibliogrpla Maftejana. In Pr XVIII, I
258 — 290; 426—4^8; XVIII, II 249—262. 649
Manzoni, Alessandro. Postille e Pensieri ; 2" volume delle Opere inedite o
rare, pubblicate, per cva di Pietro BrambiUa, da Ruggero Bongh i; con
proemio di R. Bonghi. Milano, ■"at, Rechiedei. 8". 500. L. 5. 650
— G. C. Molin eri, ll secondo volume delle opere inedite e rare di A. Man-
zoni. In Gl 1885, No. 12. 650a
— I Promessi Sposi: storia milanese del sec. XVII; con un cenno sulla vita
deir Autore. Milano, Bietti. 8". 467. 651
— The betrothed (I promessi sposi). New-York, G. Mauro. 2 pts. 51; 08
p. Q. pts., etc. 20 Cents. 652
— Los Novios, historia milanesa del siglo xvil, version castellana del excmo
sefior don Juan Nicasio Gallego, de la Academia espaiiola. Precedida
de un prölogo de Enrique Pastor y Bedoya. 2 vol. T. i, XL, 351 p.
avec gravures; t. 2, 358 p. avec gra^ ares. Paris, lib. Garnier '"eres. 8". 653
— Gl' inni sacri, con note del professore Venturi. Firenze, F. Paggi. 8".
L. 0.80. 654
— Gl' inni sacri e il 5 maggio, dichiarati e illustrali da Luigi Venturi, ad
uso delle scuole. 3» ediz. ritoccata e accresciuta. Firenze, F. Paggi libr.-
edit. (tip. Moder). 8«. 118. L. 0.80. JVohl = 655
— Gl' inni sacri e il Cinque maggio, dichiarati ed illustrati da Luigi Ven-
turi. 3» ediz. notevolmente accresciuta, Firer-.e, F. Paggi edit. (tipogr.
Moder). 8". 119. L. 0.80. Biblioteca scolastica. 656
— Adelchi. Tragedia in 5 atti. Davos, Richter. 8". IIO. M. 1.30. Biblio-
teca italiana; hrsg. von A. Scartazzini. 4. Bndchn. 657
— Sentenze e pensieri di Alessandro Manzoni, raccolti dai suoi scritti e or-
dinati dal prof. G. Bindoni. Treviso, tipogr. Turazza. 306. 658
J>. NA 2. ser. LIII 765.
— Un Annoiata, Una seconda quistione manzoniana. In Nl 1885, No. 8. O59
— T. del Carlo, Gl' inni sacri c le liriche civili d' Alessandro Manzoni. In
S XI, fasc. 4. 660
— — La riforma letteraria e le dottrine di Alessandro Manzoni. In S X,
fasc. 6; XI, fasc. I. 2. 3. 661
BIRLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. AUSGABEN ETC. 33
Manzoni, Alessandro. N. De Lama, L' elcmento religiöse dei Promessi
Sposi: saggio critico. Parma, tip. Industriale. 8". 25. 662
— F. d'Ovidio, La Morale, la Religione e il Pessimismo nei Promessi
Sposi. In FdD 1885, No. 5. 663
— t). A. Parodi, Le tragedie di A. Manzoni. In li 1885, No. 19.24. 664
— Torello del Carlo, Un po' di storia sui „Promessi Sposi" di A. Man-
zoni. In S XII, fasc. i. 665
— Torello del Carlo, S. Filippo Neri, il card. Federigo e la dottrina
cristiana nei „Promessi Sposi" d'Aless. Manzoni. In S II, fasc. 3 — 4. 665 a
Marignolle. Rime varie di Curzio da Marignolle con le nolizie intomo alla
vita e costumi di lui scritte da Andrea Cavalcanti, raccolte da C. Arlia.
Bologna, G. Romagnoli. 8". XXXV, 118. Scelta di curios. lett. ined. o
rare, Disp. 213. 666
S. Gsli VII 277. NA 2. scr. LIV 746.
Mattiolo, P. di, Cronaca Bolognese, pubblicata da Corrado Ricci. Bologna,
G. Romagnoli. 8". XLI, 406. Scelta di curiositä lelterarie ined. o rare
Disp. 202. 667
S. Gsli V 290. Atti e mem. d. RR. Deput. di storia pat. p. le prov. di
Romagna, Ser. III, vol. II, fasc. 5 — 6 {C. Albicini). Ric 1885, No. 6
(T. Casini).
Metastasio, Pietro. C. Antona-Traversi, Una lettera inedita del Meta-
stasio. In LI 1885, No. 8. 668
— B. J. Heller, Metastasio's La Clemenza di Tito. In ZrP IX 278—286. 669
Michelangelo Buonarroti, le rime. Nachdichtungen von Hans Gras-
berger. 2. (Titel-) Aull. Norden, Fischer Nachf. 1872. S». XVI, 213.
M. 2.50. 670
Montechiello. E. Lamma, Un capitolo inedito contro Amore di fra Do-
menico da Montechiello. In Pr XVIII, I, 401 — 425. 671
Monti, Vincenzo. Scelte poesie, con le varie lezioni, a cura di Giosue Car-
ducci. Livorno, F. Vigo tip.-edit. 8'\ VI, 530. L. 3. 672
S. Rc 1885, No. 3 {L. Ruberto).
— Liriche e poemetti, scelti ed annotati ad uso delle scuole per cura del
prof. Giuseppe Finzi. Torino, ditta G. B. Paravia e C. di I. Vigliardi edit.
(tipogr. Bernardoni di C. Rebeschini e C). 8". XXXV, 296. L. 1.60.
Biblioteca italiana ordinata per le scuole normali e secondarie. 673
— G. Padovan, Poemetti e liriche di Vinc. Monti, con note ad uso delle
scuole secondarie classiche. Alba, tip. Sansoldi. 8". 220. 674
5. Gsli VIII 308.
— L. A. Ferrai, Lettere inedite di Vincenzo Monti a Fortunata Sulgher
Fantastici. In Gsli V 370—402. 675
— Un sonetto sconosciuto, composto per le nozze del conte L. Mazzagalli con
Isabella Antici; pubblicato, per nozze, da Clem. Benedettucci; juenies-
savi una notizia interessante. Recanati, tip. Simboli. 8". 676
— Aristodemo: tragedia. Milano, C. Barhini cdit. (tip. del Patronato). 8".
79. L. 0.30. Biblioteca ebdomadaria teatrale, n. 510. 677
— Per un' ottava inedita di V. Monti. In Nl 1885, No. 5. 678
— L. Vicchi, Vincenzo Monti, le lettere e la politica in Italia dal 1760 al
1830 (Triennio 1778—80). Roma, Forzani. 8". XVI, 372. 679
S. Gsli VI a^l2.
Muratori, L. A. D. Catellacci, Alcune lettere inedite di L. A. Muralori.
In RN XXI, 16 febbr.; XXV, 15 olt.; i die. 680
— C. Cipolla, Indici sisteniatici di due Cronache .Muralori.inc. In Miscell,
di storia it. XXHI. <)8i
Muaso (• Copperi. Particolari di costruzioni murali e linimenli di fabbii-
cali. Parte 1 ■^. Opere muratorie. Torino, stamp. Reale, ditta G. B. Paravia
e C". di 1. Vigliardi. 4". VI, 132 con 25 tavide in cromolitogr. L. 30 682
Parini, G. A. Cerquelli, Saggio di sludii c corre/ioni sopra il Icslo c i
commenti delle odi di G. Parini. Osinio, tip. Rossi. S". 23. (183
S. Ric II, 59 (T. Casini).
Zeitsclir. f. roiii. l'liil. .\. Hil.l. \
34 RIBLIOGRAPHIR 1885. ITALIF.NISCH. AUSGABEN ETC.
Parini, G. G. Pinelli, II matliuo .Icl I'arini. In I'r XVIII, H 3 — 39;
380—437. 684
— A.G.Spinelli, Alcuni fofjli sparsi ilul raiini. Milano, Civclli. 8'». 32. 685
S. Ric I 180 {T. Casiui).
Pellico, S. Lc mie prif;ioni e poesie sceltc di Silvio Pellico. Nuova cd.
Leip/.ij,', Blockhaus. 8". V, 440. M. 3.50. Bibliotcca d' autore italiani
T. 9. 686
— Le mie prigioni. Münster, Aschendoifl. 8". VI, 269. M. 0.80. Biblio-
thek gedieg. klass. Werke der ilal. Litt v. A. Goebel. 10. Bdchn. 687
— Le mie prij^ioni : memorie, prccedute dalla hiografia dcll' autore. Milano,
A. Bietli edit. (lip. Hat. Bielli e G. Minacca). 8". 256. L. 0 60. 688
— My prisons. New-York. i6">'> papcr covers, 50ccnls; cloth. doli. 1.25, 689
— Mes prisons, mömoires. Nouvelle cdilion. Paris, Firinin-Didot et Cie.
8". 348. 690
— Mes prisons, suivi des Devoirs des hommes; par Silvio Pellico. Traduclion
nouvelle par le comte H. de Messey, revue par le vicomte Alb an de
Villen euve, avec une notice biographique et lilteraire sur Silvio Pellico
et ses ouvrages, par Philipen de la Madelaine. Nouvelle edit. Paris,
Garnier frcres. 8". 360 avec grav. 691
— Mes prisons, ou Md-nioires de Silvio Pellico. Traduction nouvelle par
Bourasse. 29« cdition. Tours, Manie et tils.' 8". 288 avec 4 grav. 692
— Una leltera inedita di Silvio Pellico. In Bu 3. ser. H, quad. I e II. 693
— C. An tona-Traversi, Una lettera inedita di S. Pellico. In Pdd 1885,
No. 20. 693a
— Una lettera di S. P. In Pdd 1885, No. 2. 694
Petrarca, Francesco. Rime scelte; con note di Giuseppe Finzi. Torino,
ditta G. B. Paravia e C. di I. Vigliardi. 8". 207. L. 1.20. 695
— Lettres sans titre. Traduites pour la premicre fois par Victor Develay.
2 vol. T. I, 132 p.; t. 2, 128 p. Paris, imp. Jouaust et Sigaux; Lib. des
bibliophiles. 8". 5 fr. 696
— Lettres ä Rienzi. Traduites pour la premiere fois par Victor Develay.
2 vol. T. I, XXX, 104 p.; t. 2, 148 p. Paris, impr. Jouaust et Sigaux; Libr.
des bibliophiles. 8". 5 fr. 697
— C. Boito, Un vers de Petrarque. Souvenir de jeunesse. In Rpl 3. ser.
IX, 337—345- 698
— V. Develay, Epitres de Petrarque (Cont.). In BdB 1885, aprile. 699
— F. Torraca, Cola di Rienzo e la canzone „Spirto gentil" di F. Petrarca.
In AdSR VIII, 141 — 222. Auch separat. 700
S. Ric 1885, No. 3 {E. Morpurgo). NA 2. ser. 53, 190.
Pindemonte, Ippolito, Arminio — I sepolcri: poesie. Milano, E. Sonzogno.
8°. 103. L. 0.25. Biblioteca Universale, n. I2i. 701
— Lettere inedite di I. Pindemonte, S. Pellico, V. Gioberti e G. Leopardi.
In R 1885, No. 32. 702
— e Pellico (Silvio). Due lettere inedite, pubblicate dall' avv. R. I. e da
C. M., per laurea del dottore Pietro Avoledo. Padova, tip. Prosperini.
8». 6. ' 703
Poliziano. R. Fornaciari, A. Poliziano e le sue poesie volgari. In Ldf
1885, No. 1—5. 7. 12. 15. 18. 19. 704
— A. Neri, La gimonetta. In Gsli V 131 — 147. 705
Regio. Della Siracusa di Paolo Regio. Contributo alla storia della novel-
listica nel secolo XVI presentato alla Reale Accademia di scienze morali
e politiche dal socio V. Imbriani. Napoli, tipogr. e stereolipia della
Regia Universitä nel giä CoUegio del Salvatore. 706
S. LgrP 1886, 68 {B. Wiese).
Riva. A. Seifert, Glossar zu den Gedichten des Bonvesin da Riva. Ber-
liner Diss. Berlin, Druck von G. Bernstein. 80. 30. 707
Salimbene. L. Cledat, La chronique de Salimbene, parties inedites. In
AdL III, fasc. I. 708
S. Ro 1886, 153 {P. M.).
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. DIALEKTE U, FOLK-LORE. 35
Sardi. G. Romagnoli, Frate Tommaso Sardi e il suo poema inedito
deW am'ma peregrina. In Pr XVIII, II 289 — 333. Auch separat: Bo-
logna, Fava e Garagnani. 8". 48. 709
S. Gsli VII 264.
Sarnelli, Pompeo, Posilecheata. Ristampa di CCL esemplari curata da Vitt.
Imbriani. Napoli, Dom. Morano. 8". LH, 252. 710
Seammacca. L. Natoli, Hortensie Scammacca e le sue tragedie. Palermo,
Giannone e Lamantia. 8". 114. 711
S. Gsli VII 270. NA 2. ser. 53, 389.
Serdini de' Forestani, Simone, Poeta del secolo XIV. Canzone, pubblicata
per nozze Ravenni-Baldassarrini, da F. E. Bandini -Piccolomi ni. Siena,
tip. deir Ancora. 8". 13. 712
Strozzi, Lorenzo di Filippo, Poesie inedite, tratte da im codice ash-
burnliamiano, e pubblicate per nozze da Pio Ferrieri. Pavia, tip. frat.
Fusi. 8". 46. 713
S. Gsli F 314.
Tasso, T., La Gerusalemme liberata, con brevi note storiche e letterarie ad
uso delle scuole, del prof. A. Fassini. Torino, ditta G. B. Paravia e C.
di I. Vigliavdi. 8". VIII, 442. L. 2. 714
— La Gerusalemme liberata, annotata per uso delle scuole da A. Novara.
Canti I, II, III e IV. Torino, Ermanno Loescher. 8". IV, 135. L. 2. 715
— Stanze scelte de la Gerusalemme liberata, annotate e collegate con il rac-
conto de 1' intiero poema, ad uso de le scuole secondarie classiche da G.
Mazzalinti e G.Padovan. Torino, Loescher edit. (tipogr. Bona). 8".
IV, 242. L. 2. 71 0
— B. Bartoli, La Sofronia del Tasso. Bozzetto critico. Cesena, tipogr.
Collini. 717
S. NA 2. ser. LI 762.
— C.Coda, La filosotia di Torquato Tasso nella Gerusalemme liberata.
Torino, stanip. Reale, ditta G. B. Paravia e C. di I. Vigliardi. 8". VIII, 72.
L. 0.80. Biblioteca italiana ordinala per le Scuole normali e second. 718
S. NA 2. ser. 53, 189.
— G. B.Ger in i, ülindo e Sofronia nella „Gerusalemme liberata". Torino,
tip. Fina. 8". 20. Aus B 1885. 719
— M. Scherillo, Ninfe al fönte. In FdD 1885, No. 42. 720
Tedaldi, Pieraccio, Le Rime, ed. da S. Morpurgo. Firenze, libr. Dante.
X". 78. Operette inedite o rare XL 721
.S. NA 2. ser. 52, 349. Pr XIX, II 294 ((?. Gargani).
Tereaa, santa. Opere, per la prima volta falte integralmente italiane col
presidio dei manoscritti original!, con note cd illustrazioni ; vol. VII ed
ultimo. Modena, tip. tlell' Immacolata Concezione. 8". VII, 374. L. 4. 722
S. La Civiltä cattolica 12. ser. IX, 722.
— Tesoro di massime crisliane. 3» edizione. Modena, tip. della Immacolata
Concezione. S^. 108. L. 0.40. 723
Tonimaseo, N., Due lettere; cd una di I. Pindemontc (Fac-similc). Rovigo,
tip. Minilli. 4". 6 n. n. Per nozze Sancassani-Natali. 724
Tonimaso (san) da Villanova e Betiissi ((liuseppe), Lettere incilile, con
ceniii biografui c note del contc Tommaso Piccolomini Adami. Or-
vieto, tip. Marsili. 8. 21. 725
Vannetti. T. Roberti, Lettere inedite di C. Vannelti. lii RN XXIV,
I. agosto. 726
Vico. Un sonetto quasi igiiolo di (iiambaltista Vico. In BsdSi No. I — 2. 727
Visconti. A. Mcdin, Lellcratura poetica Viscontea. In Asl 1885, c;('8 81. 7:8
<». Dialekte und Fol k- Lore.
Giambattiata Basile. Archivio di ktloratura populäre. Anno III, 1885.
(Num. I — 12.) Napoli. 4". «»6. L. 4 ((»). 729
JÖ RIRLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. DIALEKTE U. FOLK-LORE.
Poesie poliüche popolaii dei sccoli XV e XVI. Ancona, Morelli ctlil. (tip.
Saizaiii c C). 8". 24. Edi/.inne di LX escmplari, per no/./.e Barlolone-
(iioit^i. 730
Perini, O., La pocsia popolarc ai Icmpi della rivoluzionc. In AsV
fasc. XXV. 731
Scherillo, M., Färse rusticali. In GB 1885, No. 1.3. yp
Crane, Th. Vr., Italian Populär Tales. London, Macmillan. 8". XXXIV,
389. 733
S. Aptp IV 606 {G. rUrr). LgrP 1886, 291 (/''. Liebrecht).
Linai'es, V., Racconti popolari, ora per la prima volta riimili e ordinal!;
af;{,'iiinlavi la Biografia dell' autore per cura di Carlo Somma. Palermo,
L, Pedone Lauriel. 8". XVI, 512. L. 2.50. 734
S. Aptp //' 609 (S. S.-M.).
Passerini, L., Modi di dire proverbiali e motti popolari ilaliani, spiegati e
commcnlati da Pico Liiri di Vassano. In Pr XVill, II 118 — 135. 735
Pico Luri di Vassano, Modi di dire proverbiali e motu popolari italiani.
In Or 4. ser. XVII, fasc. 50. 51. 736
Raffaelli, F., Illustrazione di im antico Codice inedito di proverbii. In
Bi luglio 1885, num. 7. 737
Croce, B., La Icggenda di Niccolö Pesce. — Estratto dal Giambattista Bas'le,
anno III, No. 7. — Napoli, V. Pesole. 8". 14. 738
.S'. Gsli VI 263 jf. {A. Graf). GB 1885, No. 7. 8,
Genovesi, L., Una cena carnevalesca del card. Pietro Riario: lettera inedita,
2 marzo 1473. Roma, tipogr, Forzani e C. S**. 12. Per nozze Vigo-
Magenta. 739
Poesie storiche genovesi, edite per cura di Achille Neri. Genova, tip.
Sordomuti. 8". 72. L. 2. Dagli Atti della Societä Ligure di storia
patria. 74O
S. Rcr N. S. XXI 331 {Ch. J.). NA 2. :ier. LI 183.
Parodi, C. G., Saggio di etimologie genovesi. In Gli 1885, 241 — 68. 741
Bossola, A., Napoleone I nella poesia popolare in Piemonte. In Gl
1885, No. 25. 742
Nigra, C, // Moro Saracino, canzone popolare piemontese. In Ro XIV
231—273. 743
Giandma 'n Patagonia: canssoun piemounteisa faita per D. Bosc e per
i so missiounari c' a partou '1 prim 'd Ferve. Torino, tipogr. Salesiana.
8": 7. 744
Pipino, M., Grammatica piemontese. 2» ediz., riveduta da L. Rocca.
Torino, tip. della Gazzetta del popolo. L. 1.50. 745
Antiehi testi lombardi, edite da C. Salvion i. In Agi IX i — 24. 746
Restelli, E., I proverbii milanesi, raccolti, ordinati e spiegati; coli' ag-
giunta delle frasi e modi proverbiali piii in uso nel dialetto milanese.
Milane, A. Brigola e C. (Varese, tip. Macchi e Brusa). L. 1.80. 747
S. Aptp IV 463 {C. Pasqualigd).
Salvioni, G., Aggiunte e rettitiche alle Note bibliografiche sui dialetti tici-
nesi (Pubbl. nel Bollett. an. V). In BsdSi 1885, No. 6. 748
Bertoncein, M., Dodici sonetti in dialetto veneziano. Padova, tipogr.
Prosperini. 8". 32 n. n. 749
Rime nate qua, di Gino, C. V. (Cittadella-Vigodarzere), in dialetto vene-
ziano. Venezia, Fed. Ongania edit. (tip. Kirchmayr e Scozzi). 8". 51, con
14 incisioni. L. 4. 750
Sarfatti, Attilio, I gati: versi in dialetto veneziano; offerti da OJoardo
Usiglio al prof. P. G. Molmenti, per le sue nozze con Amalia Brunati.
Venezia, tipogr. dell' Emporio. 8". 751
— Nuove rime veneziane. Verona, casa editr. Drucker e Tedeschi. 8".
80. L. 1.50. _ 751a
Pariset, Carlo, Vocabolario parmigiano-italiano. Parma, tip. Ferrari e
Pellegrini. 8". Vol. L 963. 752
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. DIALEKTE U. FOLK-LORE. 37
Canti del popolo di Chiogg^a, raccolti vd illiislrati con prefazione e note
del professore A. Garlato. Venezia, Prem. stab. tip. di P. Naiatovich editore.
80. 464. L. 5. . 753
S. Aptp IV, 143 {S. Salomone- Marino).
Placucci, M., Usi e Pregiudizj dei contadini della Romagna di M. P. da
Fodi riprodotti sulla edizione originale per cura di G. Pitre. Palermo,
L. Pedone Lauriel. 8". XIX, 216. L. 5. Curiositä pop. tradiz. I. 754
S. M II, 431 {H. G.).
Bolognini, N., Usi e costumi del Trentino, letlere. Le leggende del Tren-
tiiiü. Rovereto, tipogr. roveretana. (Dilta V. Sottochiesa). 8'\ 71. 755.
Pitre, Giuseppe. Novelle popolari toscane illustrate. Firenze, G. Barbera.
8». XLIV, 317. L. 4. 756
S. Gsli VI, 298. LC 1886, 258 [G. M . . . /-.).
Lupi, Cl., Nuovi studii sulle antiche Terme Pisane. Pisa, Libreria Galileo,
giä Fratelli Nistri (tip. Mariotti). 8". X, 192, con 4 tav. L. 6. 757
Costumi ed usi antichi nel prender moglie in Firenze; con una letterä di
Paolo Bersotti e Ugo Älorini. Firenze, tip. Salani. 8". pag. 8 n. n. Per
nozze Baccani-Landi. 758
Corsi, Scene popolari fiorentine. Firenze, Galletti e Cocci tip.-edil. 8*.
220. L. I 50. 759
De' Medici, Lorenzo, La Nencia da Barberino: ottave in dialetto c on ta-
dine sco. Firenze, tip. Salani. 8". 20. 760
Rondoni, G., Siena e l'antico contado Senese, tradizioni popolari e leg-
gende di un comune mcdievale e del suo contado. In RN XXII, 16
marzo. 761
Hirsch, L., Laut- und Formenlehre des Dialekts von Siena. In ZrP IX,
513 — 570. Auch als Bonner Diss. erschienen. Bonn, Druck von J. Trapp.
8". 68. 762
Antona Traversi, C, Canti inediti del popolo recanatese. In FdD 1885.
No. 46. 763
Rovix, O., La maschera perugina. In F No. 41. 764
Mignini, G. Le tradizioni della epopea carolingia nell'Umbria. Perugia,
tip. Umbra. in- 16. Dal giornale La provincia dell' Umbria. 765
.S'. Ric 1885 No. 6 (A. Zenatti).
Tradizioni popolari abruzzesi, raccolte da Gennaro Finamore. Vol. I.
Novelle; parte 2a. Lanciano, tip. Carabba. 8". VII, 131. L. 2 50. 766
S. DL 1885, 1789 {E. Gothein). Rdlr 3 s^r. XV, 154 (f. C). Aptp IV,
456 (6^. Pitre).
Pansa, G., Saggio di uno studio sul dialetto abruzzese. Lanciano, tip.
Carabl)a. 8". XXXH 95. L. 250. 707
Rossjgnoli, G. D., Un po' di appunti allo anonimo scrittore dei cenni slorici
c del dialetto di Canosa. In GB 1885 No. 2. 768
Hofmann, G., Die logudoresische untl campidancsische Mundart.
Strassburger Diss. Marburg. 8". 160. 769
S. DL 1886, 519 [J. Ulrich). LgrP 1886. 69 [W. Meyer).
Morosi, G., Osservazioni e aggiunte alla Fonetica dei dialclti gallo-ilalici di
Sicilia dell dott. De Gregorio (Arch. VIII, 304—10). In Agi VIII,
407—422. 770
Frontini, F. P., Eco della Sicilia. Cinquanta canzoni popolari sicilianc
raccolte e trascritle da F. P. F. Riduzionc per pianofortc solo. Milano,
Ricordi. L. 2. 77'
Racconti popolari siciliaiii di K. Gramitlt) Xerri. Girgcnti, Prcniiata
slanipcria tli Salvatore Monlcs. 8". 7O. 77-
Pitre, G., Sonalori, balli e canti nuziali del popolo sicili.ino. l'alirmo.
8». 14. Nozze Paris-Talbol. 773
— Le feste popolari di S. Rosalia in i'alermo. Palermo, coi lipi del Giornale
di Sicilia. 8". 31. 773'"»
Curiositä popolari tradizionali , pvibhlicalc per cura di Giuseppe Pitre.
38 BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. GRAMMATIK.
2 vol. Palermo, iircsbo L. l'tdoiic Lauriel. .S". XIX, 21O; 123. L.
5- 3- 774
S. ZrP IX, \S-.fJ- (/''• Lifo rf cht).
Ive, A., L'anticü dialello di Vej,'lia. In Aj^i JX, 115 — 128. 775
7. G I a in 111 a l ik.
Pagano, V., Uclla lin;4ua c dci diaklti d'llalia, sludi filolotjiti. In l^r XVill,
J. 3'7— 35U- T]b
Zardo, A., Uiiginc dclla lingua italiana. Ldf 18X5 No. 13 — 14, 16 — 19. 777
Ambrosoli, Fr., Nuova {jramnialica della linj^iia ilaliana; Parle Seconda, per
le scuülc suiK-riori. 2 ». edizione. Milano, K. Trevisini edit. (lip. F. Pon-
ccllctli). 8". 84. L. 0.40. Nuova Biblioleca educativa ed islrulliva,
n. 68. 778
Demattio, Furtunalo, jjrammalica dclla lin},'ua italiana ad uso dellf scuole
reali, conimerciali e niagistrali. Parle 2. Sinlassi. 3. ed. diligenlemente
rivedula dall' aulore e niigliorala. Innsbruck, Wagner. 8". VI, 139.
IM. 1.20.
779
Mussafia, A., ilalienische Sprachlehre in Regeln und 13eis])it]en, f. den ersten
Unterricht bearb. 20. unveränd. Aufl. Wien, Brauniüller. 8". X, 252.
iM. 3.40. ■ 780
Zambaidi, F., Grämmatica italiana. 6». ediz, Milano, ditta G. B. Paravia
e C, di I. Vigliardi, editr. (tipogr. Bernardoni di C. Rebeschini c C), 8".
200. *L. 2. 781
Giordano, sac. G., Sinlassi della lingua italiana nelle sue allinenze con la
sintassi latina, compilata ad uso delle scuole della badia di Cava dei Tirreni.
Badia, tipogr. dcl Popolo. 8". 96. L. O.90. 782
Orcorte, Alfred, el Standeart, Louis, Ilalianismes vicieux et autres locutions
ä eviter en parlant ou en ecrivanl le fran^ais, ä l'usage des Italiens. Milan,
L. F. Cogliati inipr. 8". LX, 244. L. 4.50. Ouvrage dedic ä S. A. R.
Victor Emanuel de Savoie, prince de Naples, precede d'une lettre de -M.
Jean Mace, senateur. 783
Andruzzi, E., Cenni critici sugli appunti grammalicali di don Lorenzo Agnelli,
ccc. Vittoria, tip. Velardi. 4". 17. 784
France, Daniele, Passaggio dal latino nell'italiano: cenni. Torino, Ermanno
Loescher tip. Vincenzo Bona). 8". 48. L. i. 785
Rigutini, G., La unitä ortografica della lingua italiana. Firenze, Paggi.
8". VIII, 257. L. 2. 786
S. Ric I, 133 {A. Straccali).
Lollis, C. de, Dei raddoppiamenti postonici. In SFR I, 407 — 424. 787
Bonaparte, Prince L. — L., Italian and Uralic possessive suflixes compared.
In TpS 1882—84, 485—91. 788
Marchesini, E., I perfetti italiani in — etti. In SFR I, 445—448. 789
Biadene, L., II coUegamento delle stanze mediante la rima nella canzone
italiana dei secoli XIII e XIV: studio. Firenze , tip. Carnesecchi e F.i
8«. 16. 790
S. Ric 1885 No. 3 {T. Casini).
Reniei', R., Un altro esempio di „laisse" italiana. In Gsli VI, 303. 791
Falconi, Luigi, Metrica classica, o metrica barbara.? — L'esametro latino ed
il verso sillabico italiano: due saggi critici. Torino, Loescher editore
(Vienna, tip. Holzhausen). 80. VIII, 82. L. 3, 792
8. Lexikographie.
Vocabolario degli Accademici della Crusca : quinta impressione. Volume V,
fasc. II (disp. 7-12 dei vol. V), da pag. 241 a pag. 480 (Esalato-Fagiuolo).
Firenze, successori Le Monnier edit.- tip. — L. 9. — Prezzo dei vol. i a IV
L. 153; dei vol. V, fasc. !<> L. 9. 793
BIBLIOGRAPHIE 1885. ITALIENISCH. LEXIKOGRAPHIE. 39
Petrocchi, P., Novo Dizionario Universale della lingua italiana. Fase. 8
(P^g- 369 a 43-1 Cercabriglie-Coda). Milano, frat. Treves. 8". 16. L. I. 794
— Fase. 9- 10 (Codaecia-Confuso). Milano, frat. Treves. 8". 433 a 496. Alla
disp. L. I. 794a
Cerquettl, A., Quattrocento e piii correzioni al „Vocabolario metodico della
linfjiia italiana" di A. Gotti (Casa). Osimo, tip. V. Rossi. 795
LiOCella, G., Nuovo dizionario tascabile italiano-tedesco e tedesco-italiano.
Seconda ediz. Torino, Loescher edit. (Lipsia, Tauchnitz). 8". VI, 218 — 224.
— L. 2. Legato in tutta tela L. 3. 796
Michaelis, H., vollständiges Wörterbuch der italienischen u. deutschen Sprache
m. besond. Berücksicht. der techn. Ausdrücke d. Handels, der Gewerbe, der
Wissenschaften, d. Kriegs- u. Seewesens, der Politik etc. 2 Thlc. 3. Aufl.
Leipzig, Brockhaus. 8". X, 640 ; 720. M. 12. 797
Dreser, W., Nachträge zu Michaelis' vollständigem Wörterbuche der ita-
lienischen und deutschen Sprache. In ZrP IX, 375 — 395. 798
Caccia, G., Nuovo dizionario italiano-sjiagnuolo e spagnuolo-italiano, con la
pronuncia figurata nelle due lingue, compilato sopra i migliori testi conlem-
poranei spagnuoli ed italiani, ecc. Nueva edicion. Paris, Garnier freres.
8". ä 2 col. XVI, 861. 799
B., C, Un antico vocabolarietto italiano-tedesco. In RP II No. 10. 800
Camus, J., Studio dl lessicografia botanica sopra alcune nole manoscritte del
sec. XVI in vernacolo veneto. Venezia. 8". 46 (Aus: AdIV, scr. VII,
t. II). 801
Cecchetti, B., Proposta c saggio di un dizionario del linguaggio archivistico
italiano. In Av XXIX P. II. 802
Fanfani, P., Vocabolario dci sinoninii della lingua italiana; nuova ediz., con
dueniila aggiunte ])er cura di G. Frizzi. Milano, Carrara edit. (tipogr. Co-
gliati). 8". 583. L. 3.50. 803
S. NA 2. ser. XLIX, 198.
Anhang.
R h ä t o r o m a n i s c h.
Böhmer, Ed., Verzeichnis rätoromanischer Lilteratur. Forlsetzung nebst
Nachträgen und Berichtigungen. In RS Heft 21. Bd. VI, 219 — 238; 335.804
Chansons ladines, publiees par J.Ulrich. In Ro XIV, 109 — 125. 805
Alton, B., Rimes ladines in pert con traduzion italiana poblicades. Inns-
bruck, Wagner. 8". 105. M. I.60. 806
LC 1886. 1728. DL 1886, II 68 [J. Ulrich).
Gärtner, Berichtigungen zu Ulrichs Abdrücken der ersten beiden Evangelien
Bifruns u. des Katechismus von Bonifaci. In RS VI, 299 ff. 807
Alesch, Peider, Altladinische Reimchronik, veroffentl. v, C. Decur t ins. In
ZrP IX, 332—359. 808
Stuppan, Gebhard, Die Zehn Alter, eine rätoromanische Bearbeitung aus
dem 16. Jh. Hsg. von Gärtner. In RS VI, 239 — 299. 809
S. Ro 1 886, 1 50 {J. Ulrich).
Susanna. G.Ulrich, Annotazioni alla ,, Susanna", testo ladino, varicl;\ di
Bravugn (VIII, 263 303). In Agi IX, 107 — 114. 810
Viezel, F., ,,L'Amur et Moardt Desperaltium dalg Cunt Othavo". Un drame
haut-engatlinois par F. V., ])ubl. par C. Decurtins. In Rdir 3. ser. XIII,
121 — 140: 102 — 183; 260. 811
Boehmer, l*",., Zum Prädicatscasus. In RS VI, 334. 812
Humboldt, W. v., Uebcr Rätoromanisches. Nebst Ungedrucklem von .Malili.
Conrad!. In RS VI, 303 333. 813
Unterforcher, A., Romanisclic Namenresle aus dem Pu^tcrlli.ile. Progr.
d. Gymn. zu Leitmeritz. Leitmerilz. 8". 29. 814
.S. LgrP 1886, 188/. {J. Alton).
40 BIBLIOOKAPHIK 1 885. RUMÄNISCH. ZEITSCHRIFTEN ETC.
JI. RUMÄNISCH.
I. Zci t seil rift cn.
Convorbirf literare larausj^. v. J. N c k r 11 zzi. IM. XIX (188586). Ja^i.
4". J'r. 2u si 30 (pc iin an). 815
S. A^v7" iK8^, 4^-5 (//. 7)Ati/i).
Revistä pentru istorie, archeölogie si filologie suh «lircctiunea Im G.G.
Tocilcscu. IV. V. (1885) Bukarest, 'lip. Acail. Koiiiaiic. 4". 25 Ici
j). Koiiiänia, 30 Ici j). slrciiirilalc (jjc au). Hlh
S.Li^rP 1886, 467/". (//. Tiktin).
Revue, roiuänisclic. Ilsy.: Coinclius Diaconovicli. I. Jalirj,'. Juli 1885
bis Juni 188O. I2]lflc. 8". (i. Heft 64 S.) Budapest, Sclbslverl. d. Heraus},'.
Halbjährlich M. 10. 817
2. Geschichte.
Hunfalvy, 1'., Wie die Rumänen Geschichte schreiben. In Unj,'ar. Revue
1885, 200—21; 241 — 259. 818
Hurmuzaki, Kudoxius Frhr. v., Fragmente zur Geschichte der Rumänen.
Hsj;. vom kiinif^l. runiän. Cultus- u. Unterrichts-Minislcrium unter der Auf-
sicht der Uöiiigl. rumän. Akademie der Wissenschaften, i.^ 3. Bd. Bukarest,
Sotschek & Co. 8". BaarM. 17.60. I. (XIV, 302 S. m. Tortr. d. Verf.) 1878.
M. 6.40. — 2. (vn, 237 s.) 1881. M. 4.80. --- 3. (vin, 514 s.) 1884.
M. 6.40. 810
Maniu, V., Zur Geschichtsforschung über die Romanen. Historisch-kritische
und ethnologische Studien. Deutsch von P. Brosteanu. 2. Aufl. Leipzig,
Fr. Pfau. 8". 168. M. 2. 820
•S'. AnS LXXIV ^bi- DL 1886, 17 (J. Jung).
Xenopol, A. D., Une cnigme historique. Les Roumains au moyen äge.
Paris, Leroux. 8". 238. 821
S. Ro XIV, 171 {P. M.); 587/". {A. Taverney).
3. Li tteraturgeschichte.
Schrattenthal, K., „Vasilie Alecsandri u. die rumänische Litteratur. In
AdH XIV, 222 — 244. 822
Fastenrath, J., Carmen Sylva y la literatura de Rumania. In RdE CHI,
337—56. 823
Stackeiberg, Natalie Freiin v., aus Carmen Sylva's Leben. Mit 2 (Licht-
druck-)Bildnissen u. e. Fcsm. I. u. 2.'' Aufl. Heidelberg, C. Winter. 8".
III, 221. M. 6. 824
4. Ausgaben.
Sbiera, Codicele Veronetean cu un vocabolariü si studiii asupra luT. Czer-
nowitz, Tipografiea archiepiscopalä. 8". VI, 334. 825
S. LgrP 1886, 147/'. {W. Meyer).
CretU, Codicele Veronetean cu un vocabularTii si studTu asupra lul de J. al
luT G. Sbiera. Critica. Bukarest, tip. Academiei romäne. 8". 17. 826
S. LgrP 1886, 376 [W. Meyer).
Sylva, Carmen, Leidens Erdengang. Ein Märchenkreis. 2. Aufl. 8". HI,
169. Berlin, A. Duncker. M. 4. 827
— ('ontes du Pelech: Traduction autorisee par L. et F. Sali es. Edition fran-
^aise. Paris, Leroux. 8". 237. 828
Gaster, M., Literatura populara romana. Bucuresci, Haimann, 8". XII,
605. 829
Doine si strigäturi din Ardeal date la ivealä de Dr. Joan Urban Jarnik
si Andreiu Bärseanu. Bucuresci, tipog. Acad. Romäne. 8". XV,
326. 830
5. Ro 1886, 478.
Petrescu, V. Crusovean, Mostre de dialectul macedo-roman. Basme si poesii
popul. Bucuresci, Socecu. 8". 160. 831
Schönfeld, L., Rumänische Volksmärchen. In AdH XV, 131 ff.; 451 ff. 832
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. BIBLIOGRAPHIE. 4I
5. Grammatik und Lexikographie.
Vidal, F., Etüde sur les analogies linguisliques du roumain et du proven^al.
Aix. 8". 29. Extrait des Memoires de l'Academie d'Aix. 833
Cionca, J., practische Grammatik der romanischen Sprache f. d. Schul- u. Selbst-
unterricht. 3. verb. u. verm. Aull. Bukarest, Degenmann. 8". III, 183.
M. 2. 834
S. AnS ZXX/F464.
Tiktin, H., Zur Stellung der tonlosen Pronomina und Verbalformen im Ru-
mänischen. In ZrP IX, 590— 596. 834 a
Petricei^cu-Hasdeu, B., Etymologicum magnum Romaniae. Diclionarul
limbei istorice si poporane a Romänilor lucrat dupli dorinta si cu chel-
tuiela M. S. Regelui Carol I sub auspiciele Academiei Romane de B. P.-H.
Fäsciöra I. A— Acat. Bucuresci, Stabilimenlul Grafic Socec & Teclu. 8". 835
Anhang.
Albanesisch.
Caillard, V. II. P., Albania and the Albanians. In ER N. S. XXXVII,
461-75. 836
Meyer, G., Delhi lingua e della lelteralura albanese. In NA 2. ser. E,
585—607. 837
Bonaparte, Prince L.-L., Albanian in Terra d'Otranto. In TpS 1882 — 84,
492-501. 838
III. FRANZÖSISCH.
1. Bibliographie.
Bibliographie de la Fi'ance. . . . 74« Annee. 2c Serie. 52 Nos. Paris,
Au Cercle de la lihrairic. S". 20 Fr. par an. 830
Bibliographie de Belgique. ... iie annee. 1885. Bruxelles, A. Manccaux.
8". 1 2 Nos, Fr. 4. 840
Philippe, J., Origine de l'imprimerie ä Paris, d'apres des documents incdits.
l'aris, Charavay freres. 4". VII, 255 et grav. Fr. IG. 841
Labrouste, L., La Bibliotheque nationale, ses bätiments et scs constructions.
Paris, imp. Lutier. 8". 94. S42
Marsy, de, Bibliographie picarde. Amiens, impr. Delattre-Lenoel. 8". 31.
Extrait de la Picardie, revue historique et litteraire, aoiit et septembre
1884. 843
Bulletin de la sociele des anciens textes fran9ais. On/icme annöc. Paris,
Firmin -Didot et Cie. 8". 116. 844
Catalogue general des manuscrits des bibliothcques publiques des dcparte-
ments, public sous les auspices du ministre de l'instruction publique. T. 7:
Toulouse; Nimes. Paris, iniprim. nationale. 4". LX, 878. 845
S. Ro XIV 632 {P. M).
Chatelain, E., Manuscrits de la bibliotheque de rUnivcrsite, tires des depols
litlcraires. Paris, impr. Labourct. 8". 32. Imprime pour le mariage Paris-
Talbot, 20juillet 1885. Sj6
S. Ro XI y 620.
Catalogue des manuscrits tle la bibliotheque Ma/,arine; p.ii Auguste Mo-
li n i e r. T. I. Paris, IMon, Nourrit et C^'. 8". XXVIl, 524. Catalogue
general des manuscrits des bibliollieciues publiipies de France. Minislere de
l'instnictioii pnblicjue, des beaux-arls et des cultes. S47
Meyer, P., Nolice du ms. 772 de la Bibliolheque municiinde de Lyon, ren-
fermant divers ouvrages en prose fran(,aise. In Hulklin de la soc. d. anc.
textes frani,-. 1885, 40—80. 848
S. Ro XI r 618 (/'. M).
Manuscrits de la bibliolheiiue de Nimes. Pari->, imp. nationale. 4". 14O.
Extrait du Catalogue des manuscrits des bibliotlieipies des departcmcnts,
t. 7. 849
42 niRLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. ZEITSCHRIFTEN ETC.
Cuissard, C, InvLnt;uiL- des manustiits de la Itihliotheque d'Orlcans, fonds
de Flcury. Cliarlres, iinpr. Garnier; Orleans, librairie llerluibon. 8". XXXV,
-71- 849a
ManUHcrits de la bildiulliecnie de Toulouse. Paris, imp. nalionale. 4". 530.
l'-xUail du Catalofjue des nianuscrils des bibliotlietiues des departenicnts,
l- /• «SO
Koerting, II., Verschollene llandscliriflen. In /nSpr, Suppl. III. 851
Bouchct, C, Une minialurc de nianuscril du XII'' sieclc. Vendönie, impri-
incrie Leniercicr. E.xlrait du Bullelin de la Soci^ld- archeoloj,'ique, scien-
tiri(|ue et Hlterairc de Vendömois. 8". 15 et Chromolithographie. 851a
2. Zeitschriften.
Franco-Gallia IIsj,-. v. Adf. Kressner. 2. Jahri'. 1S85. 12 llfte. 8». VIII,
386. Ilalhjälirl. M. 4. «5 2
S. BbG 1886, 323 (J//)'t-/).
Zeitschrift f, neiifranzösische Sprache u. Litteratur unter besond.
MitwirUf;. der Bej^ründcr G. Körlinj,- u. K. Koschwit/. hsg. v. D. Behrens
und II. Koerting. 7. Bd. Erste Hälfte: Abhandlungen. Zweite Hälfte:
Referate und Rezensionen. 8 Uftc. Oppeln , Franck. 8". 305; 331.
M. 15. 853
— Supplementheft III. Opj)eln, Franck. 8". 96. 854
3. Geschichte und Cult Urgeschichte.
Dareste, C, llistoire de France depuis les origines jusqu'i nos jours. 3« ed.
T. 7, 8 et 9. Paris, Plön, Nourrit et C«. 8". 635; 592; 657. 855
Duruy, V., llistoire de France. Nouvelle cdilion. 2 vol. T. I, XXIV,
771 p. avec grav. et cartes; t. 2, III, 723 p. avec grav. et cartes. Paris,
libr. Hachette et C«. 8". Fr. 8. Histoire universelle publiee par une
societc de professeurs et de savants sous la direction de M. V. Duruy. 856
Lefebvre Saint- Ogan, Essai sur l'inlluence fran^aise. Deuxieme edilion.
Paris, L. Cerf. 8». X, 252. 857
S. ZnSpr VII, II, 97/. {M. Quarck).
Michelet, J., OEuvres. Plistoire de France. Äloyen äge. I. III. Paris, Le-
rnen e. 8". IV, 515 et portr.de l'auteur; 419. ä Fr. 6. 858
Pfeffer, M., Die Formalitäten des gottesgerichtlichen Zweikampfs in der alt-
französischen Epik. In ZrP IX, i — 74. 859
Sternberg, A., Die Angrißswaffen im altfranzösischen Epos. Marb. Diss.
Marburg, Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 50. Ausg. u. Abh. a. d. Geb.
d. rom. Phil. 860
Zeller, P., Die täglichen Lebensgewohnheiten im altfranzösischen Karls-Epos.
Marburg, Elwert's Verl. 8". 80. M. 1.80. Stengel's Ausgaben u. Ab-
handlungen XLII. 861
S. FG III, 167 (A. Kressner).
Schröder, R., Glaube und Aberglaube in Jen altfranzös. Dichtungen. Ein
Beitrag zur Kulturgeschichte des Mittelalters. Erlangen, Deichert. 1886.
M. 2.60. 862
Semmig, H., Die Jungfrau von Orleans und ihre Zeitgenossen. Leipzig,
A. Unflad. 863
.s; ZnSpr VII, II, 265 {R. Mahrenholtz).
Blaze de Bury, H., Jeanne d'Arc dans la litterature. Poesie et verite.
In Rddm LXIX, 584—618. 864
Bader, Cl., Nos aieules. La femme au moyen äge. La chätelaine dans la
France du Nord. In Rdmc 4. ser. II, 31—49; 178 — 190; 308—316. 865
Schletterer, H. M., Geschichte der Spielmannszunft in Frankreich und der
Pariser Geigerkönige. (Studien z. Gesch. d. französ. Musik II). Berlin, Dam-
köhler. 8". 5BII., 152S. M. 4.50. 866
S. LC 1886, 772.
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. GESCHICHTE ETC. 43
Du Fresne de Beaucourt, G., Hisloire de Charles VII. T. 3: le Reveil
du roi (1435 — '444)- Rennes, imprim. Le Roy fils; Paris, librairie de la
Sociele bibliographique. 8". 548. 867
S. LC 1886, 915 {Th. Lr.).
Louis XI, Lettres de Louis XI, roi de France, publiees d'apres les originaux,
pour la Societe de l'histoire de France, par Joseph Vaesen et Etienne
Charavay. T. 2. Lettres de Louis XI (i 461— 1465), publices par Joseph
Vaesen. Nogent-lc-Rotrou, inip. Daupeley-Gouverneur ; Paris, Hb. Loones.
8". XII, 402. Fr. 9. Publication de la Societe de l'histoire de France. 868
Henri IV. Lettres inedites du roi Henri IV ä M. de Villiers, ambassadeur
ä Venise (1599), publikes d'apres le manuscrit de la bibliothcque nationale
par Eugene Hai phen. Paris, Libr. des bibliophiles; Champion. 8". 100. 869
Bambault, L., Henri IV et son ccuvre. Paris, Libr. generale de vulgari-
sation. 8". 187 et portr. 870
Rance, A. J., La Refornie de l'Universite de Paris sous Henri IV d'apres
deux manuscrits de la bibliolheque Mejanes, memoire lu au congres des
societes savanlcs, en Sorbonne, le 17 avril 1S84. Aix, imp. et lib. Makaire.
8". 57. Fr. 1.50. Extrait de la Revue sextienne. 871
Buble, A. de, Anloine de Bourbon et Jeanne d'Albret, suile de: le Mariage
de Jeanne d'Albret. T. 3. Paris, lib. Labitte. 8". 395. 872
S. Rcr N. S. XX, 222 (7'. de L.). C N.S. 103, 580 (Z. Joubert).
Geiger, L., Studien z. Geschichte des französischen Humanismus. In VKR I,
1-48; 297—322; 333—539- 873
Lotheissen, F., zur Sittengeschichte Frankreichs. Bilder u. Historien. Leipzig,
Elischer. 8". VH, 327. M. 5. 874
S. ZnSpr VII, II, 187 {E. v. Sallwürk). DL 1885, 1555 (Z. Gtii^cr).
Taine, H., Les Origines de la France contemporaiue. L'Ancien regime.
13« edition. Paris, Hachette et Ce. 8". VIII, 561. Fr. 7. 50. 875
— Les Origines de la France contemporaine. La Revolution. T. i : l'Anar-
chie 131= cd. T. 2: la Conquelc jacobine. 12»^ edition. T. 3: Le gouver-
nement revolutionnaire. III, 471 ; H, 491 ; IV, O46. ä Fr. 7. 50 Paris,
Hachette et C«. 8". 876
S. Gr 1885, /, 13. MfLA 1885, 380. Rcr N. S. 19, 8ij/'. {A. Sorel).
DRu 46, I93#.,.- 348 #. {Blennerhassctt). Ri K, 141 {A.D. G.) NA
1. ser. XLIX, 335 \Ä. de Gnbernatis). Ac 1885, 4 april, 233 {B. M.
Gardiner).
— Die Entstehung d. modernen Frankreich. " Autoris. deutsche Bearbeitung
V. L. Katscher. 2. Bd.; Das revolutionäre Frankreich. 3. Ablh. Leipzig,
Abel. 8«. XXVII, 571. ^L 12. 877
S.BIU 1886, 374^'. (IV. Müller). DRu :\U, 193/.; 348/. {Blen,ur-
hassett). LC 1886, 718 (F.).
— Les Origines de la France contemporaine. Par II. Taine. La Revolution.
3 vols. Paris 1878 — 85. Translated by John Durand. 3 vols. London
1881—85. 878
;>!>. The Qiiarterly Review l'ol. 161, 41 1 ff^.
Martin, IL, Histoire de France depuis 1789 jusqu'ä nos jours. T. 8 (et dcr-
nier). 2« edition. Paris, lib. Jouvet et C^'. 8". 30S. Chaquc volume,
6 Fr. sans gravures, 7 Fr. avec grav. 879
Babeau, A., L'ecole de village jK-ndant la revohilion. 2>' cd. Paris, Perrin.
8". XI, 272. Fr. 3. 880
.S\ DL 1886, 6 (C. Andreae).
Sehern, A. v.. Der Salon und die Frauen des i.S. Jaluluindcrl> in Frank-
reich. (Schluss.) In AdH XIV, 59-09. SSi
Babeau, A., La Vie rurale dans l'anciennc France. 2'' edition, revuc et
augmcntee. Paris, Perrin. 8". 386. Fr. 4. 882
Uzanne, O., La Frani,aise du siecle, modes, nmuvs, usages. lllustrations ;\
l'aquarelle d'Albert Lynch, gravees ä reau-forlc en couleurs par l'.ugenc
Gaujean. Grand in-8" carr<i, XVI, 277 p. avec 10 grandes compositions
44 niriUOGRAPHiE 1885. französisch, litiekai Urgeschichte.
a ra(|uaiclle f^ravCes un laillc-douce, eii toukur, ul lo Itlcs de chapilres en
Ijolycliruniic. Paris, (Juanlin. Fr. 45. 883
Pilot de Thorey, J. J. A., Ubajjcs, fclcs el coulunics cxislanl ou ayanl
exislc en Daupliiiu';. 2 vol. T. l: Ics JJoii/,e niois de l'annOe, p. I ä 192;
t. 2 : Redierches noiivellcs sur les iiKcurs el CDUtiiims ilii iJaiipliinr, p. i'/5
ä 276. (irenol)le, ini|). el üb. Drevcl. 8". Exlrail du Journal le Daupliine.
l{il)liotlie<iue liisloriciue du JJaupliine. 884
Darsy, F. S., Usa(,'es el Irails de iimurs en l'icardie. Amiens, imprini.
Douillet et C*;. 8". 36. E.xlrail du l. 28 des Miümoires de la Socicile. 885
4. Litteralurgcschichlc.
a) Allfjemeine Werke.
Histoire litteraire do la France. . . . T. 29: Suilc du XIV" sieclc. Paris,
inip. nalionale. 4". XLIV, 637. T. 28 s. Bibl. 1881 No. 898. 886
Asmus, M., cours abregö de la litterature fran9aisc depuis son orij^inc jusqu'ä
nos jours. Ouvragc r^dige d'apres Bougeault, Paris, Alberl, Deniogeot.
Leipzig, Brockhaus. 8». VII, 162. M. 1.80. 887
i'. Z>tS/>r VII, II 2\^ (G. Hahn). FG II 297 (A. Kressner).
Breitinger, II., Die Grundzüge der französischen Litteratur- und Sprach-
geschichte. Mit Anmerkgn. zum Uebersetzen ins Französische. 5. durch-
geseh, Aufl. Zürich, Schullhess. 8", VII, 108. M. 1.20. 888
Grangier, Louis, histoire abregee et elementaire de la litterature fran^aise
depuis son origine jusqu'ä nos jours. Ouvrage redige d'apres les meilleurs
criiiqucs et destine lant aux gens du monde qu'aux maisons d'education
des deux sexes. 7. ed., revue et augmentee par l'auteur. Leipzig, Brock-
haus. 8". X, 349. M. 3.50. 888 a
S. ZnSpr VII, II 291 {E. v. Sallwürk). LC 1886, 26 {W. F.).
Marcillac, F., Letteralura francese; traduzione di A. Pa ganin i. 2a edi-
zione. Milano, Hoepli. 8". VH, 184. L. 1.50. 889
Noel, A., Histoire abregee de la langue et de la litterature fran^aises. 7^ edi-
tion, revue et modifiee. (Programme de 1885). Paris, Delalain freres. 8".
X, 530. Fr. 3.50. 890
Tivier, H., Histoire de la litterature fran^aise. 36 edition. Paris, Delagrave.
8". II, 302. Cours complet d'instruction elementaire ä l'usage de la jeun-
esse dans les Colleges et dans les institutions de jeunes personnes, par MM.
A. Riquier et l'abbe Combes. 891
Droz, Th., l'esprit gaulois dans la litterature fran^aise. Conference faite au
Ralhhaus de Zürich le 15 janvier 1885. Zürich, Meyer & Zeller. 8". 42.
M. 0.80. 892
Paris, G., La Poesie du moyen äge, le9ons et lectures. Paris, Hachette et Ce.
8". XIV, 255. Fr. 3.50. 893
S. Rddm LXIX 681/: (F. Brünettere). Ip 1885, 273 {F. Penant). DL
1885. 1416 {A. Tobler). ' Ac 1885, July II, 23 {G. Saintsbtiry). M IL
407 \h. G).
Caruel, Etudes sur les auteurs fran^ais des classes superieures, troisieme,
seconde, rhetorique. T. i. Prosateurs. 5^ edition. (Joinville, Montaigne,
Pascal, Bossuet, La Bruyere, Fenelon, Buflbn, Voltaire, Montesquieu).
Tours, Cattier ; Paris, librairie Larcher. S**. XVI, 387. 894
— Etudes sur les auteurs fran^ais des classes superieures, troisieme, seconde,
rhetorique. T. 2: Poetes. 50 edition. (La Chanson de Roland, La Fon-
taine, Boileau, Corneille, Racine, Moliere). Tours, Cattier; Paris, lib.
Larcher. 8'\ VII, 403. 895
Brunetiere, F., Histoire et litterature. T. 2. Paris, lib. C. Levy; Librairie
nouvclle. 8". 401. Fr. 3.50. Bibliotheque contemporaine. 896
Bizeul et Boulay, Tableaux d'histoire litteraire. Litterature fran9aise (de
mBLIOGRAPHIE 1885. PRANZÖSISCH. LITTER ATÜRGESCHICHTE. 45
la Renaissance jus'quä nos jours). Paris, librairie Poussielgue freres. 4".
217 avec tableaux. 897
Gidel, C, Histoire de la litterature fran^aise depuis la Renaissance jusqu'ä
la fin du XVIIe siecle. Paris, lib. Lemerre. 8". 506. 898
Tilley, A., The Literature of the French Renaissance. An introductory
Essay. Cambridge, University Press. 8". XVI, 200. 899
S. DL 1886, 58 {Koschwitz). VKR I, 527^'. (Z. Geiger).
Foumel, V., Etudes sur la lilterature fran^aise au dix-septieme siecle. De
Malherbe ä Bossuet, etudes litteraires et morales. Paris, Firmin Didot.
8". 306. qoo
S. Rcr N. S. XIX 311 ((7. Larroumet).
Follioley, L., Histoire de la litterature fran^aise au XVIIe siecle. 5p edition.
T. I. 2. Tours, Cattier. 8". XII, 418; 398. 901
Geruzez, E., Cours de litterature. Rhetorique, poetique, histoire litteraire.
32« edition. Deuxieme partie : Precis historique des lilteratures classiques
(grecque, latine et fran^aise). Paris, Delalain freres. 80. 228. Fr. i. 75. 902
Vapereau, G., Elements d'histoire de la litterature fran9aise, contenant: i"
une esquisse generale de l'histoire de la litterature franc^aise; 2" une suite
de notices sur les epoques, les genres et les principaux ecrivains, avec un
choix d'extraits de leurs ouvrages. T. 2 : Regnes de Louis XIII et de Louis XIV.
Paris, Hachette et Ce. 8". 454. Fr. 3.50. 903
Janin, J., Causeries litteraires et historiques. (Moliere, le bon Rollin, Daniel
de Foe, etc.) 2e edition. Paris, Delagrave. 8". 303 et grav. F. 2.90. 904
Deschanel, F., Le Romantisme des classiques, 3^ serie; Pascal, La Roche-
foucauld, Bossuet. Paris, C. Levy. 8". 361. 905
S. Rddm LXVIII 682,/. {F. Brunetiere). C N. S. 102, 1134/". (/'. Lalle-
mand: Un nouveau livre sur Bossuet).
Jacquinet, P., Des predicateurs du XVIIe siecle avant Bossuet. 2e edition.
Paris, V'^ Belin et fils. 8". 446. 906
Reimann, A., Des Apulejus Märchen von Amor und Psyche in der fran-
zösischen Litteratur des XVII. Jahrhunderts. Progr. des Gymn. zu Wohlau.
4". 18. 907
S. FG II 272 [A. Kressner).
Albert, P., La Litterature fran^aise au XVIIIe siecle. 6e edition. Cou-
lommiers, imprim. Brodard et Gallois; Paris, lib. Hachette et C*". 8". 483.
Fr. 2.25. qo8
Guglia, F., Zur französischen Litteraturgeschichte des 18. Jahrhunderts. In
Zeitschr. f. allgeni. Geschichte II, 611 — 32; 762 — 79. 909
Brunetiere, F., Etudes sur le XVIIF' siecle. Les Romanciers. III. An-
loine-Fran9ois Prdvost. In Rddm LXVII, 802—843. 9^0
Goncourt, E. et J. de, Les Actrices du XVIIF' siecle. Sophie Arnould
d'apres sa correspondance et ses memoires inedits. Paris, Charpentier et Ci\
8". XV, 327. Fr. 3.50. 911
Goncourt, E. de, Les Actrices du XVIIIf siecle; Mme Saint-Huberty, d'apres
ses memoires et sa correspondance. Paris, Charpentier. 8". VIII, 319. 911a
Caumont, A., Goethe et la litterature fran^aise. Progr. d. städt. Gymn. zu
Frankfurt a. M. 4". 37. 912
N. AnS LXXIV 457.
Schanzenbach, O., Französische Einflüsse bei Schiller. Progr. Stuttgart,
Druck von K. Liebich. 4". 52. 913
X FG II 336 {J. Sarrazin). AnS LXXl' 21 6 (A'ösfer); LXXVI 474,
Rcr N. S. XXI 56 (^. Chuqtiet).
Albert, P., La Litterature fran^aise au XIX*" siecle. Paris, Hailutte et C''.
8". VIII, 337. Fr. 3.50. <)I4
.S'. Rpl 3. si'r. IX 790 (J/ Gaucher).
Merlet, G., Tableau de la litterature frani,'aise (1800 — 1815). Premiere partie:
Mouvement religieux, philosophique et poetique. 3>' edition. Paris, Perrin.
8». XV, 570. c)i5
46 HIHLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. LITTER ATURGESCHICHTE.
Dora d'Istria, |)rincesse J Iclenc Koll/ofF-Massalski, nee princesse Ghika, La
lilleraturc fianc^aise au XIX""' siecle, c^qiiisscs historiques. Premiere partie
I, JI, lU. Douxieme parlic I, II, III. Troisieme partie I, II, III. In Ri V,
8—20; 200—211; 367-377; 648—667; 797—810; VI, 15—23; 213-223;
512-525; 675—683; VII, 322—339; 490—501. 916
Gourcuff, O. de, Lc Mouvemcnt poelique en Bretaßne, de la fin de la
Kcstauration i la revolution de 1848. Nantes, imp. Torest et Grimaud.
8". 35. Kxtrait de la Revue de Bretafjnc et de Vendee, 1884. 917
Dupuy, T., ("onsiderations sur la litteralure franc^aise moderne. Milan, Du-
molard frercs edit. (impv. Lomhardi). 8". 306. L. 3.50. 918
Gottschall, R. v., Sludicn zur neuesten französischen Litleralur. I. I'uhli-
cistische Sclirifleji. II. Romane. In Unsere Zeit 1885, I, 686 — 706;
823—41. 919
Qodet, IMi., Le mouvement litteraire de la Suisse romande, en 1883 et 1884.
In ZnSpr VII, II 64 — 69; 239 — 248. 920
Heron, A., Trouvercs normands. Reuen, imp. Cagniard. 8". 48. 921
Rajna, P., Contributi alla sloria dell' epopea.e del romanzo medievale
(premier article). In Ro XIV, 398—420. 922
Müller, K. Th., Zur Geographie der älteren Chansons de geste. Gott. Diss.
Götlingen. 8". 36. 923
Bangert, Fr., Die Tiere im altfranzösischen Epos. Marburg, Ehvert's Verl.
8". 244. M. 6. Stengel's Ausgaben u. Abhandlungen XXXIV. 924
Keutel, G., Die Anrufung der höheren Wesen in den alt französischen Ritter-
romanen. Marb. Diss. Marburg, Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 45.
Aus : Ausgaben u. Abhandl. a. d. Geb. d. roman. Phil. 925
Altner, Fug., Ueb. die Chastiements in den altfranzösischen Chansons de geste.
Inaugural-Dissertation. Leipzig, Fock. 8". 86. M. 1.60. 926
Zutavem, Karl, Ueb. die altfranzösische epische Sprache. 1. Diss. Heidel-
berg (Weiss' Sort.). 8". 80. M. 1.60. 927
Castets, F., Recherches sur les rapports des Chansons de geste et de l'Epopee
chevaleresque italienne I. Renaud de Montauban. In Rdlr 3. ser. XlII,
5—42. 928
Chompre, P., Dictionnaire abrege de la fable. Edition revue et augmentee
par Ch. Richomme. Paris, Delalain freres. 8*' ä 2 col. VIII, 280. 929
Delvau, A., Les Sonneurs de sonnets (1540 — 1866). Eau-forte par Frederic
Masse. Paris, Bachelin-Detlorenne et Ce. 8". 158. Fr. 6. 930
Koerting, P. H., Geschichte d. französischen Romans im XVII. Jahrh. Op-
peln, Franck. I. Bd.: Der Idealroman. Lief. 1.2.3. 8". XVI, 304. 931
S. ZnSpr VII, II 188; VIII. II 144 (§§). ZC 1886. 290 {F. L.).
Parodi, A., Le Theätre en France. Paris, A. Hennuyer. 8". 931a
S. Rpl 3. ser. IX 91 {M. Gaucher).
Petit de JuUeville, L., Histoire du theätre en France : les Comediens en
France au moyen äge. Paris, L. Cerf. 8". 368. Fr. 3.50. 932
S. Rpl 3. ser. X 664 {M. Gaucher)-
Haw^kins, Annais of the french stage from its origin to the death of Racine.
2 vols. London. 933
Dietz, M., Geschichte des musikalischen Dramas in Frankreich während der
Revolution bis zum Directorium (1787 — 1793) in künstlerischer, sittlicher
und politischer Beziehung. Wien, Groscher und Blaha. 8". VIII, 472.
M. 7. 934
5. DL 1886, 484 {Deckend).
Schletterer, H. M., Vorgeschichte und erste Versuche der französischen
Oper (Studien zur Geschichte der französischen Musik, Teil III). Berlin,
R. Damköhler. 8". 200. M. 4.80. 935
S. ZnSpr VII, II 185 {F. L.). BlU 1885, 21. LC 1885, 1460.
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. LITTERATURGESCHICHTE. 47
Desnoiresterres, G., La Comedie satirique au XYIII^ siecle. Histoire de
la socicle fran^aise par l'allusion, la personnalite et la satire au theätre. —
Louis XV — Louis XVI — La revolulion. Paris, E. Perrin. 8". YIIL
459. 936
S. Rcr N. S. XX 258 {M. Tourneux).
Jullien, A., La Comedie ä la cour. Les theätres de societe royale pendant
le siecle dernier (la Duchesse de Maine et les Grandes nuits de Sceaux ;
M">e de Pompadour et le Theätre des petits cabinets; le Theätre de Marie-
Antoinette ;\ Trianon): par Adolphe Jullien. In-4», VII-327 p. avec fronti-
spice en Chromolithographie, 26 grav. et 20 cartouches, en-tete et culs-de-
lampe sur des motifs du XVIIIe siecle. Mesnil, imprimerie Firmin-Didot
et Ce; Paris, librairie Firmin-Didot et Ce. Fr. 25. 937
d'Heylli, Georges, La Comedie-Fran^aise pendant le Siege et la Commune.
In C N. S. 102, 254^75; 496—511. 938
Sarrazin, Lessing und die französische Komödie. Progr. d. Gymn. zu Baden-
Baden. 939
Veuclin, E., Le Theätre ä Bernay au XVIIIe siecle; par Veuclin. Bernay,
imprim. Veuclin. 8". 36. 94^
Leveaux, A., Le Theätre de la Cour ä Compiegne pendant le regne de
Napoleon III. Paris, Tresse. 8". 217. 94^
Parisis, La Vie parisienne: La Ville et le Theätre {1884); par Parisis
(Emile Blavet). Preface de F. Cop pee. Paris, Boulanger. 8". VIII, 424.
Fr. 3.50. . 942
Paria, L., Le Theätre ä Reims depuis les Romains jusqu'ä nos jours.
Reims, Michaud. 8". 320 avec grav. Fr. 7.50. 943
b) Monographien.
Aimon de Varennes. A. Risop, Aimon de Varennes. In AnS LXXIH,
47—72. 944
Aubigne. M. Chevrier, Eloge d'Agrippa d'Aubigne. Paris, imp. Jouaust
et Sigaux. 8». 36. 945
— G. Fabre, Discours sur la vie et les oeuvres d'Agrippa d'Aubigne. In
Revue chrütienne XXXII, 754—67; 827-44. 94^
Beaumarchais. A. Bettelheim, Beaumarchais. Eine Biographie. Frank-
furt a. M., Literar. Anstalt, Riitlen & Loening. 1886. 8". XII, 659 S.
m. I rad. Portr. M. 10. 947
S. FG III, 170 {A. Kressner). MfLA 1886, 359 (Z. Katona). DL
1886, 1377 {R. Mahrenholtz). L^r P 18S6, 369 {R. Mahren holtz). ZnSpr
VIII, II 148 (Ä. Mahrenholtz).
— L. Farges, Beaumarchais et la Revolution. In XR XXXVII, 548
bis 71. 948
— A. Ricard, Une victime de Beaumarchais. Paris, E. Plön et C»'. 8".
283. 949
Bossiiet. Coignard, Bossuet et saint Thomas. Les Sermons et la Somme.
Angers, Briand. 8". 308. 950
— de Longpörier-Grimoard, Un prescnt de Bossuet. P.iris, imprimerie
Quantin. 8", 8 avec 5 fig. Exlrait du Livre (livraison du lü juillet
1885). 95«
Chateaubriand. V. Beränck, Chateaubriand über die Engländer und Fran-
zosen. Progr. der k. k. Slaals-Realschule in Biclilz. 8". 33. 052
S. ZnSpr l'III 2, 85 (/''. Zverimt).
— Ctf d'llaussonville, L'amhassade de M. de Chateaubriand ä Ronio cn
1828. In Rd.im I.XIX, 481 -504. 953
Chenier. R. Hülsen, Andre Chcnicr. Die Ueberlicfcrg. seiner „Oeuvres
pocli(|ues". Berlin, Gaertner. 4". 26. M. 1. 054
.S'. Z>iSpr VII, II 206 {A. Lüih-r). I'ü' II, 302 (./. K'ifssn.-r). I.j^ 1 P
]'I. 332 {IV. A'/toriJi).
Chretien de Troyes. A. S. Det, Chrelicn de Troycs et son homonyme
et compatriote Chretien Legouais de Saintc-More. In Mcmoires de la
/\H HIItMOr.KAI'IIIR 1885. FRANZÖSISCH. LI rTKkAIl'RGF.SCIIICHTR.
societc aca(lömif|ue <raf;iiciilturf, des scienccs, arts c-t Ijclles-lcUres du depar-
temf-nl ile l'Aulx-. 3. scr. XX FI, 321 38. <»SS
Christine de Pisan. l-'. Koili. Leben 11. Werke der Chrisline de I'i/.an.
L(i|)/.i;;er J)iss. (ioslar a. Harz, L. Kocli. X". 84. AI. 2. '»36
S. l'G JII. 168 (A. Krcssncr). LC 1886, 031 (//. K ni^).
Clerc de Voudoi. ri. I<.aynaiid, Le Ckrc de Vondoi. In Ko XIV,
278. 05^' a
Corneille. Deuxicmc centenairc de Pierre Corneille (ig niars 1885). Ronen,
Ca),'niard. 8". 47 cl portrail. . 957
— J'. Allard, La Vieillcsse de Corneille, pod-sie lue le 10 mars 1885 ii la
seance donnee par Mgr rarcheveqiic de Roucn ponr le denxieme centenaire
de ('orneillc. Ronen, imp. Cagniard. 8". 15 et portr. 958
— C. de Reaurcpaire, Pierre ('orneille et sa fillc Marf;uerilc, dominicaine,
:\ Ronen. Ronen, Cagniard. 8". 40. 059
— E. Boysse, Le Sonjje de Corneille (163C). Ronen, impr, Lapierre. 4"
i 2 col. 4. 960
— Duhamel, A l'icrre Corneille, [joesic lue le 19 mars 1885 ä la s<^'ance
donnee par Mfjr rarcheveque de Roucn ]iour le deuxiemc centenaire de
Corneille. Ronen, imp. Cagniard. 8". 11 et portr. 961
— E. Plague t, Corneille explique aux cnfanls. Poitiers, imp. Oudin; Paris,
Hb. Lecene et Oudin. 8"- VIII, 171 et planches. Nouvelle collection des
classiques populaires. 962
— P. Lan gensch eidt , Die Jugenddramen des Pierre Corneille. Ein Bei-
trag zur Würdigung des Dichters. Zur Erinnerung an den 200jährigen
Todestag desselben. Berlin, Langenscheidt'sche Verlagsbuchhdlg. 8". 79.
M. I. 963
S. ZnSpr VII, II 53—58 {E. Uhlematui). FG II, 97 {A. Kress7ier).
LgrP VI, 294 (//. Koerting).
— Maillet du Boullay, La Maison de Pierre Corneille au Petit-Conronnc,
notice. Evreux, imp. Herissey; Ronen, Hb. Auge. 8". 40 avec vig. 964
— U. Meier, Studien zur Lebensgeschichte Pierre Corneille's. I. Teil.
Diss. d. Univ. Jena. Oppeln, E. Franck's Buchhdlg. (G. Maske). 8". 46.
Sep.-Abdr. aus ZnSpr VII. 965
— J.Sarrazin, Die Corneillegedenkfeier. In ZnSpr VII, I, l — 12. 966
Diderot. E. Asquerino, Diderot. — La Encidopedia. In RdE CVII,
441—49. 967
— P. Laffitte, Celebration du centenaire de Diderot au palais du Trocadero
(grande salle des fetes), le 27 juillet 1884; Discours. Versailles, imprim.
Aubert; Paris, au depot de la Revue occidentale. 8^'. 55. 968
Fenelon. The Quarterly Review on Fenelon. In The Saturday Review LX,
113 ff. ' 969
— S. H. Berthoud, Le Pater de Fenelon. Limoges, E. Ardant et Ce. 80.
148 et grav. 970
— A. Letelie, Fenelon en Saintonge et la Revocation de l'edit de Nantes
(1685^ — 1688), etude et documents. Pons, imp. Texier; Paris, lib. Picard.
8". 130. Extrait du t. 13 des Archives historiques de la Saintonge et de
l'Aunis, publication de la Societe des Archives historiques etc. 970a
— E. Vacherot, Fenelon ä Cambrai. In Rpl 3. ser. X, 551 — 555 und Jp
1885, 670 ff. 971
Fleehier. A. Fabre, Flechier orateur (1672 — 1690), etude critique. Paris,
imprim. De Soye et fils ; Hbr. Perrin et Ce. 8". XVI, 611. 972
S. Rddm LXXII, 213/". {F. Brunetii-re).
— C. L. Livet, Portraits du grand siecle. 2 e edition. (Mme de Fiesque,
Marie Mancini, Louis XIV, Ant. Corneille, Flechier etc.). Paris, Hb. Perrin.
(1886). 8". VlII, 464. 973
S. MfLA 1885, 386.
Froissart. A. de la Borderie, Froissart et le debut de la guerre de
Blois et de Montfort en 1341. In Revue de Bretagne et de Vendee LVIII,
337—70- 974
BIBLIOGRAPHIE 1 885. FRANZÖSISCH. LITTERATURGESCHICHTE. 4Q
Garnier. F. Legeay, Notes historiques sur la ville du Mans: Robert
Garnier et le Couvent des cordeliers, Compagnie du jeu du papegault.
Le Mans, Leguicheux-Gallienne. 8". 16. , 975
Genlis, M"h' de. H. Bonhomme, äIw la comtesse de Genlis, sa vie, son
ceuvre, sa mort (1746 — 183O), d'apres des documents incdits; par Honore
Bonhomme. Paris, liljr. des bibliophiles. 8". 144. Fr. 3. Curiosites histori-
ques et litteraires. 976
Grimm. H. Breitinger, Heinrich Äleister, der Mitarbeiter Melchior
Grimm's. In ZnSpr, Suppl. HI. 977
— E. Scherer, Melchior Grimm. In Rddm LXXI, 752 — 789; LXXII,
307—341; 530-577- 978
Guillaume de Brioude. A. Thomas, G. de Br. In Ro XIV, 579. 979
Hardy. F. A. Kownatzki, Essai sur Hardy. Progr. d. Gymn. zu Tilsit.
Ostern. 40. 21. 980
Hugo. Victor Hugo's literary testament. In Ac 1885, Aug. 1,74. 981
— Victor Hugo devant l'opinion. — Presse fran^aise. — Presse etrangere.
Avec une lettre de Gustave Rivet. Paris, Office de la presse. 8". XIV,
413. 982
— P, d'Abrest, Victor Hugo. Ein Lebensbild. In Unsere Zeit 1885, H,
159—78; 321—37- 983
— H. C^ard. Victor Hugo. In FR N. S. XXXVHI, 17—31. 984
— U. Gonzalez Serrano, Victor Hugo. In RdE CIV, 321 — 32, 985
— K. A. Martin Hartmann, Victor Hugo. In FG II, 187 — 200. 986
— G. Monod, Victor Hugo. In Revue histor. XXVIII, 332 — 38. 987
— Oliphant, Victor Hugo. In The Contemporary Review XLVIII,
10—32. 988
— E. Panzacchi, Victor Hugo. In NA 2. ser. LI, 593 — 612. 989
— D. A. Parodi, Victor Hugo. Ricordi e note. Milano, fratclli Trcves. 990
S. NA 2. ser. 53, 568.
— F. Pillon, Victor Hugo. In La Critique philosoph. 1885, I, 388— 400. 991
— Ch. Potvin, Victor Hugo. In Revue de Belgique L, 105 — 17. 992
— Paul de Saint-Victor, Victor Hugo. Paris, Calman Lew. 8". IV,
388. ' 993
S. ZnSpr VIII, II 155/". (AT A. Martin Hartmann).
— J. V. Sarrazin, Victor Hugo's Lyrik u. ihr Entwickelungsgang. Ein krit.
Versuch. Baden-Baden, Sommermeyer. 4''. 40. M. 1.40. 994
.S'. ZnSpr VII, II 269 {M. Ilartmann). FG II 299/'. {M. Hartmann).
DL 1885, 1671 (M. Reimann).
— — Deutsche Stimmen über Victor Hugo. In ZnSpr II, I 226 — 232. 995
— J. Schmidt, Victor Hugo. In Westermann's ill. deutsche Monalsh.
Bd. 59, 47 — 64. 996
— G. Barnett Smith, Victor Hugo, his Life and Work. Lomlon, Ward
& Downey. 8". VI, 324. S. 6. 99(>a
S. Ac 1885, Jtily 25, 51 {Frank T. Älarziah). ZnSpr VI 11, II 231
(A'. A. Marti)! Ilartmann).
— Alf^crnon (Charles Swinburnc, The Work of Victor Hugo. In The
nineteenlh Century XVIII, 14 — 29; 294—311. 9*>7
— Vi die u, Victor Hugo et le Pantheon. Paris, E. Dentn. 8". 214. 998
Lafontaine. E. Faguet, La Fontaine cxpliquc aux enfants. Paris, Leci-nc
et Oudin. 8". IX, 168 et planches. Nouvellc collection des classicpus
populaires. '}')<)
— A. Netter, La Fontaine et Dcscartcs, ou Ics Deux Rats, le Renard et
rcEuf. Nancy, Bcrgcr-Levrault et Ce; Paris, mC-mc maison ; lib. Michelol
1886. 8", 98. M. 1.80. U)00
X DL 1886, 562.
— L. Nicolardot, La Fontaine et la Comedic hiimaine, snivi du Langagc
des animaux. Paris, Dentu. 8". IV, 327. loüi
S. Kpi 3. srr. XI. 90 {M. Gnncher).
Zeitsolir. f. iniii. l'hil. X. liibl. 4
50 l'.ll'.r.IOOKAI'llIF. 1885. FRANZÖSISCH. I.ITTF.KATURGF.SCHICH TF.
Magny. J. I-avie, Olivici de Magny (1520?— 15^*1) Etüde hio{jraphit|iic et
lillcrairc. These. I'aris, Garnier freres. 8". 447. I002
.S'. RL X, 388 (ry. Satilavil/e). Ip 1885, 439 {G. U Bidois).
Maintenon, M"'o de, Th. Schott, Frau von Maintenon und die Auf-
hehuiif; des Ediktes von Nantes. In Zeitschr. f. allfjem. Oescliichte II,
851 — 70. 1003
Maistre. A. Ey, Xavicr de Maistre. In AnS EXXIII, 273—289. loo^
Marguerite de Valoia. F. Lothcissen, Kiinif^in Marjjarethe v. Navarra.
Ein ("iiltiu- und EiUciaturbihl aus der Zeit der französ. Reformation. Berlin,
Allf,'eineiner Verein f. deutsche Litteratur. 8". JII, 405. M. 5. 1003
.S'. Rcr N. S. XXI. 472 (/'. Desjardins). LgrP 1886, 179 (CA. Joret).
Marin, Louis Fran9ois Claude s.u. A. Ricard, Une victime de Beau-
marchais, No. 949. 1005 a
Marivaux. M"<' Blaze de Bury, Etüde sur Marivaux (Scances litteraires).
Montmorency, imp. Gaubert. 8". 27. Cette etude a ete inseree en an{,dais
dans Li revue : the XlXt'» Century, du leravril 1885. 1006
— W. Printzen, Marivau.\. Sein Leben, seine Werke u. seine lilterar.
Bedeutung. Inaugural- Dissertation. Münster (Leipzig, Fock). 8". 123.
M. 2. 1007
S.DL 1886, 225 [E. Koschwitz).
Marot. J. Levallois, Clement Marot. In Ip 1885, 766 (T. 1008
Massillon. A. Rosnc, Un emule de Massillon: Surian, pr£-tre de l'Oratoirc,
L-vL<iuc de Vence, membre de l'Acadcmie fran^aise, etude biographique et
litltlraire. Marseille, impr. Blanc et Bernard. 8". VIII, 72. 1009
Mirabeau. J. Seligman, Mirabeau devant le parlement d'Aix, discours
prononce ü l'ouverture de la Conference des avocats (barreau de Paris), le
i*'" decembre 1884. Paris, imprimerie Alcan-Levy. loio
Moliere. A. Copin, Histoire des comediens de la troupe de Moliere.
Paris, Frinzine et Ce. 8". VI, 319. Fr. 7.50. lOii
— E. Fournier, Etudes sur la vie et les ceuvres de Moliere, revues et
mises en ordre par P. Lacroix et preced^es d'une preface par A, Vitu.
Paris, Laplace et Sanchez. 8°. XIV, 464. 1012
S. Rc>- N. S. XIX, 311 (G. Lar räumet).
— C. Humbert, Schlegel und Moliere. Eine historische Studie, In ZnSpr,
Suppl. III. I013
— — Schiller, Goethe, Lessing, Moliere und Dr. Paul Lindau. Progr. d.
Gymn. zu Bielefeld, 1013a
Lustige Puppen-Tragödie vom sich selbst entleibenden Lindau oder
Schiller, Lessing, Goethe, Moliere u. — Hern. Dr. Paul Lindau's „Frische
Wissenschaftlichkeit auf dem Markte d, Lebens". Bielefeld, Helmich, 8".
VII, 92; 31. M. 2.50. I0t3b
S. LgrP 1886, 404 {W. Ktiörich).
— H. de Lapommeraye, Les Amours de Moliere. Paris, Libr. des biblio-
philes. 8«. 48. Fr. 2. 1014
— G. Larroumet, Une Comedienne au XVII«? siecle, Madeleine Bejart.
In Rddm LXIX, 123—157. 1015
La femme de Moliere, In Rddm LXIX, 873—908. 1016
— — Le Jeune Premier de la troupe de Moliere, — Charles Varlet de La
Grange. In Rddm LXXI, 596 — 632. 1017
— A. Vitu, La Maison des Pocquelins et la Maison de Regnard aux piliers
des Halles (1633 — 1884). Nogent-le-Rotrou, impr. Daupeley- Gouverneur;
Paris. 8". 52. Extrait des Memoires de la Societe de l'histoire de Paris
et de ITle de France (t. 11, 1884). Les tirages a part ne peuvent etre mis
en vente, 1018
Montaigne. E. Asquerino, Montaigne, In RdE CV, 245 — 254, 1019
— C. Saucerotte, L'Esprit de Montaigne, choix des meilleurs chapitres et
des plus beaux passages des Essais, disposes dans un ordre methodique,
avec notes et commentaires, Paris, libr, Perrin 1886. 8". 448. Quvrage
posthume public par s.i famille. 1020
P.ir.LIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. LITTER ATUKGESCHICHTE. 5I
Necker. P. Bondois, Les Grands Fran^ais. Necker. 8^. 96 p. avec
grav. et portraits. Saint -Denis, imp. Picard- Bernheim et C"?. Paris, lib.
de la meme maison. 40 cent. Bibliotheque d'education nationale. Collec-
tion Picard. 1021
Pascal. J. N. Filoz, Essai sur rcsthetique de Pascal. La Roclielle, imp.
Siret. 8". 15. 1022
— Nonrrisson, Pascal physicien et philosophe. Paris, E. Perrin. 8".
XXVir, 282. Fr. 3. 1023
.S. Rddm LXXI, 194/". {F. Brwieiiere). Rcr N. S. XXII, 416/". {Th.
Reinach). Rpl 3. ser. X, 281 {Ilavet). RL X, 395 (Ch. Lavenir). DL
1885, 1697 (/'. Natorp).
— G. Saintsbury and Chrystal, Pascal. In The Encyclopaedia Britann.
XVIir, 333—38. ' 1024
— Thor Sundby, Blaise Pascal, sein Kampf gegen die Jesuiten und seine
Verteivlignng des Christentums. (Fortsetz. u. Schluss.) In ZnSpr VIT, I,
13-46. 1025
Rabelais. A. Heulhard, Rabelais Chirurgien: applications de son glosso-
comion dans les fracturcs du fil-mur, et de son syringotome dans le traite-
mcnt des plaies penetrantes de l'abdomen , decritcs par Arthur Heulhard,
Nivernoys. Paris, librairie Lemerre. 8". 84 p. et 4 tig. 1026
— Andre Lo Forte -Randi, Fran^ois Rabelais et Theophile Folengo. In
Ri V, 721 — 749. 1027
Racine. L. Auge de Lassus, Racine a Port -Royal, ä-propos en un
acte, en vers. Paris, lib. Tresse. 8". 35. Theatre-Fran9ais. Premiere
reprcsentation le 21 decembre 1884. (245«^ anniversaire de la naissance de
Racine). 1028
— Fr. Mel vil, Le Systeme dramatique de Racine I. In FG II, 12 1 — 128. 1029
— G. Proffen, Racine und Rotrou. In ZnSpr VII, II, 90. 1030
Rotrou. L. Curnier, Etüde sur Jean Rotrou. Paris, imprim. Ilennuycr.
8". VIII, 266. 1031
— • Doneaud du Plan, Etüde sur Rotrou. Amiens, imprimerie Delattre-
Lenoel. 8". 20. Extrait de la Revue de la Societe des etudes historiques,
juillet-aoüt 1884. 1032
— L. Merlet, Notice biographique sur Jean Rotrou: par Lucien Mcrlct.
Ch.irtres, imp. Garnier. 8". 20. 1033
Rousseau. Bauck, J. J. Rousseau und M. de Älontaignc. Ein Beitrag
zur Geschichte der Pädagogik. Progr. d. Gymn. zu Gumbinnen. 1034
— L. Crousle, J. J. Rousseau et son inlliience liltcraire. In Ip 1885, 781 IV.;
801 ff, 1035
— 11. Ehrlich, Jean J.acques Rousseau .als Musiker. In G XX VII, 389 ff. 1030
— E. Geruzez & Crousle. J. J. Rousseau. In Ip 1885, 677 ff.: 709 ff.;
719 ff. '037
— P. ITaffner, J. J. Rousseau u. das Evangelium der Revolution. Frank-
furt a. M., Foesser Nachf. 8". 24. M. 0.50. Frankf. zeitgemässc Bro-
schüren VI, 8. 1037;^
— G. Hahn, Basedow u. sein Verhidtniss zu Rousseau. Ein Beitrag zur
Geschichte der Pädagogik im 18. Jalirh. Leipziger Diss. Leipzig, Weiss
& Sch.nck. 8". VIII, 114. M. 1.50. 1038
.S. ZnSpr VII, II, 203 {E. Ritter).
— A. Jansen, J. J. Rousseau als Botaniker. Berlin, G. Reimer. 8". VI,
308. M. 8. 1031)
.S. DRti 47, 364/. (/-: Cohn). I.C 1885, 178S (Lssn.).
— A. Walseman n , Die Pädagogik des J. J. Rousseau und J. B. Basedow
vom Hcrbart-Zillcr'schen Standpunkte verglichen und bcurlheilt. Hannover.
Meyer. 8". 104. M. 1.60. 1040
.S\ I.C 1886, 395. DI. 1886, 326 {C. Auiir.;u).
Sales, F. de. G. Gruycr, Le senlimcnt de la naturc dans les icrits ilc
Saint l'"rani,ois de Sales, de La l'Onlaine, de M"»' de Sevigne, »le l''tnclon,
de Bossiiet. In C N. S. id}. 626—56. 1041
52 l'.Ilir.IOf.KAPHIK 1885. KKANZciSISCH. LITTKRA'rUI<f;ESCHlCfn K,
— F. Mu^nicr, Saint l'ran^ois de Salcs docteur en droit, avocat, SLiiatciir,
sa corrcspondancc incdilc avcc Ics frürcs Claude et Philippe de Quoi-x,
docnmcnts divers, fac-siniild- et sccaux. ("harribcry, im])rinicrie Münard. 8".
ifjj. ]"".xtrait du t. 23 des Mömoircs et Documents de la Sociele savni-
siennc d'histoire et d'archeologic. 1042
— D. S., Vie de saint l'^an^nis de Sales. JOurs, Marne et fds. 8". 36 avec
porlr. 1043
— J. Variot, Saint I<'ran9oi.s de Salcs. In Revue des sciences ccclcsiasl.
6. scr. I, 248—66. 1044
Sevigne. F. Comb es, Mmo de S^vignd- historicn ; le Siecle et la Cour de
Louis XIV d'apres M"io de Sevigne. Paris, l'errin. 8". 382. 1045
.S'. Rpl 3. si'r. X 19 {A. de Tn'verre/). KL IX 398 (C/t. I^veuir).
Steck, M">f. E. Michaud, M"»' Steck et ses poesies 1776 — 1821. Avec un
Portrait grave par M. Girardet. Chaux-de-Fonds, impr. du National Suisse.
8". 63. 1046
Voltaire. A. Becanier, Parallele de Voltaire et de Victor Hugo, Con-
ference faite au theätre de Moulins , le 23 juin 1885. Moulins, imprimerie
Charmeil. 8^. 40. 1047
— E. Rletrv, Lettre supposee de Voltaire sur le Caton d'Addison. In Ip
1885, 241 ri". ■ 1048
- G. Boglietti, Voltaire alle Delices e a Fcrncy. In NA 2. ser. 52,
617 — 46. 1049
— Bonnejoy, La Confession de foi de Voltaire. In Rdmc 4. ser. I,
525—545- '050
— Crousle, La morale de Voltaire dans ses romans. In Ip 1885, 499 fl. ;
5'3 ff-; 545.ff- ... .... '°5'
— E. Faelli, Lo spirito di Voltaire: racconti, aneddoti e giudizii. Roma,
Edoardo Perino. 8". 94. L, 0.25. Biblioteca umoristica, n. 17. 1052
— E. Flamarion, L'Inhumation de Voltaire dans la chapelle de l'abbaye
de Scellieres en 1778, proces-verbal de son exhumation en 1791. Paris, imp.
Marpon et Flammarion. 8". 16. '053
— Gazier, L'abbe de Prades, Voltaire et Frederic II, d'apres des documents
incdits, dont ime lettre de Voltaire. In Rcr N. S. XIX, 146 — 155. 1054
— Ch. Henry, Voltaire et le cardinal Ouirini d'apres des documents incdits.
In Rcr N. S. XX, 358 ff. " 1055
— W. Kreiten, Voltaire. Ein Charakterbild. 2. verm. Aufl. Mit Vol-
taire's Bildniss. Freiburg i. Br., Herder. S". XVI, 580. M. 6. 1056
S. ZnSpr VII II 45 {R. Mahretiholtz). FG II 263 ff. (A. A'ressner).
BlU 1885, 765 {A. Heerklotz). LgrP VI 461 {E. v. Sa/hmirk). AcM
18853, 327 {O.K.). DL 1885, 1445 {R- Mahrenholtz).
— R. Mahrenholtz, Voltaire's Leben und Werke. I. Teil: Voltaire in
seinem Vaterlande (1697 — 1750). IL Teil: Voltaire im Ausland {1750 — 1778).
Oppeln, Franck. 8". VIII, 255; 208. M. 5:5. 1057
.S^ BlU 1886, 537 # {A. Heerklotz). LgrP VI 460; VII, 230 {E.t.
Sallwürk). DL 1885, 863 {F. L.); 1886, 404 {F. L.). ZnSpr VIII II
150 W. Knörich).
— L. Morandi, Voltaire contro Shakespeare, Baretti contro Voltaire: con
un' Appendice alla Frusta letteraria, e 44 Lettere inedite o sparse del
Baretti. Nuova ediz., con numerose aggiunte e correzioni. Citta di
Castello, S. Lapi tip.-edit. 8". 356. L. 4. 1058
— Nourrisson, Le Voltairianisme ou la Philosophie de Voltaire. In C
N. S. 103, 122—49; 308—23; 533—58; 873—902. 1059
— L. Perey et G. Mau gras, La Vie intime de Voltaire aux Delices et
i\ Ferney. Paris, C. Levy ; Lib. nouvelle. 8". IV, 546. Fr. 7.50. 1060
.*?. ydS 1885, 523^5^: (E. Cavo). Rpl 3. scr. IX, 696 {M. Gaucher); 3. ser.
X, 455—462 {E. Caro). DL 1885, 1446 (A". Mahrejiholtz). — NA 2. ser.
52, 302/". {A. de Gubernatis) LgrP 1886, 231 {Morf).
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. ^j
5. Ausgaben von einzelnen Autoren und Werken nebst Erläu-
terungsschriften zu denselben.
a) Sammlungen.
Bibliothek, altfranzösische. Hrsg. v. W. Fo erst er. 9. u. 10. Bd. Heilbronn,
Ilenninger. 1886. 8". S. Adgar No. 1115 u. Koschwitz No. 1070. io6[
Bibliotheca normannica. Denkmäler normann. Literatur u. Sprache, hrsg.
V. H. Suchier. III. Halle, Niemeyer. S. Marie de France No. 1336. 1062
Bibliotheque fran^aise du moyen äge. Paris, Vieweg. S. Le Psautier de
Metz No. 1394. 1063
Nouvelle bibliotheque classique des editions Jouaust. Paris, Jouaust. S.
No. 1157. 1063a
Collection des auteurs franQais. Paris, Delalain freres. S. No. 1 1 50 a ;
1296; 1416. 1063b
Nouvelle collection de class. Paris, Hachette et Ce. S. No. 1246. 1063 c
Editions nouvelles des classiques franQais. Paris, Delagrave. Siehe
No. 1080; 1370. I063d
Les Grands ecrivains de la France . . . publ. sous la dircction de M.
Ad. Regnier. Paris, Hachette et Cc. Siehe No. 11 93; 1286; 1287;
1401. _ io63e
Les principaux ecrivains fran9ais. Paris, Hachette et Ce. S. No. 1212;
1437- io63f
Societe des anciens textes fran^ais. Paris, Firmin Didot et Cie. 8". Siehe
Mistere No. 1095; Chretien No. I185; Vie de St. Thomas de Cantorbery
No. 1460; Philippe de Remi No. 1391. 1064
Petit de JuUeville, L., Morceaux choisis des auteurs frau(jais, poetes et
jirosateurs, des origines ;\ nos jours, avec notes et notices. Paris, G. Masson
(1886). 8". VIII, 746. 1065
Hoftnann, K., ISIiscellen. (Zu Bartsch's Chrestomathie. 4. Aull. Sp. 61-62).
In RF n 355—58. 1066
— Zu Bartsch's Altfrz. Chrestomathie. In RF II 360. lo66a
Constans, L., Chrestomathie de l'ancien fran^ais (IXc — XVc siecles) ä l'usage
des classes, precödee d'un tableau sonuiiaire de la litlcralure f.ian(,aise au moyen
äge et suivie d'un glossairc ctymologique detaillö. I'aris, Vieweg. 8".
XLVIII, 376. 1067
5. LC 1885, 213 (/Ol.).
— Supplement ;\ la Chrestomathie de l'ancien fran(,ais (IX^ — XVc sieclcs) ä
l'usage des classes. Paris, Vieweg. 8**. 106S
5. Kii/r 3. sc'r. XIV iwff. (£. Ri^^al).
Ritter, E., Recueil de morceaux choisis en vieux fran(,ais. 2. cd. Genevc,
Georg. 8". VIII, 128. 1069
Koschwitz, E., Commentar zu den älleslen französischen Spiaclidculcm.ilern.
I. Eide, Eulalia, Jonas, Hohes Lied, Stephan. Heilbronn, Ilenninger. 1880.
8". VIII, 227. M. 5.80. Altfranzös. Bibliothek X. 1070
S. DL 1886, 1492 (E. IVcbtr). T VII 81 {L. M. ß.). Li;rP 1886, 23
(iV. Meyer); 164/'. {A. Mussajia). Ro 1886, 443^". ((i. P-)- ZöG 1886,
758 ( /. Mussajia).
Altfranzösischo Romanzen. Ueberselzt von P. lleyse. In Mli.A 1885,
213 IV.; 244 ir.; 277; 373. 1071
Hertz, W., Zwei Novellen in Versen aus dem zwölllen Jahrhundert, nach
ileni AUlVan/.ösischen. T. Guingamor. II. Tydorel. InNuS35, 194—203. 1072
Feixgöre, G., Morceaux choisis de prosalcurs et de poetes des XV'U', XVII'',
XVI Ih' et XlXo sieclcs, ii l'usage de la dassc de troisieme, precedes d'une
inlroduclion sur les caracteres generaux de la lilleralurc lVan<,aise et ac-
conipagnes de notices et de remaripies lilleraires. Paris, Delalain freres.
8". XLVIII, 688. 4 fr. 50. 1073
Marcou, F. I.., Morceaux choisis des clas^ii|ues fran^ais des XVI'', XVII'',
XVIII'^ et XIX'^ sieclcs, ;\ l'usage des classes de troisieme, scconde et ihe-
54 Jillil.lOGKAI'IlIK 18S5. KkAN/ÖSISClI. AL'SÜAJ'.liN ETC,
l(iii(nn.-. l'ucUs. (l'iojjramiuc du 22 janvier 1885). 5>-- üdilion. i'aris, Garnier
frcrcs. 8". VII, 628. IO74
Marcou, 1'". L., Morcc-aux choisis des classiques frani^ais des XVI«, XVII*;,
XYIII« et XIX« siecles, ;\ l'usajic des clusscs de Iroisieme, seconde cl rhe-
toricjue. l'rosaleurs. Rccucil conforine au profjrammc du 22 janvier 1885.
6i' il'dilion. I'aris, Garnier freres. 8". XII, 708. 1075
Rabion, Les Fleurs de la poesie fran^aisc depuis le commencemenl du XVI«-'
sicclc jusciu'ä nos jours, avec une notice sur cbatiue pocte, l3c_edilion.
Toms, Manie et fds. 8". 383 et porlr. " 1076
Darmesteter, A. et A. Hatzfeld , Morceaux ciioisis des principaux ecri-
vains en prose et en vers du XVIc siecle, publies, d'aprcs les editions ori-
jjinales ou les editions criticjues les plus autorisees et acconipa},'nes de noles
explicatives. Ouvraj^e redige conformOment au programme des classcs de
troisieme et de seconde. 30 edition, revue et corrigee. Paris, Delagrave.
8". VII, 384. 1077
Godefroy, F., Morceaux ciioisis des prosateurs et poetes francjais des XVIIc,
XVIII»; et XIXe siecles präsentes dans l'ordre chronologique, gradues et
accompagncs de notices et de notes. Premiers cours. Spedition. Paris, Gaume.
80. XII, 347. 1078
Merlet, G., Extraits des classiques fran9ais, XVII«, XVIIIe et XIX^; siecles,
accompagncs de notes et notices. Cours moyen. Gramniaire et enseignc-
nicnt special. Premiere parlie : Prose. 50 edition, revue et corrigee. Paris,
Füuraut et fils. 8». VIII, 509. 1079
Theätre classique, contenant le Cid, Horacc, Cinna, Polyeucte, de P. Cor-
neille ; le !Misanthrope, de Moliere ; Britannicus, Esther, Athalie, de J. Ra-
cine ; Merope, de Voltaire, etc. ; des notes de tous les commentateurs, l'ana-
lyse du sujet de chaque piece, des appreciations litteraires et des notions
de recitation. X^ouvelle edition. Paris, Delagrave. 8". 702. Editions nou-
velles des classiques fran(,-ais. 1080
Truan, H., Les Grands ecrivains fran^ais, nouvelles lectures commentees en
fran(,^ais et en langues etrangeres. 46 edition des familles. Paris, Monnerat.
8». XII, 708 et grav. 1081
Faguet, E., Recueil de textes des auteurs frani^ais prescrits par le nouveau
Programme du 1 1 aoüt 1 884. Ces textes ont elc collationnes. Preparation
au brevet superieur. (Corneille, Racine, Moliere, La Fontaine, Boileau,
Montaigne, etc.^. Paris, Oudiu. 8". XI, 852. 1082
Feugere, L., Älorceaux choisis des classiques fran(,'ais, ä l'usage des classes
superieures, recueillis et annotes. Chefs-d'wuvre de prose. 27^ edition.
Paris, Delalain freres. 8". XXXII, 476. 3 fr. 25. 1083
Balland, J., Anthologie des auteurs dramatiques fran(,"ais. Tome deuxieme.
Racine. Zutphen, W. J. Thieme et Co. Bruxelles, A. N. Lebegue et Co. 1084
S. T VI 206/'.
Bernardin, N. M. , Morceaux choisis des classiques fran(,-ais du XVIII c
siecle (prosateurs et poetes), precedes d'un tableau de la litlerature fran(jaise
au XVIIIe siecle. Paris, Delagrave. 8". XLIII, 419. 2 fr. 25. 1085
S. Rcr N. S. A'AY493 {A. DelbouUe).
b) Anonyma.
Buche, H., Essai sur l'ancien contiimier de Paris aux Xllle et XI V« s.
Paris, Larose et Forcel. 8**. 137. Extrait de la Nouvelle revue historique
de droit fran^ais et etranger. 10S6
Meyer, P., Variantes ä V Etiseignernent inoral public dans la Romauia VI
35 9. In Ro XIV 128. 1087
Ii'Entree ä Ronen du roi et de la reine, Henri II et Catherine de Medicis,
d'apres la relation imprimee en 1550; prec. d'une introduction par A. Beau-
cousin. Rouen, imp. Cagniard. 4". X, 30. Publication de la Societe des
bibliophiles normands. 10S8
Meyer, P., Les premieres compilations fran^aises d'histoire ancienne. I. Les
Faits des Romains. — TL Histoire ancienne jusqu'a Cesar. In Ro XIV
I— 81, 1089
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN EiC. 55
Marguerite, La Vierge — . [F. Solei 1,] La Viergc Maigucrite subsliluee ä
la Lucine anlique. Analyse d'un poeme inedit du XV»; siecle. Suivie de
la Description du Manuscrit et de Recherches hisloriques par un Fureteur.
Paris, Vve Ad. Labitte. 8^. IV, 60 u. einem Facsimile. 1090
Miracle de Sardenai. G. Raynaud, Le Miracle de Sardenai. In Ro
XIV 82 — 93. 109t
Miracles de Nostre-Dame par personnages, publies d'apres le manuscrit
de la bibliotheque nationale, par Gaston Paris et Ulysse Robert. T. 7.
Paris, Firmin-Didot et Ce. 8". 378. Publication de la Societe des anciens
textes fran^ais. 1092
— IL Schnell, Untersuchungen über die Verfasser der Miracles de Noslre
Dame par personnages. Marburg, Elwert's Verl. 8". 74. ^I. 2. Stengel's
Ausgaben und Abhandlungen XXXIII. 1093
Miracles de St. Eloi. E. Wirtz, Lautliche Untersuchung der Miracles de
St. Eloi. Marburg, Elwert's Verl. 8". 104. M. 2.50. Stengel's Ausgaben
und Abhandlungen XXXV. 1093 a
Miroir historial. E. Langlois, Le Miroir historial, exemplaire de Pregent
de Coetivy. In Ro XIV 131. 1094
Mistere, Le, du Viel Testament, public avec introduction, notes et glossaire
jiar le Baron James de Rothschild. Tome V. Paris, Firmin Didot et
Cie. 8". CLVI, 355. Societe des anciens textes fran^ais. 1095
Mystere de l'incarnation et nativite de notre sauveur et redempteur Jesus-
Christ, represente ä Rouen en 1474; public d'apres un imprime du XV*;
siecle, avec introduction, notes et glossaire par Pierre Le Verdier. Texte.
Deuxieme journee. Rouen, imp. Cagniard. 4". 477. l'ublication de la
Societe des bibliophiles normands. 1 096
Mystere (le) de Noel d'aprös les noiils les plus celebres des XVI»;, XVIIe
et XVIIIc siccles. Lyon, impr. Pitrat aine. 8". 59. 1097
Mystere (Le) de Noel d'apres les noels les plus celebres des XVI«, XVII c
et XVIII «J siecles. Saint-Etienne, imp. Thcolier et Cc. 8". 72. 1098
Le Mystere de sant Anthoni de Viennes public d'apres une copie de l'au
1503 par l'abbe P. Guillaume. Paris, Maisonneuve. 8". CXX, 224. 1099
Pais aus Englois. G. Raynaud, Nouvelle charte de la Pais aus Engh>is
(1299). In Ro XIV 279. 1100
Poeme moralise sur les proprietes des choses, public par G. Raynaud. In
In Ro XIV 442 — 484. iioi
c) Folk-Lore.
Scheffler, Wilh., Die französische Volksdichtung und Sage. Ein Beilrag z.
Geistes- u. Sittengeschichte Frankreichs. 2 Bde. Leipzig, Elischcr. 1884
u. 85. 8". XIV, 332; VIII. 296. M. 18. 1102
6". ZnSpr VII, // 191 (Ä'. Bartsch). ZC 1885. 313.- 1520. DL 1885,
1485 {F. Bischoff).
Ey, A., Das französische Volkslied. In G XXVII 52 iV. 1103
Boiiilly, J. N., Contes populaires. Nouvelle Edition. Limogcs, E. Ardani et C»^^.
8'\ 179. 1104
Briinetiere, F., Les Cafes-Concerls et la Chanson franij'aisc. In Rddm LXXI
693 — 704. 1105
liliomiue, C, Les Chants nationaux de la France ; Poeles et musicicns de la
Revolution. Nouvelle edilion. In 8", 316 p. avec 11 grav. et 4 morceaux
de musiijuc. Paris, Librairie centrale des publications po|nd. 3^.50. iioO
Contes fran9ais recueillis par E.-IL Carnoy. Paris, Lcroux. 8". XI, 312.
Fr. 5. Colkction ile Contes et chansons poi>ul. VIII. 1107
Recueil de Proverbes fran{,'ais. Auswahl französischer Sprichwörter mit
deutscher Über!.cl/.ung u. lükl.'irung von C. C. Fleuriol. Breslau, Schlcl-
ter'sche Buchhdlg. 8". IX, 39. M. I. i lü8
:>. /'Vy 77/ 95 (A. Kiissiu-r). LC \88b. 1(194 (A'//.).
56 llllil.KHiKArilll'; 1H85. I-'KAN/Ö.SISCII. AUSGAUKN KIC.
ChapuiB, 1'-., Kccits cl lc},'eii(lcs de l-ianche-C^Dnitc (I.cs Tanl- Venus ; Ic
Jiaron <lc Crcvcci cur: le Mur^cr niaudil; la Koiulc des morls; Esther d'Ai-
},'reiii()nt etc.) Sairil-(Jlauilc, Ve I'".iiard. .S". y)]. Kr, 2. 1 lu'j
Chants populaires de la llaiitc-15rcta;,'nc, rccucillis jiar ITn Cnierandais de
i.So'), liahitaiil Savcnay tlc|niis cin(|uaiite ans. Savenay, Allair. 8". 64. i 1 lu
öcbillot, i'., i'clilcb Icjjendcs clHcücimcs de la llaule-15rcta{,'ne. Paris, Le-
YOUX. 8". 22. 1 1 1 1
Ceresole, A., Ld-gendes des Alpes Vaudoises. lUustrations de E. Burnanü.
Lausanne, A. Inicr. 4". 380. Fr. 15. iir2
Stengel, E., Ein französisches Volkslied aus der Gej^end von l'eronne. In
ZiiSpr, Suppl. III. 1 1 13
d) Einzelne Autoren und Werke nebst Erläuterunj^sschriflen.
Adam de la Halle. L.Bahlsen, Adam de la Jlale's Dramen und das
,.Jus du pelerin". Marburg, Elwcrt's Vcrlaj;. 8". 230. M. 5.40. Stcn},'ers
>\us},'abcn u. Aldiandlungcn XXVII. II 14
S. FG II 327 {A. Kressner).
Adgar's Maricnlcgenden nach der Londoner Handschrift Ejjerlon 612 zum
ersten Mal vollständij^ herausgegeben von K. Neuhaus. Ileilbronn, Ilen-
ningcr 1886. 8". XVI, XLVIII, 259. M. 8. Altfranz. Biblioth. IX. 11 15
.S\ DL 1886, 958 {E. Weber). LgrP X'^ib, 10^ fj., 164 {A. Muss,i/iu). Ro
1886, 160. Zog 1886, 758 {A. Mussafia).
— K. Neuhaus, Die lateinischen Vorlagen zu den altfranzosischen Adgar'
sehen Marien-Legenden zum ersten Male gesammelt u. herausgegeben von
K. N. I.Heft. Aschersleben, Druck von IL C. Bestehorn. 8". 28. 1115a
Aiol. IL Barth, Charakteristik der Personen in der altfranzosischen Chan-
son d'Aiol mit Zusammenstellung der Epitheta ornantia. Züricher Diss.
Stuttgart, Druck von A. Bonz' Erben. 8". 79. 11 16
Alexandre du Pont. R. Peters, Der Roman de Mahomet von Alexandre
du Pont, eine sprachliche Untersuchung. Diss. d. Univ. Erlangen. Ganders-
heim, Druck v. C. F. Hertel. 8". IV, 82. 11 17
S. FG III 221 {A. Mager). Ro 1886, 159.
Alexis, S. La Vie de saint Alexis, poeme du XI« siecle. Te.\te critique,
public par Gaston Paris. Paris, Vieweg. 8". VIII, 28. M, 1.50. 11 18
S. LC 1885, 120 {W. F.). DL 1885, 1240 {E. Kosclmnlz).
— Das Leben des heiligen Alexis. Mit Beifügung des altfranzösischen Ori-
ginals (aus dem 11. Jahrh.), nach der Ausgabe von Gaston Paris, übersetzt
von Theod. Vatke. In AnS LXXIII 290 — 324. 11 19
Ambi'oise. A. Tobler, Ex Ambrosii carminc de Ricardi I itincre sacro. In
MG XXVII 532— 546. II 20
Amerval, E. d', La Grande diablerie, poeme du XV« siecle. lUustrations
par MM. P. Avril, aquafortiste, G. Fraipont, dessinateur, Rousseau et
Gillot, graveurs, sous la dircction de M. Georges llurtrel. In 8", 2l6p.
avec vign. en couleur et frontispice ä l'eau-forte. Paris, impr. Mouillot;
G. llurtrel, 35, rue d'Assas. I12I
Amis und Amiles. P. Schwieger, Die Sage von Amis u. Amiles. Progr-
des Friedr.-Wilh. Gymn. zu Berlin. 4". 38. 1122
S. RoXIVix'i. FG II2-J2 {A. ICress/ier).
Bemerkungen zu Amis und Amiles. In ZrP IX 419 — 425. 1123
Andre de Coutanees s. u. Chretien No. 1185. 1123a
Anseis. K. Harff, ,,Anseis de Mes". Progr. d. höh. Bürgersch. zu Er-
furt. 4«. 1 1 24
— E. Langlois, Un nouveau manuscrit de la chanson d'Anse'is, fds de Ger-
bert. In Ro XIV 421 —432. 1125
Anseis von Carthago. Siehe W. Meyer, Franko-italienische Studien I.
No. 1506. 1 125a
Archevesque. Les Dits de Ilue Archevesque, trouvere normand du XIII c
siecle, publids avec introduction, notes et glossaire par A. Heron. Ronen,
Cagniard. 8". XXIX, 81. I12O
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH, AUSGABEN ETC. 57
Artus. A. Kadler, Sprichwörter und Sentenzen der altfranzösischen Arlus-
und Abenteuerromane. Marb. Diss. Marburg. 8". 42. Aus : Ausg. u. Abh.
a. d. Geb. d. rom. Phil. II 27
Aubigne. J. Levallois, Agrippa d'Aubignc. Les Tragiques (Miseres). In
Ip 1885, 504 ff.; 517 ff.; 643 ff. 1128
Aumeric. La Passion Sainte Catherine, poeme du XIII^; siecle en dialecte
poilevin, par Aumeric, moine du Mont-Saint-Michel. Publie pour la pre-
miere fois d'apres le manuscrit de la bibliotheque de Tours par F. Talbert.
Paris, Thorin. 4". 37. Te.xtes vieux fran9ais II. I129
S. LgrP VI 502/: (A. Tobler).
Aye d'Avignon. R. Oesten, Die Verfasser der altfranzösischen Chanson
de geste Aye d'Avignon. Marburg, Ehvert's Verlag. 8". 51, M. 1.20.
Slengel's Ausgaben u. Abhandlungen XXXII. 11 30
Baif, I. A., CEuvres en rime de lan Antoine de Baif, secretaire de la chanibre
du roy. Avec une notice biographique et des notes par Ch. Marty-La-
veaux. 2 vol. Paris, Lemerre. 8". VIII, 423; 481. I131
Bai'laam et Josaphat. H. Zotenberg, Le livre de Barlaam et Josaphat.
In Ja 8. ser. V No. 3. 11 32
Barthelemy, J. J., Voyage du jeune Anacharsis en Grece. Edition revue pour
la jeunesse, par F. de l'Ecluse. Limoges, E. Ardant et Ce. 8". 240. I133
Benoit de Ste.-More. W. Greif, Die mittelalterlichen Bearbeitungen der
Trojanersage, ein neuer Beitrag zur Dares- und Dictysfrage. I. Benoit de
Sainte-More. Marb. Diss. Marburg. 8". 57. Aus: Ausg. u. Abh. a. d.
Geb. d. rom. Phil. i'34
Bereau. Poesies de Jacques Bereau, poete Poilevin du XVIc siecle. Pu-
blices par Rene Guyet et Ilovyn de Trane h eres. Paris, lib. des biblio-
j)hiles. 8". Fr. II. Cabinet du Bibliophile No. XXXIII. 1135
Bernart, Saint, li sermon. Aelteste franz. Uebersetzg. der lat. Predigton Bern-
hards v. Clarivaux, nach der Feuillantiner Handschrift in Paris zum ersten
Mal vollständig hrsg. v. Wendelin Foerster. Erlangen, Deichert. 8^ XVI,
192. M. 6. RF II 1^210. 1136
S. Rcr N. S. XXI II2 (Z. Cledat). LC 1885, 1073 {Sgt.). DL 1S85,
1044 U^- Schwan). BbG 1886, 577 {Wolpert).
— Cledat, La fle.xion dans la traduction fran(,-aise des sermons de sainl Ber-
nard. (AdL II3 243 — 83). Paris, Lcroux. 1137
Beronzieres. A. Kressner, Mitteilungen aus Handschriften I. (Briefe des
Abbe ßeron/.ieres au einen hessischen Landgrafen, a. d. J. 1753 ~' 755 »'her
die neuesten litteravisclun Frsclieinungcn). In FG II 310—327. 1138
Berta e Milone; Orlandino, poemes franco-italiens i)ublies par A. Mus-
safia. In Ro XIV 177 — 206. 1139
Bertrand de Bai'-sur-Aube. A. Kunze, Das Formelhafte in Girart de
Viane verglichen mit dem Formelhaften im Rolandsliede. Diss. Halle a,'S.,
Ploelz'sche Biichdr. (R. Nietschmaiin). 8". 53. II40
Bodel. F. II ei t heck er, Jean Bodel's ,,Jeu de Saint Nicolas". Ein Beitrag
zur Geschichte des altfranz. Dramas. Diss. der Akad. zu Münder i. W.
Münster, F. C. Brunn'sche Buchdr. 8". 67. II4I
Boileau-DesiircailX. CEuvres poeliques de Boileau-I)e>i)reaux. Piecedees
il'uue notice biographique par E. Du Chatenel. Limoges, E. Ardant et Ci' .
8». 236. 1142
— (l'Juvres poeli<iues ile Boileau. Precedees d'uiic notice l)iographique et
litleraire, et accompagnees de nolcs, par E. Geru/.ez. raii>, ILiihelle
et C>;. 8". XXXV, 313. i fr. 50. 1143
— Art poelique. I'ublie avec des notes par E. Geruzez. l'aris, Hachelle
et Cl'. 8". 63. 40 Cent. Classiques fran^ais. 1144
— - l'art poetiiiuc. Für den Schulgebrauch erklärt v. E. O. Lubarsch. Leipzig,
Teubner. 8". VII, 87. M. f. 1145
X. /.nSpr VII, //293/". (JV. A'/ioiuA). /«"(/// 23S (./. AVo,s//./V
Bossuet. CEuvres choisies. Premiere partie: I'.ducation du dauphiii. I.
CEuvres philosophiipies. (Vie abregee ; Connaissance de Dieu et de soi-
58 iiii'.lio(;kai'1iik 18H5. IKAN/ÖSISCH. ADSGAHÜN EIC.
mf im, ; l,o}^i<iiic ; Trailc des causcs; Lilirc arl)itrc : Kxlraits d'Arislulu, clc).
lulle, Ma/.eyrie. 8". 454 et portr. 114O
BoBBUot. Oraisons funebres. Nouvelle edilicni, siiivanl le texte de l'edilion
de Versailles. Tours, Cattier. 8". 437. ''47
— Oraisons funebres. Nouvelle edition , revue sur Celle de 1(189, ^vec une
introduclion, <lcs notes philoloj,'i(]ucs, lustori(|ues et litleraires, el un choix
de docunienls liistori(|ucs, jiar ]'. Jac (juin e t. Sainl-(J!oud, inip. V'' JJelin
et llls. Taris, libr. Vc Bclin et lils. 8". XXII, 559. 1148
Oraisons funebres. I-.dition classitjue, jirecedee d'une nolice litteraire par
iM. l'abbe J. Marti n. 2'' d-dilion. l'aris, Poussielj^'ue freres. 8". VI, 257. 1149
— Oraisons funebres. Edition classique, precedee d'un cssai hislorique sur
l'oraison funebrc , accouipa^'nöe de nolices hisloriques , de tableaux analy-
tiques, du plan de cliaque discours, de notcs littd-raires et {jraniniaticalcs, et
suivie d'un vocabulairc des mols et locutions les plus reniarquables, par G.
de Monti^ny. 41' edition. Paris, Garnier freres. 8". XXXI, 357. 1150
— Oraison funebre de Louis de Bourbon, prince de Conde. Paris, Delalain
freres. 8". 40. 25 cent. Collection des auteurs fran^-ais. ''50a
— de Bausset, Bossuet: Oraison funebre de la duchesse d'Orleans. In Ip
1885, 561 iL 1151
— Choix de sennons de la jeunesse. Edition crilique donniie d'apres les
nianuscrits de la bibliothcque nationale, avec les variantes du texte, des
fac-similes de l'dcriture, des notices, des notes, et classee pour la preniiere
fois dans l'ordre des dates, par E. Gandar. 40 edition. Paris, IIb. l'errin,
8". XXIV, 544. 4 fr. 1152
— Sermons choisis. Texte revu sur les manuscrits de la bibliotheque natio-
nale, public avec une introduclion, des notices, des notes el un choix de
variantes par Alfred Rebe 1 Hau. Paris, Hachclte et C«. 8". XVIII, 522,
3 fr. Classiques franc^ais. ''53
— Sermones. Contiene los mäs selectos y escogidos, precedidos de una no-
licia biogrätica. Segunda ediciön. Madrid, Libr. de L. Lopez. 4". VIII,
656. 24 y 28. II 54
- M. Philibert, Bossuet. — Sermon sur la Morl. In Ip 1885, 223 ff. ;
261 ft". 1155
— Discours sur l'hisloire universelle. Lille, lib. de la Sociele de Sainl-Au-
guslin. 8". XI, 466. Bibliolheque des familles, Collection des grands
classiques fran^-ais. — Chaque volume, 4 fr. "56
- Discours sur l'hisloire universelle. Public avec une introduclion et des
notes par Armand Gaste. T. 1«. Paris, Lib. des bibliophiles. 8". XV,
312. 3 fr. Nouvelle bibliolheque classique des edilions Jouausl. ''57
— Discours sur rhistoire universelle. Nouvelle edition, d'apres les mcilleurs
textes , avec une preface et des notes philologiques, litleraires, hisloriques,
par P. Jacquinet. Paris, V« Belin el fils. 8". 574. 1158
— Discours sur l'hisloire universelle. Edition classique, accompagnee de
notes et de remarques par E. Lefranc. 30 parlie : les Empires. Paris, De-
lalain freres. 8°. 377 ä 484. 57 cent. 1159
— Elcvalions h Dieu sur tous les mysleres de la religion chretienne. Nou-
velle edition, revue sur les manuscrits originaux et les edilions les plus cor-
rectes. Tours, Cattier. 8". 496. Wohl = 1160
— Elcvalions ä Dieu sur tous les mysleres de la religion chretienne. Nou-
velle edition , revue sur les manuscrits originaux et les edilions les plus
correcles. Tours, Gallier. 8". 493. 1161
— Le(^ons praliques de psychologie et de logique ; regles pour raisonner juste
Ol nolions sur les facultes de l'esprit humain; ouvrage lire lextuellement de
la Logique et de la Connaissance de Dieu el de soi-m^me. 2e edition, revue
et corrigee. Paris, Sarlit et C«. 8". 96. 1162
— II. Lasserre, Les manuscrits et les correclions de Bossuet. In Rdmc
4. ser. II 257—271. II 63
Bourdalovie, Sermons choisis. Edition nouvelle, avec une introduclion, des
nolices et des notes, par M. Ad. Ilatzfeld. Paris, Delagrave. 8". XXXIX,
373- ^'^4
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 59
Brandan, S. K. Brekke, Etüde sur la llexion dans le voyage de S. Bran-
dan. Paris, Vieweg. 8". 75. 1165
S. ZrP/A' 158 (6". Gröber). LgrP F/ 370 {J. Vising).
— AV. Hammer, Die Sprache der anglonormannischen Brandanlegende. In
ZrP IX 75 — 115. Sep.-Abdr. als Diss. d. Univ. Halle. 11 66
Bregi. Die Lieder des Hugues de Bregi. Rostocker Diss. v. K. Enge Icke.
Braunschweig, Druck von G. Westermann. 8". 34. 1167
Buflfon, CEuvres completes. Nouvelle edition, annotee et precedce d'une in-
troduction sur Buflfon et sur les progres des sciences naturelles depuis son
epoquc, par J. L. de Lanessan, suivie de la Correspondance generale de
Buflbn, recueillie et annotee par M. Nadault de Buffon. Ouvrage illustre
de 160 planches gravees sur acier et coloriees ä la main, et de 8 portraits
graves sur acier. T. I2: Table analytique generale. Paris, Le Vasseur. 8"
ä 2 col. 368. I168
— T. 13 et 14. Correspondance. I et II. 2 vol. T. 13: XX, 463; t. 14:
439 p. avec grav. et portraits. Pari'S, Le Vasseur. 8". 11 69
— Älorceaux choisis du recueil de ce que ses ecrits ont de plus parfait sous
le rapport du style et de l'eloquence. Bremen, Heinsius. 8". 204. M. I.
Supplement [notes explicatives] V, 48. M. 0.60. 11 70
— ;Morccaux choisis, nouveau recueil, suivi de morceaux choisis de Gueneau
de Montbeillard, avec des notes litteraires, philologiques et scientiliques,
par M. Hemardinquer. Nouvelle edition. Paris, Delagrave. 8". XX,
340. 1171
— Discours sur le style. Public avec une notice et des notes par Un agregc
des classes superieures des lettres. Paris, Hachette et Ce. 8". 31. 30
cent. Classiques fran^ais. 11 72
— Discours sur le style, prononce ä l'Academie francaise par M. de Buftoii,
le jour de sa reception. Precede d'une notice historique, des jugements
de MM. Villemain, D. Nisard, Damas-Hinard, et accompagne de
notes litteraires, par M. Noel. Paris, V« Belin et tils. 8^'. 28. 1173
— Plistoire naturelle extraite de Button et Lacepede, etc. Tours, Marne et
iils. 80. 368 avec grav. Bibliotheque des familles et des maisons d'cdu-
cation. Ji74
— Histoire du cheval. Precedee de la biographie de l'auteur. Limoges,
M. Barbou et Ce. 8". 125 avec vignette. 11 75
Catherine de Medicis, Lettres. Publiees par M. le comteHector de La
Ferrierc. T. 2. Introduction. Paris, impr. nationale. 4". CXVI. 1176
— Lettres. Publiees par M. le comte Hector de La Ferriere. T. 2.
(1563 — 1566). Paris, lib. Hachette et Ce. 4". CXII, 506. Colleclion de
documcnts iniidits sur l'histoire de France, publics par les soins du ministre
de Tinstruction publicjue. 1170a
Chasteuil-Qallaup, Pierre de, Deux lettres inöditcs publ. par C. Chaba-
neau. In Rdlr 3. scr. XIV, 259—282. 1177
Chateaubriand. Atala; Rene; le Dernicr Abencerage: les Xatchc/;. Nou-
velle edition , revue avec soin sur les editions originales, l'aris, Garnier
frercs. 8". 516. II 78
— Werke. I. Bd. Atala. Rene. Der Letzte der Abcnccrragcn. Ucbers. u.
m. e. Einleitg. verschen v. St. Born. Stuttgart, Spemann. 8". 204. M. l.
Collection Spemann 219. Bd. 1179
— Le Genie du christianisme. Tours, Manie et Iils. 8". 368 et grav. 1180
— El Genie del crislianismo. Version castcUana de Miguel de Toro y
Gömez. 2 vol. Paris, Garnier frercs. 8". XI, 494: \Ui. iiSl
— Les Martyrs, ou le Triomphc de la religion chretienne. Limoges, E. Ar-
daiit et C". 8». 244. II 82
Chevaliers as devs espees. W. Schulze Vellrup, Der syntaktische Gc-
braucli des KonjunUlivs in ,,I,i Chevaliers as devs espees". Ein Beilrag /..
Mudii>klHc lies AlllV.iii/.ösischcn. Diss. der Akad. /.u Münster i. W. Mün-
ster, Tiicissing'sche Buclulr. 102. 11S3
Choysnet, Pierre (ou ("hoinet). A. llellot, Elude critique sur les sourccs
du Rosicr des gucrrcs. In Ivevue histor. XXIX 75^81. II84
()() lill'.MOCKArillK 1HH5. KKANZOSISCH. AUSGAHEN ETC.
Chretien cl Andre de Coutances, Trois vcrsions rimees de rKvaiif^ilc de
Nicodcme par Chretien, Andre de Coulanccs et Anonyme, publiees d'aprtv»
Ics manuscrits de Florence et de Londres par G. l'aris & A. Bos. l'aris,
I'irmin Didol. 8". L, 245. Socicte des anciens lextcs fran<;ais. it85
Chrötien Legouais. G. I*., Chretien Lcjjouais et autrcs traductcurs ou imi-
tatcurs d'Ovide. In 1 IldF XXIX 455— 525. ir86
Chretien de Troyea. II. Doerks, Haus u. Hof in den Kpcn des Crestien
von Troies. Greifswaldcr Diss. Grcifswald, Druck v. J. Abel. 8". 59. 1187
— K. Krick, Lcs donndes sur la vie sociale et privee des Fran^ais au
XII" siecle contenues dans les ronians de Chreslien de Troyes. Progr.-
Beil. des Gymn. zu Kreuznach. 8". 37. 1188
— M. Roitzsch, Das Particip hei Chrestien. Inaug.-Diss. Leipzig, Fock.
8". 104. M. 1.60. . II 89
— P. Steinb|ach, Ueber den Einilufs des Crestien de Troies auf die all-
englische Literatur. Leipz. Diss. Leipzig, Druck von Metzger & Wittig.
8". 50. H90
Comines. Dumeril, Comines et ses nicmoires. In AdB 1885 No. 3. 1191
Condillac, Traite des sensalions. Premiere partie, publice d'aprcs l'cdition
de 1798, auf^mcntOe de rcxlrail raisonne des variantes de l'cdition de 1754,
de notes historiques et explicatives, d'une introduclion et d'eclaircissements,
pav F. Picavet. Paris, Delagrave. 8". CXXXII, 164. 1192
Corneille, P., ffiuvres. Nouvelle edition, revue sur les plus ancienncs im-
pressions et les autographes , et augmentee de niorceaux inedits , des va-
riantes , de notices , de notes , d'un lexique des mots et locutions remar-
quables , d'un portrait, d'un fac-simile, etc., par M. Ch. Marty-Laveaux.
T. 3. Paris, Hachette et C«. 8". 576. 7 fr. 50. Les Grands ecrivains de
la France, nouvelles editions publiees sous la direction de M. Ad. Regnier,
de l'Institut. 11 93
— ffiuvres choisies. Collationnees sur l'edition des Grands ecrivains de la
France par Henri Regnier. 2« edition, Paris, Hachette et Ce. 8". 391
avec grav. et portr. 3 fr. 11 93a
— Chefs-d'ciüuvre, prccedes d'une notice sur l'autcur. Nouvelle edition. Li-
moges, E. Ardant et C« . 8". VIII, 232. 1194
— Theatre. Texte de 1682, avec notice et notes par Alphonse Paul y. T. 6.
Paris, Lemerre. 8». 457. 5 fr. 1195
— Theätre choisi : premiere partie, contenant le Cid, Ilorace, Cinna, Polyeucle,
avec notes, analyses, appreciations et questionnaires, par le P. A. Sengler.
Edition classique, conforme au nouveau programme, ä l'usage des candidats
au baccalaureat es lettres, aux brevets de capacitc et au diplöme d'etudes
de l'cnseignement secondaire classique et special. Lille, Lefort ; Paris,
nieme maison. 8". VI, 487. 1196
— Le Cid, tragedie de Corneille. Annotee par E. Ger uze z. Paris, Hachette
et Ce. 8". 131. 40 Cent. 1197
— Corneille ; l'Edition originale du Cid de Corneille ; par M***. Le Mans,
imprimerie Monnoyer. 4". 8. I198
— Horace, Tragedie en 5 actes et en vers. 5. ed. Berlin, Friedberg & Mode.
80. 89. M. 0.30. Theatre fran^ais No. 16. 1199
— Horace, tragedie. Nouvelle edition classique, accompagnee d'une analyse
de la piece, de notes, d'appreciations et de criliqucs litteraires par M. l'abbe
Figuiere. 2«^ edition. Paris, Poussielgue freres. 8«. 80. Representee
pour la premiere fois au commencement de 1640, publice en janvier 1641.
Alliance des maisons d'education chretienne. 1200
— Horace, tragedie; pur Pierre Corneille. Accompagnee de notes par E. Ge-
ruze z. Paris, Hachette et Ce. 8". 103. 40 cent. 1201
— rimitation de Jesus-Christ, traduite en vers fran^ais par Pierre Corneille.
In 4", XXXVIII, 626 pages avec 4 planches, dont 3 en Chromolithographie.
Petes de pages, lettriues et encadrements en couleur. Lille, imp. Desclcc,
De Brouwer et C'-; Societc de Saint-Augustin. Edition sur papier de Hol-
lande, h 100 exemplaires num^rotes, 75 fr.; sur papier leinte, 30 fr. 1202
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 61
Corneille, P., Nicomede, tragedie. Texte revu sur la derniere edition donnee
par le poete (1682) et public avec une introduction, les notes les plus im-
portantes des precedents commentateurs et de nouvelles notes philologiques
et litteraires, par Armand Gaste. Paris, V^ Belin et fils. 8". 136. 1203
Nicomede. Mit litterarhistorischer Einleitung und Kommentar für den
Schulgebrauch. Herausgeg. von Th. Weischer. Leipzig, A. Neumann's
Verlag, Fr. Lucas. 8». XIII, 104. M. 1.20. 1204
S. ZnSpr VII, II 2% ff. {W. Knörich). BbG 1886, 77.
Polyeucte. Tragedie en 5 actes et en vers. 3. ed. Berlin, Friedberg &
Mode. 8". 94. M. 0.30. Theätre fran9ais No. 67. 1 205
Polyeucte, tragedie. Accompagne de notes par E. Ger uze z. Paris,
Hachette et Cf. 8". 108. 40 cent. 1206
— Polyeucte, tragedie. Nouvelle edition, avec notes historiques, grammati-
cales et litteraires, precedee d'appreciations litteraires et analytiques em-
pruntees aux meilleurs critiques , par M. Gidel. Paris, V^ Belin et fils.
8«. 100. .'207
Pompee, tragedie. Edition nouvelle ä l'usage des classes, avec une intro-
duction, des eclaircissements et des notes par Felix Hemon. Paris, Dela-
grave. 8". 171. Classiques fran9ais. 1208
W.Ricken, Untersuchungen über die metrische Technik Corneille's und
ihr Verhältniss zu den Regeln der französischen Verskunst. I. Teil. Silben-
7ählung und Hiatus. Berlin, Weidmann. 8". 67. M. 2.60. 1209
S. ZnSpr VII. II 235 jf. {P. Gröbedinkel). FG II 131 {A. Kressner).
Rcr N. S. XXIIIS9 {'^h. J.). DL 1885, 1008 {E. Koschwitz).
Schmid, Anmerkungen zu Corneille's Cinna. Grimma, Gensei. 4". 37.
M. I. '2IO
— E. U hie mann, Zu Corneille. In ZnSpr VII, II 89. 12II
— et T., CEuvres completes de P. Corneille. Suivies des CEuvres choisies de
Thomas Corneille. T. i. Paris, Hachette et Ce . 8". XII, 439. i fr. 25.
Les principaux ecrivains fran9ais. '2' 2
Crebillon, J. de, Theätre complet. Nouvelle edition, precedee d'une notice
par M. Auguste Vi tu. LXXII, 437 pages et 4 dessins en coulcur par
Allouard. Paris, Laplace, Sanchez et Ce. 8". 3 fr. 50. 1213
Cuvier. Kr. Nyrop, Encore la farce du Cuvier. In Ro XIV 136. Siehe
Bildiogr. 1882 No. 952. »214
Descartes. Discours de la methode: par Descartes. Nouvelle edition, jni-
bliöe avec une introduction et des notes par T. V. Charpentier. Paris,
Hachette et C«. 8". 137. i fr. 50. Classiques fran^ais. 1215
— Discours de la methode; par Descartes. Avec introduction et notes par
Alfred Fouillee. 2e Edition. Paris, V'' Belin et fils. 8«. LXXVI, 79. 121O
— Principes de la philosophie. Premiere partie, publiee avec une preface et
une table de Descartes, une introduction et des notes par T.V. Char-
pentier. Paris, Hachette et Co. 8«. 179. I fr. 50. Class. fran^. 1217
— Les Principes de la philosophie. Livre premier. Edition classiquc, col-
lationnee sur l'ödition de M.Cousin, accompagnee de notes historicjues et
philosophiqucs, precedee d'une analyse du livre premier et d'une introduc-
tion renfermant un exposc critique de la doctrinc de Descartes, par M. l'abbc
Drioux. Paris, Poussiclgue freies. 8". 144. I2l8
— Les Principes de la philosophie. Premiere partie. Traduclion fran(,-aise
de Picot, approuvee par l'auteur. Edition avec introduction et apprc-
ciations philosophiqucs et critiques parll. Joly. Paris, Delalain fracs. 8".
IX, 68. '-"»
— Les Principes de la philosophie. Premiere partie, avec une introduction,
des notes et un commentaire par Louis Liard. Paris, Delagiave. 8".
XVII, 148. '-.-^'
— Meditacioncs metafisicas; versiön espanola de Antonio Zo/. aya. Mathid,
Tmpr. .le Manuel Minuesa. 8". 160. 2. Bibl. lilosöfica, vol. 22. i22oa
Deaclianips. E. Picot, Note sur quelques b.illades d'Eustachc Deschanips
anriennement impiimccs. In Ro XIV 280 11. 1221
6.? r.ii'.r.iooKAi'Hii', 1HS5. fkanzösiscif. aushahrn f.tc.
Diderot. I,:i Kelij^icnsc ; Madame de La Carliere; los I>eiix aniis de Boiir-
honne. Avxc iine i)rcfacc cl des notcs jiar L. Asseline et A. Lefevre,
et iine introduclion par Yves (iuyol. I'aris, (^harpcnlicr cl 0 . 8".
XXXVI, 20.:;. 3 fr. -tO. l{il)liolhe(|iie Cüiarpenticr. 1223
— Jactpies Ic l'alalisle cl son maUre. Avec iine pri'face cl des noles par
I^iiis Asseline el Andre I-erdvrc. I'aris, rhai|)cntier cl O. 8". 34!;.
3 fr. 50. Hil)l. Cliarp. 1223
— K, Kilian, Diderols dramalisclie Fragmente. In Zeitschr. f. allfjem. Oc-
schiclile II 385 — 400. 1224
— M. Tourneu X, Lcs Manuscrits de Diderot conscrves en Russic, cataloguc
drcssc par M. T. I'aris, imp. nationale. 8". 40. Kxlrnil des Archivcs des
niissions scientirupies et litleraires, 3c scrie, t. 12. 1225
Du Corn, Lai — . 1'. Richter, Vcrsucli einer Dialeklhcslimmunf; des Lai flu
('oni <ind des Kahliau <lu niantcl mautaillie. Diss. Marl)iir{;, l'Jwert's V^erl.
8". 44. M. 1.20. Stengel's Ausgaben u. Abhandlungen XXXVIII. 1226
Estienne, IL, Dcux dialogues du nouvcau Langage francjais italianizu ou
autrement dcsguizc, principalcmcnt enlre lcs courtisans de ce temps, avec
inlroduction et notcs, par P. Ristclhubcr. Paris, A. Lemerre. 2 vol. 8".
XXXI, 378; 337. 1227
S. Gsli VII 276.
ifctienne de Fougeres. J. Kremer, Rimarium und darauf basirtc Gram-
matik von Estienne von Fougicrcs' I^ivre des Manicrcs. Marb. Diss. Mar-
burg, Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 79. Ausg. u. Abh. a. d. Geb. <i.
rom. Phil. Heft XXXIX. 1228
Bude de Cherrington. P. Meyer, Notice d'un Ms. de la bibliotheque
Phillipps contenant une ancienne Version fran^aise des fables d'Eude de
Cherrington (ou Cheriton). In Ro XIV 381 — 397. 1229
Evangile de Nicodeme s. u. Chretien No. 1189. 1229a
Fanuel, Saint. ,,Le romanz de Saint Fanuel et de Sainte Anne et de Nostre
Dame et de Nostre Segnor et de ses apostres" publ. par C. Chabaneau.
In Rdlr 3. s^r. XIV, Il8— 123; 157—258. 1230
Fenelon, CEuvres choisies. Dialogues sur l'eloquence. Memoire sur les
occupations de l'Academie fran9aise. De l'education des filles. Recueil de
fables. Opuscules divers. Dialogues des morts. Preced^s d'une notice par
le cardinal de Bausset. Nouv. ed., revue d'apres les meilleurs textes.
Paris, Garnier freres. 8". XXXV, 456. Fr. 3. 1231
— Morceaux choisis, nouveau recueil avec des notes grammaticales litleraires,
historiques et mythologiques par M. J. Didier. Paris, Delagrave. 8".
XXII, 557. 1232
— Les Aventures de Telemaque, suivies des Aventures d'AristOnoüs, avec
notes historiques, mythologiques et geographiques. Edition classique. Tours,
Mame et fils. 8". 399. 1233
— Les Aventures de Telemaque, suivies des Aventures d'Aristonoüs. Nouv.
Edition , collationnee sur les meilleurs textes , avec des notes historiques,
litleraires et grammaticales, des appreciations litleraires a la fin de chaque
livre et les passages des auteurs anciens traduits ou imites dans l'ouvrage,
par M. Colin camp. Paris, Delagrave. 8". VIII, 471. Class. fran^. 1234
— Aventures de Telemaque , suivies des Aventures d'Aristonoüs. Nouvelle
edition, avec notes historiques, mythologiques, geographiques, etc., les pas-
sages des auteurs anciens traduits ou imites par Fenelon el des observalions
generales sur chaque livre, par M. A. Mazure. Paris, V«" Belin et fils. 8".
432- .. 1-35
— Aventures de Telemaque. Suivies des Aventures des d'Aristonoüs, et
contenant des notes historiques, mythologiques, geographiques, philologiques
et litleraires, les passages des auteurs anciens traduits ou imites par Fene-
lon, el des observalions gencrales sur chaque livre, par M.A. Mazure.
Nouvelle edition i\ l'usage des Colleges, des petits scminaires et des .-lutres
Etablissements d'instruclion publique. Paris, Ve Belin et fils. 8". 424. 1236
P.IRLIOGRAPHIF, 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 63
Fenelon. Les Aventures de Telcmaquc. In 8", 360 p. avec les illustrations
fac-similc* de Monniot, edition in-folio faite a rimprimerie de Monsieur
en 1785. Paris, Delagrave. 1237
- Premier livre du Telemaque (Traduction littcrale cn allemand). Paris, De-
lagrave. 8". 47. 1238
— Dialogues des morts. Suivis de quelques dialorjues de Boileau, Fontenellc,
d'Alembert, avec une introduction et des notes par B. Jullien. Paris,
Hachette et Ce. 8". XVI, 351. i fr. 60. Nouvellcs editions classiques
puhliees avec des notes historiques et litteraires. 1239
— Education des fdles. Precödü d'une introduction, par Oct. Greard.
LXXXVI, 163 pages et frontispice grave par Lalauze. Paris, IJbr. des
bibliophiles. 8". 7 fr. 50. 1240
S. y<A9l885, 709/: (67/. Uvt-que).
— Geistliche Schriften. Geordnet und durchgesehen v. Aug. Arndt. I. Bd.:
Glaube d. Christen. 2. AuH. Mit dem (Stahlst.-) Bildnisse d. Erzbischofes
Fenelon. Regensburg, Manz. 8". XXVIII, 409. M. 3.60. 1241
— Lettre a l'Academie franc^aise. Edition classiquc, accompagnee de remarques
et notes litteraires, pliilologiques et historiques, et precedee d'une intro-
duction biographique par N. A. Dubois. Paris, Delalain freres. 8". VIII,
92. 80 cent. 1242
Fierabras. W.List, Fierabras-Bruchstück. In ZrP 136 — 138. 1243
riechier. Mademoiselle de Combes. Nouvelle tiree des Memoires sur les
Grands jours d'Auvergne. Avec une notice par J. Sigaux. Paris, Libr.
des bibliophiles. 8". XXIII, 87. 3 fr. Les Petits chefs-d'oeuvre. 1244
Floovant. K. Hofmann, Zu Floovant. In RF II 358. 1245
Florian. Fables, precödees d'une etude sur la fable, suivies de Ruth et de
Tobie. Accompagnees de notes par E. Ger uze z. Paris, Hachette et C«.
8". XV, 144 p. avec vign. 75 cent. Nouvelle collection de class. 1246
Froissart, J., Les Chroniques de Jehan Froissart sur l'histoire de France.
Texte ancien, rapproche du fran^ais moderne par G. Mailhard de La Cou-
ture. 2 vol. Lille, Lib. de la Societe de Saint-Augustin. 8". 400; 364.
Bibliotheque des familles. Collection de chroniques et memoires. — Chaque
volume, 4 fr. Encadrement en couleur. Papier teinte. 1247
— Chronique de Flandre ; par Jehan Froissart. Lille, libr. de la Societe de
Saint-Augustin. 8". 389. 4 fr. Collection de chron. e memoires. 1247a
Galland. Les Mille et une nuits. Traduction de Galland. Nouvelle edition,
soigncusement revue. Limoges, E. Ardant et C'". 8". 304. 1248
— Les Mille et une nuits. Aventures du calife Haroun-Alraschid. Traduit par
Galland. Limoges, E. Ardant et C'\ 8". 119 avec vign. 1249
— Contes arabes tires des Mille et une nuits. Tradution de Galland , revue
et accompagnee de notes et eclaircissements d'apres les Orienlaux, par Raoul
Chotard. 2 vol. Deuxieme partie, 143 p. et gravure; troisiömc parlie,
141 p. et gravure. Tours, Mame et fils. 8°. 1250
Garnier. A. Haase, Zur Syntax Robert Garnier's. Heilbronn, Henninger
8". 100. M. 3.40. Französ. Stud. V, i. I2^i
S. ZnSpr VII, II 276/". {A. Stimming). FG II 202 (./. Krcssm-r). T VI
211 {L. M. Baale). LgrP 1886, 21 (O. Ulbrich). Z>Z 1885. 1306.
— A. Jensen, Syntaktische Studien zu Robert Garnier. Diss. Kiel, Lipsius
& Tischer. 8". 58. M. 1.60. 1252
S. ZnSpr J'II. II 2-jG f. (A. Stwiming).
— W. Procop, Syntaktisciie Studien zu Robert Garnier. Diss. der ITniv.
Erlangen. PZichsiält, Druck v. M. Däntier. 8". V, 150. 1253
Genlis, M'"<' de, Le Chaudronnier. Limoges, E. Ardant et C''. 8". 107 et
grav. 1254
— Lc Cliandronnier. Limoges, E. Ardant et C'". 3". 63 et vign. '-5S
— Delphine, ou rileureuse gucrison. Limoges, E. Ardant clC'-. 8". 63 et
vign. 1256
— Delphine, on rileurcusc gucrison. i.imogcs, V,. Ardant et C>". S". 72
et grav, 1257
(i\ I.IIU.IOCKAI'IIIK 1885. I'RAN/ÖSISC». AITsr.AMRN RTC.
Qenlis, M""' de, De Tcspiil des eticjueUcs de rancicnnc cour cl des iisafjes
du niondc de ce temps. l'iiblie par l^doiiard fjuesnet. Kcnnes, Hb. Tail-
liüre. 8". XVII, I2f) cl aulo(,'raphe. '257a
— Reconnaissance et Probilc. Limofjcs, K. Ardant cl f]'-, 63 et vign. 1258
— Les Vcillces du clialcau de ('hampccry. Limoj^cs, K. Ardanl cl C*". 8".
159- , . '25'»
— - Zuma, ou la Dccouvcrle (hi (|iiiii(iuiiia. Limogcs, F.. Ardanl cl O. 8". O4
cl vif»n. 1260
Gillebert. 1'. Kbcrhardl, Der Lucidairc nillcberls. In AnS LXXIII
12«) \(>2. 1261
Gillion le Muisit. A. Schclcr, Elude Icxicoloßiquc sur les pocsics de Gil-
lion lu Muisit. Prcfacc, glossaire, corrcclions. ßruxellcs, C Muijuardt. 8".
186 p. Fr. 3. 1262
S. Rcr 1885,.,, 293 {A. Delboulle).
Gregoire le Grand. O. Rühlcmann, Ueber die Quellen eines altfranzü-
sischcn Lebens Gregors des Grossen. Diss. d. Univ. Halle. Halle, Druck
von F. Karras. 8". 40. 1263
Grevin. G. A. O. Collischonn, Jacques Grevin's Tragödie „Caesar" in
ilircm Verhältnis zu Muret, Voltaire u. Skakespere. Marb. Diss. Marburg,
Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 48. Aus: Ausg. u. Abh. a. d. Geb. d.
rom. Phil. 1264
Grimm. A. Koch, Baron Melchior von Grimm und seine Pariser Briefe.
In ZnSpr VII, I 219—225. 1265
Guerre de Metz. P. Lalle man d, Un manuscrit rctrouvc : Guerre de Metz
cn 1 324. Nancy, imp. Crepin-Leblond. Extrait du Journal de la Society
d'arclicologie lorraine (juin 1885). 1266
Gueullette, Th. S., Parades inedites avec une pr^face par Charles Gueullolle.
Paris, Librairie des bibliophiles. 8". XXII, 292. 1267
Gui de Bourgogne. Freund, La Chanson de Gui de Bourgogne et ses
rapporls avec la Chanson de Roland et la Chronique de Turpin. Progr. d.
Gewerbesch. zu Crefeld. 4°. 43. 1268
Giiillaume de Lorris. F. Heinrich, Ueber den Stil von Guillaume de
Lorris und Jean de Meung. Marburg, Elwert's Verl. 8". 54. M. 1.20.
Slengel's Ausg. u. Abh. XXIX. 1269
Henri d'Andeli. F. Augustin, Sprachliche Untersuchung über die Werke
Henri d'Andeli's nebst einem Anhang enthallend : La bataille des vins,
diplomatischer Abdruck der Berner Hs. Marb. Diss. Marburg. 8«. 52.
Ausg. u. Abh. a, d. Geb. d. rom. Phil. Heft XLIV. 1270
Hom. M. Nauss, Der Stil des anglonormannischen Hörn. Diss. Halle a/S.
80. 56. 1271
— G.Rudolph, Der Gebrauch der Tempora und Modi im anglonormanni-
schen Hom. Diss. d. Univ. Halle. Braunschweig, Druck v. G. Westermann.
8». 70. Auch im AnS LXXIV 257—326. 1272
Huon de Mery. M. Grebel, Le Tornoiemenl Anlechrisl par Huon de
Mery in seiner literarhistorischen Bedeutung. Diss. Leipzig, Baer. 8**.
98. 1273
Jean de Flagy. A. Rudolph, Ueber die Vengeance Fromondin, die allein
in Hs. Ma erhaltene Fortsetzung der Chanson de Gilbert de Mez. Mar-
burg, Elwert's Verl. 8". 44. M. 1.20. Stengel's Ausgaben und Abhand-
lungen XXXI. 1274
Jean le Marehant. H. Fölster, Sprachliche Reimunlersuchung der Mi-
racles de Noslre Dame de Chartres des Meslre Jehan le Marehant. Mar-
burg, Elwert's Verl. 8". 60. Stengel's Ausgaben und Abhandl. XLIII.
Die ersten 44 S. als Marb. Diss. erschienen. 1275
Jodelle. P. Kahnt, Gedankenkreis der Sentenzen in Jodelle's u. Garnier's
Tragödien und Seneca's Einllufs auf denselben. Marb. Diss. Marburg. S".
45. Aus: Ausg. und Abh. a. d. Geb. d. rom. Phil. 1276
Joinville. Histoire de saint Louis; par Jean, sire de Joinville. Texte rap-
proche du fran^ais moderne par G. Mailhard de La Couture. Lille,
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 65
libr. de la Societe de Saint- Augustin. 8». XXII, 444. 4 fr. Collection
de chroniques et memoires. 1277
Joinville. Histoire de saint Louis. Texte original ramene ä rorlhographe
des cliartes, precede de notions sur la langue et la grammaire de Joinville
et suivi d'un glossairc, par Natalis de Wailly. Paris, Hachette et Ce.
8". XU, 340. 2 fr. Classiques fran9ais. 1277a
— Sceaux inedits de Jean, sire de Joinville, et de Robert, sire de Sailly ; par
La Mercier de Moriere. Paris, imp. nationale. 8°. 8 p. et planche.
Extrait du Bull, archeol. du comite des travaux bist, et scient. 1884. 1278
— Charte de pariage de Jean, sire de Joinville, avec l'abbii de Saint-Mansuy
de Toul (dccembre 1264), publice par A. Bruel. Paris, Picard. 8". 8.
Extrait de la biblioth. de l'ec. d. chartes XLV 655 — 60. 1279
— W. Cl. Pfau, Gebrauch und Bildungsweise der Adverbien bei Joinville;
mit Ausschluss der Adverbien der Verneinung. Diss. von Jena. Leipzig,
Druck von Beck & Schirmer. 8'\ 44. 1 280
Jordan Fantosme. A. Tobler, Ex Jordani Fantosme Carmine. In MG
XXVII 53— 59. 1281
Katharinenleben. F. Tendering, Das poitevinische Katharinenleben und
die übrigen südwestlichen Denkmäler. Progr. des Realgymn. zu Barmen.
8". 29. 1282
5. i^6'//204.
La Bruyere, J. de, Les Caracteres ou les mceurs de ce siecle. Suivis des
Caractcres de Theophraste traduits du grec, et du Discours ä TAcademie.
Lille, libr. de la Societe de Saint- Augustin. 8". XV, 432. Collection des
grands classiques fran^ais. — Chaque volume, 4 fr. Encadrement en coii-
leur. Papier teinte. 1283
— Les Caracteres. Edition classique. Tours, Marne et fds. 8". 317. 1284
— Les Caracteres ou les mceurs de ce siecle, suivis des Caracteres de Theo-
phraste. Nouvelle edition cbllationnee sur les meilleurs textes, precedee
d'une notice sur La Bruyere par Suard, et augmentee d'un commtntaire
litteraire et historique par M. Hemardinquer. Paris, Delagrave. 8".
XVIII, 520. 2 fr. 80. Classiques fran9ais. 1285
— P. Janet, Les Clefs de La Bruyere. In Rddm LXX 833—872. Im An-
schluss an: Oeuvres de La Bruyere, nouv. ed. (Collect, d. Grands Ecrivains
de la France par A. Regnier) u. La Comedie de La Bruyere par E. Four-
nier. 1286
La Fontaine, J. de, QCuvres. Nouv. ed., revuc sur les plus anciennes im-
pressions et les autographes, et augmentee de variantes , ile notices , de
notes, d'un lexique des mots et locutions remarquables, de portraits, de fac-
similes, etc., par II. Regnier. T. 3". Paris, Hachette et Ce. 8". 435.
7 fr. 50. Les grands ecrivains de la France. Nouv. dd. , publ. sous la
direction de M. Ad. Regnier. 1287
S. Rcr N. S. XXI /\2Z (yl. DelboiiUe). DL 1886. 562.
— Contes et Nouvelles. Nouvelle edition , revue avec soin et accompagnee
de notes explicatives. Paris, Garnier freres. 8". VIII, 443. 1 288
— Contes. Publies par D. Jouaust, avec une preface de Paul Lacroix.
Dessins d'F^. de Beaumont, gravis ;\ l'eau-forte par Boilvin. P. 1.
XXXIX, 2ü8p. avec portrait et 3 grav. Paris, Libr. des biblii)|ihiles. 8". 1281)
— (Pontes, l'ublies par D. Jouaust, avec une ]>refacc de Paul Lacroix.
Dessins d'E. de Beaumont, graves a l'eau-forte par Boilvin. T. 2. 295 p.
et 6 grav. Paris, Librairie des bibliophiles. 8*'. 1290
— Fables. Nouv. ed., enrichie de notes. Limoges, E. Anlanl & C'\ 8".
270 avec flg. 1290a
— Fables. Tours, Marne et fils. 8". 256. I2«ii
— Fables. Nouvelle eilition, avec des notes littöraires et gramniaticalcs, une
vie ile l'auteur, et une notice sur la fable et les principanx fabulistes, par
M. Ch. Aubcrtin. Paris, V'' Heiin et fds. 8". XXXJl, 378. 1292
— Fables de La Fontaine, jirecedees de la Vie d'h'.sopc, avec une intrn-
duction et des notes . . . par Charles Defodon. Paris, Hachette et Co. 8".
XLII, 291. I fr. "" I 293
Zcitsolir. r. rom. I'liil. \. IUI>I. j
66 Klltl.IOfiKAI'IlIK 18H5. FKANZf'iSISCH. At'Sr.AltKN F.TC.
La Fontaine. I-'ahlcs, rlioisics par I'". I)ii ('halfiift. F-imoj^'cs, F-".. Aid. ml
et (>-. 8". lüS avec vij,'n. 1244
— P'ahles, corrif^ees et amcnd6cs par Ic haron lüifjünc Du Mcsnil. Suivi
(lo : le l'lutJis tl'Aristf)plianc, et le I'sanme de la ciüation. 2'' Edition. Im-
piimerie et lihr. de f.itcanx. 8". 304. 1203
— Fal)le.s. Edition classiqnc, precedd*e d'iiiie notice liltcrairc par L. Feu-
ßf;re. Paris, Dclalain freres. 8", XX, 278. i fr. f^oUection des aiiteurs
fraiK^ais. 1206
— Fahles. I'ubliecs par D. Jouaust, avec rcloge de La Fontaine |)ar
Cham fort. Dessins d'Emilc Ad an gravcs :\ l'eau-forte par Le Kat.
XLVr, 246 p. avec 6 {jrav. et portrait. Paris, Lihr. des hihliopliiles. 8". 1297
— Fahles. Nouvclle etlilion, avec notcs liistorifjues, granimaticales et litte-
raires, et prec^dec d'une notice hio{jrapl)ique par A. Lef;o>i<-/. I-ivres
1-6. Paris, Garnier freres. 8». XXXVL 220. Fr. 2. 1298
— Fables, prcced^es de la Vie d'Esope, accompagncies de notes nouvclles par
D. S. Nouvelle edition, dans laquelle on aper^oit d'un coup dVril la mo-
ralitc de la fable. Illustrations par K. Girardet. Tours, Manie et fds.
8". 400. 1 299
— Fables. Edition revue et corrigee, enrichie de notes nouvclles par M. D.
S., dans laquelle on aper^oit d'un coup d'ceil 1-a moralite de la fable. A
l'usage de la jeunesse. Tours, Marne et fils. 8**. 340. 1300
— Fables, prec^dees d'une notice par G. A. Sainte-Beuve. Gravures par
T. Johannot. Paris, Jouvet et Ce. 80. XVI, 397. 1301
— Choix de fables, accompagnees d'analyses litteraires et d'explications lexi-
cologiques, par C. Rouze. 2^ edition. Paris, Vc Belin et fils. 8". 204. 1302
— Fables, choisies. Edition ä l'usage des classes elementaires, annotee par
Fredd-ric Godefroy. 2e edition. Paris, Gaume et C*". 8". 123. 50 cent. 1303
— Cent fables choisies, i\ l'usage des ecoles, avec des notes; par M. Arth.
Caron. Paris, Ve Belin et fils. 8". 142. 1304
— Le Favole, illustrate da G. Dore; traduzione in versi del prof. Emilio
De Marchi. Disp. I» e 211. Milano, E. Sonzogno edit.-tip. 4". 8,
carta di gran lusso. Cent. 20. Le successive dispense Cent. 15 cadauna.
Saranno 80 disp. Biblioteca Classica illustrata. '305
— Phajdri Augusti liberti Fabularum libri quinque. Nouvelle edition d'apres
les meilleurs textes, avec une vie de Phedre et des notes en fran^ais, suivie
des imitations de La Fontaine et de Florian, par M. L. W. Rinn. Paris,
Delagrave. 8". 158. 80 cent. 1306
— Phsedri Augusti liberti fabularum libri quinque. Texte latin, public avec
une notice sur Phedre, des notes en fran9ais et les imitations de La Fon-
taine et de Florian, par E. Talbert. Paris, Hachette et Ce". 8". IV, 140.
80 cent. 1307
— R. Basset, Une fable de Lafontaine et les Contes orientaux. In AI II
508 ff.; 541 ff., 575. 1308
— J. Levallois, La Fontaine: Fables. Livres II et XL In Ip 1885, 98 ff.;
134 ff.; 180 ff.; 225 ff.; 272 ff.; 305 ff.; 372 ff.; 446 ff.; 484 ff. 1309
— H. F. V. M., Le Savetier et le Einander. In T VI 129 ff.; 193 ff.;
257 ff. 1310
— E. Rigal, Un denoument moral de la fable ,,le Loup et l'Agneau". In
Rdlr 3. ser. XIII 145 ff. 1311
— H. Taine, La Fontaine et ses fables. loe edition, Paris, Hachette et Ce.
80. VI, 351. 3 fr. 50. 1312
— L. Vannetelle, Quelques fables de La Fontaine recitees par un Anglais.
Paris, Libr. theatrale. 8". 32. I fr. 25. 1313
La Marche, O. de, Memoires d'OIivier de La Marche, maitre d'hötel et ca-
pitaine des gardes de Charles le Temeraire ; publies pour la Societe de
l'histoire de France par Henri Beaune et J. d'Arbaumont. T. 3. Paris,
Loones. 8". 328. 9 fr. 1314
Lamartine, A. de, CEuvres. Poesies; Harmonies poetiques et religieuses.
Paris, Lemerre. 8". IX, 431. 6 fr. Petite bibliotheque litteraire. 13 15
mnLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AÜSGAREN ETC. 67
Lamartine, A. de, roösies inedites de Lamartine. Publiees par M'"e Va-
lentine de Lamartine et precedees d'une preface de M. de Laprade.
36 edition. Paris, Hachette et Ce; Furne, Jouvet et Ce. 8". XVI, 260.
3 fr. 50-. 131Ö
Lamennaia, F. de, CEuvres. Essai sur Tindifference en maticre de religion.
Nouvelle edilion. T. I. Paris, Garnier frcres. 8". 415.^ '3' 7
La Taille, J. de. O. Kuicke, Jean de La Taille's Famine im Verhältnis
zu Seneca's Troades. In ZnSpr, Suppl. III. 1318
Leibniz, Nouveaux essais sur l'entendement humain. Premier livre. Mona-
dolofj'e. Nouvelle edition , avec une introduction et des notes par Fran-
cisque Bouillier. Paris, Garnier freres. S". LII, lOi. 1319
— Nouveaux essais sur l'entendement humain : Avant-propos et livre premier,
precedes des Reflexions sur l'Essai de Locke et suivis de la Meditation
sur la connaissance, la verite et les idees. Nouvelle edition, avec une intro-
duction, une analyse et des notes historiques et philosophiques, par Paul
Jan et. Paris, F. Alcan. (1886). 8". 112. I fr. Bibliotheque classique
d'ouvrages philosophiques. 1319a
— Nouveaux essais sur l'entendement humain. Publies avec une introduction,
des notes et un appendice, par Henri Lachelier. Paris, Hachette et Ce.
8". 267. I fr. 75. Classiques fran9ais. 1320
— La Monadologie. Publice d'apres les manuscrits de la bibliotheque de
Hanovre, avec introduction, notes et Supplements, par Henri Lachelier.
2C edition. Paris, Hachette et Ce. 8". 103. i fr. Class. fran^. 1321
Le Sage, Histoire de Gil Blas de Santillane. Precedee d'une etude litte-
raire. In 4", XV, 808 p. avec 300 dessins de Philippotcaux et Pellier.
Paris, Libr. illustree; Marpon et Flammarion. 1322
— Istoria di Gil Blas di Santillana, illustrata da Philippotcaux e Pellier.
Vol. I. IL Milano, Sonzogno. 4". 424; 380. L. 5 ; 5. 1323
— J. M. Lago, Gil-Blas de Santillana. Reivindicaciön de la propiedad de
esta obra, usurpada por un autor extranjero ä la literatura patria, escrita
per D. J. M. L. Madrid, Imprenta de la Viuda de J. M. Perez. 8". 46.
2 rs. en Madrid y en provincias. 1324
Maintenon, M«"'' de, Extraits des lettres, avis, entretiens, conversations et
proverbes sur l'education, par M"'e de Maintenon. Pr<5cedes d'une intro-
duction par Oct. Greard. 3« ed. Paris, Hachette et Ce. 8". LXIV, 2qi.
Fr. 2.50. 1325
Maistre, J. de, CKuvres completes. Nouvelle edition, contenant ses cruvres
posthumes et toute sa correspondance incdite. T. 10. Correspondance. IL
{1806 — 1807). Lyon, Vitte et Perrussel. 8". 559. Papier vergc. 1325a
— Du pape. Nouvelle edition, entierement confomie ;\ la 2^, seulc revue et
augment<^e par l'auteur. Lille, Lib. de la Societe de Saint-Augustin. 8".
XL, 408. 4 fr. 1326
Maistre, X. de, Cl^äivres completes. Nouvelle edition, rcvuc. (Le Lepreux
de la cite d'Aoste ; les Prisonniers du Caucase ; la jenne Siberieiiiie, etc.).
Limoges, E. Ardant et Ce. 8". 240. '327
— Les Exiles de Sibcric. Limoges, E. A.rdant et C'". 8". 143 et grav. 1328
— Le Liipreux de la cite d'Aoste. Limoges, M. Barbou et C*' . 8". 71 et
grav. 132«)
— Prascovie ou la jeune Sib^rienne. Hrsg. m. Vocabulaire, Ripiliteur u.
Questionnaire v. F. W. Körbitz, 2. Aufl., rev. v. Gust. Jactpiin. Dres-
den, IChlermann. 8". IV, 104. M. 0.80. 1330
Malobranche, Trait6 de l'iniagination (deuxiemc livre ilo la Recherche de
la veiite). Nouvelle cclilion , avec introduction et notes j^ar l'"rancisque
Bouillier. I'aris, Garnier freres 8". XXI, l()0. 1331
Mantel. Le conte du Mantel, texte fran^ais des dernieres annees du XII«' s.,
i'-dilr d'apres tous les manuscrits par ]<". A. Wulff. In Ro XIV 343 —
i'"!"- 1332
Marbod. M. !•'. NLinn, luno altfran/cisische Prosaversinn des Lapidarius
Marbod's. In Kl'" II 3'>3- 7J. 1333
68 Hir.I.IOIlKAl'Hll'. 1H85. FKAN/OSIStH. AMSflAHKN RTC.
Marguerito tlo ValoiH. I,'ll( |)(:ini('inn, (oiiUs de la reine ileNavarre; |)ai
iVlaii^ueiilc de Valois. Noiivelle cdilion, ])ioccdee d'iine nolicc sur raiileur.
J'aiis, Denlu. 8". XXIV, 308. Hil)liüthi.que choisic des chefs-d'u-uvre
fraii(,ais el (!;tian;,'ers. '334
— L'H<j|)tamernn des notivcllcs de trcs liaiilc et tres illustre ])rincessc Mar-
ßtierite d'An),'oiileme, reine de Navarre. Nonvelle cdition, collationncc sin
jcs manuscrits, avec prefacc, noles, variantes el glossaire-index par R. l'ü-
teaii. l'aris, flharpentier et O. 8". XV^I, 507. 3 fr. 50. Bildiotlieriiie
Charpentier. '33S
Marie de France, Die Lais lirsfj. von K. Warnke. Mit vergleichenden
Aninerkunj^on von R. Köhler. Halle, M. Niemeyer. 8". VIII, CVIII, 276.
M. 10. Bil)liothcca normannica III. '33^^
.»?. /^o X/VS9^f- (<>'• ^'aris). LgrP VI ^^-J ff. ^A. Mussafia). LC 1886,
392-
— E. Mall, Zur Geschichte der mittelalterlichen Fabellitteralur und ins-
besondere des Ksope der Marie de France. In ZrP IX 161 --203. '337
Marot. E. Voizard, De disputationc inter Marotiim et Sagonlum ihesim
facultati litterarum Parisiensi proponebat E.Voizard. l'aris, Cerf. 8". 67. 1338
Maynard, Fran9ois de, Giluvres poetiques publiegs avec notice et notes par
fiaston Garrisson. Tomel. Paris, A.Lemerre. 8". LVI, 388. Fr. 7.50. 1339
.S-. Rcr N. S. XX. 169 {A. Delboulle).
Mirabeau. A. Stern, Deu.\ Ictlres de Mirabeau. Nogent-le-Rotrou, impr.
Daupeley-Gouverneur. 8". 7, Extrait de la Revue historique. '340
Moliere, J. R. P. de, CEuvres. lUustrations de Jacques Leman. Notices
par Anatole de Montaiglon. VII. L'Escole des maris. In 4". XI,
96 pages avec frontispice, l planche hors texte et encadrements, en-tete,
lettres ornees, culs-de-lampe, tleurons, etc. Paris, Lemonnyer. 15. 1341
— — IX. La Critique de rF^scole des femmes. In 4". XI, 76 pages avec
frontispice, une planche hors texte et encadrements, en-tete, lettres ornees,
culs-de-lampe, fleurons, etc. Paris, Lemonnyer. 15 fr.; pour les souscrip-
teurs, 10 fr. Les CEuvres completes de Moliere, imprimees en caractcres
elz^viriens du XVIIe siecle, sur les editions originales, seront ornees de
plus de 700 compositions inedites par Jacques Leman, et formeront 10 vo-
lumes paraissant par pieces detachees completes, avec titre et pagination
speciale. Pour les souscripteurs, le prix de l'edition sur papier velin est
de 500 fr. 1342
— CEuvres completes. Vol. I. Leipzig, Huth. 8". 224. M. i. 1343
— Werke, m. deutschem Kommentar, Einleitgn. u. Exkursen hrsg. v. Adf.
Laun. Fortgesetzt v. Wilh. Knörich. 14. Bd. Sganarelle ou le Cocu
imaginaire — La Princesse d'Elide. Leipzig, Leiner. 8". 174. M. 2.25. 1344
S. ZnSpr VII, II ZO\ {R. Mahretiholtz); VIII, II 75 (E. Koschwitz).
FG II 332 {A. Kressner). LgrP 1886, \\% [R. Mahre?tholtz). BhG 1886,
234 {Wolpert).
— Chefs-d'ceuvre. 2 vol. T. I, XXIV, 287 p. (le Misanthrope; le Mcdecin
malgre lui; le Tartufe ; l'Avare); t. 2, 335 p. (Monsieur de Pourceaugnac ; les
Femmes savantes; le Malade imaginaire; le Bourgeois gentilhomme). Paris,
Hachette et Ce. 8". 2 fr. 50. Litterature populaire. 1345
— Comedies de M. arrangees pour jeunes gens par A. Chaillot. (L'Avare;
le Bourgeois gentilhomme; le Malade imaginaire). Paris, Sarlit et C«. S*'.
256. 1346
— L'avare. Comedie en 5 actes. 12. ed. Berlin, Friedberg & Mode. 8". 99.
M. 0.30. Theätre fran^ais No. 3. 1347
— L'Avare, comedie par Moliere (1668). Texte revu sur l'edition originale
et public avec commentaire , etude sur la piece, notice historique sur le
th^.^tre de Moliere et scenes choisies de Piaute et de Larivey, par Emile
Boully. Paris, Ve Belin et fils. 8". XLII, 129. 1348
— L'Avare, comedie. Nouvelle edition, conforme i l'edition princeps, avec
toutes les variantes , une etude sur la piece , un commentaire historique,
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 69
philologique et littcraire, par M. Marcou. Paris, Garnier frcres. 8". VIII,
160.
1349
Moliere, Le Bourgeois gentilhomme, comedie-ballet. Edition nouvelle, avec
notices et notes grammaticaics et litteraires, par G. Vapereau. A l'usage des
classes de lettres et des aspirants au brevet superieur. 2c ddition. Paris,
Hachette et Cc. 8". XXVI, 128. i fr. 25. 1350
— L'ecole des femmes. Comedie en vers et en 5 actes. 2. ed. Berlin, Fried-
berg & Mode. 8". 105. M. 0.30. Theätre fran^ais No. 74. 1351
— Les Femmes savantes, comedie. Paris, Delalain freres. 8". 83. 40 cent. 1352
— Les femmes savantes comedie. Mit e. Einleitg. u. erklär. Anmerkgn. zum
Scliulgebrauch hrsg. v. C. Th. Lion. 2. Aufl. Leipzig, Teubner. 8". 130.
^^- I-35- 1353
S. FG 111% (J. Sarrazin). LgrP 1886, 64; 206 (Ä. Mahrcnholtz); 204
[Erwiderung von C. Th. Lion).
— Les fourberies de Scapin. Comedie en 3 actes. Mit Anmerkgn. hrsg. v.
W. Scheffler. Bielefeld, Velhagen & Klasing. 8". 103. M. 0.50. Theätre
fran9ais III 3. 1334
— La Ccremonie du Malade imaginaire. Texte originaire de cettc ceremonle,
anterieur ä l'impression de la comedie. Paris, Lemerre. 8**. 23 et grav. 1355
— Le Misanthrope, comedie. Suivie de notes et variantes. Paris, Hachette
et Ce. 8». 88. 40 cent. 135Ö
— Le Misanthrope, comedie. Nouvelle edition, avec notes historiques, gram-
maticales et litteraires, precedee d'appreciations litteraires et philosophiques,
par M. Alph. Aula rd. Paris, Ve Belin et fds. 8". 96. 1357
— Ausgewählte Lustspiele, i. Bd.: Le Misanthrope. Erklärt v. II. Fr i Ische.
Berlin, Weidmann. 8". 170. M. 1.50. 1358
S. Bog 1886, 578 [IVolpert).
— Le Misanthrope, comedie. Edition publice conformement au texte des
Grands ecrivains de la France, avec une notice, une aiialyse et des notes
philologiques et litteraires par R. Lavigne. J'aris, llachctte et C«. 8".
172. I fr. Classiques fran^-ais. '359
— Le Misanthrope, comedie en cinq actes. Edition nouvelle, ü l'usage des
classes, par M. Pellisson. 2C edition. Paris, Delagrave. 8". XVI, lOl.
I fr. 1360
— Le Tartuffe. Comedie en 5 actes. 7. ed. Berlin, Friedberg & Mode. 8".
128. M. 0.30. Theätre fran^ais No. 2. 1361
— Le Tartuffe, comedie (1664). Texte revu sur Tedilion originale et publie
avec commentaire, etude sur la jiiece et notice historique sur le theätre de
Moliere, par Emile BouUy. I'aris, V« Belin et fds. 8". LXXV'I, 133. 13O2
— II Tartufo: vers. ital. di Jacopo De Joly. Roma, E. Perino. 1362a
— C. Coquelin, Tartuffe. Paris, Ollendorf. 8". 82. 2 fr. 1363
— II. Kayser, Zur Syntax Moliere's. Diss. Kiel, Lipsius & Tischcr. 8".
50. M. 1.20. 1364
S. ZnSpr VIII 2, 13 [A. Jlaasf).
- U. Meier, Vergleich und Metapher in Atn Lustspielen Moliere's. Marb.
Diss. Marburg, Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8". 48. Aus: Ausg. u. Abb.
a. d. Geb. d. rom. Phil. ij''5
- II. Schmidt, Das Pronomen bei .Moliü;re im Vergleich zu dem heutigen
und dem altfranzösischen Sprachgebrauch. Diss. Kiel, Lipsius Sc Tischer.
8". 58. M. 1.60. I3b(,
S. LgrP lS86, 62 (./. Schulze). ZnSpr l///. II 10 (./. II aase).
K. Warburg, Moliere. Stockholm, Scligmann.8". Kr. 2. 50. 1307
— Wenzel, Einige kritische Bemerkungen zu Moliere, mit besonderer Be-
rücksichtigung des ,,Medecin m.dgre lui". In AnS LXXIV 247— 25O. 1368
— Le Molieriste. Revue mensuelle, publice . . . par G. Monval. Sixieme
annee. No. 70 — 72. Janvier-Mars. ScjUieme annec.; No. 73 -81 . Avril-Dc-
cembre 1885. Paris, Tresse & Stock. 8". 289—384; 288. Fr. 12
par an. 1369
7(-> }:ini.UM,KAi'\llK 1^85. l'kAN/OSISCM. aum;ai(KN KIC.
MontaigpiO, Essais, l^cllrcs, Journal <1<J voya^^c, uxliails «le Moiitalj^in-, publi«!--^
tonforiiitMiicnl au texte original, avec uiie iutroiluclioii, uu lcxi(iuc et des
notes par L. Petit de Jullcvillc. 2^ edition. Paris, Delayravc. 8".
XXXVI, 3 10. Classi(|ues l"raD<,ais. 137U
— Essais. Extraits publid-s d'apres les üditions primitives, avec la vic de
l'aulcur, uue iiolice l)iblio},'raphique, une etude sur i'orliioj^Mapliu, la lanj^ue
et la synlaxc ilcs Essais, des variantes, des uotes plHloli)^i<|ucs , j,'raiiniiali-
cales et liist()ri(|ues, et un j^jlossairc, jiar Euf;cne Voiz-ard. 3'' edilicjti, revue
et corrij^'oc. Paris, Garnier frercs. 8". LXXX, 514 et portr. 1371
— De l'institution des enfants. Avec ctude et notes explicatives par Eugene
Reaunic. Paris, V«-' Belin et lils. 8". 90. 1372
— E. Voizard, Etude sur la langue de Montaigne. Paris, L. Cerf. 8".
XX, 308. 1373
Montchretien. G. Wenzel, Aesthetische u. spracldiche Studien üb. An-
toine de Montchretien im Vergleich zu seinen Zeitgenossen. Inaug.-Diss.
Weimar. Jena, Deistung. 8". M. 1.60. 1374
Montesquieu, Considcrations sur les causes de la grandeur des Romains et
de leur ilecadence, suivies du dialogue de Sylla et d'Eucrate, et de Lysi-
macjue. Edition classique, annotee par C. Aubert. Paris, Ilachettc et
C''. 8". 213. I fr. 25. Classiques franc^ais. ' 1373
— Considcrations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur de-
cadcnce. Erklärt von G. Erzgraeber. 2. Aufl. Berlin, Weidmann. 8".
XII, 154. M. 1.50. 1376
S. Z/O- XL 557.
— ^Considcrations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur de-
cadence ; par Montesquieu. Publiees avec unc introduction et des notes
par L. Petit de Jullcville. 20 edition. Paris, Delagrave. 8". LXVI,
278. 1377
— Persische Briefe. Mit Einleitung u. Kommentar deutsch von E. Bertz.
Leipzig, Reclam. 8". 408. M. 1.20. Univ.-Bibl. No. 2051—2054. 1378
Nicodeme, Evangile de — s. u. Chretien. No. 1185. '378;!
Nouvelles nouvelles, Les cent — . Texte revu avec beaucoup de soin sur
les mcillcures cditions et accompagne de notes explicatives. Paris, Garnier
frCiTs. 8"'. XXIX, 424. 1379
Partonopeus de Blois. E. Pfeiffer, Ueber die Handschriftendes altfranz.
Romans Partonopeus de Blois. Mit Nachschrift und zwei Anhangen von
E. Stengel. Marburg, Elwert's Verl. S**. 90.M. 1.60. Stengel's Ausgaben u.
Abhandlungen XXV. 1380
Pascal, CEuvres. Lettres dcrites ä un provincial. Nouvelle edition, avec
une introduction, une notice sur l'ouvrage, les variantes des editions origi-
nales, des notes d'histoire et de philologie, un commentaire sur le fond du
livre, et labibliographie, par L, Derome. T. i. In 8". CCLXVIII, 284 p. et
portr. Paris, Garnier freres. 7 fr. 50. Chefs-d'ceuvre de la litt. fran(,-. 1381
S. Rdiim LXXI I94#. {F. Brünettere).
— De l'autorite en matiere de philosophie. De l'esprit geomötrique ; Entre-
tien avec M. de Sacy. Nouvelle edition, avec une introduction et des notes
historiques et philosophiqucs, par L.Robert. Paris, F. Alcan (1886). 8".
104. I fr. Bibliotheque classique d'ouvrages philosophiqucs. 1382
- Lettres ecrites ä un provincial. Precedees de l'histoire des Lettres pro-
vinciales d'apres l'edition de 1754 et d'observations litteraires par Fran-
(^ois de Neufchäteau. Paris, Garnier freres. 8". XX, 411. 1383
— Les Premiere, Ouatrieme et Treizieme Lettres provinciales. Publiees dans
leur texte primitif, avec une introduction et des notes, par Ernest llavet.
3c edition. Paris, Delagrave. LXVI, 85. 1384
-- Les Premiere, Quatrieme et Treizieme Lettres provinciales. Publiees dans
leur texte primitif, avec une introduction et des notes, par Ernest Havet.
4c edition. Paris, Delagrave. 8". LXVI, 77. 1385
— Premiere, quatrieme et treizieme lettres provinciales (texte primitif et va-
riantes de 1657 et de 1659). Suivies de l'Histoire des Provinciales de
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 71
Nicole, avec une introduclion, des notes et des remarques, par Henry
Michel. Paris, Ve Belin et fils. 8". 160. 1386
Pascal, The Thoughts of Blaise Pascal. Translaled by C. K. Paul. Lon-
don, Kegan Paul, Trench & Co. 1387
S. Ac 1885, 14. march, 183 {G. A. Simco.x).
— G. Lazzeri, Nuovi teoremi suH'esogrammo di Pascal. In AdIV, t. 3,
ser. 6a, disp. 4». 1388
Perrault, Contes des fees. Edition revue. Limoges, E. Ardant et C^. 8".
143 avec vign. 1389
— H. de Beauuiont, Les Contes de Perrault mis en vers. Meulan, imp. Mas-
son. 8". 71. 1390
Philippe de Eemi. OSuvres poetiques de Philippe de Remi, Sire de Beau-
nianoir, publiees par H. Suchier. Tome II. Paris, Firmin Didot et C«.
8". 430, Societe des anciens te.\tes fran^ais. 1391
S. LgrP 1886, 498 (//. Schnell). ZrP 1886, 102 ff. {E. Schwan).
Philippe de Thaun. L. Fenge, Sprachliche Untersuchung der Reime des
Computus. Marb. Diss. [Marburg, Univ. Buchdr. (R. Friedrich). 8". 34.
Aus: Ausg. u. Abh. a. d. Geb. d. rom. Phil. 1392
Piron, CEuvres choisies. Avec une analyse de son theätre et des notes par
M. Jules Troubat; prec. d'une notice par M. Sainte-Beuve. Paris,
Garnier freres. S*". 588. 1393
— Pocsies badines. Suivies de la Metromanie et de l'Esprit de Piron. Nouv.
öd. prcccdee d'une notice. Paris, Dentu. 8". VIII, 311. Fr. i. '303^
Psautier de Metz, Le. Texte du XlVe siecle. Edition critique, publice
d'apres quatre manuscrits par Eran(,-ois Bonnardot. T. I: Texte integral.
Paris, Vieweg. 8". 470. Fr. 10. Bibliotheque du moyen äge. '394
6:. Rcr 18859, 174 M- Darmesteter). DL 1885, 970 {E. Schwan). M 11
312.
Rabelais, CEuvres complötes. Illustrees par Gustave Dore. Texte colla-
lionnc sur les editions originales, avec une vie de l'auteur, des notes et un
glossaire par Louis Moland. T. i. Paris, Garnier freres. 4". 627. L'ou-
vrage complet formera 2 forts volumes imprimos sur papier velin et publios
en 140 livraisons environ ä 50 cent. II contiendra 60 grandes composilions
hors texte, 250 en-lete de chapitres, environ 240 culs-delampe et un trcs
grand nombre de vignettes dans le texte. II parait une ou plusieurs livrai-
sons par semaine. 1305
— CEuvres. Illustrees de 600 dessins d'A. Robida. (J'exte de Tödilion
Pierre Jannet, avec glossaire). Livraisons l a 5. Grand in 4**, 40p. et
grav. hors texte. Paris, Librairie illustree. II paraitra 2 livraisons ä 15 cent.
par semaine, et une serie ä 75 cent. tous les vingt jours environ. Excep-
tionnellement, les 5 premieres livraisons seront vendues 5 cent. •39.vi
— Les Cinq livres de F. Rabelais, avec une notice par le bibliophile Jacob.
Variantes et glossaire par P. Cheron. T. i — 4. Paris, Librairie des biblio-
philes. 8". XX, 339; 372; 316; 312. ä 3 fr. 1390
— G. Martinozzi, II ,,Pantagruele" di Fr. Rabelais. Cittä di Castello, tip.
Lapi. 8**. 128. L. 1.50. 1397
S. Gsli F///277 (C. Brui^r^rio). ZnSpr VIII Z, 3 (A'. Mahrcnholtz).
— G. d'Orcet, Le Cinquieme livre de Pantagrucl. In NR XXXIII 777 —
810. 139S
— A. Ri viere, Rabelaesiana. Paris, Marpon et FKunmarion. <S". 223. I3<i<)
— G. Schwarz, Rabelais und Fischarl. Vergleichung des ,,Garganiua" uml
der „Geschichlsklitterung" von ,,1'antagruelinc l'rogtioslicalion" uuvl ...Vller
Practick Grofsmutter". Züricher üiss. Winlerlliur, Buchdr. von Hkuler-
llaushcer & Cic. Halle, Nicmeyer. 8". 9«). M. 2. 1400
Racine, J., tEuvres. Nouvelle ediiion , revue sur Ics plus ancicnnes im-
pressions et les aulographes et augmentee de movceaux iiiedits, de variantes,
ilc nolices, de notes, d'un lexique iles niots et loculions rem.irquablc», d'un
Portrait, d'un fac-similc, etc., par ^L Paul Mesnard. T. 1. 3. Paris,
Hachette et C«i . 8". XXVIII, OH; 712. i 7 fr. 50. 1401
S. Ip 1885, 546; 564 (A. Loisti).
72 Ull'.I.lOtikAHJJlli 1885. l'KAN/OSISCH. AUSCiAHEN ETC.
Racine, J., ("hcfs-il'uuvrc. 2 vol. 1. 1 (Ainlioinaijuc, ks l'l.iidtuis, Hritaii-
nicus, JJcTcnicc, IJajazcl), X, 299 p.; t. 2 (Mitliridale , I|)hi;,'ijnic, Fhedre,
Kbllier, Allialic), 3t ip. Paris, Haclicllf et C«. 8". Lcs deux vul., 2 fr.
50 Cent. Litld-raturc popiilaire. 1402
— Chcfs-cl'(cuvre. l'recciles (l'unc iiolicu sur l'-uUcur. Noiivxllc cdilii^ii. Li-
inotjcs, E, Ardant et C". ü". 240. 1403
— Theätrc. Prccedci d'une notice sur su vic. l.inioj^es, E. Ardant cl C«. 4"
;i 2 col. 343. 1404
— Amlroiiuuiue. Traj^cdic en 5 acles et en vers. 3. <id. Ikrlin, Eriudherj,'
& Mode. 8". 77. M. 0.30. Theätre fran(,ais No. 71. 1405
— AndronKupie, trajjcdie. Xouvelle cdilion , revue sur Tt-dition de 1697,
avec notice, notes et variantcs, par Emile Boully. Paris, V«^ Belin et lils.
8". 133. 1406
— Androniatiue, tragedie. Nouvelle cdilion, confornic au dernicr texte revu
par Racine, avec loutes les variantes, une notice sur la picce, unc etudc
comparative de ses sources et un conimentairc liistorique, (jlnlologitjue et
litteraire par G. Larroumet. Paris, Garnier freres. S". VIII, 195. 1407
— Alhalie. Tragedie en 5 actes. 9. ed. Berlin, Eriedberg & Mode. 8".
83. M. 0.30. Theätre fran^ais No. 4. 1408
— Athalic, tragedie. Nouvelle cdition, avec des notes historiques, granima-
ticales et lillcraires, preccdce d'aijpreciations litleraircs et analytiques eni-
pruntees aux nieilleurs critiques, par M. Gidel. Paris, Vc Belin et fils.
8«, 95. 1409
— Esther, tragedie en trois actes, tiree de l'Ecriture sainte. Paris, Vc Belin
et fils. 8". VII, 67. 14 10
— Esther, tragedie. Nouvelle cdition, avec des notes historiques, gramniati-
calcs et litteraires, prccedee d'appreciations lilteraires et analitiques empruntces
aux nieilleurs critiques, parM. Gidel. Paris, V»; Belin et fils. 8". 76. 141 1
— Esther, tragedie. Nouvelle cdition , cunfornie au dernier texte revu par
Racine, avec une introduction, un conimentaire philologique et litteraire et
un index, par L. Humbert. Paris, Garnier freres. 8". 175. 1412
— Esther. Trauerspiel in 3 Aufzügen. Wortgetreu aus dem Eranzös. in
deutsche Prosa übers, nach H. R. Mecklenburg's Grundsätzen v. Herrn. Dill.
2. (Schlufs-)Heft. S. 65 — 110. Berlin, H. R. Mecklenburg. 8". M. 0.25. 1413
— Iphigenie. Tragedie en 5 actes et en vers. 5. ed. Berlin, Friedberg &
Mode. 8". 80. M. 0.30. Theätre fran^ais No. 12. 1414
— Phedre, Tragedie en 5 actes et en vers. 5. ed. Berlin, Eriedberg & Mode.
8". 76. M. 0.30. Theätre fran^ais No. 9. 141 5
— Phedre, tragedie. Erklärt von H. Kirschstein. Berlin, Weidmann.
94- i4'5a
6: AnS LXX/VgÜf. [R. Scher fjig).
— Les Plaideurs, comedie. Paris, Delalain freres. 8". 50. Collection des
auteurs fran(,'ais. 141 6
— J.-A. Clamadieu, Arnauld et la tragedie de „Phedre". In Ip 1885,
5>5ft"- I4'7
— J. Levallois, Racine, Milhridate. In Ip 1885, 23 fr.; 38 fr.; 58 fl".;
72 ff. 1418
Raoiil de Hoildenc. O. Boemer, Raoul de Houdenc. Eine stil. Unter-
suchung üb. seine Werke u. seine Identität m. dem Verfasser d. ;,Messire
Gauvain". Inaug.-Diss. Leipzig, Eock. 8". 127. M. 2.40. '4'9
Renart. Le Roman de Renart, public par E. Martin. Deuxicme volume.
Seconde partie du texte ; les branches addilionnelles. Strasbourg, Trübner.
8". 379- 1420
S. FG II 65 ff. (A. Kressner). Bibl. de l'ec. d. chartes 46, 165 {G. Ray-
naud). DL "1885. 750 {E. Stengel).
Renavid de Montauban. R. Zwick, Ueber die Sprache des Renaut von
^lontauban. Diss. Halle, Nietschmann. 8". 54. 1421
RencUis de Moiliens. Li Romans de Carite et Miserere du Renclus de
Moiliens, poemes de la fin du XII^ siecle. Edition crilique, accompagnee
d'une introduction, de notes, d'un glossaire et d'une liste de rimes; par
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 73
A. G. Van Hamel. 2 vol. Paris, Vieweg. 8". CCIII, 145; 244. Biblio-
theque de l'Ecolc des hautcs etudes : sciences philologiques, etc., 6ic et
62e fascicules. M--
S. LC 1886, 257. T r/204. DL 1885, 1335 {A. Tobler).
Renclus von Moüiens. A. Tobler, Zu den Gedichten des Renclus von
Moiliens. In ZrP IX 413 ff. 1423
Restif de la Bretonne. Sara, ou l'Amour ä quarante-cinq ans, episode de :
Monsieur Nicolas, mcmoires intimes de Restif de la Bretonne. Paris, Li-
seux; Belin. 8". XIX, 279. 3 fr. 50. i4-4
Rohan-Soubise , Mlle. A. de, Un poeme inedit: la Patience. La Roclie-
sur-Yon, imp. Servant. 4". 16. 14^5
Rolandslied. La Chanson de Roland. Nouvelle cdition classique, prccedee
d'une introduction et suivie d'un glossaire, par L. Cledat. Paris, Garnier
freres. 8«. XXXV, 227. 1426
S. Rdlr 3. ser. XIV X'^a^jf. {L. Constans). Ro 1886. ll^ff. (ü. Paris).
— La Chanson de Roland. Texte crilique. Traduclion et comnientaire,
grammaire et glossaire, par Leon Gautier. 15c edition, revue avec soin.
Edition classique ä l'usage des eleves de seconde. Tours, Manie et tils.
8". LH, 605. 1426a
— La Chanson de Roland. Traduction nouvelle ä l'usage des ecoles , prc-
cedee d'une introduction sur l'importance de la Chanson de Roland pour
l'education de la jeunesse, et suivie de notes explicatives, par Edouard Roeh-
rich. Paris, Fischbachev. 8". 286. 1427
5. La Critique Philosoph. 1885, //217 {F. Grindelle).
— J. J. Ammann, Das Verhältniss von Strickers Karl zum Rolandslied des
Pfaffen Konrad mit Berücksichtigung der Chanson de Roland. Wien,
Pichler. 8". M, 0.60. 1428
— L. M. Baale, La Chanson de Roland. In T VI 336 42. 1429
— Krick, Ueber den Bau der Tirade in der chanson de Roland. Progr. d.
Gymn. zu Kreuznach. '43*^
— Pak seh er. Zur Kritik und Geschichte des franz. Rolandsliedes. Berlin,
Weidmann. Strassb. Diss. 8°. 136. M. 3. 143«
S. Ro XIV ■^^\ ff. {G. Paris), LgrP F/ 374^. {F. Scholle). LC 1886.
24 (W. F.). DL 1885, 1075 (.£■. Koschwitz).
— F. Settegast, Der Ehrbegrift" im altfranzös. Rolandsliede. In ZrP IX
204 — 222. 1432
E. Talbot, Extraits de la Chanson de Roland et des Mcmoires de Join-
ville, ä l'usage de la classe de seconde, avec introduction historique et liilc-
raire, notes philologiques et glossaire. Paris, Delalain frires. 8". VIII, 20S.
2 fr. 50. 1433
— A. de Villen euve, Charlemagne (la Durandal, Joycuse, etc.). Limoges,
K. Ardant et Ce. 8". 71 et grav. 1434
Rollin, llommes illustres de Tantiquilc. Morceaux lires des Ouvrages de
Rollin. Mit Anmerkungen zum Schulgebr. hrsg. v. J. Sarrazin. Berlin,
Friedberg & Mode. X, 176. Preis mit Wörterbuch M. I.2ü. 1433
S. ZnSpr VII. II 147 (//. Körting).
Rotrou. La Harpe, Le „Venceslas" de Rolrou. In Ip 1S85, 577 ff. 143^
Rotisseau, J. J., CEuvrcs completcs. T. 5. 7. Paris, Hachette et d". 8". 300;
380. ä I fr. 25. Les principaux ecrivains fran^ais. '437
— Emile, ou De l'education, livre premier. Nouvelle cdition precedöe d'une
nolice sur la vie et les ecrils de Jean-Jacques Rousseau et accompagnee de
notes historiques et littcraires, par M. J. Labbc. Paris, V^' Belin et tils. 8".
XXIX, 75. «438
— Emile, ou De reduc.ltion. Livre Iroisicme. Nouvelle edition, pröcodee
d'un argument et accompagnee de notes historiques et littcraires, par M. J.
Labbe. Paris, Vo Belin et lils. 8". VI, 87. 1430
-- Emile, ou De l'education; \y.\x J. J. Rousseau, l.ivic j, a l'usage des
candidats aux exaniens de renseigncnient primaiie et de renseignemenl se-
condaire special, avec unc inlroduclion biogi.q>hi>iuc et crilique et des noles
74 HIHI.IOGKAIMIIK |HH5- l'KANZÖSISCH. AUSGABEN Ulc.
pe<la;,'()f,'i<jiKs tt cxplic ativt;,, pai I.Duis T;irsul. Paris, Dulalairi frcrcs.
X". 248. 14^0
RoUBSOau, J. J., 1-a Nuova I'Iloisa, com prcfaz-ioriL- sui luiupi c sul lihru, <li
(". Koimissi. Milano, SoiuoKno. 8". 480. 1,. i. liil)liotL'ca classica eco-
noniica, n. 81. 144I
— l'cltzcr II, Gescliiclillichcs u. Krilischfs zu Rousscaus Emil, insbcsoiulere
der IC|jiso(lc Profession de foi d'un Vicaire Savoyard. l'royr. d. I-riedr.-
Willi. Gynin. zu Coln. '44^
Rustebuef's Gedichte. Nach den Handschriften der Pariser Nalional-Biblio-
thck hrs^;. von Adf. Kressner. Wolfenbüttel, Zwissler. 8". VI, 305.
M. 10. 1443
S. I'G IIb-]. LgrP \'6'6U, 367 (./. Giindlacli).
— H. P. Tjaden, Untcrsucliun;,'en über die Poetik Kuleljcufs. Marb. Üiss.
Marburg. 80. 73. 1443a
S. FG III 193 {A. Kressner).
Saint-Pierre , B. de, L'Arcadie, suivie de: la Pierre d'Abrahani. Edition
revue par E. Du Chate'net. Limoj^cs, E. Ardant et C«. 8". 240. 1444
— Paul et Virginie des enfants; abrege. Limoges, E. Ardant et C« 8". 108
et grav. 1445
— Paul u. Virginie. Mit 2 Titelbildern v. Emilie Weisser. 2. Aull. Stutt-
gart, Rieger. 8". 183. M. 2. 1446
— Paul et Virginie. Nouvelle ed., augmentee d'une prcface et de notes
historiques et granimaticales par Mad. P. Blanchard. Leipzig, Wilflerodt.
8". 120 u. 47. M. I. 1447
— Apologo, posto in versi italiani dal prof. Giacomo Zanella. Vicenza, tip.
Buruto. 8". 3. Per nozze Giaretta-Zanipieri. '448
Saint-Simon, Memoires du duc de Saint-Simon. l'ublies })ar MM. Cheruel
et Ad. Rcgnier lils, et collalionnes de nouveau pour celte edition sur le
nianuscrit autographe. Avec une notice de M. Sainte-Beuve. T.4. Paris,
Hachette et C". 8". 479. 3 fr. 50. Bibliothecpic variee. 1449
— Memoiren des Herzogs v. Saint-Simon. Uebers. u. m. erklär. Noten ver-
sehen. 2. Bd. Stuttgart, Spemann. 8". 221. M, 1. Colleclion Spemann
220. Band. 145^)
Sales, Saint F. de, Devotion aux sacres cccurs de Jesus et de Marie. Me-
dilations recueillies et mises en ordre par le R. P. Fages. 3c edition.
Paris, Laplace, Sanchez et <Z^ . 8". X, 306. 1451
Samson de Nantuil. F. Kluge, Ueber die von Sanison de Nantuil be-
nutzten Werke. Diss. der Univ. Halle. Eisleben , Druck v, E. Schneider.
8". 56. ^ ^ 1452
Satyre Menippee. Girard, Passerat et la Satire Menippee. In Revue
histor. XXIX 340 — 56. 1453
Scudery, M. de. A. Tüchert, John Dryden als Dramatiker in seinen Be-
ziehungen zu Madeleine de Scudery's Roniandichtung. Progr. Zweibrücken,
Buchdr. von A. Kranzbühler. 8". 44. 1454
Serments de Strasbourg. L. Cledat, Une correclion au texte des Ser-
ments de Strasbourg. In Rdlr 3. ser. XIV 309 ff. 1455
Sevigne, M'"^: de, Lettres. Nouveau choix de ses lettres les plus remar-
quables sous le rapport du style et de la pensee ; par E. de Corgnac.
Limoges, E. Ardant et ۥ=. 8". 240. 1456
— Choix de lettres, extrait de l'edition des Grands ecrivains de la France.
2o edition. Paris, Hachette et Ce. 8". 260 et grav. i fr. 50. 145^!^
— Lettres choisies collalionnees sur les textes authentiques, precedees d'une
notice litteraire formant l'introduction, accompagnces de notes historiques
et granimaticales suivies d'une table chronologique et d'une table alphabe-
lique et analylique ; par J. C. Paris, Poussielgue freres. 8". XIX, 332. 1457
— Lettres choisies. Nouvelle edition , collationnee sur les meilleurs textes,
preccdee d'une notice sur Mme de Sevigne et accompagnee de notes histo-
riques et litteraires, par M. J. Labbe. Paris, Va Belin et tils. 8". XV,
449. 1458
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. AUSGABEN ETC. 75
Thibaut IV. F. Davids, Ueber Form u. Sprache der Gedichte Thibauls IV.
von Champaj,'ne. Leipziger Diss. Braunschweig, G. Westennann. 8". 44.
Auch im AnS LXXIV 181 — 220. 1459
Thomas de Cantorbery, S. Fragments d'une vic de Saint Thomas de
Cantorbery en vers accouples publies pour la prcmiere fois d'apres Ics feuillets
de hl colleclion Goethals-Vercruysse avec fac-similc eu heliogravure de
l'original par P. Meyer. Paris, Firmin-Didot et Cie. 4". XLTI, 38. 1460
Vauquelin de la Fresnaye, L'art poetique ou Ton peut remarquer la per-
fection et le defaut des anciennes et des modernes poesies. Texte conforme
ä Tedition de 1605 avec une notice, un commentaire, une elude sur l'usage
syntactique, la metrique et Torthographe et un glossairc par G. Pellissier.
Paris, Garnier. 8". CXVIII, 230. Fr. 3. 1461
.;?. DL 1885, 416 {Ä. Tobler).
Via des Peres. A. G. van Hamel, Encore un manuscrit de la l^ie des
Peres. In Ro XIV 130. 1462
Vies des anciens Peres. Ad. Alussafia et P. Meyer, Sülle Vie des
anciens Peres. In Ro XIV 583 — 586. 1463
Villon. Frants Villon, Det störe Testament. Forfattet i aaret 1461. Oversat
paa rimede vers af S. Broberg. Copenhague. 8". 126. 1464
.S. Ro 1886, 159.
Voltaire, Theätre choisi, avec une notice biographique et litleraire et des
notes par E. Geruzez. Paris, Hachette et Ce. 8*^. XXXII, 479. 2 fr. 50. 1465
— Ilistoire de Charles XII, roi de Suede. Nouvelle edition , rcvue d'apres
les mcilleurs testes. Paris, Garnier freres. 8". 394. 1400
— Ilistoire de Charles XII, roi de Suede. Nouvelle edition, precedce d'une
notice sur l'auteur, des etudes preliminaires sur son (cuvre, des principaux
jugements qu'on cn a portes et des pieces qui se rapporlent ä la publication
de cette histoire , accompagnee de notes historiques, geographiques, litte-
raires et grammaticales, suivie d'une table analytique et chronologique des
evenements, par M. L. Gregoire. Paris, V»-' Belin et tils. 8". XXXV,
325- . , 1467
— Histoire de Charles XII, roi de Suede. Avec des notes grammaticales et
historiques et un vocabulaire par Ed. Ho che. A l'usage des öcoles.
24. Aufl. Berlin, Friedberg & Mode. 1886. 8". 240. M. i. 1468
- Histoire de Charles XII, roi de Suede. Edition classique , conforme au
nouveau plan d'etudes , avec un choix de variantcs , une carte de l'Europe
centrale, des notes philologiques, grammaticales et litteraires, precedce d'une
notice biographique et d'une introduction, et suivie d'un dictionnaire histo-
rique et geographique par E. Merlin. Paris, Garnier freres. 8". XXXII,
328. Fr. 1.60. 1409
— Sieclc de Louis XIV. Edition classique, accompagnee d'une notice et de
notes par A. Garnier. Paris, Hachette et Cc. 8" XXXII, 544. 2 fr. 75.
Classic jues fran(,-ais. 1470
— Choix ile lettres, public avec une introduction et des notes par L. Brunei.
Paris, Hachette et C»-'. 8". XL, 463. 2 fr. 25. Class. fran<,-. 1471
— Lettres choisies. I'recedces d'une preface, accompagnees de notes et
d'eclaircissements et suivies d'une table analytique par Eugene Fall ex.
2 vol. Paris, Delagrave. 8". XIX, 455 et porlr.; 467. 1472
- Lettres choisies. Edition ;\ l'usage des classes, avec notes historiques et
litteraires par E. Fall ex. 3«: edition. Paris, Ch. Delagrave. 8". 448,
Fr. 2.50. ,473
— Dix lettres inedites de Voltaire ä son ncveu de La llouliere brigadier des
armees du roi, gouverneur du chäteau de Salses en Roussillon (du 22 oclobie
1770 au 24 scplembre 1773). Monlpi liier, imp. Hoehn\ et lils. 8". 14. E\-
trait des .Memoires de i'Academic des sciences et lolties de Monlpellier. 1474
- F. Stengel, llngeilrucUle Mriefe Voltiiies an Friedrich den ti rossen und
an den Landgrafen l-riedrich II. von Ilessen-Cassel ncb.^l Auszügen aus
dem Briefwechsel der Madame de Gallalin an den Landgrafen. In ZnSpr
VII, I 71-90; 173—218. ,475
70 llll'.l,IO(.KAI'HIIi 18M5. IKANZOSISCH. MOUKKNK IMALKKIK.
Voltaire, (i. iicn^^csL o, Vollairc, l)il)lioj^r;i|)liif il«.- sts u'uvres. T. 2. In 8",
XVIII, 456 |). et |)()rlr;iil de lieucliDl. l'aris, lih. J'erriii. Tire ;i 550 ex-
cmplaircs numcrolLs, dont 50 sur papicr de Hollande, h 50 fr., et 500 sur
papier vclin, ä IJ fr. Titre rollte et noir. L'oiivraKe foriiiera trois voiumes,
(pii |)cuvcnt clre^houscrits ])ar avance. i^Jd
S. Kcr N. S. XX 235 [M. I'unrnciix).
"• J'""«!!!},', Voltairc's dranuUische Theorien. Diss. Münster. 8". 72. 1477
S. ZnSpr VII, II 267 (A'. Aiahrciho/tz). Li^rP K/ 462 (A'. Milucnhollz).
— A. Marasca, Lallcnriade dcl Voltaire; l'Mniico di G. Malniij,'nali, poeta
veneziano del secoloXVIII; con noli-iie biograliclie. Cittii di Caslello, tin.
Lapi. 8". VII, 80. L. 2. ,4^8
S. ZnSpr VII. // 206 (R. Mahrenholtz). O'i/i F// 278. NA 2. ser.
L 550.
Wace. F. W. Loren/,, Der Stil in Maisire Wace's Roman de Rou. Leipz.
Diss. Teipzif,', Druck v. Sturm & Koppe (A. Dennhardt). 8". 92. 1479
— Th. Pohl, Untersuchung der Reime in Älaistre Wace's Roman de Rou
et des Ducs de Normandie. In RF II 321 — 50. Auch als Bonner Diss.
Erlangen, A. Deichert. 8". 34. 1480
6. Moderne Dialekte.'
Legee, G., J' ramass' des crott's de chiens, monologue. Taris, Aumond. 4".
3 p. et grav. i fr. ,^g,
Mathieu, II., J' vends d' la violett' 1' jour du 15 aoüt, monologue , p.iroles
de Henri Mathieu. Musique de Victor Leclerc. Paris , Ml'e Biloir.
4"'-. 3- 1482
Tissier, J., Dictionnaire berrichon avec citations litteraires. Preccde d'un
cüiitc en patois berrichon par le meme. Paris, Ghio. 8". XI, 106. 2 fr. 1483
Francet. Histouöre dos quate fails Aymein Ires-noblles et tres-vaillonts, les
mcillous chevalaies de lou tomps. racantaie tout dau leing en bea lingage
potevin; par Francet. Niort, Favre. 8". XI, 246. 1484
Quellien, N., Un argot de Basse Bretagne. In RdL XVHI 30— 55. 1485
Lu^el, F. M., Le Magicien et son valet (m^tamorphoses). Quimper. 8". 36.
Conte breton. i486
Orain, A., Glossaire patois du departement d'Ille-et-Vilaine. (Suite). In
In RdL XVIII 58 tr.; 174 ff.; 269 ff.; 369 ff. I487
Moisy, H., Dictionnaire du patois normand, indiquani particulierement tous
les termes de ce patois en usage dans la region centrale de la Normandie,
pour servir ä l'histoire de la langue fran^aise; avec de nombreuses citations,
etc. Caen, Le Blanc-Hardel. 8". CLXVI, 711. 1488
S. Rcr N. S. XXII 179/-. {A. DelbouUe).
Joret, Gh., R haut-normand = s (z). h. In Ro XIV 285 ff. 1489
Fleury, J., Essai sur le patois normand de La Hague. Premiere partie.
Grammaire. Paris, Vieweg. (6 mai). 8". 80. Exlrait des Memoires de la
Sociele de linguistiquc de Paris. 1490
Desi'ousseaux, Chansons et pasquilles lilloises. T. 5. Lille, imp. Danel. 8".
260 avec musique. 2 fr. 50. I491
Laigle, A., Causerie sur le patois et les provincialismes de l'arrondissement
de Valenciennes. Valenciennes, imp. Henry. 8". 16. Publication de
rUnion artistique, litteraire et scientitique valenciennoise. 1492
Horning, A., Zur Kunde des Neuwallonischen. In ZrP IX 480 — 96. 1493
Legendes popiilaires. Deux poesies en patois de la Haute-Moselotte;
par X . . . (Avec la traduction en fran9ais). Saint-Die, imp. Humbert. 8".
35. Extrait du Bulletin de la Societe philomathique vosgienne, annee
1884 — 1885. 1494
Horning, A., Zur Kunde der romanischen Dialekte der Vogesen u. Loth-
ringens. In ZrP IX 497 — 512. 1494a
Haillant, N., Essai sur un patois vosgien (Urimenil, pres Epinal). Premiere
partie. ire section: Phonetique, inventaire, origine et notation des sons.
48 p. et tableau phonetique recapitulatif. 2c section : Traitement des lettres
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. GRAMMATIK. 77
originaiies (l.-itin, roman, bas-latin, germanique). 56 p. Epinal, impr. CoUot.
8". Extrait des Annales de la Societe d'emulalion des Vosges. 1495
Haillant, N.,— 3esection: Grammaire. I. Grammaire proprement dite ; II. For-
mation des mots (derivation , composition); III. Syntaxc ; IV. Petit Pro-
gramme de recherches sur les patois vosgiens. Epinal, Vc Durand et fils.
Paris, lib. Maisonneuve et Ce. 8". 108. Extrait des Annales de la Societe
d'emulation des Vosges. H'^^
Contes, Fables, Legendes, en idiome bourguignon; par H. B. Dijon, imp.
Darantiere. 8". 157. ^ '497
Prononciation de Gl en patois Bressan et en Italien. In L'idc 1885,
No. 30. '498
Baudouin, A., Glossaire du Patois de la foret de Clairvaux. In Memoires
de la societe academique d'agriculture, des sciences, arts et bellcs-lettres du
departement de l'Aube. 3. ser. XXII 5 — 143. 1499
Pocard, V., Du patois creole de l'ile Bourbon, etude lue ä la Societe
des sciences et arts. Saint-Denis (ile de la Reunion), imp. Delval. 8".
67. 1500
S. LgrP r/513 {H. Schuchardt).
EUiott, A. M., Contributions to a Hislory of the French Language of Ca-
nada. I. In AJ VI 135 -150. 1501
S. Ro 1886, 158. ZnSpr VIII, 2, 6 {A. Lüder).
„Qombo Zhebes". Little dictionary of Creole proverbs , selected from six
Creole dialects. Translated into French and into Englisli, wilh notes, com-
plete index to subjects and some brief remarks upon the Creole idioms of
Louisiana. By Lafcadio Hearn. New York, Coleman. 4". 42. 1302
S. LgrP 1886. 72 {H. Schuchardt).
7. Grammatik.
Cocheris, H., Origine et formation de la langue fran^aise ; Notions d'etymo-
logie fran^aise ; Origine et formation des mots, etc. (programme du 2 aoüt
1880). Classes de troisieme, seconde et rhütorique. Nouvelle edition. Paris,
Delagrave. 8". 394. 1503
Waltemath, Wilh., Die fränkischen Elemente in der französischen Sprache.
Paderborn, F. Schöningh. 8'\ 106. M. I.2o. 1504
.S. FG III ro {A. Kressner). LgrP VI ^^iff- {^^- ^^f<!yer). DL 1885,
1589 {P. Feit).
Robert, C. M., yuestions de grammaire et de langue fran^aises elucidees.
Amsterdam, cX. Brinkman. o. J. 8". XI, 341. M. 2.50. 1505
S. ZrP 1886, 306/". {A. Toller).
Meyer, W., Franko-italienische Studien I. In ZrP IX 597— 640. 1506
Breitinger, H., Studium und Unterricht des Französischen. Ein encyklo-
pädischer Leitfaden. 2. vermehrte Aull. Zürich, F. Schulthess. 210. 1507
Cledat, L., Grammaire elementaire de la vieillc langue franc^aisc. Paris,
(iarnier. 8". VIII, 35 1. M. 6. IS«-^-"^
S. LgrP VI 407 /. (A. Stinnnuig). Per N. S. XIXlZ-j ff. (f. Chnbaneau).
/.6"l885, 1394 (Ä';/.). y^/, 1885, 827 (A. Schwan). The Athenaeum,
7. März 1885. 311.
Gräfenberg, Selly, Beiträge zur fr.anzös. Syntax d. XVI. Jahrh. Erlangen,
Deichert. 8". 139. M. 2. 'SO*»
.S\ ZuSpr VII, II W] {A. Haase). AnS LXXV l\0. LC 1885, 1114
{A. St.). DL 1885. 1306 {E. Weber). LgrP 1886, 60 {O. l'/brüh).
Ayer, C, Grammaire compar^e de la langue fran(,-aise. 4'' »diiion. B;"de;
Geneve; Lyon, Georg. 8". XIV, 709. Fr. 10. iSio
S. FG II 292 {A. K'rexsner).
Garnier-Qentilhonime, Langue fran(,aise: Grammaire, cours su|H'rieur. Paris,
J'. Dupont. S". XIX, 208. Cours complct d'enseignement primairc (pro-
gramme du 27juillel 1882). 'S"
78 I'.II'JJOOKAPIIIK 1885. FRAN/fiSISCII. f.RAMMATIK.
Godefroy, !•'., fiiaiunKiirt- fian(,iiisc. (inurs sii|)Liitur, avcc des cxplicatioiis
<l <li;s lemarques lirces de l'ilistoirf de la langiie. Paris, frauine et ('"•.
8". IV, 2()8. 1512
Quöi'ard, ("oms com|)lct de lanj,'uc fian(,aisc (ihcoric et excrciccs). f!(»iirs
d<- dictris. Noiivcllc cdilion. l'aris, l)ela},'ravc. 8". III, 195. 'S'3
Lioclair, I-., et C. Rouzc, (loms de j^ianiiuaire fran^aisc rüdi^jü d'apres le>,
deiniers i>r()},'rainnics ofliciels de 1882. ("oms siipericiir, arrompaf^'iii'- de
noiuhieiix exerciccs. 16'' edilion, enticrement refomluc. Paris, V<- Helin
et lils. 8". CI, 280. 15 14
Michel, L. C, et J. J. Rapet, ("ours s\ipericur de lanj,'ue fran^aise. Kxer-
ciifs et <lev()irs. Nouvelle edilion. Paris, Delaj^rave. 8". 292. 'S '5
Michel, M., Nolions clcmentaires de fjrammaire liistoriqiic de la lan^uc fran-
^•aise, reili},'ces conformemenl aiix derniers programmes ä l'usagc des etablis-
semcnts d'ensei{,'ncnient sccondaire, et des aspirants au hrevet s»ip(!-rieur de
IVnseifjnemeiit primairc. 2<'- cd. Paris, Bclin. 8". IV, 144. ISI**
Noel et Chapsal, Lanjjue fran^aise : Grammairc. Nouvelle edilion, revue,
corrij^ce et mise en rapport avec les nouvcaux prof,'rammes. Cours moycn.
(Jours superieur. 2 vol. Cours moyen, XX, 204 p. ; Cours sujicricur,
XXI, 226 p. Paris, Hb. Pifjoreau; Roret; Jlachclte et Ce; Delalain freres;
Delagrave. 8". . 15 17
— Langue fran^aise: Grammaire. Cours superieur, accompagnc- de noles
historiques et philolofricjues, et suivi de notions sur Ics origines et la for-
mation de la langue fran^aise. Nouvelle edilion, revue, corrigöe et mise
en rapport avec les nouveaux programmes. Paris, Hachelle el Cc; Roret;
Delalain freres; Pigoreau. 8". XVIII, 446. 1518
Prat, P., Grammaire fran^aise, suivie de la definition des principanx syno-
nymes. Paris, Vc Belin et fds. 8". 137. 1519
Sengler, A., Grammaire fran9aise. Lille, imp. et lib. Lefort; Paris, mdme
maison. 8". VI, 336. 1520
Dei, E., La lingua francese insegnata a leggere, parlare e tradurre in tren-
tatre giorni e trentatre lezioni con nuovissimo metodo, semplice, facile ed
economico. Fase. I. Soriano nel Cimino, tip. Sistina. 8". 15. — Ahbo-
namenlo alle 33 Lezioni L. 5. 1521
Pohlmann, Die französische Aussprache auf den höheren Schulen mit be-
sonderer Berücksichtigung der Gymnasien. Progr. d. Gymnasiums zu Neu-
wied. 1522
Eickershoff, E., Ueber die Verdoppelung der Konsonanten im Allnorman-
nischen. Diss, d. Univ. Halle. Halle a. d. S. 8". 34. 1523
Skeat, B. M., A Word-List illustrating the correspondence of modern english
with anglo-french vowel-sounds. In TpS 1882 — 84, Appendix IV. 15-4
Sturmfels, A., Der altfranzösische Vokalismus im Mittelenglischen bis zum
Jahre 1400. Inaug.-Dlss. d. Univ. Giessen. Halle, Druck v. E. Karras.
8". 36. Sep.-Abdr. aus A Band VIII. 1525
Örtenblad, O., Etüde sur le developpement des voyelles labiales toniques
du latin dans le vieux fran^ais du XII. siecle. Diss. von Upsala. Upsala,
R. Almqvist & J. Wiksell impr. 8". II, 83. 1526
Winderlich, K., Die Tilgung des romanischen Hiatus durch Contraction
im Französischen. Breslauer Diss. Breslau , Druck v. Grass, Barth u.
Comp. (W. Friedrich). 8". 35. 1527
Köritz, W., Ueber das ,r vor Konsonant im Französischen. Strassburger
Diss. Sirassburg, Druck v. E. Bauer. 8". 135. 1528
S. ZnSpr VII, II \2off. (D. Behrens). LgrP VI, 2^off. (F. Neumami).
DL 1885, II 74. Ro 1886, 614/'. [G. F.).
Rudeniek, G., Lateinisches „ego" im Allfranzösischen. Hallens. Diss. Halle.
8». 44. 1529
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. GRAMMATIK. 79
Darmesteter, A., Note sur riiisloiie des pvöpositions fran^aises en, enz,
dedans, dans. Paris, Cerf. 8". 28. Imprime pour le mariage Paris-Talbot,
20 juillet 1885. 1530
S. Ro XrV620.
Sedlai'ek, J., a) Etymologie der französischen Präpositionen ; b) Phonetik
des Vokals im den romanischen Sprachen; c) Proposition composee. Progr.
der k. k. Staatsrealsch. in Trautenau. 8". 13. 1531
S. ZnSpr VIII, II 83.
Brinkmann, Frdr., Syntax des Französischen u. Englischen in vergleichen-
der Darstellung. 2. Bd. 2. Lfg. gr. 8". (VII u. S. 398—930). Braun-
schweig, Vieweg & Sohn. M. 10. — (I. u. II.: M. 29.50). '532
S. IC 1886, 1027 {A. St.). LgrP 1886, 16 {H. KlhigharJt).
Becker, K., Syntaktische Studien über die Plejade. Leipziger Diss. Darm-
stadt, Buchdr. von C. W. Leske. 8". 63. 1533
rieck. Eine Untersuchung über den Gebrauch des Artikels im Französischen.
Progr. d. höh. Bürgersch. zu Dortmund. 1534
Gessner, E., Zur Lehre vom französischen Pronomen. 2 Thle in i Hft.
2. Aufl. Berlin, JMaver & Müller. 4°. 37; 35. baar M. 2.50. 1535
S. ZnSpr VII, 11 Ul {A. Haase).
Staedler, K., Das Verbum in der neueren französischen Schulgrammatik. In
FG II, 221—235. 1536
Siede, Jul., Syntaktische Eigentümlichkeiten der Umgangssprache weniger
gebildeter Pariser, beobachtet in den Scenes populaircs v. Henri Monnier.
Inaugural-Dissertation. Berlin, Mayer & Müller. 8". 67. M. 1.60. 1537
.S\ DL 1886, 16 (6>. Ulbrich).
Johannssen, Herm., Der Ausdruck des Concessivverhältnisses im Altfranzö-
sischen. Kiel, Lipsius & Tischer. 8". 70. M. 1.80. 1538
S. LgrP 1886, 180 {A. Schulze).
Burgatzcky, O., Das Imperfekt und Plusquamperfekt des Futurs im Alt-
französischen. Diss. Greifswald, Druck von J. Abel. 8**. 33. 1539
Weissgerber, W., Der Konjunktiv bei den französischen Prosaikern des
16. Jahrhunderts, mit Ausschluss des Konjunktivs im adverbial determi-
nierenden Nebensatze. In ZnSpr VII, I 241 — 274. 1540
liOtz, E., Auslassung, Wiederholung u. Stellvertretung im Altfranzüsischcn.
Marb. Diss. Marburg. 8". 41. 1541
S. LgrP 1886, 329 {A. Schulze).
Marcou, P. B., Two points in French style. In AJ VI 344 iL 1542
Larousse, P., Cours le.xicologique de style. Livre de l'eleve. 366 ed.
Paris, V" Larousse et Ce.; Boyer et Ce. 8". 222. i fr. 60. 1543
Denk, V. M. Otto, Die Verwelschung der deutschen Sprache. Ein mahn.
Wort an das deutsche Volk und die deutsche Schule. Gütersloh, Bertels-
mann. 8". 42. M. 0.60. 1543;!
S. DL 1885, 1671 (7. Seemüller).
Boisjoslin, J. de, Escjuisse d'une histoire de la versification franijaisc.
Amiens, imp. Delattre-Lenoel. 8". 27. Extrait de la Revue de la Socicl6
des etudes historitpies novembre-decembre 1884. '544
Tobler, A., Le Vers fran(,ais, ancien et moderne. Traduit sur la 2>' i'ilition
allcniandc, par Karl Breul et Leopold Sudre. Avco une |irefacc par
M. Gaston Paris. Paris, Vieweg. 8". XX, 209. 1545
Quitard, P. M., Diclionnaire des rimes, prcce<lc d'un traite comjilct ile
versitication. Nouvelle ödiiion, conformc ;i rorlhographo de la 7'' iditi<in
du Dictionnaire de l'Academie. Paris, Garnier frercs. 8". XII, 508. 154O
Somraer, IC, Petit diclionnaire des rimes fran^aiscs, prücödö d'un pr^cis
des rigles de la versification. 90 tirage. Paris, Hachetle et C». 8". VIII,
344. I fr. 80. 1547
8o HII'.I.IOfikAl-IMK 1HK5. I'KANZOSISCII. I.F.XlKOnKAI'HIR.
Krause, H., Die Ikileiituii),' <les Airentcs im fran/ösisrlien Verse fiir dessen
hei^Tidlitheii Inliall. In /,il' IX, 268 -277. 1548
Heller, H. J., Wie siml die fran/ösischen Verse zu lesen?' In !• f i II,
:!S7 --''-• 'S4'>
Sonnenburg, R., Wie sind die franziisisclicn Verse zu lesen? Iterlin,
Jui. Springer. 8". 26. AI. O.80. 1550
S. /.nSpr VII, II i,%ff. (K. Follt); 63 (C/;. I'.arrehl). IG 11, 256—62
(//. 7. IMlc-r).
Ricken, W., Neue Beiträge z. Ilialusfrapc. In ZnS])r \'ll, I 97— 116. 1550a
Schultz!, ()., Die ravcrdie. In ZrP IX 150. 1551
8. T>exiliograpli i c.
Bescherelle jeune, II., Dictionnaire classique de la langue franc^-aise, le plus
exacl et Ic plus conijilet de tous les nuvragcs de cc genre, suivi d'un Dic-
tionnaire geographiquc, hislorique, biographique et mythologicjue. 5c idit.
Bar-le-Duc, imp. Philipona; Paris, librairic Bloud et Barral. 8'' ä 2 col.
VIII, 1234. ... . . 1552
Boissiere, P., Dictionnaire analogique de la langue fran^aise, rejiertoire
ciimplet des mots par les idecs et des idees par les mots. 5c ed. Diction-
naire et Supplement. 2 vol. Paris, Boyer et .Ce. 8". XVI, 1439; 32.
20 fr.; I fr. 50. 1553
Changements orthographiques introduits dans le Dictionnaire de l'Academie
(cililion de 1877). 8e edition, revue et corrigee. Paris, Boyer et O. 8".
72. 1 fr. Public par la Societe des correcteurs des imprimeries de
Paris. 1554
Dictionnaire historique de la langue fran9aise, comprenant: L'origine, les
formes diverses, les acceptions successives des mots, avec un choix d'e.xem-
ples tires des ecrivains les plus autorises, public par l'academie fran9aise.
Tome III, I (Almanach — ancien, ienne). Paris, Firmin-Didot et Cie.
4",. 200. 1555
Guerard et Sardou, Dictionnaire abrege de la langue fran^aise (extrait du
Dictionnaire gcneral) ... 5^ edition. Paris, Delagrave. 8" ä 2 col. X,
827. Cours complet de langue fran^aise par M. Guerard. '55^
Jannet et Le Saint, Dictionnaire de la langue fran^aise suivant rortho-
graphe de l'Academie; par Jannet. i6e edit., revue et corrigee, augmentee
d'un petit dictionnaire geographiquc par L. Le Saint. Limoges, E. Anlaut
et Ce. 80 ä 2 col. 518. ' 1557
Larousse, P., Dictionnaire complet de la langue fran^aise, quatre diction-
naires en un seul. 30^ edition, illustree et considcrablement augmentee.
Paris, Boyer et C». 8" ä 2 col. 1223. 3 fr. 1558
— Dictionnaire complet de la langue fran^aise, quatre dictionnaires en un
seul. 3ie edition illustree et augmentee. Paris, Larousse et Boyer. 8°
ä 2 col. 1223 avec fig. 3 fr. 1558a
— Nouveau dictionnaire de la langue fran^aise, (juatre dictionnaires en un
seul. 626 edition, illustree et considcrablement augmentee. Paris, Boyer
et Ce. 8« ä 2 col. 1138 avec tig. 2 fr. 50. 1559
— Nouveau dictionnaire de la langue fran^aise, quatre dictionnaires en un
seul. 640 edition, illustree et augmentee. Paris, Larousse et Boyer. 8"
ä 2 col. II 36 p. avec 1500 fig. 2 fr. 60. 1560
Le Saint, L., Nouveau dictionnaire de la langue fran^aise, presentant les
acceptions propres, figurees et familieres des mots, etc., suivi de nouveaux
dictionnaires geographiquc, mythologique et historique. 6e edit. Limoges,
V.. Ardant et Ce. 8". 694. 1561
Plattner, Ph., Nachträge zu Sachs' Wörterbuch. (Fortsetz, zu Ztschr. IV,
I S. 45— 70). In ZnSpr VII, I, 275— 301. 1562
Scheele, F., Die Massbenennungen in den Schulwürterbücheru von Sachs
und von Thibaut. In AnS LXXIV 119 ff. 15(^3
Über, Zu dem französischen Wörterbuch von Sachs -Villatte. Progr. d.
Gymn. zu Waidenburg. 4". 16. '5^4
S. FG II 336 (J. Sarrazin).
BIBLIOGRAPHIE 1885. FRANZÖSISCH. LEXIKOGRAPHIE. 81
Über, B., Zu dem französischen Wörterbuch von Sachs. Schluss. In
ZnSpr VII, I47— 55; 302— 305. 1564a
Vogt, A., Nachträge zu dem französischen Wörterbuche von S ach s (4. Aufl.
1881). In FG II 87— 93; 153—166. 1565
Termes de marine. In T VI 151. 1566
Godefroy, F., Dictionnaire de l'ancienne langue fran^aise et de tous ses
dialectes du IXe au XVe siecle . . . T. IV. File-Listage. Paris, F. Vieweg.
4". 798. - 1567
5. Rcr N. S. ^Xi85/ 426; N. S. XXI 27 1; N. S. XXII \0 (A. Jacques).
Mann, M. F., Kritische Bemerkungen zu Godefroy's Dictionnaire. In
RF 11375—79- 'S^'S
Du Bois-Melly, Glossaire du XVIe siecle. Annecy, imp. Abry. 8". 16.
Second specimen. Tire a 25 exemplaires. Extrait de la Revue savoi-
sienne. 1569
Gtiizot, Dictionnaire universel des synonymes de la langue fran^aise. 9. dd.
revue et augmentee. Paris, E. Perrin. 8". XL, 841. 1570
Meurer, Karl, Französische Synonymik. Mit Beispielen, etymolog. Angaben
und zwei Wortregistern. Für die oberen Klassen höherer Schulen bearb.
3. sehr verb. u. verm. Aufl. Köln, Roemke & Co. 8'\ VIII, 177.
M 2. 1571
5. ZnSpr VII. II 282 {Ph. Plattner).
M., H. F. V., L'Etude des Synonymes. In T VI, 321—27. 1572
Le Hericher, E., Glossaire etymologique anglo-normand , ou l'Anglais
ramcne ;i la langue fran9aise. Paris , Maisonneuve. 8" ;\ 2 col. XVI,
224. 1573
S. DL 1886, 15 (J. Zupitza).
Stappers, H., Dictionnaire synopliquc d'ctymologic fran^aise donnant la
dcrivation des mots usuels classcs sous leur racinc commune et en divers
groupes. . . . Bruxelles, Librairie europeenne. 8". 697. Fr. 7.50. '574
S. ZnSpr VII, II 2Z1 [Ph. Plattner). FG II, 200 {A. Kressner). LgrP
r/457 {P- Neumann). LC 1885, IO44. DL 1885, 1552 [J. Ulrich),
Revue de Belgique L 103 (J. S.).
Toubin, Gh., Dictionnaire etymologique et explicalif de la langue fran9aise
et specialement du langage populaire. Macon, Prolat frcres impr. 8".
47. '575
S. Rcr N. S. XX, 204 {A. Delboulle).
Bernaerts, Ftudes ütymologiques et linguistiques sur les noms de lieux
romans et bas-allemands du la Belgique. In Annales de l'Acad. d'Archcol,
de Belg. XX VIII 3. I57<'
Bück, M. R., Zur Orts- und Personennamenkunde. I. AUburgundische,
elsässische welsche Ortsnamen. i . Die Endung -ens, -eins, -ins, -in an
altburgundischen Ortsnamen der französischen Schweiz. In AI XIII,
I n-. 1577
Cocheris, II., Originc et formation des noms de lieu. Paris, Delagrave.
8". 272. , 157^''
Devic, L. Marcel, Etymologies latines et fran^aises. I. Aiior. II. Loriot.
III. Rasatle. In Rdlr 3. scr. XIII 03— 100; 252. 1579
Ent, A. van der, L'Etude des mots et de leur significalion. In T VI 71 — 70;
141 — 151; 200 ft".; 261 -69; 327 — 33. 1580
Horning, A., Französische Etymologien. In ZrP IX 140 ft'. 1581
Lewall, Etymologie et Iransformalions des noms des repas, communicalion
faile i\ la Socicte dans la SLance du 7 mai 1884. Montauban, imp. Fo-
restie. 8". 24. Exlrail du Bulletin de la Sociclc archeologicpie de Tarn-ct-
Garonne. 15^2
Zcitsolir. f. roiii. l'liil. .\. Uilil. 6
82 lill'.MOfiKAl'llIK l8(S5. I-KOVRN/AI.ISCII. I'.II'.MOf.RAI'HIF. KTC.
Rolland de Denus, A., Les Anciemu'; |)rovin(ts dt- la France, öludcs i!ly-
moli)jji(|iics et onomatolojjiqucs sur leiir nom et ccliii de Iciirs liaMlanls.
l'aris, Lcchevalier. 8". VIII, 296. 8 fr. 1583
S. liihl. de l't'c. des chartes 46, 337 (6'.).
Sorbets, L., Ori{,'inc des noms de licnx pour le departcmenl des Landes.
Dax, inip. Jiistere. 8". 17. Kxtrait ein P.ulktin rli- |a Soriet^ de
lionhi. 1584
Cloetta, (i., Crcnu. lii J<.o XIV 571. 158!^
Meyei', P., l'rov, n^upnr, fran9. a^oper, achoper. In Rf) XIV 126 — 128. 158O
Paris, (1., Diort'. In Ro XIV 274. 1587
Tobler, A., Altfrz. nrere ^^ lat. iirntrutii. In Zil' IX 14g. 1588
IV. PROVKNZALISCIl.
1 . B i 1) 1 i o }i r a p li i c.
Gaudin, L., Cataloguc de la biblintheque de la ville de Montpellier (dite
du Musec Fahre). Ilistoire (deuxieme partie). VIII p. et p. 401 a 8^*4 .
Montpellier, inipr. GroUier et fils. 8". • '589
Vidal, V., Les Manuscrits proven^aux de la Mejanes. Aix, Makaire. 8". 16.
F.xtrait de la Revue sextienne. '590
Chabaneau, C, Sur quelques manuscrits provencaux jierdus ou egar^s.
(Suite et lin.) Additions et corrections. In RiUr 3. ser. XIII 43 — 46;
3. s6r. XIV 72—88. F591
Meyer, P., Nolice de quelques Mss. de la collection Libri, i Florence. In
Ro XIV 485 -548. 1592
2. Zeitschriften.
Revue des Langues Romanes ... 3. serie T. XIII. XIV (t. XXVII,
XXVIII de la collection). Montpellier. Paris, Maisonneuve et Cie. 8".
312; 316. 1593
S. Ro X/F7,02: 612 {F. M.) ; ^^149 {P. M); 468/; {P. M.).
La Revue du Sud-Ouest, dirige par Ch. Ratier, contcnant des po^sies
en langue d'oc. Agen, annce unique 1885. '304
La Revue felibreenne. Publication litteraire, franco-proven^ale sous la
direction de P. Marieton. Tome premier. Janvier -Decembre. 1885.
Lyon, Paris, Marseille, Grasse, Avignon, Montpellier, Barcelone. 8". 440.
8 fr. jährl. 1595
Revue Lyonnaise . . . Cinquieme annee, T. IX. X. Janv.-Juiu; Juillet-
Dec. 1S85. Lyon, AIougin-Rusand. 8". 480; 480. 1596
3. Geschichte und Culturgeschichte.
Guigue, M. C, Cartulaire lyonnais. Documents inedits pour servir ä l'histoire
des anciennes provinces de Lyonnais, Forez, Beaujolais, Dombes, Bresse et
Bugey, comprises jadis dans le Pagus major Lugdunensis, recueillis et
publies par M. C. G. T. I. Documents anterieurs ä l'annee 1255. Lyon,
imp. Plan. 4". IX, 886. — Collection de documents inedits pour servir
ä l'histoire du Lyonnais, publies par les soins de l'Academie des sciences,
belles-lettres et arts de Lyon. '597
Abbatia, G. d', Lettres inedites t^crites ä Peiresc par Guillaume d'Abbatia,
capitoul de Toulouse {1619 — 1633), publ. par Ph. Tamizey de Larroque.
In Rdlr 3. ser. XIII 209 — 236; 269 — 290. 1598
Everlange, P. E. d', Histoire de saint Gilles, sa vie, son abbaye, sa basi-
lique, sa ville, son pelerinage, sa crypte et son tombeau. 10^ edition.
Avignon, Seguin freres. 8". XXX, 306 et planches. '599
Gaut, J. B., Kindes de moeurs proven^ales. In Rf I 1041!.; ugfl". 1600
Pilot de Tliorey, J. J. A., Usages, fetes et coutumes existant ou ayant
existe en Dauphine. Grenoble, Drevet. 8". 2 voll. Fr. 8.50. 1601
BIBLIOGRAPHIE 1885. PROVENZALISCH. LITTERATURGESCHICHTE. 83
4. Litteraturgeschichte.
Chabaneau, C. , Les biographies des troubadours en langue proven^ale,
publiües intcgralement pour la premiere fois avec une introduction et des
notes (Estratto dal tomo X della Histoire generale de I.anguedoc). Tou-
louse, Ed. Privat. 4". 204. 1602
S. Gsli r//25l. ZrP 1886, 591 #. {O. Schultz).
Espagne, A., Melanges de litterature romane. Montpellier, impr. centr. du
Midi (Ricateau, Hamelin et Ce.). 8". 124. Publicat. de la Soc. pour
l'ctude des langues rom. 1603
Montet, E., Histoire litteraire des Vaudois du Piemont, d'apres les manus-
crits originaux conserviis ii Cambridge, Dublin, Gencve, Grenoble, Munich,
Paris, Strasbourg et Zürich. Avec fac-simile et pieces justificatives. Paris,
Fischbacher. 8". XII, 242. 1604
S. Ro X/Vng. LC ISHS. I353 {H. K-ng.). Gsli /7/223 {R. Renier).
Schultz, O., Zu den Lebensverhältnissen einiger Trobadors. In ZrP IX
116—135. '^°5
— Zu den genuesischen Trobadors. In ZrP IX 406. 1605a
Casini, T., I trovatori nella Marca Trevigiana. In Pr XVIII i, 140 —
187. 1O06
.S'. Ro 1886, 158.
Jullien, E., Diverses Oeuvres litteraires du midi de la France. Etüde.
Reims. 1 607
Stengel, F., Der Entwicklungsgang der provenzalischen Alba. In ZrP X
407 — 412. 1608
Bertran Albaric. C. Chabaneau, Bertran Albaric. In Rdlr 3. ser.
XIII 251. i6oq
Gililhem de Cabestanh. V. Balaguer, Guilhem de Cabestanh. In Rdml
V 328—338. 1610
Rambaut von Vaqueiraa. G. Carducci, Galanterie cavalleresche del
secolo XII e Xlll. In NA 2. ser. XLIX 5 — 24. 161 1
5. Ausgaben und Erläuterungsschriften.
Doeuments hiatoriques b.as-latins, proven9aux et frani,ais, concernant
principalenient la Marche et le Limousin, publies par Alfred Lcroux,
Emile Mol inier et Antoine Thomas. T. 2. Limoges, V'' Ducour-
tieux. 8''. 384. Les 2 volumes, 12 fr. 1612
S. Rcr N. S. A'A'107 (a). Rillr 3- ^'^fi^ XF^i (C. C).
Böhme, Er. M., Originalgesängc von Troubadours und Minnesingern des
12. — 14. Jahrhunderts. Aus den handschriftlichen und gcdruiktcii nuilUii
nach Ton und Text übertragen und /.um Conccrtgebraiuli für Bariton und
i'ianofortcbcglcitung. Mainz, Schotts Sc'ihne. 4". 33 S. 1(>13
.S'. Lgr/' l'J 84.
Moutier, L., Bibliographie des dialectes dauphinois. Doeuments inedit->
1. Ciiartc liioise du ijuatorziemc siicle. II. Trois inscriplions murales.
III. Dix noels du dix-septieme siecle. IV. Dix formules de coujiirati.in
du dix-septieme siede. — Valence, impr. Valenlinoise. 8". 55. i()i4
S. Ro A7r3io.
Poesies inecUtes <lcs troubadours du l'evigord, ])ublii'es par ('imiilc
(Tiabaneau. Paris, Maisonneuve et C'' . 8". lil, (17. l'xtrail >U- la
Rdlr. ".15
S. Rf / 231 (y/. Saviiir). Rcr N. S. XX l^l (T. ./,■ /..). /.grJ' 1880.
-7 (^^'- Lcvy).
Roman, J., et P. Meyer, Documcnl dauphinois de la hu du XII« siecle.
In Ko XIV 275 n. 1<>|6
Fragment il'une chanson d'Antioche en proven(,al, public et tradiiit, etc.
par P. Meyer. In Alti della R. Accademia dellc Scien/.c di rorino, vol.
XX, disp. 5". 1017
6*
84 JUIU.IOOKAI'MIF. 1885. I'KOVRNZAI.ISCH. LITTKRATUROESCHICIITE.
La Bernarda Buyandiri, tiaj^i-comrilic vn palois lyoiinais «In XVII''
siecle, i)ul>licc (raprcs l'unique cxcmplaire connii, avcc nnc prd-facc, im
fjlossaire et des notes par K. I' li ili |)nii. Lyon, Georg. 8". 48. Kxtrail
de Lyon-Revue. 1618
S. Ro XJVt,\<).
Bernard de Ventadorn. A. Toblcr, I*'.in Lied Jkrnarts von Vcnla-
dour. In Sit/unj^sber. der legi, preiiss. AU. der Wiss. zu Hcrlin 1885, II
041 — 4'). \(>\(i
Buvalelli. T. Casini, Le rime provcnzali di Rambertino Buvalelli, Irova-
torc bolognese del sec. XIII. P'irenzc. 8". 32. Per nozze Venturi-
Casini. 1620
.9. LffrP F7504/". (E. Levy). Ro 1886. 158.
Croiaade contre las Albigeois. R. Diehl, Guillem Anelier v. Toulouse,
der Dichter des 2. Theils der Albigenserchronik. Marburg, Elwert's
Verlag. 8". 42. M. 0.8ü. Slengel's Ausgaben und Abhandlungen
XXXVI. 1621
Douceline. E. Renan, J'hilippine de l'orcellet, aulcur presum(j de la Vie
de sainte Douceline. Paris, iinpr. nationale. 4". 23. Extrait de l'Histoire
litleraire, l. 29. 1622
Guiraut de Borneil. W. Meyer, Zu Guiraut ck Borneil's Tagelied „Reis
glorios". In Sitzungsber. d. philos.-philol. Cl. d. Ak. d. Wiss. zu München
1885, 113— 16. 1623
Libre de les dones. Traduction castillane du ,,Libre de les dones".
Par L. Matheu y Sanz. In Bibl. de l'ec. d. chartes 46, 108 — 137. 1624
Mareabrun. C. Chabaneau, Sur la data du Vers del Lavador de Mar-
cabrun. In Rdlr 3. ser. XIII 250. 1625
Marie Madeleine. C. Chabaneau, Sainte Marie Madeleine dans la litt^-
rature proven^ale ; recueil des textes proven9aux, en prose et en vers,
relatifs ä cetle sainte, public avec introduclions et commentaires. Mont-
pellier, impr. Hamelin freres. 8". 116. Extrait de la Rdlr. i6;6
— Vie de sainte Marie Madeleine, poeme proven9al, public pour la premiere
fois d'apres le manuscrit unique appartenant h. M. Paul Arbaud, par Camille
Chabaneau. Montpellier, inip. Hamelin freres. 8". 65. 1626a
Mönch von Montaudon, Die Dichtungen, neu herausgegeben von O. Klein.
Marburg, Elwert's Verl. 8". 146. M. 3.60. Ausgaben u. Abhandlungen,
veröff. v. E. Stengel VII. 1627
S. FG III \bb {A. Kressner). DL 1886, 1064 [C. Appel). LgrP liib.
455#- {E.Levy).
Psaumes. C. Chabaneau, Paraphrase des Psaumes de la Pemtence. (Ms.
no. 308 de la bibl. d'Angers.) (Suite et fin.) In Rdlr 3. ser. XIV 105— 118.
S. Bibl. 1881 No. 1717. 1628
Biadene, L., Las Rasos de trobar e Lo Donatz proensals secondo la lezione
del ms. Landau. In SFR I 335 — 402; 452. 1629
S. Ro XIVbxb {P. M.). Ric 1885 No. 4 (T. Casini).
Uc de San Circ. N. Zin gare Ili, Un Sirventese di Ugo di Sain Circ.
(Estratto dalla Miscellanea di Filologia, dedicata alla memoria dei prof.
Caix e Canello). Firenze. 40. 13. 1630
S. LgrP 1886, 331 {E. Levy).
Zorzi. A. Rohleder, Zu Zorzi's Gedichten. Dissertat. d. Univ. Halle.
Halle a. S. 8«. 29. 1631
6. Moderne Dialekte.
Armana prouven^au per lou bei an de Dieu 1886, adouba e publica de la
man di felibre. Avignon, Roumanille; Paris, Thorin. 8". 112. 1632
S. Rf I 366 (P. des Marelles).
Aubanel, Th., Li Fiho d'Avignoun, poesies proven^ales, trad. fran9aise en
regard. Montpellier, imp. centrale du Midi. 8". 300. 1633
Batigne, M., La Grando Marseilheso tarneso ä l'oucasiou de las electious
legislatibos d'al 4 octobre 1885. Lavaur, imp. Vidal. 4" ä 2 col. i. 1634
BIBLIOGRAPHIE 1885. PROVENZALISCH. MODERNE DIALEKTE. 85
Cacho-Fio (lou), armana de Proven^o e de Lengadö per lou bei an de Dieu
1886. Carpentras, impritn. Tourrette; Avignon, libr. Durand. 8". 112.
10 sous. 1635
S. Rf IUI.
Le cap incomparable, Journal de Mme la comtesse Coote, contenant des
poösies incdiles de M. Bonaparte -Wyse et J. B. Gaut. Antibes,
impr. Marchand 1884— 1 885. 1636
Cassan. P. Dabry, Vie de ü. C. Cassan, poele proven^al avignonnais.
Avignon, imp. Gros. 8". 193. 2 fr. 50. 1637
Chassary, A., Sounels lagnats. In Rdlr 3. ser. XIV 129—134. 1638
Franc (lou) Prouven^au, armana de la Prouven^o per 1885. (loe annado).
iJraguignan, imp. Latil. Z^. I44. 50 c. 1639
Qagnaud, A. de, Ranipeu. In Rdlr 3. ser. XIII 141. 1640
Qaiissen, P., Li Mirägi, pouesio prouven^alo. Traduction fran^aise en
regard. Paris, Maisonneuvc Ire res et Leclerc. 8". 184. 1641
S. Rf I 233 {A. Savine).
Qaut, J.-B., Les felibres d'Aix ä Ilyercs, recueil de poesies et de brindes
de l'ccole de Lar, prononces ä la Sainle-Estelle de 1885. Aix, Remondet-
Aubin. 8". 1642
Latty, Brinde ei Fclibre (Toast aux Felibres). Toulon, imp. Isnard et Ce.
8". 3- 1^3
Ii'Etoile, A. E. de, Un jour de mistral. 30 cdition. Lille, Lefort; Paris,
meme maison. 8". 71 et grav. I^'44
Marello, 1'., La Cansoun de Jan d'Amour, pouesio prouvcnt,-alo (eni' uno
versioun franceso); pes Peire di Marello. Montpellier, imp. Hanielin
freres. 8». 16. 1O45
— La Mort d'un Poutoun. In Rdlr 3. ser. XIV 138-148. 1O46
Mistral, F., Les Felibres; Mgr Tolra de Bordas. Nice, impr. du palronage
de Saint-Pierre. 8". 18. 1647
Arnavielle, A., Lou Jounglaire. In Rdlr 3. ser. XIV 94— 100. 1648
Azais, G., Un prczen de rci. In Rdlr 3. sör. XIII 194 — 202. 1649
Gaut, J. B., A. G. Azais. In Rdlr 3. ser. XIII 143. I050
Bigot, A., Li llou d'armas, recueil de poesies ninioises et de fables nou-
vclles. Nimes, Weingardl-Cliautard. 8«. I40. IÖ51
L'Eneide de Virgile, Iraduite en vers burlesques langucdociens par
Th. Cavalier. In Rdlr 3. ser. XIII 53— 84. 1052
Foures, A., Subre Jordi Sand. — Paysage d'Agoust. — A Paul Cliassary.
— La Grando Espigo. — A-n-uno maire. — A'n Pastour. — L'Alumaire
de gaz. — As fraires Mountgoult'ie. — Sonnet umourislic. — Salut as
Jerriaises. — A'n Ounourat de Balzac. In Rdlr 3. ser. XIII loi; 103;
144; 239; 242; 245; 248; 3. ser. XIV 283; 288; 289; 294. 1053
Fllitel, L., Li Masajan, les habilants des Mas, rouman prouveni,MU. Monl-
pellier, impr. Hamelin freres. 8". 38. Publicalions mensuelles de la main-
tenance de Languedoc des Felibriges. No. 48. 1054
,S". Rf /230 {V. Beniat).
Garaud, L., Essais: le Latin populaire, sa transforniation et sa dcgradation
etudiccs au point de vue de la phonetitiue dans le dialecle langueiloiicn
de Pamiers (Ariege). Paris, V« Belin et fds. 8». 125. 1655
Gleizes, Et., Soupet et Resoupet. In Rdlr 3. ser. XIV 296—308. 105O
Guerin, Poesies de dorn Guerin (de Nant), deuxieme et derniere iiaMie,
lirecedee d'une notice biograpliique et dialectologique , par E. Ma/.el.
Moulpillier, imi>. Hamelin freres. 8". XIX, 89. Exlrail de la Rdlr. I0;i7
L'Jöu de paseas a double rousset, armanac rouman per 1884 et 188-;,
almanach langucdocien. .Montpellier, impr. centrale du Midi. ibjS
Laforgtie, ("., iiiindc iiourlal al bantiuel de Banyuls, lou 19 de jun 1883.
MoulpcUier, imprim. Hamelin freies. 8". 9. lilre rouge et noir. Papier
verge. '659
86 )UHLIOGKAl'HIK 1 885. l'KOVENZALISCH. MODERNE DIALEKTE.
Liambert, I,., (Pontes pojjuliiiixs «In Ijatif^'ucdoc. — I. L(ju l'illi(jl de la
Mort. ]|. La fuminj es jjiis l'ino (|uc lou diaple. HI. l.ou I^ouporuü.
In Killr 3. Str. XllI i«4 193; 3. scr. XIV 47— 51; 124-128. 1O60
Langlade, Andre. In Rdlr 3. scr. XIV 135 (1. 1661
— Lou nis de cardounilha, vcrscs lansargöus \cnil) iina revirada en frances).
M()nt|)ellier, imj). Ilanielin frcres. 8". 7. Ifj62
Martin, Line jxxjsie du j)crc Martin, de Beziers, en lanjjage de Montpellier,
rccditee et aiuiotee ])ar Alplionse Ko <| u e - Fer r i e r. Montpellier, ini|).
llaiuelin frcres. 8". iX. l':xtrail de la i<dlr 1884. 16^.3
Ricard, L. X. de, A'n Mancini, conse de Fransa au l'arajjuay. In Rdlr
3. scr. XIII 237. KJO4
Roque-Ferrier, A., Une troisieme iniitatiun du sonnet de Fizes contre
rahhO l'lomct. In Rdlr 3. scr. XIII 47. 1665
Roumieux, L., Niue il'ivcr. In Rdlr 3. scr. XIII 291 301. 1666
Guillaoumes. - Guilhiuumcs de Raynaoudos as cleclurs de la coummuno
d(5 Mounesties. Albi, inip. l'ezous. 8". 8. 1667
Salles, Is., Debis jjascouns, recueil de poesies bearnaises. Paris, imprim.
llugonis. 8". IV 270. i6b8
6'. Rf /4i5# {P. Maricton).
Chastanet, A., Lou l'aradis de las belas-mais. Coumedio en un acte et
en proso (1885) (Dialecte de Moueissido, cn l'crigord). In Rdlr 3. scr,
XIII 302 — 310; 3. scr. XIV 24—44. 1669
Gaidoz, IL, et P. Sebillot, Bibliographie des traditions et de la lillC-rature
populaire de l'Auvergne et du Velay. Clernionl-Fcrrand, imprimerie Munt-
Louis. 8". 35. Exlrail de la Revue d'Auvergnc, l. 2. 1670
^^ Aptp /K313 (P.). M IIi%i (H. G.),
Vincent, F., Etüde sur le patois de la Crcuse. In Mcnioires de la Soc.
d. sc. nat. et archeol. de la Creuse, tome V, 3« bulletin (Gueret 1S85)
p. 226 — 316. 1671
S. Ro AVK 619 {A. Thomas).
Cledat, L., Le patois de Coligny et de Saint- Aniour. In Ro XIV 549 —
570- 1672
Du Pviitspelu, N., Tres humble essai de phonctique lyonnaise. Lyon,
Georg. 8". 145. Extrait de la RL IX. 1673
S. Rdlr 3. scr. XIV \d,() {L. Cledat). AnS LXXV 2,:>>9-
Armagna doiifinen, per lou bei an de Diou 1886 (20 annee). Valence,
Lantheaume. 1674
^. Rf I 420.
Bermond, G., Lo Crestoisado, poeme dauphinois en deux chants. Valence,
inip. Teyssier. 1675
Guichard, G., Une version dauphinoise de V Escrivetu. In Rdlr 3. scr.
XIV 89—93. 1676
Constantin, A., La Muse savoisienne au XVIIe siecle ; Nocl en patois
savoyard des environs d'Annemasse, avec traduction, conimentaire et aper^u
grammatical. Annecy, imprim. Abry. 8". 16. Extrait de la Revue
savoisienne. 1677
BIBLIOGRAPHIE 1885. CATALANISCH. 87
7. Grammatik und Lexikographie.
Meyer, 1'.. Proven^al Language and Literature. In The Encyclopaedia
Britann. XTX 867—76. 1678
Mahn, A., Grammatik und Wörterbucli der Altprovenzalischen Sprache.
Erste Abteilung: Lautlehre und Wortbiegungslehre. Kothen, Schettler.
8". VII 315. M 6. 1679
S. FG III 165 {Ä. Kressner). LC 1886. 1762 [W. F.). DL 1886, 774.
LgrP 1886, 186 {E. Stengel).
Hengesbaeh, J., Beitrag zur Lehre von der Inclination im Provenzalischen.
Marburg, Elwerts Verl. 8'\ 92. Stengel's Ausgaben und Abhandlungen
XXXVII. 1680
Pleines, A., Hiat und Elision im Provenzalischen. Marb. Diss. Marburg,
Univ.-Buchdr. (R. Friedrich). 8«. 78. M. 2. Ausg. u. Abh. a. d. Geb.
d. roman. Phil. 1681
S. LgrP 1886, 503 {E. Levy).
Harnisch, A., Die altprovenzalische Praesens- und Imperfect-Bildung mit
Ausschluss der A-Conjugation (Nach den Reimen der Trobadors). Marb.
Diss. Marburg. Aus: Ausg. u. Abh. a. d. Geb. d. roman. Phil. Heft
XL. 80. 56. 1682
WolflF, K. Fr., Futur u. Conditional H im Altprovenzalischen. Marburg,
Elwert's Verl. 8'''. 46. M. 1.20. Stengel's Ausgaben und Abhandlungen
XXX. 1683
Mann, P., Das Participium praeteriti im Altprovenzalischen (Nach den
Reimen der Trobadors). Marburg. Dissert. Marburg, Univ.-Buchdr.
(R. Friedrich). 8". 44. Aus: Ausg. u. Abh. a. d. Geb. d. roman. Phil.
Heft XLI. 1684
Mistral, F., Lou Tresor doü felibrige, dictionnaire du dialecte d'oc, 1885
(G.-R.). Aix, Remondet-Aubin. 40 i\ trois colonnes. 1685
Chabaneau, C, Dotz. — Arrivcr. In Rdlr 3. ser. XIII 203, 1686
Puitspelu, N. du, Vieilles choses et vieux mots lyonnais, Wimbessi, le
bocket, Padoy. In RL X 272—277. 1687
Thomas, A., Prov. sea. In Ro XIV 275. 1688
Durand de Gros, J. P., Notes de philologie rouergate (suile). In Rdlr
3. ser. XIII 85—92; 3. s6r. XIV 44— 47. 1689
V. CAT.\L.\NISCII.
Morel-Fatio, A., Rapport adrcsse ;\ M. le ministre de l'inslruciion publi-
que sur une mission philologique ä Valence, suivi d'une ctude sur le
„Livre des fenimes", poeme valencien du XV" siecle, de maitre Jaume
Roig. Nogent-le-Rotrou, impr. Daupeley-Gouverneur; Paris. 8". 72. Ex-
trait de la Bibliothcque de l'Ecole des chartes, 1884 — 1885. 1690
Jochs llorals de Barcelona. Any XXVII de llur restauracio 18S5. Bar-
celona, Eslampa ,,La Renaixensa". 8". 299. 1691
Balaguer, V., Obras de Victor Balaguer, t. VII. Discursos academicos y
Moniorias lilcrarias. Madrid, Imp. y Funil. de. M. Tello. i-SSj. T. VIII.
— El Monasterio de Piedra. Las leyendas de Monserrat. Las Cuevas ilc
Monserrat. T. IX. X. llisloria de Catalufta I. II. Madrid, Imp. y
Fund, de M. Tello. 1885; Libreria de Murillo. 8". VIII, 408; VIII, 408;
XV, 528; 550. 30 rs. cada tomo. 1692
S. Riiinl ^529 (7'.). Kf 7287 (A. Savine).
Berträn y Bros, P., Cansons y follics populars (inediles) reculli<les al peu
de Monserrat. Barcelona, Libreria de A. Verdagucr. 8". XXII, 325.
24 y 20. 1603
^\ Rdir 3. ser. XIII 20- (C. (.'.). Rf I l'^l {A. Savine). Aptp //'305
{S. Salomonc-Marino). M 7/478 {l'h. Je /'uy/nuigre).
88 mULIOüKAPHIK 1885. SPANISCH. HIHLIOGKAPHIK KIC.
Donnadieu, F., Santo Mario ilcl Soiilcl, kj^undo dcilicado a iJon Jatinto
Verdajjuer. Anih uno reviradu en francüb per Jlenniun, rcviraire de
Mjicio, Montpellier, inip. llamcliri frcrcs. ü". 13. Exlrail de lu Rdlr.
Maiiileiiancc de Lanj^iiedcjc du l'"('lil)i iL;c. I'j94
Folk-Lore Catala. 'Jomo II. ( m utos populais calalans, jier lo Dr. I). Fran-
cisco de S. Maspons y Labri'ts. Barcelona, i^ii). de A. Verclaj^uer. 8".
X, 148. 10 y 12. 1^95
S. RiUr S. scr. XIII l<.r, {C. C). Rf / 288 (./. Suiniie). DL 1886.
57 (/'. Zunkcr). Apip 7^405 {F.). Rcr N. S. XXII xy. (A. Morel-
Falio).
Raimond Lulle. In IIIdK XXIX i 3Sf,. 1696
Verdaguer, Mo.sh,cn Jacinto, La Allanlide, ijoenia. Tradu/.ione di l,. Süner.
Roma, For/.ani e C, 171. '''97
S. NA 2. scr. 53, 569.
— Carilal, poesieb ile Mosbcn Jacinto Verdaj^ner. JJareelona, A. Verda-
guer. 1698
S. Rdml K4UO (7:).
VI. SPANISCH.'
I. Bibliographie.
Boletin de la libreria. Ano XII, 7 — 12; XIII, i — 6. Madrid, Libreria
de M. Murillo. 8". 20 rs. 1699
2. Geschichte und Gull u rgesc hie h le.
Colecciön de docimienlos inedilos para la llisloria de Kspana, por el mar-
ques de la Fucnsauta del Valle, D. Jose Sancho Rayon y I). Fran-
cisco de Zabalburu. Tonio LXXXII. Matlrid, Libr. de M. Älurillo. 4".
XIV, 557 pägs. 48 y 52. Contiene esle tonio : Adverlencia preliniinar. —
Correspondencia diplomätica de los plcnipolenciarios espanoles en el Con-
greso de Munster. — Carlas de ü. Diego Saavedra Fajardo. — Carlas
del conde de Penaranda. — Carlas de D. Diego Saavedra Fajardo. 1700
Vallejo, J. J., Articulos i estudios de coslumbres chilenas escrilos por
D. Jose Joaquin Vallejo. (Jolabeche.) Sanliago de Chile. (Leipzig, irnjir.
de F. A. Brockhaus.) Madrid, Libr. de M. Murillo. 8". 289 pägs., lela.
22 y 26. Biblioleca chilena, publicada por los Sres. Luis Monli y J. Abe-
lardo Ni'inez. 1701
3. Litter alurgeschicKte.
a) Allgemeine Werke.
Soldevilla, F., Joyas de la lileralura espaiiola, con arliculos biogräficos y
bibliogräticos respectivamenle acerca de los autores y obras que contiene
esle tomo. l'aris. Garnier freres. 8". III, 464. 1702
Latassa, Bibliotecas antigua y nueva de escrilores aragoneses de Latassa,
aumenladas y refundidas en forma de Diccionario Bibliogrätico-Biogrätico
por don Miguel Gomez Uriel, oficial del Archive y Biblioleca del
Tluslre Colegio de Abogados de Zaragoza. Tomo I. Lelras A ä G.
Tomo IL Comprende las lelras H. ä P. Zaragoza, imp. de Calixto Arino.
Madrid, libr. de M. Murillo. 4». XXXV, 662 pägs. ä dos col.; XVIIL
614. 50 y 56; 50 y 56. La obra conslarä de lies lomos. 1703
Biographien berühmter Spanier. Del Marques de Santillana v. Pulgar.
Vida del Cid y de Cervantes v. Quin tana. München, Lindauer. 8". 106.
M. I. Spanische Bibliothek, hrsg. v. J. Fesenmair. 4. Bdchn. 1704
Valencia, conte di Casa, Delle scritlrici spagnuole: discorso lello neiratto
di prender poslo nella R. Accad. della lingua spagnuola, Iradolto ed anno-
tato da una Ispanotila, con prefazione. Bologna, N. Zanichelli. 8*^.
XIX, 128. L. 1.50. 1705
BIBLIOGRAPHIE 1885. SPANISCH. LITTERATURGESCHICHTE. 8g
Treverret, A. de, La lilttjrature espagnole contemporaine. — Le roman et
lu realisme. In C N. S. 102,1096 — II16; 103, 150 — 67; 324 — 42. Auch
bcpaial: Paris, lib. Gervais. 1706
Carreras, L., Los Prosislas contemporaneos en Madrid; Estudios sobre el
arte de escribir bien. Paris, imp. Goupy et Jourdan. 8". 189. '707
Murguia, Manuel, Los Precursores. — Faraldo. — Aurelio Aguirre. —
Sänchez Deus. — Moreno Astray. — Pondal. — Cendön. — Rosalia
Castro. — Serafin Avendano. — Viccetto. — Ignotus. Coruiia, Imprenta
de „La Voz de Galicia"; Latorre y Martinez, edit. Biblioteca gallega I.
8». 274. 12 y 14. 1708
Lastarria, J. V., Recuerdos literarios. Datos para la llisloria literaria de
la America espafiola i del progresu inleleclual en Chile. Segunda ediciön,
revisada i adurnada con relratos de los principales jileratos nacionales i
extninjeros. (Leipzig, imp. de F. A. Brockhaus.) Santiago de Chile, Lib.
de M. Servat. 4". 605 päginas con 53 relratos intercalados. Med-chagr.
Madriil, Libr. de Murillo. 84 y 88. 1709
Pimentel, Fr., Ilistoria crilica de la literatura y de las ciencias ea Me.xico
desde la conquista hasta nuestros dias por F. P. Siendo la primera que
se publica sobre tan interesante asunto. Obra adornada con retralos.
[L] Poetas. Mexico, T-ibreria de la Ensenanza. 8". 736. 20 y 21. 1710
Vergara y Vergara, J. M., Escritores colouibianos. Arliculos literarios.
Primera serie, con un retrato del autor y una noticia biogrätica, por
D. Jose M. S am per. Londres, Madrid, libr. de M. Murillo. 8". XXIX,
418. 1711
Gessner, Zur Cibdareal-Fragc. Ein Beitrag zur spanischen Literaturge-
schichte. Progr. des Franzos. Gynin. zu Berlin. 171 2
Canete, Manuel, Tealro espanol del siglo XVI. Estudios historicos-literarios.
Madrid. 8". VIII, 360. 16 y 18. S. Coleccion de escritores caslellanos.
T. XXVIIL No. 1722a. iy,3
S. A'o 1880, 462/'. {J. Morel- Fat io).
Morel-Fatio, vV., La Comedia espagnole du XVII ^^ siecle. Lei, 011 d'ouverlure
du cours de langues et lilleratures de l'Europe mcridionale au College de
France. Paris, Vieweg. 8". 40. 1714
.S'. Li;rP VI 20s {Stiefel). RdE CII ly^,.
Pena y Goni, A., La opera espaüola y la nuisica dramälica en Espana en
el siglo XIX. Apunles hislöricos [)or Antonio Peiia y Goni. Madrid,
Zozaya, eilitor; Lilir. de Murillo. 4". 680 pägs. y el relralo del aulor.
60 y 64. 1715
Orlando, La lirica en este aFio. In RdE CVI 289 — 99. I7lö
b) Monographien.
Campoamox*. G. Bouret, Un poete espagiu)!: Kaiuou de Campo.mior,
etude litlöraire. Paris, Duc. 8". 15. Fxlrail de Li revue: la l'ro-
vince. 171 7
— A. de Treverret, La lilterature csp.ignole conlempur.iine. Un poele
philosophe. — Ramon de Canipoanun. lu C N. S. 104,086—708. Auch
separat: Paris, lib. Gervais. 1718
Cervantes. S. Biographien berüiuuler Spanier. No. 1704. 1718a
— A. Garcia Arricta, El esjiirilu de Miguel de Cervantes Saavcdra, 6
la lilosolia de este gramle ingenio, represenlada cn maximas, rellexioncs,
moralidades y agude/as de totlas especies, y sobre todos los asuntos niäs
imporlantes de la vida civil, sacadas lie sus obras y dislriliuidas por orden
allabelico de malerias. Nueva etiicion. Mailrid, Est. tip. Succsores de
Rivadeneyra; Jose del Üjo, editor. 8". ii)S pägs. — I 2 rs. en Madrid y
14 eu provincias. 1710
Cid. S. Biograpiiien beriihnüer S])anier. Nu. 1704. 1710a
Galdos. M. Landau, üenito Pere/. daldos. In National - /tg. 1885
No. S6. 1720
Santillana, JMarques de -. S. Biographien berühnil. Spanier. No. 1704. 1720a
gO HIBLIOGKAI'HIE 1885. SPANISCH. AUSGABEN ETC.
4. Ausjjaben und l-^rläutcrungsschriften.
Coleccion de autorcs espaHoles. Tomos 24, 44 y 45. Leipzig, Brockliaus
8". ;i M. 3.50. 1721
Coleccion de eacritores castellanos. Tomo XXIV. Plsludios fjrama-
ticales. Inlroducci(')n a las ohras rilol(')gica.s de don Andres Bello, por
D. Marco Fidel Suarez. Con una advertencia y nolicia Inbliofjrät'ica, pur
D. Miguel Antonio Caro. Madrid, lihr. de M. Murillo. 8". XVI, 383
pägs., 20 y 22. 1722
— Tomo XXVIII. Teatro espaflol del siglo XVI. Kstudios historicos lite-
rarios por D. Manuel Cafiete. Lucas Fernändez. Micael de Carvajal.
Jaime Ferruz. El Maestro Torres y Francisco de las Cuevas. Madrid,
Libreria de M. Murillo. 8". 360. 16 y 18. 1722a
— Tomo XXIX. De la conquista y perdida de Portugal, por D. Serafin
Estöbanez Calderön. (El solitario.) Tomo I. Madrid, Libreria de
M. Murillo. 80. 350. 16 y 18. 1722b
— Tomo XXXV. Leyendas Moriscas, sacadas de varios manuscritos exi-
stentes en las Bibliotecas Nacional, Real, v de D. P. de Gayangos, por
F. Guillen Robles. Tomo L Madrid, Libr. de M. Murillo. 8". 381.
16 y 18. • 1722c
— Tomo XXXVI. Cancionero de Gomez Manrique. Publi'cale con algu-
nas notas don Antonio Paz y Melia. Tomo I. Madrid, Libr. de
M. Murillo. 8". XXXIX, 342. 16 y 18. i722?f
Romancero general, selecto, con una advertencia preliminar. Barcelona,"
Est. tip. de D, Cortezo y Comp. 4". 342. 8 y 10. Biblioteca cläsica
espaiiola. 1723
Alarcön, P. A. de, Poesias serias y humoristicas, de D. Pedro A. de Alar-
con. Tercera ediciön. Madrid, Libreria de ^1. Murillo. S». 398. 16
y 18. 1724
— Pedro de Alarcon, „La Prödiga". Spanischer Sittenroman (Fortsetz. u.
Schluss). In AdH XIV 89— 124; 245—288. 1725
Berceo, Gonzalo de — . K. Hofmann, Ueber eine corrupte Stelle in der Vida
de San Millan von Gonzalo de Berceo. In RF II 354. 1726
Breton de los Herreros, M., La independencia. Comedia en 4 actos y
en prosa. München, Lindauer. 8». 120. M. i. Spanische Bibliothek
hrsg. V. J. Fesenmair. 3. Bdchn. 17-7
Calderön, Der wunderthälige Zauberer. Leipzig, Barth. 8". XX, 348.
M. 5.40. Klass. Bühnendichtungen der Spanier herausg. v. M. Krenkel.
II. 1728
S. AnS LXXVI, 221. DL 1885. 1862 (6^. Baist). LgrP 1886, 374
{A. L. Stiefel).
— Der wunderthätige Magus. Mit Einleitg. v. J. Fastenrath. Leipzig,
Brückner. 8^'. 139. Volksbibliothek f. Kunst u. Wissensch., hrsg. von
R. Bergner, No. 13. 1729
— G. Baist, Zu El principe constante, ed. Krenkel. In RF II 381. 1730
— E. Dorer, Beiträge zur Calderon-Literatur. 2 Hefte. Dresden, v. Zahn
& Jaensch in Comm. 1884. 8". 47; 22. M. 1.20. Inhalt: i. Die
Calderon-Literatur in Deutschland 1881—84. - -• Ueber „Das Leben e.
Traum". 173^
— E. Günthner, Calderons Dramen aus der spanischen Geschichte mit
einer Einleitung über das Leben und die Werke des Dichters. Progr.-
Beil, Rottweil, M. Rothschild's Buchdr. 40. 94. 1732
5. LgrP 1886, 338 (A. L. Stiefel).
— H. Marbach, Der Richter von Zalamea. In Gr 1885, I 354 ff. 1733
Cervantes. Novelas ejemplares de D. Miguel de Cervantes Saavedra. (Su-
primidas palabras y frases ahora malsonantes.) Barcelona, Impr. Barcelo-
nesa; Madrid, Libr. de Aguado. 8". 334. 5 y 6. La verdadera ciencia
espanola, vol. 55. 1734
BIBLIOGRAPHIE 1885. SPANISCH. AUSGABEN ETC. QI
Cervantes. Novelas ejemplares de Cervantes. Mit erklär. Anmerkgn. von
A. Kressner. i. Tl. Las dos doncellas. La senora Cornelia. Leipzig,
Renger. 1886. 8". X, 87. M. 1.20. Bibliothek spanischer Schriftsteller
hrsg. V. A. Kressner. I. 1735
— L'Histoire de don Quichotte de la Manche; par Michel Cervantes. Pre-
miere traduction fran9aise par C. Oudin et F. de Rosset, avec une pre-
face par E. Gebhart. Dessins de J. Worms, graves ii l'eau-forte par
de Los Rios. T. 5 et 6. 2 vol. T. 5, 312 p.; t. 6 (et dernier), 300 p.
Paris, Lib. des bibliophiles. 8°. 1736
— L'Ingenieux chevalier don Quichotte de la Manche; par Miguel de Cer-
.vantes Saavedra. Traduction nouvelle. Illustration par Granville, Karl
Girardet et Fraipont. Tours, Marne et fils. 8". 486. 1737
— Histoire de l'admirable Don Quichotte de la Manche, d'apres Cervantes.
4". 16 p. avec 8 chromotypographies. Paris, Ouantin. 75 cent. 1738
— The Ingenious Gentleman, Don Quixote of la Mancha. By Miguel de
Cervantes Saavedra. A Translation, with Introduction and Notes by John
Ormsby. Vol. I. IV. London, Smith, Eider & Co. 1739
S. Ac 1885, jfune 13, 414 (W. Webster); Oct. 17, 248 {W. Webster).
— El cuento dal cautivo. Eine Episode aus dem Don Quijote d. Miguel
Cervantes de Saavedra. Für Lehrzwecke bearb. u. m. Anmerkgn. versehen
von G. Diercks. Leipzig, Lenz. 8». 57. M, 0.80. Sammig. gedieg.
u. interess. Werke d. sp. Lit. i. 1740
S. LgrP 1886, 292 {A. Kressner).
Cid. K. Hofmann, Zu den Cidquellen. In RF II 351 ff. 174'
Eehegaray, J. Obras dramäticas escogidas, por D. Jose Echegaray. Tomo
II. En el seno de la muerte. — La muerte en los labios. — El gran
galeoto. Madrid, Imp. y fund. de M. Tello. 8". 924. 30 y 34. 1742
Espronceda, J. de. Obras poeticas de D. Jose de Espronceda. Prece-
didas de la biografia del autor y adornadas con su retrato. 5» edicion,
revisada y aumentada. Paris, Garnier freres. 8". XX, 464. 1743
Galdos. Orlando, „Lo prohibido" de Perez Galdos. In RdE CIV,
294—303- '744
Gil de Santivanes, A. Poesias ineditas de Arturo Gil de Santivafies, con
un pnjlogo por D. Angel Arenas y una carta de D. Jose Echegaray.
Madrid, Impr. de Jose Ducazcal. 4". LXXX, 239. 16 y 18. 1745
Heredia. Libro de los Fechos e Conquistas del principado de la Morca,
compilado por comandamiento de Don Fray Johan Ferrandez de He-
redia, maestro del Hospital de S. Johan de Jerusalem. Chronique de
Moree aux Xllle et XI Ve siecles, publice et traduite pour la premicrc
fois par Alfred Morel-Fatio. Geneve, impr. de G. Fick. 8^ LXIII,
177, 160. (Publication de la Socicte de l'Orient latin.) 1746
5. Ro 1886. 159.
Isla, P., Historia del famoso predicador Fray Gerundio de Campazas, .nlias
Zotes. I. ed. entera, hecha sobre la ed. principe de 1758 y cl manuscrilo
autögrafo del autor par D. Eduardo Lindforss. 2 tomos. Leipzig,
Brockhaus. 8". XXIV, 255; VI, 249, ä M. 3.50. Coli, de aui. esp.
42 y 43- '747
Lope de Vega. E. Dorer, Die Lope de Vega-Lileralur in Deutschland.
Bibliographische Uebersicht. Fortgesetzt bis 1885. Dresden, Zahn &
Jacnsch. 8*'. 24. M. i. 1748
Montemayor. G. Schönherr, Jorge de Monlcmayor, sein Leben u. sein
Schäferroman, die ,,sietc Libros de la Diana", nebst e. Uebersiihl der
Ausgaben dieser Dichtg. u. bibliograph. Anmerkgn. hrsg. Halle, Nicmeyer.
1886. 8". 88. M. 2.40. 1749
.S\ Gsli Vll 272/".
Rojas Zorrilla, 1*"., Comedias escogiilas de Francisco de Rojas Zorrilla.
dow una adverlcncia preliniinar. Barcelona, Kstablecimienlo lip. de Daniel
Cortezo y CompaRia, editorcs. 4". 344. S y 10. Hiblioteea el.isica
espafiola. 1750
gZ BIBLIOGRAPHIE 1885. SPANISCH. FOLK-LORE ETC.
5. I<"olk-Lore.
Diercks, G., Die spanische Folk-Lore Gesellschaft. In MfLA 1885,
74 »• 1751
Costa, J., Cunccplij ilcl Dcreclio cn la pocsia pujjular espaRola. Madrid,
Fortanet. '75-
.S'. Ac 1885 FtO. 28, i.\(, (ly. li^fösUr).
Boletin Folklorico Espanol. Kcvisla «luincunal. Direclor Alejandro
(luithtH y Sierra. Rtdacciiin y Administracion : calle Teodusio, 61.
Sevilla, l'aj,'. I — 32. Grossciuarl (Nuiii. I — 4). '753
S. ZrP 7^151 (/'". Uebrccht).
Bibliotoca de las Tradiciones ])opulares espafiidas. luiiiu VII. Direclor:
AiUoniu Machado Alvarez. Madrid, Ksl. lip. de Ricardo Fe. 8".
XLV, 236. 10 y 12. Folk-Lore espanol. 1754
S. Aptp /K604 (O'. Pilri). RdE CVI a^iii,.
Cuestionario del Fr)lk-Lorc Gallej^o estahlecido en la Coruna el dia 29
du nicicnibrc de 18S3. Madrid, Est. lip. de R. Fe. 8". 53. 4 y 5. 1755
Machado y Alvarez, A., Kl Folk-Lore del nino. In RdE CV 82 —
104. • 1756
Becquer, G. , Liegendes espagnoles. Traduction d'Achille Fouquier.
Dessins de S. Ar cos. Paris, libr. Firmin-Didot et Ce. 8". 249. 1757
Chaves, A. R., Leyendas nacionales. Sanclio Sanchez. Madrid, Eduardo
.Mcn^ibar, edilor. 8. 254. 4 y 5. 1738
Menendez Pidal, J., l'oesia jiopular. (-olecci(m de los viejos roniances
que se cantan jior los aslurianos en la danza |Minia, csfoyazas y fdandones,
recogidos directamenle de boca del i)uebl(), anolados y precedidos de un
]ir(')lo<,'o. Madrid, Libreria de M. Murillo. 4". XV, 360. 20 y 24. 1759
Sanluentes, S., Leyendas nacionales. Santiago de Chile. (Leipzig, impr. de
lirocUhaus, 1885.) 8". 335. Madrid, Libr de Murillo. — 22 reales en
.Madrid y 26 en provincias. Biblioleca chilena publicada por los Sres.
Luis Monti y D. Abelardo Ni'inez. 1760
Giiillen Robles, F., Leyendas moriscas, Tomo I. (V. Colcccion de escri-
tores castcllanos, t. XXXV.) S. No. 1722 c. 1761
Contos populäres do Brazil colligidos por Sylvio Romero. Com um
estudo preliminar e nolas comparalivas por Th. Braga. Lissabon, Nova
Livr. Internac. (Berlin, Kühl in (^omm.) 8". XXXVI, 235. M. 3.50. 1762
J). DL 1886, 478 (P. Zunker). Aptp IV IQ-J (G. Pitre). NA 2. ser.
LH zozff. (A. de Giibernatis).
Rueda, S., Poema nacional, por Salvador Rueda. Tomo I. Costumbres
pujiulares. Madrid, Est. lip. de Ricardo Fe. 8". 208. 10 y 12. 1763
Patei'no, A., Ninay (costumbres lilipinas), por Alejandro Paterno. Madrid,
Imprenla de Fortanet. 8«. 352. 12 y 14. 1764
6. Grammatik und Lexikographie.
Tinajero Martinez, Vicente, Estudios tilolögicos de la lengua espaRola. In
RdE C VII 243— 69; 412—40; 588-611. 1705
Gramätica de la lengua castellana por la Real Academia Espanola.
Nueva ediciön. Madrid, Imp. y libr. de Hernando. 4". 418. 16 y 20. 1766
Liopes, J. M., Nouvelle grammaire pratique et raisonnee de la langue espa-
gnole, contenant toutes les regles de cette langue, de nombreux exemples,
des versions et des themes gradues avec leurs vocabulaires, etc. Nouvelle
edition, revue et augmentee. Paris, Leroy. 8". XI, 552. 3 fr. 1767
Rodriguez, J., Compendio de gramätica castellana para uso de las escuelas
y colegios de primera ensenanza por D. Jose Rodriguez Zapater. Madrid,
Imprenla de J. Rodriguez. 8^. 123. 4 rs. en Madrid y provincias. 1768
Sauer, Carl Marquard, spanische Konversations-Grammatik. Durchgesehen
V. Wilh. Ad. Röhr ich. 4. gänzlich rev. u. verb. Aufl. Heidelberg,
J, Groos. 80. XI, 410. M. 4. 1769
BIBLIOGRAPHIE 1885. SPANISCH. BASKISCH, 93
Suarez, Marco Fidel, Estudios gramaticales. S. Colecciön de Escritores
Castellanos. Tomo XXIV. No. 1722. 1769a
Lang, H. R., On Spanish Grammar. In AJ VI 79 ff. 1770
Prontuario de ortografia castellana en preguntas y respuestas por la Real
Academia Espanola. Novena ediciön. Madrid, Imp. y libr. de Hernando.
8". 76. 4 rs. en Madrid y 5 en provincias. 1771
Baist, G., Der Uebergang von st zu z im Spanischen. In ZrP IX
146 ff. 1772
Fabie, A., Estudio filolögico por D. Antonio Maria Fabie, acadcmico de la
Historia. Madrid, Libr. de M. Murillo. 4". 143. 8 y 10. Tirada aparte
del prölogo ä la obra de Garces ,,Fundamento del vigor y elegancia de
la lengua castellana". '773
Chiervo, R. J., Apuntaciones criticas sobre el lenguaje bogotano. Cuarta
ediciön, notablemente aumentada. Chartres, imp. Durand. Madrid, M. Mu-
rillo. 8". XXXIX 575. 40744- 1774
S. LgrP F/422 {H. Schuchardt).
Rodriguez y Martin, S. Novisimo Diccionario castellano homonimo orto-
grälico, arreglado segün la ultima ediciön de la Real Academia Espanola
y aumentado con mäs de 3.000 palabras tomadas de otros notables autorcs.
Obra utilisima para toda clase de personas y muy principalmente para los
escribientes, tanto civiles como militares. Madrid, Imp. de Eduardo Cuesta.
8". 604. 10 y 12. 1775
— Rectificaciones e innovaciones que la Real Academia Espanola de la
lengua ha introducido en la duodecima ediciön de su Diccionario. Obra
utilisima para todos los amantes de la verdadera escritura ortogräfica. Pri-
mera ediciön. Madrid , Imp. de M. Minuesa de los Rios. 8". 320.
6 y 8. 1776
Enenkel, A., Diccionario Espanol-Aleman y Alemdn-Espanol, el mäs com-
pleto de los pubblicados hasta el Dia que abraza los terminos literarios y
los del lenguaje usual en su sentido propio y figurado. . . . Neues deut-
sches-spanisches Taschenwörterbuch . . . Paris, Garnier freres. 8" ä 2 col.
IV, 589; 501. 1777
Conto, C, e E. Isaza, Diccionario ortograhco de apellidos y de nombres
propios de personas, con un apendice de nombres geogräficos de Co-
lombia. Löndres, Imp. de Gilbertand Rivington. 8"*. XXXVIII, Il8.
20 y 22. 1778
Cuervo, R. J., Diccionario de construccion y regimen de la lengua castel-
lana. Fascicule i. Paris, Roger et Chernoviz. 8" ä 2 col. 160. 1779
.S\ Rdml F/ 268 {Boris de Tannenberg). LC 1885. 122 (II'. F.).
Fonoll, O., Guia del lenguaje castellano. Colecciön de homönimos, sinö-
nimos, galicismos, refranes y frases llguradas de la lengua castellana, etc.,
etc., recogida y ordenada. Tercera ediciön, corregida, aumentada y adi-
cionada por D. Antonio Anguiz. Barcelona, J. y A. Bastinos cditores.
8". 168 paginas. Tela con plancha. En Barcelona 8 rs. y en provincias
IG. 1780
Lang, H. R., On Spanish Metaphors. In AJ VI 74 ff. 1781
Knust, IL, Die Etymologie des Namens ,,Lucanor". In ZrP IX 138 ff. 1782
Anhang. Baskisch.
Euskal-Erria. Revista Bascongada. Fundätor J. Mantcrola. Dircctor
A. Arzäc. T. XII (Primer semestre de 1885). T. XIII (Segun.lo scmcslre
de 1885). San Sebastian, J. R. Baroja, 8". XII, 585 ; X 111, 580. 1783
Lacroix, O., Euskal-Erria, ;\ mes amis du pays hasiiuc (vcrs^. Paris,
Lemerre. 8". 31. >7^4
Bonaparte, Prince L. L., Remarques sur certaines Asserlions de M. J. Vin-
son concernant la languc Bascpic. In TpS 1882 — 1884, Appendix
VI. 1785
(/I I!IU[.10(;kA1'HIK 1H.S5. l'OKrur.IF.SISCII. LriTRRATUROESCIlICHTF,.
Bonaparto, l'iiiuf I.. 1.., I lic Simple Tenscs in Modern liasiiue and ()1<1
J'i:is(|iie, lU. In I |iS 1HS2— 84, 643—654. 1786
Vinson, J., Noticc hil)linj,'rap1ii(|ue sur Ic Kolitlnre Basqiie. Paris, Maison-
neiivc et Lt-derc. 8". 64. (Kslr, du Bulletin de la Sncietü des Sciences,
de I'>;iy()nn(.- 1S84.) 1 787
Campiön, A., Oraniätira de los cuatro dialectns lilerarif)s de la lenfjua
euskara. Cuadernf) IX. X. Tolosa, Ivst. tip. de K. Lopez; Mailrid, Libreria
de Murillo. 4". (ijä^s. 513 ä 640.) 4 y 5; 4 y 5. 1788
VII. POKTUOIIISISCIT.
I. Li tt cralnrgesc hiebt e.
Loiseau, A., Hisloirc de la lilleratnre pnrliij^aise depuis ses orijjines jusqu'ä
nos jours. l'aris, Thnrin (1886). 8". VIH, 40^). Fr. 4. 1789
.S. DL 1886, 189 {]]'. Store k). I/> 1885, 770 (E. Gossot).
Braga, Th., Cm so de historia da litleratura j^ortugueza, adaptado äs aulas
de instruc^äo secundaria. Lisboa, Nova livraria iilternarional. 8". 411. 1790
2. Ausgaben.
Michaelis de Vasconeellos, C, Mitteilungen aus portugiesischen Hand-
schriften (Schluss). In Zrl* IX 360 — 374. I79I
Hundert altportugiesisehe Lieder. Zum ersten male deutsch von
W. Storck. Paderborn, F. Schöningh. 8". VIL124. M. I.60. 1792
.S. Bf/U 1886. 461. DL 1886, 631 {A. Tobler). LgrP 1886. 42.
Camöea, Luiz de, os Lusiadas. Edicäo critica-commemorativa do terceiro
centenario da morte do grande poeta. Publicada por Emilio Biel.
(Prachtausg.) (LVL 375 und 124 S. m. Taf. in Holzschn., Kpfrst. und
Chromolith.) Leipzig, Giesecke & Devrient. 4". baar M. 100; geb.
M. 120. 1793
— Luis' de Camoens sämmtliche Gedichte. Zum ersten mal deutsch von
Wilhelm Storck. Sechster Band: Dramatische Dichtungen. Paderborn,
F. Schöningh. 8». V, 426. M. 5. 1794
S. BlU 1885, 151/: {R. WahimüUe}). LC 1885. 1313.
Gil Vicente. Ducarme, Les „Autos" de Gil Vicente. In Mu 1885,
,369 "74; 649—5^- 1795
Sä de Mii'anda. Poesias de Francisco de Sa de Miranda. Edi^ao feita
sobre cinco manuscriptos ineditos e todas as edi^'5es impressas. Acom-
panhada de um estudo sobre o poeta, variantes, notas, glossario e um
retrato por Car. Michaelis de Vasconeellos. Halle, M. Niemeyer.
80. CXXXVI, 950. 1796
3. Fol k- Lore.
Braga, Th., Contos tradicionaes do povo portuguez, con un estudo sobre a
novellistica geral e notas comparativas. Vol. I. Contos de fadas, casos
e facecias. Vol. II. Historias e exemplos de thema tradicional e forma
litteraria. Porto, Magalhäes e Moniz. 8°. LI, 231; 243. 1797
S. Ro XIV G^Q.
— O povo portuguez nos seus costumes, cren^as e tradi^5es. Vol. I. Co-
stumes e vida domestica. Vol. IL Cren^as e festas puhlicas, tradi^Ses e
saber populär. Lisixia, Livr. Ferreira. 8". VIII, 416; 546. 1797^
Coelho, F. A., Os jogos e as rimas infantis de Portugal. Colleccionacäo e
estudos para servirem ü historia da transmissäo das tradi^öes populäres.
8". 32. (Boletim da Socied. da Geogr. de Lisboa, Serie 4» No. I2.) 1798
S. Aptp /ri52 {P.).
BIBLIOGRAPHIE 1885. PORTUGIESISCH. GRAMMATIK ETC. Q5
Coelho, F. A., Tales of Old Lusitania. From the Folk-Lore of Portugal
by Coelho. Translated by Henriqueta Monteiro. London, Sonnen-
schein. ' 799
S. Ac 1885 Feb. 14. 113 {Good).
4. Grammatik und Lexikographie.
Schmitz, F. J., Portugiesische Grammatik mit Berücksichtigung des gesell-
schaftlichen und geschäftlichen Verkehrs. Leipzig, GHlckner. 8". VI, 25 1.
M. 4.50. '^00
S. DL 1885, 82 {U\ Storck); 1144 (P. Zunker).
Laeerda, J. M. de, Novo syllabario portugnez, ou Methodo facil para
aprender a 1er o portuguez, composto para uso das escolas brazileiras.
Terceira edi^äo, muito melhorada e augmentada. Paris, Mellier. 8".
108. . >8oi
Bonaparte, Prince L. L., Portuguese vowels, according to Mr. R. G. Vianna,
Mr. H. Sweet, .and myself. In Ti)S 1882—84, 404—8. 1802
Vianna, R. Gonzales, y. G. de VasconcelloE' Abreu, Bases da ortografia
portuguesa. Leiboa, Imprcnsa Nacional. 8". 14. 1803
Teza, E., Note Portoghesi. In SFR I 403— 405. 1804
Wernekke, IL, Zur Syntax des portugiesischen Verbums. Progr. d. Realgymn.
zu Weimar. 4". 20. '805
Souza-Pinto, Nouveau dictionnaire portugais-fran(,'ais et fran9ais-portugais,
avec la prononciation figuree dans las deux laugues, r^dig^ d'apres les
meilleurs dictionnaires. Paris, Garnier freres. 8» ä 2 col. XII, 1012. 1806
ANHANG.
I. Nachträge zu Bibliographie 1885.
Bibliotheoa philologica . . . Herausg. v. Aug. Blau. 38. Jahrg. 1. Heft.
Januar Juni 1885. Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht. 8". 157.
M. 1.60. '^
Müller, Frdr., Grundriss der Sprachwissenschaft. 3. Bd. Die Sprachen der
lückenhaar. Rassen. 2. Abth. 1. Hälfte. Die Sprachen der mitlelländ.
Rasse. Wien, Hülder. 8". V, 224. M. 5. 8
Racinet, A., Geschichte d. Costüms in 500 Taf. in Gold-, Silber- u. Farbendr.
Mit erläut. Text. Deutsche Ausg. bearb. v. Adf. Rosenberg. 3. B.l.
1. u. 2. Lfg. 4". (20 Taf. m. 18 Bl. Text.) Berlin, Wasmulh. ä M. 4. 42a
Hottenroth, Frdr., Trachten, Hans-, Feld- u. Kricgsgeräthschaftcn .1er
Völker alter und neuer Zeil. Gezeichnet u. beschrieben. 2. Aull. 12. Lfg.
gr. 4". (2. Bd. S. 17—40 m. eingedr. Holzschn. u. 12 Steint.if.) Stuttgart,
G. Weise. M. 3.50. Ausg. m. 'J'af. in Farbendr. M. >;. 43a
Becker, G., Catalogi bibliothecarum anticjui ... 144
S. Centralbhitt für lUblwthrkawe.u-n II 2(1 ff. {Af. P.-i/bach) : y\f.(P.
u. (). II.)
Meier, G., Nachträge zu Becker, Catalogi bibliolluiannn ,inti.|ni. In Ccntral-
lilalt für Hibliothekswesen II 23«) (1. I44'»
Rapp, Zur Kcform d. neiisprarldichen Unterrichts zunächst an der lateini-
siluii KialNcliulc. [Auszug aus e. Vortrag, geh. auf <ler .liesjähr. Stutt-
garter KeallihriMversanuulg.] [Aus: ,,ls.orresi)ondenzbl. f. die württ. (ic-
lehrten- n. Realschulen".] lüiiingen, Fues. 8". 18. M. 0.40. 153a
96 mULIOGKAI'HIR 1 885. ANHANG.
Venanti Fortunati, ojjcra pedcslria. J<.cc. et cmendavit Bruno Kruscli.
Jk-rliii, Weidmann. XXXIII, 144. M. 6. Moniim. Germ. bist. Auct.
anliq. t. IV pars posterior. Xja
Bierbaum, J., Reform des fremdspiaclil. Unterrichts. 151
S. Zn Spr VIII, II, 60/. ( W. Mihich).
Forschungen, Komanische. 2. Bd. 2. Ilft. S. 211— 382. M. 6. iG'>
Ellinger, G., Aiccste in der modernen Littcratur. Halle, Verl. d. Buchhdl},'.
des Waisenhauses. 8". 57. M. 0.80. 197a
.S'. An Spr VIII, 2, 145 (//. Koerting).
Bertasage. A. Feist, Zur Kritik der Bertasajje. Habilitationsschrift.
Marburfj. 8". 31. Aus: Stengel's Ausgaben u. Abhandlungen 59. 203a
Soranzo, G., Bibliogratia Veneziana compilata da G. S. in aggiunta e con-
tinua/.ione del „Saggio" di Emm. Ant. Cicogna. Venezia, Stabil, tipogr.
di P. Naratovich. 4". X, 939. Lire 25. 242
S. Centralblatt für Bibliothekswesen III \z^t^ (P.).
Zanella, Giac, Della letteratura italiana neH'ultimo secolo : studio. Cittä
di Castello, S. Lapi edit. 8*'. 237. L. 3. Introduzione. — I. Letteratura fran-
cesc. II. Letteratura inglese. III. Letteratura tedesca. IV. Costumi, Teatri,
Giornali. V. Scienze. VI. Rinnovamento poetico. VII. Letteratura del
regno d'Italia. VIII. Scuola romantica. IX. Scuola classica. 287a
Francesco d'Assisi. L. Palomes, Pel VII centenario di S. Francesco
d'Assisi: orazione panegirica recitata nel giorno 4 di Ottobre nella basilica
del sacro convento d'Assisi. Seconda edizione. Palermo, tip. dell'Armonia.
8". 32- L. I. 377a
— San Francesco d'Assisi e la nuova poesia italiana: discorso per la tornata
della r. Accademia Palermitana di scienze, lettere ed arti in occasione
del VII centenario del Santo. Seconda edizione. Palermo, tip. dell'Armonia.
8". 46. L. 1.50. 377b
Tasso. Torquato Tasso dipinto da B'ilippo Balib. Roma, tip. regia D. Ripa-
monti. 40. 9. Critica alla pittura per Gaetano Giucci. Lettera al Balbi
dei frati Carmelitani. Innozzi Vincenzo da Veroli, Sonetto acrostico. 464a
[Carducci, Giosue, Versi, pubblicati per cura di Giuseppe Barbanti-Brodano
e Giuseppe Villani.] Bologna, societä tip. Azzoguidi. 80. 2. Per le nozze
Bertoldi- Venturi. 544»
Caterina da Siena. Preparazione alla santissima Comunione: scrittura
inedita attribuita a. S. Caterina da Siena. Siena, tip. edit. S. Bernarditio.
8". 8. Edizione non venale di cento esemplari. Pubblicata a cura di
Luciano Banchi di sul codice Ashburnham, oggi Laurenziano, giä di no, 959,
ora di no. 1028, a c. 2 r., in occasione della prima comunione di Alber-
tina Brini. 551»
Dante Alighieri, La Vita Nuova, con introduzione, commento e glossario
di Tommaso Casini. Firenze, G. C. Sansoni edit. (tip. Carnesecchi e
figli). 8". XXXXI, 231. L. 2.20. Notizia sulla Vita nuova: i. Cenni
suUa storia esterna della V, N. 2. Commentatori ed interpreti. 3. Tempo
in cui fu scritta la V. N. 4. Composizione del libro; significato del
titolo. 5. Le visioni ed il numero nove. 6. Rime pertinenti alla V. N.
— La Vita Nuova: testo commentato. — Note per la critica del testo. —
Note Metriche. — Glossario. 562a
— N. Angeletti, Cronologia delle opere minori di Dante. Partei: Convivio
e De Vulgari Eloquentia. Cittä di Castello, S. Lapi. edit. 8". 99. L. I.
I. La prima canzone del Convivio. IL La ballata e la seconda canzone
del Convivio. III. La terza canzone del Convivio. IV. II primo trattato
del Convivio. V. II secondo trattato del Convivio. VI. II terzo e il
quarto trattato del Convivio. VII. Conclusione. — De Vulgari eloquentia
VIII. Libro primo. IX. Libro secondo. 582a
— P. Cassel, Aus Literatur und Geschichte; Abhandlungen. Leipzig,
Friedrich. S». HI, 347 und XIV, 74. M. 10. Darin: Studien über
Dante. 584a
BIBLIOGRAPHIE 1885. ANHANG. 97
— G. Gregorini, Ultimo colloquio di Bcatrice con Dante. Foligno, stab.
di Pietro Sgariglia. 8". 12. Versi. 587a
— L. Leynardi, Intorno al primato della letteratura sulle arti belle. Saggio
di un commento estetico a Dante: discorso. Genova, tip. fratelli Pagano.
8". 48. Per la solenne premiazione ai migliori allievi dcl collegio-convitto
Planchi, anni 1883—84, 1884—85. 588a
Poseolo. — Catalogo dei manoscritti foscoliani, giä proprietä Martelli, della
R. Biblioteca Nazionale di Firenze. Roma, Presso i principali librai
(Firenze-Roma, tip. dei fratelli Bencini). 8". XI, 66. L. i. Contiene:
Lettera di G. Chiarini a S. E. il Ministro della pubblica Istruzione. —
Parte I: Scritti letterari, frammenti diversi. — Parte II: Lettere, istanze,
memorie e documenti. — Parte III : Lettere d'altri al Foscolo. — Parte IV:
Carteggio di (Juirina Magiotti e degli eredi suoi con gli amici, ammiratori
ed editori delle opere dei Foscolo. — Appendice: carte diverse. Ministero
della pubblica istruzione: Indici e cataloghi, no. i. 60 la
Manzoni, Aless., I promessi sposi: storia milanese dei secolo XVII. Edi-
zione illustrata con 25 incisioni, preceduta dalla vita dell'autore per cura
di un sacerdote milanese. Milano, ditta A. Ripamonti di Colombo Mo-
randotti e C. 8" fig. XIII, 370. 651a
— Le cinq mai, ode sur la mort de Napoleon par A. Manzoni. Traduction
litterale en roumain avec notes philologiques par M. G. Obedenare.
Montpellier, impr. Grollier et fils. 8". 32. 658a
— G. Averna, Sulla conferenza „Alessandro Manzoni" dei prof. Filippo
Ferri Mancini : lettera al cav. Giovanni Mancini Ferri. Girgenti, tip. pro-
vinciale commerciale di Salvatore Mentes. 8". XXIV. (^59;^
Monti, Vinc, La Bassvilliana e Mascheroniana, poemetti annotati ad uso
delle scuole dal prof. Giuseppe Finzi. Torino, ditta G. B. Paravia e C.
edit. 8". 205. Cent. 80. Biblioteca italiana ordinata per le scuole nor-
mali e secondarie. 678a
Muratori, Lod. Ant., Lettere inedite al conte Carlo Borromeo Arese, per
cura di A. Ceruti. Modena, tip. di G. T. Vincenzi. 8'^. 209. Estr.
dagli Atti e memorie delle deputazioni di storia patria per le provincie
Modenesi e Parmensi, serie III, vol. III, parte IL 680a
Pellegrini, Ces., Poesie varie, edite a cura degli amici. Pistoia, tip. Cino
dei fratelli Bracali, 1885. 8". 181. Precede un cenno biografico dell'autore,
per Livia Bellini delle Stelle. 685a
Torquati, Girolamo, Origine della lingua italiana : dall' attuale dialetto dei
volgo laziale al dialetto dei popolo romano nel secolo XIII, e da questo
ultimo dialetto a quello della plebe latina nell' eiä della repubblica e dell'
impero: investigazioni filologiche. Roma, tip. di Mario Armanni, 1885
(1886). 8". 400. 777a
Grammatica della lingua italiana ad uso dei seminari di Osimo e Cingoli.
Eilizione nuovissima. Spoleto, tip. Bassoni. 8". 188. 781a
Merighi, Giov., Nuovi elementi di grammatica italiana coordinati agli ultinii
progiammi governalivi e corrcdati di molteplici esercizi pratici con brevi
nozioni sulla scriltura di uso piii frequente, ecc. Roma, presso G. B. Pa-
ravia, E. Loescher, Ditta Manzoni (tip. alle terme Diocleziane). 8". 1 28.
Cent. 70. 781b
Weber, F. A., Neues vollständiges italienisch-deutsches und deutsch-italien.
Wörterbuch. Nach den neuesten und besten Quellen bearb. Neue verb.
u. verm. Sler.-Ausg. 2. Aull. 2 Tic. in i Bd. I.cip/ig, Ilollze. 8".
VIII, 492; 590. M. 9. 798a
Bühler, J. A., collecziun de canzuus per chor viril. i. fasciciil. Chur,
Kcllenberger. 8". 56. M. 0.90. 807a
Obedenare, G., Notes sur la phonctiiiue roumainc. In A. Manzoni, Lc
eint] mai, ode sur la mort tle Napoleon. iraduction litterale cn roumain
avec des notcs ]ihilolog. par G. Obedenare. Montiiellicr. ji. 17 -31. 831b
Zult.tclir. r. roiii. I'liil. .\. Itil>l.
g8 hii!i,ioc;kai'hik 1885. Anhang.
Philippe, J., Ori},'iii(- de riin])rinuric ;'i I'aris ... 841
.S'. Ccntralblatt für liibliothekswescn II 2()\ (O. //.).
Campiön, A., Viclor Hugo. Tolosa, Estahlccimiento lipof^iäfico edilorial
de K. I.(')|)ez. Madrid, Libr. de M. Murillo. 8". 64. 1 y 1.25. 0S3a
Vier altfranzösische Lieder vLiötrcnil. von J. K. Kemp. In Jahres-
bciiclil il. Siaals-OliciTcalschulc /u Kla{,'enfuil 1885. 8". p. 46—56. 1072a
Dramen, allfranzüsische, in deulsclicm Gewände. Deutschen Schauspielern
},'ewidmct. Wien, Man/.. 8". 100. M. 1.20. 1072I)
Diderot, Jacques le Fataliste et son maitre; 12 dessins de Maurice Leloir
jjravds a Tcau-forle ]iar Courtry, de Los Rios, Monj^in, Teyssonnieres. J'aris.
4". 406. 1223a
La Fontaine, Le favole, illiislrate da Guslavo Dore. Traduzione in versi
del prof. Kmilio de Marchi. Disp. ii-27'i. Milano, Edoardo Sonzogno
edit. 4" flg. p. i — 216. Cent. 15 la disp. Rihliotcca classica illus-
trata. 1 305
Rolandslied. La Chanson de Roland. Translated l)y Leonce Rabillon.
New- York. M-Jii
S. AJ VII 103 {W. II. B.).
Mann, M. F., Berichtigung. In RF II, 638. 1568a
Chabaneau, C, Sur la langue romane du mi(ii de la France ou le proven^al.
Toulouse, E. Privat. 4". In Devic, Cl., et J. Vaissete, Histoire generale
de Langucdoc. T. X, 168 — 177. 1678a
Gigas, F., Uebcr eine Sammlung spanischer Romanzen in (liegenden Blät-
tern in der kgl. Bibliothek zu Kopenhagen. In Centralblatl für Biblio-
thekswesen II 157 — 172. 1690a
Pulido y Espinosa, J., Historia de Espaiia compendiada, desde su origen
hasta nuestros dias en cien lecciones. Barcelona, Est. tip. de los Suce-
sores de N. Ramirez y Comp. 4". 502-v paginas y un mapa. 40
y 44. 1700a
Araujo, F., Historia de la cscultura en Espaiia desde principios del siglo
XVI hasta fines del XVIII, y causas de su decadcncia. Memoria prc-
miada en concurso püblico, por la Real Academia ile Bellas Artes de San
Fernando. Madrid, Libr. de Murillo. 4". may., 640. 30 y 34. 1 700I)
Coleccion de escritores castellanos. Tomo XXV. Poesias de D. Jose
Eusebio Caro, precedidas de recuerdos necrolögicos, escritos por D. Pedro
Fernändez de Madrid y D. Jose Joaquin Ortiz, con notas y apendices.
Madrid, Libr. de M. Murillo. S". XXVI, 312. 16 y 18. I722aa
Caro, J. E., Poesias de D. Jose Eusebio Caro. [V. Coleccion de escritores
castellanos, vol. XXV. No. I722aa (Anhang)]. I733'i
Martmez Villergas, J., Poesias escogidas de Juan Martincz Villergas;
cdiciön costeada por el Casino espanol de la Habana, en honor del insigne
poeta y patricio. Habana, Imprenta militar de Soler Avara y Comp. 8".
2 tomos. 24 y 28. 1748a
Quevedo Villegas, F., La cuna y la sepultura, para el conocimiento propio
y desengaiio de las cosas ajenas. Las cuatro pestes del mundo y las
cuatro fantasmas de la vida, por el mismo autor. Barcelona, Imp. Barcc-
lonesa. Madrid, Libr. de Aguado. 8". 344. 5 rs. en Madrid y 7 en
provincias. La verdadera ciencia espanola, vol. 59. ^750^
— Vida de San Pablo Apostol y otros opüsculos. Barcelona, Imp. Barce-
lonesa. 8". 242. 5 y 7. La verdadera ciencia espanola, vol. 60. 1750b
2. Nachtrag von Recensionen
über in Bibliographie 1 881— 1883 verzeichnete Werke.
No. 1881.
59. 5. Asi \. ser. XV Tfi\ff. {A. Venturi).
95. .S'. Ro XlVxi-iff. (A. IVesselofsky).
BIBLIOGRAPHIE 1885. ANHANG. 99
No.
749. S. LgrP VI 25 ( ?F. Meyer).
1006. S. LgrP VI IS9 (O. Ulbrich).
107 1. S. DL 1885, 650 {E. Schwan). M II 11% [A. Loqiiin).
1882.
5. S. LC 1885, 55 [E. S.).
15. S. DL 1885, 156 (— «). LgrP F/76 {F.Franke).
42. .S'. Rcr N. S. XX id-] (0).
51. S. PR 1(^1484 [E. Klussmann).
662. X Z»Z 1885, 1789 {E. Gothein).
711. S. LgrP r/30 (y. Stürzinger).
969. .S. Z^r/" r/l8 [A. Mussafia).
1356. .'?. Z^tP r/291 (ö. Ulbrich).
1438. .S. Z^«-,-/' rZ 371 (A. Schiäze).
1698. .S. Z^/P rZ 512 (A. L. Site fei).
1883.
59. S. PA JfF6l0 (Z: rM;^0. ^-R Vlfil (Ä'. Ilainann).
100. 5. Z"6^ ZZ 103 (^. Kressner).
186. 6^ Z/;6' A'XJ('FZ32I {J. Seemüller).
249. 5:. 6j-^ 1885, Ill^ff. (B. Niese). PA ^F 100 {R. Pöhlmatm).
400. .S. Prr N. S. 19, 382 (fÄ. y.).
659. .S. Z^"-rZ FZ 27 [B. Wiese).
665. 5. Z^"-rZ FZ 27 {B. Wiese).
851. 5. DL 1885. 1789 (Ä. Gothein). LgrP T'I "^ (Kr. Nvrop).
872. .S. LgrP VI 25 ( /F. Meyer).
90r. ^i'. AWr 3. i-6'V.' AVZZ 205 (6". C).
926. .S'. A'o XIV \ä,()ff. {Kr. Nyrop). Rcr N. S. 20, 140/". (^. ZYrr^/).
953. S. Rcr N. S. 19, 73 (F. Henry).
1055. .S'. i?o XZF 143/". ((?. Z.)-
109 Ja. .S'. Zo-rZ" FZ 377 (yi. Z. Stiefel).
II61. .S. ZVt/ 1885. 43 {^. Heer klotz).
1247. .S. Z)Z 1885, 650 {E.Schwan). J/ Z/ 238 (y^ Lnquin).
1490a. .S. JZ ZZ 334 (ZZ <y.).
1741a. .S-. Rcr N. S. XX\26 (Ch. y.).
1823. S. y.nSpr VII, II \ -'i (L. Wespy).
1900. .V. .!>. LC 1885, 311 {IL Schuchardt).
1909. .S'. RJlr 3. scr. XI H 151 /Z (Z. Constans).
2063. .V. Z,^--;-/' FZ 1 24 {A. L. Stiefel).
2118 20. S. DL 1885. 451 {G. Gerland).
Alphabetisches Verzeichniss.
Abbatia, d', Lellres inedilcs (Ta-
mizey de Larroque) i
Abel, Sprachwissenschaft!. Al)-
handlungen
— Kennzeichen der Spracliver-
wandtschaft
Abelard et Helo'ise, Lettres compl.
(Greard)
Abrest, d', Victor Hugo
AdemoUo, Una famiglia di comici it.
— Roma nelle Canzoni del Mar-
chese di Coulanges
— Curiosit^ di storia teatrale
— I primi fasti del teatro in via
della Pergola in Firenze
1657 — 1661
— G. Casanova in Campidoglio
— Una pagina ined. delle Me-
morie casanoviane
Adgar's Marienlegenden (Neu-
haus) I
Ahrens, Physiologus
Alarcön, de, Poesias serias y
humorist. I
— La Prödiga i
Albert, La Litterat. fran^. au
XVIIIe s.
— La Litterat. fran^. au XIX« s.
Alberti, Aless. Manzoni
Alesch, Altlad. Reimchronik (De-
curtins)
Alexis, S. La Vie de saint Alexis
(Paris) I
— Das Leben des heil. Alexis
(Vatke) I
Allard, La Vieillesse de Cor-
neille
Altner, Ueb. die Chast'iements i.
d. altfrz. Chansons de geste
Alton, Rimes ladines
Amalfi, Marco Monnier
— II dimonio nelle storie pop.
— Raritä Galianesche
Amalfi, Venticinque motli dcH'
598 abate Galiani 006
AmbrosoH, Nuova grammatica
6 della lingua italiana 778
Amerval, d', La Grande diablerie 1 121
19 Ammann, Verhältn. v. Strickers
Karl z. Rolandslied des PfafT.
57 Konrad 1428
983 Ancona, d', Varietä storiche e
263 lett. 264
— II teatro mantov. nel sec. XVI 311
273 — II teatro a Venezia sulla fme
313 del sec. XVII 315
— II Leopardi e la polizia Au-
striaca 391
317 Andre de Coutances 1123a
343 Andruzzi, Cenni critici 784
Angeletti, Quando e dove scri-
547 vesse Dante le opere minori 582
— Cionol. d. op. min. di Dante
115 582a (Anhang)
213 Annoiata, Un, Una seconda qui-
stione manzouiana 659
724 Anseis von Carthago 1125a
725 Antona-Traversi, Una primizia
foscoliana 368
908 — Un episodio sconosc. della
914 vita del Foscolo 368a
408 — Giacomo Leopardi 392 — 393b
— Per il Pindemonte 457
808 — Notizie stör. sull'Amorosa Vi-
sione 50 '
118 — Alcune varianti della Canz.
sul Monumento di Dante di
119
G. Leopardi 583
— Una lettera ined. del Metas-
958
tasio 668
— Canti ined. del popolo re-
926
canat. 763
806
Araujo, Hist. de la escult. en
161
Espana 1700b (Anhang)
226
Archevesque, Les Dits de Hue A.
605
(Heron) 1126
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. lOI
Archiv f. das Stud. der neueren
Sprach, u. Litt. 167
— f. lat. Lexikographie (WölfTlin) 87
— für Littcratur und Kirchen-
geschichte des Mittelalters 47
Archivio glottologico italiano
(Ascoli) 251
— per lo studio delle trad. pop. 217
Ariosto, Orlando Furioso (Dore) 520
— Stanze dell'Or). Für. (Picciola
e Zamboni) 521
Arlia, Spigolatura laschiaua 633
Armagna doülinen 1^74
Armana prouven^au per loa bei
an de Dieu 1886 1632
Armellini, Documento autografo
di Br. Latini 634
Arnavielle, Lou Jounglaire 1648
Ascoli, Retia, retiare, retiaculum 235
Asmus, Cours abrege de la litt.
fran^. 887
Asquerino, Leonardo de Vinci 388
— Diderot 967
— Montaigne 1019
Astori, Polemica Manzoniana 409
Aubanel, Li Fiho d'Avignoun 1633
Aug6 de Lassus, Racine a. Port-
Royal 1028
Augustin, Sprachl. Untersuch, üb.
die Werke Henri d'Andeli's 1270
Aumeric, La Passion Sainte Ca-
therine (Talbert) 1129
Ausfeld, Zur Alexandersage 199
Ausgab, u. Abhandlung. (Stengel) 168
Averna, Aless. Manzoni (Anhang) 659a
Avoli, Letlere inedite del Leopardi 642
Avvenimenti faceti raccolti da un
anonimo sie. (Pitrc) 498
Ayer, Gramm, comp, de la lang.
fran9. 15 10
Azais, Un prezen de rei 1649
Jo., Un antico vocabol. it.-tedesco 800
— Contos, Fables '497
Baale, La Chanson de Roland 1429
Babeau, L'ücole de village pendant
la rcvolution 880
— La Vie rurale dans l'anc. France 882
Baebler, Beiträge zu einer Gesch.
der lat. Grammatik 88
Bader, Nos aieules 8()5
Bahlsen, Adam de la IJale's
Dramen 1 1 1 4
Bahnsch, Tristan-Stuilicn 2i()
JiaiT, (liuvres cn rime (Marly-
Laveaux) 1 1 31
Baist, Crescentiasagc Jo^
— Zu El principe Cüii>laiitr «.'il.
Krcnkel i 7 io
Baist, Ueberg. von st zu z im
Span. 1772
Balaguer, Obras 1692
— Guilhem de Cabestanh 1610
Bailand , Anthologie des auleurs
dramat. fran^. 1084
Bangert, Die Tiere im altfranz.
Epos 924
Barbiera, C. Gozzi e le sue liabe 626
Barbieri, Cenni intorno all'origine
della scrittura alfabet. 31
Barth, Charakterist. der Personen
in der altfrz. Chanson d'Aiol i n6
Barthelemy,Voyage du jeuneAna-
charsis en Grece II33
Barthelmess, Die Prometheussage 214
Bartoli, La Sofronia del Tasso 717
Bartolucci, Pensieri 563
Barzellotti, La tilosofia del Manzoni 4 1 0
Basile, Giambattista 729
Basset, Une fable de Lafontaine 1308
Bastin, de, Sur l'emploi des negat.
en lat. et en fran^. 234
Bastos, G. Bruno 335
Batigne, La Grando Marseil-
heso etc. 1634
Battelli, Nascita e parenti di P.
Aretino 322
Bauck, J. J. Rousseau 1034
Baudouin, Gloss. du Patois de la
foret de Clairvaux 1499
Bayer, Aus Italien 265
Baynes, On the psychological side
of language 21
Beaumont, de, Les contes de Per-
rault mis en vers '390
Beaurepaire, de, Pierre Corneille 959
Becanier, Parallele de Voltaire et
de V. Hugo 1047
Beccaria, Di un verbo dantesco 564
Becker, G.,Catalogibibliothecarum
antiqui 144 u. 144 (Anhang)
— K., Synt. Stud. üb. d. Plejade 1533
Becquer , Legendes espagnolcs
(Fouquier) '757
Bcltrami, Da lettere ined. di U.
Foscolo 000
Bencini, II vero Giovan Battista
Fagiuoli 366
Benedetti, de, L'ant. Testamento
e la letteratura it. 209
Hcngesco, Voltaire '47^
Bcränck, Chateaubriand über die
Engländer u. Fran/oscn <)52
Hcreau, Poesies (Guyel et llovyn
de Francheres) ''j.^
Hcrlan , F-a iiUrodu/ione di-lhi
slampa in Milano 249
Herniund, Lo Crestoisadü '"''75
Hcrnavd.i l'uyandiii (l'hilipoii) idiS
I02
HIIU.IOGkAl'IlIK 1H85. ALl'HAMKllSClIKS VEKZKICHNISS.
]')ii iianli, Scpolcio ili i'culiUj l'O-
lcn},'o 5<)7
Uciniiidiii, MurcciUix chois. tlcs
class. frani,'. 1085
Bcriiail, Le sermon Saint — (Kur-
sier) 1 1 36
Bernaerls, Etudes clyniologi(iucs 1576
Berni, Rinie (Vir{,Mli) 525
Bcrsii, Die GulUiralcn 91
Bcrta c Milone; ürlaiulino (Mus-
safia) I 1 39
Bcrlhoud, Le J'alcr de Fciiclun 970
Berlini, Della urica 300
— Sui cori del Manzoni 411
Berloldi, G. V. Gravina 386
Bcrloncelli, Dodici sonetli in dia-
letlo veneziano 749
Berlrän y Bros, Cansons y follies
pop. 1693
Bescherelle, Dict. class. de la
lang. fran9. 1552
Bcttelheim, Beaumarchais 947
Bettucci, Torquato Tasso 464
Biadego, Da libri e manoscrilti 244
Biadene, Correz. ed aggiunte a
La Passione e K.isurrezione 509
— II colleg. delle stanze mediante
la rima nella canz. it. dei
sec. XIII e XIV 790
— Las Rasos de trobar etc. 1629
Biase, de, Tre lettere ined. di U.
Foscolo 601
Bibbia (La) Volgare (Negroni) 502
Bibliografia italiana 241
Bibliographie de Belgique 840
— de la France 839
Biblioteca de las tradiciones pop.
esp. (Machado Alvarez) 1/54
— italiana (Scartazziiii) 473
Bibliotheca normannica (Suchier) 1062
— philologica i, (Anhang) la
— philologica classica 44
Bibliothek, Altfranz. (Förster) 1061
— gediegener klass. Werke der
it. Litteratur (Goebel) 472
Bibliotheque fran^aise du nioyen
äge 1063
— Nouvelle — classique des ed.
Jouaust 1063a
Bierbaum , Reform des fremd-
sprachl. Unterrichts 1 5 i , 1 5 i (Anh.)
Bigot, Li flou d'armas 1651
Bintz, Gebrauch der AUitteration
bei den lat. Prosaikern 102
Biographien berühmter Spanier 1704
Bizeul et Boulay, Tableaux d'hist.
litteraire 897
Blavet, La Vie parisienne 942
Blaze de Bury, Jeanne d'Arc dans
la litterature 864
Ulazc ile Bury, Kluile sur Marivaux ruoO
Bliitry, Lettre supp. de Voltaire
s. le Caton d'Addison 1048
Blcjcme, L'Elude des langues
vivanies 15U
Boccaccio. Oii est ne Boccace 331
— Dekameron (SoUau) 527
— Le Decameron (Üillouse) 528
— Les Conles 529
— Le Nouveau Decameron 530
Bodenstcilt, Michelangelo 437
Boglielli, Voltaire 1049
Böhme, Originalgesänge v. Trou-
badours 1613
Boehmer, Verzeichnis rätorom. Litt. 804
- Zum Prädicalscasus 812
Bojardo, Orlando 537
Boileau-Desprcaux, QCuvres poe-
tiejues (Du Chalenet) 1142
— — (Göruzez) 1143
— Art poetique (Geruzez) 1144
— — (Lubarsch) 'HS
Boisjoslin, Esquisse d'une hist. de
la versilic. fran^. '544
Boissiere, Dict. anal, de la lang.
fran^. 1553
Boito, Un vers de Petrarque 698
Boletin de la libreria '699
— Folklorico Espanol '753
Bolognini , Usi e costumi del
Trentino 755
Bonaparte, Prince L.-L.,Neo -laiin
name for ,,artichoke" 1 1 7
— Italian and Uralic possess. Suf-
fixes compared 788
— Albanian in Terra d'Olranto 838
— Remarques '785
— The Simple Tenses in Mod.
Basque 1786
— Portuguese vowels 1802
Bondois, Necker 1021
Bonfadini, Alessandro Manzoni 412
Bonghi, Francesco d'Assisi 374
— A. Manzoni 413, 414
Bonhomme, ^Ime la comtesse de
Genlis 976
Bonnejoy, La Confession de foi
de Voltaire 1050
Bonnet, Agnaphus 116
— Exagillum 11 6a
Bonvecchiato, Giacomo Leopardi 394
Borgognoni, II secondo aniore di
P. Bembo 3-5
— La questione maianesca 305
— Le Grazie, trattatello etc. 506
Borinski, Epos der Renaissance 191a
Boerner, Raoul de Houdenc 1419
Bossola, Napoleone I nella poesia
pop. in Piemonte 74-
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICH>nSS. lO^
Bossuet, CEuvres choisies 1146
— Oraisons funebres II 47
(Jacquinet) 1148
(Martin) I149
— — (de Monügny) 1150
— - Oraison funebre de Louis de
Bourbon iljOa
— — de la duchesse d'Orleans
(de Bausset) 1 151
— Choix de sermons (Gandar) II52
— Sermons choisis (Rebelliau) 1153
— Sermones i '54
— Sermon sur la Mort (Philibert) 1 1 55
— Discours sur l'histoire univer-
selle 1156
(Gaste) 1157
— — (Jacquinet) I158
— — (Lefranc) 1159
— Elevations ä Dieu 11 60, 61
— Lec^ons pratiques de psycho-
logie et de logique 11 62
Bouchet, Une miniature de ma-
nuscrit du Xlle siecle 851a
Bouilly, Contes populaires 1 104
Bourdaloue , Sermons choisis
(Hatzfeld) 11 64
ßourdon, Silvio Pellico 446a
Bouret, Ramon de Campoamor 171 7
Boyer d'Agen , La vocation de
Boccace 332
Boysse, Le Songe de Corneille 960
Braga, Curso de historia da litt.
portug. 1790
— Contos trad. do povo port. 1797
— O povo port. nos seuscostum. 1797a
Braggio, Vita privata dei genovesi 268
Brandes , Omnipar. Omnipater.
Omniparus 1 1 8
— Visio S. I'auli 85
Brandt, Inf. fut. pass. auf -uiri 95
— Verzeichniss 46
Breal et Bailly, Dictionnaire cty-
mol. latin 132
Bregi, Lieder (Engelcke) 1167
Breitinger, Classisch u, Roman. i8ö
— Grundz. der franz. Lit.- und
Sprachgesch. 888
— Heinrich Meister 977
— Stud. u. Unterr. d. Franz. 1507
Brekke, Etüde sur la lle.\ion dans
le voyagc de S. Brandan i i 65
Brentari, 11 Gradenigo c Carlo
Goldoni 3S3
— Spigolalure goldonianc O22
Bresslau, Die Aslünirnham-ll>. d.
Dino Conipagni 594
Breton de los Herreros, La iiuic-
pendencia '727
Breymann, Wünsciie u. I iollnuiigen 152
— L. Leiucke 1 59
Brinkmann, Synt. d. Frz. u.Engl. 1532
Broccoli, Giambattista della Porta 461
Brugmann, Zum heut. Stand der
Sprachwissenschaft 14
Brunetiere, Histoire et litterature 896
— Etudes sur le XVHIe s. 910
— Les Cafes-Concerts et la Chan-
son francj. II05
Buche, Essai sur l'ancien cou-
tumier de Paris au Xllle et
XIV« s. 1086
Bück, Zur Orts- u. Personennamen-
kunde 1577
Buffon, Oeuvres completes 1168, 69
— Morceaux choisis 1170, 71
— Discours sur le style 1172, 73
— Histoire naturelle 1174
— Histoire du cheval II75
Bühler, Coli, de canzuns 807a (Anh.)
Bulletin de la soc. des anc. textes
fran9. 844
Burckhardt, La Civilisation en
Italie 257
Burgatzcky, Imperf. u. Plusquam-
perf. d. Fut. i. Altfrz. 1539
Burnand, Councilsand Comedians 194
Byrne, General Principles of the
structure of Language 10
99
Caccia, Nuovo dizionario
Cacho-Fio , Lou — , armana de
ProvenijO 1635
Caillard, Albania and the Alba-
nians 836
Caldera, Come nasce il verso cpico
ital. 303
Calderon, Der wunderthätige Zau-
berer 1728
— Der wunderthätige Magus
(Fastenrath) 1729
Cali, L'Ecclesiaste e il Cantico
dei Cantici di Salomone
Calzabigi, Di un nianoscritto
Calzi, La leggcnila tragica di G
Bruni
Cam?ies, Os Lusiadas (Biel)
— Sämmtl. Gedichte (Storck)
Campion, V. Hugo 983a (Anhang)
— Granuitica 1 788
Camus, Studio di lessicogratia bot. 801
Candclo, Del scntinienlo pocl. nei
tcmpi üdierui 197
Cai\ete, Teatro espaflol dei siglo
XVI .7'3
Canclta, La Vita nuova di Dante 584
Canitz.i Gehör- u. Lautsprachc 26
Cantalupi, Lcopardi e Lenau 395
Cantii, Nicolö Machiavclli 405
— Aless. Manzoni 4 1 5
5<-
-45
540
1793
'794
104 r.iiii.io(iKAi'iiii'; 1HH5. ai.i'hahetisches vekzeichniss.
(";i|) iii(:()ni|)iiial)lc, l.c, journul ilu
M'"*' l:i coinlcsse (.'oute i(ji<>
Capassü, OUavc ile Vclanliiiicllu 4f)f)
Capponi, I.cIUtc (Cairarcsi) 542
Cardanione, Del IcaUo 308
Cardona, Sloria della l'ocsia 298
Carducci, Sei odi l)ail)are 544
— Vcrsi 544a (Anliaii!,')
— Galanleiie cav. del sec. XII
e XIII 161 1
Caiini, Gli archivii e le bibliol.
di Spagna 274
Carmen de S. Bavone (llolder-
Egger) 60
Carmen Sylva, Leidens Erdengang 827
— Contes du Pelech (Salles) 828
Carnecchia, Convolto, o Col volto? 565
— Convolto? 565a
— La Vera lezione dei versi 59-
65 del canto X deU'Inferno 565b
— Della Vera lez. dei versi 79-
84 dell X» deU'Inferno 565c
Carnoy, Contes fran^ais 11 07
Caro, Poesias 1733» (Anhang)
Carreras, Los Prosistas contemp.
en Madrid 1707
Carriere, G. Bruno 336
Carla, Sul poemetto di P. da Be-
scape esist. nella Bibl. Naz.
di Milano 526
Caruel, Etudes sur les auteurs
fran9. 894, 95
Casalin, T. Tommaso d'Aquino 352
Casanova di Seingalt, Memorie
(Don Sallustio) 545, 546
— La Portoghese (Don Sallustio) 546a
Casini, II Canzoniere palat. 418
della Bibl. Nat. di Firenze 247
— Alessandro Tassoni 465
— I trovatori nella Maica Trevi-
giana 1606
— Le rime prov. di R. Buvalelli 1620
Cassel, Ahasverus 206
— Aus Literatur und Geschichte
584a (Anhang)
Castelvetro, Sposizioni etc. 566
Castets, Recherches 928
Catalogo dei manoscritti fosco-
liani 60 la (Anhang)
Catalogue general des mss. des
bibl. publ. des departements 845
Catellacci, Alcune leltere ined.
di L. A. Muratori 680
Caterina da Siena, Preparaz. alla
sant. Comunione 551a (Anhang)
Catherine de IMedicis , Lettres
(comte Hect. de la Ferriere) 1 176,
1176a
Caumont, Goethe et la litt. fran^. 912
Cavalcasclle e Crowe, Sloria dulla
pillura in ilalia 259
('avaliur, L'Eneiilc de Virgilc 1652
(^avalli, Giord. Bruno 337
("eard, Victor Hugo 984
Cecchelli, Le ,,Scaule" vcneziaiie
e Dante 5^7
— Proposta e saggio di un di/.io-
nario del ling. arch. il. 8u2
Cellini, Benv., Vita 553
Cercsole, Legendes des Alpes
Vaudoises i 1 i 2
Cerquetli , Commento al priino
sonetto della Vita Nuova 585
— G. Parini 683
— Quattrocento e piü corr. al
„Vocabol. met. della ling. it."
di A. Golti 795
Cervantes 1718a
— Novelas. ejemplares 1 734
(Kressner) 1735
— L'Hist. de don Ouich. de la
Manche 1 736
— L'Ingen. cheval. don Ouich.
de la Manche (Granville, Gi-
rardet et Fraipont) '737
— Hist. de l'admir. Don Quich.
de la Manche 1738
— The Ingen. Gentleman Don
Quix. of la Mancha (Ormsby) 1739
— El cuento del cautivo(Diercks) 1740
Chabaneau, E. Egger 156
— Sur quelq. mss. prov. perdus 1591
— Les biographies des trouba-
dours en lang. prov. 1602
— Berlran Albaric 1609
— Poesies ined. des troubad. du
Perigord 1615
— Sur la date du Vers del La-
vador de Marcabrun 1625
— Sainte Marie Madeleine dans
la litt. prov. 1626
— Paraphrase des Psaunies de
la Penitence 1628
— Sur la langue rom. du midi
de la France 1678a (Anhang)
— Dotz. — arriver 1686
Changements orthogr. inlrod. dans
le Diel, de l'Academie '554
Chanls populaires de la Haute-
Bretagne 11 10
Chapuis, Recits et legendes de
Franche-Comte 1109
Chassary, Sounels lagnats 1638
Chastanet, Lou Paradis de las
belas-mais 1669
Chasteuil-Gallaup, Deux lettres
inediles (Chabaneau) II77
Chateaubriand, Atala I178
(St. Born) 11 79
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. IO5
Chateaubriand , Le Genie du
ciiristianisnie l 1 80
— El Genio del crislianismo 1181
— Les Marlyrs 1 182
Chatelain, Manuscrits de la bibl.
de rUniversite 846
Chaves, Leyendas nacionales 1758
Chevrier, Elojje d'A. d'Aubij^ne 945
Chiappelli, La jjlossa pistoiese al
Codice giuslinianeo 619
Chiaiini, Donne e poeti 195
— Ugo Foscolo 369
— Piclro Giordani til5
— Per una nuova ediz. delle
poesie del Leopardi 643
Chinazzi, Alessandro Manzoni 416
Chomprc , Dictionnaire abr. de
la fable 929
Chreüen et Andre de Coutances,
Trois versions rimees de
l'Evangile de Nicodemc (Paris
& Bos) II 85
Cian, P. Bembo 326, 327
— Ballate e strambotti del sec. XV 490
Cid 1719a
Cionca, Pract. Grammat. d. rom.
Sprache 834
Cipolla, Studi su Ferreto dei Ferreti 62
— Studi danteschi 353
— Indici sistem. di due Cronache
Muratoriane 681
Cittadella-Vigodarzere, Rime 750
Clamadieu, Arnauld et la tragddie
de Plicdre 1417
Claricini, de, Intorno all'interpret.
di una terzina di Dante 568
Claudiani Manierti opera (Engel-
brccht) 60a
Cledat, La chronique de Salimbene 708
— La llexion dans la traduction
frani,-. des sermons de saint
m
j/
Bernard
Sernients de Strasbourg 1455
Grammaire elem. de la vicille
1508
1672
'585
lang. fran^.
— Le patois de Coligny
Cloetta, Crenu
Cochcris, Orig. et formal, de la
lang. fran(,-. 1503
— Orig. et forniat. des nonis de
licu '578
Coda, La lilosofia di 1". Tasso
nella Gerusalenune liberata 718
Coignard, Bossuet et s. Tlionias 050
Coleccion ile autores espafloles 1721
— de docunientos ined. para la
J listoria de Esi)aria I 700
■- — de escrilores caslellanos i722-22d,
i72 2aa (Anhang)
Coelho, Os jogos e as rimas inf.
de Portugal 1798
— Tales of üld Lusitania (Mon-
teiro) 1 799
Collection de contes et de chan-
sons pop. 222
— des auteurs fran^ais 1063b
— Nouvelle — de class. 1063c
Collezione di opere inedite o rare 474
Collischonn, J. Grevin's Tragödie
,, Caesar" in ihrem Verhältnis
zu Muret 1264
Colloredo Mels, Note e inipres-
sioni ricavate dalle opere di
U. Foscolo 602
Combes, M""' de Sevigne historien 1045
Condiilac , Traite des sensations
(Picavet) 1192
Constans, Chrestomathie de l'an-
cien fran^. 1067
— Supplement ä la Chrestomathie 1068
Constantin, La Muse savoisienne
au XVIIe s. 1677
Conto e Isaza, Diccionario orto-
grätico 1778
ConvorbirT literare (Negruzzi) 815
Copin, Hist. des comed. de la
troupe de Moliere lOii
Coquelin, TartuiTe 1363
Corneille, Deuxieme centenaire
de P. — 957
— CEuvres (Marty-Laveaux) 1193
— CEuvres choisies (Regnier) 1193a
- Chefs-d'a^uvre 1194
— Theätre (Pauly) 1105
— Theätre choisi (Sengler) 1190
— Cid (Geruzez) 1197
(M.) 1198
— Horace 1 1 00
— — (Figuiere) i 200
— — (Geruzez) 1201
— LTmitation de Jesus Christ I2ü2
— Nicometle (Gaste) 1203
(Weischer) 1204
— Polyeucte 1205
(Geruzez) I20b
(Gidel) 1207
— Pompee (Hemon) 1 208
— P. et T., QCuvres completcs 1212
Corradi, Un libro raro di silil. c
un'ediz. ignota dc\ Benivieni 524
Corsi, Scene pop. Iiorentinc 750
Costa, ("onccpto ilel Dcreclio cn
la poesia pop. csp. '75-
Costumi od usi aiUichi ncl prcn-
dor moglie in l*~ircn/.e 758
("otroni-'i, Iiiiornu .dlaSunia della
iett. it. del prof. A. Gaspary:
appunti cril. 281
Cranc, ll.dian l\>pular l'alo 733
106 BIHLIOGkAI'lIIK 1885. ALI'HAHETISCHES VEKZEICHNISS.
Cröl^illun , de , 'J'lKÜalrc complel
(Villi) 1213
Crescini, Marin Saiuulo 462
— Idalafios 531
— NolercUa danlesca 569
Crelu, Codicele Vtrone^ean 826
Croce, La leggcnda di Niccolö
Pesce 738
Crousld, J. J. Rousseau 1033
— La morale de Voltaire dans
ses romans 1051
Cuervo, Apunt. crit. sobre el
lenguaje bog. '774
— Diccionario '779
Cuestionario del Folk -Lore Gal-
lego etc. 1755
Cuissard, Inventaire des mss. de
la biblioth. d'Orleans 849a
Curnier, Etüde sur Jean Rotrou IO31
Curti, Entstehung der Sprache 20a
Curtius, Zur Kritik der neuesten
Sprachforschung 15
Czoernig, Die alten Völker Ober-
italiens 1 78
D., Anciens Catalogues d. Eveques
des eglises de France 45
Dabry, Vie de D. C. Cassan 1637
Dahn, Ursgesch. der german. u.
roman. Völker 176
Dal Pozzo di Mombello, G. Bruno 338
Dante Alighieri , Della Divina
Commedia 55^
— La divine Comedie (Botticelli) 557
— L'Enfer (Melzi) 558
— Le Purgatoire et le Paradis 559
— Purgatorio (Pascha) 560
— Divina Commedia (Angyal) 561
— Paradies (Francke) 562
— LaVita Nuova (Casini) 562a (Anh.)
Darmesteter, Note s. l'hist. des
prep. fran?. 1530
— et Hatzfeld, Morceaux chois.
des principaux ecrivains 10/7
Dareste, Histoire de France 855
Darsy, Usages et traits de moeurs
en Picardie 885
Davids, Form u. Spr. der Gedichte
Thibauts IV 1459
Dei, La lingua francese 1521
Delarc, Les Normands en Italic 256
Delbrück, Die neueste Sprachfor-
schung 1 6
Del Carlo, Torello, Gl'inni sacri
e le liriche civ. d'A. Man-
zoni 660
— La riforma letteraria e le dot-
trine di A. Manzoni 661
— Un po' di storia sui ,,Promessi
Sposi" di A. Manzoni 665
Del Carlo, Torello, ,,Promcssi
Sposi" d'A. Manzoni 065a
Del Lungo, Guglielnio di Durfurl
e Campaldino 570
Delvau, Les Sonneurs de sonncts 930
Demattio, grammatica della lingua
ital. 779
Denitle, Die Universitäten des
Mittelalters bis 1400 40
Denk, Verwelschung d. deutsch.
Sprache 1543^
Descartes, Discours de la möthode
(Charpentier) 121 5
(Fouillee) 1216
— Principes de la philosophie
(Charpentier) 1217
(Drioux) 12 18
(Joly) 121 9
(Liard) 1220
— Meditaciones metafisicas (Zo-
zoya) 1220a
Deschanel , Le Romantisme des
classiques 905
Desdouits, La Legende trag, de
Jordano Bruno 541
Desnoiresterres, La Comedie sat.
au XVIIL' s. 936
Desrousseaux, Chansons et pasq.
lilloises 1491
Det, Chretien de Troyes 955
Deuerling, Zu einigen Placidus-
glossen 74
Develay, Epitres de Petrarque 699
Devic, Etymol. lat. et fran^. ^579
Dictionnaire historique de la lang.
fran9. 1555
Diderot, La Religieuse (Asseline
et Lefevre) 1222
— Jacques le Fataliste et son
maitre 1223 u. 1223a (Anhang)
Diehl , Guillem Anelier v. Tou-
louse 1621
Diercks, Die span. Folk-Lore-Ge-
sellschaft 1 75 1
Dietz , Gesch. d. musik. Dramas
in Frankr. 934
Dina, Lodovico Sforza etc. 523
Dini, Della ragione delle lettere 276
Documents historiques bas-latins
(Leroux, Molinier et Thomas) 1612
Doine si strigäturi din Ardeal
(Jarnik & Bärseanu) 830
Dolci, A. Manzoni 417
Donati, Cinque sonetti del medio
evo 484
Doneaud du Plan, Etüde sur Ro-
trou 1032
Donnadieu, Santo Mario del Soulel 1 694
Dora d'Istria , La litt. iran9. au
XlXe s. 916
Dorer, Beitr. z. Calderon-Literat. 1731
BIliLlOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHKS VERZEICHNISS. IO7
Dorer, Die Lope de Vega-Lite-
ratur in Deutschland 1748
Doerks, Haus u. Hof i. d. Epen
des Crestien von Troies 1187
Dorr, Beiträge z. Einhardsfrage 61
Dramen, Altfranzösische 1072b (Anh.)
Dreser, Nachträge zu Michaelis'
vollst. Wörterbuche . 798
Droysen, RaiYael u. Michelangelo 438
Droz, L'esprit gaul. dans la litt.
fran^. 892
Du Bois-Melly, Glossaire du
XVIe s. 1569
Du Boys, Le centenaire de Man-
zoni 418
Du Gange, Glossarium med. et inf.
latinitatis 140
Ducarme, Les „Autos" de Gil
Vicente 1795
Duclau, Marco Polo 459
Dufour, Giord. Bruno ä Geneve
0579) 339
Du Fresne deBeaucourt, Histoire
de Charles VII 867
Duhamel, A Pierre Corneille 961
Dumeril, Comines et ses mcmoires 1 191
Dümmler, Lat. Gedichte 50
— Zum Paulus Diaconus 73
Du Puitspelu, Tres humble essai
de phonet. lyonn. '673
-- Vieilles choses et vieu.\ mots
lyonn. 1687
Dupuy, Consid. sur la litt. fram,-.
niod. 918
Durand de Gros, Notes de phil.
rouergate 1689
Duruy, Histoire de France 85O
Dyalogo (El) tli Salomon e Mar-
colpho (Lamma) 511
Kberhardt, Der Lucidaire Gille-
berts 12(>I
Ebering, Bibliogr. Anzeiger f. rom.
Spr. u. Lit. 142
Ebhardl, Casanovas Memoiren 5 48
Echegaray, Übras ilraniat. esco-
gidas 1742
Ecrivains, Ees Grands — de la
France (Rcgnier) iü63e
-- Les principau.\ — frani,ais lüfjjf
Editions nouvcUcs des classiipies
frani^MJs loOjd
Ehrlich, J. J. Kuus.-eau als Mu-
siker i*J3()
Eickershofl', Verdoiipcl. d. Kons.
i. Allnormann. '5-3
Ellinger, Macliiavelli als Ivoiiiö-
dieudichler 4ü()
— Alcestc 197a
Elliott, Contrib. to a Hist. of the
Frcnch Lang, of Canada i
Ellis, Aus einem unedierten Glos-
sare
Eisner, Bibliographie 1884
Enenkel , Diccionario Espanol-
Alemän i
Engelbrecht, Ueb. die Sprache d.
Claudianus Mamertus
Ent, V. d., L'Etude des mots i
L'Entree ä Rouen du roi et de
la reine, Henri II et Cathe-
rine de Medicis (Beaucousin) i
Erbe u. Vernier, Mentor
Ercole, Guido Cavalcanti
Espagne, Melanges de litterat.
romane i
Espronceda, de, Obras poelicas i
Estienne, Deux dialogues du nou-
veau Langage fran^. italianize
(Ristclhuber) 1
Ettari, El Giardeno di Marino
Jonata Agnonese
Euskal-Erria. Rcvista Bascon-
gada I
Eussner, Zu Älinutius Felix
Everlange, d', Hist. de saint Gilles l
Evola, La stampa sie. fuori di
Palermo etc.
Ey, Xavier de Maistre 1
— Das französ. Volkslied i
"5
141
777
60b
580
088
133
552
603
743
--/
633
783
70
599
250
004
10;
r abic, Estuiliü fdolögico '773
Fahre, Agrippa irAubignc 94O
— Flöchier orateur 972
Fabris, La conversazione di Man-
zoni 4 1 <)
Faclli, Lo spirilo di Voltaire 1052
Fagiuoli, Le nozze del diavolo 395
Faguet, Corneille explique aux
enfants 902
— La Fontaine 999
— Recueil de lextes des auieurs
fram,-. 10S2
Falconi, Le lingue nco-roniane 227
— Metrica classica 792
Falletli Fossali, Saggi 294
Fanfani, Viicaholario S03
Fargcs, Beaumarchais 948
Faslenrath, Carmen Sylva S23
Fava, Vita napulelana -73-*
Favaro, (.ialileo 381
— Ragguaglio dei maiu)>ciiui
galileiani etc. t>oj
— Gli scrilti ined. ili Leonardo
ila Vinci (i3>l
l'avrc, Olivier de Magny 1002
l'iist, /in Kritik der Berla^age
2ü3a (Anhang)
I08 l',II'.I.IO(iKAnill': 1885. AI.I'IIAliKlISCIlKS VKK7,EICHNISS.
l'cMnloii, (l'-iivius clioisius (ilc
Baussul) 1251
— Morcciuix clioisis (I)i<lici) 1232
— Lcs AvciitiiiL's de TclciiKKUic 1233
— — (C^olincamp) 1234
(Ma/.urc) 1235, 30
(Monniol) 1237
— Premier livre du 1 ijlciiia(|iic 1238
— Dialoj^ues des niorls (Jullien) i 239
— Kducalion des l'illcs (Greanl) 1240
— Geistliche Schriften (Arndt) 1241
— Lettre ä rAcadümie franc,-.
(Dubois) 1242
— Tlic Ouarterly Review on F. 969
Fenge, Sprachl. Untersuch, der
Reime des Computus '392
Ferrai, Lettere ined. di Donato
Giannotti 609
— Lettere ined. di V. Monti 675
Ferrari, II „Contrasto della Bianca
e della Bruna" 505
Ferri Mancini, Alessandro Man-
zoni 420
Ferrieri, Guida allo studio crit.
della letteratura 277
— Rime inedite di im cinque-
centista 491
Ferrini, Primi saggi sul Cinque-
cento 285
Fertiault, Des Madrigaux italiens 301
Feugere, Morceaux chois. de pro-
sateurs et de poetes 1073
— Morceaux chois. des classiques
fran^ais 1083
Filicaja, Lettere inedite (Ferrari) 596
Filipponi, Scritti varii 295
Filoz, Essai s. l'esthetique de
Pascal 1022
Finamore, Tradizioni pop. abruz-
zesi 766
Flamarion, L'Inhumation de Vol-
taire dans la chapelle de l'ab-
baye de Scellieres 1053
Flechia, Annotaz. sistem. alle An-
tiche Rime Genovesi 493
Flechier, Mademoiselle de Combes.
Nouvelle (Sigaux) 1244
Fleck, Gebr. d. Artikels i. Frz. 1534
Fletcher, Leopardi 396
Fleuriot, Recueil de Proverbes
frani^ais 1108
Fleury, Essai sur le patois normandl490
Florian, Fables (Geruzez) 1246
Floris and Blauncheflur (Haus-
knecht) 207
Focard, Du patois creole de l'ile
Bourbon 1500
Folk-Lore Catalä 1695
— The — Journal 218
Follioley, Hist. de la Uli. tVan^. 901
Fülsler, Spia( iil. Unters, der Mi-
racles de N(jslre Dame de
Ciiarlres 1275
l'Oiioll, (juia de! lenguaje caslel-
hmo 17X0
Forcella, l'"esle in Roma 272
l'"(jrcellini, Tolius lalinitalis lex. 106
Fornaciari , Disegno stör, della
lelt. it. etc. 278
— La lett. it. nei primi (|uaUro
sec. (XIII— XVI) 283
— A. Poliziano 704
Fornioni, L'Umorismo nel Man-
zoni 421
Forschungen, Romanische (Voll-
möller) 169 u. 169 (Anhang)
Foscolo, Ultime lettere (Scalvini) 598
— Due lettere inedite 599
Foures, Subre Jordi Sand '653
Fournel, Etildes s. la litt. fran9. 900
Fournier, Etudes s. la vie et les
Oeuvres de Moliere I012
Francet , Hist, dos quäle falls
Aymein etc. '484
Franciosi, Dante e il Beato An-
gelico 571
Franco, Le vie delle perfezione 550
— Passaggio dal latino neH'ital- 785
Franco-Gallia 852
Frati, II ,,Bel pome" 494
— Federico duca d'Urbino e il
veltro dantesco 572
— Tre sonetti di B. Dei 593
Freund, La Chanson de Gui de
Bourgogne 1268
Fritzsche , Die lat. Visionen des
Mittelalters 48
— Anfänge der Poesie igo
Froissarl, Les Chroniques de J. F.
sur l'hist. de France (Mail-
hard de La Couture) 1247
— Chronique de Flandre 1247a
Frontini, Eco della Sicilia 771
Funel, Li Masajan, les habitanls
des Mas 1654
vrabelentz, v. d., Zur Lehre von
der Transskription 32
Gabotto, P. Bembo 328
Gagnaud, de, Rampeu 1640
Gaidoz et Sebillot, Bibliogr. des
tradit. et de la litt. pop. de
l'Auvergne 1670
Gailer, Manzoni 422
Galanti , La ruina nel canlo V
dellTnferno dantesco 573
Galiani, Lettere inedite 604
Galland, Les Mille et une nuits
1248, 49
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. IO9
Galland, Contes arabes tires des
Mille et une nuits (Chotard) 1250
Gamna, Tommaso Grossi 629
Garaud, Essais '655
Garcia Arrieta, El espiritu de INI.
de Cervantes Saavedra 1719
Garlato , Canti del popolo di
Chioggia 753
Garnier — Gentilhomme, Langue
fran^aise 1 5 ' i
Gärtner, Berichtigungen 807
Gaspary, Entwick. d. fuktit. Bed.
bei roman. Wörtern 232
— Gesch. der it. Lit. 280
— Zu dem III. Bande der An-
tiche Rime volg. 485
Gaster, Literatura popul. romana 829
Gattini , II rilratto di Tommaso
Stigliani 463
Gaudin, Catal. de la biblioth. de
la ville de Montpellier 1589
Gaussen, Li Mirägi 1641
Gaut, Etudes de moeurs prov. 1600
— Les felibres d'Aix ä Hyeres 1642
— A. G. Azais 1650
Gay, Lodov. Ant. Muratori 444
Gazier, L'abbe de Prades , Vol-
taire et Frederic II 1054
Geiger, Der älteste röm. Musen-
almanach 495
— Stud. z. Gesch. d. franz. Hu-
manismus 873
Genlis, M""' de, Le Chaudronnier
1254. 55
— Delphine 1256, 57
— De l'esprit des etiquettes de
l'ancienne cour 1257a
— Reconnaissance et Probite 1258
— Les Veillees du chateau de
Champcery 1259
— Zuma 1260
Gennarelli , La Raccolta di lord
Ashburnham etc. 147
Genovesi, Un cena carneval. del
card. P. Riario 739
Gerber, Die Sprache als Kunst 22
Gerini , Olindo e Sofronia nella
,,Gerusalemme liberala" 719
Gerny- Chicot, Les Contes de
Boccace 53 'a
Geruzez, Cours de litlcrature 902
— u. Crousle, J. J. Rousseau 1037
Gesssner, Zur Lehre v. frz. i'ro-
nomen '535
— Zur Cibdareal-Fragc 1712
Geyer, Die Hispcrica Famina 07
— Beitr. z. Kenntnis des gall.
Lateins 89
Ghelli, Giacomo Leopardi 397
Gianduia 'n Patagonia (Bosc) 744
Gidel, Hist. de la litt. fran9. 898
Gietmann, Klass. Dichter u. Dich-
tungen 586
Gigas, Sammlung span. Roman-
zen 1699a (Anhang)
Gil de Santivanes , Poesias ine-
ditas 1745
Giordani, Lettere inedite 610-14
— Una leltcra inedita 614a
Giordano, Sintassi della lingua it. 782
Giornale storico della letteratura
italiana 252
Giovanni, di, Ciullo d'Alcamo 555
Giozza, Iddio e Satana nel poema
di Dante 574
Girard, Passerat et la Satire Me-
nippee 1453
Giuliari, Gli Anonimi Veronesi 292
— Bibliografia MaiTejana 649
Giusti, Epistolario 616
Glasi, A. Manzoni 423
Gleizes, Soupet et Resoupet 1656
Gloria, Volgare illustre nel IIOO
e Prov. volg. del 1200 140a
— Un errore nelle ediz. della Div.
Commedia 575
Gnoli, V. Monti 443
Godefroy, Morceaux chois. des
prosateurs et poetes fran^. 1078
— Grammaire fran^aise 1512
— Dictionnaire de l'anc. lang.
fran9. 1567
Godet, C. Ayer 154
— Marc-Monnier 162
— Le mouvement litt, de la
Suisse romande 920
Goldoni, Teatro scelto (Mante-
gazza) 620
— Fogli sparsi (Spinelli) 621
Goncourt, de, Actrices duXVIII«"
siecle 91 '. u^
Gonzalez Serrano, Victor Hugo 985
Gotti, Di Benvenuto Cellini 346
Gottschall, v., Stud. z. neuesten
franz. Litt. QIO
Goetz, Lexikalisch-krit. Bemerk. 1 1 1
GourcuiT, de, Le Mouvement poct.
en Bretagne 9' 7
Gozzi, Le Fiabe (Masi) 625
Graf, Epopea in Italia 302
— II Boccaccio e la supcrsti/.ione 333
— Per la leggenda di Dante 587
Gräfenberg , Beitr. z. fr/.. Syntax
d. XVI. Jh. 1509
Gramälica de la lengua casl. 176O
Grammalica della lingua ilal. 781a
(Anhang)
Grangier, Hist. abr. et cl. de la
litt, franv- 888a
(irazzini, Contes (Besnier) 628
I lO mi'.LIOGKAi'JlIK l88> AI.l'IIADl'.TlSCHIS VEKZEICHNISS.
fjrcbcl , Le Tornoicincnl Anle-
clirist par Unon de Mcry 1273
Gregorini, Uli. coUoii. di Bealricc
con Dante 5^7^ (Anhaiifj)
Grefjorii 'J'uronensis opera (Arndt
et Kruscli) 64
Greif, Die miltelallerl. Ik-arheit.
der Trojaner.sa^;e 1 i 34
Grimm, Michelangelos Muller 43')
— Michelangelo belren"cnd 440
Gröber, Vul{;ärlat. Substrate rom.
Wörter i i o
— Etymologien 236
Groltanelli, L. A. Muratori 445
Gruyer, Le sentiment de la naturc
dans les (Berits de St. Fr. de
Sales 1041
Gualandi, Accenni alle orig. della
lingua e della poesia it. 279
Guardionc, G. Leopardi 398, 399
— Antologia poetica sie. del
sec. XIX 482
— Nuova Antol. di poeti sie. 483
— II Bruto Minore di Giacomo
Leopardi 644
Guasli, Una figlia di V. Arclino 323
— Galileo Galilei 608
Gubernalis, de, Storia univ. della
letteratura 1 8 1
Guerard, Cours compl. delang.fr. 151 3
— et Sardou, Dict. abrege de la
lang. fran(^. 1556
Guericke, v., Sammlung lat., fr/.
. . . Sinnsprüche 223
Guerin, Poesies (Mazel) '^57
Guerrazzi, Goldoni 384
Guerrini, Di Carlo Gozzi 385
GueuUette, Parades inedites 1267
Guglia, Zur franz. Litleraturgesch.
d. 18. Jahrh. 909
Guichard, Une version dauph. de
l'Escriveta 1676
Guigue, Cartulaire lyonnais 1597
Guillaoumes de Raynaoudos as
electurs de la coummuno de
Mounesties 1667
Guillen Robles, Leyendas morisc. 1761
Guizot, Dict. univ. d. synonymes 1570
Günthner, Calderons Dramen 1732
H,, Anonyme, auteur du Trac-
tatus de abundantia exempl.
in sermonibus 54
— Gui de la Mar che 65
— Guillaume de Bar 66
Haase, Zur Syntax Robert Gar-
nier's 1 25 1
HafTner, J. J. Rousseau 1037a
160
953
llahn, Basedow u. s. Verbälln. z.
Rousseau 1038
llaillant, Essai sur un |)alois vos-
gien 1495, 96
Ilamel, v., Encore un ms. de la
Vic des Peres 1462
Hammer, Die Sprache der anglo-
nf)rmann. Brandanlegcnde I166
IlarfT, „Ansiiis de Mes" II24
Harnisch, Allprov. Praesens- und
Imperfect-Bildung 1682
Hartmann, Victor Hugo 986
Hauler, Thesauri latini spec. IH 108
Haureau, M. P. Littrc
Haussonville , Ct'" de, f'hateau-
briand
Hawkins, Annais of the french
stage 933
Hearn, Gombo Zhebes 1502
Heerdegen, Lat. Lexikographie 104
Hefner-Alteneck, v., Trachten etc. 43
Heinrich , Ueb. d. Stil v. Guil-
laume de Lorris i 269
Heilhecker, Jean Boders „Jeu de
Sainl-Nicolas" 1141
Heller, Melastasio's La Clemenza
di Tito 669
— Wie sind die franz. Verse zu
lesen '549
Heilot, Etüde cril. sur les sources
du Rosier des guerres 11 84
Helmreich, Paulum, pusillum, pa-
rum und Synonyma II9
Ilengesbach, Inclination im Prov. 1680
Henne am Rhyn, Die Kreuzzüge
u. die Kultur ihrer Zeit 39
Henri IV, Leltres inedites (Hai
phen)
Henry, Les manuscrits de Leo
nard de Vinci
— Voltaire et le cardinal Ouirini 1055
Heredia, Libro de los Fechos e
Conq. del princ. de la Morea 1746
Heron, Trouveres normands 921
Hertz, Zwei Novellen in Versen
a. d. 12. Jahrh. 1072
Heulhard, Rabelais Chirurgien 1026
Heylli, d', La Comedie fran^.
Hirsch, Laut- u. Formenlehre d
Dialekts von Siena
Histoire litteraire de la France
Hofmann , G., Die logudores. u
campidanes. Mundart
— K., Tranix
— Acieris, frz. acier
— Ist lat. ana auch ins Roman.
übergegangen 238
— Miscellen 1066
— Zu Bartsch's Allfrz. Chresto-
mathie 1066a
869
636
938
762
886
769
120
237
BLBLIOGRAPraE I 885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS.
I I I
Hofmann, K., Zu Floovant 1243
— Gonz. de Berceo 1726
— Zu den Cidquellen 1741
Hornemann, Reform d. neuspraclil.
Unterrichts '53
Horning, Die Suffixe Icius, Tcius 92a
— Zur Kunde des Neuwallon. 1493
— Zur Kunde der rom. Dialekte
der Vogesen 1494''^
— Franz. Etymologien 1581
Hottenroth, Trachten 43a (Anhang)
Hovelacque, L'Evolution du lan-
gage 12
Hugo. Victor Hugo's literary
testament 9*^ '
— V. Hugo devant l'opinion 9^2
Hülsen, Andre Chenier 954
Humbert, Schlegel u. Molierc 10 13
— Schiller, Göthe, Lessing, Mo-
licre u. Dr. P. Lindau 1013a
— Lustige Puppen-Tragödie 1013b
Humboldt, v., Ueber Rätoroman. 813
Huemer, Zur Gesch. der mittcl-
lat. Dichtung 59
— Zu Walahfrid Strabo 86
Hunfalvy, Wie die Rumänen Ge-
schichte schreiben 818
Hurmuzaki, v., Fragmente z. Ge-
schichte d. Rumänen 819
Jacquinel, Des predicateurs du
XVH« s. a%'ant Bossuet 906
Janct, Lcs Clcfs de La Rruycrc 1286
Janin, Causerics litt, et bist. 904
Jannet et Le Saint, Diel, de la
lang. fran(,-. '557
Jansen, J. J. Rousseau als Bota-
niker 1039
Jarlit, Orig. de la legende de Me-
lusine 21 1
Jellinek, Der jiid. Stamm in nicht-
jiid. Sprich\vr)rlirn 225
Jensen, Synt. Studien /u Robert
Garnier 1252
Imbriani, L'F.co res])onsiva nelle
Paslorali il. del ( inquecento 304
— L'Eco rcsp. n. 1'. 1. dcl Sei-
cenln 304:1
— Danle 354
Intra, Ag. Paradisi 446
Jochs llorals de Barcelona 1691
Johannsstn, Ausdr. d. Concessiv-
veriiäiln. i. Allfrz. 1538
Joinville, llisloire de sainl Louis
(Mailhard de La Goulure) 1277
(Natalis de Wailly) 1277a
— Sceaux inedils (Lc Mcrcier de
Moriere) ' 278
— Charle de pariagc (Brucl) 1279
Joret, R haut-normand 1489
löu de pascas, L' 1658
Isla, Hist. del fam. predic. Fray
Gerundio de Campazas 1747
Jullien, La Comedie ä la cour 937
— Div. ceuvres litt, du midi de
la France 1607
Jürging , Voltaire's dramatische
Theorien '477
Ive, L'antico dialetto di Veglia 775
Kade, Ein Augensegen 52
— Ein lat. Hymnus auf S. Adal-
bert 53
Kadler, Sprichwörter u. Sentenzen
der allfrz. Artus- u. Aben-
teuerromane II 27
Kahnt, Gedankenkreis der Sen-
tenzen in Jodelle's u. Garnier's
Tragödien 1276
Kayser, Zur Syntax Molieres 1364
Kemp, Vier ailfranzös. Lieder 1073a
(Anhang)
Kcutel , Anrufung der höheren
Wesen i. d. altfranz. Ritler-
romanen 925
Kilian, Diderots dramatische Frag-
mente 1224
Kinzel, Zur Hisloria de preliis 201
Klaczko, Florentiner Plaudereien 355
Kleinpaul, Menschen- u. Völker-
namen 33
Kluge, Samson de Nanluil '452
Knust, PItymol. des Namens „Lu-
canor" ' 782
Koch, Chrisline de Pizan '»56
— Baron Melchior v. Grimm u.
s. Pariser Briefe 1 265
Koeppcl, Laur. de Prcmierfail u.
J. Ly<lgates Bearb. von Boc-
caccios de casibus vir. ill. 532
Köritz, S vor Kons, im Frz. 1528
Koerling, Verschollene Hss. 8^1
— (Tcschichte des franz. Koiuans
i. XVIL Jahrh. ')3i
Koschwitz, Commentar zu d. .'ill.
franz. Sprachdenkmälern
Kownalzki, Essai sur Havdy
Krause, Bcdeut. il. Acc. i. frz
Verse
Krebs. The dale of Dante's dcalh 35«
Kreilen. Vollairc lo-if»
Kremer, Rimariuni u. darauf ba-
sirtc Grammalik v. Eslicnne
V. Fougicres' Livrc des Ma-
nii-rcs 12 28
Kressner, Die neuspraclil. Zeit-
schriften 143
— Milleilungen aus llss. 1138
1070
<)So
1548
112 HIlil.lOdUAI-IIIK 1885. AI.I'IIAl'.iaiSCHES VRRZEICHNISS.
Krick, Lcs donnöcs s. la vic soc.
et piiv. des Fran^. au XII"
si6cle conl. dans lcs romans
de Chreslicn de Troycs 1 1 HH
— Bau der Tilade in der clian-
son de Koland '4.50
Knisx.cwski, l'riiicipicn d. Spradi-
enlwickclun}^ 1 1
Kulcke, J. de l.a Taille's Kamine
im Verhältniss zu Seneca's
Troades rsiS
Kunze, Das Formelliafte in Girarl
de Viane i 140
Kupp, Quellen des Parzival von
Wolfr. V. Eschenb. 208
Kussmaul, I 36 capiloli della sua
opera „Die Störungen der
Sprache" etc. 30
La Borderie, de, Froissart 974
Labrouste , La Bibliothcque na-
tionale 842
— — (Ilemardinquer) 1285
La Bruycre, Lcs Caractcres 1283, 84
Labruzzi, Bosone da Gubbio 539
Lacerda, de. Novo syllabario port. 1 801
Lacroix, P., 1806— 1884 158
Lacroix, O., Euskal-Erria 1784
Laflitte, Diderot 968
La Fontaine, CEuvres (Regnier) 1287
— Contes et Nouvelles 1288
— Contes (Jouaust) 1289, 90
— Fables 1290a, 91
(Aubertin) 1292
— — (Defodon) 1293
(Du Chatenet) 1294
(Du ISIesnil) 1295
— — (Feugere) 1296
(Jouaust) 1297
(Legouez) 1298
(Girardet) 1299
(S.) 1300
(Sainte-Beuve) 1301
— Choix de fables (Rouze) 1302
— Fables choisies (Godefroy) 1303
— Cent fables choisies (Caron) 1304
— Le Favole (De Marchi) 1305 u.
Anhang
— Phaedri Aug. hberti Fab. 1.
quinque (Rinn) 1306
(Talbert) 1307
Laforgue, Brinde pourtat al ban-
quet de Banyuls 1659
Lago, Gil-Blas de Santillana 1324
La Harpe, Le ,,Venceslas" de
Rotrou 1436
Laigle, Caus. s. le patois et les
provinc. de l'arrond. de Va-
lenciennes 1492
Lallemantl , Un ms. rclrouvc :
Guerre de Metz en 1324 1266
Lama, de, L'elemenlo religioso dei
Promessi Sposi 662
La Marclie, Mcmoircs (P.caunc et
(rArl)aumont) '3' 4
Lamartine, de CEuvres 131:;
- I'ocsies incditcs 13"'
Lambert , Contes pop. de Lan-
guedoc I 660
Lamennais, de, CEuvres 1317
Lamma, Di un cod. di rime dcl
sec. XIII 246
— Lapo Gianni 357
— Studi sul Canzonicre di Dante 588
— Dom. da Montechiello ^71
Landau, Benito P. Galdos 1720
Landgraf, Die Vita Alex. Magni
des Archipresb. Leo 200
Lang, Qn Spanish Grammar 1770
— On Spanish Metaphors 1781
Lange , Ungedruckte lat. Oster-
feiern 5 1
Langenscheidt, Jugenddramen d.
P. Corneille 963
Langlade, Andre 1661
— Lou nis de cardounilha 1662
Langlois, Le Miroir historial 1094
— Un nouv. ms. de la chanson
d'Anseis 1125
Lanza, ApoUonius de Tyr 38
Lapommeraye, de, Les Amours
de Moliere 1014
Lardelli, Ital. Chrestomathie 477, 477a
Larousse, Cours lexicol. de style 1543
— Dictionnaire compl. de la lang.
fran^.
1558, =;8a
— Nouv. dictionnaire de la lang.
fran^. 1559) ^0
Larroumet, Une Comedienne au
XVIIe siecle 1015
— La Femme de Moliere 1016
— Le Jeune Premier de ia troupe
de Moliere 1017
Lasserre, Les manuscrits et les
corrections de Bossuet 11(^3
Lastarria, Recuerdos literarios 1709
Latassa, Bibliot. antigua y nueva
de escrit. arag. I 703
Latty, Brinde ei Felibre 1643
Lazzeri, Nuovi teoremi suU'eso-
grammo di Pascal 1388
Lebon , Vie de saint Thomas
d'Aquin 81
Leclair et Rouze, Cours de gramm.
fran9. '5 '4
Lefebvre Saint-Ogan , Essai sur
l'influence fran9. 857
Legeay, Robert Garnier 975
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALI'HARETISCHES VERZEICHNISS.
Legee, J' ramass' des crott's de
chiens 1481
Le Hericher, Gloss. ütymol. anglo-
normand 1573
Lejard, Nouv. traite de prosodie
latine 134
Leibniz, Nouv. essais sur l'enten-
dement humain (Bouillier) 13 19
(Janet) 1319a
— — (Lachelier) 1320
— La Monadologie (Lachelier) 1321
Le Monnier, La jcunesse de saint
Fran^. d'Assise 375
Lenzoni, II Manzoni nelle scuole 424
— Ancora sul Manzoni 424a
Leopardi, Scritti editi sconosciuti
(P.enedeltucci) C)^o
— Due lettere inedite 641
Le Sage, Hist. de Gil Blas de
Santillane 1322
— Istoria di Gil Blas di Santil-
lana 1323
Le Saint, Noiiv. dictionnaire de
la lang. fran^. 1561
Letelic, PY-nclon cn Saintongc 970a
L'Etoile, de, Un joiir de mistral 1644
Lettere (I)iciotto) inedite di il-
lustri Romagnoli 500
Levallois, Clement Marot loo.S
— Agrippa d'Aubigne 1128
— La l'ontaine: Fahles 1309
— Racine, Mithridate 14 18
Leveaux, Le Thcatre de la coiir
ä Compicgne 941
Levi, Michel-Ange 441
Lewall , Etymol. et transforniat.
des noms des repas 1582
Leynardi, Dante 588a (Anhang)
Lhomme, Les Chants nationaux
de la France 1 106
Libre de les dones (Matheu y
Sanz) [624
Liebermann, Aus neueren Hand-
schriftenverzeichnissen 145
Linares, Racconti popolari 734
List, Fierabras-Bruchstück 1243
Literalnrblatt für german. u. roni.
Philologie 170
Livet, l'ortrails du grand sicclc 973
Locella, Nuovn dizionario 79^
Lo l""ortc-Randi , I<"ran(,()is Ra-
belais 1027
Loiscau, ilisl. de la lilt. j)()rt. 1789
Lolli, Giortiano Bruno 340
LoUis, de, Dei laddoppiamenti
postonici 787
Lombardi, La Iragedia ilal. nel
ciiujuecenlo 306
Longpcrier-(iriuioard, de, Un pn'-
scnt de Bossuet u^i
Zcitsclir. f. roiii. Phil. X. Ililil.
Lopes, Nouv. grammaire prat. 1767
Lorenz, Der Stil in Maistre Wace's
Roman de Rou ^479
Lotheissen, Zur Sittengeschichte
Frankreichs 874
— Königin Margarethe v. Na-
varra 1005
Lotz, Auslassung im Altfrz. 1541
Louis XI, Lettres (Vaesen et Cha-
ravay) 868
Lübbert, Lat. Tempora 94
Lubin, Dante 589
Luciani, Dante Alighieri 358
Ludwig, Lionardo da Vinci 637
Lulle, Raimond — 1696
Lumini, Dante Alighieri 359
Lupi, Nuovi studii sulle antiche
Terme Pisane 757
Luri, Modi di dire proverbiali e
motti pop. it. 736
Luzel, Le Magicien et son valet i486
Luzio, Vittoria Colonna 349
Luzio-Rcnier, Contrib. alla storia
del malfrancese ne' cost. e
nella lett. it. del sec. XVI 26 1
M.., H. F. V., Lc Saveticr et Ic
Financier 1310
— L'Ftude des Synonymes '572
Mabellini , Delle rime die Benv.
Cellini 5^4
Machado y Alvarcz, ,,Folk-Lorc" 221
— El Folk-Lore del nino 1756
Machiavelli , Discorsi sopra la
prima dcca di T. Livio (Fin/i) 647
— Breviaire republicain (Lemcr) 648
Magliani, Storia lett. dellc donncit. 290
Magrini, B. Menzini 435
Mahn, Grammat. u. "SVörtcrb. der
altprov. Sprache 1679
Mahrenholtz, Voltaire's Leben u.
Werke iO!;7
Maillet du BouUay, La Maison
de P. Corneille au Petit-Cou-
ronne (jdj
Maintenon, M""' de, Extraits des
lettres (Greard) 1325
Maistre, J. de, CEuvres compl. 1325a
— Du pape i32()
— X. de, CEuvres compUles 1327
— Les Exilcs de Silicrie 132S
— Le Lepreux de la cite d'Aostc 1320
— Prascovie ou la jcune Sibc-
ricnnc (Körbilz) 1330
Malamani, I cosiumi di Vcnc/ia
nel sec. XVIII 267
— I teatri veneli nel sec. scorso 3i()
— A |>ro|iosiio di un „Ncronc"
goldoiiiano ^123
8
114 HIRLIOGKAI>HIK 1885. Ar.I'MAHETISCHES VERZEICHNISS.
Malel)ranchc, Trailö de Titnaf,'!-
nalion (Roiiilücr) 1331
Mall, Zur (iescb. d. millclall.
Fabellil. 1337
ManimoH, Dante a Ravenna 360
Mancini, Leonardo da Vinci 638
Maniu, Zur Geschichtsforsch. ül).
die Romanen 820
Mann, M. F., Eine allfrz. Prosa-
version des Lapidarius Mar-
bod's 1333
— Zu Godefroy's Dictionnaire 1568
— Berichtigung 1568a (Anhang)
— P., Particip. praet. im Altprov. 1 684
Mantel. Le conle du Mantel
(Wulff) 1332
Mantovani, Un' opera poco nota
di G. Casanova 549
Manuscrits de la bibliotheque de
Nimes 849
— de la bibliotheque de Toulouse 850
Manzano, di, Biografie 293
Manzoni, A., Postille e Pensieri
(Bonghi) 650
— I Promessi Sposi 651, (Anh.) 651a
— The betrothed (I promessi
sposi 652
— Los Novios 653
— Gl'inni sacri (Venturi) 654 — 656
— Adelchi 657
— Sentenze e pensieri (Bindoni) 658
— Le cinqmai(Obedenare)658a(Anh.)
— G., Annali tipogratici dei Son-
cino 243
Marasca, La Henriade del Vol-
taire 147S
Marbach, Der Richter von Za-
lamea 1733
Marchesi, Venezia nell'etä del Ri-
nascimento 266
Marchesini, I perfetti italiani in
-etti 789
Marcillac, Letteratura franc. (Pa-
ganini) 889
Marc-Monnier, Hist. de la litt. mod. 1 84
Marcou, Morceaux chois. des clas-
siques fran^. 1074, 75
— Two points in French style 1542
Marello , La Cansoun de Jan
d'Amour 1645
— La Mort d'un Poutoun 1646
Marguerite de Valois, L'Hepta-
meron 1334
(Pifteau) 1335
Marie de France , Die Lais
(Warnke) 1336
Marie Madeleine, Vie de sainte —
(Chabaneau) 1626a
Marignolle, Rime varie (Caval-
canti-Arlia) 666
Maroncclli, Vie de Silvio l'ellicn
(Lezaud) 447
Marsy, de, Bibliographie picarde 843
Martens , I list. de Sanclo Gre-
gorio papa 63
Martin, pere, Une poesie du pere
M. (Roque-Ferrier) 1663
— H., Histoire de France 879
Martinez Villergas, Poesias 1748a (An-
hang)
Martini, Heine e Zendrini 471
Martinozzi , II ,,Pantagruele" di
Fr. Rabelais I 397
Martucci, Uno scenario ined.
della commedia dell'arte 487
Masi, G. Capponi e il suo Epislo-
lario 543
Maspons y Labrös, Cuentos pop.
cat. 1695
Mathieu, J' yends d' la violett'
1' jour du 15 aoüt 1482
Mattiolo, di, Cronaca Bolognese
(Ricci) 667
Mawr, Analogous Proverbs in ten
languages 224
Maynard, CEuvres poetiques(Gar-
risson) '339
Medici, L. de', La Nencia da
Barberino 760
Medin, Frammento di un Cantare
in morte di Galeazzo Maria
Sforza 503
— Letteratura poetica Viscontea 728
Meier, D., Vergleich u. Metapher
i. d. Lustspielen Moliere's 1365
— G., Nachträge zu Becker, Ca-
talogi 144a (Anhang)
— U., Stud. z. Lebensgeschichte
P. Corneille's 965
Melusine 219
Melvil, Le syst. dram. de Racine 1029
Menendez Pidal, Poesia popul. 1759
Merighi, Nuovi el. di gramm. it.
781b (Anhang)
Merlet, Tableau de la litt. fran9. 915
— Notice biogr. sur Jean Ro-
trou 1033
Extraits des classiques fran9. 1079
Merlo, GH studi delle lingue 5
— Probl. fonol. sull'articolazione
e suU'accento 229
Metastasio, P. 43^
Meurer, Franz. Synonymik 1571
Meyer, G., Essays 7
— Della lingua e della lett. alb. 837
— G. H. de, Les Organes de la
Parole 23
— K., Geistl. Schauspiel 191
— Eine irische Version d. Alexan-
dersage 202
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. II5
Meyer, P., Inventaire des livres
de Henri II 148
— L'enfant gäte devenu criminel 1 98a
— Notice du ms. 772 de la Bi-
blioth. munic. de Lyon 848
— Variantes ä l'Enseignement
moral 1087
— Les premieres compilations
fran^. d'hist. anc. 1089
— Notice d'un Ms. de la bibl.
Phillipps 1229
— Prov. a9upar 1586
— Notice de quelq. mss. de la
collection Libri 1 592
— Fragment d'une chanson d'An-
tioche en prov. 1617
— Prov. Lang, and Literat. 1678
— W., Anfang u. Urspr. d. lat.
u. griech. rliylhm. Dichtung 138
— Beiträge z. roman. Laut- und
Formenlehre 228
— Zu den Auslautgesetzen 228a
— F"ranko-ital. Studien 1506
— Zu Guiraut de Borncirs Tage-
lied „Reis glorios" 1623
Michaelis, G., Ueber das mittlere a 29
— Ueber d. Theorie d. Zischlaute 29a
— IL, Vollst. Wörterb. der ital.
u. deutsch. Sprache 797
Michaelis de Vasconcellos, Mit-
teil, aus port. Hss. 1791
Micliaud, M'i'i; Steck et ses poes. IO46
Michel, L. C, et Rapet, Cours
sup. de lang. fran(;. 'S '5
— M., Not. lilem. de gr. bist, de
la lang. fran(j'. 15"^
Michelangelo Buonarroti, Le rime
(Grasberger) 670
Michelet, CEuvres 858
Migne, Patrologiae cursus com-
pletus etc. 56
Mignini, Le tradizionidella epopca
carolingia nell'Unibria 765
Mikelli, N. Tommaseo 165
Milanosi, Dante a S. Gemignano 361
Miola, Le Scritture in volg. dei
primi tre scc. della lingua 248
Mirabclla, Ciullo d'Alcamo 348
Miraclcs de Nostre-Dame par per-
sonnages (Paris et Robert) 1092
Misasi, Francesco Fiorentino 367
Mistere, Le, du Viel Testament
(J. de Rothschild) 1095
Älistral, Les Felibrcs K>47
— Lou Tresor doii felibrige I08^
Moglia, La filosolia di san Tom-
maso d'Aijuino 82
Müisy, Dictionnaire du patois
normand 1488
^loliere, CEuvres (Anatole deMon-
taiglon) 1341, 42
— Qiuvres completes ^343
— Werke (Laun) 1344
— Chefs-d'ccuvre 1345
— Comedies (Chaillot) 1346
— L'Avare 1347
(Boully) 1348
(Marcou) 1349
— Le Bourgeois gentilhomme
(Vapereau) 1350
— L'ecole des fenunes 1351
— Les Femmes savantes 1352
(Lion) 1353
— Les fourberies de Scapin
(SchefTler) 1354
— La Ceremonie du Malade ima-
ginaire 1355
— Le Misanthrope 1356
(Aulard) 1357
— — (Fritsche) 1 358
— — (Lavigne) 1359
(Pellisson) 1360
— Le Tartuffe 1361
(Boully) 1362
— II Tartufo (de Joly) 1362a
Molieriste, Le — . (Monval) 1369
Molineri, II secondo volumc delle
opere ined. o rare di A. Man-
zoni 650a
Molinier, Catalogue des mss. de
la biblioth. Mazarine 847
Molmenli, Feste in S. Marco nel
sec. XVI 271
Mönch von Montaudon , Dicht-
ungen (Klein) 1027
:Monod, Victor Hugo 987
Montaigne, Essais (l'etit de JuUe-
ville) 1370
— — (Voizard) 1371
— De l'institution des enfants
(Reaume) 137-
Mi)ntesquieu, Considerations >ur
les causes de la grandeur des
Romains et de leur dcca-
dence (Aubcrt) 1375
— — (Erzgracber) 1376
(Petit de JuUcville) 1377
— Persische Briefe (Bertz) 1378
Montet, Hist. litt, des Vaudois
du Piemont 1604
Monti, Scelte poesie (Carducci) 072
— Liriche e poemetti (Kin/.i) 073
— Poemetti e liriche (Padovan) O74
— Un sonetto sconosciuto (Bcue-
deltucci) f>76
— Aristodcmo ')77
— Per un'ottava ined. di V. Moiili ()78
— La Bassvilliana (Einzi) o;Sa (Anh.)
8*
Il6 lUMLlOGkAl'llIK 1885. AM'HAHEIISCHES VKkZEICHNlSS.
Müiandi, Antologia dclla nostra
crilica lelteraria niod. 478
— Voltaiic conlro Slialccspearc 1058
Moicl-Falio, Nolice siir Ircjis mss.
de la bil)l. d'üsuna 149
— Rapport 1690
— La Comedia esp. du XVII<'s. 1714
Morosi, Osseivazioni 770
Morsolin, P. Bembo 329, 330
Moutier, Bibliographie des dia-
lectes dauph. 16 14
Mufjnier, Saint Franc,-, de Sales 1042
Müller, F., Grundriss d. Sprach-
wissenschaft 8 u. 8 (Anhang;)
— K. Th., Zur Geographie der
älteren Chansons de geste 923
— L., Der saturnische Vers 136
Müntz, La legende de Charlemagne 204
— La renaissance en Italic 258
Muratori, Lettere inedite (Ceruti)
680a (Anhang)
Murguia, Los Precursores 1708
Mussafia, Zu Wolter's Judenknaben 209
— Zur Katharinenlegende 210
— Ital. Sprachlehre 780
— et Meyer, Sülle Vie des anciens
Peres 1463
Musso, La terza lett. civ. d'Italia 287
— e Copperi, Particolari di co-
struzioni mar. e tinim. di
fabbricati 682
Älystere de l'incarnation et nati-
vite de notre sauveur et re-
dempteur Jesus - Christ (Le
(Verdier) 1096
— (Le) de Noel 1097, 9^
— Le — de santAnihoni de Vien-
nes (Guillaume) 1099
N., La Resa di Pancalieri 510
Natüli, Hortensie Scammacca 711
Nauss, Der Stil des anglonorm.
Hörn 1271
Negroni, Tre libri o trattati di
S. Caterina da Siena 551
— Illust. art. della Div. Com-
media nel sec. XV 576
Nencioni, La musica nella lett. 189
Neri, L'apoteosi di V. Alfieri al
teatro Carignani 321
— U. Foscolo 370
— A. Mazza e V. Monti 433
— I favolisti italiani 497^
— Una lettera ined. di Fr. Al-
garotti 519
— Una lettera di G. Bianchini 533
— L'ultima opera di C. Goldoni 624
— La Simonetta 705
— Poesie storiche genovesi 740
Netter, La Fontaine et Descarles lüOO
Nettleshi[), Notes in Latin Lexi-
cography 105
Neuhaus , Lat. Vorlagen zu den
altfrz. Adgar'schen Marien-
Legenden II 1511
Nicod^me, Evangile de — '37^^
Nicolardot, La Fontaine looi
Nigra, 11 Moro Saracino 743
Nino, de, Briciole letlerarie 296
Noel, Ilist. abr. de la lang, et de
la litt. fr. 890
— et Chapsal, Langue fran^. 1517,18
Normann, Perlen d. Weltliteratur 188
Nourrisson, Pascal physicien 1023
— Le Voltairianisme ou )a philo-
sophie de Voltaire 1059
Nouvelles nouvelles, Les cent — 1379
Novara, Giovanni Torti 468
Novati, Nuovj studi su Alb. Mus-
sato 71
— Notizie biografiche 284
— Per il Foscolo 371
Novelle poetiche di varii autori 499
Nunziante, Alessandro Tassoni 466
Nyrop, Romanske Mosaiker 179
— Encore la farce du Cuvier 12 14
Obedenare, Notes s. la phonet.
roum. 834b (Anhang)
Octavian (Sarrazin) 212
Odescalchi, Tre grandi uomini 376
Oliphant, Victor Hugo 988
Olivari, DeH'elemento greco e lat.
nella poesia it. 299a
Operette inedite o rare 475
Orain, Glossaire patois 1487
Orcet, d', Le cinquieme livre de
Pantagruel 1398
Orcorte e Standeart, Italianismes
vicieux 783
Orlando, Saint Fran^ois d'Assise 377
— La lirica en este ano 1716
— „Lo prohibido" de Perez
Galdos 1 744
Örtenblad, Etüde 1526
Oesten, Die Verf. der afrz. Chan-
son de geste Ave d'Avignon I130
Osterhage, Ueber die Spagna istor. 516
Ott, Addenda lexicis lat. 109
Ovidio, d', Ricerche sui pronomi
pers. e poss. neolat. 230
— Manzoni 425 — 426
— La Morale .... nei Promessi
Sposi 663
P., S. Caterina da Siena a Varazze 345
— Una poetessa di Foligno 470
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. IIJ
P., La prima ediz. della Div.
Commedia 577
PadelleUi, Le opere scientifiche
di Leonardo da Vinci 639
Pagano, Pietro delle Vigne 456
— Della lingua e dei dialetti d'Italia 776
Pakscher, Z. Krit. u. Gesch. d. frz.
Rolandsliedes 143'
Palliolo Fanese, Le Feste pel
conf. del Patr. Rom. a Giu-
liano e Lorenzo de' Medici 262
Palomes, Francesco d'Assisi (Anhang)
377a u. 377b
Paloschi, Piccolo Dizionario delle
opere teatr. rinomate, pop. etc. 307
Pannenborg, Lambert v. Hersfeld 68
Pansa, Saggio di uno studio sul
dialetto abruzzese 767
Panzacchi, P. Aretino 3^4
— Victor Hugo 9^9
Paoli, Documenti di ser Ciappel-
letto 534
Papaleoni, Un novo docum. di
Cino da Pistoia 347
Pardo Bazan, San Francisco de
Asis 378
Paris, G., Notice sur Paulin Paris 163
— La piirabole des trois anncaux 198
— La Poesie du moyen age 893
— Chretien Legouais et autres
traducteurs ou imitateurs d'O-
vide 1186
— Dior^ 1587
— L., Le Theätre ä Reims 943
Pgriset, Vocabolario parmigiano-
.' italiano 75^
Parisis s. Blavet.
Parma, Diario (Ferraro) 260a
Parodi, Le tragedie di A. Manzoni 664
— Saggio di etimologie genov. 741
— Le Theatre en France 931a
— Victor Hugo 99«
Pascal, aCuvres (Derome) 1381
— De l'autorite en matiere de
Philosophie (Robert) 1382
— Letlrcs ecriles ;\ un provincial
(Fr. de Neufchäteau) 1383
— Les Premiere, (Jualrieme et
Treizicmc Leltrcs provinciales
(Havel) 1384. 85
(Michel) 1386
— The Thoughts (Paul) 1387
— C, Ferdinando Galiani 379. 380
Pasqualigo, Queslioni danlescho 590
Passerini , Modi di dire prov. c
motti pop. it. 735
Paterno, Ninay (Cosl. lilip.) 17O4
Pauckcr, v., iMatorialicu /.. lal.
Wörlcrbilduiigsgescli. 93
Pauli, AUitali^chc Fursclumgcn 3O
Pauli, Altit. Studien 37
Pellegrini, Poesie varie 685a (Anh.)
Pellico, Le mie prigioni 686 — 688
— My prisons 689
— Mes prisons 690
(de Messey) 691
(Bourasse) 692
— Una lettera inedita 693—694
Peltzer, Gesch. u. Krit. zu Rous-
seaus Emil I44-
Pena y Goni, La öpera espaiiola 1715
Pennesi, Giacomo Leopardi 400
Percopo, Le laudi di fra Jacopone
da Todi 631
Perey et Maugras, La Vie intime
de Voltaire aux Delices et
ä Ferney 1060
Perfranceschi, II rinnovamento civ.
e naz. e la lett. it. nel sec.
xvni 286
Perini, La poesia pop. ai tempi
della rivoluzione 731
Perrault, Contes des fees 1389
Perrens, Unpoete fran^-ma^on dc-
vantleSaint-officeauXVHIes. 350
Peters, Der Roman de Mahomet
von Alex, du Pont 1117
Petit dejulleville, Morceaux chois.
des auteurs fran^. 1065
— Hist. du thdatre en France 932
Petrarca 449
— Rime scelte (Finzi) 695
— Leltres sans titre (Develay) 696
— Lettrcs i\ Rienzi (Develay) 697
— Pötrarque au Capitole 450
Petras , Sage von den 7 weisen
Meistern - ' 5
Petrescu, Mostre de dialectul ma-
cedo-rom. 831
PetriceTcu-lIasdeu, Etymologicum
magnum Romaniae S35
Petrocchi, Novo Dizionario Univ.
della lingua it. 794> 794-1
Pfau, Gebrauch u. BiUlungsw. d.
Adverbien bei Joinville l 2S0
Pfefl'or. Formalitäten des gotles-
gcrichll. Zweikampfs i. d. afrz.
Kpik 859
PfeilVer, Ucb, die Hss. des afrz,
Romans Parlonopeus de
Blüis 1 380
Pfundheller, Z. Charakter. Michel-
angelos als Künstler 442
Philippe, Origine de rimprimeric :\
Paris 841 u. 841 (Anhang)
— de Rcmi , QCuvres poeliques
(Suchier) 139'
Picol , Note sur quilq. balladcs
d'Euslache Deschamps 1221
I l8 IIIIILIOGKAI'IIIK 188,5. ALIMIAHETISCHES VEKZEICHNISS.
PitrcUi, (Jola ili Kicnzu e Hosoiiu
(hl Gubbio 334
I'ilj,'"i»i, Galilei 382
l'illon, Victor Jluf^o 991
J'ilol de Thorey, Usatjes 884, lOoi
l'inieiilel, Ilist. crit. de la lil. cn
Mexico 1710
Pindemonle, Arminio — I sepolcii 701
Letteie inedile 702
— e l'ellico, Uiie lellere inedile 703
IMncUi, II nialtino del Parini O84
l'ipino, (irainmalica piemontese 745
Pipilone, Saggio di lelt. conlcmp. 288
Piroii, QLuvres choisies 1393
— Poesies badines '393^
Pisani, II perche di Gius. Bruno
Giordano, commenlalo 341
Pislola (La) que fun Irame.sa an
Gast. Paris lo jorn que pres
mollier de part lo sieu bon
amic 504
Pitini-Piraino, Giovanni Meli 434
Pitrc, Un po' dell' antico carne-
vale sie. 275
— Novelle pop. toscane 756
— Sonatori, balli e canti nuz. 773
— Le feste pop. di S. Rosalia in
Palermo 773^
— Curiositä pop. tradiz. 774
Piumati, Francesco Petrarca 451
Placucci, Usi e Pregiudizj dei
contadini della Romagna
(Pitre) 754
Plattner, Nachträge zu Sachs'
Wörterbuch 1562
Pleines, Hiat u. Elision im Prov. 1O81
Poeme moralise sur les proprietes
des choses (Raynaud) iioi
Poemelti (IV) Sacri dei sec. XIV
e XV (Percopo) 489
Poesie politiche pop. dei sec. XV
e XVI 730
Poggi, Delle feste relig. e civ.
tenute in Or-San-Michele 269
Pohl, Reime in Maistre Wace's
Roman de Rou 1480
Pohlmann, Die frz. Aussprache 1522
Pol, Einiges über den Nutzen d.
Phonetik 25
Poletto, Dizionario Dantesco 591
Posocco, Ugo Foscolo 372
Pott, Einleitg. in d. allgem. Sprach-
wissenschaft 9
Potvin, Victor Hugo 992
Pougin, Dictionnaire histor. 180
— La comedie it. en France 305
Pozza, Fra Tomm. Campanella 342
Prantl, v., Leonardo da Vinci 38g
Prat, Grammaire fran^aise 1519
Prato, L'Orma del leone 507
Printzen, Marivaux 1007
Procop , Synl. Stud. zu Robert
Garnier '253
Proffen, Racine u. l<(Hr<ju 1030
l'rorionciation de Gl en ])atois
Bressan i 498
Prontuario de orlografia castell. 1771
Pr(jpugnatore, II — 253
Pr(juven(;au, Lou Franc — '^^39
Proverbia que dicuntur su|)er
natura feminarum (Tobler) 497
Psaulier de Metz, Lc — (Bon-
nardot) 1 394
Pulido y Espinosa, llisloria de
Espana 1700a (Anhang)
Puymaigre, de, FoJk-Lore 220
({uellien, Un argot de Basse-Bre-
tagne 1485
Quevedo Villegas, La cuna y la
sepultura 1750a (Anhang)
— Vida de San Pablo Apöstol
1750b (Anhang)
Quicherat, Petit traite de versific. 135
— et Daveluy, Dictionnaire latin-
fran^. 107
Ouitard, Dictionn. des rimes I54^j
Uabelais, CEuvres completes (Mo-
land) 1395
— Qiiuvres (Robida) '395:^
— Les Cinq livres (Clieron) 139^^
Rabion, Les Fleurs de la Poesie
fran^. 1076
Racine, J., CEuvres (Mesnard) 1401
— Chefs-d'ccuvre 1402, 3
— Theätre 1404
— Andromaque '4^5
(Boully) 1406
— — (Larroumet) 1407
— Athahe 1408
— — (Gidel) 1409
— Esther 14I0
(Gidel) 141 1
— — (Humbert) 141 2
(Dül) 1413
— Iphigenie 1414
— Phedre 1415
— — (Kirschstein) 1415^
— Les Plaideurs 1416
Racinet, Le Costume hislorique 41
— Geschichte des Costüms (Ro-
senberg) 42, 42a (Anhang)
Racioppi, Per la storia del nome
d'Italia 255
Raß'aelli, Illustrazione di un antico
Codice ined. di proverbii 737
Rajna, Per la data della „Vita
nuova" e non per essa soltanto 592
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. II Q
Rajna, Contribuli alla sloria del-
l'epopea 922
Rambault, Henri IV et son tcuvre 870
Rance, La Refornic de l'Univcr-
sitc de Paris 871
Ranke, Gesch. der rom. u. germ.
Völker 177
Rapp, Zur Reform, d. neusprachl.
Unterr. 153a (Anhang)
Raynaud, Le Clerc de Voudoi 956a
^ Le Miracle de Sardenai 1091
— Nouvelle charle de hi Pais aus
Englois 1100
Rayo, Tl colera e S. Pellico 448
Regio, Della Siracusa di P. R.
(Imbriani) 706
1-leichardt, The Ornaments of lang. 34
ReiHcrscheid, Fr. Diez 155
Reimann, Des Apulejus Märchen
von Amor u. Psyche i. d. frz.
Lit. d. XVIL Jahrh. 907
Reissmann , Die üjjer in ihrer
kunst- u. culturhist. Bedeut. 192
Remy deCxourmont, Etudus d'hist.
litt. 362
Renan, Philippine de Porcellet 1622
Renart, Le Roman de — (Martin) 1420
Renclus de Moiliens, Li Romans
de Carite et Miserere (van
llamel) 1422
Renier, II tipo est. della donna
nel medio evo 196
— - Nuovi documenti sul Pistoia 458
— Öaggio di rime ined. di Ga-
leotlo del Carretlo 603
— Un altro esempio di „laisse" it. 791
Restelli, I proverbii milanesi 747
Restif de la Bretonne, Sara 1424
Reumont, C. Witte 1 00
— Bald. Castiglione 344
— I Discgni ili Sandro Botlicelli
del Als. Hamilton della Div.
Commedia 578
Revistä pentru istorie, archeol. si
Idol. ' 810
Revue des langues romanes 'S03
— du Sud-Ouest, La 1 594
— felibreenne, La 'SOä
— , Lyonnaise I5')C)
— , Romanische S17
Ribbeck, Culleolum 121
Ricard, A., Une victime de Beau-
marchais i)4<)
— de, A'n Manciiii 1004
Ricci, II vecchio lealro del ]ud)-
blico in Bologna 314
— Dante y,^
— Per LeonanU) da Vinci 390
Richter, Versuch einer Dialekt-
bestimnuing d. Lai du Com 1 2 20
Ricken, Untersuch, üb. die metr.
Technik Corneille's 1209
— Neue Beiträge z. Iliatusfrage 1550a
Rigal, Un dcnoument moral de la
fable „le Loup et l'Agneau" 1311
Rigutini, La unitä ortografica
della üngua it. 786
Rimatori napoktani del (juattro-
centü (Mazzalinti — Ive —
Mandalari) 488
Rinaldi, Nuova Crestomazia ilal. 479
Rip van Winkle, Manzoni 427
Risop, Aimon de Varennes 944
Ritter, Recueil de morceaux choisis
en vieux fran^. 1069
Riviere, Rabelaesiana 1399
Rivista critica della lelteratura it.
(Casini, Morpurgo, Zenatli) 254
Rizzini, Manzoni 428
Robert, Oueslions de grammaire 1505
Roberti, Lettere ined. di C. Van-
netli 72b
Rockrohr, Lambert u. Livius O9
Rodriguez, Compend. de gramät.
cast. 1708
— y Martin, Novisimo diccionario
cast. 1775
— Rectihcaciones '77^
Rohan-Soubise, de, La Patience 1425
Rohleder, Zu Zorzi's Gedichten 1031
Rojas Zorrilla, Comedias '75^^
Roitzsch, D. Particip b. Chreslien 1 180
Rolandslied (Cledat) 1420
— (Gautier) I42()a
— (Roehrich) 1427
— (Rabillon) 1427a (Anhang)
Rolland de Denus, Lcs anc. pro-
vinces de la France '583
Romagnoli, Frate Tammaso Sardi 70«)
Roman et Meyer, Documcnl
tlauph. de la fm du XII^s. lOio
Romania 171
Rollin, llonuues illustres de l'auli-
quile 1435
Romancero gencral '7-3
Romanzen, AlllVanzös. (Hcyse) 1071
Roniero, Conlos pop. do Hrazil
(Braga) 17(.2
Rondoni, Siena c l'antico contado
Senese
Rönsch, Nonius MarccUus
- Zu Tcrtullian
— Lexikalische Excerpte
— licilr. z. kirchl. u. vulg. L.il.
— Lexikalisclies
— Das Subst. bolunda
— Das Adj. pronostonus
— Das Ailj. cercrosus
- Koniiul amliularc wirklich v
ambirc .'
701
11 3a
I 22
122a
i2;b
120 HIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS.
Rönsch, Elymol. Miscellen 239
K.()(juc-Ffrricr, Une troisieme imil.
du sonnet de Fixes contre
l'abbd- Plomet 1665
JKüsenslein, J'sychol. Bedin^j. des
Bcdeulunfjswechsels d. Wörter 35
Rosne, Un dmule de Massillon 1000
Rossignoli , Un po' di appiinti
allo anon. scritt. dei cenni
stör, e del dial. di Canosa 768
Rothschild, Catalogue de livres 164
Roumieux, Niue d'iver 1666
Rousseau, CT^uvres completes 1437
— Emile (Labb6) '438, 39
(Tarsot) 144°
— La Nuova Eloisa (Romussi) 1441
Roux, La maschera perugina 764
Ruberto, Le egloghe ed. e ined.
di B. Baldi 522
Ruble, de, Antoine de Bourbon
et Jeanne d'Albret 872
Rück , Zu den Differentiae ver-
borum 100
Rudenick, Lat. ,,ego" im Allfrz. 1529
Rudolph, A., Ueb. die Vengeance
Fromondin 1274
— G., Gebrauch der Tempora
u. Modi i. anglornorm. Hörn 1272
Rueda, Costumbres pop. 1763
Rühlemann, Ueb. d. Quellen eines
afrz. Lebens Gregors des Gr. 1263
Rustebuef, Gedichte (Kressner) 1443
S., Vie de saint Fran9. de Sales 1043
Sä de Miranda, Poesias (Michaelis
de Vasconcellos) 1796
Sabbadini, Notizie 49
Saint Fanuel, Le romanz de —
(Chabaneau) 1230
Saint-Pierre, de, L'Arcadie (Du
Chatenet) 1444
— Paul et Virginie ^445
— — (Weisser) 1446
— — (Blanchard) 1447
— Apologo (Zanella) 1448
Saintsbury and Chrystal, Pascal 1024
Saint-Simon, Memoires ^449
— Memoiren übers. 145^
Saint- Victor, de, Victor Hugo 993
Sales, de, Devotion aux sacres
caurs de Jesus et de Marie 1451
Salles, Debis gascouns 1668
Salvioni, Antichi testi lombardi 746
— Aggiunte e rettif. alle Note
bibliogr. sui dialetti ticinesi 748
Samosch, Machiavelli als Komö-
diendichter 407
Sanctis, de, La filosolia del Leo-
pardi 401
Sanctis, de. Studio su G. Leopard! 401a
Sanfuenles, Leyendas nacionalcs 1760
Santillana, Marrjues de 1720a
San Tommaso e Dante: sludii 351
Saragat, II pessimismo di G. Leo-
pard! 402
Sarfatti, I gati : versi 751
— Nuove rime veneziane 75 '^^
Sarnelli, P., Posilecheata(Jmbriani) 710
Sarrazin , Lessing und die franz.
Komödie 939
— Die Corneillegedenkfeier 966
— Victor Hugo's Lyrik 994
— Deutsche Stimmen üb. V. Hugo 995
Saucerotte, L'Esprit de Montaigne 1020
Sauer, Span. Konvers. -Grammat. 1769
Sbiera, Codicele Veronetean 825
Scala (I^a) del Cielo 513
Scelta di Curiositä letterarie ined.
o rare dal sec. XHI al XVII 476
Schanzenha'ch, Frz. Einflüsse bei
Schiller 913
Scheele, Massbenennungen i. d.
Schulwörterbuch, v. Sachs u.
V. Thibaut 1563
Scheffler, Die frz. Volksdichtung
u. Sage 1102
Scheler, Etüde lexicol. sur les
poesies de Gillion le Muisit 1262
Scherer, Melchior Grimm 978
Scherillo, Manzoni 429
— Una fönte del ,,Socrate imma-
ginario" 514
— Ninfe al fönte 720
— Färse rusticali 732
Scherr, Bildersaal d. Weltliteratur 182
Schletterer, Gesch. d. Spielmanns-
zunft in Frankr. 866
— Vorgesch. und erste Versuche
d. frz. Oper 935
Schleussinger, Ueber ein unge-
drucktes lat. Marienlied 55
Schmid, Anmerkungen zu Cor-
neille's Cinna 12 10
Schmidt, A., Grdr. der Gesch. d.
europ. Litt. 282
— H., Das Pronomen b. Moliere 1366
— J., Victor Hugo 996
Schmitz, Portug. Grammatik 1800
Schnell, Untersuch, üb. d. Verf. d.
Miracles de Nostre Dame
par personnages 1093
Scholl, Alte Probleme 103
Schönfeld, Rum. Volksmärchen 832
Schönherr, Jorge de Montemayor 1749
Schorn, v., Der Salon u. d. Frauen
d. 18. Jahrh. in Frankr. 881
Schott, Frau von Maintenon 1003
Schrattenthal, Vasilie Al-ecsandri
u. die rum. Litt. 822
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. 12 1
Schröder, Glaube u. Aberglaube
in den altfrz. Dichtungen 862
Schuchardt, Ueb. d. Lautgesetze 20
Schultz, O., Die raverdie 1551
— Zu den Lebensverhältnissen
einiger Trobadors 1605
— Zu den genues. Trobadors 1605a
Schulze Veltrup, Synt. Gebrauch
des Konj. in „Li Chevaliers
as devs espees" 1183
Schumann, Marco Polo 460
Schütz Wilson, Vittoria Colonna 349a
Schwarz, Rabelais u. Fischart 1400
Schwieger, Die Sage von Amis
u. Amiles 1 122
— Bemerk, zu Amis u. Amiles I123
Scipioni, Tre laudi sacre pesaresi 492
Sebillot, Petites legendes ehret.
de la Haute-Bretagne 1 1 1 1
Sedläcek, Etymol. d. frz. Präp. 1531
Sedulii opera omnia (Huemer) 75
Seelmann, Aussprache d. Latein 90
Seifert, Glossar zu den Gedichten
des Bonvesin da Riva 707
Seligman , Mirabeau devant le
parlement d'Aix loio
Semmig, Die Jungfrau v. Orleans
u. ihre Zeitgenossen 863
Sengler, Grammaire fran^aise 1520
Serdini de' Forestani , Canzone
(Bandini-Piccolomini) 712
Settegast, Ehrbegriff i. afrz. Ro-
landsliede 1432
Sevigne, Mme de, Lettres (Corgnac) 1 4-,6
— Choix de lettres HS^-i
— Lettres choisies (J. C.) 1457
(Labbe) 1458
Siede, Synt. Eigentüml. der Um-
gangsspr. wen. geb. Pariser 1537
Sievers, Grundzüge der Phonetik 24
Signorini, F.Petrarca a Linterno 452
Sittl, Calandra — caliandrum —
charadrius 1 24
— Spacus, it. spago 125
— Zur Beurteil, des sog. Mittel-
laleins ' 39
Skeat, A Word-List etc. 1524
Smith, Victor Hugo 99öa
Societe des anc. textes fran\-. 10(14
Soldevilla, Joyas de la lit. esp. 1702
Soleil, La Vicrge Marguerile sub-
stituee ;\ la Lucinc antique 1090
Sommer, Pclit dict. des riines
fram,'. 1547
Sonnenbuig, Wie sind die franz.
Verse zu lesen '35^
Soranzo, Bibliografia Veneziana 242
u. 242 (Anhang)
Sorbets, Origine des noms delieu.K 1584
Sordini, Ubaldu de Domo 453
Souriau, De la convent. dans la
tragedie class. et dans le
drame romant. 187
Souza-Pinto , Nouv. dictionnaire
port.-fran^. 1806
Spinelli, Alcuni fogli sparsi del
Parini 685
Stackeiberg, v., Aus Carmen Syl-
va's Leben 824
Staedler, Das Verbum i. d. n. frz.
Schulgrammat. I53^
Stampa, Alessandro Manzoni 430
Stappers, Dict. synopt. d'etymol.
fran9. 1574
Statuto inedito dell'arte degli Spe-
ziali di Pisa nel sec. XV
(Vigo) 270
Steinbach, Ueber d. Einfluss des
Crestien de Troies a. d.
altengl. Lit. 1190
Steiner, Gemein- od. Weltspr. 3
— Elementargrammatik 4
Steinitz, De affirmandi part. lat. 96
Stengel, Ein frz. Volkslied a. d.
Gegend von Peronne 'i'3
— Ungedruckte Briefe Voltaires 1475
— Entwickelungsgang der prov.
Alba 1608
Stern, A., H. Hettner 157
— Gesch. d. neuern Litteratur 183
— Deux lettres de Mirabeau 1340
Sternberg, AngriffswafFen im afrz.
Epos 860
Stiefel, L'opera bulVa napolitana 318
Stolz, Per und Anhang i 26
Storck, Hundert altport. Lieder 1702
Straniero, Compendio della viia
di san Tomm. d'Aquino 83
Stricker, Du langage et de la mus. 27
Strozzi, Poesie inedite (Ferrieri) 713
Studj di Filologia Ronianza 173
Studien, Romanische 172
Stuppan, Die Zehn Aller (Gärtner) 809
Suirmf.-ls, Altfrz. Vokal, im Millcl-
engl. '525
Suarez, Esludios gramalic. 1 7'>')a
Sundby, Blaisc Pascal 1025
Swinbiune, The Work of Victor
Hugo 097
Symonds, Pclrarch 454
TaalsUidic 1 74
Tacclii, J., Storia dei nuovi scrilii
ined. di G. Goz/i 027
Taine, Los Origincs de l.i Fr.mcc
contcmp. 875, 76
— — Deutsch v. Kutscher 877
— — Transl. by Durand S78
— La Fontaine et scs f.iblcs 1312
122 BIBLIOGRAPHIIC 1885. ALPHAHETISCHES VEKZEICHNISS.
'Jalljot, l'.xlraits de la (^hanscjn
de Koland 1433
■|'ai)i)erl, liildei 11. Veif,deiclie 538
Taij,'ioni-ro/-zelli, Antolt)j,'ia della
pocsia it. 480
Tarlarini, La Bealrice di Dante 364
Tasso, La Gerusaleinine liberala
(Fassini) 714
— - (Novara) 715
— Stanze scclle de la fierus. lih.
(Mazzalinti e Padovan) 716
— T(ji(juato Tasso dipinto da 1'".
H. 4f»4a (Anhang)
Teatro (II) ilaliano dei sec. XIII,
XiV, XV (Turiacu) 486
Technier, Spraclienlwickelunj^ 18
— Zur Vcranscliaulicliung d. Laul-
hildunf: 28
Tcdaldi, 1'., Le Riiiie (S. Mor-
purgo) 721
Tendering, Das poitevinische Ka-
thavinenlebcn 1 282
Teresa, sanla, Opere 722
— Tesoro di massime crisliane 723
Ternies de marine 15^^'
Termine Trigona, Petrarca 455
Tessier, Alcune biograf. di Vero-
nesi ill. 291
Teza, Note Portogliesi 1804
Theätre classique lü8o
Thielmann, Habere mit dem Inf. 98
— Habere mit dem Part. Perf.
Pass. 98a
Thomas, A., Melanges etymolog. 240
— Notice sur 2 mss. de la Spagna
en vers 515
— Guillaume de Brioude 979
— Prov. sea 1688
Thomas von Aquino, Summa phi-
losophiae etc. 78
— Summa theologica 79
— Ouaestiones disputatae 80
Thomas de Cantorbery, Fragments
(Meyer) 1460
Thurneysen, Der Saturnier 137
Tjaden , Unters, üb. d. Poetik
Rutebuefs " 1443^
Tiktin, Zur Stellung der tonl.
Pronomina 11. Verbalformen
im Rum. 834a
Tilley, The Literature of the French
Renaissance 899
Tinajero Martinez, Estud. filol, de
la 1
eng. esp.
176:
Tissier, Dictionnaire berrichon 1483
Tivier, Hist. de la litt. fran^. 891
Tobler, Ex Ambrosii carmine de
Ricardi I itinere sacro 1120
- — E.\ Jordani Fantosme Car-
mine 1281
Tobler, Zu den Gedichten des
Kcnclus V. Moiliens 1423
— • Le Vers fran<,ais i^\^
— Altfrz. arere = lat. aratruni 15H8
— Ein Lied Hernarls v. Venla-
dour
Tommaseo, Due leltere
Tommasini, Lettere ined. di Fr.
Guicciardini
Tomniaso (san) da Villanova e
Hetussi , Lettere inedile
(Adami)
J'ommasoni, Manzoni
Torello del Carlo s. Del Carlo,
Torello
Tor(iuali, Orig. d. ling. ital.
1 0 1 9
724
630
725
43«
(Anhang)
Torraca, Saggi e Rassegne 297
— II teatro it. dei secoli XIII,
XIV e XV 309
— Sul Consalvo di G. Leopardi 645
— Cola di Rienzo e la canzone
,,S])irto gentil" di F. Petrarca 700
Torre, Polemica dantesca 579
Toubin, Dictionnaire etymol. '575
Tourneux, Les Manuscrits de Di-
derot conserves en Russie 1225
Trautmann, Ital. Juden als Schau-
spieler 312
Trade, Das geistl. Schauspiel in
Süditalien 319
— Weihnachtsdramen in Sicilien 320
Treverret, de, La Litterat. esp.
contemp. 1706
— Ramon de Campoamor 1718
Trevisani, Autori drammat. cont. 289
Truan, Les Grands ccrivains frani,-. 1081
Tüchert, John Dryden als Dra-
matiker 1454
Turri, Luigi Groto 3^7
Über, Zu d. frz. Wörterb. v. Sachs-
Villatte 1564, 1564a
Uhlemann, Zu Corneille 121 1
Ulrich, Mit d. Suffix -ic- abgeleit.
Verba im Roman. 231
— Altitalien. Lesebuch 481
— Recueil d'exemples en ancien it. 496
— Chansons ladines 805
— Annotazioni alla „Susauna" 810
Unterforcher, Rom. Namenreste
aus d. Pusterthale 8 14
Usener, Precator 127
Uzanne, La Fran^aise du siecle,
modes etc. 883
Tacherot, Fenelon a. Cambrai
Vahlen, Lorenzo Valla
971
84
BIBLIOGRAPHIE 1885. ALPHABETISCHES VERZEICHNISS. I23
Valencia , conte di Casa , Delle
scrittrici spagnuole 1705
Vallejo, Articulos i estud. de co-
slumbres chil. 1701
Vannetelle , Quelques fables de
La Fontaine 1313
Vapereau, Elements d'hist. de la
litt. fran9. 903
Variot, Saint Fran9ois de Sales 1044
Varriale, Le canzone di Leopardi
airitalia 646
Varthema, Itinerario (Bacchi della
Lega) 260
Vauquelin de la Fresnaye, L'art
po^tique (Pellissier) 1461
Venantius Fortunatus, Opera ped.
(Krusch) 84a (Anhang)
Venisti, Domenico Torricella 467
Verdaguer, La Atlantide 1697
— Caritat 1698
Vergara y Vergara, Escrilores
colombianos 171 1
Veuclin, Le Theälre ä Bernay 940
Vianna y de Vasconcellos Abreu,
Bases da ortografia porlug. 1803
Vicchi, Vincenzo Monti 679
Vico, Un sonetto quasi ignoto 727
Vidal, Etüde sur les analogies ling.
du roumain et du proven9al 833
— Les mss. prov. de la Mejanes i 590
Vidieu, Victor Hugo 998
Viezel, „L'Amur et Moardt Des-
perattium dalg Cunt üthavo"
(Decurtins) 811
Villeneuve, de, Chailemagne 1434
Villen, Det störe Testament (Bro-
berg) I 464
Vincent, Etüde s. le patois de la
Creuse 1671
Vinson, Notice bibl. sur le Folic-
lorc basquc I 787
Visalli, Salomonc e Leopardi 403
Viscardi, Un ant. poemetto pop. it. 508
Vit, de, Sull'origine del linguaggio 17
Vilali, A. Manzoni 432
Vitu, La Maison des Pocquelins 1018
Vocabolario degli Accadcmici
della Crusca 793
Vogel, Balteanus 128
— Cunae. cunabula 128a
Vogt, A., Nachträge z. d. franz.
Wörtcrb. v. Sachs '5^5
— E., Maria als VorbiKl der
chrisll. Tugenden in Dantes
Purgalorio S^O
Voizard, Marot ^ M^
— Etudc sur \.\ languc de Mon-
taigne 1373
Voltaire, llicfitre choisi (Geru/.e/.) l\(>^
— Ilisloire de Cliarks XII 14()()
Voltaire, Histoire de Charles XII
(Gregoire) 1 467
(Hoche) 1468
(Merlin) 1469
— Siecle de Louis XIV (Garnier) 1470
— Choix de lettres (Brunei) 1471
— Lettres choisies (Fallex) 1472, 73
— Dix lettres inedites 1474
Wächter, „Roland and Vernagu"
u. ,,Otuel" 214a
Waitz, Deutsche Verfassungsgesch. 38
Walsemann, Die Pädagogik des
J. J. Rousseau 1040
Waltemath, Frank. Elemente i. d.
frz. Sprache 1504
Warburg, Moliere '367
Warren, On latin glossaries II4
Weber, Neues vollst, it.-deutsch.
Wörterbuch 798a (Anhang)
Wegener, Grundfragen d. Sprach-
lebens 13
Weissgerber, Konj. bei den frz.
Prosailc. des 16. Jahrh. 1540
Weller, Repertorium typograph. 146
Wenck, Thadeus de Roma 77
Wenzel, Einige krit. Bemerkung.
zu Moliere 1368
— Aesth. u. sprachl. Studien üb.
Antoine de Montchretien 1374
Wernekke , Zur Synt. des port.
Verbums 1805
Wetz, Anfänge der ernsten bür-
gerl. Dichtung des 18. Jh. 193
Wiese, Einige Dichtungen Lio-
nardo Giustinianis 617
— Neunzehn Canzonetten Leo-
nardi Giustinianis 6 [8
Winckels, de, Vita di U. Foscolo 373
-- Duelli e Ritratti di U. Foscolo 373a
Winderlich, Tilgung des roman.
Hiatus 1527
Wirtz, Lautl. Untersuch, der Mi-
racles de St. Eloi 1093a
WolflF, Futur und Coiuiil. H im
Altprov. i<)83
Wölfl'lin , Zur ilistiibulivcn Ge-
mination 02
— Genetiv mit Ellipse des reg.
Subst. 97
— Est videre 01
— Die Verba desuperhiliva loi
— instar, ad instar l 20
— Was heifst bald . . . bald ? l ^o
X., Legendes populaires '4^4
Xi'nopol, Une eiiigme liistorique 821
Xerri, Kaceonti pop. sie. 772
124 i'.IHLIOflKAI'llIK 1HH5. AI.I'irAHRTISCHES VRRZEICHNISS.
I nie, Marco Polo
460a
Aambaldi, Grammatica italiana 781
Zanella, l'aiallcli Iclterari 183
Dclla lett. it. 287a (Anlian«,')
Zarilo, Oiißinc della linjjiia ital. 777
Zatclli, De l'emploi de la nef^alioii
en fran^. et en it. 233
Zelile, I.aiit- u. P'lcxionslelire in
Dantes Divina Commeilia 581
Zeilschiift f. nfiz. Sprache u. Litt. 853
— Supplcmcntliefl III 854
— f. roman. Philolofjie. 9. Bd. u.
Siipjil. 175, 175a
— Internationale — f. allgemeine
Sprachwissenschaft 2
Zeller, Die tägl. Lebens<;ew()lin-
heiten im afrz. Karls-J*"])()s 861
Zingarelli, La fönte class. di nn
episodio del Filocolo 535
Zingarelli, Un Sirventese di IJgo
di Sain Circ 1630
Zingerle, A., Df)ni(uni — donec
cum 1 3 1
— ^>-, Quellen z. Alexander des
Kud. V. l<Inis 203
Zocchi , II teatro ital. ai Icmpi
noslri 310
Zotenberg, Le Livre de Barlaain
et Josaphat ' '32
Zschech, fiiacomo Leopardi 404
Zund)ini, II Misogallo 517
— II ,,Saul" dcirAiricri 518
Zupilza, Mitlelengl. Hearbeit. der
Erzählg. Boccaccios v. ftliis-
monda u. Guiscardf) 536
Zntavern , Ucb. ilie altfranz. ep.
Sjirache fj27
Zwick, lieb. d. Sprache <1. i<.enaut
V. Montaidian 1421
Halte Druck von Ehrhardt Karras.
PC Zeitschrift für romanische
3 Philologie *
Z5
Bd. 10
PLEASE DO NOT REMOVE
CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET
UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY